IL PAESAGGIO
“ARCHEOLOGICO”
Resti e contesti:
prospettive
di condivisione
su tutela
e valorizzazione
X BORSA MEDITERRANEA
DEL TURISMO ARCHEOLOGICO
Paestum
15 - 18 Novembre 2007
Edizioni MP MIRABILIA srl
Direzione Generale per l’Innovazione
Tecnologica e la Promozione
IL PAESAGGIO
“ARCHEOLOGICO”
Resti e contesti:
prospettive
di condivisione
su tutela
e valorizzazione
Direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione
Direttore Generale Antonia Pasqua Recchia
Il programma di partecipazione
alla X Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico
Paestum 15-18 novembre 2007 è stato organizzato dal:
Servizio II - Comunicazione, Promozione e Marketing
Unità Organica I - Comunicazione, Grandi Eventi e
Manifestazioni Fieristiche
Progettazione e realizzazione opuscolo, materiali grafici e stand
Organizzazione convegno e incontri allo stand
Responsabile Antonella Mosca
con Monica Bartocci, Antonella Corona, Eleonora Isola,
Maria Cristina Manzetti, Maria Tiziana Natale, Amadeo Natoli, Alessio Noè,
Simona Pantella, Susanna Puccio, Maria Siciliano, Laura Simionato
Comunicazione multimediale
Alberto Bruni, Renzo De Simone, Francesca Lo Forte, Emilio Volpe
Segreteria Amministrativa
Cristina Brugiotti, Annarita De Gregorio, Mauro De Santis,
Loredana Nanni, Laura Petracci, Rosaria Pollina, Silvia Schifini,
Teresa Sebastiani, Fabiana Vinella
Rapporti con i media
Fernanda Bruno,
con Vassili Casula, Consuelo Di Tamassi, Marta Pepe, Marina Ricci
Rapporti Internazionali
Anna Conticello
con Alessia De Simone
Supporto logistico
Edoardo Cicciotto, Maurizio Scrocca
Supporto operativo allo stand
Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Salerno,
Avellino e Benevento
Museo Archeologico Nazionale di Paestum
CCTPC - Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale
Call Center - Omnianetwork S.p.A.
Sponsor
Ales S.p.A.
Reply
iGuzzini illuminazione S.p.A.
BBS software S.r.l.
L
a Borsa del turismo archeologico di Paestum è diventato un appuntamento fisso
per il Ministero, segnatamente per le Soprintendenze archeologiche. È diventata
un’occasione per riflettere, in un contesto di grande vivacità logistica ma anche di
fermento intellettuale, sulle tematiche di maggiore attualità che riguardano soprattutto,
ma non solo, il settore archeologico.
Il Tema del 2007, Paesaggio: resti e contesti è assai suggestivo, stimolante e attuale,
ma anche complesso e difficile perché tocca la sostanza dell’operare degli Istituti nel
territorio, ma anche il governo stesso del territorio, quindi i rapporti tra diversi livelli
istituzionali, diverse aree di competenze e i rapporti tra tutela/conservazione e trasformazione/sviluppo, letti e vissuti quasi sempre come momenti antinomici.
È anche un tema strettamente connesso alla valorizzazione del territorio, quindi vicino alla finalità della manifestazione di Paestum.
È infine un tema molto sentito dalle strutture del Ministero, e lo si rileva dal taglio coerente che è stato dato dalle Soprintendenze ai rispettivi contributi, che peraltro vengono ampiamente documentati nello stand.
In una riflessione del 1999, nell’ambito della prima Conferenza nazionale per il paesaggio, si apprezzava analogamente la vasta e convinta partecipazione delle strutture
del Ministero, pur constatando una certa frustrazione derivante dall’impossibilità di
entrare al momento giusto nei processi decisionali riguardanti il paesaggio che fatalmente si era trasformata nella sottovalutazione della rilevanza sociale e culturale della
tutela paesaggistica.
Il sostanziale fallimento della politica di pianificazione paesistica realizzata fino ad
allora, che sola avrebbe potuto e dovuto garantire il funzionamento fisiologico e non
patologico della tutela, se si fosse realizzata nei tempi prefissati e non con l’enorme
ritardo con cui si stava attuando, aveva comportato la sottovalutazione della “cultura
del paesaggio” come sistema complesso con la conseguente affermazione del principio riduttivo di una valutazione di compatibilità strettamente confinata all’ambito visivo-percettivo delle componenti del paesaggio, anzi, ancor più limitatamente, ai famosi “coni visuali”.
Quella cultura del paesaggio, si riteneva allora, avrebbe dovuto rafforzarsi attraverso
l’individuazione e l’esplicitazione di elementi propositivi ai fini della progettazione,
che andassero ad arricchire ed integrare il quadro delle prescrizioni e dei dinieghi.
I Resti e i Contesti certamente coincidono con tali elementi propositivi, proprio nel
modo in cui vengono intesi e analizzati dagli archeologi, in una prospettiva di interrelazioni ben più ricche e progettualmente stimolanti di quelle derivanti da una semplice collocazione dei resti nei contesti, che si avrebbe qualora si intendessero i primi
solo come emergenze accertate e visibili – contenuti – e i secondi solo come aree circostanti – contenenti –.
Tutto questo assume una rilevanza notevole in una fase, come quella attuale, di maggiore attenzione alla tutela del paesaggio, non limitata ai dibattiti scientifici e accademici ma estesa anche alla componente normativa, considerato che nella revisione del
Codice dei beni culturali e del paesaggio, in via di completamento, si intende rafforzare la tutela paesaggistica.
I contributi delle Soprintendenze archeologiche e delle altre strutture del MiBAC alla
Borsa di Paestum non si limitano però a questo aspetto, sia pur assai rilevante.
Viene infatti trattata con ampiezza, nelle presentazioni allo stand e nei convegni, la
componente direi quasi complementare a quella fisico-territoriale del paesaggio
archeologico, ossia la componente immateriale propria dell’archeologia virtuale.
Nelle passate edizioni si erano presentati numerosi progetti: quest’anno si espongono
i risultati, i prodotti ricchi e complessi di questi progetti: siti web di musei e di aree
archeologiche, ricostruzioni in 3D di monumenti, siti e paesaggi, ricostruzioni virtuali
di percorsi reali e virtuali, ma anche applicazioni tecnologiche innovative per il controllo del territorio e l’esercizio della tutela. Anche se l’obiettivo principale di tali prodotti resta quello della promozione-valorizzazione, essi presentano un indubbio interesse scientifico e di ricerca.
Nel complesso a Paestum possiamo osservare un esempio significativo, reiterato nelle
diverse sedi e nei diversi territori, di come si possa utilmente coniugare tutela e trasformazioni, conservazione e sviluppo e di come l’archeologia non sia un “rischio” ma una
straordinaria risorsa.
Antonia Pasqua Recchia
Direttore Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione
Nuove tecnologie per una migliore fruizione
dei beni archeologici
Ufficio di Direzione
Direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica
e la Promozione
Anna Conticello
Direttore Generale
Antonia Pasqua Recchia
Via del Collegio Romano, 27
00186 Roma
Ufficio di Direzione
Tel. 06 67232648
Fax 06 67232209
[email protected]
6
La Direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e la
Promozione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali
(MiBAC) espone, in occasione della X Borsa Mediterranea del
Turismo Archeologico di Paestum, i progetti realizzati con l’utilizzo, in ambito archeologico, di nuove tecnologie, come servizio per
il miglioramento dell’offerta culturale.
Siti web di musei ed aree archeologiche, visite archeologiche virtuali, ricostruzioni in 3D di monumenti e del paesaggio circostante,
archeoguide visibili su palmare e gameboy, sono disponibili sia per
adulti che per ragazzi, nei vari musei archeologici.
Tutti i progetti indicati rientrano nel programma di “Archeologia online”, avviato dalla Direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica
e la Promozione al fine di produrre benefici positivi sull’intero sistema del patrimonio archeologico delle aree coinvolte. La fruizione del
bene – mediante la tecnologia informatica intesa come nuovo
mezzo di promozione nel settore del turismo culturale – attraverso
l’utilizzo di sistemi multimediali e postazioni mobili, ha due finalità:
il riscontro positivo sulla conoscenza del sito archeologico interessato e un incremento del sistema economico dovuto ai benefici ottenuti dall’intera area che conserva il bene storico-artistico.
Alcuni dei prodotti esposti presso lo stand del MiBAC, come i siti
web realizzati con i fondi del progetto – finanziato dal CIPE – sono
in fase di attuazione e saranno presentati insieme a nuovi siti web
archeologici.
In quest’ambito rientrano il sito del Museo Nazionale di Arte
Orientale di Roma, il sito del Museo Archeologico Nazionale di
Cagliari, le reti di musei ed aree archeologiche della Calabria, della
Campania e della Puglia, le visite archeologiche virtuali con la ricostruzione dei siti di Velia e Paestum. Fra i progetti l’ArcheoAtlante in
3D – visibile sul web – ovvero un atlante virtuale di alcuni siti archeologici – inseriti nel loro contesto temporale, territoriale e paesaggistico – a cui hanno aderito la Direzione Regionale per i Beni Culturali
e Paesaggistici della Campania con il progetto del tratto della Via
Appia da Sinuessa a Benevento comprese le diramazioni delle Vie
Minturnum-Suessa Aurunca, Teanum – Cales e la via Pueteolis-Capuam
e la ricostruzione del Teatro Romano di Cassino realizzata dalla
Soprintendenza dei Beni Archeologici del Lazio.
La visita virtuale nel paesaggio antico dell’ArcheoAtlante in 3D avviene attraverso la costruzione di un GIS (Geographical Information
System) e di un sistema di realtà virtuale di tipo desktop; il risultato
finale consente al visitatore di navigare – tramite una postazione visiva – in tempo reale nel territorio attuale (spazio) e in quello antico
(tempo). L’utente si muove all’interno del paesaggio interagendo col
mondo virtuale, con l’impressione di trovarsi effettivamente immerso
nello spazio tridimensionale.
Si accede anche a percorsi di visite personalizzati, attraverso la visualizzazione di itinerari che guidano l’utente alla visita o ad acquisire
informazioni storiche – attraverso un’interrogazione interattiva.
Infine l’utente può attivare vari livelli informativi relativi al paesaggio
storico-archeologico ricostruito: da un menù si può decidere in
quale epoca storica muoversi e visualizzare i siti ricostruiti.
L’Archeoguida diffonde, invece, un modello di fruizione archeologica dei siti attraverso l’utilizzo di postazioni mobili. Il progetto, iniziato in via sperimentale con Villa Adriana a Tivoli, si è poi diffuso in
alcune delle regioni interessate dal programma di “Archeologia online”, come Umbria, Puglia, Sardegna e Basilicata. Le Archeoguide –
realizzate per ragazzi ed adulti su palmare e per bambini su gameboy – accompagnano gli utenti durante il percorso di visita all’area
archeologica; le informazioni sono modulate a seconda delle varie
fasce di età. Sono visibili vere e proprie ricostruzioni virtuali che illustrano momenti essenziali della storia del luogo e racconti per bambini – ideati con personaggi immaginari – che ne stimolano l’attenzione, la curiosità e la comprensione attraverso la divulgazione delle
principali notizie inerenti al sito e semplici quesiti.
Il MiBAC è presente nell’esposizione “Archeovirtual” con ricostruzioni in 3D già realizzate, in via di realizzazione o ancora in fase di studio, e nel convegno “Archeologia Virtuale in Italia e il Programma
Archeologia online” durante il quale si parlerà di linee guida per un
3D di qualità e di alcune realizzazioni frutto di una stretta collaborazione fra archeologi del MiBAC e delle università ed esperti nel settore della tecnologia applicata ai beni culturali.
7
Sommario
10
Il Parco Culturale del Sangro Aventino.
Modello di sistema integrato per lo sviluppo sostenibile di aree interne
Sandra Lapenna
12
Il patrimonio archeologico della Basilicata: un’occasione di sviluppo per il
territorio
Elvira Pica
14
La ricostruzione del paesaggio antico attraverso l’archeologia: il caso di
Torre di Satriano
Massimo Osanna
18
Ricostruzione virtuale della Villa della Regina di Boscoreale
Lorena Jannelli
19
Il villaggio di Oliva Torricella
20
Il vallone di Positano
21
Il paesaggio centuriato in Emilia Romagna
Renata Curina
23
Conoscere e tutelare il paesaggio antico: il caso del Friuli Venezia Giulia
Paola Ventura
26
Il Parco Archeologico Ambientale di Vulci
Anna Maria Moretti
29
Paesaggi antichi della Piana di Alvito in Valle di Comino
Giovanna Rita Bellini
34
Il Parco Naturalistico Archeologico di Ostia
Proposta di convivenza tra monumenti e vegetazione
37
L’archeologia tra ricerca scientifica e tecnologia quale occasione
di sviluppo territoriale
Marina Mengarelli, Michela Mengarelli
39
Un promontorio, il suo popolamento e la sua storia
Maurizio Landolfi
42
Il parco archeologico di Saepinum-Altilia (CB)
e il circuito delle mura romane
Mario Pagano
45
Liliana Pittarello
46
Il paesaggio archeologico dell’Alta Valsessera (Biella).
Un progetto in divenire
Gabriella Pantò
48
Il progetto di recupero del Pulo di Molfetta fra erosioni, terrazzamenti e
testimonianze archeologiche
Francesca Radina, Maria Cioce
51
Le concessioni d’uso
Paolo Scarpellini
54
Tuvixeddu. Al di là
Giovanni Azzena, Donatella Salvi
57
Il Paesaggio archeologico nell’agro di Sinnai
Maria Rosaria Manunza
61
Villa Tigellio, la rinascita
Società Anamnesys
62
Il Sistema Informativo Territoriale per i Beni Culturali della Sardegna
Alberto Bruni, Andrea Doria, Franco Fabrizzi
65
Paesaggio da scoprire, paesaggio da eleggere
Antonietta Boninu
68
Sorgono. L’area monumentale di Biru ‘e Concas
Patrizia Tomassetti
70
Il paesaggio archeologico in Alta Valtiberina
Monica Salvini
74
Il paesaggio archeologico di Spoletium
Liliana Costamagna
79
Nasce dal mare una nuova Soprintendenza
Angela Accardi
81
I cantieri archeologici nella città di Aosta: tutela e valorizzazione
Alessia Fave
83
Iter progettuale per il Sito Archeologico di Tusculum
Maria Elena Marani
86
CCTPC Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale
91
Call Center
92
ALES Arte Lavoro e Servizi S.p.A.
93
Reply
95
iGuzzini illuminazione S.p.A.
96
BBS software S.r.l.
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Abruzzo
ABRUZZO
Sandra Lapenna
Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Abruzzo
Direzione Generale per i Beni Archeologici
Il Parco Culturale del Sangro Aventino.
Modello di sistema integrato per sviluppo
sostenibile di aree interne
Direttore Generale
Stefano De Caro
Via di San Michele, 22
00153 Roma
Tel. 06 58434600
Fax 06 58434750
[email protected]
Direzione Regionale
per i Beni Culturali e
Paesaggistici dell’Abruzzo
Direttore Regionale
Anna Maria Reggiani
Coordinamento per la comunicazione
Paola Carfagnini
Via Portici di San Bernardino, 3
67100 L’Aquila
Tel. 0862 487248
Fax 0862 420882
[email protected]
Soprintendenza per i Beni
Archeologici dell’Abruzzo
Soprintendente
Giuseppe Andreassi
Via dei Tintori, 1
66100 Chieti
Tel. 0871 331668
Fax 0871 330946
[email protected]
10
L
a Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Abruzzo condivide
da tempo l’impegno alla tutela, valorizzazione e comunicazione
del patrimonio archeologico con Enti e Amministrazioni locali.
Le province di Chieti e dell’Aquila, quattro Comunità Montane e 27
Comuni hanno così compartecipato a uno studio di fattibilità promosso dalla Soprintendenza per la creazione del Parco Culturale del
Sangro Aventino e degli Altipiani maggiori, che ha come “componenti” territoriali i parchi nazionali d’Abruzzo e della Maiella e il sistema fluviale fino alla linea di costa adriatica.
L’ambito d’intervento – il bacino fluviale del Sangro-Aventino – costituisce un’area paesistica omogenea con caratteri propri di identità in
termini morfologico-naturali e soprattutto storico-culturali.
La valle fluviale attraversa l’Abruzzo in senso ovest-est, e si contraddistingue per la presenza di un patrimonio culturale e naturale diffuso di enorme valore, non tanto come singola emergenza ma nel suo
insieme.
L’ottica d’intervento deve valorizzare questa peculiarità, arricchendo
l’offerta turistica di qualità, destagionalizzando i flussi turistici, al
momento più legati al mare e alla montagna, attivando finanziamenti
mirati alla riorganizzazione, rivitalizzazione e utilizzazione del ricco
patrimonio archeologico esistente nell’area.
Obiettivo prioritario e di più ampia scala è quello di creare un sistema di “Parco Culturale” in cui tutte le componenti, perfettamente
integrate tra loro, inneschino la fruizione “turistica” e culturale dell’area e lo sviluppo economico dell’intero territorio.
Nell’ambito della struttura “Parco Culturale” si sono individuate tre reti
principali: quella “culturale”, in cui rientra il settore Parchi ed Aree
archeologiche, quella “ambientale” e quella “infrastrutturale”. Questa
ripartizione non è una struttura rigida e non esclude attraversamenti
trasversali di relazione tra settori apparentemente differenti, legati
invece da elementi significativi.
È il caso dei siti archeologici, che vanno considerati in relazione al
sistema delle Vie verdi e dei Percorsi pedonali che riprendono,
come i tratturi, itinerari storici, ma anche in rapporto con il Patrimonio
Monumentale, Architettonico ed Artistico, e con il contesto naturalistico-paesaggistico di riferimento.
La fattibilità del Progetto Parco Culturale del Sangro-Aventino dal
punto di vista di sostenibilità finanziaria, di validità economica e
d’impatto è stata ampiamente accertata, e il Ministero per i Beni e le
Attività Culturali e il Ministero per l’Economia e le Finanze lo avevano
assunto come proprio, ritenendolo valido ed innovativo e pertanto
da finanziare con una quota premiale, ma nel frattempo, mutate le
condizioni politiche, non sono più state disponibili le risorse economiche per le aree depresse.
Nonostante ciò, le sinergie createsi non si sono disperse e nell’ambito dell’APQ della Regione Abruzzo l’Associazione dei Comuni del
Sangro Aventino ha elaborato un Progetto Integrato Territoriale –
ambito Lanciano, promosso dalla Provincia di Chieti, la cui idea guida
è stata “Tra memoria e natura: il Parco Culturale del Sangro –
Aventino”.
Contemporaneamente la Soprintendenza ha beneficiato di finanziamenti Cipe, ai quali ha compartecipato con risorse ordinarie, intervenendo in tre importanti siti archeologici: a Monte Pallano ha costituito il parco archeologico, nel Parco Archeologico di Iuvanum ha aperto nel 2006 il Museo Archeologico, la cui gestione nel 2007 è stata
affidata ad una associazione, grazie ad un protocollo d’intesa con la
Provincia di Chieti, la Comunità Montana “Medio Sangro” e il Comune
di Montenerodomo; Quadri avrà a breve il parco archeologico con
percorso visita attrezzato all’area sacra sannitica e all’anfiteatro romano, destinato anche a spettacoli e rappresentazioni.
Infine, con la creazione della Sangro-Aventino Card, un progetto
pilota e un modello di attuazione delle sinergie territoriali, si sta sperimentando l’integrazione a sistema delle ricchezze del patrimonio
culturale, ambientale, antropologico ed enogastronomico.
Il territorio così ha assunto una connotazione sua propria, fortemente identitaria, che può essere comunicata in modo organico attraverso il progetto “Informazione e promozione risorse del territorio”,
proposto dalla Società Consortile Sangro Aventino e al quale hanno
aderito la Soprintendenza, le Amministrazioni Comunali e gli Enti
gestori.
Tale progetto si prefigge di presentare nell’immagine e nella sostanza un territorio che si offre al fruitore con una rete organica ed omogenea di proposte, di accrescere la qualità dell’offerta del sistema
Sangro Aventino, di fornire una dimensione “multimediale” dei siti.
Ulteriore step del progetto, oltre la card, sperimentata già da un paio
d’anni con buon successo, sarà l’ideazione e installazione di una cartellonistica adeguata.
Lo stesso modello è stato recentemente avviato nel Trigno – Sinello,
valle fluviale più a sud, che separa l’Abruzzo dal Molise, e che presenta le medesime caratteristiche del Sangro-Aventino.
11
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Basilicata
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici
della Basilicata
BASILICATA
Direttore Regionale
Alfredo Giacomazzi
Coordinamento per la comunicazione
Elvira Pica
Massimo Carriero
Corso XVIII Agosto 1860, 84
85100 Potenza
Tel. 0971 328111
Fax 0971 328220
[email protected]
www.basilicata.beniculturali.it
12
Il patrimonio archeologico della Basilicata:
un’occasione di sviluppo per il territorio
Elvira Pica
L
a Direzione Regionale della Basilicata, nel recepire le aspettative
rappresentate sul territorio dagli enti locali, ha cercato di contemperare le obiettive esigenze di tutela con la necessità di sviluppo del territorio stesso, svolgendo un’azione che consenta di
coniugare le naturali aspettative della cittadinanza con la salvaguardia, il recupero e la fruibilità delle testimonianze del passato. Si è
pertanto affiancata alle attività della Soprintendenza per i Beni
Archeologici della Basilicata, sviluppando con essa un coerente
quadro di interventi che rispettino pienamente le aspettative dei
cittadini: da un lato la necessità di sviluppo di un territorio come
quello lucano, che sta scontando, e attivamente recuperando, ritardi derivanti dal passato; dall’altro la presa di coscienza dell’importanza del proprio patrimonio archeologico come risorsa di sviluppo da valorizzare e far conoscere.
Va sottolineato che la Regione e gli stessi Comuni hanno pienamente compreso che uno sviluppo sostenibile della comunità è legato
non soltanto alla realizzazione di opere pubbliche e di infrastrutture, ma anche alla valorizzazione e fruizione delle eccezionali testimonianze della propria storia e cultura. Ciò è tanto più significativo
in Basilicata, crocevia di popoli e culture che si sono avvicendati
attraverso i secoli. Il continuo scambio di valori e di segni ha restituito straordinarie attestazioni archeologiche, documentate e vivibili non solo attraverso il sistema dei musei archeologici nazionali
della regione – Potenza, Matera, Melfi, Venosa, Muro Lucano,
Grumento, Metaponto e Policoro – ma anche grazie ai parchi
archeologici aperti al pubblico – Vaglio, Venosa, Grumento,
Metaponto, Policoro.
Altre realtà si stanno costituendo proprio grazie ai rapporti in corso
con la Regione e gli Enti locali: ne siano soltanto un esempio il
Museo delle antiche genti di Lucania a Vaglio e il Centro di documentazione archeologica a Baragiano, entrambi realizzati grazie ad
una proficua collaborazione con le amministrazioni comunali, le
comunità montane e le associazioni presenti sul territorio.
Occorre evidenziare, in relazione al tema del paesaggio archeologico affrontato quest’anno dalla Borsa di Paestum, che i parchi archeologici della Basilicata restituiscono ancora oggi una piena fruibilità del
paesaggio nella sua complessità e suggestività di ambiente naturale
e antropico essendo in gran parte ubicati in aree extraurbane di grande valore ambientale e paesaggistico in cui la natura rappresenta una
risorsa per lo svolgimento delle attività quotidiane (grazie anche alla
presenza di sorgenti, di boschi, di terreni particolarmente fertili),
oltre che un elemento di pura godibilità.
Non a caso, quindi la Soprintendenza per i Beni Archeologici della
Basilicata presenta in questa occasione, il progetto realizzato in
uno dei siti più suggestivi della regione dal punto di vista paesaggistico: quello della Torre di Satriano, tutelato fin dal 1970 con
decreto di vincolo archeologico e dal 1997 con decreto di vincolo ambientale proprio per le elevate valenze che ne fanno un luogo
privilegiato dal punto di vista paesaggistico e culturale. Il sito ha
restituito una serie di evidenze archeologiche e conserva i resti dell’abitato altomedievale, emergenti sul terrazzo roccioso, che
segnano incisivamente la fisionomia dei luoghi in un’immagine storicamente consolidata. La maestosa torre medievale focalizza l’interesse visivo e richiama l’attenzione sull’ampio quadro paesaggistico in cui si coglie appieno ancora oggi l’antico rapporto e la profonda integrazione tra uomo e natura.
13
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Basilicata
La ricostruzione del paesaggio antico attraverso
l’archeologia: il caso di Torre di Satriano
Massimo Osanna
Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata
Direzione Generale per i Beni Archeologici
L’
Direttore Generale
Stefano De Caro
Via di San Michele, 22
00153 Roma
Tel. 06 58434600
Fax 06 58434750
[email protected]
Direzione Regionale
per i Beni Culturali e
Paesaggistici della Basilicata
Corso XVIII Agosto 1860, 84
85100 Potenza
Tel. 0971 328111
Fax 0971 328220
[email protected]
www.basilicata.beniculturali.it
Soprintendenza
per i Beni Archeologici
della Basilicata
Soprintendente
Massimo Osanna
Via A. Serrao, 11
Palazzo Loffredo
Tel. 0971 323111
Fax 0971 323261
85100 Potenza
[email protected]
www.archeobasi.it
14
altura di Torre di Satriano, ubicata a circa venti chilometri a sudovest di Potenza, tra il fiume Melandro e l’alta valle del Basento,
con la sua elevata cima che raggiunge quasi i 1000 metri di altezza,
è il cuore di un importante insediamento antico.
Le indagini condotte nel territorio hanno permesso di leggere consistenti tracce della frequentazione risalenti alla media età del bronzo
(XIV sec. a.C.) e riferibili ad un villaggio di capanne.
Per le epoche successive non abbiamo testimonianze significative
almeno fino alla fine del VII secolo a.C., quando si assiste ad una vera
e propria esplosione demografica, con un’intensa occupazione dell’area per nuclei sparsi di abitazioni e sepolture disposti intorno
all’altura. Sul versante sud-orientale del pianoro si sviluppa nel corso
del VI secolo a.C. una grande capanna a pianta absidata, identificabile, per le eccezionali dimensioni e per la presenza di materiale
ceramico fine a decorazione subgeometrica, quale residenza di un
esponente di rango elevato.
Nel corso delle recenti attività archeologiche è stato avviato un programma di ricerca sulla ricostruzione del paleoambiente. Sulla base
dei dati archeobotanici è stato possibile ricostruire un paesaggio
intensamente sfruttato. Le abetine ed il bosco misto costituivano la
popolazione arborea prevalente e fungevano da aree di approvvigionamento del materiale legnoso, utile a soddisfare esigenze
domestiche e tecniche, per la costruzione sia delle strutture abitative sia delle casse per le deposizioni funerarie. L’abete bianco (Abies
alba) è la specie arborea più attestata, associato alla quercia a foglie
decidue (Quercus tipo cerris), seguita da altre piante quali il pioppo o il salice (Populus/Salix).
Carboni di Abete bianco (Abies cfr. alba)
da Torre di Satriano
3
Alberi di abete bianco
1
2
1: Sezione tangenziale (100%)
2: Sezione trasversale (100%)
3: Sezione radiale (200%)
Carboni di Quercus tipo cerris
da Torre di Satriano
2: Sezione trasversale
(100%)
Alberi di cerro
1: Sezione tangenziale
(100%)
15
Documentato è anche il castagno (Castanea sativa), un’essenza
importante per l’utilizzo del legname oltre che dei suoi frutti a scopi
alimentari.
Ai boschi si alternavano i campi aperti destinati all’agricoltura e, verosimilmente, al pascolo. Dalle analisi condotte ricostruiamo per l’età
arcaica un tipo di agricoltura fondata sulla coltivazione di quei cereali che Plinio (NH XVIII,10) considera “invernali”, ovvero il farro
(Triticum dicoccum) e l’orzo, e di leguminose (fave, lenticchie e
piselli) che dovevano rivestire un ruolo di primo piano nella paleodieta degli abitanti del sito.
Carporesti da Torre di Satriano
Fava (Vicia faba)
Cariossidi di farro (Triticum dicoccum)
Nel corso del IV secolo a.C. si registrano le trasformazioni più significative, da mettere in relazione con le nuove presenze di genti lucane. Intorno alla metà del secolo, infatti, si registra un cambiamento
nelle modalità insediative: l’altura viene cinta da mura di fortificazione e nel territorio sorgono insediamenti che possono essere interpretati come fattorie, che definiscono un articolato paesaggio agrario.
Sulle pendici sud-occidentali dell’altura, in prossimità di sorgenti, si
sviluppa un santuario legato al culto delle acque e di una divinità
femminile.
Tra fine III e inizio II secolo a.C. anche questo assetto insediativo è
destinato a trasformarsi: lo scontro con Roma determina il declino
di interi centri e la trasformazione di grandi aree territoriali che probabilmente ricadono nell’ager publicus romano. Nel territorio
sembra realizzarsi un forte spopolamento in conseguenza delle
profonde trasformazioni che seguono i drammatici eventi della
guerra annibalica.
