IL PAESAGGIO “ARCHEOLOGICO” Resti e contesti: prospettive di condivisione su tutela e valorizzazione X BORSA MEDITERRANEA DEL TURISMO ARCHEOLOGICO Paestum 15 - 18 Novembre 2007 Edizioni MP MIRABILIA srl Direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione IL PAESAGGIO “ARCHEOLOGICO” Resti e contesti: prospettive di condivisione su tutela e valorizzazione Direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione Direttore Generale Antonia Pasqua Recchia Il programma di partecipazione alla X Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico Paestum 15-18 novembre 2007 è stato organizzato dal: Servizio II - Comunicazione, Promozione e Marketing Unità Organica I - Comunicazione, Grandi Eventi e Manifestazioni Fieristiche Progettazione e realizzazione opuscolo, materiali grafici e stand Organizzazione convegno e incontri allo stand Responsabile Antonella Mosca con Monica Bartocci, Antonella Corona, Eleonora Isola, Maria Cristina Manzetti, Maria Tiziana Natale, Amadeo Natoli, Alessio Noè, Simona Pantella, Susanna Puccio, Maria Siciliano, Laura Simionato Comunicazione multimediale Alberto Bruni, Renzo De Simone, Francesca Lo Forte, Emilio Volpe Segreteria Amministrativa Cristina Brugiotti, Annarita De Gregorio, Mauro De Santis, Loredana Nanni, Laura Petracci, Rosaria Pollina, Silvia Schifini, Teresa Sebastiani, Fabiana Vinella Rapporti con i media Fernanda Bruno, con Vassili Casula, Consuelo Di Tamassi, Marta Pepe, Marina Ricci Rapporti Internazionali Anna Conticello con Alessia De Simone Supporto logistico Edoardo Cicciotto, Maurizio Scrocca Supporto operativo allo stand Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Salerno, Avellino e Benevento Museo Archeologico Nazionale di Paestum CCTPC - Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale Call Center - Omnianetwork S.p.A. Sponsor Ales S.p.A. Reply iGuzzini illuminazione S.p.A. BBS software S.r.l. L a Borsa del turismo archeologico di Paestum è diventato un appuntamento fisso per il Ministero, segnatamente per le Soprintendenze archeologiche. È diventata un’occasione per riflettere, in un contesto di grande vivacità logistica ma anche di fermento intellettuale, sulle tematiche di maggiore attualità che riguardano soprattutto, ma non solo, il settore archeologico. Il Tema del 2007, Paesaggio: resti e contesti è assai suggestivo, stimolante e attuale, ma anche complesso e difficile perché tocca la sostanza dell’operare degli Istituti nel territorio, ma anche il governo stesso del territorio, quindi i rapporti tra diversi livelli istituzionali, diverse aree di competenze e i rapporti tra tutela/conservazione e trasformazione/sviluppo, letti e vissuti quasi sempre come momenti antinomici. È anche un tema strettamente connesso alla valorizzazione del territorio, quindi vicino alla finalità della manifestazione di Paestum. È infine un tema molto sentito dalle strutture del Ministero, e lo si rileva dal taglio coerente che è stato dato dalle Soprintendenze ai rispettivi contributi, che peraltro vengono ampiamente documentati nello stand. In una riflessione del 1999, nell’ambito della prima Conferenza nazionale per il paesaggio, si apprezzava analogamente la vasta e convinta partecipazione delle strutture del Ministero, pur constatando una certa frustrazione derivante dall’impossibilità di entrare al momento giusto nei processi decisionali riguardanti il paesaggio che fatalmente si era trasformata nella sottovalutazione della rilevanza sociale e culturale della tutela paesaggistica. Il sostanziale fallimento della politica di pianificazione paesistica realizzata fino ad allora, che sola avrebbe potuto e dovuto garantire il funzionamento fisiologico e non patologico della tutela, se si fosse realizzata nei tempi prefissati e non con l’enorme ritardo con cui si stava attuando, aveva comportato la sottovalutazione della “cultura del paesaggio” come sistema complesso con la conseguente affermazione del principio riduttivo di una valutazione di compatibilità strettamente confinata all’ambito visivo-percettivo delle componenti del paesaggio, anzi, ancor più limitatamente, ai famosi “coni visuali”. Quella cultura del paesaggio, si riteneva allora, avrebbe dovuto rafforzarsi attraverso l’individuazione e l’esplicitazione di elementi propositivi ai fini della progettazione, che andassero ad arricchire ed integrare il quadro delle prescrizioni e dei dinieghi. I Resti e i Contesti certamente coincidono con tali elementi propositivi, proprio nel modo in cui vengono intesi e analizzati dagli archeologi, in una prospettiva di interrelazioni ben più ricche e progettualmente stimolanti di quelle derivanti da una semplice collocazione dei resti nei contesti, che si avrebbe qualora si intendessero i primi solo come emergenze accertate e visibili – contenuti – e i secondi solo come aree circostanti – contenenti –. Tutto questo assume una rilevanza notevole in una fase, come quella attuale, di maggiore attenzione alla tutela del paesaggio, non limitata ai dibattiti scientifici e accademici ma estesa anche alla componente normativa, considerato che nella revisione del Codice dei beni culturali e del paesaggio, in via di completamento, si intende rafforzare la tutela paesaggistica. I contributi delle Soprintendenze archeologiche e delle altre strutture del MiBAC alla Borsa di Paestum non si limitano però a questo aspetto, sia pur assai rilevante. Viene infatti trattata con ampiezza, nelle presentazioni allo stand e nei convegni, la componente direi quasi complementare a quella fisico-territoriale del paesaggio archeologico, ossia la componente immateriale propria dell’archeologia virtuale. Nelle passate edizioni si erano presentati numerosi progetti: quest’anno si espongono i risultati, i prodotti ricchi e complessi di questi progetti: siti web di musei e di aree archeologiche, ricostruzioni in 3D di monumenti, siti e paesaggi, ricostruzioni virtuali di percorsi reali e virtuali, ma anche applicazioni tecnologiche innovative per il controllo del territorio e l’esercizio della tutela. Anche se l’obiettivo principale di tali prodotti resta quello della promozione-valorizzazione, essi presentano un indubbio interesse scientifico e di ricerca. Nel complesso a Paestum possiamo osservare un esempio significativo, reiterato nelle diverse sedi e nei diversi territori, di come si possa utilmente coniugare tutela e trasformazioni, conservazione e sviluppo e di come l’archeologia non sia un “rischio” ma una straordinaria risorsa. Antonia Pasqua Recchia Direttore Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione Nuove tecnologie per una migliore fruizione dei beni archeologici Ufficio di Direzione Direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione Anna Conticello Direttore Generale Antonia Pasqua Recchia Via del Collegio Romano, 27 00186 Roma Ufficio di Direzione Tel. 06 67232648 Fax 06 67232209 [email protected] 6 La Direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali (MiBAC) espone, in occasione della X Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico di Paestum, i progetti realizzati con l’utilizzo, in ambito archeologico, di nuove tecnologie, come servizio per il miglioramento dell’offerta culturale. Siti web di musei ed aree archeologiche, visite archeologiche virtuali, ricostruzioni in 3D di monumenti e del paesaggio circostante, archeoguide visibili su palmare e gameboy, sono disponibili sia per adulti che per ragazzi, nei vari musei archeologici. Tutti i progetti indicati rientrano nel programma di “Archeologia online”, avviato dalla Direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione al fine di produrre benefici positivi sull’intero sistema del patrimonio archeologico delle aree coinvolte. La fruizione del bene – mediante la tecnologia informatica intesa come nuovo mezzo di promozione nel settore del turismo culturale – attraverso l’utilizzo di sistemi multimediali e postazioni mobili, ha due finalità: il riscontro positivo sulla conoscenza del sito archeologico interessato e un incremento del sistema economico dovuto ai benefici ottenuti dall’intera area che conserva il bene storico-artistico. Alcuni dei prodotti esposti presso lo stand del MiBAC, come i siti web realizzati con i fondi del progetto – finanziato dal CIPE – sono in fase di attuazione e saranno presentati insieme a nuovi siti web archeologici. In quest’ambito rientrano il sito del Museo Nazionale di Arte Orientale di Roma, il sito del Museo Archeologico Nazionale di Cagliari, le reti di musei ed aree archeologiche della Calabria, della Campania e della Puglia, le visite archeologiche virtuali con la ricostruzione dei siti di Velia e Paestum. Fra i progetti l’ArcheoAtlante in 3D – visibile sul web – ovvero un atlante virtuale di alcuni siti archeologici – inseriti nel loro contesto temporale, territoriale e paesaggistico – a cui hanno aderito la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Campania con il progetto del tratto della Via Appia da Sinuessa a Benevento comprese le diramazioni delle Vie Minturnum-Suessa Aurunca, Teanum – Cales e la via Pueteolis-Capuam e la ricostruzione del Teatro Romano di Cassino realizzata dalla Soprintendenza dei Beni Archeologici del