e dall'altl:o il Movimento per l'Indipendenza. La con-
II
trapposizione era radicale.
I separatisti .« snobbavano» tutto ciò che veniva
da Salerno e pOI da Roma. Quando si trattò di scegliere il primo Alto Commissario essi minacciarono
fupco e-fiamme ove fosse stato scelto un non siciliano. Il 30 marzo 1944 fu insediato il socialista on.
Francesco Musotto che nutriva simpatia per l'indipendentismo.
Ecco un significativo ricordo dell'on. Varvaro su
quel delicato periodo.
VARVARO:«Finocchiaro Aprile non volle mai venire a patti con i partiti che intanto si organizzavano
con ai vertici in gran parte gli stessi uomini del voltafaccia che egli chiamava, chissà perché, «cioccolat~ai ». E non volle neppure accettare la proposta
del 'rappresentantidel Comitato di Liberazione appena costituitoSii a Palermo, di fame parte a condizione
di privilegiata parità, cioè con sei rappresentanti del
Movimento e sei dei vari partiti. Quel rifiuto accentuò la lotta « antiseparatista».
111
~
i
\
.
j
Qualcuno deve morire
Il 15 luglio del 1944 l'on. Salvatore Aldisio fu
nominato Alto Commissario per la Sicilia in sostituzione dell'on. Musotto. Quasi contemporaneamente
il cav. Lucio Tasca veniva destituito dalla carica di
sindaco di Palermo. L' antiseparatismo delle autorità
italiane si inasprì. Si inasprì anche l'antiunitarismo
dei separatisti.
Quell' anno le condizionidi vita dellepopolazioni
furono particolarmente dure. Gli animi erano esasperati.
In continente tedeschi e fascisti resistevano all'avanzata degli anglo-americani. Le esigenze della
guerra aumentavano.
All'Università di Palermo il prof. Gayre dell'Università di Oxford, colonnello dell'esercito inglese in
missione presso l'AMGOT, teneva un corso di antropologia sociale per sostenere,fra l'altro, la preminenza del ceppo etnico atlantico fra i siciliani e di conseguenzala loro maggiore affinità con gli inglesi che
con gli italiani.
Il colonnello americano Poletti teneva corte a Palazzo reale. Molte persistenti simpatie sue e dei suoi
consiglieri per l'indipendentismo venivano alimentate
nei salotti. e nelle alcove di certi pal.azziaristocratici
dove la vIta mondana tornava a fiorIre.
!
ti
1j
!
- 38 -
- 39 ,
Fioriva, semiclandestina
una vivaceletteraturaseparatista: opuscoli, giornal~tti, manifestini - stampati più o meno alla buona- circol~vanolargamente.
I separatisti erano ancora padroni delle piazze. A
Palermo e in molti centri della provincia era quasi
impossibile agli oratori dei partiti unitari parlare in
pubblico. Era qualchecosadi più che una guerra fredda. Diventò rovente alla fine dell'anno. Il 19 ottobre
1944 fu una giornata di sangue a Palermo: i soldati
spararonosu una folla di dimostranti davanti la prefettura lasciando sull' asfalto una "entina di morti.
Due mesi dopo a Catania altro sangue: viene ucciso
dalla forza pubblica un giovane che partecipava ad
una .Jimostrazione contro il richiamo alle armi. Portava in mano un cartello con la scritta: «Non si parte ». La popolazionereagisce.La città è per tre giorni
in stato di assedio.Viene dato alle fiamme il municipio, assaliti il tribunale, il distretto, l'esattoria.
L 'anno successivo si apre con le rivolte di decine
di paesi, La scintilla è costituita dall' arresto di nove
giovani di Ragusa renitenti alla leva. Comiso resiste
per otto giorni all'attacco 'delle truppe. L'elenco dei
morti, militari e civili, si allunga.
L'on. Aldisio,.Alto Commissario per la Sicilia, fu
un personaggiochiave nelle vicendesiciliane del 194445. I protagonisti di parte indipendentista lo consi.
derano ancor oggi come il nemico numero uno del loro
movimento.