Nel corso dell’età imperiale (I-II sec. d.C.) nascono nuovi insediamenti, alcuni dei quali continuano ad essere frequentati fino all’epoca tardo antica: si tratta di pochi siti di medie e grandi dimensioni
che fanno pensare alla presenza di fattorie e ville rivolte alla coltivazione cerealicola intensiva e alla pastorizia.
16
Con l’età normanna si assiste ad una concentrazione della frequentazione sulla sommità dell’altura, dove a partire dal IX-X secolo d.C. è
documentata la presenza dell’abitato fortificato di Satrianum destinato a diventare una importante sede vescovile. Nel territorio, invece, le tracce di occupazione appaiono piuttosto labili. Le recentissime indagini archeologiche documentano nel dettaglio la forma urbana della città fortificata che, tra XII e XV secolo occupa l’altura.
All’interno della lunga cinta muraria, la sequenza di case, magazzini
e aree produttive culmina, sulla sommità, negli edifici di carattere
pubblico. Qui si individuano, ben distinti uno dall’altro, lo spazio
religioso con la chiesa cattedrale a tre navate absidate, edificata alla
fine dell’XI secolo, e lo spazio civile, rappresentato dalla monumentale torre che segna ancora oggi in modo tangibile il paesaggio.
Direzione Scientifica:
Massimo Osanna
Collaborazione:
Scuola di specializzazione
in Archeologia
Università degli Studi della
Basilicata
Coordinamento attività sul campo:
Lucia Colangelo
In collaborazione con:
Ilaria Battiloro
Gianfranco Carollo
Donatella Novellis
Barbara Serio
17
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Campania
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici
della Campania
CAMPANIA
Direttore Regionale
Vittoria Garibaldi
Coordinamento per la comunicazione
Maria Rosaria Nappi
Via Eldorado, 1
80132 Napoli
Tel. 081 2464209
Fax 081 76453205
[email protected]
Direzione scientifica:
Stefano De Caro
Pietro Giovanni Guzzo
Coordinamento:
Lorena Jannelli
Consulenza scientifica:
Grete Stefani
Consulenza tecnicaInfobyte s.p.a.
18
Ricostruzione virtuale della Villa della Regina
di Boscoreale
Lorena Jannelli
N
ell’ambito del Programma Nazionale Archeologia on line, promosso dalla Direzione per l’Innovazione Tecnologica e la
Promozione del MiBAC, la Direzione Regionale per i Beni Culturali e
Paesaggistici della Campania è stata beneficiaria di un finanziamento
per la realizzazione di un itinerario virtuale sul tematismo dell’enogastronomia antica.
Si è scelto di sviluppare un percorso tematico sulla civiltà del vino,
incentrato sulla valorizzazione di un sito antico fortemente connotato in tal senso, com’è la Villa della Regina di Boscoreale, una fattoria rustica impiantata nel fertile territorio vesuviano tra tarda
repubblica e prima età imperiale per la produzione del rinomato
vino pompeiano.
In collaborazione con la Soprintendenza Archeologica di Pompei e
con la consulenza tecnica della Infobyte S.p.a., si è elaborata la ricostruzione in grafica 3D dell’impianto di Villa Regina, contestualizzata
nel territorio circostante, la cui visita virtuale è arricchita da approfondimenti multimediali tematici specifici sulla civiltà del vino (storia
della viticoltura; consumo del vino; produzione e commercio del
vino).
Il prodotto è concepito per una fruizione differenziata, dalla visione
passiva dei filmati su DVD alla più attiva partecipazione alla scelta dei
percorsi tramite strumentazione informatica (PC-CD Rom), mentre la
proiezione in ambienti immersivi (“teatri virtuali”) può potenziare la
percezione di coinvolgimento nella ricostruzione virtuale del paesaggio antico.
L’intervento si inserisce nel più ampio progetto, attualmente allo stato
di fattibilità, di qualificazione di Villa Regina come centro tematico
sulla civiltà del vino, allo scopo di farne un punto di innesto di itinerari fisici che si snodino lungo le moderne strade del vino del comprensorio vesuviano, nell’ambito territoriale del Parco Nazionale del
Vesuvio che racchiude antichi e recenti centri di produzione vinicola.
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Campania
Il villaggio di Oliva Torricella
Maria Antonietta Iannelli
Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province
di Salerno, Avellino e Benevento
Direzione Generale per i Beni Archeologici
I
l versante orientale del comune di Salerno risulta essere un territorio
particolarmente ricco di tracce della più antica frequentazione
antropica in Campania. Il susseguirsi pressoché continuo di aree frequentate dall’uomo preistorico conferma l’importanza rivestita,
almeno dal Neolitico al Bronzo Antico, della fascia costiera compresa tra il torrente Fuorni ed il torrente Mercatello.
L’importanza dei ritrovamenti salernitani risulta ancora più evidente se
inserita nella straordinaria estensione areale e temporale della frequentazione che supera i cinque Km lungo l’antica linea di costa.
La frequentazione antropica neolitica, alla luce del dato archeologico, è caratterizzata da piccoli insediamenti posti lungo orli di terrazzi marini, con una linea di costa consistentemente più arretrata di
quella attuale. Una delle aree meglio indagate è quella del villaggio
di Oliva Torricella che ha documentato almeno dieci capanne con
pianta absidata e orientamento pressoché concorde (asse maggiore
orientato N-S) L’apertura principale delle capanne guardava verso
Sud, era rivolta, quindi, verso mare. La pavimentazione interna era
realizzata in battuto costituito da terra piroclastica mista a pomici
bianche e sabbia quarzosa oltre a grumi di concotto.
Direttore Generale
Stefano De Caro
A monte della prima capanna indagata sono stati riconosciuti tre
recinti di forma circolare o semicircolare. Le strutture sono in relazione con numerosi punti di cottura. Diverse tipologie di forni e piani di
cottura attestano la pratica di differenti attività produttive ed artigianali. Il rinvenimento di scorie di bronzo è da collegare ad attività
fusorie. Il villaggio viene seppellito dall’arrivo di una successione di
sabbie miste a prodotti piroclastici, deposte in fase fluida attribuite
ad uno tsunami. Le capanne infatti sono invase dall’arrivo delle sabbie, con spostamento dei materiali e conservazione sia di reperti che
di impronte umane e di animali. Tale fenomeno disastroso, la cui origine potrebbe essere ricondotta alla nota presenza di un gran numero di apparati vulcanici nell’area tirrenica, è stato documentato in vari
punti della costa salernitana. Successivamente tutta l’area è investita
da fenomenologie di sovralluvionamento. I paleosuoli preistorici
vengono erosi e attraversati da profondi valloni. La frequentazione
successiva risulta ridotta.
I lembi dei terrazzi marini apparentemente non saranno più frequentati e i siti più recenti (media età del Bronzo) attestano un arretramento sulle alture collinari, poste a ridosso della costa.
Via di San Michele, 22
00153 Roma
Tel. 06 58434600
Fax 06 58434750
[email protected]
Soprintendenza per i Beni
Archeologici
per le province di Salerno,
Avellino e Benevento
Soprintendente ad interim
Angelo Maria Ardovino
Via Trotula de Ruggiero, 6-7
84100 Salerno
Tel. 089 5647201
Fax 089 252075
[email protected]
www.archeosa.beniculturali.it
Direzione scientifica:
Maria Antonietta Iannelli
Collaborazione:
Suor Orsola Benincasa,
Università degli Studi di Napoli
Federico II,
Università di Roma La Sapienza
Documentazione scientifica:
Geomed s.r.l.
Direzione tecnica:
Bauen Studio
19
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Campania
Il vallone di Positano
Maria Antonietta Iannelli
Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province
di Salerno, Avellino e Benevento
Direzione Generale per i Beni Archeologici
I
Direttore Generale
Stefano De Caro
Via di San Michele. 22
00153 Roma
Tel. 06 58434600
Fax 06 58434750
[email protected]
Soprintendenza per i Beni
Archeologici
per le province di Salerno,
Avellino e Benevento
Soprintendente ad interim
Angelo Maria Ardovino
Via Trotula de Ruggiero, 6-7
84100 Salerno
Tel. 089 5647201
Fax 089 252075
[email protected]
www.archeosa.beniculturali.it
Direzione scientifica:
Maria Antonietta Iannelli
Collaborazione:
Università degli Studi di Napoli
Federico II - C.I.Be.C.
Documentazione:
Geomed s r l
Restauro:
Adele Cecchini, Walter Tuccino, ICR
Laboratorio fotografico:
Leonardo Vitola
20
l complesso residenziale che, tra la seconda metà del sec. I a.C. ed
il 79 d. C., occupa il fondo del Vallone Pozzo, piccolo bacino che
drena il versante meridionale della cima più alta dei Monti Lattari
(Monte Sant’Angelo a tre Pizzi 1444 m. s.l.m.), si ispira al tipo della
villa vesuviana a peristilio.
Verso il lido, in sinistra orografica del rivo, è stato individuato il portico d’ingresso del quartiere marittimo.Sul retro, verso monte (nord)
si sviluppa un lungo corridoio coperto relativo ad un criptoportico.
Un ambiente mosaicato, sottoposto al sagrato della Chiesa Madre,
per la presenza di tubuli di rivestimento, è da mettere in relazione
con gli ambienti termali della villa.
A breve distanza dal campanile si segnalano, fin dal 1758, pilastri,
colonne, mosaici a tessere bianche, privi di decorazioni, ambienti
affrescati, condotti d’acqua, giardini, portici, forse ninfei dotati di
fistole in piombo.
Già il Maiuri nel 1955 attribuiva il seppellimento della villa a fenomenologie di colata vulcanoclastica connesse con l’eruzione del 79
d.C.. “Evidentemente ... il seppellimento si doveva ad una massa
liquida o semidensa che era penetrata dalle finestre, dalle porte e
dalle scale, colmando e riempiendo ogni vacuo così come era avvenuto ad Ercolano... La villa più che sepolta appare sommersa entro
un banco di tufo grigio e compatto di circa 8 metri di altezza colato
e rappreso tra le pareti di quel vallone”.
La catastrofe arrestò per sempre la vita della villa inglobandola in una
coltre fangosa dello spessore a tratti superiore anche ai 16 metri.
Attualmente i reperti risultano completamente inglobati all’interno
della vulcanoclastite consolidatasi.
La messa in posto della coltre vulcanoclastica modificò profondamente l’andamento dell’antica linea di costa.
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia-Romagna
EMILIA-ROMAGNA
I
l patrimonio archeologico territoriale costituisce in Italia un elemento ed una presenza che caratterizzano in modo determinante il
paesaggio; il paesaggio che può essere considerato come ambiente
naturale ma modificato dall’attività produttiva e costruttiva dell’uomo, risultanza fisica e geografica quindi di questo cambiamento e un
“bene” in continua trasformazione. In Italia la densità degli avvenimenti storici umani che hanno lasciato traccia sul terreno è molto rilevante proprio per la quantità di vicende che si sono succedute, ma
la loro incidenza sul territorio è ancor più consistente rispetto ad altri
paesi proprio per la sua struttura fisica; da ciò deriva una maggiore
correlazione fra fatti storici umani e fatti naturalistici e geografici.
Se si valuta pertanto questo aspetto del paesaggio la disciplina
archeologica, in uno degli aspetti che essa riveste, può essere considerata come un ottimo strumento di interpretazione dell’ambiente,
volto a documentare i fenomeni di continuità o di trasformazione,
tracce lasciate dalle comunità umane nel corso delle varie epoche
storiche, fino a determinare la forma attuale. L’archeologia possiede
infatti alcuni strumenti diagnostici che permettono di verificare e
riconoscere l’uso che l’uomo ha fatto del paesaggio attraverso le attività estrattive, agricole intensive che possono aver creato fenomeni
di dissesto idrogeologico, attività di disboscamento, di bonifica
delle zone paludose, tutte pratiche che hanno lasciato un segno sul
territorio.
La stretta interdipendenza tra uomo e ambiente è particolarmente
importante ed evidente soprattutto per il periodo romano in cui pur
essendoci una considerevole capacità di trasformare il territorio, tale
capacità mantiene una situazione di parità tra la componente umana
e quella fisiomorfologica; le modifiche e le profonde trasformazioni
attuate nel paesaggio in questo periodo storico hanno sempre infatti tenuto conto della geografia fisica del territorio in cui si veniva ad
intervenire, legando strettamente l’intervento umano alle caratteristiche morfologiche del terreno.
L’esempio più evidente delle trasformazioni che in età romana hanno
interessato il territorio è senza dubbio fornito dal sistema della centuriazione; la sua realizzazione ha infatti trasformato in maniera radicale il paesaggio con l’abbattimento del bosco, il prosciugamento e
la bonifica di ampie zone paludose attraverso un sistema capillare di
scolo delle acque adattato alla morfologia del terreno, la regimazione dei corsi d’acqua; il regolare disegno della centuriazione, scandito dalla presenza di un reticolo di strade poderali o di lunga percorrenza che definiscono gli spazi agricoli, è arricchito dalla presenza di
impianti produttivi, edifici rurali isolati di varia volumetria e piccoli
Direzione Generale per i Beni Archeologici
Renata Curina
Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna
Il paesaggio centuriato in Emilia Romagna
Direttore Generale
Stefano De Caro
Via di San Michele, 22
00153 Roma
Tel. 06 58434600
Fax 06 58434750
[email protected]
Direzione Regionale per i Beni
Culturali e Paesaggistici
dell’Emilia-Romagna
Direttore Regionale
Maddalena Ragni
Coordinamento per la comunicazione
Paola Monari
Via S. Isaia, 20
40123 Bologna
Tel. 051 3397024
Fax 051 339 7077
[email protected]
Soprintendenza per i Beni
Archeologici dell’Emilia-Romagna
Soprintendente
Luigi Malnati
Via Belle Arti, 52
40126 Bologna
Tel. 051 223773
Fax 051 227170
[email protected]
21
agglomerati che si distribuiscono in maniera organica sul territorio. Al
paesaggio prettamente agricolo e così bonificato, dove le zone
incolte si riducono sempre più alle fasce golenali o alle aree topograficamente più depresse, si salda, in uno stretto e imprescindibile
binomio, lo spazio urbano e la fondazione delle città può essere
considerata uno degli aspetti più importanti e significativi della romanizzazione.
La pianura emiliana conserva ancora ben visibili ampi tratti del sistema centuriato, che si sviluppa tra la metà del III ed il I secolo a.C.e il
cui scopo principale era quello di assicurare lo scorrimento delle
acque di superficie attraverso una serie di canali di scolo e di drenaggio necessari alla bonifica e all’irrigazione del territorio. Proprio
per la natura stessa del sistema così strettamente legato alla morfologia del territorio, i reticoli centuriali conservati in Emilia Romagna e
che interessano ampi areali sono quasi tutti orientati secundum naturam, ad eccezione di quello riminese-cesenate che segue l’orientamento celeste. Accanto però alla scelta dell’orientamento anche la
geografia sembra aver in parte condizionato l’impianto della centuriazione; limitati settori territoriali, quali ad esempio i pianori separati da profonde incisioni distribuiti nei territorio di Fidenza e
Fiorenzuola, alcune fasce di territorio costiero o fasce distribuite
lungo l’asta fluviale del Po, sembrano presentare, infatti, moduli propri ed un proprio orientamento.
Nel complesso si può ritenere che nella regione emiliano-romagnola, come peraltro in buona parte della pianura padana, è ancora ben
visibile il disegno centuriale, testimonianza dello stretto rapporto tra
l’uomo e l’ambiente e dello sfruttamento razionale di un territorio,
ancora oggi attuale. Nello stesso tempo la conoscenza di questo
rapporto uomo/ambiente spinge ad approfondire la conoscenza
del territorio anche da un punto di vista storico, e quindi riconoscere il paesaggio come opera dell’uomo e della natura, come un palinsesto ricco di tracce; proprio tale conoscenza può diventare inoltre
uno strumento fattivo di pianificazione urbanistica e del paesaggio,
strumento che ha avuto e riveste sempre di più un importante ruolo
per la tutela; proprio dalla possibilità di leggere il rapporto che i
manufatti archeologici hanno avuto con il paesaggio, infatti, può
essere possibile valutare tali presenze all’interno di relazioni di sistema e creare un’occasione di uso e di valorizzazione di vaste parti di
territorio, formando percorsi articolati e complessi. Attraverso una
pianificazione territoriale, per la quale si dovrebbe auspicare il coinvolgimento degli Enti rappresentativi del Territorio e in cui la scienza archeologica può essere proposta come strumento diagnostico
di conoscenza sempre più approfondita, sarebbe possibile una
tutela dei resti archeologici emergenti, di quelli accertati ma non
emergenti o di quelli non accertati ma potenziali, più mirata e più
completa.
22
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Friuli Venezia Giulia
Conoscere e tutelare il paesaggio antico:
il caso del Friuli Venezia Giulia
L’
esperienza – tuttora in corso – che qui si presenta da parte della
Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia
vuole essere un esempio del continuo aggiornamento degli strumenti di tutela del patrimonio archeologico in conseguenza dell’adeguamento della normativa, che tuttavia si intreccia necessariamente con
il recepimento di metodi di ricerca affermatisi negli ultimi decenni
grazie a diversi progetti di ricerca nel territorio, ma finora non applicati sistematicamente su scala regionale.
L’impellenza di un riesame complessivo, in una differente prospettiva, delle conoscenze sul patrimonio archeologico regionale si è
posta all’inizio del 2007, in seguito alla sottoscrizione nel novembre
2006 di un accordo fra il MiBAC e la Regione Friuli Venezia Giulia:
nella nuova legge urbanistica da quest’ultima varata (L.R. 5/2007), è
infatti prevista la redazione di un nuovo piano territoriale regionale
(articolato su cinque “risorse”, dall’ambiente alle infrastrutture), con
valenza paesaggistica. Per conferirgli il valore di piano paesaggistico
è stato deciso pertanto di sperimentare la redazione congiunta –
limitatamente al tema paesaggio – fra Regione, MiBAC e Ministero
dell’Ambiente, come previsto dall’art. 143 D.Lgs. 42/2004 e succ.
mod. (Codice dei beni culturali e del paesaggio), al fine di dare
piena applicazione allo snellimento delle procedure di autorizzazione conseguente ad una elaborazione condivisa.
Per garantire tuttavia un’adeguata tutela dei valori paesaggistici – che
non possono essere sacrificati alla semplificazione amministrativa –
viene richiesto uno straordinario sforzo di conoscenza e regolamentazione, per il quale sono stati chiamati a concorrere il gruppo di
lavoro della Regione e gli organi periferici del Ministero
(Soprintendenze di settore SBA e SBAPPSAE, sulla base delle indicazioni fornite dalla Direzione Regionale). Ciò ha costituito da un lato
un’innovazione nel metodo di lavoro, che non si limita all’esame per
l’approvazione di documenti già redatti, ma prevede la scrittura a più
mani, a seguito di sopralluoghi, di raccolta dati, di uniformazione dei
criteri e della normativa; dall’altro ha costretto gli archeologi, lavorando a stretto contatto con architetti e urbanisti, ad imparare a vedere
ma soprattutto a far vedere le tracce dell’azione antropica antica
sopravvissute nel paesaggio attuale, tali da essere ritenute meritevoli
di riconoscimento e tutela.
L’individuazione dei siti (per riportarsi a terminologia archeologica) da
includere nel piano paesaggistico – rispondenti a criteri quali la visibilità, l’appartenenza a complessi tipologicamente definiti, in ambiti con
valore anche ambientale – presuppone tuttavia una conoscenza adeguata ed esaustiva quale fornita di solito dalle carte archeologiche o
Direzione Generale per i Beni Archeologici
Paola Ventura
Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia
FRIULI VENEZIA GIULIA
Direttore Generale
Stefano De Caro
Via di San Michele, 22
00153 Roma
Tel. 06 58434600
Fax 06 58434750
[email protected]
Direzione Regionale per i Beni
Culturali e Paesaggistici
del Friuli Venezia Giulia
Direttore Regionale
Roberto di Paola
Coordinamento per la comunicazione
Claudio Barberi
P.zza della Libertà, 7
34132 Trieste
Tel. 040 4194814
Fax 040 43634
[email protected]
Soprintendenza
per i Beni Archeologici
del Friuli Venezia Giulia
Soprintendente
Fulvia Lo Schiavo
Piazza della Libertà, 7
34135 Trieste
Tel. 040 4194711
Fax 040 43634
[email protected]
23
carte del rischio (di cui purtroppo la nostra regione è attualmente
ancora sprovvista); non è stato nemmeno possibile utilizzare la lista dei
beni archeologici definiti ai sensi dell’ex Legge Galasso (L. 431/81, art.
1 lett. m): ciò ha costituito quindi il primo serio ostacolo ad una valutazione ragionata e con parametri oggettivi delle evidenze cui riconoscere valenza paesaggistica. D’altra parte – pur nella ristrettezza dei
tempi a disposizione, condizionati essenzialmente dalle scadenze
amministrative e politiche – ciò ha costituito un indubbio stimolo sia
per la ricognizione dei numerosissimi dati in nostro possesso ai fini di
una loro riorganizzazione nella carta archeologica regionale, sia –
come accennato all’inizio – per focalizzare le tematiche di maggiore
incidenza sul paesaggio, sulle orme della landscape archaeology e dei
metodi da essa utilizzati (analisi della cartografia storica e attuale, lettura delle fotografie aeree e da satellite, studio dell’evoluzione geomorfologica, ove possibile survey, etc.).
Premesso che si tratta di una ricerca intrinsecamente diacronica, ci si
limita qui – solo a titolo esemplificativo – al paesaggio agrario di
epoca romana, in quanto gli interventi di pianificazione, conseguenti alla colonizzazione della regione a partire dalla fondazione di
Aquileia nel 181 a.C., sono quelli che hanno lasciato le tracce più evidenti. Pur non tralasciando (ai fini della tutela) le singole evidenze
isolate, si sono infatti innanzitutto privilegiati i sistemi infrastrutturali,
che coincidono essenzialmente con la viabilità antica e con le centuriazioni. Fra le prime, sono ancora ben riconoscibili sul terreno le
principali vie della romanizzazione, ovvero l’Annia (153 a.C.) e la
Postumia (148 a.C.), provenienti rispettivamente da sud (è discusso
il terminale, che forse coincideva con Adria) e da ovest (Genova),
senza trascurare i percorsi di penetrazione verso nord (Norico, attuale Austria) ed est (Slovenia e centro Europa). Emblematico il caso
dell’Annia, che viene ricalcata per un lungo tratto dalla strada statale
14 della Venezia Giulia, ma che altrove è ancora leggibile al di sotto
delle attuali parcellizzazioni; più problematico quello della
Postumia, di cui proprio nella nostra regione si discute se coincidesse con il tracciato della cosiddetta Stradalta (altro asse portante della
viabilità moderna) oppure con un percorso più meridionale – al di là
24
tuttavia dell’eventuale identificazione con le denominazioni delle
fonti, è evidente che si ripropone comunque la continuità fino ad
epoca moderna di un itinerario romano.
La difficoltà di ricondurre le tracce sul terreno alle opere di sistemazione territoriale note delle fonti è resa ancor più evidente dalla difficile attribuzione delle diverse centuriazioni riconosciute dai ricercatori già da svariati decenni; gran parte della regione attuale apparteneva infatti all’agro di Aquileia, al quale tuttavia non pare corrispondere un’unica parcellizzazione: infatti oltre a quella aquileiese “classica” sono riconoscibili almeno altre quattro centuriazioni (note
come “nord-sud di Tricesimo”, “di San Daniele”, “della bassa pianura”, “di Manzano”), forse solo con cronologia differenziata, forse
riconducibili ad altre divisioni amministrative. La fascia orientale è
caratterizzata poi dalla centuriazione di Forum Iulii (Cividale) a nord,
mentre non è mai stata individuata una centuriazione pertinente alla
colonia di Tergeste (Trieste), per le stesse caratteristiche geomorfologiche del suo circondario.
Il settore occidentale, al di là del Tagliamento, è viceversa occupato
dalla centuriazione di Iulia Concordia, che si estende principalmente in Veneto. Proprio in relazione a quest’ultima e alla definizione del
suo confine orientale con l’agro aquileiese, si evidenzia l’importanza
della preliminare contestualizzazione dell’intervento antropico in
quello che era il paesaggio “naturale” antico – peraltro già alterato da
millenni di frequentazione umana:
il fiume Tagliamento, che costituisce oggi il confine fra le due regioni (Veneto e Friuli Venezia Giulia), era in passato diviso in due rami,
il principale dei quali (Tiliaventum maius), più occidentale dell’attuale, era presumibilmente anche allora il limite fra gli agri di Concordia
ed Aquileia;
studi anche recenti sull’evoluzione geomorfologica della bassa pianura friulana ci offrono oggi un quadro del sistema idrografico utile a
definire questioni finora irrisolte sulla base dei dati storici.
25
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio
Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale
Direzione Generale per i Beni Archeologici
LAZIO
Direttore Generale
Stefano De Caro
Via di San Michele, 22
00153 Roma
Tel. 06 58434600
Fax 06 58434750
[email protected]
Direzione Regionale
per i Beni Culturali
e Paesaggistici del Lazio
Direttore Regionale
Luciano Marchetti
Coordinamento per la comunicazione
Anna Maria Romano
Piazza di Porta Portese, 1
00153 Roma
Tel. 06 5843/5441/5434
Fax 06 5810700
[email protected]
www.laziobeniculturali.it
Soprintendenza
per i Beni Archeologici
dell’Etruria Meridionale
Soprintendente
Anna Maria Moretti
Piazzale di Villa Giulia, 9
00196 Roma
Tel. 06 3226571
Fax 06 3202010
[email protected]
26
Il Parco Archeologico Ambientale di Vulci
Anna Maria Moretti
L’
antica Vulci, uno dei complessi archeologici più imponenti ed
importanti dell’intero Mediterraneo, che dall’età del Bronzo Finale
raggiunge l’VIII sec. d. C., sorge presso la sponda destra del fiume
Fiora, nel cuore di una vasta pianura, che, dislocata ai margini meridionali del comprensorio della Maremma, risulta geologicamente
caratterizzata da depositi continentali fluvio-lacustri.
Favorita da un clima sostanzialmente mediterraneo, questa vasta porzione di terreno appena mossa da lievi e dolci rilievi risulta definita a
nord-ovest dai monti di Pitigliano, a nord-est da quelli di Canino, a
sud-est dai rilievi di Tarquinia, a sud-ovest dal mare Tirreno.
Il pianoro scelto quale sede dell’antica città dista circa venti chilometri dal litorale. Noto nella letteratura archeologica con il nome di Pian di
Voce o Pian dè Voci, esso si eleva alla modesta altezza di circa settanta metri sul livello del mare. Di forma articolata e per lo più naturalmente difeso da pendici scoscese, risulta delimitato a nord dal Fosso
Fontanile o Fosso della Città, ad est dal Fiora, a sud dal Fosso di Pian di
Voce o Fosso di Giano mentre ad ovest il dislivello del terreno si attenua collegando Pian di Voce al più piccolo pianoro di Pozzatella, oramai decisamente compreso nell’area della città etrusca.
Esplorata archeologicamente a partire dall’800, Vulci è nota nelle
fonti con il nome di Velzna e appare come una delle metropoli
dell’Etruria marittima.
Il centro, sorto con il Bronzo Finale e l’età del Ferro, fiorisce e si sviluppa fino alla conquista romana del 280 a. C., a seguito della quale
si trasforma in modesta città di provincia, la cui vita prosegue fino ad
età tardo antica; successivamente all’abbandono della città l’insediamento continua, al di là del fiume Fiora, con l’abbazia benedettina
fortificata di S. Mamiliano, della quale resta traccia, oltre che nei
documenti archivistici, anche nel Castello della Badia, una struttura
attestata fin dal IX secolo che oggi ospita il museo di Vulci.
La fase etrusca è documentata soprattutto dalle necropoli, dislocate
a corona intorno alla zona urbana mentre la città vera e propria conserva soprattutto resti di epoca romana.
Il comprensorio dell’antica città ricade oggi nell’ambito di competenza di due diversi comuni: in quello di Montalto di Castro rientrano infatti l’area urbana e le necropoli settentrionali, in quello di
Canino ricadono invece le estesissime necropoli orientali ubicate
lungo la sponda sinistra del Fiora, che assolve a funzioni di confine
tra i due comuni.