Lazio. La visita virtuale nel paesaggio antico dell’ArcheoAtlante in 3D avviene attraverso la costruzione di un GIS (Geographical Information System) e di un sistema di realtà virtuale di tipo desktop; il risultato finale consente al visitatore di navigare – tramite una postazione visiva – in tempo reale nel territorio attuale (spazio) e in quello antico (tempo). L’utente si muove all’interno del paesaggio interagendo col mondo virtuale, con l’impressione di trovarsi effettivamente immerso nello spazio tridimensionale. Si accede anche a percorsi di visite personalizzati, attraverso la visualizzazione di itinerari che guidano l’utente alla visita o ad acquisire informazioni storiche – attraverso un’interrogazione interattiva. Infine l’utente può attivare vari livelli informativi relativi al paesaggio storico-archeologico ricostruito: da un menù si può decidere in quale epoca storica muoversi e visualizzare i siti ricostruiti. L’Archeoguida diffonde, invece, un modello di fruizione archeologica dei siti attraverso l’utilizzo di postazioni mobili. Il progetto, iniziato in via sperimentale con Villa Adriana a Tivoli, si è poi diffuso in alcune delle regioni interessate dal programma di “Archeologia online”, come Umbria, Puglia, Sardegna e Basilicata. Le Archeoguide – realizzate per ragazzi ed adulti su palmare e per bambini su gameboy – accompagnano gli utenti durante il percorso di visita all’area archeologica; le informazioni sono modulate a seconda delle varie fasce di età. Sono visibili vere e proprie ricostruzioni virtuali che illustrano momenti essenziali della storia del luogo e racconti per bambini – ideati con personaggi immaginari – che ne stimolano l’attenzione, la curiosità e la comprensione attraverso la divulgazione delle principali notizie inerenti al sito e semplici quesiti. Il MiBAC è presente nell’esposizione “Archeovirtual” con ricostruzioni in 3D già realizzate, in via di realizzazione o ancora in fase di studio, e nel convegno “Archeologia Virtuale in Italia e il Programma Archeologia online” durante il quale si parlerà di linee guida per un 3D di qualità e di alcune realizzazioni frutto di una stretta collaborazione fra archeologi del MiBAC e delle università ed esperti nel settore della tecnologia applicata ai beni culturali. 7 Sommario 10 Il Parco Culturale del Sangro Aventino. Modello di sistema integrato per lo sviluppo sostenibile di aree interne Sandra Lapenna 12 Il patrimonio archeologico della Basilicata: un’occasione di sviluppo per il territorio Elvira Pica 14 La ricostruzione del paesaggio antico attraverso l’archeologia: il caso di Torre di Satriano Massimo Osanna 18 Ricostruzione virtuale della Villa della Regina di Boscoreale Lorena Jannelli 19 Il villaggio di Oliva Torricella 20 Il vallone di Positano 21 Il paesaggio centuriato in Emilia Romagna Renata Curina 23 Conoscere e tutelare il paesaggio antico: il caso del Friuli Venezia Giulia Paola Ventura 26 Il Parco Archeologico Ambientale di Vulci Anna Maria Moretti 29 Paesaggi antichi della Piana di Alvito in Valle di Comino Giovanna Rita Bellini 34 Il Parco Naturalistico Archeologico di Ostia Proposta di convivenza tra monumenti e vegetazione 37 L’archeologia tra ricerca scientifica e tecnologia quale occasione di sviluppo territoriale Marina Mengarelli, Michela Mengarelli 39 Un promontorio, il suo popolamento e la sua storia Maurizio Landolfi 42 Il parco archeologico di Saepinum-Altilia (CB) e il circuito delle mura romane Mario Pagano 45 Liliana Pittarello 46 Il paesaggio archeologico dell’Alta Valsessera (Biella). Un progetto in divenire Gabriella Pantò 48 Il progetto di recupero del Pulo di Molfetta fra erosioni, terrazzamenti e testimonianze archeologiche Francesca Radina, Maria Cioce 51 Le concessioni d’uso Paolo Scarpellini 54 Tuvixeddu. Al di là Giovanni Azzena, Donatella Salvi 57 Il Paesaggio archeologico nell’agro di Sinnai Maria Rosaria Manunza 61 Villa Tigellio, la rinascita Società Anamnesys 62 Il Sistema Informativo Territoriale per i Beni Culturali della Sardegna Alberto Bruni, Andrea Doria, Franco Fabrizzi 65 Paesaggio da scoprire, paesaggio da eleggere Antonietta Boninu 68 Sorgono. L’area monumentale di Biru ‘e Concas Patrizia Tomassetti 70 Il paesaggio archeologico in Alta Valtiberina Monica Salvini 74 Il paesaggio archeologico di Spoletium Liliana Costamagna 79 Nasce dal mare una nuova Soprintendenza Angela Accardi 81 I cantieri archeologici nella città di Aosta: tutela e valorizzazione Alessia Fave 83 Iter progettuale per il Sito Archeologico di Tusculum Maria Elena Marani 86 CCTPC Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale 91 Call Center 92 ALES Arte Lavoro e Servizi S.p.A. 93 Reply 95 iGuzzini illuminazione S.p.A. 96 BBS software S.r.l. Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Abruzzo ABRUZZO Sandra Lapenna Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Abruzzo Direzione Generale per i Beni Archeologici Il Parco Culturale del Sangro Aventino. Modello di sistema integrato per sviluppo sostenibile di aree interne Direttore Generale Stefano De Caro Via di San Michele, 22 00153 Roma Tel. 06 58434600 Fax 06 58434750 [email protected] Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Abruzzo Direttore Regionale Anna Maria Reggiani Coordinamento per la comunicazione Paola Carfagnini Via Portici di San Bernardino, 3 67100 L’Aquila Tel. 0862 487248 Fax 0862 420882 [email protected] Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Abruzzo Soprintendente Giuseppe Andreassi Via dei Tintori, 1 66100 Chieti Tel. 0871 331668 Fax 0871 330946 [email protected] 10 L a Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Abruzzo condivide da tempo l’impegno alla tutela, valorizzazione e comunicazione del patrimonio archeologico con Enti e Amministrazioni locali. Le province di Chieti e dell’Aquila, quattro Comunità Montane e 27 Comuni hanno così compartecipato a uno studio di fattibilità promosso dalla Soprintendenza per la creazione del Parco Culturale del Sangro Aventino e degli Altipiani maggiori, che ha come “componenti” territoriali i parchi nazionali d’Abruzzo e della Maiella e il sistema fluviale fino alla linea di costa adriatica. L’ambito d’intervento – il bacino fluviale del Sangro-Aventino – costituisce un’area paesistica omogenea con caratteri propri di identità in termini morfologico-naturali e soprattutto storico-culturali. La valle fluviale attraversa l’Abruzzo in senso ovest-est, e si contraddistingue per la presenza di un patrimonio culturale e naturale diffuso di enorme valore, non tanto come singola emergenza ma nel suo insieme. L’ottica d’intervento deve valorizzare questa peculiarità, arricchendo l’offerta turistica di qualità, destagionalizzando i flussi turistici, al momento più legati al mare e alla montagna, attivando finanziamenti mirati alla riorganizzazione, rivitalizzazione e utilizzazione del ricco patrimonio archeologico esistente nell’area. Obiettivo prioritario e di più ampia scala è quello di creare un sistema di “Parco Culturale” in cui tutte le componenti, perfettamente integrate tra loro, inneschino la fruizione “turistica” e culturale dell’area e lo sviluppo economico dell’intero territorio. Nell’ambito della struttura “Parco Culturale” si sono individuate tre reti principali: quella “culturale”, in cui rientra il settore Parchi ed Aree archeologiche, quella “ambientale” e quella “infrastrutturale”. Questa ripartizione non è una struttura rigida e non esclude attraversamenti trasversali di relazione tra settori apparentemente differenti, legati invece da elementi significativi. È il caso dei siti archeologici, che vanno considerati in relazione al sistema delle Vie verdi e dei Percorsi pedonali che riprendono, come i tratturi, itinerari storici, ma anche in rapporto con il Patrimonio Monumentale, Architettonico ed Artistico, e con il contesto naturalistico-paesaggistico di riferimento. La fattibilità del Progetto Parco Culturale del Sangro-Aventino dal punto di vista di sostenibilità finanziaria, di validità economica e d’impatto è stata ampiamente accertata, e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Ministero per l’Economia e le Finanze lo avevano assunto come proprio, ritenendolo valido ed innovativo e pertanto da finanziare con una quota premiale, ma nel frattempo, mutate le condizioni politiche, non sono più state disponibili le risorse economiche per le aree depresse. Nonostante ciò, le sinergie createsi non si sono disperse e nell’ambito dell’APQ della Regione Abruzzo l’Associazione dei Comuni del Sangro Aventino ha elaborato un Progetto Integrato Territoriale – ambito Lanciano, promosso dalla Provincia di Chieti, la cui idea guida è stata “Tra memoria e natura: il Parco Culturale del Sangro – Aventino”. Contemporaneamente la Soprintendenza ha beneficiato di finanziamenti Cipe, ai quali ha compartecipato con risorse ordinarie, intervenendo in tre importanti siti archeologici: a Monte Pallano ha costituito il parco archeologico, nel Parco Archeologico di Iuvanum ha aperto nel 2006 il Museo Archeologico, la cui gestione nel 2007 è stata affidata ad una associazione, grazie ad un protocollo d’intesa con la Provincia di Chieti, la Comunità Montana “Medio Sangro” e il