Provincia 39 L’ECO DI BERGAMO SABATO 4 MAGGIO 2013 a Il 2012 anno dell’orso e della civetta Il rapporto della polizia provinciale: ben tre esemplari di plantigradi passati per le valli orobiche Autogrù per salvare il rapace notturno. Aumenta l’attività: 897 interventi per recuperare la fauna ELISA RIVA nelle aree urbane, ma anche la scarsa abitudine del contatto con gli animali». L’amministratore di via Tasso ha spiegato così il balzo in avanti: «Quello bergamasco è un territorio che registra un costante aumento dei capi della propria fauna, inoltre la forte urbanizzazione fa salire la possibilità di entrare in contatto con gli animali. A ciò si aggiunge la forte sensibilità dei cittadini». Il trend sembra proseguire anche in questi primi mesi del 2013: «Al 30 aprile – dice l’ufficiale Walter Serpellini – sono già 205 le operazioni, contro le 194 dello stesso periodo del 2012: 106 hanno interessato gli ungulati, probabilmente perché debilitati dal lungo inverno e per la tardiva ripresa vegetativa che li ha spinti valle e quindi si troOltre a JJ5, avano ad attraversare altri due le strade, 17 sono staincidenti stradaesemplari tili gli rispetto ai precesono denti 4». Il momento attività più intensa transitati di degli operatori di via da qui Tasso è nel periodo della riproduzione, cioè tra maggio e settembre, mesi in cui una pattuglia è destinata alla specifica attività. a Il 2012 è stato l’anno dell’orso. Secondo il «Rapporto sui recuperi della fauna selvatica» gli agenti del nucleo itticovenatorio del Corpo di polizia provinciale lo scorso anno si sono trovati impegnati in un’operazione senza precedenti: il rinvenimento della carcassa di orso bruno, scoperto da un cacciatore in un dirupo di Gandellino. Era il 22 settembre del 2012 e il punto esatto dei resti, in località Calvera, fece pensare a una morte causata da una slavina. A distanza di mesi, grazie alle indagini genetiche, è stato possibile identificare il plantigrado e ricostruire la sua storia: si trattava di DJ1D1 e dal Trentino, passando nel 2011 per la provincia bresciana, aveva raggiunto il territorio orobico. Stando al documento della polizia provinciale, oltre alla nota comparsa dell’orso JJ5 nel 2008, nel corso del 2012 le valli orobiche sono state teatro pertanto di un evento eccezionale avendo visto il transito di altri due orsi. I soccorsi A «Ma è meglio non toccare i caprioli» A Il recupero della carcassa di un cervo da parte del nucleo ittico-venatorio della polizia provinciale Guardie ittico venatorie della Provincia hanno recuperato complessivamente 158 esemplari». Tra le cause principali di recupero, oltre all’origine ignota (352 capi), spiccano gli incidenti stradali (159), seguiti da cause naturali (124), incidenti vari (107), recinzione o intrappolamento (42), cause varie (38), randagismo (37), avvelenamento (22) e infine 16 esemplari per bracconaggio. Degli 897 animali, 466 sono mammiferi e 431 uccelli: 95 di specie cacciabili, gli altri rapaci diurni e notturni. Il 2012 è stato pure l’anno della civetta, per una particolare missione: rimasta imprigionata nella sommità del tempio di San Tomè, era stata salvata grazie anche all’intervento dei vigili del fuoco sopraggiunti con un’autogrù. ■ Aumento dell’attività Questo è solo uno dei fenomeni fotografati dal «Rapporto sui recuperi della fauna selvatica»: il dato più significativo riguarda il numero degli interventi del nucleo ittico-venatorio. Nel 2012 sono stati 897 superando di molto i 750 del 2011. «È importante sottolineare – commenta l’assessore alla Polizia provinciale Fausto Carrara – il forte incremento dalla nascita del Corpo nel 1999 a oggi: siamo passati da 182 esemplari di allora ai quasi 900 dell’anno scorso. Inoltre voglio evidenziare che in città sono state 92 le chiamate, dimostrando una particolare sensibilità anche I volontari La novità del 2012 è stato il coinvolgimento di operatori volontari che hanno consentito di poter gestire al meglio un così alto numero di interventi. «In particolare – dice il comandante della polizia provinciale Alberto Cigliano – hanno dato il loro prezioso contributo l’Associazione nazionale forestali in congedo (Anfor) e l’associazione venatoria Italcaccia che hanno stipulato un protocollo operativo con la Provincia, le Guardia ecologiche volontarie Gev della provincia di Bergamo e della Comunità montana dei laghi bergamaschi e le Un piccolo di volpe. Gli esperti raccomandano di non toccare mai i cuccioli ©RIPRODUZIONE RISERVATA Non esitano a chiamare la centrale operativa della polizia provinciale se si imbattono in un rondone con un’ala spezzata, se scoprono una volpe ferita o rinvengono sulla strada una lepre investita. I bergamaschi, secondo i dati del nucleo itticovenatorio, sono molto sensibili. Ma pure troppo perché spesso l’eccesso di zelo non è utile al