Nell’Etruria Meridionale i complessi archeologici si collocano quasi
sempre in ambienti di grandissimo valore ambientale e Vulci non fa
eccezione alla regola. Naturalmente il paesaggio attuale non è quello
della città etrusca ma piuttosto quello che si è venuto sedimentando
dopo la fine dell’Impero Romano e la scomparsa del complesso sistema di gestione del territorio e delle acque che avevano garantito nei
secoli precedenti la fertilità del suolo e la ricchezza delle comunità
umane. L’abbandono dei sistemi di drenaggio provocò la stagnazione
delle acque e rese il terreno acquitrinoso: dunque l’attuale è il paesaggio della Maremma ottocentesca, desolato e solitario come lo descrisse George Dennis quando nel 1842 percorreva la campagna di Vulci
alla ricerca di testimonianze del centro etrusco. Analoga era l’impressione che ne trasse D. H. Lawrence, che nel 1927 parlava della
Maremma come di “una delle regioni più abbandonate e selvagge
d’Italia” ma in quegli anni la campagna era già stata bonificata dalla
malaria e ampie zone di terreno erano coltivate, restavano però ancora vasti pascoli ed un generale senso di solitudine e abbandono.
Nel suo complesso l’area della Città e delle circostanti necropoli si
presenta ancora oggi sostanzialmente inalterata dal tempo tanto che,
malgrado le massicce opere di bonifica attuate al principio degli
anni ’50 del secolo scorso, resta per essa ancor oggi valida la descrizione che ne fecero quei celebri viaggiatori. Questo paesaggio è animato da una componente che rafforza la sensazione di ammirare un
luogo antico, si tratta degli animali tenuti semibradi al pascolo, cavalli e buoi dalle lunghe corna, grazie ai quali più volte si è parlato del
paesaggio di Vulci come paradigma delle visioni che in passato si
avevano delle rovine archeologiche.
In questo contesto naturale e culturale si collocano i pochi resti
monumentali della città antica che connotano lo skyline del pianoro,
rimasto inalterato anche dopo l’esecuzione delle ricerche archeologiche condotte a partire dagli anni ‘50 del 900.
Questa area, che è una delle più caratteristiche dell’Alta Maremma
Laziale, è stata da sempre oggetto di grande attenzione da parte dello
Stato, la cui azione si è sviluppata su due linee, l’una di tutela, avviata
fin dal 1916, mediante vincoli sia archeologici che paesaggistici e l’altra
di acquisizione dei terreni di proprietà privata compresi nella area
occupata dalla città. In questa prospettiva si è nel tempo esplicata l’attività della Soprintendenza Archeologica, impedendo l’attuazione di
quella frenetica attività edilizia che purtroppo ha sconvolto altre aree
della regione: valga per tutte l’esempio della costa a nord di Roma.
Per parte sua la Regione Lazio ha condiviso questo atteggiamento:
infatti individua già nel Piano Territoriale Paesistico, approvato con la
legge regionale n. 24 del 6.7.1998, l’area del parco archeologico di
27
Vulci, all’interno del quale – così come perimetrato dai PTP, zona D1
parco archeologico – insistono zone di particolare interesse ambientale.
Su questa base, di generale consenso circa il valore dell’area e la
necessità di proteggerla, si imposta la creazione del Parco
Archeologico Ambientale di Vulci, che nasce il 12 7 1999 grazie ad
una convenzione sottoscritta dal Ministero per i Beni Culturali ed
Ambientali e dagli Enti Locali interessati, cioè la Regione Lazio ed i
due Comuni di Canino e Montalto di Castro (VT). La convenzione raccoglieva la positiva eredità del progetto, molto complesso e quindi
difficilmente sintetizzabile in breve, denominato “Scuola cantiere
archeologica nel territorio di Vulci e Montalto di Castro” realizzato tra
il 1994 ed il 1996 grazie alla legge 160 del 1988, che si poneva come
obiettivo il riassorbimento della disoccupazione anche attraverso
programmi di formazione.
La convenzione, che nel 1999 si configurava come un primo esperimento per la gestione integrata dei beni culturali e ambientali, prevede il conferimento al Parco dei beni demaniali di proprietà statale
mentre gli enti locali si impegnano in particolare alla realizzazione
delle opere mancanti; la gestione del complesso è affidata ad una
società mista pubblico – privata creata dal Comune di Montalto di
Castro anche per questo obiettivo.
Hanno partecipato al progetto:
Dott.ssa Anna Maria Moretti
Dott.ssa Patrizia Petitti
Dott.ssa Laura Ricciardi
Dott.ssa Clementina Sforzini
Arch. Egidio Corso
I Comuni di Montalto di Castro
e Canino per il tramite
della Soc. Mastarna
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(1) Vincoli: ai sensi della legge 1497/1939 DM 21.9.1984, DM 22.5.1985, DM 19.01.1977, DM
21.09.1984, DGR 7802 del 17.9.1991; l’area è inoltre tutelata dalla legge 431/85 art.1, punti C ed
M ed infine la zona è in gran parte protetta dalla legge 1089/1939.
(2) Zona D3 parco fluviale, zona B2 agricola ad alto valore paesistico tutela paesaggistica, zona B3
sistema idromorfologico vegetazionale tutela orientata, zona C5 riqualificazione e salvaguardia
dei caratteri vegetazionali e geomorfologici tutela orientata.
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio
Paesaggi antichi della Piana di Alvito
in Valle di Comino
Giovanna Rita Bellini
Il Santuario di Casale Pescarolo
L’area sacra preromana e le terme di età augustea
Fulcro della valle e del sistema di organizzazione territoriale preromano è il santuario di Casale Pescarolo in territorio di Casalvieri, che
gli scavi e gli studi condotti in particolare tra l’ultimo decennio del
secolo scorso ed i primi anni dell’attuale hanno riportato in luce nella
sua valenza di crocevia di commerci e di culture.
Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio
uella che oggi è definita “ Piana di Alvito”, estesa tra le pendici
dei rilievi su cui sorgono Vicalvi , Alvito, Atina, Casalvieri, attraversata dalla via detta Sferracavalli (SP della Vandra), nella Carta di Delisle
(1745) è detta “ Piano di Cominate”, con evidente richiamo a
Cominium, il centro sannita teatro della battaglia decisiva che determinò la conquista della valle da parte di Roma, identificato da molti con
la collina di Vicalvi e con la sua cinta apicale in opera poligonale.
Direzione Generale per i Beni Archeologici
Q
Direttore Generale
Stefano De Caro
Via di San Michele, 22
00153 Roma
Tel. 06 58434600
Fax 06 58434750
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Il santuario, nato nell’VIII sec. a.C. come semplice culto in uno specchio d’acqua dove i pellegrini gettavano gli ex voto e forse si immergevano con l’aiuto di una passerella lignea, fu monumentalizzato in
età ellenistica con un recinto sacro, un tempio, un altare. In età tardo
repubblicana, quando il laghetto era ormai parzialmente interrato, ed
il culto probabilmente in declino, sull’area sacra venne costruito un
impianto termale, successivamente rimaneggiato e adeguato forse in
relazione a nuove esigenze.
Direzione Regionale
per i Beni Culturali
e Paesaggistici del Lazio
Direttore Regionale
Luciano Marchetti
Coordinamento per la comunicazione
Anna Maria Romano
Piazza di Porta Portese, 1
00153 Roma
Tel. 06 5843/5441/5434
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Soprintendenza per i Beni
Archeologici del Lazio
Soprintendente
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Via Pompeo Magno, 2
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Tel. 06 3265961
Fax 06 3214447
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29
Il santuario si colloca su una importante arteria nata come via di transumanza, ma divenuta ben presto via commerciale, collegata ai percorsi trasversali di comunicazione con il Sannio interno e con l’area
medio-adriatica.
La monumentalizzazione del tempio in età ellenistica, i reperti votivi
e le caratteristiche generali dell’area sacra richiamano il santuario di
Marica alla foce del Liris.
E come il santuario alla foce del Liris si configura, per la sua particolare posizione su una importante via di comunicazione commerciale
quale quella fluviale,come santuario emporico, così anche il santuario di Casale Pescarolo, posto su rotte commerciali che attraversano
e collegano l’Italia antica, si configura come santuario emporico al
confine del Sannio, difeso dal vicino centro di avvistamento sulla
collina di Vicalvi.
Con la romanizzazione, decaduto il culto originario, il fatto che il santuario non venga abbandonato come accade per altri, come Fontana
del Fico di Satricum Volscorum o Mefete di Aquinum, ma si trasformi in impianto termale, conferma l’importanza della strada cui è correlato. Il sovrapporsi ed il sostituirsi al santuario di terme alimentate
dalle stesse acque che avevano originato il culto è infatti un fenomeno ampiamente attestato sulle arterie stradali principali, come nella
stazione di sosta con impianto termale in loc.Colle Pelliccione a
Valmontone, o nelle stesse terme di Suio.
Le terme di Casale Pescarolo saranno progressivamente abbandonate con il decadere dei traffici e con la trasformazione socio-economica della Valle nei primi secoli dell’Impero.
La sistematizzazione della conoscenza
La necessità di sistematizzare i dati storici, archeologici e topografici
raccolti nella ordinaria attività di tutela e negli scavi effettuati nell’area
di Casale Pescarolo ha condotto nell’anno 2004 ad uno studio territoriale il cui obiettivo era quello di verificare le ipotesi avanzate circa
le origini del santuario e del culto, di focalizzare altre aree limitrofe,
ad esso connesse, per indirizzare scavi futuri, di ricostruire la griglia
insediamentale successiva alla romanizzazione, in cui si inserisce
l’impianto termale impostatosi sull’area sacra. Il lavoro è stato organizzato in una schedatura per siti dell’edito; nella verifica mediante
ricognizione degli stessi siti; nell’acquisizione di nuovi dati da ricognizione; nello studio geomorfologico sia bibliografico che di
campo; nell’analisi della cartografia storica e militare, con particolare
riguardo ad oronimi, idronimi e toponimi; nello studio delle foto
aeree storiche. Il monitoraggio archeologico ha portato alla piena
conoscenza delle dinamiche insediamentali ed evolutive del territorio, la “Piana di Alvito”, di cui il santuario e le successive terme sono
il fulcro.
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Resti e contesti
Nella visione di un paesaggio come simbolo attivo nelle trasformazioni sociali, la visibilità delle testimonianze gioca un ruolo essenziale. È indubbio infatti che al di fuori dei grandi centri storici caratterizzati da agglomerati di resti monumentali, la percezione del passato
tenda ad appiattirsi per la mancanza di visibilità, sia per gli studiosi,
sia per il pubblico dei non specialisti.
La Piana di Alvito è uno di questi luoghi, nei quali l’elusività di gran
parte delle testimonianze, eloquenti per gli specialisti ma avvertite
come elementi isolati dagli altri, impone la ricostruzione di uno schema di insieme necessario per far rivivere scenari oggi scomparsi
Da qui deriva dunque la necessità di tradurre gli elementi archeologici (tombe, ville, tracce di centuriazione, ecc) isolati per la percezione comune, in un insieme coerente, in una sintesi tra i siti e la
topografia della zona , tra resti e contesti che correlati formano il
paesaggio archeologico.
Le conclusioni dello studio territoriale sono la base scientifica per
una proposta di ricostruzione del paesaggio quale verosimilmente
doveva essere in età preromana e poi in età romana.
La ricostruzione in grafica 3D
La grafica 3D ha consentito di collocare in un coerente schema d’insieme le testimonianze in nostro possesso.
Sia per l’età preromana che per quella romana base per la ricostruzione del paesaggio è stata la conformazione geomorfologica del
territorio, rimasta sostanzialmente invariata fino ad oggi, nella quale
sono stati inseriti i dati desunti dallo studio geologico, idrografico e
da quello dei toponimi, relativamente al reticolo di corsi d’acqua ed
alle sorgenti che determinano e motivano l’impiantarsi del culto delle
acque in prossimità di quello che le modalità di rinvenimento dei
votivi e i risultati di una serie di carotaggi consentono di ricostruire
come piccolo lago correlato al santuario.
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Per l’età preromana gli elementi archeologici (passerella lignea, struttura templare, altare, portico), la cui presenza è indiziata dai dati di
scavo, sono stati riproposti nelle forme dell’età in cui essi probabilmente coesistevano, e ricostruiti attraverso confronti etnografici (la
passerella lignea) e architettonici (il tempio, l’altare, il portico) con
esempi coevi. Per l’età romana all’ossatura costituita dall’orografia e
dall’idrografia desunte dagli studi geologici è stata aggiunta l’immagine della centuriazione scandita da siepi, alberi e fossati, proposta
attraverso la raccolta di modelli reali di paesaggi che ripropongono,
oggi, gli stessi caratteri geologici e vegetazionali. La neve, coerente
con le ipotesi climatiche avanzate per l’età romana, è stata utilizzata
per coprire porzioni di territorio ove il monitoraggio archeologico
non aveva fornito indizi al di fuori di un generico richiamo al paesaggio agrario.
Progettazione e coordinamento:
Giovanna Rita Bellini
Gruppo di ricerca:
Rosangela Donnici
Massimo Lauria
Raffaele Leonardi
Antonella Molinaro
Stefano Pracchia
Gloria Sgrigna
Simon Luca Trigona
Cristina Villani
Ricostruzioni grafiche 3D e filmato:
Paolo Berardinelli
Dario Lanari
Stefano Pracchia
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La struttura delle terme (coperture, proporzione degli alzati) rinvenute a livello poco più che planimetrico, come pure le ville rustiche testimoniate da muri di sostruzione in opera poligonale puntualmente collocate e coerenti con la maglia centuriale, sono state
riproposte sulla base di confronti di edifici coevi con uguale destinazione d’uso.
Le aree sepolcrali sono state contestualizzate sulla scorta delle presenze monumentali o di quelle di materiale pertinente come iscrizioni funerarie ed elementi architettonici o scultorei sicuramente ascrivibili a monumenti funerari.
Il filmato in DVD
Le singole immagini ricostruite attraverso l’inserimento dei dati
archeologici sulla base geomorfologica sono state successivamente
animate in un filmato il cui obiettivo è una fruizione più consapevole del patrimonio culturale, offrendo una concezione di paesaggio
non solo come contenitore di storia ma come storia esso stesso; paesaggio in parte ancora sepolto, ma che può risultare visibile prevedendone la possibile presenza. L’aspetto fortemente evocativo scelto per comunicare la complessità dei paesaggi antichi che hanno
caratterizzato la Piana di Alvito in età preromana e romana è stato
consapevolmente voluto come stimolo per una più matura coscienza dei valori nascosti di un territorio.
33
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio
Il Parco Naturalistico Archeologico di Ostia
Proposta di convivenza tra monumenti e vegetazione
Soprintendenza per i Beni Archeologici di Ostia
Direzione Generale per i Beni Archeologici
L
Direttore Generale
Stefano De Caro
Via di San Michele, 22
00153 Roma
Tel. 06 58434600
Fax 06 58434750
[email protected]
Direzione Regionale
per i Beni Culturali
e Paesaggistici del Lazio
Direttore Regionale
Luciano Marchetti
Coordinamento per la comunicazione
Anna Maria Romano
Piazza di Porta Portese, 1
00153 Roma
Tel. 06 5843/5441/5434
Fax 06 5810700
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Soprintendenza per i
Beni Archeologici di Ostia
Soprintendente
Maria Antonietta Fugazzola
Via dei Romagnoli, 717
00119 Ostia Antica
Tel. 06 56358099
Fax 06 5651500
[email protected]
34
a tutela dell’area archeologica di Ostia Antica è fortemente connotata dalla notevole presenza arborea e vegetale che ne caratterizza il paesaggio. La sua vicinanza alla costa e alla foce del fiume comporta l’esistenza di un clima particolarmente umido e fortemente
salino (il sale peraltro è stato la ragione della nascita della colonia);
tutto ciò non può non ripercuotersi sui monumenti e d’altronde la
vicinanza dell’Aereoporto internazionale di Fiumicino contribuisce,
ulteriormente, ad appesantire l’atmosfera.
A queste problematiche bisogna legare gli aspetti che scaturiscono da un intenso traffico turistico che, presentando in determinati
periodi dell’anno picchi notevoli di frequentazione, rendono
necessario il risanamento delle strutture e la corretta gestione dei
flussi di visita.
È quasi superfluo fare riferimento come cause di degrado delle strutture murarie, alla loro millenaria esposizione ai diversi agenti atmosferici ed all’individuazione, nella presenza della vegetazione infestante, di uno dei maggiori sintomi di usura. Le strutture, infatti, avviluppate da una fitta coltre vegetale subiscono inesorabilmente danneggiamenti all’interno dei nuclei murari provocando nel contempo i
distacchi degli apparati decorativi-pittorici e delle superfici pavimentali. Da qui la necessità di cercare una risoluzione al problema
individuando sistemi e metodi che garantiscano interventi di diserbo
e di successivi restauri con risultati relativamente durevoli nel tempo
a costi contenuti.
Il lavoro interdisciplinare deve prevedere una attività lavorativa
d’equipe in cui la figura dell’archeologo si affianchi a quella del tecnico di restauro, a quella dell’architetto del paesaggio e a quelle
imprescindibili del botanico e dell’agronomo esperti conoscitori
delle problematiche dell’area in gestione.
Se in anni passati l’eliminazione incondizionata del verde è apparsa
come un’azione insensata, al contrario sembra indispensabile ora
ripensare ad un intervento mirato e disciplinato sulle varie essenze
vegetali e arboree infestanti, intervenendo con accorgimenti tecnici
di possibile precisione, affinché le strutture antiche non abbiano a
patire ulteriormente nel loro delicato equilibrio strutturale.
Rovine e verde sono un felice binomio che incontra il favore dei frequentatori delle aree archeologiche: si dà per scontato che queste
vengano “arredate con piantumazioni”, talvolta scelte con approssimazione e dilettantismo.
È evidente che per un’esatta valutazione di un intervento di restauro
e di sistemazione di un’area archeologica non si può prescindere
dallo studio dell’ambiente antico nella sua interezza per affrontare al
meglio la progettazione e la conseguente valutazione di indicazioni
propositive. Si deve sottolineare che studi mirati sulle essenze antiche (specie spontanee, specie introdotte, specie medicinali, specie
alimentari, piante coronarie ecc.): sono stati compiuti quasi esclusivamente nell’area vesuviana e in particolare a Pompei.
35
Allo stato attuale, ad esempio, niente del genere in maniera sistematica è stato approntato ad Ostia Antica.
La sensibilità verso questa forma di conoscenza, tuttavia, sta certamente aumentando e fornirà indicazioni di restauro nell’area di Ostia
anche in questo senso, restauro quindi del paesaggio e dell’ambiente antico e non solo dei monumenti. Un ausilio importante dovrebbe
venire, con il supporto di un esperto, dall’esame della vegetazione
spontanea attuale in considerazione del fatto che si può parlare di
casi di continuità di essenze erbacee e arbustive di un sito antico da
integrare filologicamente con la lettura delle fonti letterarie e di altri
strumenti di documentazione (pitture, rilievi ecc.).
Sono tutti questi atti necessari per avviare una corretta gestione e salvaguardia del Parco Archeologico.
Nei giardini dell’area degli Scavi di Ostia si è proceduto, ad esempio, ad una nuova sistemazione dei marmi di cava provenienti dal
dragaggio del canale di Fiumicino e dall’Isola Sacra.
Nel corso degli anni ’90 sono state, infatti, allestite 15 piazzole in
cemento che supportano blocchi e fusti marmorei, ordinati per singole qualità di marmo e disposti in maniera tale da creare un percorso di visita che ne faciliti la comprensione, tramite l’apposizione di
pannelli didattici.
L’esperimento di musealizzazione all’aperto, a distanza di un decennio, ha incontrato il gradimento del pubblico e ha permesso di
rispondere ad una esigenza prettamente scientifica funzionale all’attività di inventariazione: l’elenco dei blocchi, dei fusti e di altri frammenti architettonici, ha permesso di registrare i cambiamenti intervenuti e di poter definire lo stato attuale dei ritrovamenti.
È in via di definizione uno studio mirato ad individuare un’area da
destinare a “zona ristoro” e al ripensamento di un nuovo punto di
approdo per lo sbarco dei battelli fluviali provenienti da Roma, rendendo il medesimo più sicuro e allestendo nuove aree a verde
attrezzate con viottoli, pannelli esplicativi da situare sull’argine, al
fine di riqualificare l’aspetto tiberino dell’antica città che vede nella
presenza del fiume l’elemento costitutivo e significativo della sua
storia e, da sempre, del suo paesaggio.
36
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche
L’archeologia tra ricerca scientifica e tecnologia
quale occasione di sviluppo territoriale
Marina Mengarelli, Michela Mengarelli
P
arlando di tutela del paesaggio la mente corre inevitabilmente al
concetto di tutela architettonica quando, in realtà, molteplici sono
le sfaccettature di cui essa si compone, tra le quali emerge quella del
paesaggio archeologico, elemento fondamentale di quello storico
che ha visto mutare il suo significato con il progredire della scienza
archeologica. E con esso è mutato anche l’immaginario collettivo che
ha visto estendere il concetto di patrimonio archeologico dal semplice paesaggio con rovine a quella di aree e parchi archeologici.
Attualmente non esiste uno strumento normativo a livello nazionale
che consenta la istituzione di un parco archeologico, in quanto la
creazione o l’ampliamento di un’area archeologica avviene grazie ad
un provvedimento di esproprio. Esiste quindi il problema di valutare se gli attuali strumenti normativi sono sufficienti alla tutela del territorio e del suo patrimonio archeologico inteso come elemento
essenziale per la conoscenza della storia dell’uomo.
Quello che è certo è che anche in materia archeologica la concertazione degli interventi tra tutti i livelli interessati delle pubbliche amministrazioni, deve diventare lo strumento ordinario di azione, da formalizzare
attraverso opportune procedure come, ad esempio, l’accordo di programma. Ma accanto alla tutela, come evidenziato negli sforzi profusi
negli ultimi anni dal MiBAC, fondamentale è la conoscenza del patrimonio archeologico che altrimenti rimarrebbe relegato all’interesse di una
ristretta cerchia di studiosi ed appassionati. In tale ottica, la Direzione
Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche prosegue il
progetto di valorizzazione territoriale finanziato con fondi CIPE, iniziato
due anni or sono, denominato “La vallata del Potenza dalla via Flaminia
al mare” che ha già portato alla creazione di un itinerario archeologico,
alla realizzazione di un catalogo dei siti, di un DVD divulgativo, di un
sito internet e di un volumetto didattico per le scuole.
Il progetto finanziato con Delibera CIPE 17/2003 prevede iniziative di
studio, comunicazione e diffusione delle attività svolte, nonché di
valorizzazione e promozione dei beni culturali e dei siti della Vallata.
Come per il progetto in corso, la realizzazione delle attività verrà concretizzata anche con il contributo della Provincia di Macerata, dei
Comuni interessati, di Istituti di cultura e Università, di circoli scolastici e
di alcuni Istituti superiori (Ist. Statale d’Arte di Ancona e Macerata).
Il progetto vede come beneficiari diretti dell’iniziativa, la popolazione e gli Enti della Provincia di Macerata ed in particolar modo della
Vallata del Potenza, che vedranno studiati e valorizzati i beni culturali e siti della stessa, con presumibili ricadute di tipo culturale, turistico ed occupazionale. Gli aspetti culturali, “tecnologici” ed innovati-
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici
delle Marche
MARCHE
Direttore Regionale
Paolo Carini
Coordinamento per la comunicazione
Marina Mengarelli
Michela Mengarelli
Via Birarelli, 35
60121 Ancona
Tel. 071 502941
Fax 071 50294240
[email protected]
37
vi del progetto riguarderanno però, anche per l’utilizzo di infrastrutture informatiche, prodotti multimediali, supporti digitali e diffusione
sul web, un’utenza turistica e culturale almeno di respiro nazionale.
L’iniziativa è finalizzata ad un complesso di attività volte alla creazione di un “polo culturale”: dalla valorizzazione del macrosistema territoriale della Vallata, al completamento dell’allestimento del museo
archeologico del Castello Svevo di Porto Recanati (MC), alla realizzazione di apparati espositivi che utilizzino supporti digitali e multimediali per la didattica e la comunicazione museale. Verranno inoltre
realizzati DVD multimediali per i più importanti insediamenti di
epoca romana della Vallata.
Il progetto prevede il completamento e la pubblicazione nel web
del sito internet www.vallatadelpotenza.it, che verrà installato nel
web server del Castello Svevo. Con la realizzazione di una rete wi fi
per consentire l’accesso ai contenuti multimediali e ad internet, in
wireless (senza fili), all’interno del centro storico di Porto Recanati e
nel perimetro del sito archeologico di Potentia potranno essere utilizzate apparecchiature wireless quali palmari, notebook, ecc. La
rete wireless potrà, nel tempo, essere estesa all’intera Vallata. Si può
senza alcun dubbio definire il progetto, in cui si è riusciti a contemperare la rigorosa ricerca scientifica e la catalogazione dei dati
archeologici con la didattica e le nuove tecnologie comunicative,
esempio di “buona pratica” in grado di offrire un’occasione di contatto e confronto tra Pubblica Amministrazione, Università e mondo
della scuola, in cui le nuove tecnologie costituiscono veicolo di
conoscenza e formazione. La Direzione regionale per i Beni Culturali
e Paesaggistici delle Marche, nell’ambito del progetto di promozione di luoghi e siti di gran pregio ma poco noti alla gran parte dei cittadini realizzato dal MiBAC con il Sistema Cultura e Mirabilia, ha preferito privilegiare, al momento della individuazione dei luoghi di cultura presenti nella regione, nell’ambito dell’innumerevole numero di
siti da far conoscere, quelli archeologici rispetto a quelli monumentali o storico-artistici necessitando questi di maggiore attenzione e
sensibilizzazione. Senza alcun dubbio di enorme valore è il progetto della Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche “Un
tetto per i piceni antichi e moderni di Numana e Sirolo” nel quale, in
collaborazione con i Comuni interessati e il Parco del Conero, si è
cercato di fare il punto sulla ricerca archeologica in un territorio che
ne vanta una enorme ricchezza ma che, a fronte di ciò, presenta una
mancanza di mezzi, risorse economiche ed umane nonché di un’armonico piano urbanistico, elementi tutti necessari ad una doverosa
tutela e valorizzazione del patrimonio storico ed archeologico in
grado anche di garantire lo sviluppo edilizio sostenibile, dovere istituzionale, oltre che morale, di tutti i soggetti cointeressati.
38
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche
Un promontorio, il suo popolamento e la sua storia
Maurizio Landolfi
Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche
Direzione Generale per i Beni Archeologici
N
el contesto territoriale dell’Italia centrale l’area gravitante intorno
al Promontorio del Conero costituisce un comprensorio di notevole interesse ambientale, paesaggistico e storico-culturale. Per le
sue caratteristiche geomorfologiche e ambientali e per la sua felice
posizione geografica, il Conero fin dalle epoche più antiche è stato
un’area particolarmente adatta ad ospitare comunità umane. Vi è
attestata, dall’evidenza archeologica, una continuità di frequentazione umana del tutto eccezionale, che dal Paleolitico, senza significative interruzioni, arriva sino ai nostri giorni, conoscendo periodi di
straordinaria fortuna e prosperità, come in età preistorica e soprattutto in età picena (IX-III sec. a.C.), a partire dall’età arcaica con particolare riferimento ai secoli VI, V e IV a.C.
Aperte a contatti e influssi sia transadriatici e transappenninici, le
varie comunità umane che nel tempo si sono succedute nell’area del
Conero hanno occupato il territorio con forme di insediamento e con
cultura materiale che si adattano di volta in volta alle caratteristiche
delle fasi culturali cui si riferiscono.
Al giacimento del Paleolitico inferiore e medio, individuato presso la
cima del Monte conero, seguono gli insediamenti di età neolitica
messi in luce a Portonovo di Ancona, a Montecolombo di Sirolo e
quello recentemente individuato a S. Lorenzo di Sirolo.
Nella successiva età Eneolitica si segnala il sepolcreto con tombe a
grotticella di Camerano che con l’inserimento del Conero conferma
come nelle Marche la cultura Eneolitica ha avuto una prevalente diffusione paracostiera con preferenza per le zone più interne, senza
escludere però quelle più prossime al litorale.
Anche nella successiva età del Bronzo il Conero continua ad essere
frequentato da diverse comunità umane che sembrano evitare
comunque posizioni a diretto contatto con il mare come evidenziato dagli stanziamenti di Ancarano di Sirolo del Bronzo antico e
medio e di Massignano di Ancona, del Bronzo medio e finale unitamente agli stanziamenti appena individuati da rinvenimenti di superficie a S. Lorenzo di Sirolo e sul colle di Monte Albano di Numana.
A questa fase è ascrivibile l’importante insediamento individuato
sulla sommità della collina del Montagnolo di Ancona che chiude
verso sud-ovest la rada anconitana da cui provengono ceramiche di
tipo egeo.
È soprattutto nel corso dell’Età del Ferro, nell’ambito della civiltà
picena, che il comprensorio del Conero vede esaltata la sua importante funzione di testa di ponte nei collegamenti tra il Mediterraneo
e il Nord Europa. In questo periodo, come sopraricordato, Numana,
a tutto svantaggio della vicina e contrapposta Ancona, si configura
come il principale emporio del medio Adriatico attivamente inserito
tra la fine del VI e il IV sec. a.C. in una rete di traffici sistematici tra
l’Attica e il Delta padano.