Comune di Montenerodomo; Quadri avrà a breve il parco archeologico con percorso visita attrezzato all’area sacra sannitica e all’anfiteatro romano, destinato anche a spettacoli e rappresentazioni. Infine, con la creazione della Sangro-Aventino Card, un progetto pilota e un modello di attuazione delle sinergie territoriali, si sta sperimentando l’integrazione a sistema delle ricchezze del patrimonio culturale, ambientale, antropologico ed enogastronomico. Il territorio così ha assunto una connotazione sua propria, fortemente identitaria, che può essere comunicata in modo organico attraverso il progetto “Informazione e promozione risorse del territorio”, proposto dalla Società Consortile Sangro Aventino e al quale hanno aderito la Soprintendenza, le Amministrazioni Comunali e gli Enti gestori. Tale progetto si prefigge di presentare nell’immagine e nella sostanza un territorio che si offre al fruitore con una rete organica ed omogenea di proposte, di accrescere la qualità dell’offerta del sistema Sangro Aventino, di fornire una dimensione “multimediale” dei siti. Ulteriore step del progetto, oltre la card, sperimentata già da un paio d’anni con buon successo, sarà l’ideazione e installazione di una cartellonistica adeguata. Lo stesso modello è stato recentemente avviato nel Trigno – Sinello, valle fluviale più a sud, che separa l’Abruzzo dal Molise, e che presenta le medesime caratteristiche del Sangro-Aventino. 11 Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Basilicata Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Basilicata BASILICATA Direttore Regionale Alfredo Giacomazzi Coordinamento per la comunicazione Elvira Pica Massimo Carriero Corso XVIII Agosto 1860, 84 85100 Potenza Tel. 0971 328111 Fax 0971 328220 [email protected] www.basilicata.beniculturali.it 12 Il patrimonio archeologico della Basilicata: un’occasione di sviluppo per il territorio Elvira Pica L a Direzione Regionale della Basilicata, nel recepire le aspettative rappresentate sul territorio dagli enti locali, ha cercato di contemperare le obiettive esigenze di tutela con la necessità di sviluppo del territorio stesso, svolgendo un’azione che consenta di coniugare le naturali aspettative della cittadinanza con la salvaguardia, il recupero e la fruibilità delle testimonianze del passato. Si è pertanto affiancata alle attività della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata, sviluppando con essa un coerente quadro di interventi che rispettino pienamente le aspettative dei cittadini: da un lato la necessità di sviluppo di un territorio come quello lucano, che sta scontando, e attivamente recuperando, ritardi derivanti dal passato; dall’altro la presa di coscienza dell’importanza del proprio patrimonio archeologico come risorsa di sviluppo da valorizzare e far conoscere. Va sottolineato che la Regione e gli stessi Comuni hanno pienamente compreso che uno sviluppo sostenibile della comunità è legato non soltanto alla realizzazione di opere pubbliche e di infrastrutture, ma anche alla valorizzazione e fruizione delle eccezionali testimonianze della propria storia e cultura. Ciò è tanto più significativo in Basilicata, crocevia di popoli e culture che si sono avvicendati attraverso i secoli. Il continuo scambio di valori e di segni ha restituito straordinarie attestazioni archeologiche, documentate e vivibili non solo attraverso il sistema dei musei archeologici nazionali della regione – Potenza, Matera, Melfi, Venosa, Muro Lucano, Grumento, Metaponto e Policoro – ma anche grazie ai parchi archeologici aperti al pubblico – Vaglio, Venosa, Grumento, Metaponto, Policoro. Altre realtà si stanno costituendo proprio grazie ai rapporti in corso con la Regione e gli Enti locali: ne siano soltanto un esempio il Museo delle antiche genti di Lucania a Vaglio e il Centro di documentazione archeologica a Baragiano, entrambi realizzati grazie ad una proficua collaborazione con le amministrazioni comunali, le comunità montane e le associazioni presenti sul territorio. Occorre evidenziare, in relazione al tema del paesaggio archeologico affrontato quest’anno dalla Borsa di Paestum, che i parchi archeologici della Basilicata restituiscono ancora oggi una piena fruibilità del paesaggio nella sua complessità e suggestività di ambiente naturale e antropico essendo in gran parte ubicati in aree extraurbane di grande valore ambientale e paesaggistico in cui la natura rappresenta una risorsa per lo svolgimento delle attività quotidiane (grazie anche alla presenza di sorgenti, di boschi, di terreni particolarmente fertili), oltre che un elemento di pura godibilità. Non a caso, quindi la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata presenta in questa occasione, il progetto realizzato in uno dei siti più suggestivi della regione dal punto di vista paesaggistico: quello della Torre di Satriano, tutelato fin dal 1970 con decreto di vincolo archeologico e dal 1997 con decreto di vincolo ambientale proprio per le elevate valenze che ne fanno un luogo privilegiato dal punto di vista paesaggistico e culturale. Il sito ha restituito una serie di evidenze archeologiche e conserva i resti dell’abitato altomedievale, emergenti sul terrazzo roccioso, che segnano incisivamente la fisionomia dei luoghi in un’immagine storicamente consolidata. La maestosa torre medievale focalizza l’interesse visivo e richiama l’attenzione sull’ampio quadro paesaggistico in cui si coglie appieno ancora oggi l’antico rapporto e la profonda integrazione tra uomo e natura. 13 Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Basilicata La ricostruzione del paesaggio antico attraverso l’archeologia: il caso di Torre di Satriano Massimo Osanna Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata Direzione Generale per i Beni Archeologici L’ Direttore Generale Stefano De Caro Via di San Michele, 22 00153 Roma Tel. 06 58434600 Fax 06 58434750 [email protected] Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Basilicata Corso XVIII Agosto 1860, 84 85100 Potenza Tel. 0971 328111 Fax 0971 328220 [email protected] www.basilicata.beniculturali.it Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata Soprintendente Massimo Osanna Via A. Serrao, 11 Palazzo Loffredo Tel. 0971 323111 Fax 0971 323261 85100 Potenza [email protected] www.archeobasi.it 14 altura di Torre di Satriano, ubicata a circa venti chilometri a sudovest di Potenza, tra il fiume Melandro e l’alta valle del Basento, con la sua elevata cima che raggiunge quasi i 1000 metri di altezza, è il cuore di un importante insediamento antico. Le indagini condotte nel territorio hanno permesso di leggere consistenti tracce della frequentazione risalenti alla media età del bronzo (XIV sec. a.C.) e riferibili ad un villaggio di capanne. Per le epoche successive non abbiamo testimonianze significative almeno fino alla fine del VII secolo a.C., quando si assiste ad una vera e propria esplosione demografica, con un’intensa occupazione dell’area per nuclei sparsi di abitazioni e sepolture disposti intorno all’altura. Sul versante sud-orientale del pianoro si sviluppa nel corso del VI secolo a.C. una grande capanna a pianta absidata, identificabile, per le eccezionali dimensioni e per la presenza di materiale ceramico fine a decorazione subgeometrica, quale residenza di un esponente di rango elevato. Nel corso delle recenti attività archeologiche è stato avviato un programma di ricerca sulla ricostruzione del paleoambiente. Sulla base dei dati archeobotanici è stato possibile ricostruire un paesaggio intensamente sfruttato. Le abetine ed il bosco misto costituivano la popolazione arborea prevalente e fungevano da aree di approvvigionamento del materiale legnoso, utile a soddisfare esigenze domestiche e tecniche, per la costruzione sia delle strutture abitative sia delle casse per le deposizioni funerarie. L’abete bianco (Abies alba) è la specie arborea più attestata, associato alla quercia a foglie decidue (Quercus tipo cerris), seguita da altre piante quali il pioppo o il salice (Populus/Salix). Carboni di Abete bianco (Abies cfr. alba) da Torre di Satriano 3 Alberi di abete bianco 1 2 1: Sezione tangenziale (100%) 2: Sezione trasversale (100%) 3: Sezione radiale (200%) Carboni di Quercus tipo cerris da Torre di Satriano 2: Sezione trasversale (100%) Alberi di cerro 1: Sezione tangenziale (100%) 15 Documentato è anche il castagno (Castanea sativa), un’essenza importante per l’utilizzo del legname oltre che dei suoi frutti a scopi alimentari. Ai boschi si alternavano i campi aperti destinati all’agricoltura e, verosimilmente, al pascolo. Dalle analisi condotte ricostruiamo per l’età arcaica un tipo di agricoltura fondata sulla coltivazione di quei cereali che Plinio (NH XVIII,10) considera “invernali”, ovvero il farro (Triticum dicoccum) e l’orzo, e di leguminose (fave, lenticchie e piselli) che dovevano rivestire un ruolo di primo piano nella paleodieta degli abitanti del sito. Carporesti da Torre di Satriano Fava (Vicia faba) Cariossidi di farro (Triticum dicoccum) Nel corso del IV secolo a.C. si registrano le trasformazioni più significative, da mettere in relazione con le nuove presenze di genti lucane. Intorno alla metà del secolo, infatti, si registra un cambiamento nelle modalità insediative: l’altura viene cinta da mura di fortificazione e nel territorio sorgono insediamenti che possono essere interpretati come fattorie, che definiscono un articolato paesaggio agrario. Sulle pendici sud-occidentali dell’altura, in prossimità di sorgenti, si sviluppa un santuario legato al culto delle acque e di una divinità femminile. Tra fine III e inizio II secolo a.C. anche questo assetto insediativo è destinato a trasformarsi: lo scontro con Roma determina il declino di interi centri e la trasformazione di grandi aree territoriali che probabilmente ricadono nell’ager publicus romano. Nel territorio sembra realizzarsi un forte spopolamento in conseguenza delle profonde trasformazioni che seguono i drammatici eventi della guerra annibalica. Nel corso dell’età imperiale (I-II sec. d.C.) nascono nuovi insediamenti, alcuni dei quali continuano ad essere frequentati fino all’epoca tardo antica: si tratta di pochi siti di medie e grandi dimensioni che fanno pensare alla presenza di fattorie e ville rivolte alla coltivazione cerealicola intensiva e alla pastorizia. 