CARCACI:«Il nostro peggiore nemico è serìlpre
stato Aldisio. Fu lui che in tutte le circostanze forzò
la mano al governo per le repressioni. Trovò però un
freno nel clero. Alti prelati lo indussero a non arrivare
- 40 -
ad eccessi.Ed egli si mordevale mani e una volta
piansedi rabbiaper questeinframmettenze
a cui Però
non poteva sottrarsi ».
CASTROGIOVANNI:
«Molti uomini politici che dapprima si erano schierati con noi vennero attratti dalle
lu~inghee dai vantaggi del potere e si affr~t~~ronoa?
assoldar;sial Governo centrale contro la Sicilia. Aldisio, per esempio,dapprima non era affatto un nostro
nemico; al contrario ci dimostrava la sua simpatia,
mentre - come si suoI dire - stava a guardare.
Quando, però, si formò il 'primo governo a Brindisi
ef!}11
venne a trovarmi 'per propormi un'alleanza politica, perché ero sindaco del mio paese e già godevo
nella zona di larga influenza e popolarità. 11 suo discorso fu cauto e volutamente confuso, ma divenne
chiaro quando mi propose una gita a Brindisi. lo rifiutai di andare; egli, invece, si precipitò in quella
città e
-
conseguiti i suoi fini
-
da quel momento
divenne il nostro più acerrimo nemico ».
L'on.. Aldisio fu confermato nella carica di Alto
Commissarioanchedopo la cadutadel governo Bonomi
e l'insediamentodel governo Parri (giugno' 1945) della
cui politica nei confronti della Sicilia egli fu il principale ispiratore.
PARRI: «La preoccupazioneper la Sicilia fu presente al mio governo subito dopo .la sua costituzione. Fra i miei primi atti di governo vi f~ un viag:
gio a Palermo dove mi recai per cercare di ren~erml
conto della situazione dell'Isola. In quell'epoca.il separatismo non dava luogo ~ncora alle sue mamfesta- 41 -
~
21onipiù virulente mentre era particolarmente sviluppato in tutte le parti dell'Isola il banditismo che prendeva delle colorazioni politiche. Non era tuttavia facile discernere quanto il banditismo si mimetizzava
dietro le colorazioni politiche e quanto invece poteva
effettivamente venire utilizzato per agitazioni a fine
politico.
Il mio sopraIluogo a Palermo non fu rassicurante
sotto vari punti di vista, compreso quello del pos'sibile movimento monarchico locale. I miei interlocutori principali furono il generaleBerardi, comandante
militare dell'Isola, e l'i-spettore generale di P.S. Messana.Del primo seppi poi che svolgeva aperta azione
filomonarchicae del secondofu poi rivelato un comportamento non chiaro nei confronti del banditismo.
Per contro il pericolo del separatismopreoccupava
soprattutto l'Alto Commissario Aldisio il quale ricopriva tale carica, già all'atto dell'insediamento del mio
governo ».
Aldisio, un uomo politico molto abile, operava su
varie linee. Egli cercavaperò innanzitutto di rafforzare
in tutti i modi la Democraziacristiana facendovi confluire le forze più disparate, non escluse le componenti più retrive che erano confluite in un primo tempo sotto le bandiere separatiste..latifondisti timorosi
del vento di riforma che poteva venire dal Nord, e
mafiosi.
Don Calò Vizzini fu tra i primi a raccogliereil richiamo. Secondo una attendibile testimonianza, già
nel settembre del 1944, all'epoca dell'attentato a Li
Causi e della strage di Villalba, egli aveva chiuso la
sua breve stagione separatistaed era passatoalla De-
f!4
-42
-.-
.
-"
mocrazia cristiana. Fu una stagione che i miei interlocutori ricordano senzaalcun entusiasmo.
CARCACI:«L'adesione di molti mafiosi al Movimento per J'indipendenzafu strumentale e interessato. Il Viz2lini per esempio non è stato mai sincero.
Egli divideva il suo appoggio elettorale fra i vari
partiti ooche quando diceva di essere con noi. Ma
nessunodi noi nutri mai illusioni al suo riguardo ».