Direttore Generale
Stefano De Caro
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00153 Roma
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Fax 06 58434750
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Direzione Regionale
per i Beni Culturali
e Paesaggistici delle Marche
Direttore Regionale
Paolo Carini
Coordinamento per la comunicazione
Marina Mengarelli
Michela Mengarelli
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60121 Ancona
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Fax 071 50294240
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Soprintendenza per i Beni
Archeologici delle Marche
Soprintendente
Giuliano de Marinis
Via Birarelli, 18
60121 Ancona
Tel. 071 5029811
Fax 071 202134
[email protected]
39
In età arcaica e classica, tra VI e V sec. a.C., Numana rappresentò uno
dei principali centri dell’antico Piceno, quando il suo approdo naturale, ricavato ai piedi di uno sperone delle estreme propaggini sudorientali del Conero, costituiva un crocevia marittimo di non secondaria importanza, all’interno dei flussi commerciali che coinvolgevano tutto l’Adriatico nell’ambito dei rapporti tra Mediterraneo
Orientale, Penisola Balcanica e Nord Europa.
L’importanza di Numana in questa fase storica è nota sulla base di
una ricca documentazione archeologica raccolta a partire dalla fine
dell’8oo e costituita dalle associazioni funerarie di oltre 2000 corredi
databili dal I al III sec. d.C. Altri materiali interessanti si sono avuti in
anni recenti a seguito dell’azione di tutela assicurata sempre e
comunque dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici delle Marche
pur tra difficoltà non lievi, per controllare e disciplinare la massiccia
espansione edilizia autorizzata dagli Enti Locali competenti.
Oltre alla scoperta di un nuovo sepolcreto piceno (1978), individuato in località I Pini, in cui è stata riportata alla luce (1989) l’eccezionale sepoltura monumentale della regina picena della fine del VI
sec. a.C., tumulata con ricchissima associazione con due carri, si
sono verificate altre interessanti acquisizioni, con l’individuazione
in via Peschiera di Sirolo (2004-2005) di un esteso settore dell’attigua necropoli Quagliotti-Davanzali (scavi 1958-1965, 1976, 19821984) e di un’altra necropoli in località Monte Albano di Numana,
nella zona dell’attuale cimitero e nelle aree ad esso vicine (Colle
Sereno 2005).
40
Un’ulteriore conferma della straordinaria importanza goduta da
Numana in età picena viene fornita dall’evidenza archeologica, frutto
di questi interventi che in molti casi vedono la partecipazione attiva
dei privati che, d’intesa con la Soprintendenza per i Beni
Archeologici, finanziano le necessarie ed opportune indagini e ricerche al fine del rilascio dell’autorizzazione a costruire in quelle aree
che risultino di non interesse archeologico. Lo sforzo congiunto degli
Enti, delle istituzioni e dei soggetti interessati è quello di armonizzare le diverse esigenze, assicurando sempre e comunque l’azione di
tutela mirando anche a una razionale valorizzazione in piena armonia
con uno sviluppo edilizio sostenibile.
Le difficoltà sono notevoli, viste la ricchezza e la complessità della
realtà archeologica effettuale, in mancanza di mezzi, di risorse economiche e di personale e in assenza di un armonico e integrato progetto comune tra i soggetti interessati, nonostante una dichiarata
disponibilità che, perché generica, non produce gli effetti auspicati.
I risultati ottenuti sono di estremo interesse e, a causa della ricchezza e della varietà tipologica dei materiali recuperati, pongono non
pochi problemi in relazione a questi ultimi in merito alla loro conservazione, al loro restauro, studio e musealizzazione.
Servono a tale scopo ambienti idonei e capienti insieme ad adeguati mezzi e personale per il loro restauro, studio e pubblicazione.
In queste motivazioni è da ricercare la necessità e l’opportunità del
progetto in parola.
Assicurare una doverosa e necessaria tutela e valorizzazione di un
eccezionale patrimonio storico-archeologico e permettere uno sviluppo edilizio sostenibile è un dovere di tutti i soggetti cointeressati.
Far coabitare gli antichi con i moderni deve essere il nostro obiettivo
primario.
41
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Molise
MOLISE
Il parco archeologico di Saepinum-Altilia (CB)
e il circuito delle mura romane
Soprintendenza per i Beni Archeologici del Molise
Direzione Generale per i Beni Archeologici
Mario Pagano
Direttore Generale
Stefano De Caro
Via di San Michele, 22
00153 Roma
Tel. 06 58434600
Fax 06 58434750
[email protected]
Direzione Regionale
per i Beni Culturali
e Paesaggistici del Molise
Direttore Regionale
Ruggero Pentrella
Coordinamento per la comunicazione
Brunella Pavone
Piazza Vittorio Emanuele, 9
86100 Campobasso
Tel. 0874 43131
Fax 0874 412403
[email protected]
Soprintendenza per i Beni
Archeologici del Molise
Soprintendente
Mario Pagano
Via A. Chiarizia, 14
86100 Campobasso
Tel. 0874 4271
Fax 0874 427352
[email protected]
42
I
l parco archeologico della città romana di Saepinum (Sepino loc.
Altilia-CB), facilmente accessibile dalla superstrada BeneventoCampobasso), che si caratterizza per la buona conservazione del
tessuto urbano romano e della cerchia delle mura di età augustea (4
a. C.-2 d. C.), realizzata da Tiberio e da Druso col bottino di guerra,
costituisce uno degli esempi meglio conservati di paesaggio
“archeologico”. Posto nel valico di Vinchiaturo, ai piedi dei monti del
Matese, è attraversato da uno dei principali tratturi, integro perché
utilizzato fino agli anni ’50 del Novecento, quello PescasseroliCandela, e da un percorso trasversale che, valicando il Matese, raggiungeva la Campania. Alcune delle strutture romane rimasero frequentate nel corso del Medioevo e fino ad anni recenti.
La Soprintendenza, dopo aver acquisito e restaurato una gran parte
dell’area della città antica, è impegnata in un vasto programma di valorizzazione, che vede lo scavo e la sistemazione dell’intero circuito
della cinta muraria, in alcuni punti lasciando visibili i numerosi crolli da
terremoto, con la realizzazione di un percorso ciclabile intorno ad
esso, che metta in valore anche le specie botaniche presenti nell’area.
Il punto di partenza è stato individuato nella casa settecentesca che
ingloba una delle torri di porta Terravecchia, dove è stata realizzata
una mostra permanente sulle mura romane di Sepino.
La mostra intende anche dare un’idea immediata e precisa della funzionalità militare delle mura stesse, e dei perché della loro progettazione
(torri a distanza regolare, presenza del fossato, struttura delle porte).
A tal fine, sono stati ricostruiti modelli al vero di una catapulta (che,
nel linguaggio del tempo, era la macchina che scagliava dardi, cambiando di significato solo in epoca tarda), che era ospitata nella
camera inferiore delle torri, e di una balista (che scagliava grandi pietre a 400 m. di distanza), che era ospitata alla sommità delle torri
stesse, per coprire il semicerchio completo di tiro. Le ricostruzioni
fedeli, sulla base dei ritrovamenti coevi, sono realizzate per la prima
volta in Europa, e permettono di comprendere facilmente come l’incrocio dei tiri delle varie torri permettesse una difesa efficace dagli
assalitori e di tenere lontane le macchine obsidionali.
Una tappa di questo percorso è prevista con la risistemazione del
plesso museale nelle casette di porta Benevento.
Le catapulte sono basate su un progetto ricostruttivo e un accurato
studio tecnologico delle varie componenti meccaniche, e sono state
realizzate, con materiali tradizionali e con componenti meccaniche
in bronzo e in ferro, che necessitavano di un’altissima precisione già
all’epoca, realizzate presso un’industria di componenti per l’aeronautica.
È in corso di realizzazione, inoltre, lungo il tratturo, che coincide col
decumano, una esposizione museale e un percorso sulla transumanza: si tratterà di un museo narrante, con analoghi criteri museografici
che permetteranno al visitatore un’immersione completa nel passato,
adatto a differenti livelli di utente, che, partendo dalla grande iscrizione della seconda metà del II secolo d. C. di porta Boiano, riguardante il passaggio delle greggi imperiali, partirà dalle recenti scoperte riguardanti la pastorizia in Molise per l’età del bronzo, attraverso le
importanti scoperte del santuario di Mefite a S. Pietro di Cantoni a
breve distanza dalla città e di quello di Ercole a Campochiaro, ripercorrerà le vicende di quei fondamentali aspetto di storia economica
e sociale che caratterizzano l’età romana, il Medioevo e l’età moderna fin quasi ai nostri giorni.
43
I percorsi archeologici-naturalistici saranno integrati da un circuito
turistico-culturale che comprenderà una serie di importanti siti
archeologici gravitanti intorno al grande attrattore rappresentato dalla
città romana: le cinte murarie in poligonale di Terravecchia di Sepino
e di Monteverde, il santuario di Ercole e il museo di S. Bernardino a
Campochiaro, celebre anche per le due grandi necropoli longobarde, il santuario di Mefite con la chiesa paleocristiana di S. Pietro di
Cantoni, la gigantesca villa romana dei Fufidii e dei Neratii in località
S. Margherita di S. Giuliano del Sannio, l’abitato medioevale di
Redole nello stesso comune, e la dominante cinta sannitica in opera
poligonale di monte Saraceno di Cercemaggiore, per la quale è in
corso il progetto di valorizzazione denominato “La sentinella dei
Sanniti”, anche qui con la realizzazione di appositi percorsi archeologico-naturalistici, dotati di idonei e durevoli pannelli in pietrarsa
porcellanata.
44
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte
PIEMONTE
Paesaggio e archeologia post medievale in Piemonte
Liliana Pittarello
Direzione Regionale per i Beni Culturali
e Paesaggistici del Piemonte
I
l tema proposto quest’anno per la X Borsa mediterranea del turismo
archeologico “Il paesaggio ‘archeologico’. Resti e contesti: prospettive di condivisione su tutela e valorizzazione” è stimolante ed attuale, strettamente connesso agli importanti compiti che le Direzioni
regionali per i Beni Culturali e Paesaggistici si trovano ad affrontare a
seguito della ratifica ed esecuzione della Convenzione Europea sul
paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre 2000 (L. 9 gennaio 2006, n.14)
e le “Disposizioni correttive ed integrative al D.L. 22 gennaio 2004,
n.42, in relazione al paesaggio” (D.L. 24 marzo 2006, n.157).
La prima individuazione degli ambiti paesaggistici proposta dalla
Regione Piemonte nell’ambito dei lavori preparatori per il Piano
Paesaggistico evidenzia la presenza di settori territoriali omogenei in
dipendenza da una forte matrice geomorfologica. In Piemonte sono
quindi ambiti di paesaggio le vallate alpine e prealpine, oppure i territori strutturati su di una rete di insediamenti rurali come si registra in
collina e in parte della pianura, oppure le aree urbane distribuite
lungo la fascia pedemontana o pedecollinare.
Questo processo di individuazione e di riconoscimento, una volta
completato per gli aspetti caratterizzanti e qualificanti, concorrerà
alla definizione degli aspetti di maggior rilievo connotanti il territorio
e le sue “caratteristiche di valore”.
Il fattore identitario, molto radicato nelle popolazioni, è strettamente
legato ai beni culturali, ad iniziare dai beni archeologici, compresa
l’archeologia post medievale ed industriale. Una regione che ha
conosciuto a varie riprese fenomeni di spopolamento massicci come
il Piemonte conserva un patrimonio di resti materiali sui quali non è
mai stato fatto un ragionamento complessivo. La migliore conoscenza di questo patrimonio sta permettendo ora di valorizzare in modo
nuovo aree che sono rimaste intatte nei loro valori culturali e paesaggistici.
Direttore Regionale
Liliana Pittarello
Coordinamento per la comunicazione
Emanuela Zanda
Piazza San Giovanni, 2
10122 Torino
Tel. 011 5220/457
Fax 011 5220/433
[email protected]
[email protected]
www.piemonte.beniculturali.it
45
Il paesaggio archeologico dell’Alta Valsessera (Biella).
Un progetto in divenire
Gabriella Pantò
Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte
e del Museo Antichità Egizie
Direzione Generale per i Beni Archeologici
L
Direttore Generale
Stefano De Caro
Via di San Michele, 22
00153 Roma
Tel. 06 58434600
Fax 06 58434750
[email protected]
Soprintendenza per i Beni
Archeologici del Piemonte
e del Museo Antichità Egizie
Soprintendente ad interim
Marina Sapelli Ragni
Piazza San Giovanni, 2
19122 Torino
Tel. 011 5213323
Fax 011 5213145
[email protected]
46
a dorsale montana che cinge l’alta valle del torrente Sessera
(Biella), raggiungendo nel settore occidentale la massima elevazione con il monte Bo, la cui cima si attesta a 2556 metri, demarca una
ragguardevole porzione di territorio disabitato e selvaggio, ma ricco
di risorse naturali e per molti secoli oggetto di attenzione e sfruttamento. Per l’alta valle le scelte insediative, documentabili almeno fin
dal basso Medioevo, sono state determinate da un complesso
intreccio di interessi che spaziavano dall’economia pastorale estensiva, alla casearia, alla coltivazione del castagno finalizzata alla produzione di frutti e legna, ma soprattutto vertevano sull’attività estrattiva con lo sfruttamento dei grandi giacimenti minerari. Il fondo valle
non sembra aver avuto una densità abitativa maggiore nell’antichità,
e la frequentazione fin dall’età romana è attestata solo da ritrovamenti fortuiti avvenuti lungo la direttrice viaria che conduceva alla Val
Sesia e ai valichi transalpini.
Le testimonianze archeologiche di età bassomedievale sono legate a
particolari eventi storici di carattere eccezionale o temporaneo, come
per i siti coinvolti nelle vicende legate alla presenza sull’impervio monte
Rubello dell’eretico fra Dolcino e degli apostolici nell’inverno tra il 1306
e il 1307. Com’è noto la fonte contemporanea dell’Anonimo Sincrono
nell’Historia fratris Dulcini heresiarche riferisce della costruzione da
parte delle milizie vescovili impegnate nella lotta all’eresia, di strutture
fortificate sulle alture poste a corona del Rubello, dalle quali sarebbe
stato possibile tenere sotto controllo le vie di comunicazione. Le indagini archeologiche condotte sulle cime dei monti Rovella, Colmetto,
Sant’Eurosia e Tirlo hanno consentito di documentare le “bastite” ipotizzate quali fortilizi delle milizie vescovili, costruite con l’utilizzo di strutture lignee e pietre, fossati e terrapieni. Nel caso della Rovella è stato
anche possibile portare in luce e restaurare i resti della cappella terminale del Sacro Monte del santuario mariano di Banchette, costruita sui
resti dell’accampamento delle milizie vescovili, il cui grandioso progetto di “Nuova Gerusaemme” non è mai stato portato a compimento. Le
“bastite” sono oggi visitabili in un percorso didattico archeologico che
si snoda in una cornice ambientale incontaminata, proposto con gli
“Itinerari dolciniani” dal DocBi fin dal 1990.
L’attenzione alla tutela dei resti archeologici di età medievale e successiva, attuata dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del
Piemonte, ha consentito, attraverso una serie di interventi archeologici anche di piccola entità, di valorizzare i beni culturali del territorio.
Il “Progetto Alta Valsessera”, avviato nel 1991 nell’ambito del più
ampio programma “Alpi e Cultura”, promosso dalla Regione
Piemonte, si propone di focalizzare scientificamente e indagare tutti
gli aspetti che contribuiscono a delineare la storia di un sito, siano
essi di rilevanza naturalistica, ambientale, etnografica o archeologica.
In quest’ottica si colloca la valorizzazione dei siti minerari sfruttati
nell’antichità per le attività estrattive di rame, ferro e argento, già
oggetto di sistematiche indagini archeologiche condotte sulle installazioni produttive, le cui testimonianze materiali sussistevano sui versanti rocciosi a picco sul Sessera e nell’area naturalistica afferente
all’Oasi Zegna. Le ricerche hanno prodotto una cospicua messe di
informazioni provenienti dalle fonti scritte, che integrate dai risultati
delle indagini archeologiche hanno potuto ricostruire l’assetto degli
impianti estrattivi e produttivi. Le indagini sono ancora in corso, ma
grazie all’impegno finanziario della Comunità Montana Valle di
Mosso, è stato possibile presentare al pubblico nel 2005 il sito di
Rondolere a conclusione degli scavi e dei restauri conservativi condotti sull’altoforno e sulle strutture che lo affiancavano. Il sito è ora
visitabile percorrendo un sentiero attrezzato con installazioni didattiche e piattaforme lignee panoramiche, che si snoda tra le gore in
parte scavate e in parte costruite, che convogliavano l’acqua del
Sessera necessaria al funzionamento del maglio e delle macchine
soffianti costruite nell’ultimo quarto del XVIII secolo. Attualmente è in
corso l’ultimazione dell’indagine e del restauro sugli imponenti ruderi dell’Opificio sorto nel XVIII secolo per il trattamento della galena
argentifera, localizzati sulla costa dell’Argentera.
La Valsessera è stata inserita tra i “Siti di importanza comunitaria” e delle
zone di protezione speciale proposte dall’Unione Europea per la
costituzione della rete Natura 2000 e i risultati delle ricerche condotte
negli ultimi quindici anni, comprendenti aspetti multidisciplinari, tra i
quali quelli naturalistici, con nuove segnalazioni faunistiche in particolare per quanto riguarda la fauna ipogea degli ambienti di miniera di
interesse biospeleologico, sono stati presentati nell’anno in corso nella
mostra Aquile, argento, carbone. Indagine sull’Alta Valsessera, curata dal DocBi, tenutasi alla Fabbrica della Ruota di Pray Biellese. La valorizzazione dei beni culturali di un territorio montano di considerevole
valore ambientale e naturalistico, quale quello dell’Alta Valsessera, può
generare una molteplicità di benefici diretti e assicurare un potente sviluppo economico, concorrendo a ricostruire la memoria collettiva
attraverso la condivisione del valore storico-culturale del patrimonio
archeologico e dei diversi aspetti che hanno interessato il territorio
determinandone le trasformazioni nel tempo.
47
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia
Il progetto di recupero del Pulo di Molfetta
fra erosioni, terrazzamenti e testimonianze
archeologiche
Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia
Direzione Generale per i Beni Archeologici
PUGLIA
Direttore Generale
Stefano De Caro
Via di San Michele, 22
00153 Roma
Tel. 06 58434600
Fax 06 58434750
[email protected]
Direzione Regionale
per i Beni Culturali
e Paesaggistici della Puglia
Direttore Regionale
Ruggero Martines
Coordinamento per la comunicazione
Emilia Simone
Strada dei Dottula Isolato, 49
70122 Bari
Tel. 080 5281111
Fax 080 5281114
[email protected]
Soprintendenza per i Beni
Archeologici della Puglia
Soprintendente
Giuseppe Andreassi
Via Duomo, 33
74100 Taranto
Tel. 099 4713511
Fax 099 4600126
[email protected]
48
Francesca Radina, Maria Cioce
N
atura, archeologia e storia rappresentano per il Pulo di
Molfetta, proprietà della Provincia di Bari, un unicum inscindibile all’interno di quel particolare contesto geo-territoriale che è
l’altopiano murgiano, caratterizzato da dolci ripiani progressivamente digradanti verso le azzurre acque del mare Adriatico. La
dolina, formazione tipica del paesaggio carsico delle Murge, si
presenta come una larga voragine , con una perimetrazione di ben
600 metri, tra la campagna verdeggiante di ulivi e mandorli, a 3 Km
dalla periferia di Molfetta.
Il paesaggio preistorico
La presenza dell’uomo in questo sito ha origini molto antiche, risalendo a più di 7000 anni fa, quando la grande dolina era inserita in un
ambiente forestato con larghi spazi aperti.
La cavità a quel tempo doveva essere più stretta e più profonda,
con uno specchio d’acqua raccolto sul fondo. Tutto intorno, sui
vasti terrazzi superiori si sviluppò con alterne vicende tra 7000 e
4000 anni fa, dunque fino all’età del Bronzo, un insediamento con
capanne, recinto da una muratura imponente già nelle fasi più antiche del Neolitico, con annesse aree di attività funzionali all’economia agricola e alle produzioni artigianali dell’abitato. Numerose
sepolture del Neolitico ben documentano nel contempo gli aspetti dei rituali funerari delle antiche comunità. La fertilità del suolo,
favorita da terreni ben drenati dall’incessante opera modellante
dell’uomo sulla natura, come anche la comoda disponibilità di
riserve idriche favorì sin da subito l’attecchimento dell’insediamento umano che proprio in tale sito si distinse per la produzione di
un tipo di ceramica, l’impressa “tipo Molfetta”, tra le più arcaiche
del Mediterraneo preistorico.
Le suggestive grotte che numerose si aprono nelle pareti sub-verticali della dolina, interrompendo la imponente sequenza degli strati di
roccia calcarea in cui si legge ancora oggi la “storia geologica” della
Terra di Bari, costituirono il paesaggio di sfondo per la frequentazione preistorica: fra tutte si distingue la ben nota “Grotta del Pilastro”,
con un diramato sistema di caverne sovrapposte e intercomunicanti,
dove non è difficile immaginare riti, processioni e più in generale
tutte quelle pratiche funerario-cultuali che rappresentano la proiezione diretta sull’ambiente ipogeico del complesso mondo ideologico
delle genti preistoriche.
Il Pulo luogo di preghiera e meditazione nel 1500
Risale al pieno ‘500 la costruzione del convento dei Capuccini che
sovrasta maestoso lo spettacolare strapiombo del ciglio sud-occidentale della dolina. Certamente la particolare conformazione della
cavità naturale, con fitta e rigogliosa vegetazione e ripari in grotta,
esercitò anche sugli umili frati un forte e primordiale richiamo per
tutte quelle attività connesse alla vita conventuale (colture di erbe e
piante medicamentose, meditazione, etc.).
La presenza poi in una cavità, la Grotta 1, di un ossario ancora integro, alloggiato in un incavo nel banco roccioso che le ricerche effettuate ritengono di poter riferire alla sepoltura di componenti della
comunità dei Capuccini del soprastante convento, conferma la vocazione del Pulo quale sosta ideale per la devozione religiosa e la
riflessione spirituale.
Il paesaggio minerario: una fabbrica regia di fine settecento
La singolare dedicazione di due grotte ai regnanti borbonici Carolina
e Ferdinando apre per il Pulo il capitolo di storia forse più controverso: già da tempo era stata motivo di interesse per i naturalisti. Ma la
scoperta di efflorescenze di nitrati all’interno delle grotte determina
un nuovo interesse, tant’è che i Borboni sostengono la costruzione
una fabbrica in loco per la produzione della polvere da sparo.
Le ricerche e le operazioni di restauro, avviate dalla Soprintendenza
per i Beni Archeologici della Puglia su finanziamento della Provincia
di Bari sin dal 1997 e terminate nel 2003 con risultati particolarmente
proficui per l’approccio metodologico di tipo rigorosamente interdisciplinare del progetto di recupero e valorizzazione (geologia,
botanica, storia, archeologia, restauro, sentieristica naturale) hanno
messo in atto un esempio possibile di tutela integrata tra ambiente e
archeologia, raccogliendo la sfida del primo grande scavo di archeologia industriale nel panorama pugliese.
Grazie alle diverse professionalità specialistiche coinvolte a vario
titolo nel progetto, infatti, sono riemerse dall’oblio vaste testimonianze monumentali di un articolato impianto industriale. Ubicato subito
al disotto del complesso religioso il cd. “Corpo di Guardia”, piccolo
edificio in pietra con portale ad arco, costituisce l’inizio di un affascinante viaggio “verso il centro della terra”, verso un armonioso
equilibrio, cioè, tra natura, archeologia e storia. Dopo aver percorso
sentieri naturalistici, immersi nel fitto e verde patrimonio boschivo e
vegetale reso ancora più speciale per la ricca biodiversità osservabile, ecco succedersi un elaborato sistema di muri di terrazzamento in
pietrame calcareo a secco, in alcuni punti ricoperti da cascanti piante di edere, che riflettono qui come altrove secolari processi di
antropizzazione del pesaggio murgiano costiero. Si giunge così sul
grande terrazzo intermedio, dove sotto ombrosi boschi di alloro,
campeggiano l’Opificio-distilleria e il Magazzino della Nitriera borbonica: il primo destinato alla cottura delle terre nitrose e l’altro allo
49
stoccaggio del prodotto semi-finito per la produzione della polvere
da sparo e da mina. Imponente si sviluppa sul fondo della dolina
l’impianto di vasche, canali, pozzi e cisterne, ovvero prima tappa del
ciclo produttivo della fabbrica, con specifica funzione di lavaggio e
decantazione delle terre nitrose rinvienenti dallo svuotamento delle
grotte. Il processo di estrazione dei nitrati, particolarmente ricercati
durante il Regno di Napoli, fece sì che ai piedi della suggestiva parete nord si concentrassero, fra alberi di fichi, melograni e ulivi, enormi
cumuli di terra circoscritti da cinture di contenimento in muretti a
secco, secondo il ben noto sistema costruttivo delle Specchie che
costellano numerose le assolate campagne pugliesi.
Tutto questo concorre dunque a definire il Pulo come uno dei luoghi-simboli delle millennarie dinamiche insediative della Puglia centrale strettamente legate, quasi in rapporto simbiotico, a quel noto
fenomeno geologico del carsismo di superficie che incide così profondamente il paesaggio basso-murgiano con doline, lame e grotte.
Ricerche archeologiche:
Francesca Radina
(direzione scientifica)
Iole Caramuta
Maria Cioce
Italo Muntoni
Francesco Sanseverino
Aspetti geologici:
Michele Maggiore
Aspetti botanici:
Antonio Bernardoni
Restauro:
Consorzio ICONOS Bari
Impresa ai lavori:
A.T.I. Imprese Volpe e Lacitignola
di Taranto
Progetto promosso e finanziato
dalla Provincia di Bari
(Ufficio Tecnico – Sergio Fanelli)
a cura di Nicola Martinelli
Riferimenti bibliografici:
Natura Archeologia e Storia
del Pulo di Molfetta
a cura di F. Radina, Bari 2007
50
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna
Le concessioni d’uso
Paolo Scarpellini
I
n Sardegna esistono numerosissimi siti archeologici di proprietà statale, ovvero musei locali contenenti reperti archeologici provenienti da scavo e dunque di proprietà dello Stato. Prevalentemente siti e
reperti sono stati dati in concessione agli Enti Locali i quali, a loro
volta, fruendo anche di contributi finanziari della Regione, hanno affidato la gestione dei monumenti e dei musei a società private.
La Regione Autonoma della Sardegna, che si è dotata di una apposita normativa sui Beni Culturali (L.R. 14/2006), mira a ridurre i contributi finanziari alla gestione dei luoghi della cultura, ovvero a concentrarli su quelli che mostrano caratteristiche di qualità.
Allo stato attuale i monumenti e i musei, che beneficiano del contributo regionale sono circa duecento su un totale complessivo di un
migliaio di luoghi di interesse culturale effettivamente visitabili ed
aperti al pubblico.
Gli atti che disciplinano le concessioni d’uso a Comuni di beni culturali statali, in consegna alle Soprintendenze, sono eterogenei ed in
massima parte precedenti al Decreto Legislativo n. 42 del 2004
(Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio), che, al Capo II, detta
disposizioni innovative in materia di valorizzazione e gestione.
Pertanto la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici
della Sardegna ha da tempo intrapreso una trattativa con la Regione
per elaborare congiuntamente una intesa quadro generale finalizzata
alla valorizzazione dei beni culturali di proprietà pubblica, nonché
uno schema tipo dell’atto di concessione da utilizzare per trasferire
al Comune la disponibilità di uso del bene statale.
Si propone qui di seguito una rassegna degli elementi e dei requisiti che devono caratterizzare, a giudizio di chi scrive, il contenuto
degli atti di concessione, allo scopo di assicurare il perseguimento
dei diversi obiettivi della tutela, della salvaguardia, della ricerca,
della pubblica fruizione, della convenienza e della sicurezza.
Innanzitutto l’atto di concessione d’uso del bene culturale statale
dalla Soprintendenza al Comune deve essere stipulato in forma scritta e registrato nel repertorio interno dell’Istituto anche quando sussista un precedente accordo scaduto, che non è opportuno considerare tacitamente rinnovato.
Oltre alle prioritarie finalità della tutela e della pubblica fruizione del
patrimonio culturale statale, sussiste la necessità di rendere conveniente per lo Stato concedere in uso al Comune un singolo bene
ovvero una raccolta di beni che la Soprintendenza statale detiene in
consegna. In tal senso il Comune, nella sua qualità di concessionario
ovvero di soggetto titolare della disponibilità del bene statale, avrà
l’obbligo di pagare allo Stato un corrispettivo pecuniario ovvero un
equivalente corrispettivo in attività finalizzate ad assicurare la cura e
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici
della Sardegna
SARDEGNA
Direttore Regionale
Paolo Scarpellini
Coordinamento
Sandra Violante
Via dei Salinieri, 20-22
09126 Cagliari
Tel. 070 34281
Fax 070 3428209
[email protected]
51
la salvaguardia del bene stesso. Inoltre occorrerà precisare che gli
interventi di pulizia, di manutenzione ordinaria, e di adeguamento
alle norme di sicurezza, sono a carico del Comune concessionario. E
la Soprintendenza dovrà redigere e fornire al Comune un “manuale di
uso del bene”, recante tutti gli interventi da compiere e tutte le cautele da impiegare, per una corretta conservazione del bene stesso.