16 Con l’età normanna si assiste ad una concentrazione della frequentazione sulla sommità dell’altura, dove a partire dal IX-X secolo d.C. è documentata la presenza dell’abitato fortificato di Satrianum destinato a diventare una importante sede vescovile. Nel territorio, invece, le tracce di occupazione appaiono piuttosto labili. Le recentissime indagini archeologiche documentano nel dettaglio la forma urbana della città fortificata che, tra XII e XV secolo occupa l’altura. All’interno della lunga cinta muraria, la sequenza di case, magazzini e aree produttive culmina, sulla sommità, negli edifici di carattere pubblico. Qui si individuano, ben distinti uno dall’altro, lo spazio religioso con la chiesa cattedrale a tre navate absidate, edificata alla fine dell’XI secolo, e lo spazio civile, rappresentato dalla monumentale torre che segna ancora oggi in modo tangibile il paesaggio. Direzione Scientifica: Massimo Osanna Collaborazione: Scuola di specializzazione in Archeologia Università degli Studi della Basilicata Coordinamento attività sul campo: Lucia Colangelo In collaborazione con: Ilaria Battiloro Gianfranco Carollo Donatella Novellis Barbara Serio 17 Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Campania Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Campania CAMPANIA Direttore Regionale Vittoria Garibaldi Coordinamento per la comunicazione Maria Rosaria Nappi Via Eldorado, 1 80132 Napoli Tel. 081 2464209 Fax 081 76453205 [email protected] Direzione scientifica: Stefano De Caro Pietro Giovanni Guzzo Coordinamento: Lorena Jannelli Consulenza scientifica: Grete Stefani Consulenza tecnicaInfobyte s.p.a. 18 Ricostruzione virtuale della Villa della Regina di Boscoreale Lorena Jannelli N ell’ambito del Programma Nazionale Archeologia on line, promosso dalla Direzione per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione del MiBAC, la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Campania è stata beneficiaria di un finanziamento per la realizzazione di un itinerario virtuale sul tematismo dell’enogastronomia antica. Si è scelto di sviluppare un percorso tematico sulla civiltà del vino, incentrato sulla valorizzazione di un sito antico fortemente connotato in tal senso, com’è la Villa della Regina di Boscoreale, una fattoria rustica impiantata nel fertile territorio vesuviano tra tarda repubblica e prima età imperiale per la produzione del rinomato vino pompeiano. In collaborazione con la Soprintendenza Archeologica di Pompei e con la consulenza tecnica della Infobyte S.p.a., si è elaborata la ricostruzione in grafica 3D dell’impianto di Villa Regina, contestualizzata nel territorio circostante, la cui visita virtuale è arricchita da approfondimenti multimediali tematici specifici sulla civiltà del vino (storia della viticoltura; consumo del vino; produzione e commercio del vino). Il prodotto è concepito per una fruizione differenziata, dalla visione passiva dei filmati su DVD alla più attiva partecipazione alla scelta dei percorsi tramite strumentazione informatica (PC-CD Rom), mentre la proiezione in ambienti immersivi (“teatri virtuali”) può potenziare la percezione di coinvolgimento nella ricostruzione virtuale del paesaggio antico. L’intervento si inserisce nel più ampio progetto, attualmente allo stato di fattibilità, di qualificazione di Villa Regina come centro tematico sulla civiltà del vino, allo scopo di farne un punto di innesto di itinerari fisici che si snodino lungo le moderne strade del vino del comprensorio vesuviano, nell’ambito territoriale del Parco Nazionale del Vesuvio che racchiude antichi e recenti centri di produzione vinicola. Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Campania Il villaggio di Oliva Torricella Maria Antonietta Iannelli Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Salerno, Avellino e Benevento Direzione Generale per i Beni Archeologici I l versante orientale del comune di Salerno risulta essere un territorio particolarmente ricco di tracce della più antica frequentazione antropica in Campania. Il susseguirsi pressoché continuo di aree frequentate dall’uomo preistorico conferma l’importanza rivestita, almeno dal Neolitico al Bronzo Antico, della fascia costiera compresa tra il torrente Fuorni ed il torrente Mercatello. L’importanza dei ritrovamenti salernitani risulta ancora più evidente se inserita nella straordinaria estensione areale e temporale della frequentazione che supera i cinque Km lungo l’antica linea di costa. La frequentazione antropica neolitica, alla luce del dato archeologico, è caratterizzata da piccoli insediamenti posti lungo orli di terrazzi marini, con una linea di costa consistentemente più arretrata di quella attuale. Una delle aree meglio indagate è quella del villaggio di Oliva Torricella che ha documentato almeno dieci capanne con pianta absidata e orientamento pressoché concorde (asse maggiore orientato N-S) L’apertura principale delle capanne guardava verso Sud, era rivolta, quindi, verso mare. La pavimentazione interna era realizzata in battuto costituito da terra piroclastica mista a pomici bianche e sabbia quarzosa oltre a grumi di concotto. Direttore Generale Stefano De Caro A monte della prima capanna indagata sono stati riconosciuti tre recinti di forma circolare o semicircolare. Le strutture sono in relazione con numerosi punti di cottura. Diverse tipologie di forni e piani di cottura attestano la pratica di differenti attività produttive ed artigianali. Il rinvenimento di scorie di bronzo è da collegare ad attività fusorie. Il villaggio viene seppellito dall’arrivo di una successione di sabbie miste a prodotti piroclastici, deposte in fase fluida attribuite ad uno tsunami. Le capanne infatti sono invase dall’arrivo delle sabbie, con spostamento dei materiali e conservazione sia di reperti che di impronte umane e di animali. Tale fenomeno disastroso, la cui origine potrebbe essere ricondotta alla nota presenza di un gran numero di apparati vulcanici nell’area tirrenica, è stato documentato in vari punti della costa salernitana. Successivamente tutta l’area è investita da fenomenologie di sovralluvionamento. I paleosuoli preistorici vengono erosi e attraversati da profondi valloni. La frequentazione successiva risulta ridotta. I lembi dei terrazzi marini apparentemente non saranno più frequentati e i siti più recenti (media età del Bronzo) attestano un arretramento sulle alture collinari, poste a ridosso della costa. Via di San Michele, 22 00153 Roma Tel. 06 58434600 Fax 06 58434750 [email protected] Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Salerno, Avellino e Benevento Soprintendente ad interim Angelo Maria Ardovino Via Trotula de Ruggiero, 6-7 84100 Salerno Tel. 089 5647201 Fax 089 252075 [email protected] www.archeosa.beniculturali.it Direzione scientifica: Maria Antonietta Iannelli Collaborazione: Suor Orsola Benincasa, Università degli Studi di Napoli Federico II, Università di Roma La Sapienza Documentazione scientifica: Geomed s.r.l. Direzione tecnica: Bauen Studio 19 Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Campania Il vallone di Positano Maria Antonietta Iannelli Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Salerno, Avellino e Benevento Direzione Generale per i Beni Archeologici I Direttore Generale Stefano De Caro Via di San Michele. 