CASTROGIOVANNI:
«Per quanto riguarda l'appoggio della mafia posso asserire che il movimento non
lo richiese mai, né mai lo ebbe. La prova certa di ciò
si ha quando si pensi che nelle province nelle quali
veramente imperava la mafia, come quelle di Caltanissetta ed Agrigento, non si ebbe mai una consistente organizzazione indipendentista ed i risultati
elettorali parlano con indiscutibile certezza.Debbo dire che alcuni elementi aderirono lealmente al movimento: tanto Jealmenteche quando si accorseroche i
capi facevanoil doppio o il triplo giuoco interruppero
ogni rapporto con essi e non vollero più interessarsi
di politica tornando ad esserebuoni cittadini estranei
a qualsiasimanovrapolitica e non politica delle cosche
nell'ambito delle quali avevanoprecedentementevissuto. I capi, invece, come detto, bazzicavanoovunque
vi fossero prospettive di potere o di giovare comunque ai partiti politici che tali prospettive avevano.
Un modo di giovare era proprio quello di sorvegliare
i nostri propositi, stando all'interno di noi, per riferirli ai nostri nemici.
Una volta a Don Calogero Vizzini ostentatamente
ed in pubblico tolsi dall'occhiello la trinacria che egli
-43-
~-
.
-
po.rta~ainvitandolo a togliersela una volta e per tutte.
Mi dissero che dovevo considerarmi morto. Invece
come ognuno può constatare,sono tutt'ora vivo ». '
"yARVARO:«~ermo che non ci fu mai rapporto
fra il nostro movimento e la mafia. Ci furono dei mafiosi singoli, come per esempio Calogero Vizzini i
quali si dichiararono separattsti. Vizzini venne a ~oi
tramite Tascache conoscevaper la vicinanza delle loro
~iende agricole: Ma in effetti egli faceva un doppio
giOCO.Se partecipavaalle nostre riunioni, poi riferiva
tutto ad AI&5io. La sua concezionedell'indipendentismo era peraltro tipicamente vandeana. Una volta
disse: «basta un fischio e tutte le Cameredel Lavoro
sarannodistrutte ». Sta di fatto che nella zona da lui
influenzata non poté mai nascereuna vera organizzazione indipendentista ».
poi, p~r giustifi~re la pa~idità ~egli at~acc.anti.,
.che
avevo 1mmessol alta tensione nei cavalli di fnsia e
che avevo minato la sede. A lode della nostra città
debbo dire che, malgrado affannosericerche ed esortazioni, non venne.trovato nessuno«sparafucile ~ che
desse,alla occupazionedella sede la parvenza di una
manifestazionepopolare, come - purtroppo - avvenne poi a Palermo. Poco dopo infatti doveva esse.
re la volta della sedepalermitana di palazzoVillarosa.
A Cat~ni~ l'organizzazion~r~tò in piedi e fu allora che Si diede a Canepavia libera per la sua formazione clandestina militare; a Palermo ci fu invece
un tbtale ~bandamento.
Allora Stefano La Motta, quale messaggerodella
direzione paJermitana,venne a Catania per chiedere
l'invio di un elemento che avessela capacità di ri-
prenderein mano la situazione;la direzionedecise
CASTROGIOVANNI:
«Nella primavera del 1945 il
Movimento dovette, purtroppo, affrontare il passag-
di inviare me ed io partii immediatamente e fu cosl
che mi trovai a dover procedere alla riorganizzazione del movimento nella Sicilia occidentale nell'unica
forma possibilee cioè in quella clandestinae scegliendo elementi decisi ad opporre la violenza alla
violenza. Non essendocessatoil mio incarico di Catania facevo la spola fra Palermo, Cesarò, Catania
e tutti gli altri luoghi dove si doveva organizzare o
coordinare la nuova forma di resistenza. In quei
mesi sono stati innumerevoli gli alloggi dove mi
sono di volta in volta rifugiato sotto falsi nomi ».
gio dalla pressionelegale ed organizzataa quella clandestina ed illegaJe. Infatti il 24 aprile la nostra sede
catanesefu assalita e devastata dalla polizia e dalle
truppe. lo, che ero allora segretario provinciale, vi
rimasi da solo asserragliatofino a tarda ora. Si dtsse
CARCACI: «Ci furono momenti duri e difficili.