In linea generale, gli interventi finalizzati alla valorizzazione, alla fruizione e alla promozione del patrimonio culturale e ambientale devono rispettare al massimo l’assetto storico e naturale del sito e del contesto interessati, evitando modifiche o inserimenti che possano alterare il paesaggio e l’ambiente in cui i beni culturali sono situati.
Eventuali elementi che introducano alla fruizione del sito di interesse
culturale (manufatti, edifici, pannelli, segnali, ecc.) dovranno essere
collocati in luoghi idonei, in maniera tale da non interferire visivamente con i monumenti e con il loro contesto ambientale.
Gli interventi di manutenzione, restauro, recupero e adeguamento di
fabbricati storici, finalizzati all’allocazione di funzioni e attività di
valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale (ovvero ad altre
funzioni e attività turistiche, commerciali e ricettive, collegate
comunque alla fruizione) dovranno avere carattere conservativo, salvaguardando e ripristinando gli elementi costruttivi (murature, solai,
coperture) e i corredi architettonici (pavimenti, serramenti, intonaci,
tinteggiature e decorazioni) originari e tradizionali, ed escludendo
l’inserimento di elementi estranei e stridenti.
Gli interventi di nuova costruzione di edifici o manufatti finalizzati
all’allocazione di funzioni e attività di valorizzazione e fruizione del
patrimonio culturale (ovvero ad altre funzioni e attività turistiche,
commerciali e ricettive comunque collegate al progetto), da prevedersi solamente se ritenuti strettamente indispensabili, dovranno
avere collocazione defilata, contenuta dimensione, semplicità di
forme e caratteri coerenti con la tradizione costruttiva locale e con il
contesto paesaggistico.
Anche gli interventi destinati a favorire l’accessibilità e la fruizione dei
siti archeologici, sempre da ridurre al minimo indispensabile,
dovranno rispettare la tradizione costruttiva locale ed il contesto
naturale e paesaggistico. La segnaletica in elevato (cartelli su palo)
dovrà essere circoscritta alle strade carrabili mentre semplici targhe
illustrative e direzionali, robuste e durevoli, potranno essere più
opportunamente posizionate su massi lapidei naturali, poste ad una
altezza non superiore ai cm 100 dal suolo, senza comunque interferire con la visibilità e la prospettiva dei manufatti antichi e dell’area
archeologica il cui assetto dovrà conservare integri i propri caratteri
di storicità e naturalità. Le pavimentazioni dei sentieri potranno essere ripristinate o rifatte secondo la tecnica esecutiva tradizionale
(impietrato o selciato posato a secco su terra). Deve escludersi la
realizzazione di nuove strade carrabili o di parcheggi in prossimità
dei siti di interesse culturale ed archeologico, evitando in ogni caso
sbancamenti e rimodellamenti del terreno. Le piazzole di sosta per
automobili, in zona rurale, potranno essere allocate in posizione
52
defilata rispetto all’area di interesse, e non saranno comunque pavimentate, se non con pietre posate a secco. Le recinzioni potranno
essere realizzate in muretto a secco (da eseguirsi secondo la specifica tecnica locale, differente da zona a zona), ovvero con l’ausilio di
arbusti autoctoni, escludendo l’impiego di staccionate in legno, di
reti plastificate, di muretti in cemento o di ringhiere metalliche.
L’eventuale impianto di illuminazione, qualora sia ritenuto strettamente indispensabile alla fruizione del sito, sarà costituito da corpi illuminanti posti a meno di 50 cm dal suolo tali da irradiare esclusivamente luce diffusa diretta verso il basso.
Eventuali lavori di scavo e restauro di strutture o reperti archeologici,
dovranno essere eseguiti, previa approvazione del relativo progetto
da parte della Soprintendenza per i Beni Archeologici, sotto la direzione scientifica di un archeologo e sotto la vigilanza della
Soprintendenza stessa.
Per tutti gli interventi che coinvolgano luoghi o manufatti di interesse
culturale, ovvero posti in contesti di interesse paesaggistico ambientale, i relativi progetti preliminari ed esecutivi dovranno essere sottoposti alla preventiva approvazione della competente Soprintendenza per
i Beni Architettonici e/o Archeologici ed eseguiti sotto la vigilanza della
medesima Soprintendenza.
Altro aspetto essenziale della concessione è quello della individuazione precisa e inequivocabile del bene o dei beni concessi in uso.
Per quanto concerne i beni immobili, quali antichi monumenti o aree
archeologiche, se ne deve dare nell’atto di concessione una definizione completa indicandone la denominazione toponomastica, i
riferimenti di mappa catastale, la posizione ed il perimetro in maniera georeferenziata. Per le raccolte di oggetti o di reperti archeologici, se ne dovrà redigere un elenco recante, per ciascuno di essi,
descrizione, fotografia, materiale, misure, datazione, provenienza.
I beni statali concessi in disponibilità al Comune restano comunque
soggetti alle disposizioni fissate dal Codice in materia di riprese filmate, televisive, fotografiche. I Comuni dovranno pertanto acquisire
il parere obbligatorio della Soprintendenza, competente per territorio, che dovrà valutare la compatibilità del prodotto da realizzarsi
con le esigenze di tutela ed il carattere storico artistico del bene.
Anche in tal senso la Direzione Regionale ha in corso la definizione
di un accordo con la Regione per agevolare le società di produzioni cinematografiche e televisive, che intendono utilizzare i luoghi
della cultura statali come location per le riprese, redigendo un
regolamento che consenta di uniformare le procedure su tutto il
territorio regionale.
53
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna
Tuvixeddu. Al di là
Giovanni Azzena, Donatella Salvi
Soprintendenza per i Beni Archeologici delle province
di Cagliari e Oristano
Direzione Generale per i Beni Archeologici
T
Direttore Generale
Stefano De Caro
Via di San Michele, 22
00153 Roma
Tel. 06 58434600
Fax 06 58434750
[email protected]
Direzione Regionale per
i Beni Culturali e Paesaggistici
della Sardegna
Direttore Regionale
Paolo Scarpellini
Coordinamento
Sandra Violante
Via dei Salinieri, 20-22
09126 Cagliari
Tel. 070 34281
Fax 070 3428209
[email protected]
Soprintendenza per i Beni
Archeologici delle province
di Cagliari e Oristano
Soprintendente ad interim
Giovanni Azzena
Piazza Indipendenza, 7
09100 Cagliari
Tel. 070 605181
Fax 070 658871
[email protected]
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uvixeddu è Aldilà. Gli antichi parenti dei cittadini contemporanei che “dormono sulla collina”, sono stati già in antico disturbati
da cave, costruzioni, infrastrutture... La città moderna non li ha scacciati, né coperti, ma circondandoli da ogni lato ha restituito loro, in
qualche modo, la pace. Una pace che adesso sembra eccessiva,
perché sa di abbandono, ma che, forse, è il primo passo per tentare un approccio diverso al problema Tuvixeddu.
Tuvixeddu al di là dei problemi, delle polemiche, degli errori, delle
contrapposizioni. Perché Tuvixeddu è stato ed è ancora – per i media,
per la gente, per la politica – essenzialmente un problema. E niente,
nella sua lunga storia, ha nuociuto tanto a questo luogo fragile e prezioso di questo lungo periodo di problematicità. Il secondo passo è
accordo, coordinamento: perché nessuno, da solo, può riuscire.
Tuvixeddu al di là dei recinti. Perché il grande colle dei morti, come
ogni cimitero, come ogni luogo di margine, come ogni “terzo paesaggio” rimasto intatto nella maglia stretta dei quartieri moderni, è
proprietà di tutti. Tuvixeddu permeabile alla vita, proprietà della
gente, eredità da condividere. Il terzo passo è condivisione, perché
non esiste forma di tutela più perfetta del far capire a tutti e a ciascuno che ciò che vede, usa, percorre, è roba sua.
Tuvixeddu al di là del paesaggio. Perché la collina solcata da cave,
punteggiata da tombe, che sembra campagna, brulla e polverosa, è
però certamente anche città. È un grande quartiere stranamente urbano, forse non periferico ma certamente di margine. Il quarto passo è
guardare Tuvixeddu come se fosse città, perché si possa “sentire”
urbano e come tale rispondere.
Tuvixeddu al di là dell’urbano. Perché è vero anche l’esatto contrario. Tuvixeddu è un frammento di campagna, un meteorite pregnante storia piombato nel mezzo di un quartiere di Cagliari. Non si può
imbellettarlo troppo, non si può caricarlo di orpelli: è la severa campagna sarda, paesaggio di cronodiversità evidente, che chiede
attenzione e cura, ma non sopporterebbe interventi pesanti. Occorre
ascoltare il silenzio triste di Tuvixeddu con rispetto e, forse, fare tutti
un passo indietro. Il quinto passo è l’addio? Forse, ma in questo caso
è certamente un addio positivo.
Oggi compresa nel tessuto urbano di Cagliari, ma a lungo periferica
rispetto alla città moderna, la collina di Tuvixeddu è stata utilizzata nell’antichità, e per molti secoli, come necropoli. Città dei morti, prima, in
età punica, contrapposta, nella sua estesa compattezza, alla città dei vivi
che si apriva sulla laguna di Santa Gilla; scenografica composizione di
colombari e tombe a camera, più tardi, in età romana quando, alle pendici della collina, esterna ormai alla città, le sepolture si affacciano lungo
la principale strada che da Cagliari si dirige verso l’interno dell’isola.
Progressivamente, e per settori, venuta meno la funzione funeraria,
quello stesso calcare che aveva agevolato lo scavo delle sepolture,
divenne risorsa: numerosi fronti di cava furono aperti per ricavare
pietra da taglio e da calce, aprendo lacerazioni profonde su tutti i
versanti del colle. A valle, affiancate o addossate alle tombe romane,
con disposizione irregolare, molte case basse e poche più importanti ville posero le basi per una periferia staccata che tendeva a congiungersi con la città, mentre le stesse tombe a camera, come è attestato fin dal Cinquecento, costituivano abitazioni di fortuna o magazzini annessi ad attività commerciali. In questo quadro, ricavabile dal
catasto ottocentesco, dalle fotografie di Desselert o dalle descrizioni dei primi del Novecento del Taramelli che vi vede povere case “di
pescatori e panattare”, si muove la ricerca archeologica, attenta alla
scoperta delle prime tombe che apparivano allora, per la particolare
struttura a pozzo e per i monili così simili a quelli egiziani, di incerta
attribuzione, meno curata nell’analisi dei contesti romani, dei quali si
apprezzavano le architetture e le iscrizioni ma non si descrivevano né
le urne – ancora in posto, – né i corredi. La grandiosità della necropoli è però percepita dagli studiosi ed è soprattutto nelle parole di
Francesco Elena, nel 1861, che ne emergono tutte le potenzialità: non
solo l’avvocato-archeologo ne coglie l’unicità nell’estensione e nella
quantità di sepolture, ma ne auspica lo scavo integrale che, mettendone in luce i tagli, avrebbe formato un “monumento”privo di confronti. Per quanto altri, sempre più ampi, fronti di cava siano stati
aperti nel tempo, distruggendo o sezionando i pozzi delle tombe
puniche, ed anche se l’espansione edilizia ha ormai raggiunto e pressoché inglobato i margini della collina, oggi l’auspicio di Francesco
Elena sta diventando realtà. Ai cantieri non contigui, e talvolta ripetuti, che avevano consentito indagini d’urgenza o di breve periodo, è
finalmente subentrato un cantiere che, con la durata, ha garantito lo
scavo in estensione. Stanno emergendo così, disposte in un tessuto
fitto e per lo più regolare, i pozzi verticali, più o meno profondi, che
immettono alle celle, aperte sul lato corto, nel quale era deposto il
defunto. In molti casi pozzo e cella sono risultati già scavati in un
passato più o meno recente e riempiti con terra o con rifiuti di vario
genere. Con una certa frequenza, però, la lastra in pietra posta a chiusura della porta di accesso alla cella è risultata ancora in posto e nella
cella sono stati ritrovati i corredi ed i resti scheletrici. La conoscenza
delle tecniche e dei rituali dell’età punica è stata notevolmente
ampliata: da un lato la possibilità di cogliere la distribuzione delle
tombe, il loro andamento interno e l’attenzione posta ad evitare danneggiamenti fra tomba e tomba, – talvolta sollevando le quote, talvolta realizzando dei dislivelli nella cella o nel pozzo, – ha consentito di comprendere i criteri di espansione della necropoli; dall’altra
l’analisi dei corredi, costituiti da ceramiche d’uso comune ma anche
da non pochi oggetti di particolare pregio, ha favorito la lettura delle
consuetudini della morte, l’attenzione per il particolare, il rapporto
fra i vivi ed i loro defunti in un arco di tempo che va dal VI al IV secolo a.C. A ciò si aggiunge che in alcune porzioni è possibile apprezzare come per qualche tempo, già in età romana, la collina fu interes-
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sata da tagli di cava e come più tardi, nel II secolo d.C., tutta l’area fu
percorsa dal tracciato dell’acquedotto che, da 40 chilometri di
distanza, riforniva Cagliari di acqua corrente. Tutti questi dati si aggiungono a quelli già acquisiti negli scavi condotti più a valle, laddove la
roccia calcarea è ricoperta da un suolo compatto e a tratti argilloso nel
quale, con modifiche percepibili in tutto il mondo punico fra il IV ed
il III secolo a.C., l’inumazione dei defunti non è più ospitata nelle celle
delle tombe scavate, ma in semplici tombe a fossa. È qui, inoltre, che
con l’arrivo di genti latine, si coglie, nettissimo, l’ulteriore cambiamento delle forme del rituale con il passaggio dall’inumazione alla cremazione diretta nei cd. busta e, più tardi, a quello della cremazione indiretta: i resti combusti sono ospitati nelle urne, a loro volta deposte
nella terra o nei colombari, nuova forma architettonica delle sepolture a camera ancora una volta scavate nella roccia ma questa volta
accessibili direttamente da una porta aperta sul costone. Alla verticalità delle tombe a pozzo, interamente contenute nel banco roccioso,
subentra la frontalità delle tombe romane, come case ricche di stucchi, nel caso della Tomba con pesci, spighe ed altri fregi, o come
simulazione di templi: “Ciò che tu credi un tempio, viandante...” recita infatti una delle iscrizioni della Grotta della Vipera, la più famosa
delle tombe a camera, che il marito dedicò ad Attilia Pomptilla.
Foto di:
Giovanni Alvito Teravista
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Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna
Il Paesaggio archeologico nell’agro di Sinnai
Maria Rosaria Manunza
Soprintendenza per i Beni Archeologici delle province
di Cagliari e Oristano
Direzione Generale per i Beni Archeologici
I
l Progetto di valorizzazione del Paesaggio archeologico di Sinnai è
partito dalla identificazione delle risorse archeologiche presenti nel
territorio, per ricavare gli elementi di conoscenza che ci consentissero di fare ipotesi sui modi di vita delle popolazioni antiche.
Il lavoro di Censimento Archeologico della scrivente sotto la direzione scientifica della scrivente, è stato finanziato dal Comune di Sinnai.
Il risultato della ricerca è stato pubblicato nel volume “Indagini
archeologiche a Sinnai” a cura della medesima.
Direttore Generale
Stefano De Caro
Il primo compito del cantiere archeologico è stato quello di acquisire la maggior quantità possibile di dati sul territorio. Si è fatto un preliminare esame del materiale cartografico, sulle carte I.G.M. 1:25000
ed 1:10000. Per la ricerca dei monumenti ci si è basati inoltre sulla
raccolta delle notizie bibliografiche e, soprattutto, sulla raccolta
delle testimonianze orali. Alla raccolta dei dati è seguita una capillare indagine sul territorio. Una volta posizionato il punto di riferimento con il GPS si è proceduto alla misurazione del monumento con i
tradizionali sistemi di rilevamento: triangolazioni etc. I monumenti
sono stati quindi inseriti nelle nuove carte I.G.M. e nelle carte catastali. Una volta accertata la natura, l’estensione, lo stato delle emergenze archeologiche, si è proceduto al rilievo delle strutture visibili e alla
loro documentazione mediante foto e diapositive che sono state
allegate alle schede descrittive.
I lavori hanno evidenziato una ricchezza di siti e di monumenti di notevole interesse. Per quanto allo stato attuale delle ricerche non si abbiano rinvenimenti riferibili al Paleolitico, al Mesolitico, e ai periodi più antichi del Neolitico, non si può escludere, in assenza di scavi stratigrafici,
che gli uomini in quei periodi fossero assenti in questo territorio. La cul-
Via di San Michele, 22
00153 Roma
Tel. 06 58434600
Fax 06 58434750
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Direzione Regionale
per i Beni Culturali
e Paesaggistici della Sardegna
Direttore Regionale
Paolo Scarpellini
Coordinamento
Sandra Violante
Via dei Salinieri, 20-22
09126 Cagliari
Tel. 070 34281
Fax 070 3428209
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Soprintendenza per i Beni
Archeologici delle province
di Cagliari e Oristano
Soprintendente ad interim
Giovanni Azzena
Piazza Indipendenza, 7
09100 Cagliari
Tel. 070 605181
Fax 070 658871
[email protected]
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tura più antica finora attestata nel territorio è quella Ozieri (neolitico
recente-inizi eneolitico: circa 3800-2900 avanti Cristo) documentata da
domus de janas, menhirs, da ceramiche decorate e da strumenti litici. Il
periodo nuragico è quello meglio documentato. La maggior parte dei
nuraghi si trova ubicata su alture rocciose, a guardia dei campi e dei
pascoli e, soprattutto, delle vie di comunicazione lungo i corsi d’acqua.
Strutture e reperti documentano insediamenti nella piana ad Est di
Sinnai che restituisce anche molti pozzi. I numerosi reperti litici: asce
scanalate, teste di mazza, macine, macinelli e pestelli, riportati in superficie dalle arature, documentano attività agricole. Recentissima la scoperta di un pozzo nell’entroterra di Solanas chiamato Mitza Cropetta, la
cui architettura rientra nei canoni dei templi a pozzo nuragici. Si sono
inoltre censite diverse tombe di giganti, rinvenute isolate o più frequentemente in gruppo di due, tutte costruite con blocchi disposti a filari,
secondo una tipologia tipica della Sardegna Meridionale. L’età storica è
rappresentata da aree di insediamento e di necropoli, mentre mancano, per ora, rinvenimenti di monumenti.
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Il sistema di presentazione delle risorse culturali del territorio di Sinnai
parte dal Centro Culturale di via Colletta a Sinnai, dove hanno sede il
Museo Archeologico, la Pinacoteca, una sala per le conferenze e per
le mostre temporanee.
Da qui partono le azioni di comunicazione e commercializzazione dei
luoghi turistici con componente culturale. Gestire il Centro Culturale di
via Colletta, organizzare attività didattica nelle scuole, organizzare
eventi, mostre, convegni, proporre itinerari diversificati per un pubblico differenziato, questi sono i compiti dei Gestori della Sede Museale
e delle Aree Archeologiche comunali.
Dall’identificazione delle risorse si è passati alla pianificazione territoriale con l’inserimento di tutte le aree censite nelle zone H4 del
Piano Urbanistico Comunale.
È seguita poi la fase di divulgazione delle conoscenze acquisite: si è
allestita la sala archeologica del Centro Culturale “La Colletta” con una
mostra permanente dei reperti archeologici provenienti dal territorio
comunale.
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Si è realizzata, inoltre, una mostra fotografica a tema sui beni archeologici della località Solanas. Si sono pubblicate, sui Quaderni della
Soprintendenza di Cagliari e su Riviste Specializzate, diverse relazioni scientifiche.
Il Cantiere Archeologico proseguirà il lavoro con l’attività di scavo per
rendere fruibili i monumenti prescelti, con la consapevolezza che per
la valorizzazione di un monumento non è sufficiente metterlo in luce:
occorre assicurargli continua sorveglianza, manutenzione, occorre
gestirlo in maniera che si trasformi in un prodotto turistico e in risorsa
economica. E perché questo accada, perché la risorsa culturale assuma valore aggiunto, occorre anche che sia integrata nella risorsa
ambientale (foreste, itinerari del C.A.I., spiaggia di Solanas, etc.), e che
sia supportata dalla risorsa territoriale (Piano Urbanistico Comunale, viabilità, trasporti etc.), dalla risorsa sociale (servizi, sicurezza sociale,
sicurezza contro gli incendi nei boschi etc.) nonché dall’economia
turistica (alberghi, agriturismo, ristoranti, artigianato, commercio tradizionale, etc.). Tutto il territorio è dunque chiamato ad effettuare quest’operazione di valorizzazione delle risorse culturali.
Il volume “Indagini archeologiche a Sinnai”, che si apre con una finestra sugli aspetti geomorfologici del territorio, cui segue una breve
nota sulla storia degli studi, offre due diverse letture: una cronologica, l’altra topografica.
Nella prima parte i dati sono esposti in ordine cronologico: i monumenti e i materiali vengono collocati ciascuno nel contesto culturale
che l’ha prodotto. Particolarmente significativo, in questa prima
parte, l’articolo sul periodo orientalizzante, dedicato ai risultati delle
prime campagne di scavo archeologico effettuate nel tempietto di
Bruncu Mogumu. La seconda parte è organizzata in ordine topografico: i monumenti vengono catalogati in ordine da Nord a Sud, con
riferimento al numero d’ordine della Carta Archeologica allegata.
La terza parte comprende alcuni articoli specifici sul Museo: una nota
sul Progetto Culturale dell’Esposizione, due studi sui reperti fuori
contesto provenienti rispettivamente da Collezioni Private e da
Sequestro.
60
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna
Villa Tigellio, la rinascita
Società Anamnesys
Soprintendenza per i Beni Archeologici delle province
di Cagliari e Oristano
Direzione Generale per i Beni Archeologici
I
l prodotto multimediale, realizzato dalla società Anamnesys s.r.l., è
stato realizzato con tecnologia di visualizzazione real-time che
offre allo spettatore non solo la possibilità di godere della ricostruzione virtuale degli ambienti della famosa area archeologica ubicata
nel cuore di Cagliari, completi di affreschi ed arredi del periodo, ma
di poter navigare liberamente all’interno della residenza e interrogare i punti di maggiore interesse grazie ad un sistema informativo a
schede complete di tutte le informazioni utili a scoprire la bellezza
del sito all’inizio del I sec. d.C.
“Villa Tigellio, la rinascita” è un prodotto unico nel panorama della
valorizzazione dei beni culturali in Sardegna e nel suo genere, che
accosta la profondità di uno studio storico-archeologico del sito,
condotto dagli archeologi dell’Anamnesys in collaborazione con la
Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Cagliari e
Oristano, alle potenzialità offerte dalla computer grafica e dalle tecnologie di visualizzazione in tempo reale.
Attraverso la possibilità di una conoscenza visiva più approfondita,
offerta dal prodotto multimediale, è possibile godere in maniera
nuova e più coinvolgente il fascino della visita reale presso la c.d.
Villa di Tigellio.
Direttore Generale
Stefano De Caro
Via di San Michele, 22
00153 Roma
Tel. 06 58434600
Fax 06 58434750
[email protected]
Direzione Regionale
per i Beni Culturali
e Paesaggistici della Sardegna
Direttore Regionale
Paolo Scarpellini
Coordinamento
Sandra Violante
Via dei Salinieri, 20-22
09126 Cagliari
Tel. 070 34281
Fax 070 3428209
[email protected]
Soprintendenza per i Beni
Archeologici delle province
di Cagliari e Oristano
Soprintendente ad interim
Giovanni Azzena
Piazza Indipendenza, 7
09100 Cagliari
Tel. 070 605181
Fax 070 658871
[email protected]
61
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna
Il Sistema Informativo Territoriale
per i Beni Culturali della Sardegna
Soprintendenza per i Beni Archeologici delle province
di Cagliari e Oristano
Alberto Bruni, Andrea Doria, Franco Fabrizi
Direttore Generale
Stefano De Caro
Via di San Michele, 22
00153 Roma
Tel. 06 58434600
Fax 06 58434750
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Direzione Regionale per
i Beni Culturali e Paesaggistici
della Sardegna
Creazione e messa a punto
Il Progetto GIS è stato finanziato, per un importo totale di 500.000
Euro dal CIPE con delibera n. 17/2003 ed è la naturale prosecuzione
del processo di informatizzazione avviato dal Ministero per i Beni e
le Attività Culturali – Servizi Informativi Automatizzati – consistente
nell’implementazione della rete locale e programmi di gestione
documentale (denominato progetto WOAG).
L’obiettivo del progetto è la creazione e messa a punto di un Sistema
Informativo Territoriale Integrato a livello regionale che vede interessate, secondo le singole competenze: la Soprintendenza per i Beni
Archeologici per le province di CA e OR, la Soprintendenza per i
Beni Archeologici per le province di SS e NU, la Soprintendenza
B.A.P.P.S.A.E. per le province di CA e OR, la Soprintendenza
B.A.P.P.S.A.E. per le province di SS e NU, la Direzione Regionale per
la Sardegna, il Nucleo Carabinieri per la Tutela del Patrimonio
Culturale con sede a Sassari località Li Punti.
Linee guida
Ferma restando l’impostazione generale del progetto, così come
presentata al CIPE, si evidenziano le linee guida che lo caratterizzano
in termini di approccio metodologlco:
- viene esclusivamente utilizzato il metodo che il MIBAC ha seguito
per la realizzazione di “CULTURA ON LINE” di cui il presente progetto può considerarsi una diretta conseguenza;
- la banca Dati del Sistema GIS (che assume particolare importanza in quanto costitusce il cuore del sistema stesso, dovendo gestire
tutte le informazioni necessarie al suo corretto funzionamento) sarà
progettata, in modo che nel tempo sia in grado di accogliere tutte le
istanze informative che i singoli Enti coinvolti dovessero richiedere.
Tenuto conto che gran parte dei dati del sistema GIS saranno “estrapolatl” da archivi di proprietà del MIBAC, dovrà contenere i Iinks, collegamenti per accedere alle informazioni, relativi ai dati statici quali:
idrografta, curve di livello, aree vulcaniche, toponomastica, cartografia raster, IGM e quant’altro.
Direttore Regionale
Paolo Scarpellini
Coordinamento
Sandra Violante
Via dei Salinieri, 20-22
09126 Cagliari
Tel. 070 34281
Fax 070 3428209
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Soprintendenza per i Beni
Archeologici delle province
di Cagliari e Oristano
Soprintendente ad interim
Giovanni Azzena
Piazza Indipendenza, 7
09100 Cagliari
Tel. 070 605181
Fax 070 658871
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62
Obiettivi
Obiettivo del progetto è mettere a disposizione dell’utenza la maggior parte delle informazioni sul territorio che permettano di portare
ad una reale conoscenza dello stesso, in termini di interrelazioni finalizzate alla salvaguardia del patrimonio culturale supportando, ove
possibile, le attività di pianificazone territoriale portate avanti dagli
Uffici periferici del MIBAC (direzione regionale e soprintendenze) e
dagli Enti locali coinvolti (Regione, province, comuni, ecc.). In tale
ottica riveste particolare importanza la costituzione della Banca Dati
intesa come informazioni da memorizzare e intercorrelare.
È quindi necessario impostare in modo preciso e puntuale le varie
attività di “popolamento” della Banca Dati.
Presso le strutture del MIBAC Sardegna sono presenti, in formato cartaceo, informazioni inerenti il patrimonio culturale quali, a solo titolo
di esempio, schede catalografiche, decreti di vincolo, ecc. Un caricamento più consistente e articolato, comprensivo di georeferenziazione del sito, sarà effettuato nell’ambito dell’Accordo di Programma
Quadro tra MIBAC e Regione Sardegna.
Cartografia
Parte rilevante di un sistema G.I.S. è la cartografia. Una volta acquisita questa costituirà la base sulla quale andranno inseriti i dati rilevati
attraverso campagne di ricognizione e rilievo mediante l’utilizzo di
strumenti ad alta tecnologia (Penna Digitale) e/o apparecchlature GPS
che consentono una puntuale “georefernzlazlone” dei siti.
Le varie fasi lavorative possono essere schematizzate in:
Responsabile del procedimento:
Elena Romoli
Progettisti e Direttore dei Lavori:
Alberto Bruni, Andrea Doria
Franco Fabrizi
Operatori GIS:
Andrea Agus, Pietro Matta
Marco Piras
Consulente:
Antonio Colucci
Ditta appaltatrice:
Servizi d’Azienda S.p.a.
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I FASE
Lavoro di campagna. Rilievo dell’area interessata sia tramite l’utilizzo
di strumentazione ottica classica, sia attraverso l’utilizzo di strumenti
di ultima generazione quali i G.P.S. topografici.