22 00153 Roma Tel. 06 58434600 Fax 06 58434750 [email protected] Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Salerno, Avellino e Benevento Soprintendente ad interim Angelo Maria Ardovino Via Trotula de Ruggiero, 6-7 84100 Salerno Tel. 089 5647201 Fax 089 252075 [email protected] www.archeosa.beniculturali.it Direzione scientifica: Maria Antonietta Iannelli Collaborazione: Università degli Studi di Napoli Federico II - C.I.Be.C. Documentazione: Geomed s r l Restauro: Adele Cecchini, Walter Tuccino, ICR Laboratorio fotografico: Leonardo Vitola 20 l complesso residenziale che, tra la seconda metà del sec. I a.C. ed il 79 d. C., occupa il fondo del Vallone Pozzo, piccolo bacino che drena il versante meridionale della cima più alta dei Monti Lattari (Monte Sant’Angelo a tre Pizzi 1444 m. s.l.m.), si ispira al tipo della villa vesuviana a peristilio. Verso il lido, in sinistra orografica del rivo, è stato individuato il portico d’ingresso del quartiere marittimo.Sul retro, verso monte (nord) si sviluppa un lungo corridoio coperto relativo ad un criptoportico. Un ambiente mosaicato, sottoposto al sagrato della Chiesa Madre, per la presenza di tubuli di rivestimento, è da mettere in relazione con gli ambienti termali della villa. A breve distanza dal campanile si segnalano, fin dal 1758, pilastri, colonne, mosaici a tessere bianche, privi di decorazioni, ambienti affrescati, condotti d’acqua, giardini, portici, forse ninfei dotati di fistole in piombo. Già il Maiuri nel 1955 attribuiva il seppellimento della villa a fenomenologie di colata vulcanoclastica connesse con l’eruzione del 79 d.C.. “Evidentemente ... il seppellimento si doveva ad una massa liquida o semidensa che era penetrata dalle finestre, dalle porte e dalle scale, colmando e riempiendo ogni vacuo così come era avvenuto ad Ercolano... La villa più che sepolta appare sommersa entro un banco di tufo grigio e compatto di circa 8 metri di altezza colato e rappreso tra le pareti di quel vallone”. La catastrofe arrestò per sempre la vita della villa inglobandola in una coltre fangosa dello spessore a tratti superiore anche ai 16 metri. Attualmente i reperti risultano completamente inglobati all’interno della vulcanoclastite consolidatasi. La messa in posto della coltre vulcanoclastica modificò profondamente l’andamento dell’antica linea di costa. Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia-Romagna EMILIA-ROMAGNA I l patrimonio archeologico territoriale costituisce in Italia un elemento ed una presenza che caratterizzano in modo determinante il paesaggio; il paesaggio che può essere considerato come ambiente naturale ma modificato dall’attività produttiva e costruttiva dell’uomo, risultanza fisica e geografica quindi di questo cambiamento e un “bene” in continua trasformazione. In Italia la densità degli avvenimenti storici umani che hanno lasciato traccia sul terreno è molto rilevante proprio per la quantità di vicende che si sono succedute, ma la loro incidenza sul territorio è ancor più consistente rispetto ad altri paesi proprio per la sua struttura fisica; da ciò deriva una maggiore correlazione fra fatti storici umani e fatti naturalistici e geografici. Se si valuta pertanto questo aspetto del paesaggio la disciplina archeologica, in uno degli aspetti che essa riveste, può essere considerata come un ottimo strumento di interpretazione dell’ambiente, volto a documentare i fenomeni di continuità o di trasformazione, tracce lasciate dalle comunità umane nel corso delle varie epoche storiche, fino a determinare la forma attuale. L’archeologia possiede infatti alcuni strumenti diagnostici che permettono di verificare e riconoscere l’uso che l’uomo ha fatto del paesaggio attraverso le attività estrattive, agricole intensive che possono aver creato fenomeni di dissesto idrogeologico, attività di disboscamento, di bonifica delle zone paludose, tutte pratiche che hanno lasciato un segno sul territorio. La stretta interdipendenza tra uomo e ambiente è particolarmente importante ed evidente soprattutto per il periodo romano in cui pur essendoci una considerevole capacità di trasformare il territorio, tale capacità mantiene una situazione di parità tra la componente umana e quella fisiomorfologica; le modifiche e le profonde trasformazioni attuate nel paesaggio in questo periodo storico hanno sempre infatti tenuto conto della geografia fisica del territorio in cui si veniva ad intervenire, legando strettamente l’intervento umano alle caratteristiche morfologiche del terreno. L’esempio più evidente delle trasformazioni che in età romana hanno interessato il territorio è senza dubbio fornito dal sistema della centuriazione; la sua realizzazione ha infatti trasformato in maniera radicale il paesaggio con l’abbattimento del bosco, il prosciugamento e la bonifica di ampie zone paludose attraverso un sistema capillare di scolo delle acque adattato alla morfologia del terreno, la regimazione dei corsi d’acqua; il regolare disegno della centuriazione, scandito dalla presenza di un reticolo di strade poderali o di lunga percorrenza che definiscono gli spazi agricoli, è arricchito dalla presenza di impianti produttivi, edifici rurali isolati di varia volumetria e piccoli Direzione Generale per i Beni Archeologici Renata Curina Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna Il paesaggio centuriato in Emilia Romagna Direttore Generale Stefano De Caro Via di San Michele, 22 00153 Roma Tel. 06 58434600 Fax 06 58434750 [email protected] Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia-Romagna Direttore Regionale Maddalena Ragni Coordinamento per la comunicazione Paola Monari Via S. Isaia, 20 40123 Bologna Tel. 051 3397024 Fax 051 339 7077 [email protected] Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna Soprintendente Luigi Malnati Via Belle Arti, 52 40126 Bologna Tel. 051 223773 Fax 051 227170 [email protected] 21 agglomerati che si distribuiscono in maniera organica sul territorio. Al paesaggio prettamente agricolo e così bonificato, dove le zone incolte si riducono sempre più alle fasce golenali o alle aree topograficamente più depresse, si salda, in uno stretto e imprescindibile binomio, lo spazio urbano e la fondazione delle città può essere considerata uno degli aspetti più importanti e significativi della romanizzazione. La pianura emiliana conserva ancora ben visibili ampi tratti del sistema centuriato, che si sviluppa tra la metà del III ed il I secolo a.C.e il cui scopo principale era quello di assicurare lo scorrimento delle acque di superficie attraverso una serie di canali di scolo e di drenaggio necessari alla bonifica e all’irrigazione del territorio. Proprio per la natura stessa del sistema così strettamente legato alla morfologia del territorio, i reticoli centuriali conservati in Emilia Romagna e che interessano ampi areali sono quasi tutti orientati secundum naturam, ad eccezione di quello riminese-cesenate che segue l’orientamento celeste. Accanto però alla scelta dell’orientamento anche la geografia sembra aver in parte condizionato l’impianto della centuriazione; limitati settori territoriali, quali ad esempio i pianori separati da profonde incisioni distribuiti nei territorio di Fidenza e Fiorenzuola, alcune fasce di territorio costiero o fasce distribuite lungo l’asta fluviale del Po, sembrano presentare, infatti, moduli propri ed un proprio orientamento. Nel complesso si può ritenere che nella regione emiliano-romagnola, come peraltro in buona parte della pianura padana, è ancora ben visibile il disegno centuriale, testimonianza dello stretto rapporto tra l’uomo e l’ambiente e dello sfruttamento razionale di un territorio, ancora oggi attuale. Nello stesso tempo la conoscenza di questo rapporto uomo/ambiente spinge ad approfondire la conoscenza del territorio anche da un punto di vista storico, e quindi riconoscere il paesaggio come opera dell’uomo e della natura, come un palinsesto ricco di tracce; proprio tale conoscenza può diventare inoltre uno strumento fattivo di pianificazione urbanistica e del paesaggio, strumento che ha avuto e riveste sempre di più un importante ruolo per la tutela; proprio dalla possibilità di leggere il rapporto che i manufatti archeologici hanno avuto con il paesaggio, infatti, può essere possibile valutare tali presenze all’interno di relazioni di sistema e creare un’occasione di uso e di valorizzazione di vaste parti di territorio, formando percorsi articolati e complessi. Attraverso una pianificazione territoriale, per la quale si dovrebbe auspicare il coinvolgimento degli Enti rappresentativi del Territorio e in cui la scienza archeologica può essere proposta come strumento diagnostico di conoscenza sempre più approfondita, sarebbe possibile una tutela dei resti archeologici emergenti, di quelli accertati ma non emergenti o di quelli non accertati ma potenziali, più mirata e più completa. 