benessere degli animali. Come nel caso dei caprioli: tra fine maggio e fine giugno può capitare di imbattersi in cuccioli nati da pochi giorni, accucciati nell’erba ai margini di un bosco. All’apparenza possono sembrare abbandonati, in realtà la mamma non è lontano e attende solo che le persone si allontanino per tornare dai suoi piccoli. Quindi l’istinto di raccogliere i cuccioli è dannoso perché li condannerebbe a una vita in cattività o alla morte. Ecco perché la polizia provinciale ha distribuito alcuni opuscoli che forniscono delucidazioni in merito al giusto comportamento da seguire in caso si incontrino caprioli o uccelli apparentemente in difficoltà. In quest’ultimo caso si spiega che i piccoli volatili che non sanno ancora volare saltellano sul terreno pigolando. Ciò potrebbe indurre a pensare che abbiamo bisogno di aiuto, ma non è così. «Il messaggio che vogliamo lanciare – spiega l’ufficiale Walter Serpellini – è che per il loro bene, tutti questi animali non devono essere toccati. Inoltre dobbiamo sfatare il mito che se vengono avvicinati, poi non saranno più accettati dalla madre per via dell’odore umano. Comunque è sempre meglio allontanarsi subito». E. RI. a Allarme cinghiali, sale l’allerta «In Val Seriana siamo disperati» A Valle Seriana «In Valle Seriana siamo disperati!». Non manca il punto esclamativo nell’ennesimo appello lanciato in Bergamasca per il flagello dei cinghiali. A inviare un incisivo Sos è questa volta Giancarlo Moioli, «perito agrario da 36 anni in servizio per il territorio» e consulente della Comunità montana Valle Seriana. Il problema è sotto gli occhi di tutti e non passa giorno in cui non vengano segnalati danni profondi, soprattutto ai terreni che in quota verranno presto raggiunti dalle mandrie. «Mai come quest’anno – scrive Moioli – i cinghiali stanno devastando la media valle, a cominciare dalla Val Gandino, comprendendo tutti gli alpeggi di proprietà o in gestione alla Comunità montana che si affacciano sul lago d’Endine. Noi non sappiamo più cosa dire agli affitefJfznfTvwEz5aAJ1d0hYHDgR9rLg4Ctjo/pqy0j3zU= tuari (oltre ad aver scontato quanto concordato di canone) e agli allevatori, disperati, che sono impotenti. Altrettanto impotenti paiono le organizzazioni sindacali di categoria (Coldiretti, Confagricoltura e altre), che oltre a compilare denunce danni, inviate regolarmente in Provincia, non sanno più che dire». Un «j’accuse» ampiamente condiviso quello di Moioli, come è emerso qualche settimana fa in un incontro tenutosi nella sala consiliare di Casazza, ma anche dalle lamentele a più voci che tutti segnalano, che si associano a volte anche con la paura (e i danni) provocati dagli orsi, evidentemente in misura più circoscritta. «In un momento di gravissima crisi economica – aggiunge Moioli – la più oculata e attenta gestione del territorio può dare un sostanzioso aiuto. Come è Il terreno devastato al Tribulino possibile procedere in questa direzione stando semplicemente a guardare? Ci sono proprietà pubbliche (strade, sentieri, pozze di abbeverata, cascinali) nei quali l’ente pubblico ha speso fior di risorse, che ora sono in balia di questi animali, con evidente danno alla collettività e relativo pericolo, specie quando le femmi- ne sono nel periodo dell’allattamento. È impossibile fare zootecnia e gestire prati e pascoli con questo stato di cose, quando poi ci si accanisce, sanzionando per violazioni al vincolo idrogeologico, chi smuove una carretta di terra». Un paradosso evidenziato qualche mese fa anche dal proprietario di uno chalet a Pianì di Ranzanico, attaccato da un branco con danni ingenti: «Per sistemare il terreno e avviare le opere anche minime è stato un calvario per permessi e perizie geologiche». A Como si è organizzato un comitato per dire «Basta ai cinghiali» e allarmi arrivano anche dal Trentino. Nel mirino (ironia della sorte) soprattutto i cacciatori, cui Moioli dedica una frecciata, pur premettendo di «conoscerli e rispettarli nei fatti da tanto tempo». «Non bisogna sparare solo ai maschi – dice – sono le femmine che partoriscono. È ora di fare qualcosa di serio e non ingenerare il dubbio che una sorta di lobby venga addirittura protetta dagli enti competenti in materia di caccia». ■ Giambattista Gherardi Val Gandino A Salto «olimpionico» del muflone A A livello di fauna selvatica la Bergamasca in questi giorni è piena di sorprese. Basti pensare all’orso (tra l’altro ieri lungo l’Adda, ma in Valtellina, è stato fotografato un avvoltoio monaco). In Valle Seriana è segnalata in questi giorni la presenza dei mufloni, nella zona del rifugio Parafulmine lungo il percorso della traversata fra i pizzi in Val Gandino. Un branco è arrivato a brucare i germogli d’erbetta della piana della Montagnina ed è stato colto dall’obiettivo di Diego Percassi, cineoperatore gandinese.