II FASE
Il trattamento dei dati avviene in ufficio tramite l’utilizzo di software
applicativi specifici.
III FASE
Il sistema permette di produrre elaborati in grado di soddisfare una
vasta gamma di necessità.
Alcuni esempi sono: la stampa o il plotaggio degli elaborati; la creazione di schede tematiche quali le monografie dei punti di riferimento; l’inserimento dati in sistemi informativi al fine di favorirne la fruizione da parte di varie categorie di utenti
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Paesaggio da scoprire, paesaggio da eleggere
Antonietta Boninu
Direzione Generale per i Beni Archeologici
L’
identità di un popolo è tema di grande interesse e di notevole
significato, ma anche di ardua esemplificazione. Nel prediligere il
legame tra l’ambiente, il territorio e l’uomo si percorre un’analisi per
individuare letture attraverso dati riscontrabili. Il fattore natura ed il
fattore storia interagiscono tra di loro con modalità ininterrotta sia nel
passato e sia nel presente. Per il futuro la costruzione dell’interazione è affidata all’attuale rapporto dell’uomo con il territorio, la storia,
ed il paesaggio ereditato.
Le trasformazioni, connaturate alla vita e alle sue articolazioni, creano
modifiche ineluttabili, anche involontarie. L’esito di un equilibrio,
proporzionato al rispetto delle risorse, comporta la partecipazione
consapevole dell’uomo in un circuito di crescita culturale, e verifica
da affidare alla collettività.
L’apporto delle scienze che offrono strumenti di conoscenza del territorio, da sezionare virtualmente lunga la diacronia stratificatasi, e
oggi rilevabile in forme troppo sincopate, giustapposte, talvolta
capovolte e sovvertite, si manifesta in un contributo di confronto e di
coinvolgimento con le popolazioni residenti, proponendo itinerari
di indagine comune.
In terra di Sardegna ben si adatta la definizione di paesaggio, quale
stato d’animo che incamera immagini di luoghi, filtra sentimenti e li
rielabora nella percezione, con ritorni, profumi, ed esplorazioni, per
attivare circuiti di immagini e di sensazioni. Il richiamo forte per ripercorrere passaggi, impressioni, nelle città, nelle campagne, nei santuari, nei monumenti, riconduce ad una aspirazione di conoscenza per
poter radicare il sentimento dei luoghi. La ricerca contemporanea sul
paesaggio, anche con discussioni vivaci, affronta il tema con il centrale obiettivo di coinvolgere i cittadini in azioni e comportamenti di
rispetto.
Nell’indagine sul rapporto tra uomo e spazio, tra cultura e natura, l’archeologia dispone di mezzi e riserve adeguati, e offre sul piano
metodologico, risorse singolarmente stimolanti.
La ricerca interessa sostanzialmente la storia delle idee e della
scienza; nello specifico la ricerca archeologica analizza le testimonianze materiali dell’uomo nelle epoche antiche, che partecipano
con formule e quantità molto complesse della vita dell’uomo contemporaneo.
La giustapposizione e/o l’integrazione tra gli uomini del passato e gli
uomini del momento presente si leggono attraverso il paesaggio ereditato e il paesaggio che si modifica nell’evolversi della vita nel territorio. La percezione dei valori, sensazioni, segni del territorio è l’esito di una costruzione antecedente e di una mutazione che si registra
in termini razionali, diretti, con consapevolezza, e partecipazione,
anche non volontaria. Il rapporto tra uomo e territorio, tra idee e
ambiente suscita discussioni, e propone quesiti anche all’interprete
Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Sassari e Nuoro
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna
Direttore Generale
Stefano De Caro
Via di San Michele, 22
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Fax 06 58434750
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Direzione Regionale
per i Beni Culturali
e Paesaggistici della Sardegna
Direttore Regionale
Paolo Scarpellini
Coordinamento
Sandra Violante
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Soprintendenza per i Beni
Archeologici per le province
di Sassari e Nuoro
Soprintendente
Giovanni Azzena
Piazza Sant’Agostino, 2
07100 Sassari
Tel. 079 206741
Fax 079 232666
[email protected]
65
della scienza archeologica, che costituisce un elemento della società, ed in quanto tale chiamato a contribuire allo sviluppo culturale.
Un’Isola nella mente umana è luogo distante, relativamente lontano,
da raggiungere con impegno, con atto di decisione per superare
l’elemento acqua che la circonda; per essa l’uomo ha necessità di
strumenti e mezzi costruiti, adattati alla funzione, che con i propri
mezzi fisici non è assolvibile.
Anche la Sardegna, isola per chi arriva, isola per chi parte, è terra di
incontro, di comunicazione, di scambio, di creazione, sia fisici, sia
culturali. Ha tesaurizzato le vicende passate, ha conservato, ha modificato, e progetta per il futuro, indaga ciò che è accaduto, scruta ciò
che può accadere. Il presente le può riservare potenzialità da individuare con il concorso degli intelletti che guardano all’interesse
comune, nell’ottica di contribuire per l’interpretazione dei segni, che
permangono nel territorio, visibili e ascosi.
La metodologia archeologica contempla lo scavo fra le attività che
scoprono nella terra documenti di articolate dimensioni, dai millimetri ai metri, che compongono pagine della storia dell’uomo, anche
nelle scelte di intervento. La scoperta che l’arrivo in un approdo
comporta si sviluppa e si approfondisce nel percorso lungo la costa,
che mantiene il visivo rapporto con il mare, e si ingigantisce nell’itinerario che conduce all’interno.
L’uomo che è giunto nelle grotte per ripararsi dalle intemperie naturali, che ha appreso e affinato l’arte dell’agricoltura, della caccia,
della pesca, che ha costruito capanne, che ha sperimentato leggi di
fisica e principi di statica con l’empiria, che ha confermato le
prove, che ha edificato ardite architetture con impegno ingegneristico, che si è rivolto alla divinità per affidarle i proprî cari per l’aldilà e per richiederle la protezione e la cura sovrannaturale delle
imprese, le assicura riconoscimento con opere espressive per
significato e per efficacia di pensiero, tradotte con forme raffinate,
instaura rapporti e scambi di materie prime e di prodotti, consegna
l’esperienza in una tradizione ininterrotta, è sempre presente, è fortemente radicato, ancorché non sempre platealmente visibile e
percepibile. Suscita grande interesse pensare di poter mettere in
campo energie perché la scoperta coopti menti e mani per disvelare elementi, per far espandere la conoscenza. L’archeologia e lo
scavo archeologico assommano strumenti da rendere disponibili,
da perfezionare e da utilizzare per l’opera scientifica, con prospettiva sociale e culturale. Identificare un percorso che garantisca fondamento e funzionalità per applicare i principi dello scavo con
costanza e ampia partecipazione è in programmi e disegni, che
particolari concomitanze ed eclatanti situazioni offrono per misurarsi con interventi innovativi, che salvaguardino gli interessi del
patrimonio culturale fisico e dell’uomo che con esso coabita.
L’archeologia può lanciare una sfida: procedere in uno scavo senza
terra, in uno scavo virtuale, che individui gli elementi costitutivi del
paesaggio, rimuovendo i veli della conoscenza ricomponendo
pagine per una nuova lettura.
66
Le tracce lasciate dall’uomo, prepotenti o modeste, coesistono, rinserrano dati, si modificano, si degradano, unite ai fattori della natura,
anch’essi modificatesi nel corso dei millenni, permangono in un contesto individuale, ma soltanto parzialmente o settorialmente noto.
Indirizzare la ricerca in un ambito definito, anche per convenzionali
confini, articolarne le finalità, strutturare il processo delle conoscenze, in una prospettiva di un progetto nuovo, garantisce l’indagine sul
paesaggio storico. Il rilevamento dello stato dei luoghi, la comprensione degli elementi antropici e degli elementi naturali, la ricostruzione dei frammenti, la tessitura dei rapporti tra cittadini e risorse, la
comparazione dei dati, l’informazione diffusa, compongono il progetto. La redazione stessa del progetto intende superare i limiti dell’equiparazione ed omologazione di interventi conclusi nella rispondenza procedimentale. L’investimento culturale di un progetto di
ricerca sul paesaggio attraversa la fase di scomposizione dei fattori,
per identificarli, classificarli, estrarne i valori, renderli comprensibili,
tradurli in patrimonio di consapevolezza, rinsaldare i rapporti tra
l’uomo del passato e l’uomo del presente, assicurare un filo continuo
tra i beni culturali e naturali del territorio e i cittadini, in un processo
di riappropriazione e di legame fra le parti, che scelgono di stare
insieme, perché sono stati già insieme. Il monumento più evidente,
la minuta traccia ad esso connesso, il luogo ove è stato edificato, il
luogo ove si sono cavati i materiali per la costruzione, i campi che
sono stati coltivati, il luogo per le sepolture, il substrato che li ha
accolti, l’ambiente che li ha nutriti, coesistono ancora oggi, ancorché
mutati e trasformati.
Tutti gli elementi dell’uomo e della natura costituiscono contesto irripetibile, riconoscibile nel paesaggio che oggi si percepisce, assimilabile ad un cantiere della conoscenza.
Ma allora il percorso dello scavo virtuale ha scoperto il passato che
appartiene all’uomo che vive nel luogo, e quindi agli uomini che
vivono in quei luoghi, traducendo anche nel paesaggio conosciuto
espressioni di identità di popolo?
La Sardegna procede nel tracciare le linee del proprio futuro, dispone di un patrimonio culturale notevole; il paesaggio dalla costa all’interno, negli itinerari pluritematici, presenta e nasconde monumenti
eccezionali, invita alla ricerca, e restituisce i risultati di imprese compiute ed in corso d’opera. Momenti favorevoli e progetti eccellenti
possono mettere in movimento emozioni e condurre letture nuove
del paesaggio anche con le ricostruzioni del passato, che appartengono alle comunità che partecipano con ruoli da protagonisti.
67
Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Sassari e Nuoro
Direzione Generale per i Beni Archeologici
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna
Direttore Generale
Stefano De Caro
Via di San Michele, 22
00153 Roma
Tel. 06 58434600
Fax 06 58434750
[email protected]
Direzione Regionale per
i Beni Culturali e Paesaggistici
della Sardegna
Direttore Regionale
Paolo Scarpellini
Coordinamento
Sandra Violante
Via dei Salinieri, 20-22
09126 Cagliari
Tel. 070 34281
Fax 070 3428209
[email protected]
Soprintendenza per i Beni
Archeologici per le province
di Sassari e Nuoro
Soprintendente
Giovanni Azzena
Piazza Sant’Agostino, 2
07100 Sassari
Tel. 079 206741
Fax 079 232666
[email protected]
68
Sorgono (NU). L’area monumentale di Biru ‘e Concas
Patrizia Luciana Tomassetti
L’
area oggetto dell’intervento è riportata nella cartografia con il
toponimo di Coa ‘e sa Mandara, ed è denominata Biru ‘e Concas,
così come alcune emergenze all’interno di essa. La regione storica è
quella del Mandrolisai, versante ovest del Gennargentu, e si estende
per circa 40 ettari. Vi si accede dalla provinciale che collega Sorgono
ad Ortueri in corrispondenza dell’incrocio per Austis, non distante
dall’importante complesso del santuario monumentale di San Mauro.
Dal punto di vista naturalistico l’area collinare è caratterizzata dalla
presenza predominante di lecci secolari da sughero. Tra le essenze
ad alto fusto si rileva la presenza di perastri, bagolari, querce e roverelle. Le essenze arbustive ed erbacee sono quelle classiche del sottobosco mediterraneo.
Le emergenze archeologiche sono costituite da una eccezionale
concentrazione di menhirs, isolati ed in allineamento, da strutture
abitative riconoscibili dall’affioramento degli elementi murari e dal
nuraghe denominato Biru ‘e Concas sul confine dell’area acquisita.
In tutta l’area sono riconoscibili sentieri naturali che si sono formati
con l’uso antropico, soprattutto legato all’allevamento del bestiame,
che hanno segnato il percorso ottimale. Percorrendo l’area si aprono
splendidi scorci di paesaggio, sulla valle sottostante, sulle cime di
monti su orizzonti vastissimi, sul vicino santuario di san Mauro, sui
vigneti; scorci così diversificati e suggestivi da caratterizzare l’area a
volte anche più delle stesse emergenze antropiche.
Infatti, da un primo impatto visivo e veloce dell’area nella sua globalità, non traspare l’importanza delle emergenze archeologiche che vi
sono ubicate. La scala del paesaggio naturale predomina sulla scala
del manufatto umano e quest’ultimo nasce quasi in totale simbiosi
con l’ambiente che lo circonda e lo accoglie.
Il contesto ambientale dai connotati così spiccatamente naturalistici,
ha imposto lo studio di un intervento di valorizzazione calibrato, tale
da non compromettere le componenti del paesaggio ed in particolare le componenti naturalistiche, storiche, archeologiche e più in
generale culturali.
Biru ‘e Concas, infatti, rappresenta un’area di grande interesse per
l’evidente semantizzazione del paesaggio stesso, cioè l’attribuzione
di significati simbolici al territorio, attuata dalle popolazioni preistoriche con l’erezione dei menhir, e per la stratificazione della presenza umana continua fino all’età storica.
Dentro “il luogo” odierno, percorrendolo e scrutandolo, si scoprono
i significati dell’uomo preistorico, con gli eccezionali monumenti
pervenuti alla società odierna in eredità.
Il progetto enfatizza i tre aspetti peculiari fortemente caratterizzanti
questo ambiente, che possono essere riassunti in archeologia, paesaggio, natura, portandoli all’attenzione del visitatore che potrà
godere di questi aspetti ricevendo impulso e stimoli lungo i sentieri
adeguatamente attrezzati, si propongono tre percorsi tematici denominati:
il cammino delle pietre
il cammino delle sensazioni
il cammino della natura
che avranno tra loro punti di intersezione o tratti in comune. Il sistema informativo enfatizzerà i tre aspetti rispettivamente dell’archeologia, del paesaggio e della natura, sottolineando soprattutto i reciproci condizionamenti. Lungo i percorsi saranno posizionati pannelli
esplicativi che intendono illustrare gli aspetti peculiari in aree specifiche e significanti. È evidente che i temi individuati avranno punti
importanti di sovrapposizione in cui ognuno di loro partecipa alla
creazione dell’altro, così come l’emergenza archeologica e le essenze arboree hanno determinato aspetti specifici del paesaggio così
quest’ultimo ha certamente condizionato le scelte nelle costruzioni
preistoriche oggi visibili.
69
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana
TOSCANA
Il paesaggio archeologico in Alta Valtiberina
Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana
Direzione Generale per i Beni Archeologici
Monica Salvini
Direttore Generale
Stefano De Caro
Via di San Michele, 22
00153 Roma
Tel. 06 58434600
Fax 06 58434750
[email protected]
Direzione Regionale
per i Beni Culturali
e Paesaggistici della Toscana
A
ll’origine del Progetto stanno la redazione di una Carta del
Rischio Archeologico e uno scavo stratigrafico.
La prima è stata elaborata per il Piano Strutturale del Comune di
Anghiari dalla Cooperativa Archeologia di Firenze, sotto la Direzione
Scientifica della Soprintendenza per i Beni Archeologici della
Toscana, che ha disposto anche le prescrizioni per le Norme attuative del Piano; il secondo, condotto dalla stessa Soprintendenza e
situato in località Le Vignacce ad Anghiari, interessa un complesso di
epoca romana, impostato tra I secolo a.C. e I d.C. con continuità di
vita fino al V secolo d.C.
La possibilità di disporre di una carta di distribuzione dei ritrovamenti archeologici e di un scavo stratigrafico permetterà di tentare di ricostruire la forma e le potenzialità economiche del territorio, trovando i due strumenti tra loro stessi motivazione e spiegazione.
Per questo settore della lunga valle del Tevere la particolarità di non
poco conto è la qualità del Paesaggio come, già nel I secolo d.C., ci
testimoniava Plinio.
C. PLINIUS DOMITIO APOLLINARI SUO S.
“[...] Regionis forma pulcherrima. Imaginare
amphitheatrum aliquod immensum, et quale
sola rerum natura possit effingere. Lata et
diffusa planities montibus cingitur, montes
summa sui parte procera nemora et antiqua
habent. […] Prata florida et gemmea trifolium aliasque herbas teneras semper et molles et quasi novas alunt. Cuncta enim
perennibus rivis nutriuntur; [...]”
Direttore Regionale
Mario Lolli Getti
Coordinamento per la comunicazione
Rosalba Tucci
Lungarno A.M. Luisa de’ Medici, 4
50122 Firenze
Tel. 055 27189750
Fax 055 27189700
[email protected]
Soprintendenza per i Beni
Archeologici della Toscana
Soprintendente
Fulvia Lo Schiavo
Via della Pergola, 65
50121 Firenze
Tel. 055 23575
Fax 055 242213
[email protected]
70
PLINIO A DOMIZIO APOLLINARE
“[...] L’aspetto della zona è bellissimo. Immagina
una sorta di anfiteatro immenso, quale solo la
natura può creare. Una valle ampia e pianeggiante cinta da monti che recano sulle loro
sommità alte e antiche foreste. Prati pieni di fiori
fanno crescere di continuo le gemme del trifoglio ed altre erbe tenere e sempre fresche. Tutti
essi infatti sono alimentati da corsi d’acqua
perenni; [...]” (Plinio, Epist. V, VI)
Ancora oggi, salvo qualche impianto industriale e una sistemazione
agraria che ha solo in parte modificato l’ordinamento agrario, il paesaggio è rimasto integro e confrontabile con quello antico. Si possono, infatti, ancora leggere sul terreno i ‘segni’ lasciati dal passaggio
dell’uomo, dagli avvenimenti storici, dall’uso del suolo, ma anche
quelli lasciati dagli eventi naturali, come le variazioni climatiche o le
alluvioni, spesso causate, di nuovo, dall’uomo che deforestò le montagne o, a causa dell’abbandono in epoca tardoromana dei territori
di pianura, sospese le operazioni di regimazione delle acque provenienti dalle alture che circondano la piana tiberina.
Si è pensato di procedere con un progetto-quadro più generale e
con un progetto-pilota da svolgere su un settore del territorio più
limitato.
Il progetto-quadro si articola in una serie di insiemi, espressione dei
temi che, per ciascuna epoca, possono essere affrontati. La necessità di porsi, preliminarmente e ‘a priori’ dei temi di ricerca deriva dalla
necessità di comprendere, sulla base dei dati ad oggi a noi noti, il
contesto nel quale ciascun ritrovamento trova posto e di leggere diacronicamente il territorio. D’altra parte, è quasi certo che la ricerca
aprirà problemi e mostrerà aspetti oggi impensabili, ma che potranno essere esaminati in corso d’opera.
Gli insiemi ruotano attorno al tema dominante che è l’ambiente e il
paesaggio storico-archeologico. Il tema è, nello stesso tempo, base
di partenza e di arrivo del progetto che prende spunto e troverà
esito anche nel Piano Paesaggistico in corso di approvazione tra
MiBAC e Regione Toscana.
IL PAESAGGIO ARCHEOLOGICO IN ALTA VALTIBERINA
EPOCA PRE-ROMANA
EPOCA ROMANA
Si utilizza il mito di Ercole per studiare e seguire i movimenti delle
popolazioni locali e allogene che, seguendo tragitti montani e vallivi,
percorrevano la Penisola lungo la dorsale appenninica, in direzione
Nord Sud, e l’attraversavano raggiungendo i due mari.
In assenza di un quadro esatto della sistemazione territoriale in
epoca romana per l’alta Alta Valtiberina, si prende avvio dai materiali
dispersi sul territorio per tentare di ricostruire la centuriazione tra I
secolo a.C. e I secolo d.C. nella piana. Lo scavo presso Le Vignacce
focalizza l’attenzione sul sistema di ville e insediamenti pedemontani
della Valtiberina.
Il mito greco: Eracle
italico: Ercole
I percorsi trans-apenninici
La transumanza
I limiti del municipium di Tifernum Tiberinum
I limiti della Regio VI (Umbria) e VII (Etruria)
Le tracce della centuriazione
I santuari legati alle risorse idriche e alla viabilità
I toponimi
I toponimi
La viabilità
I confini
Gli oggetti come ‘segni’ del paesaggio costruito
Gli oggetti
I depositi votivi
I santuari
I materiali dispersi
L’AMBIENTE E IL PAESAGGIO
La ricerca delle risorse
I monti Rognosi (ferro, rame)
Gli insediamenti e le necropoli dalla Carta Archelogica
La Carta del Rischio Archeologico
Le risorse
Se l’ambiente è l’aspetto naturale dei luoghi, prima che l’uomo
iniziasse a intervenire modificandolo, il paesaggio è il risultato
dell’azione e dell’industria umana. Ciò avviene, in particolare,
con l’avvento dell’agricoltura che, in Alta Valtiberina, può essere
documentata dalle fasi tarde del Neolitico.
Le risorse
Il clima
La pianura
Il Tevere e il suo corso
Gli spostamenti dell’alveo
Le alluvioni e i sedimenti
Il paesaggio archeologico in relazione al corso del Tevere e agli altri
fiumi/torrenti non più esistenti
Lo scavo delle Vignacce
Il sistema delle ville e degli insediamenti produttivi
L’attività di scavo
EPOCA TARDOANTICA-ALTOMEDIOEVALE
I materiali dispersi (oggetti, sculture) sul terreno e raccolti presso
chiese e provati, ma anche le chiese con le loro dedicazioni
distribuite sul territorio dell’Alta Valtiberina parlano del confronto
e coesistenza di Bizantini (arroccati a Tifernum/Città di Castello)
e dei Longobardi, ad Arezzo. Il successivo confine tra le due
diocesi testimoniava fino agli inizi del XVI secolo (quando viene
creata la Diocesi di Sansepolcro) la presenza dei due gruppi che
si scontrarono nel VI e VII secolo per il predominio sull’Italia.
I Monti Rognosi
I metalli
Le miniere
Le officine e le industrie
I confini della loro presenza
I confini della Diocesi
PREISTORIA
EPOCA MODERNA
Le testimonianze
I toponimi
I documenti
La scultura
Gli oggetti
I modelli di popolamento tra epoca tardoantica e altomedievale
Il paesaggio archeologico in rapporto col Tevere e gli altri fiumi,
anche non più esistenti
Le risorse
EPOCA
A MEDIOEVALE
71
Dallo studio dell’ambiente naturale (o perlomeno come oggi si percepisce), caratterizzato in Valtiberina da più unità territoriali (ad
esmpio, le valli fluviali più o meno ampie a carattere torrentizio, i
sistemi montuosi e collinari con caratteristiche proprie, tra le quali la
presenza di valichi agevoli o la ricchezza di minerali utili all’industria
umana sui Monti Rognosi, o le prime pendici della dorsale appenninica centrale), è possibile formulare uno studio dell’ambiente
umano, attraverso la raccolta di testimonianze letterarie, storiche,
archeologiche necessarie alla ricostruzione del paesaggio storicoarcheologico, così come si è venuto configurando a seguito della
presenza dell’uomo, testimoniata sui Monti Rognosi e sui residui fossili della valle pleistocenica – riconoscibili nella dorsale compresa tra
le valli del Tevere e del Sovara, fin dal Paleolitico Inferiore. Sebbene
l’agricoltura e l’allevamento dovettero essere praticati in Valtiberina e
lungo il corso superiore del Tevere fin dalle fasi tarde del Neolitico, la
prima sistemazione agraria della piana avvenne in epoca tardo-repubblicana e, poi, imperiale romana. Le coltivazioni di vite e olivo dovettero incidere sulla produzione locale, come ci attestano fossili-guida,
quali le anfore ritrovate presso la c.d. Villa di Plinio a San Giustino.
Forse la compresenza in quest’area di Bizantini e Longobardi non
comportò alcun intervento sul paesaggio (passava, infatti, da questa
valle il confine tra le due posizioni contrapposte), mentre, sicuramente, le bonifiche e le sistemazioni agrarie condotte in occasione
delle prime occupazioni monastiche (Vallombrosani ad Anghiari)
dovettero influire sul paesaggio. Nel Medioevo, tra XII e XIII secolo,
si assistè anche alla deviazione del corso del Tevere tra i Comuni di
Anghiari e Sansepolcro; tale variazione è, oggi, assai influente sulla
lettura delle tracce archeologiche e sul paesaggio storico che, naturalmente, doveva presentarsi ben diverso fino a tale epoca. Si pensi
soltanto al sistema dei mulini che, oggi, è rimasto come memoria
concreta dell’antico corso del fiume posto sul Fosso di Rimaggio,
forse residuo dell’antico Tevere.
Già fermandosi a quest’epoca, senza voler procedere fino alle sistemazioni granducali, appare evidente come lo studio delle tracce
archeologiche, associate alle fonti storiche e alle prospezioni geologiche, possono contribuire alla lettura del paesaggio di fondovalle.
Tuttavia, la Valtiberina non esaurisce le sue peculiarità nella fertile e
amena pianura. Essa, probabilmente, ebbe vocazione di area di transiti e scambi fin dalla preistoria, proprio in considerazione della sua
posizione al centro della Penisola, dall’essere percorsa dall’importante via d’acqua del Tevere in direzione nord-sud, dal trovarsi sulla
direttrice che, attraversando gli Appennini ai passi di Viamaggio,
Bocca Serriola e Bocca Trabaria, poneva in collegamento i versanti tirrenico e adriatico, e possedendo nel suo territorio ricchezze minerarie (ferro, rame, in piccolissima percentuale oro) provenienti dai
Monti Rognosi. Le prime testimonianze in tal senso risalgono all’
Eneolitico; fu attraversata, poi, in epoca preromana da percorsi
appenninici utilizzati come collegamenti commerciali e culturali; fu
via di penetrazione per gli eserciti (forse, già i Galli nel IV secolo per
72
giungere da Arezzo a Roma e durante la Seconda Guerra Punica); fu
solcata da grandi vie romane consolari (per tutte la via Ariminiensis
che collegava Arezzo a Rimini); fu, infine, divisa tra Bizantini e
Longobardi.
All’interno del progetto-quadro si pone un primo progetto riguardante l’area nord-orientale della Alta Valtiberina ricadente interamente nel territorio del Comune di Anghiari; esso è ancora in corso di
definizione tra la Soprintendenza, gli Enti locali, le strutture private e
cooperative operanti sul territorio e alcuni Istituti Universitari, ma già
si configura come progetto pilota interattivo e multidisciplinare il cui
scopo sarà quello di ricostruire la stratificazione del paesaggio attraverso i dati storici, archeologici, paleoambientali, cartografici, e suo
compito porre in relazione tra loro tutti coloro che variamente investono sul progetto al fine della tutela, valorizzazione, fruizione e
gestione del territorio, anche con un approccio innovativo che tenga
conto dei nuovi mezzi di comunicazione, i quali saranno utilizzati
per presentare non solo alla comunità locale, ma anche al più vasto
pubblico disponibile, il progetto e le fasi di realizzazione in corso
d’opera.
I due obbiettivi avranno una prima verifica con una mostra degli
oggetti recuperati sul territorio e con la gestione aperta a contributi
esterni, nell’ottica della creazione di una serie di aree archeologiche
all’aperto da dare in gestione all’esterno.
La lettura del paesaggio antico, oltre che un valido supporto alla
comprensione dei mutamenti idro-geologici e agrari-storici, si pone
nell’ottica della migliore comprensione della realtà ambientale odierna e, ai fini della tutela archeologica, per predisporre delle linee
guida di uso del territorio nei Piani strutturali comunali e sovracomunali. L’indicazione di una gerarchia di rischio archeologico per chi
deve concedere i permessi urbanistici, se inserita in un quadro paesaggistico storico, sarà, forse, meglio accettata e condivisa. La ricostruzione del paesaggio archeologico, senza niente togliere alla
necessità di sviluppo urbano e industriale, aiuta, inoltre, a disporre
del territorio in un momento che, a seguito del declinare della crescita industriale, dovrà trovare una nuova vocazione.
73
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Umbria
UMBRIA
Il paesaggio archeologico di Spoletium
Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria
Direzione Generale per i Beni Archeologici
Liliana Costamagna
Direttore Generale
Stefano De Caro
Via di San Michele, 22
00153 Roma
Tel. 06 58434600
Fax 06 58434750
[email protected]
Direzione Regionale
per i Beni Culturali
e Paesaggistici dell’Umbria
Direttore Regionale
Francesco Scoppola
Coordinamento per la comunicazione
Silvana Tommasoni
Piazza IV Novembre, 36
06121 Perugia
Tel. 075 5750631
Fax 075 5720966
[email protected]
Soprintendenza per i
Beni Archeologici dell’Umbria
Soprintendente
Mariarosaria Salvatore
Piazza Partigiani, 9
06121 Perugia
[email protected]
74
L
a Regione Umbria ha avviato negli ultimi anni attività di studio e
ricerca allo scopo di definire le linee guida per la verifica e l’adeguamento degli strumenti di pianificazione paesaggistica PUT e PTCP,
ed in generale per la gestione del paesaggio ai diversi livelli di governo del territorio. È stato definito un percorso metodologico che ha
condotto ad una definizione dei caratteri identitari del paesaggio
umbro seguito da una sperimentazione operativa degli indirizzi
metodologici su ambiti territoriali locali.