22 Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Friuli Venezia Giulia Conoscere e tutelare il paesaggio antico: il caso del Friuli Venezia Giulia L’ esperienza – tuttora in corso – che qui si presenta da parte della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia vuole essere un esempio del continuo aggiornamento degli strumenti di tutela del patrimonio archeologico in conseguenza dell’adeguamento della normativa, che tuttavia si intreccia necessariamente con il recepimento di metodi di ricerca affermatisi negli ultimi decenni grazie a diversi progetti di ricerca nel territorio, ma finora non applicati sistematicamente su scala regionale. L’impellenza di un riesame complessivo, in una differente prospettiva, delle conoscenze sul patrimonio archeologico regionale si è posta all’inizio del 2007, in seguito alla sottoscrizione nel novembre 2006 di un accordo fra il MiBAC e la Regione Friuli Venezia Giulia: nella nuova legge urbanistica da quest’ultima varata (L.R. 5/2007), è infatti prevista la redazione di un nuovo piano territoriale regionale (articolato su cinque “risorse”, dall’ambiente alle infrastrutture), con valenza paesaggistica. Per conferirgli il valore di piano paesaggistico è stato deciso pertanto di sperimentare la redazione congiunta – limitatamente al tema paesaggio – fra Regione, MiBAC e Ministero dell’Ambiente, come previsto dall’art. 143 D.Lgs. 42/2004 e succ. mod. (Codice dei beni culturali e del paesaggio), al fine di dare piena applicazione allo snellimento delle procedure di autorizzazione conseguente ad una elaborazione condivisa. Per garantire tuttavia un’adeguata tutela dei valori paesaggistici – che non possono essere sacrificati alla semplificazione amministrativa – viene richiesto uno straordinario sforzo di conoscenza e regolamentazione, per il quale sono stati chiamati a concorrere il gruppo di lavoro della Regione e gli organi periferici del Ministero (Soprintendenze di settore SBA e SBAPPSAE, sulla base delle indicazioni fornite dalla Direzione Regionale). Ciò ha costituito da un lato un’innovazione nel metodo di lavoro, che non si limita all’esame per l’approvazione di documenti già redatti, ma prevede la scrittura a più mani, a seguito di sopralluoghi, di raccolta dati, di uniformazione dei criteri e della normativa; dall’altro ha costretto gli archeologi, lavorando a stretto contatto con architetti e urbanisti, ad imparare a vedere ma soprattutto a far vedere le tracce dell’azione antropica antica sopravvissute nel paesaggio attuale, tali da essere ritenute meritevoli di riconoscimento e tutela. L’individuazione dei siti (per riportarsi a terminologia archeologica) da includere nel piano paesaggistico – rispondenti a criteri quali la visibilità, l’appartenenza a complessi tipologicamente definiti, in ambiti con valore anche ambientale – presuppone tuttavia una conoscenza adeguata ed esaustiva quale fornita di solito dalle carte archeologiche o Direzione Generale per i Beni Archeologici Paola Ventura Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia FRIULI VENEZIA GIULIA Direttore Generale Stefano De Caro Via di San Michele, 22 00153 Roma Tel. 06 58434600 Fax 06 58434750 [email protected] Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Friuli Venezia Giulia Direttore Regionale Roberto di Paola Coordinamento per la comunicazione Claudio Barberi P.zza della Libertà, 7 34132 Trieste Tel. 040 4194814 Fax 040 43634 [email protected] Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia Soprintendente Fulvia Lo Schiavo Piazza della Libertà, 7 34135 Trieste Tel. 040 4194711 Fax 040 43634 [email protected] 23 carte del rischio (di cui purtroppo la nostra regione è attualmente ancora sprovvista); non è stato nemmeno possibile utilizzare la lista dei beni archeologici definiti ai sensi dell’ex Legge Galasso (L. 431/81, art. 1 lett. m): ciò ha costituito quindi il primo serio ostacolo ad una valutazione ragionata e con parametri oggettivi delle evidenze cui riconoscere valenza paesaggistica. D’altra parte – pur nella ristrettezza dei tempi a disposizione, condizionati essenzialmente dalle scadenze amministrative e politiche – ciò ha costituito un indubbio stimolo sia per la ricognizione dei numerosissimi dati in nostro possesso ai fini di una loro riorganizzazione nella carta archeologica regionale, sia – come accennato all’inizio – per focalizzare le tematiche di maggiore incidenza sul paesaggio, sulle orme della landscape archaeology e dei metodi da essa utilizzati (analisi della cartografia storica e attuale, lettura delle fotografie aeree e da satellite, studio dell’evoluzione geomorfologica, ove possibile survey, etc.). Premesso che si tratta di una ricerca intrinsecamente diacronica, ci si limita qui – solo a titolo esemplificativo – al paesaggio agrario di epoca romana, in quanto gli interventi di pianificazione, conseguenti alla colonizzazione della regione a partire dalla fondazione di Aquileia nel 181 a.C., sono quelli che hanno lasciato le tracce più evidenti. Pur non tralasciando (ai fini della tutela) le singole evidenze isolate, si sono infatti innanzitutto privilegiati i sistemi infrastrutturali, che coincidono essenzialmente con la viabilità antica e con le centuriazioni. Fra le prime, sono ancora ben riconoscibili sul terreno le principali vie della romanizzazione, ovvero l’Annia (153 a.C.) e la Postumia (148 a.C.), provenienti rispettivamente da sud (è discusso il terminale, che forse coincideva con Adria) e da ovest (Genova), senza trascurare i percorsi di penetrazione verso nord (Norico, attuale Austria) ed est (Slovenia e centro Europa). Emblematico il caso dell’Annia, che viene ricalcata per un lungo tratto dalla strada statale 14 della Venezia Giulia, ma che altrove è ancora leggibile al di sotto delle attuali parcellizzazioni; più problematico quello della Postumia, di cui proprio nella nostra regione si discute se coincidesse con il tracciato della cosiddetta Stradalta (altro asse portante della viabilità moderna) oppure con un percorso più meridionale – al di là 24 tuttavia dell’eventuale identificazione con le denominazioni delle fonti, è evidente che si ripropone comunque la continuità fino ad epoca moderna di un itinerario romano. La difficoltà di ricondurre le tracce sul terreno alle opere di sistemazione territoriale note delle fonti è resa ancor più evidente dalla difficile attribuzione delle diverse centuriazioni riconosciute dai ricercatori già da svariati decenni; gran parte della regione attuale apparteneva infatti all’agro di Aquileia, al quale tuttavia non pare corrispondere un’unica parcellizzazione: infatti oltre a quella aquileiese “classica” sono riconoscibili almeno altre quattro centuriazioni (note come “nord-sud di Tricesimo”, “di San Daniele”, “della bassa pianura”, “di Manzano”), forse solo con cronologia differenziata, forse riconducibili ad altre divisioni amministrative. La fascia orientale è caratterizzata poi dalla centuriazione di Forum Iulii (Cividale) a nord, mentre non è mai stata individuata una centuriazione pertinente alla colonia di Tergeste (Trieste), per le stesse caratteristiche geomorfologiche del suo circondario. Il settore occidentale, al di là del Tagliamento, è viceversa occupato dalla centuriazione di Iulia Concordia, che si estende principalmente in Veneto. Proprio in relazione a quest’ultima e alla definizione del suo confine orientale con l’agro aquileiese, si evidenzia l’importanza della preliminare contestualizzazione dell’intervento antropico in quello che era il paesaggio “naturale” antico – peraltro già alterato da millenni di frequentazione umana: il fiume Tagliamento, che costituisce oggi il confine fra le due regioni (Veneto e Friuli Venezia Giulia), era in passato diviso in due rami, il principale dei quali (Tiliaventum maius), più occidentale dell’attuale, era presumibilmente anche allora il limite fra gli agri di Concordia ed Aquileia; studi anche recenti sull’evoluzione geomorfologica della bassa pianura friulana ci offrono oggi un quadro del sistema idrografico utile a definire questioni finora irrisolte sulla base dei dati storici. 25 Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale Direzione Generale per i Beni Archeologici LAZIO Direttore Generale Stefano De Caro Via di San Michele, 22 00153 Roma Tel. 06 58434600 Fax 06 58434750 [email protected] Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio Direttore Regionale Luciano Marchetti Coordinamento per la comunicazione Anna Maria Romano Piazza di Porta Portese, 1 00153 Roma Tel. 06 5843/5441/5434 Fax 06 5810700 [email protected] www.laziobeniculturali.it Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale Soprintendente Anna Maria Moretti Piazzale di Villa Giulia, 9 00196 Roma Tel. 06 3226571 Fax 06 3202010 [email protected] 26 Il Parco Archeologico Ambientale di Vulci Anna Maria Moretti L’ antica Vulci, uno dei complessi archeologici più imponenti ed importanti dell’intero Mediterraneo, che dall’età del Bronzo Finale raggiunge l’VIII sec. d. C., sorge presso la sponda destra del fiume Fiora, nel cuore di una vasta pianura, che, dislocata ai margini meridionali del comprensorio della Maremma, risulta geologicamente caratterizzata da depositi continentali fluvio-lacustri. Favorita da un clima sostanzialmente mediterraneo, questa vasta porzione di terreno appena mossa da lievi e dolci rilievi risulta definita a nord-ovest dai monti di Pitigliano, a nord-est da quelli di Canino, a sud-est dai rilievi di Tarquinia, a sud-ovest dal mare Tirreno. Il pianoro scelto quale sede dell’antica città dista circa venti chilometri dal litorale. Noto nella letteratura archeologica con il nome di Pian di Voce o Pian dè Voci, esso si eleva alla modesta altezza di circa settanta metri sul livello del mare. Di forma articolata e per lo più naturalmente difeso da pendici scoscese, risulta delimitato a nord dal Fosso Fontanile o Fosso della Città, ad est dal Fiora, a sud dal Fosso di Pian di Voce o Fosso di Giano mentre ad ovest il dislivello del terreno si attenua collegando Pian di Voce al più piccolo pianoro di Pozzatella, oramai decisamente compreso nell’area della città etrusca. Esplorata archeologicamente a partire dall’800, Vulci è nota nelle fonti con il nome di Velzna e appare come una delle metropoli