Vi erano molti ri'schi durante la persecuzione.Tante
volte si andava in macchinacon armi ed esplosivi.
Quando cominciai ad esserericercato dalla polizia
Certo è che non fu la mafia a suggerire né tanto
meno a favorire la svolta che l'azione separatistasubì
nellaprimaveradel 1945 allorché,mentrei capi politici proseguivanonella agitazione delle rivendicazioni
del movimento sia all'interno che all'esterno, una parte del movimento passavaalla clandestinità e si preparava alla lotta armata.
-44-..~
'::,~
conservaii documenti più importanti in varie cassette
derivava non tanto da quei passi che potevano avere
cassettenon ne ho recuperata che una. Le altre sono
state distrutte dai consegnatari, per paura.
In quel1arecuperata c'era un dettagliato piano di
attaccoalle carceri di Catania. Era un piano minuziosissimoin base al quale alcuni giovani delle nostre
formazioni addirittura avevano fatto delle esercitazioni. C'erano indicate le misure dei cortili dei corridoi ecc. che vennero riprodotte sul terren~ in campagna».
attraverso le autorità di occupazione,assicuravanoil
mio governo della loro lealtà, quanto per la presenza
in Sicilia di alcuni elementi politici dell'AMGOT i
quali tenevano rapporti con gli elementi dirigenti del
movimento separatista e questi rapporti avevano un
carattere che poteva allarmare.
In Sicilia i separatisti provocarono varie insulse
pubbliche manifestazionimentre si svolgèvaun ~avorlo
nei salotti frequentati da esponenti dell'AMGOT. I
separatistisi spinserofino a1l'ingenuità,che dimostrava
e li affidaiad amici non sospetti.Ebbene,di quelle
,
in sé un valore relativo in quanto i governi alleati,
Nel marzodel 1945 a firma di FinocchiaroAprile
il caratteredi improvvisazionespeculativadel movimento, di elaborareuna lista del futuro governosi-
e Varvaro, fu inviato alla Conferenza internazionale
di San Francisco un memoriale richiedente il riconoscimentodel diritto di autodecisioneal popolo siciliano. Contemporaneamentesi costituiva nei boschi di
Cesarò
(Messina)
la prima formazionedell'EVIS (Eser-
ciliano ».
Parri aveva assunto la Presidenzadel Consiglio il
21 giugnodel 1945, pochi giorni dopo la uccisionedel
professore
Antonio Canepa (Turri) avvenutail 17
cito volontarioper l'indipendenza
dellaSicilia)sotto
il comando
del professore
Canepa.
giugno presso Randazzo in un agguatotesogli dai
carabinieri. Con Turri cadevanouccisi anche due stu-
Ma eranoi riflessi internazionalidell'azioneseparatista che maggiormente preoccupavano il governo
denti guerriglieri:CarmeloRosanoe GiuseppeGiudi-
di Roma.
ce. Un terzo veniva ferito.
lt nome di Canepasuscita ancor oggi emozione
e
compianto in tutti i suoi compagni di fede con cui
PARRI: «Dopo il mio sopralluogo a Palermo
l'on. Aldisio continuò a manifestarmi sia a voce che
allora
giovani e lo seguirono in montagna o si esaltarono
alla notizia delle sue imprese. Resta in molti però
ho parlato e specialmente in coloro che erano
a mezzocomunicazionile sue crescentipreoccupazioni in termini che ponevanonon più solo un problema interno di ordine pubblico ma un problema in-
un' ombra di dubbio sulle circostanzedella sua morte.