Il territorio del Comune di Spoleto è stato individuato come sede di
sperimentazione locale del metodo di lettura, valutazione e definizione degli obiettivi per il paesaggio e della possibile disciplina del
paesaggio nella pianificazione ordinaria.
Il vasto territorio compreso amministrativamente nel Comune di
Spoleto rappresenta un esempio straordinariamente articolato e
completo di paesaggio archeologico. L’esperienza di pianificazione
legata alla fondazione della colonia latina di Spoletium nel 241 a.C.
ha indelebilmente connotato questo territorio attraverso le tracce
materiali di un progetto organico la cui valenza territoriale è dimostrata dal suo perpetuarsi attraverso i secoli. Le gravi manomissioni
subite negli ultimi decenni impongono di definire strategie di tutela
e di consapevole considerazione della sua validità.
Il carattere qualificante e specifico di questo territorio è la relazione
inscindibile tra i boschi sacri e la campagna coltivata, tra le aree “marginali” e quelle “a forte pressione antropica”.
La presenza di boschi sacri in epoca romana nel territorio di
Spoletium è ben nota grazie in primo luogo alle eccezionali testimonianze epigrafiche che vi sono state rinvenute.
Nel mondo romano il lucus (in latino arcaico: loucos) era un bosco
a cui veniva attribuito un carattere sacro e che come tale era dedicato a una divinità ed era soggetto a particolare tutela. Il riconoscimento della sacralità di un bosco era strettamente correlato alla percezione collettiva della sua importanza, compresa la necessità di salvaguardarlo dal disboscamento dissennato al fine di mantenere l’equilibrio idrogeologico complessivo del territorio.Ma il ricordo dei
molti luci che proteggevano e marginavano le risorse agrarie dell’antica colonia latina di Spoletium è giunto a noi attraverso i nomi evocativi mantenuti dai luoghi. Con il Cristianesimo gli antichi culti sono
sostituiti da santi che nel loro nome tradiscono il sovrapporsi su luoghi sacri precristiani. Le tracce degli antichi luci intorno a Spoleto
sopravvivono nella toponomastica: Monteluco e Madonna di Lugo in
primo luogo, ma anche le ripetute attestazioni di S. Silvestro, S.
Silvano e S. Quirico, e ancora Madonna della Selvetta e Selva Santa.
Nel nome di San Quirico, associato presso Morgnano a San Silvestro,
traspare il nome stesso della quercia (quercus) sacra a Giove.
Il carattere sacro del fitto bosco che riveste il Monteluco, la montagna
che domina Spoleto, si è perpetuato attraverso l’età medievale fino ad
oggi nei vari eremi situati alle pendici e nella presenza francescana tuttora presente. La dedica a San Silvestro di due chiesette, erette sui due
versanti della montagna, entrambe in relazione a strutture risalenti ed
epoca romana, sembra provare che questo bosco ebbe una connotazione sacra già in antico e non solo in età più tarda, in relazione agli
insediamenti eremitici che caratterizzarono la montagna.
Una testimonianza eccezionale della presenza di boschi sacri e delle
norme che ne regolavano la conduzione sono i due famosi cippi rin-
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venuti ai margini settentrionali del territorio spoletino dall’archeologo
Giuseppe Sordini (1853-1914). I due cippi, come è noto, riportano
in lingua latina arcaica e in due versioni, tra loro molto simili, il testo
di una legge promulgata per difendere da manomissioni i boschi
sacri dedicati a Giove. La trascrizione della legge su un cippo di pietra apposto verticalmente sul limitare del bosco la rendeva di pubblica conoscenza, scongiurando la profanazione del luogo sacro.
Entrambi i cippi, oggi esposti nel Museo Archeologico di Spoleto,
sono semplici parallelepipedi di calcare rosato di provenienza locale. L’iscrizione occupa entrambi i lati principali e nel cippo A le lettere terminali di alcune righe risvoltano anche sui lati brevi. Il cippo A
venne rinvenuto murato in una proprietà dello stesso Sordini, ubicata in località San Quirico, sui colli a NW di Spoleto. Il cippo B fu scoperto, sempre dal Sordini, nel 1913, murato nella parte superiore
dell’antica chiesa di Santo Stefano delle Picciche. Per le caratteristiche epigrafiche e glottologiche le iscrizioni sono riferibili alla seconda metà del III sec. a.C. In ogni caso devono essere collocate dopo
il 241 a.C., anno in cui nel sito dell’antico centro umbro i Romani fondarono la colonia di diritto latino di Spoletium.
In entrambe le iscrizioni la tutela del bosco è affidata ad un magistrato incaricato di vigilare sui sacrifici di espiazione e di riscuotere le
multe previste dalla legge per i trasgressori. Il magistrato (dicator) è
probabilmente uno dei due praetores che costituivano le massime
autorità della colonia e che avevano dedicato il bosco alla divinità.
La dedica di boschi sacri sulle pendici montane intorno a Spoleto
entro pochi anni dalla fondazione della colonia è da mettere certamente in rapporto con il progetto generale di pianificazione territoriale e di ripartizione agraria della piana coltivabile, effettuato contestualmente alla fondazione della colonia.
La piana spoletina, già sede di un grande bacino lacustre in età pliocenica, è particolarmente ricca di acque che defluiscono nel torrente Marroggia e nei suoi affluenti. Per l’elevato apporto detritico di
questi torrenti la piana tende all’impaludamento qualora non si inter-
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venga con una oculata gestione della copertura boschiva delle pendici montane e con opere di bonifica e di regimazione delle acque.
Lo scrittore latino Cassiodoro riferisce di un intervento di bonifica
promosso dal re ostrogoto Teodorico (inizi del VI secolo), intervento che viene tradizionalmente localizzato a Madonna di Lugo dove,
al centro di una depressione, è un piccolo stagno perfettamente circolare con un canale di deflusso che corre in parte sotterraneo, in
una conduttura coperta a volta.
L’assetto idrografico della piana spoletina fu chiaramente percepito
dai Romani i quali con la fondazione della colonia nel 241 a.C., intesero sfruttare al meglio le risorse agricole offerte da questo territorio
e provvidero pertanto a pianificarne lucidamente la gestione.
Attraverso le tracce residue individuabili ancora oggi nelle suddivisioni dei campi è possibile riconoscere il vasto progetto di assegnazione ai coloni del territorio acquisito, che venne suddiviso in poderi di dimensioni regolari e prestabilite. La suddivisione fu basata su
alcuni assi principali, regolari e paralleli individuabili come decumani, orientati NE/SW e scanditi da serie di assi ortogonali, definiti in
maniera meno sistematica. Il progetto unitario e omogeneo di pianificazione risulta esteso da Poreta (al limite NE) a Santo Chiodo (al
limite SW) per una lunghezza complessiva di quasi 10 km.
L’orientamento fu dettato dalla scelta ottimale delle linee di pendenza per assicurare il migliore deflusso delle acque, individuando al
contempo l’impostazione progettuale che meglio si adattava alla
conformazione del territorio da suddividere. La suddivisione sembra
rispondere a quella definita dagli autori latini per strigas et scamna,
dove le partizioni dei campi non sono segnate da strade, muri ecc.,
ma con rigores, linee ideali congiungenti i cippi confinari, destinate
per ciò stesso a conservarsi meno nel tempo. Le partizioni ancora
leggibili corrispondono a multipli di 70,96 m, corrispondenti a 2
actus, la misura base delle partizioni agrarie romane, e rappresentano quindi multipli del singolo podere assegnato, che era di 4 actus
quadrati, cioè di 1 heredium (pari a 0,504 ettari). L’asse principale
del progetto, probabilmente il decumanus maximus, sembra
77
potersi individuare nella lunga strada rettilinea che da Poreta giunge
presso San Giacomo, al quale corrisponde, al limite Sud del progetto, un asse parallelo che dalla sponda sinistra del torrente Tessino si
incunea nella valle del Marroggia e arriva fino alla vecchia fermata ferroviaria di Morgnano. Questo progetto di suddivisione agraria non
tenne conto del ventaglio di percorsi stradali, di origine preromana,
che si dipartivano da Spoleto, ma si sovrappose ad essi e la definizione dei limiti dei poderi assegnati ne fu condizionata in minima
parte. Solo nel settore a Nord di Protte e a Ovest del lungo rettifilo
della Flaminia antica, che da Spoleto muove in direzione Nord, le
partizioni dei campi, scandite da strade in senso Est/Ovest, sembrano presupporre l’esistenza di questo tracciato.
La suddivisione agraria si materializzò sul terreno sia nei limiti dei
poderi assegnati, sia nelle necessarie strade di distribuzione e di
accesso, alcune delle quali ancora in uso, orlate di lunghi filari di
splendide querce che costituiscono il tratto caratteristico della campagna spoletina.
78
SICILIA
L
a Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana, nata nel 2004, è
un caso unico in Italia ed è stata creata sul modello della Ephoria
Archeologica greca, il solo esempio esistente in Europa. Ma la
Soprintendenza del Mare non è stata destinata ad occuparsi unicamente degli aspetti archeologici: temi come l’ambiente e l’antropologia
legati al patrimonio culturale marino siciliano sono obiettivi di ricerca
assolutamente nuovi, che la pongono in una situazione di primato europeo. I suoi compiti istituzionali sono di ricerca, protezione e valorizzazione del patrimonio sommerso della Sicilia: oltre ai reperti archeologici, sono oggetto di studio rotte e commerci antichi e moderni, riti e credenze, superstizioni e mestieri del mare, paesaggi costieri e sottomarini. La Soprintendenza è costituita da operatori subacquei, archeologi,
etnoantropologi, naturalisti, ingegneri, architetti, geologi, ricercatori
bibliografici, geometri, fotografi e video-operatori, informatici e disegnatori, ed ha già effettuato numerose ricerche recuperando reperti di
epoche diverse, ed istituendo aree protette in situ. Uno dei primi progetti è il “Progetto Egadi”, ideato con lo scopo di raggiungere un
importante risultato scientifico: la ricerca e lo studio delle navi partecipanti alla battaglia delle Egadi (241 a.C.) durante la 1° guerra punica.
L’esplorazione dei siti, realizzata con sommozzatori ed altre tecnologie
d’avanguardia – ROV, Side Scan Sonar, Multibeam, Sub Bottom Profiler
– ha permesso di ottenere dati per la ricerca scientifica utili anche per
l’istituzione di itinerari subacquei guidati. A nord di Capo Grosso a
Levanzo è stato individuato il luogo dove le navi romane sferrarono l’attacco finale contro la flotta cartaginese: numerose ancore giacciono
nella loro posizione originale e costituiscono un interessante itinerario
sottomarino guidato. Poco distante un altro percorso guidato è disponibile a Cala Minnola, dove si si può visitare un antico relitto con il suo
carico di anfore. Qui è stato installato il primo sistema di telecontrollo: i turisti che non si immergono possono effettuare una visita virtuale
grazie ad un sistema di telecamere che trasmettono le immagini dal
fondo del mare sullo schermo situato presso il Comune di Favignana.
Assessorato Beni Culturali e Ambientali e P.I.
Angela Accardi
Dipartimento Beni Culturali ed E.P - Soprintendenza del mare
Nasce dal mare una nuova Soprintendenza
Soprintendenza del mare
Soprintendente
Sebastiano Tusa
Palazzetto Mirto
Via Lungarini, 9
90133 Palermo
Tel. 091 455142
Fax 091 6230821
[email protected]
79
A Pantelleria, nella Cala Gadir, è stato installato un altro sistema di telecontrollo sul percorso archeologico: le telecamere mobili mandano le
immagini ad un sito Internet dedicato, ed un più vasto pubblico,
comodamente seduto davanti al proprio PC, può effettuare la visita virtuale 24 ore su 24. Altri itinerari subacquei sono stati realizzati lungo
le coste della Sicilia e nelle isole minori, e delle apposite guide plastificate sono state realizzate per guidare i subacquei sui siti. L’attività
culturale della Soprintendenza prevede la partecipazione alle più
importanti esposizioni nazionali ed internazionali nei settori dell’archeologia e delle attività subacquee, e l’organizzazione di conferenze, seminari e workshops. Due importanti conferenze, organizzate a Palermo e Siracusa nel 2001 e nel 2003, hanno contribuito al
dibattito sulla Convenzione UNESCO per la Protezione del
Patrimonio culturale sottomarino del Mediterraneo, firmata a Parigi nel
novembre 2001. Nel quadro della protezione del patrimonio culturale mediterraneo, è stata avviata una campagna di ricerca archeologica in Libia, nelle acque di Ras al Hilal, dove è stato rinvenuto il relitto di una fregata veneziana armata di 31 cannoni perduta durante la
guerra di successione di Spagna (1702); in Turchia è iniziato lo studio del porto sommerso dell’antica città greca di Kyme Eolica. Il
programma didattico della Soprintendenza si realizza in corsi di formazione destinati ai professori ed ai loro alunni su temi archeologici ed
antropologici. Gli archeologi spiegano la storia e le tecniche dell’archeologia subacquea, poi le classi partecipano alla simulazione di un cantiere sottomarino allestito in acque protette. Guardando il fondo del
mare dalla barca attraverso batiscopio i ragazzi assistono alle varie fasi
dello scavo, oppure direttamente dalla superficie del mare – con
opportuna assistenza e la protezione di muta, maschera e pinne – vivono un’esperienza diretta osservando il lavoro dei subacquei. Il corso
antropologico prevede invece la partecipazione delle classi a laboratori di mestieri tradizionali del mare: decorazione di barche da
pesca, fabbricazione di corde, cerimonie, riti e credenze dei pescatori e dei marinai. Una maniera semplice ed efficace di insegnare alle
nuove generazioni la conoscenza, il rispetto e la salvaguardia del
patrimonio culturale sottomarino della Sicilia. Campi-scuola di
archeologia subacquea sono inoltre organizzati annualmente a livello universitario per studenti e laureati, che sono ammessi a partecipare a scavi selezionati (Pantelleria Scauri, Ustica, S.Vito Lo Capo).
80
VALLE D’AOSTA
I cantieri archeologici nella città di Aosta:
tutela e valorizzazione
Alessia Favre
Soprintendenza per i Beni e le attività Culturali
Direzione restauro e valorizzazione
ell’ambito della attività istituzionali di tutela e valorizzazione del
Dipartimento Soprintendenza per i beni e le attività culturali,
sono stati programmati i lavori di indagini archeologiche su due piazze cittadine di Aosta, Piazza Giovanni XXIII e Piazza Roncas. Le indagini attualmente in corso, suddivise in lotti successivi secondo una
programmazione pluriennale e finalizzate alla ricerca scientifica,
hanno permesso di documentare e ricostruire i processi formativi dei
depositi archeologici stratificati che dall’epoca romana giungono
fino ai giorni nostri, confermando che l’importanza del contesto
urbano si è mantenuta inalterata nel corso dei secoli. L’area corrispondente all’attuale Piazza Giovanni XXIII infatti si connotava in
epoca romana come parte integrante del complesso forense di
Augusta Praetoria, fulcro della vita della città antica, e si è successivamente trasformata in area funzionale al principale edificio di culto
cristiano della città, il complesso episcopale. A poche centinaia di
metri di distanza si trova Piazza Roncas, sede di una della porte urbiche che in epoca romana davano accesso alla colonia. Va sottolineato che oltre alla finalità principale della tutela, gli interventi in questione si pongono anche l’obbiettivo di acquisire i dati necessari a formulare un progetto di riqualificazione urbanistica completo ed esaustivo che tenga conto delle testimonianze archeologiche presenti nel
sottosuolo e dell’importanza storica delle due piazze, finalizzato alla
valorizzazione e alla promozione turistico-culturale dell’intera zona
cittadina. L’archeologia si delinea quindi quale risorsa al servizio dei
cittadini, forma di conoscenza e tutela del proprio patrimonio culturale, necessaria per giungere successivamente alla valorizzazione e
alla fruizione pubblica. In quest’ottica di pensiero, all’interno di un
più articolato discorso sulla necessità di dialogo tra tutela e valorizzazione, sono stati proposti dalla Direzione restauro e valorizzazione, nell’estate 2007, i cosiddetti cantieri evento, iniziativa finalizzata
a favorire la presa di coscienza da parte della cittadinanza dell’attivi-
Assessorato Istruzione e Cultura
N
Direzione restauro
e valorizzazione
Direttore
Gaetano De Gattis
Piazza Roncas, 12
11100 Aosta
Tel. 0165 275904
Fax 0165 275948
[email protected]
Soprintendenza
per i Beni e le Attività Culturali
Soprintendente
Roberto Domaine
Piazza Narbonne, 3
11100 Aosta
Tel. 0165 272708
Fax 0165 272666
[email protected]
81
Ideazione e coordinamento
del progetto:
Gaetano De Gattis
Alessia Favre
82
tà svolta dalla Soprintendenza e a ingenerare spunti di riflessione nei
confronti di una tematica, finora oggettivamente poco conosciuta ai
non addetti ai lavori, come quella dei beni archeologici. Entrando
nello specifico del progetto il cantiere archeologico di piazza
Roncas è stato reso fruibile attraverso un percorso di visita sicuro
dove un gruppo di archeologi, gli stessi incaricati delle attività di
ricerca, ha fornito ai visitatori, con l’aiuto di un apparato divulgativo
predisposto in loco, costituito da pannelli didattici, gli strumenti per
comprendere la metodologia propria dell’indagine archeologica,
con particolare riferimento allo scavo eseguito in contesto urbano e
illustrato quanto emerso dalle indagini archeologiche in corso. Nella
seconda piazza invece è stata proposta una performance teatrale,
che rivisitando un’opera della tradizione classica, il Simposio di
Platone, ha visto coinvolti giovani artisti locali di differente formazione ed esperienza nell’intento di valorizzare il patrimonio letterario e
archeologico attraverso l’interazione di teatro, immagini e musica nel
contesto dello scavo archeologico. Entrambe le attività sono state
condotte per un fine settimana (2 giorni) e hanno registrato la presenza di circa 2000 persone in ogni sito. Questa iniziativa risulta particolarmente adatta a testimoniare la possibilità di fruizione turistica del
patrimonio archeologico, in modo ancora più particolare trattandosi,
nel caso specifico di patrimonio archeologico in corso di studio.
Azzardiamo il termine di fruizione in corso d’opera. Questo progetto testimonia come le due attività proprie di una Soprintendenza
archeologica, la tutela e la valorizzazione, possano coesistere in termini non reciprocamente limitativi, ma assolutamente complementari, l’una rivolta alla tutela in ambito conservativo, l’altra finalizzata ad
una fruizione pubblica più consapevole ed allargata del patrimonio
culturale. Senza dimenticare che la mission della Soprintendenza è la
tutela, si è resa la popolazione partecipe delle operazioni scientifiche svolte, comunicando ciò che l’istituzione sta facendo. Nella consapevolezza che uno scavo in contesto urbano è il più delle volte
inteso dalla comunità come dispendioso e inutile ai fini del pubblico godimento, si sono forniti gli strumenti culturali per comprendere non solo le logiche che portano dalla tutela alla valorizzazione, ma
l’importanza del paesaggio nascosto. Il cantiere evento garantisce il
dialogo con la maggior parte dei cittadini con i quali altrimenti un dialogo non sarebbe possibile. Fruire un sito archeologico permette alla
comunità di riappropriarsi di un passato nascosto, fruire un sito in
corso d’opera garantisce al pubblico di sentirsi parte in causa nei lenti
processi di tutela del bene culturale. Allora la diffidenza di trasforma
in voglia di sapere e la voglia di sapere in consapevolezza dell’unicità
e irriproducibilità del proprio patrimonio. La tutela diventa indiretta e
dialoga con la valorizzazione. Ecco perché attività di tipo divulgativo
(supporti didattici, visite guidate, fino a giungere a performance teatrali e allestimenti divulgativi e ricostruzioni virtuali) sebbene comportino sforzi economici notevoli, rientrano nei compiti degli istituti
culturali: la diffusione della cultura è un obbligo etico oltre che istituzionale.
Iter progettuale per il Sito Archeologico
di Tusculum
Il Restauro come Finalità e Metodo
Il restauro del paesaggio ripercorre le fasi e le ritmiche colturali avvicendatesi nel tempo (analisi catastale) ricomponendo l’identità dei
luoghi nelle epoche (verde antropico e verde naturale).
La reintegrazione deve essere minimale, ma riconoscibile e con il
rispetto dei valori coloristico, formale (trame e tessiture), dimensionale (portamento) e di caratterizzazione dei luoghi.
Iter progettuale
L’ elemento ordinatore
Esemplifica l’effetto antropico sul paesaggio, ma dove il luogo conserva la sua caratteristica di naturalità, si deve lasciare che la natura
irrompa generando un proprio ordine apparentemente casuale ma
dominante. In presenza dei ruderi, la natura si frammenta e ne evoca
la caducità, mentre per contro, il rudero accoglie in se la natura e
confluisce in essa.
Università di Roma “La Sapienza”
Facoltà di Architettura “Ludovico Quaroni”
Maria Elena Marani
Finalità
Il restauro del paesaggio di Tusculum è proposto con:
l’individuazione del perimetro del parco, la localizzazione di accessi, percorsi e punti panoramici; nonché visioni ed immagini esemplificative dell’assetto e delle sistemazione delle aree verdi.
Sviluppo
Lettura del paesaggio: si articola su un arco temporale che va dal
1818 allo stato attuale, abbracciando le analisi catastale, paesaggistica ed archeologica.
Sintesi
Studio del paesaggio fisiografico suddiviso in: inquadramenti elementari di paesaggio, sue unità elementari e zone di omogeneità.
Studio della realtà percettiva del territorio, storicamente riguardate.
Il tutto fra il 1818 e lo stato attuale.
Tesi di laurea del corso
di Restauro dei Monumenti
Prof. Paolo Francelli
83
METODI
Aspetto archeologico
Esso s’incentra sull’impatto indotto sul rudero e proponendone la conservazione sia delle rovine sia dei siti su cui queste insistono; il “Parco
archeologico” ha l’estensione di quasi 70 ettari; cronologicamente
abbraccia gli anni dal 1500 al 1994. Si segnalano: 1500 - A. da Sangallo
il Giovane; 1800 - L. Bonaparte; 1825 - L. Biondi e successivamente L.
Canina; 1859 - Campana; 1867 1887 - ancora il Canina; 1900 - F. Grossi
Gondi, Th. Ashby, T. Garnier, L. Reina; 1930 - G. Tomassetti e Mac
Gracken; 1952/1957 - M.Borda; 1994 - La Scuola Spagnola.
Aspetto naturalistico
Aspetto geo-morfologico e geognostico
L’aspetto tuscolano è la risultante della vegetazione dei Colli Albani,
delle sue ville storiche e della morfologia del vulcanismo laziale.
Aspetti idrologeologici
L’idrologia è distinguibile per aree: l’area orientale (l’Aniene); i fossi
dell’apparato laziale.
Aspetto antropico
Antiche colture agricole ed agresti; residui di privilegi storici e
medievali; piccole proprietà.
Le specie vegetali caratteristiche del paesaggio sono: essenze indigene di valore ornamentale;
essenze di frutto di valore ornamentale; essenze acclimatate nel paesaggio agrario ed urbano;
essenze allogene (etniche) di valore ornamentale.
Cartografia ed elaborati grafici
Analisi catastale dal 1818 allo stato attuale (proprietà, costruito, frazionamenti, contrade, colture).
Analisi paesaggistica (alternanza delle stagioni dal 1818 all’attualità).
Analisi archeologica (aspetti storici del sito archeologico; carta
archeologica; tavola della percezione visiva e cioè individuazione
dello skyline del sito archeologico, in relazione agli scavi ed all’incuria).
Tavola sull’antico percorso dell’acqua e tavola comparativa con altri
siti archeologici.
84
Vincoli
Vincoli archeologici (ex lege 1089/39); vincoli paesistico/ambientali
(ex lege 1497/39); vincoli paesistico ambientali (ai sensi del D.M. di
Galassini 219/84); vincoli conservativi sul patrimonio castellano del
Lazio (ai sensi della L.R. 68/83).
Piano Territoriale Paesistico (ex lege 431/85), suddiviso in: tutela integrale per paesaggi; tutela orientata per zone degradate; tutela paesaggistica per il tessuto agrario; tutela limitata (processi di urbanizzazione).
Proposte progettuali
Delimitazione del perimetro del “Parco archeologico” e delle aree
contigue. Localizzazione accessi e punti singolari panoramici. Visioni
ed esempi di immagini. Sistemazione delle aree verdi.
Nell’elaborazione delle proposte progettuali per il restauro del paesaggio, va tenuto presente che l’“elemento ordinatore” è legato
all’impronta antropica concretatasi sul sito da restaurare, quindi, è
connesso al momento storico nel quale la proposta viene formulata,
ma anche alla percezione che il progettista coglie dai fatti reali e che
egli traduce nelle sue proposte. Nel caso di Tusculum, si persegue
la linea guida del “minimo intervento”, enfatizzato attraverso l’elemento vegetale, che disegna una trama più o meno fitta, adagiata
sulla morfologia dei luoghi alternanti crinali e gole. Il progetto ripropone in parte la ritmica colturale storica, ma prevede anche l’introduzione di nuovi allineamenti vegetali e artificiali evocativi del connubio fra rudero e natura, legame frammentato dall’alterno predominio
reciproco. Essenziale è la ricucitura dei margini e la valorizzazione
delle radure, nonché il tracciamento di corridoi naturali e di direttrici che individuano i singoli siti archeologici all’interno del bosco. Gli
allineamenti vegetali confluiscono, a partire dal percorso di crinale
sviluppato sull’area archeologica, su panoramici belvedere aperti su
visuali che si stagliano all’orizzonte.
85
CCTPC
Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale
I
Comandante
Gen. Giovanni Nistri
Piazza Sant’Ignazio, 152
00186 Roma
Tel. 06 6920301
Fax 06 69203069
www.carabinieri.it
[email protected]
86
l Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale è stato istituito nel
1969, precedendo in tal modo di un anno la Convenzione UNESCO
di Parigi del 1970, con la quale si invitavano tra l’altro gli Stati Membri
ad adottare le opportune misure per impedire l’acquisizione di beni
illecitamente esportati e favorire il recupero di quelli trafugati, nonché a istituire uno specifico servizio a ciò finalizzato.
Il Comando, inserito funzionalmente nell’ambito del Ministero per i
Beni e le Attività Culturali, svolge compiti concernenti la sicurezza e la
salvaguardia del patrimonio culturale nazionale, attraverso la prevenzione e la repressione delle connesse, molteplici attività delittuose.
Il particolare settore di tutela è un comparto di specialità che è stato
affidato all’Arma con Decreto del Ministero dell’Interno del 12 febbraio 1992; con successivo decreto del 28 aprile 2006, il medesimo
Dicastero ha confermato il ruolo di preminenza attribuito all’Arma,
con ciò individuando il Comando CC T.P.C. quale polo di gravitazione informativa e di analisi a favore di tutte le Forze di Polizia.
Il Comando è composto da circa 300 militari che hanno una preparazione specializzata acquisita attraverso la frequenza di appositi
corsi in “Tutela del Patrimonio Culturale”, organizzati periodicamente
dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
L’attuale articolazione prevede a livello centrale un Ufficio Comando,
organo di staff, un Reparto Operativo per le indagini di polizia giudiziaria (a sua volta suddiviso nelle sezioni Antiquariato, Archeologia,
Falsificazione e Arte Contemporanea) e a livello territoriale in 12
nuclei con competenza regionale o interregionale, ubicati a Bari,
Bologna, Cosenza, Firenze, Genova, Monza, Napoli, Palermo, Sassari,
Torino, Venezia ed Ancona.
Reparto
Indirizzo
Telefono/Fax
Comando CC
TPC Roma
Roma
Piazza di
Sant’Ignazio, 152
Tel.06.6920301 [email protected]
Fax 06.69203069
Reparto CC TPC Roma,
Roma
Via Anicia, 24
e-mail
Tel.06.585631
[email protected]
Fax 06.58563200
Competenze
territoriali
Lazio
Abruzzo
Nucleo CC TPC Torino,
Tel.011.5215636 [email protected] Piemonte
Torino
Via XX Settembre, 88 Fax 011.5170000
Valle D’Aosta
Nucleo CC TPC Monza,
Monza
Via Brianza, 2
Tel.039.2303997 [email protected] Lombardia
Fax 039.2304606
Nucleo CC TPC Venezia
Venezia
P.zza S. Marco, 63
Tel.041.5222054 [email protected] Veneto
Fax 041.5222475
Trentino A.A.
F.V.Giulia
Nucleo CC TPC Genova,
Genova
Via S. Chiara, 8
Tel.010.5955488 [email protected] Liguria
Fax 010.5954841
Nucleo CC TPC Bologna,
Bologna
Via Castiglione, 7
Tel.051.261385
Fax 051.230961
Nucleo CC TPC Ancona,
Ancona
Via Pio II
Pal. Bonarelli
Tel.071/201322 [email protected] Marche
Fax 071/2076959
[email protected] Emilia
Romagna
Nucleo CC TPC Firenze,
Firenze
Via Romana, 37/a
Tel.055.295330
Fax.055.295359
[email protected]
Toscana
Umbria
Nucleo CC TPC Napoli,
Tel.081.5568291 [email protected] Campania
Napoli
Via Tito Angelici, 20 Fax.081.5784274
Nucleo CC TPC Bari,
Bari
P.zza Federico II, 2
Tel.080.5213038 [email protected] Puglia
Fax.080.5218244
Molise
Basilicata
Nucleo CC TPC Cosenza,
Cosenza
Via Colletriglio, 4
Tel.0984.795548 [email protected] Calabria
Fax.0984.784161
Nucleo CC TPC Palermo,
Tel.091.422825
Palermo
C.so Calatafimi, 213 Fax.091.422452
Nucleo CC TPC Sassari,
Sassari
Strada Prov.le La
Crucca, 3
[email protected] Sicilia
Tel.079.3961005 [email protected]
Fax.079.395654
Sardegna
Il Comando CC TPC espleta i suoi compiti per la protezione e la salvaguardia del patrimonio culturale attraverso la predisposizione di
peculiari attività preventive e repressive. Le stesse possono riassumersi in:
- prevenzione dei reati contro il patrimonio culturale;
- attività investigativa specialistica;
- recupero di beni culturali e oggetti d’arte;
- gestione della Banca Dati dei beni culturali illecitamente sottratti
(art.85 D.Lgs. 42/2004);
- consulenza specialistica a favore del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e dei suoi organi territoriali.
L’attività operativa consiste principalmente nel:
- individuare i responsabili dei reati concernenti beni culturali (principalmente furti, ricettazioni, scavi archeologici illegali, falsificazioni) e deferirli all’Autorità Giudiziaria;
- recuperare i beni culturali sottratti o esportati illecitamente dal territorio nazionale, estendendone le ricerche anche all’estero, nei
limiti stabiliti dalle differenti convenzioni e nell’ambito della cooperazione giudiziaria tra gli Stati, attraverso i Ministeri degli Affari
Esteri e della Giustizia, nonché attraverso l’INTERPOL, con le Forze
di Polizia delle altre Nazioni;
- collaborare nella repressione di violazioni alle norme di tutela paesaggistica;
- effettuare controlli in occasione di mostre, mercati d’antiquariato,
sui cataloghi delle più importanti case d’asta, anche on-line, nonché presso antiquari, nei laboratori dei restauratori e degli altri operatori del settore;
- svolgere servizi finalizzati alla prevenzione dei reati in aree archeologiche particolarmente sensibili, anche in cooperazione con il
Raggruppamento Elicotteri, le pattuglie a cavallo ed altri mezzi
dell’Arma dei Carabinieri.
Il Comando CC TPC conduce attività all’estero, non solo nell’ambito
della cooperazione internazionale di polizia, ma anche per:
87
- supporto specialistico a operazioni di Peace-Keeping, come in
Iraq dal 2003 al 2006;
- attività di formazione di operatori di polizia e delle dogane di Stati
che lo richiedano;
- consulenza al Ministero per i Beni e le Attività Culturali per le attività volte alla restituzione di reperti archeologici appartenenti al patrimonio nazionale ed esposti in Musei e collezioni private stranieri.
Sin dagli anni ’80, il Comando si avvale di un potente strumento di
ausilio alle indagini di polizia giudiziaria: la “Banca Dati dei beni culturali illecitamente sottratti”, prevista da ultimo dall’art. 85 del
Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, che contiene informazioni sui beni da ricercare di provenienza sia italiana sia estera ed informazioni circa gli eventi delittuosi collegati: in essa sono informatizzati oltre 118.000 eventi, oltre 2.870.000 oggetti, con oltre 318.000
immagini.
Essa costituisce, grazie anche all’utilizzo di sofisticata tecnologia
informatica, punto di riferimento per tutta l’Arma e per le altre Forze
di Polizia italiane ed estere e consente, tra l’altro, di compiere una
attenta analisi del fenomeno “furti delle opere d’arte”, così come di
altre tipologie delittuose, fornendo indicazioni specifiche idonee ad
indirizzare con maggiore precisione l’attività preventiva e investigativa dei vari reparti.
La stessa, alimentata giornalmente:
- è strutturata in moduli che consentono da un lato, l’inserimento e la
ricerca di eventi, persone, oggetti e le loro relazioni, dall’altro l’elaborazione di statistiche;
- impostata su interfaccia WEB e supporto multilingua, consente
modalità di ricerca visuale e capacità di georeferenziazione degli
eventi;
- interagisce in tempo reale con palmari e personal computer portatili, agevolando la redazione di rapporti/schede sul luogo dell’intervento e la consultazione e l’alimentazione diretta.
Per quanto attiene specificatamente alla funzione di comparazione
delle immagini, un software di indicizzazione le analizza assegnando loro un’“impronta” sulla base di definite informazioni, quali il
colore, il contrasto, la forma e la trama.
Relativamente alla georeferenziazione degli eventi, un apposito programma consente:
il posizionamento delle entità sul territorio in base al collegamento
tra dati alfanumerici e geografici, nonché l’individuazione di zone a
rischio e dei percorsi legati alla criminalità;
la rappresentazione grafica di tutte le connessioni logiche tra le
informazioni censite, integrandole con dati locali e remoti attinti per
fini investigativi e tabulati telefonici (società italiane).
Tale efficace strumento consente altresì una concreta interoperabilità
con le altre Forze di Polizia e altri Istituti, quali le Soprintendenze e
gli Uffici Esportazione, che potranno a breve consultare alcuni campi
del database e pertanto usufruire di un più ampio e specifico servi-
88
zio, e la Conferenza Episcopale Italiana (CEI), che ha concesso un
utilissimo accesso privilegiato al suo database informatizzato, a integrazione degli items inseriti nella Banca Dati del Comando.
Lo sviluppo dell’attività investigativa, l’abbattimento delle barriere
doganali nell’ambito dell’Unione Europea, nonché una sempre maggiore facilità di movimento di persone e merci a livello transnazionale, ha suggerito al Comando di utilizzare le eccezionali potenzialità
offerte dalla rete Internet per diffondere in qualsiasi parte del mondo
le informazioni relative ai beni culturali sottratti, così che da tempo
vengono monitorati i principali siti di “e-commerce” dedicati ai beni
culturali. La stessa rete è infine utilizzata per la diffusione di informazioni utili alla cittadinanza.
Il Comando cura la pubblicazione del bollettino “Arte in Ostaggio”
contenente le riproduzioni fotografiche dei più importanti beni da
ricercare, corredate dei dati necessari per l’individuazione. Distribuito
gratuitamente in Italia ed all’estero, con la venticinquesima edizione
ne è terminata la stampa, poiché, a vantaggio di un più rapido e tempestivo aggiornamento, le medesime informazioni sono ora facilmente consultabili on-line sul sito istituzionale (www.carabinieri.it), raggiungibile anche attraverso il sito del Ministero per i Beni e le Attività
Culturali. Sul sito infatti è presente un ben strutturato motore di ricerca attraverso il quale possono essere consultati circa 14.000 beni culturali di valenza artistica tra beni archeologici, dipinti, sculture, oggetti chiesastici, beni librari, estratti dalla Banca Dati del Comando.
Peraltro nello stesso database i cittadini possono accedere ad un
cospicuo elenco di immagini e di descrizioni di beni archeologici
saccheggiati durante i due conflitti bellici avvenuti negli ultimi anni in
IRAQ, oltre che avvalersi di “link” diretti sul sito UNESCO dedicato
alle “Red list” di Paesi a rischio.
Per facilitare la consultazione di tali informazioni e favorire il recupero dei beni culturali da ricercare, il data-base e le pagine web del
Comando sono in corso di duplicazione in lingua inglese, nonché è
in atto una loro ulteriore implementazione per offrire al cittadino e
alle associazioni di categoria la possibilità di consultare un sempre
maggior numero di beni culturali.
Nell’apposita sezione tematica del sito www.carabinieri.it (Beni
d’interesse culturale) sono disponibili “consigli” per orientare gli
utenti che intendano avvicinarsi al mercato dell’arte (tra cui un “decalogo” contro gli incauti acquisti di opere d’arte contemporanea,
redatto con la collaborazione della Galleria Nazionale d’Arte
Moderna) o che subiscano furti di beni culturali.
Dal sito è inoltre possibile scaricare un modulo “Documento dell’opera d’arte - Object ID” (vedasi foto) che peraltro può essere
richiesto presso qualsiasi comando dell’Arma. Compilando questa
“scheda preventiva”, ciascuno può costituirsi un archivio fotografico
89
e descrittivo dei propri beni culturali, determinante in caso di furto,
poiché ne consente l’agevole informatizzazione nella Banca Dati, in
modo da favorire la costante comparazione con quanto giornalmente sia oggetto di controllo. Un’opera rubata, infatti, se fotografata ed
adeguatamente descritta, può essere recuperata più facilmente.
Inoltre, per evitare di acquistare un bene culturale trafugato, ovvero
per conoscere l’eventuale illecita provenienza di uno posseduto, il
cittadino può richiedere al Comando o ai Nuclei dislocati sul territorio un controllo presso la Banca Dati dei beni culturali illecitamente sottratti. In caso di riscontro negativo il Comando rilascerà un’attestazione in cui è indicato che in quel momento il bene controllato
non risulta segnalato tra le opere da ricercare presenti in Banca Dati.
Un eventuale esito positivo dell’accertamento darà luogo ai dovuti
riscontri di polizia giudiziaria.
Esempio di modello
“Documento dell’opera d’arte” - Object iD
90
Call Center
N
ell’ambito delle competenze del Ministero per i Beni e le Attività
Culturali si colloca il servizio di call center atto a migliorare l’accesso alla fruizione del patrimonio culturale nazionale da parte dei cittadini italiani e stranieri nonché dei turisti in visita nel nostro Paese,
per fornire informazioni (in lingua italiana, inglese e spagnola) inerenti le attività di pertinenza del Ministero, su musei, mostre temporanee, archivi, biblioteche attraverso il numero verde 800 99 11 99.
Il Servizio è interamente affidato alla Società Omnia Network*, che
gestisce le chiamate tramite il numero verde attivo tutti i giorni, compreso i festivi, dalle 9 alle 19. L’operatore di front office, mediante la
consultazione di Banche Dati ed un costante collegamento al sito
Internet del Ministero, è in grado di fornire tutte le informazioni
richieste, ivi comprese quelle relative alla struttura organizzativa del
Ministero ed alle competenze istituzionali dello stesso.
L’operatore ha a disposizione anche un banca dati integrata curata
dal personale di back office di Omnia Network contenente le informazioni relative a manifestazioni, beni, musei, eventi di pertinenza
non statale (comunali, privati, etc.).
Nello specifico, il front office svolge:
un servizio di ricezione reclami da parte del Cittadino e di segnalazione all’Amministrazione;
un servizio di supporto all’Ufficio Relazione con il Pubblico (URP);
un servizio di supporto al Servizio II Comunicazione, promozione e
Marketing della direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e
la promozione.
un servizio di segnalazioni al Comando dei Carabinieri per la Tutela
del Patrimonio Culturale;
L’attività di back office consiste in:
attività di verifica e segnalazioni delle necessità di aggiornamento dei
dati presenti sul sito del Ministero dei Beni Culturali;
acquisizione di informazioni sulle iniziative culturali in essere su tutto
il territorio nazionale con partecipazione diretta o indiretta del
Ministero;
acquisizione di informazioni al servizio del cittadino sui principali siti
non statali mediante la creazione di un Data Base interno a favore del
Front office;
diffusione di informazioni mirate nei confronti di soggetti terzi quali
scuole, università, organismi culturali secondo valutazioni di opportunità da parte del Ministero. Tali informazioni sono fornite sul numero complessivo di 10.000 contatti annui.
A fronte delle suddette attività, vengono prodotti periodicamente
report statistici quantitativi e qualitativi, che consentono una continua
analisi e monitoraggio dei servizi resi.
*Omnia Network s.p.a., gestore del servizio, è uno dei principali
operatori italiani nel settore della progettazione, realizzazione e
gestione dei servizi di outsourcing alle imprese.
Omnia Network S.p.A
Referente
Stefania Subinaghi
Via Cristoforo Colombo, 6
20094 Corsico (MI)
Tel. 335 7742381
Fax 02 784417333
91
ALES Arte Lavoro e Servizi S.p.A è una società a capitale pubblico
partecipata dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Svolge servizi finalizzati alla conservazione, valorizzazione e fruizione dei beni culturali per strutture centrali e periferiche del MiBAC.
ALES - Arte Lavoro e Servizi S.p.A
Attiva dal 1999 ALES fornisce numerosi servizi all’interno di parchi,
aree archeologiche, musei, aree espositive, edifici e giardini storici,
biblioteche, archivi e uffici nel Lazio e nella Campania.
ALES S.p.A.
Via Cristoforo Colombo, 98
00147 Roma
Tel. 06 70450922
Fax 06 77591514
Via S. Brigida, 51
80133 Napoli
Tel. 081 7810701
Fax 081 5511518
Via Toledo, 153
80132 Napoli
Tel. 081 19562115
Fax 081 4206001
www.ales-spa.it
92
Il costante intervento sul territorio da parte di personale qualificato e
la particolare attenzione alla formazione continua dei lavoratori, ha
permesso ad ALES di imporsi come importante realtà nella progettazione e realizzazione di attività relative alla tutela e alla promozione
dei beni culturali.
ALES ha ottenuto la Certificazione di Qualità ISO 9001:2000 e l’attestazione SOA per le categorie OG1, OG2, OS24.
Esperienze significative
Manutenzione architettonica ordinaria degli edifici.
Manutenzione delle strutture archeologiche.
Manutenzione del verde.
Supporto tecnico-amministrativo agli uffici del MiBAC.
Supporto al funzionamento di biblioteche ed archivi.
Servizi per la gestione di musei ed aree archeologiche (sorveglianza,
biglietteria, accoglienza al pubblico).
Attività di monitoraggio.
Reply
L
a veloce evoluzione dei mezzi di comunicazione unita all’affermarsi di una economia digitale hanno imposto nuove modalità di
comunicazione, interazione e lavoro, fondate sulla capacità di scambiare dati ed informazioni in tempo reale con tutti gli attori coinvolti
nella catena del valore.
Reply mette al servizio della Pubblica Amministrazione le proprie
competenze sulle nuove tecnologie integrando sistemi multimediali
ed interattivi, progettando piattaforme applicative composte con
“servizi configurabili” e abilitando tecnologie di comunicazione sempre più complesse e differenziate.
Tra le più recenti attività sviluppate da da Reply in tali ambiti vi sono
il progetto Leonardo per il Comando Carabinieri Tutela del Patrimonio
Culturale e l’attuale sviluppo del nuovo portale del Ministero per i
Beni e le Attività Culturali.
Il Progetto Leonardo ha visto Reply lavorare con il Comando Generale
dell’Arma dei Carabinieri, in un processo di adeguamento tecnologico e potenziamento del sistema informatico attualmente in uso presso il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale (CCTPC), per
supportare i processi di investigazione e di pianificazione degli
interventi a salvaguardia delle opere d’arte.
Il risultato è la realizzazione di un nuovo sistema informativo,
“Leonardo”, che introduce nuove tecnologie emergenti per consentire di interagire con la banca dati in tempo reale attraverso apparecchiature di ultima generazione ed eseguire ricerche ed analisi su tutto
il patrimonio informativo raccolto in oltre venti anni di attività.
La nuova piattaforma alla base del Progetto Leonardo è dotata di una
interfaccia multilingue e rende accessibili funzionalità avanzate quali
la gestione documentale, la ricerca e l’analisi di tipo geografico e l’integrazione con un prodotto leader di mercato per l’analisi di tipo
investigativo.
Grazie al nuovo sistema informativo il personale dell’Arma, operativo
sul territorio, può interagire con la banca dati in tempo reale attraverso una applicazione wireless e apparecchiature di ultima generazione, come palmari e personal computer portatili.
Ciò consente, ad esempio durante una operazione di controllo, di
avere a disposizione direttamente sul posto tutte le informazioni utili
all’attività operativa, richiedendo eventualmente al sistema di verificare la lecita provenienza dell’opera d’arte a partire da una foto,
scattata sul momento con apparecchiature digitali. Inoltre, dal luogo
dell’intervento, l’operatore del Comando Carabinieri Tutela
Patrimonio Culturale può compilare un verbale su supporto elettronico e inviarlo al sistema centrale per successive operazioni di verifi ca
e analisi investigativa.
A livello centrale, ogni informazione inviata dal luogo dell’intervento
da parte dei Carabinieri, o proveniente da segnalazioni di altre Forze
di Polizia, è sotto il controllo della Sezione Elaborazione Dati del
Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale.
Qui personale altamente specializzato, utilizzando un complesso
software di classificazione (basato su un database iconografico), cura
www.reply.it
Corso Francia, 110
10143 Torino
Tel. 011 7711594
Fax 0117495416
[email protected]
www.reply.it
93
l’inserimento di ogni caratteristica peculiare del bene artistico di interesse, come ad esempio la sua tipologia (dipinto, scultura, libro antico, ecc...), il soggetto raffigurato, gli autori, i materiali e la tecnica di
esecuzione. Tali informazioni vengono ulteriormente arricchite attraverso la consultazione di banche dati esterne, integrate nel sistema.
Il punto di forza del nuovo sistema si esprime nelle evolute capacità
di ricerca, in grado non soltanto di verifi care e ritrovare termini lessicali utilizzati per la descrizione dell’opera, ma anche di confrontare
“immagini” o porzioni di immagini sulla base delle sue caratteristiche
grafi che, nonché di utilizzare come chiavi di ricerca “concetti” contenuti nel contesto da ricercare.
Il Portale Cultura Italia, principale punto di riferimento per la comunicazione sul canale Internet in ambito di Beni Culturali, vede Reply
impegnata come il partner scelto dell’Amministrazione con la
responsabilità tecnica e grafica della soluzione.
Il portale, online a partire dalla fine del 2007, renderà disponibili
contenuti informativi ricercabili sia per area geografica sia per tematica: archeologia, architettura e monumenti, arti visive, design, cinema e multimedia, musica, spettacoli, tradizioni e folclore, cultura e
scienze umane, cultura scientifica, formazione e ricerca, biblioteche,
letteratura, archivi, mostre e musei.
Tramite questo nuovo punto di contatto il Ministero per i Beni e le
Attività Culturali renderà disponibile, ai citttadini, un gran numero di
servizi tra cui: accesso all’indice delle risorse in ambito dei Beni
Culturali, forum tematici, newsletter, piattaforma di e-commerce,
indice dei monumenti.
Il portale, grazie alla ricchezza di informazioni contenute e alla facilità di navigazione svolgerà inoltre un importante ruolo per la promozione turistica di località di interesse culturale grazie alla possibilità
di costruire “viste digitali” di percorsi ed itinerari personalizzati.
94
A
L’attività: progettare l’uso efficace della luce.
La missione de iGuzzini non è solo quella di produrre apparecchi di
illuminazione al massimo livello di qualità, ma anche di studiare,
capire, far capire la luce e renderne migliore l’integrazione con l’architettura, attraverso l’industrial design. Un’attività produttiva fondata, nel corso degli anni, su investimenti in ricerca, sull’innovazione
tecnologico-produttiva, sulla collaborazione con prestigiosi designer ed architetti internazionali come Luigi Massoni, Giò Ponti,
Rodolfo Bonetto prima, Bruno Gecchelin, Renzo Piano, Gae Aulenti,
Piero Castiglioni, Lord Norman Foster, Massimiliano Fuksas poi.
Gli apparecchi iGuzzini trovano applicazione in vari settori: arredo
urbano, musei, spazi commerciali, alberghi. Nel mondo sono illuminati da apparecchi iGuzzini: il Beaubourg di Parigi, il Museo della
Galleria Borghese e il nuovo Palazzo delle Esposizioni a Roma, il
Museo Egizio di Torino, il Tempio di Luxor in Egitto, il Museo
dell’Ermitage e la Chiesa della Resurrezione a San Pietroburgo, il
Museo de Bellas Artes a L’Havana, l’Oriental Arts Centre di Shanghai,
la nuova sede della National Assembly for Wales nel Galles, il Centro
Design della Mercedes di Stoccarda, la nuova sede della Triennale
Bovisa, di Milano. Nel 1997 la iGuzzini ha adottato, come prima
azienda privata, il Museo della Galleria Borghese a Roma nel quadro
della Convenzione Veltroni-Fossa. La stessa procedura è stata utilizzata anche per il Beaubourg di Parigi. Numerosi i premi assegnati
all’azienda, dal Compasso d’Oro 1989 all’apparecchio Shuttle di
Bruno Gecchelin, a quello del 1991 assegnato al Gruppo Guzzini
“per aver sviluppato nel tempo una filosofia progettuale e produttiva
di grande coerenza in cui la cultura del Design ha rappresentato un
comune denominatore ed un elemento di distinzione” al Compasso
d’Oro 1998 al prodotto Nuvola di Piano Design Workshop, fino al
recentissimo Premio iF promosso dall’International Forum Design di
Hannover, ai prodotti Glim Cube (design Piero Castiglioni), i24
(design Piano Design) e Radial (design Foster & Partners).
Nel 1998 la iGuzzini ha ricevuto il Premio Guggenheim quale riconoscimento al suo costante impegno nel campo della cultura.
iGuzzini illuminazione SpA
ppartenente alla Finanziaria Fimag, a cui fanno capo le aziende
del Gruppo Guzzini (Teuco Guzzini, F.lli Guzzini), la iGuzzini
illuminazione è nata nel 1958. Ha 17 agenzie commerciali in Italia, 11
filiali, in Germania, Francia, Spagna, Regno Unito, Norvegia, Svizzera,
Danimarca, Benelux, Cina, Singapore, Hong Kong, e distributori
esclusivi in tutti i paesi del mondo. Nel 1995 è stato creato il centro
Studi e Ricerca la cui attività vuole contribuire al dibattito culturale
approfondendo molteplici aspetti della luce; sia quelli inerenti la sua
natura di fenomeno fisico, sia quelli ancor più vasti e complessi che
sono alla base della percezione umana. La iGuzzini, azienda certificata ISO 9001, è oggi la prima azienda italiana del settore illuminotecnico e si colloca fra le prime 5 aziende europee. Il suo fatturato
consolidato del 2006 è stato di 197,3 milioni di euro. Il numero dei
dipendenti è pari a 1.039 unità.
Contact | Italy
iGuzzini illuminazione SpA
Via Mariano Guzzini, 37
62019 Recanati (MC)
Italy
Tel. +39 071 758 81
Fax +39 071 758 82 95
Video +39 071 758 84 35
[email protected]
www.iguzzini.com
95
BBS software Srl
BBS software s.r.l.
Via del Bettolino, 3
25050 Paderno Franciacorta (BR)
www.bbsitalia.com
www.companytv.it
96
BBS Software ha realizzato il progetto Company TV, una innovativa
televisione d’attesa in grado di fornire informazioni TV on demand
grazie all’utilizzo di codici a barre.
Questa tecnologia, realizzata nell’ambito di un progetto di ricerca
finanziato dalla Regione Lombardia, permette ad Enti ed Aziende di
fornire informazioni aggiuntive on demand a visitatori e clienti, in
modo semplice, interattivo, immediato e multilingua.
Infatti grazie al codice a barre posizionato sulla documentazione cartacea a corredo di un servizio o un prodotto, il sistema e’ in grado di
fornire tutte le informazioni necessarie per approfondire i singoli
argomenti. Grazie ad un lettore ottico e ad una pulsantiera per la
selezione della lingua, con un semplice e facile testo, l’utente puo’
facilmente interrogare il palinsesto TV per approfondire gli argomenti di suo interesse con filmati, video, immagini e testi animando la
documentazione cartacea esposta. Turismo, prodotti tipici e servizi sono i primi settori nei quali la tecnologia Company TV e’ gia’ stata
applicata con successo in oltre 190 installazioni in Italia e all’estero.
Nell’ambito dei beni culturali la tecnologia permette di costruire e
divulgare palinsesti TV sui siti archeologici, musei, monumenti e rendere fruibili in modo semplificato all’utente visitatore nella propria
lingua di consultazione tutte le informazioni disponibili sul luogo che
si sta visitando e su quelle ad esso collegate.
La forza della soluzione Company TV si manifesta nella realizzazione
di circuiti culturali nei quali più Company TV vengono posizionate
all’ingresso di siti archeologici, musei e monumenti non solo per
fornire informazioni sul luogo che si sta vistando ma su tutta l’offerta
museale dell’intero circuito, accattivando il visitatore con immagini e
filmati forniti dalla Company TV.
La realizzazione di circuiti museali Company TV permette inoltre
all’Ente di recuperare risorse finanziarie da sponsor fortemente interessati a divulgare la propria immagine attraverso questo nuovo e originale media, facilmente personalizzabile in occasione di manifestazioni ed eventi.
L’utilizzo della tecnologia Company TV permette di ridurre la quantità di carta stampata, riducendo il numero di pagine di guide e opuscoli, favorendo la fruizione dell’informazione via Company TV.
Il contenuto delle Company TV viene preconfezionato fornendo
all’Ente cliente una Company TV già riempita di contenuti nel palinsesto principale; in automatico e in totale autonomia, l’utente può
aggiornare semplicemente i singoli contenuti decidendo di inviare i
dati alla Company TV desiderata attraverso una connessione internet
ad un sistema di gestione dei contenuti fornito col sistema.
Orari, servizi aggiuntivi, informazioni sempre aggiornate: tutto questo
facilmente e in modo diretto può essere immesso dal gestore del
museo. In automatico i dati inseriti si distribuiscono sulle Company Tv
del circuito fornendo le informazioni aggiornate agli utenti.
Infine per rendere il palinsesto più accattivante ed interessante, la
tecnologia Company TV viene fornita con Notizie Ansa aggiornate
ogni ora e Previsioni meteo aggiornate quotidianamente.
Il Patrimonio Culturale italiano, unico al mondo, è costituito da beni archeologici, architettonici, archivistici,
artistici e storici, librari e paesaggistici, nonché dalle diverse attività culturali promosse dallo spettacolo dal
vivo, con riferimento al cinema, al teatro, alla musica, alla danza, allo spettacolo viaggiante e alle tradizioni
popolari.
Il MiBAC, amministra e promuove la conoscenza di questo imponente patrimonio storico, artistico e
culturale di cui è custode con l’obiettivo di salvaguardarlo e valorizzarlo.
Alla Direzione per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione, una delle novità della riforma del 2004, spetta
il compito nodale e impegnativo di attuare la modernizzazione dell’Amministrazione attraverso linee di
indirizzo e interventi operativi basati sulle più nuove e sofisticate tecnologie e su strategie di comunicazione
e marketing.
Nell’ambito di queste attività, la Direzione Generale partecipa annualmente, insieme a tutti gli Istituti centrali
e territoriali, ad una serie di manifestazioni fieristiche che sono un veicolo efficace per diffondere ad un
pubblico differenziato le attività ed i progetti più innovativi realizzati negli ultimi anni ed in corso d’opera.
Tali manifestazioni rappresentano anche un momento molto importante di incontro tra le realtà territoriali,
gli Enti locali, i settori delle imprese ed il privato.
Le fiere a cui partecipare vengono programmate in base alla tipologia delle attività istituzionali del MiBAC
– Tutela, Restauro, Comunicazione – e agli interessi di settore (Monumenti, Archivi, Biblioteche, Patrimonio
Storico-Artistico, Cinema, Teatro, Spettacoli, Paesaggio) che ogni anno si vogliono evidenziare.
Programmazione 2007
22-25 Marzo
FERRARA
Salone dell’Arte del Restauro e della Conservazione dei beni culturali
21-25 Maggio
ROMA
FORUM P.A. Forum della Pubblica Amministrazione
6-8 Novembre
BOLOGNA
COM.PA Salone Europeo della Comunicazione Pubblica dei servizi al cittadino e alle imprese
15-16 Novembre LUCCA
LU.BE.C. Digital Tecnology 2007
15-18 Novembre PAESTUM
X Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico
29 Nov-1 Dic.
VENEZIA
XI Salone dei Beni e delle attività culturali
Via del Collegio Romano, 27
00186 Roma
Direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione
Servizio II - Comunicazione, Promozione e Marketing
Unità Organica I - Comunicazione, Grandi Eventi e Manifestazioni Fieristiche
Tel. 06.6723.2851-2927 - Fax 06.6723.2358
[email protected]
URP - Ufficio Relazioni con il Pubblico
Tel. 06.6723.2980-2990 - Fax 06.6798.441
[email protected]
www.beniculturali.it
numero verde 800 99 11 99
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il paesaggio “archeologico” - Ministero dei Beni e le Attività Culturali