È questainfatti una delle pagine oscure della storia
del separatismo.Ecco l'nterpretazione che me ne
hannofornita alcuni fra coloro che più gli furono
vicini.
ternazionalecomplesso.I separatistiavevanogià inviato un loro memoranduma Londra, e uno credo
anche in Americaper affermare
il diritto dellaSicilia
ad un regime separato. L'elemento di preoccupazione
- 46 -
- 47 -
~;<l
~..,
.,<
---
::è
,
,
I
GALLO: «Canepa aveva una carica di idealismo
spinta fino al limite del misticismo. Fu lui che ebbe
la prima idea di costituire una forza armata composta da giovani. Egli riteneva che ciò fosse necessario
vis.to che ~l governo italiano non ci consentiva più
nessunaaZIonelegale. La condizione essenzialeper lui
era la purezza della organizzazione.
Canepaera stato effettivamente elemento del servizio segreto inglese e certamente aveva una partita
aperta col SIM.
.
L~ .tr~p~ol~ sc~ttò quando una spia segnalò ai
carabInIerIdi CatanIa che egli sarebbeandato a Fran-
sicurezza;Gallo perché venne, al momento della cattura, difeso con il proprio petto da un brigadiere dei
carabinieri che dimostrò come un uomo, degno di tale
nome, sia tenuto ad eseguiregli ordini della giustizia,
ma non quelli dell'odio.
Che Mario Turri fosse il professore Canepa lo
sapevamo solamente in tre o quattro persone. Egli
era un meraviglioso idealista che concepiva l'azione
non tanto come fine a se stessaquanto in funzione
(li dimo~trazionedi fede. Quando richiese la fornitura
di un furgoncino al servizio della sua formazione
- quello su cui doveva insieme a Rosano lasciare la
cavilla per acquistaredelle armi. Fu l'allora capitano
vita -, io lo sconsigliaidi girareper le stradecheera-
Fabiani.che ordinò ai carabini~ri di Randazzodi appostarsl e attaccarlo. Il maresciallo Rizzotto, che comandava la stazione di Randazzo, esegui l'ordine.
Quando io fui successivamentearrestato rinfacciai
nel corso di un interrogatorio allo stessocapitano Fabiani l'assassinio di Canepa. Per giustificarsi egli mi
fece vedere la copia del telegramma spedito da lui.
stessoa Randazzoper disdire l'ordine. Ma il telegramma, mi disse, giunse troppo tardi. Mi fu facile dimoProva che l'ordin d Il
e evea
strargli checonclusasi
ciò costituiva
la morte di Canepaera
operazione
con la
nuto proprio da lui. '
lo avevo molto insistito con Canepa perché non
andasse
.
.billui a eseguire quel1amiss'ione' ma eg1.
l f u lrremOVl e».
no sotto controllo della polizia. Ho nelle orecchie e
nel cuore la sua risposta. Egli mi disse: «Caro Attilio, qualcuno deve morire se si vuole che la Sicilia
viva ». È chiaro che con queste parole egli consapevolmente metteva il suo sangue sulla bilancia della
nostra lotta ».
.
CA~C~CI: «lo credo.che l~ mort~ dl Canepa Sia
da.attnbulrsl al.voltafa,cclade~l alleano~anepa.aveva
del collegamentI con 1« Intelligence serVlce» Inglese
. . . non osavano attaccar1o.
e per questo l. carablruen
Quando sepperoche questa protezione gli era venuta
meno gli tesero l'agguato e lo uccisero».
STROGIOV
.
I
b...
.1
VARVARO:«Ho conosciuto Canepa. Escludo che
.
. Le circostanze
.
fosse un agente degh. Inglesl.
della sua
morte restano ai miei occhi molto oscure».
ANNI...« cara inlen - e nOlO saCA
pevamo - avevano ordine di sparare a vi'sta almeno
su 4 uomini: Canepa,Gallo, Castrogiovanni e Carcaci.
lo scampaiperché fui arrestato da agenti di pubblica
Sta di fatto che la morte di Canepa segnò una
svolta nell4 storia del separatismo.Nel!'EVIS, fin che
fu vivo Canepa,non ci fu posto per i banditi.
- 48 -
- 49 -
Scarica

Qualcuno deve morire - Istituto Gramsci Siciliano