dell’Etruria marittima. Il centro, sorto con il Bronzo Finale e l’età del Ferro, fiorisce e si sviluppa fino alla conquista romana del 280 a. C., a seguito della quale si trasforma in modesta città di provincia, la cui vita prosegue fino ad età tardo antica; successivamente all’abbandono della città l’insediamento continua, al di là del fiume Fiora, con l’abbazia benedettina fortificata di S. Mamiliano, della quale resta traccia, oltre che nei documenti archivistici, anche nel Castello della Badia, una struttura attestata fin dal IX secolo che oggi ospita il museo di Vulci. La fase etrusca è documentata soprattutto dalle necropoli, dislocate a corona intorno alla zona urbana mentre la città vera e propria conserva soprattutto resti di epoca romana. Il comprensorio dell’antica città ricade oggi nell’ambito di competenza di due diversi comuni: in quello di Montalto di Castro rientrano infatti l’area urbana e le necropoli settentrionali, in quello di Canino ricadono invece le estesissime necropoli orientali ubicate lungo la sponda sinistra del Fiora, che assolve a funzioni di confine tra i due comuni. Nell’Etruria Meridionale i complessi archeologici si collocano quasi sempre in ambienti di grandissimo valore ambientale e Vulci non fa eccezione alla regola. Naturalmente il paesaggio attuale non è quello della città etrusca ma piuttosto quello che si è venuto sedimentando dopo la fine dell’Impero Romano e la scomparsa del complesso sistema di gestione del territorio e delle acque che avevano garantito nei secoli precedenti la fertilità del suolo e la ricchezza delle comunità umane. L’abbandono dei sistemi di drenaggio provocò la stagnazione delle acque e rese il terreno acquitrinoso: dunque l’attuale è il paesaggio della Maremma ottocentesca, desolato e solitario come lo descrisse George Dennis quando nel 1842 percorreva la campagna di Vulci alla ricerca di testimonianze del centro etrusco. Analoga era l’impressione che ne trasse D. H. Lawrence, che nel 1927 parlava della Maremma come di “una delle regioni più abbandonate e selvagge d’Italia” ma in quegli anni la campagna era già stata bonificata dalla malaria e ampie zone di terreno erano coltivate, restavano però ancora vasti pascoli ed un generale senso di solitudine e abbandono. Nel suo complesso l’area della Città e delle circostanti necropoli si presenta ancora oggi sostanzialmente inalterata dal tempo tanto che, malgrado le massicce opere di bonifica attuate al principio degli anni ’50 del secolo scorso, resta per essa ancor oggi valida la descrizione che ne fecero quei celebri viaggiatori. Questo paesaggio è animato da una componente che rafforza la sensazione di ammirare un luogo antico, si tratta degli animali tenuti semibradi al pascolo, cavalli e buoi dalle lunghe corna, grazie ai quali più volte si è parlato del paesaggio di Vulci come paradigma delle visioni che in passato si avevano delle rovine archeologiche. In questo contesto naturale e culturale si collocano i pochi resti monumentali della città antica che connotano lo skyline del pianoro, rimasto inalterato anche dopo l’esecuzione delle ricerche archeologiche condotte a partire dagli anni ‘50 del 900. Questa area, che è una delle più caratteristiche dell’Alta Maremma Laziale, è stata da sempre oggetto di grande attenzione da parte dello Stato, la cui azione si è sviluppata su due linee, l’una di tutela, avviata fin dal 1916, mediante vincoli sia archeologici che paesaggistici e l’altra di acquisizione dei terreni di proprietà privata compresi nella area occupata dalla città. In questa prospettiva si è nel tempo esplicata l’attività della Soprintendenza Archeologica, impedendo l’attuazione di quella frenetica attività edilizia che purtroppo ha sconvolto altre aree della regione: valga per tutte l’esempio della costa a nord di Roma. Per parte sua la Regione Lazio ha condiviso questo atteggiamento: infatti individua già nel Piano Territoriale Paesistico, approvato con la legge regionale n. 24 del 6.7.1998, l’area del parco archeologico di 27 Vulci, all’interno del quale – così come perimetrato dai PTP, zona D1 parco archeologico – insistono zone di particolare interesse ambientale. Su questa base, di generale consenso circa il valore dell’area e la necessità di proteggerla, si imposta la creazione del Parco Archeologico Ambientale di Vulci, che nasce il 12 7 1999 grazie ad una convenzione sottoscritta dal Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali e dagli Enti Locali interessati, cioè la Regione Lazio ed i due Comuni di Canino e Montalto di Castro (VT). La convenzione raccoglieva la positiva eredità del progetto, molto complesso e quindi difficilmente sintetizzabile in breve, denominato “Scuola cantiere archeologica nel territorio di Vulci e Montalto di Castro” realizzato tra il 1994 ed il 1996 grazie alla legge 160 del 1988, che si poneva come obiettivo il riassorbimento della disoccupazione anche attraverso programmi di formazione. La convenzione, che nel 1999 si configurava come un primo esperimento per la gestione integrata dei beni culturali e ambientali, prevede il conferimento al Parco dei beni demaniali di proprietà statale mentre gli enti locali si impegnano in particolare alla realizzazione delle opere mancanti; la gestione del complesso è affidata ad una società mista pubblico – privata creata dal Comune di Montalto di Castro anche per questo obiettivo. Hanno partecipato al progetto: Dott.ssa Anna Maria Moretti Dott.ssa Patrizia Petitti Dott.ssa Laura Ricciardi Dott.ssa Clementina Sforzini Arch. Egidio Corso I Comuni di Montalto di Castro e Canino per il tramite della Soc. Mastarna 28 (1) Vincoli: ai sensi della legge 1497/1939 DM 21.9.1984, DM 22.5.1985, DM 19.01.1977, DM 21.09.1984, DGR 7802 del 17.9.1991; l’area è inoltre tutelata dalla legge 431/85 art.1, punti C ed M ed infine la zona è in gran parte protetta dalla legge 1089/1939. (2) Zona D3 parco fluviale, zona B2 agricola ad alto valore paesistico tutela paesaggistica, zona B3 sistema idromorfologico vegetazionale tutela orientata, zona C5 riqualificazione e salvaguardia dei caratteri vegetazionali e geomorfologici tutela orientata. Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio Paesaggi antichi della Piana di Alvito in Valle di Comino Giovanna Rita Bellini Il Santuario di Casale Pescarolo L’area sacra preromana e le terme di età augustea Fulcro della valle e del sistema di organizzazione territoriale preromano è il santuario di Casale Pescarolo in territorio di Casalvieri, che gli scavi e gli studi condotti in particolare tra l’ultimo decennio del secolo scorso ed i primi anni dell’attuale hanno riportato in luce nella sua valenza di crocevia di commerci e di culture. Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio uella che oggi è definita “ Piana di Alvito”, estesa tra le pendici dei rilievi su cui sorgono Vicalvi , Alvito, Atina, Casalvieri, attraversata dalla via detta Sferracavalli (SP della Vandra), nella Carta di Delisle (1745) è detta “ Piano di Cominate”, con evidente richiamo a Cominium, il centro sannita teatro della battaglia decisiva che determinò la conquista della valle da parte di Roma, identificato da molti con la collina di Vicalvi e con la sua cinta apicale in opera poligonale. Direzione Generale per i Beni Archeologici Q Direttore Generale Stefano De Caro Via di San Michele, 22 00153 Roma Tel. 06 58434600 Fax 06 58434750 [email protected] Il santuario, nato nell’VIII sec. a.C. come semplice culto in uno specchio d’acqua dove i pellegrini gettavano gli ex voto e forse si immergevano con l’aiuto di una passerella lignea, fu monumentalizzato in età ellenistica con un recinto sacro, un tempio, un altare. In età tardo repubblicana, quando il laghetto era ormai parzialmente interrato, ed il culto probabilmente in declino, sull’area sacra venne costruito un impianto termale, successivamente rimaneggiato e adeguato forse in relazione a nuove esigenze. Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio Direttore Regionale Luciano Marchetti Coordinamento per la comunicazione Anna Maria Romano Piazza di Porta Portese, 1 00153 Roma Tel. 06 5843/5441/5434 Fax 06 5810700 [email protected] www.laziobeniculturali.it Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio Soprintendente Marina Sapelli Ragni Via Pompeo Magno, 2 00192 Roma Tel. 06 3265961 Fax 06 3214447 [email protected] 29 Il santuario si colloca su una importante arteria nata come via di transumanza, ma divenuta ben presto via commerciale, collegata ai percorsi trasversali di comunicazione con il Sannio interno e con l’area medio-adriatica. La monumentalizzazione del tempio in età ellenistica, i reperti votivi e le caratteristiche generali dell’area sacra richiamano il santuario di Marica alla foce del Liris. E come il santuario alla foce del Liris si configura, per la sua particolare posizione su una importante via di comunicazione commerciale quale quella fluviale,come santuario emporico, così anche il santuario di Casale Pescarolo, posto su rotte commerciali che attraversano e collegano l’Italia antica, si configura come santuario emporico al confine del Sannio, difeso dal vicino centro di avvistamento sulla collina di Vicalvi. Con la romanizzazione, decaduto il culto originario, il fatto che il santuario non venga abbandonato come accade per altri, come Fontana del Fico di Satricum Volscorum o Mefete di Aquinum, ma si trasformi in impianto termale, conferma l’importanza della strada cui è correlato. Il sovrapporsi ed il sostituirsi al santuario di terme alimentate dalle stesse acque che avevano originato il culto è infatti un fenomeno ampiamente attestato sulle arterie stradali principali, come nella stazione di sosta con impianto termale in loc.Colle Pelliccione a Valmontone, o nelle stesse terme di Suio. Le terme di Casale Pescarolo saranno progressivamente abbandonate con il decadere dei traffici e con la trasformazione socio-economica della Valle nei primi secoli dell’Impero. La sistematizzazione della conoscenza La necessità di sistematizzare i dati storici, archeologici e topografici raccolti nella ordinaria attività di tutela e negli scavi effettuati nell’area di Casale Pescarolo ha condotto nell’anno 2004 ad uno studio territoriale il cui obiettivo era quello di verificare le ipotesi avanzate circa le origini del santuario e del culto, di focalizzare altre aree limitrofe, ad esso connesse, per indirizzare scavi futuri, di ricostruire la griglia insediamentale successiva alla romanizzazione, in cui si inserisce l’impianto termale impostatosi sull’area sacra. Il lavoro è stato organizzato in una schedatura per siti dell’edito; nella verifica mediante ricognizione degli stessi siti; nell’acquisizione di nuovi dati da ricognizione; nello studio geomorfologico sia bibliografico che di campo; nell’analisi della cartografia storica e militare, con particolare riguardo ad oronimi, idronimi e toponimi; nello studio delle foto aeree storiche. Il monitoraggio archeologico ha portato alla piena conoscenza delle dinamiche insediamentali ed evolutive del territorio, la “Piana di Alvito”, di cui il santuario e le successive terme sono il fulcro. 30 Resti e contesti Nella visione di un paesaggio come simbolo attivo nelle trasformazioni sociali, la visibilità delle testimonianze gioca un ruolo essenziale. È indubbio infatti che al di fuori dei grandi centri storici caratterizzati da agglomerati di resti monumentali, la percezione del passato tenda ad appiattirsi per la mancanza di visibilità, sia per gli studiosi, sia per il pubblico dei non specialisti. La Piana di Alvito è uno di questi luoghi, nei quali l’elusività di gran parte delle testimonianze, eloquenti per gli specialisti ma avvertite come elementi isolati dagli altri, impone la ricostruzione di uno schema di insieme necessario per far rivivere scenari oggi scomparsi Da qui deriva dunque la necessità di tradurre gli elementi archeologici (tombe, ville, tracce di centuriazione, ecc) isolati per la percezione comune, in un insieme coerente, in una sintesi tra i siti e la topografia della zona , tra resti e contesti che correlati formano il paesaggio archeologico. Le conclusioni dello studio territoriale sono la base scientifica per una proposta di ricostruzione del paesaggio quale verosimilmente doveva essere in età preromana e poi in età romana. La ricostruzione in grafica 3D La grafica 3D ha consentito di collocare in un coerente schema d’insieme le testimonianze in nostro possesso. Sia per l’età preromana che per quella romana base per la ricostruzione del paesaggio è stata la conformazione geomorfologica del territorio, rimasta sostanzialmente invariata fino ad oggi, nella quale sono stati inseriti i dati desunti dallo studio geologico, idrografico e da quello dei toponimi, relativamente al reticolo di corsi d’acqua ed alle sorgenti che determinano e motivano l’impiantarsi del culto delle acque in prossimità di quello che le modalità di rinvenimento dei votivi e i risultati di una serie di carotaggi consentono di ricostruire come piccolo lago correlato al santuario. 31 Per l’età preromana gli elementi archeologici (passerella lignea, struttura templare, altare, portico), la cui presenza è indiziata dai dati di scavo, sono stati riproposti nelle forme dell’età in cui essi probabilmente coesistevano, e ricostruiti attraverso confronti etnografici (la passerella lignea) e architettonici (il tempio, l’altare, il portico) con esempi coevi. Per l’età romana all’ossatura costituita dall’orografia e dall’idrografia desunte dagli studi geologici è stata aggiunta l’immagine della centuriazione scandita da siepi, alberi e fossati, proposta attraverso la raccolta di modelli reali di paesaggi che ripropongono, oggi, gli stessi caratteri geologici e vegetazionali. La neve, coerente con le ipotesi climatiche avanzate per l’età romana, è stata utilizzata per coprire porzioni di territorio ove il monitoraggio archeologico non aveva fornito indizi al di fuori di un generico richiamo al paesaggio agrario. Progettazione e coordinamento: Giovanna Rita Bellini Gruppo di ricerca: Rosangela Donnici Massimo Lauria Raffaele Leonardi Antonella Molinaro Stefano Pracchia Gloria Sgrigna Simon Luca Trigona Cristina Villani Ricostruzioni grafiche 3D e filmato: Paolo Berardinelli Dario Lanari Stefano Pracchia 32 La struttura delle terme (coperture, proporzione degli alzati) rinvenute a livello poco più che planimetrico, come pure le ville rustiche testimoniate da muri di sostruzione in opera poligonale puntualmente collocate e coerenti con la maglia centuriale, sono state riproposte sulla base di confronti di edifici coevi con uguale destinazione d’uso. Le aree sepolcrali sono state contestualizzate sulla scorta delle presenze monumentali o di quelle di materiale pertinente come iscrizioni funerarie ed elementi architettonici o scultorei sicuramente ascrivibili a monumenti funerari. Il filmato in DVD Le singole immagini ricostruite attraverso l’inserimento dei dati archeologici sulla base geomorfologica sono state successivamente animate in un filmato il cui obiettivo è una fruizione più consapevole del patrimonio culturale, offrendo una concezione di paesaggio non solo come contenitore di storia ma come storia esso stesso; paesaggio in parte ancora sepolto, ma che può risultare visibile prevedendone la possibile presenza. L’aspetto fortemente evocativo scelto per comunicare la complessità dei paesaggi antichi che hanno caratterizzato la Piana di Alvito in età preromana e romana è stato consapevolmente voluto come stimolo per una più matura coscienza dei valori nascosti di un territorio. 33 Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio Il Parco Naturalistico Archeologico di Ostia Proposta di convivenza tra monumenti e vegetazione Soprintendenza per i Beni Archeologici di Ostia Direzione Generale per i Beni Archeologici L Direttore Generale Stefano De Caro Via di San Michele, 22 00153 Roma Tel. 06 58434600 Fax 06 58434750 [email protected] Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio Direttore Regionale Luciano Marchetti Coordinamento per la comunicazione Anna Maria Romano Piazza di Porta Portese, 1 00153 Roma Tel. 06 5843/5441/5434 Fax 06 5810700 [email protected] www.laziobeniculturali.it Soprintendenza per i Beni Archeologici di Ostia Soprintendente Maria Antonietta Fugazzola Via dei Romagnoli, 717 00119 Ostia Antica Tel. 06 56358099 Fax 06 5651500 [email protected] 34 a tutela dell’area archeologica di Ostia Antica è fortemente connotata dalla notevole presenza arborea e vegetale che ne caratterizza il paesaggio. La sua vicinanza alla costa e alla foce del fiume comporta l’esistenza di un clima particolarmente umido e fortemente salino (il sale peraltro è stato la ragione della nascita della colonia); tutto ciò non può non ripercuotersi sui monumenti e d’altronde la vicinanza dell’Aereoporto internazionale di Fiumicino contribuisce, ulteriormente, ad appesantire l’atmosfera. A queste problematiche bisogna legare gli aspetti che scaturiscono da un intenso traffico turistico che, presentando in determinati periodi dell’anno picchi notevoli di frequentazione, rendono necessario il risanamento delle strutture e la corretta gestione dei flussi di visita. È quasi superfluo fare riferimento come cause di degrado delle strutture murarie, alla loro millenaria esposizione ai diversi agenti atmosferici ed all’individuazione, nella presenza della vegetazione infestante, di uno dei maggiori sintomi di usura. Le strutture, infatti, avviluppate da una fitta coltre vegetale subiscono inesorabilmente danneggiamenti all’interno dei nuclei murari provocando nel contempo i distacchi degli apparati decorativi-pittorici e delle superfici pavimentali. Da qui la necessità di cercare una risoluzione al problema individuando sistemi e metodi che garantiscano interventi di diserbo e di successivi restauri con risultati relativamente durevoli nel tempo a costi contenuti. Il lavoro interdisciplinare deve prevedere una attività lavorativa d’equipe in cui la figura dell’archeologo si affianchi a quella del tecnico di restauro, a quella dell’architetto del paesaggio e a quelle imprescindibili del botanico e dell’agronomo esperti conoscitori delle problematiche dell’area in gestione. Se in anni passati l’eliminazione incondizionata del verde è apparsa come un’azione insensata, al contrario sembra indispensabile ora ripensare ad un intervento mirato e disciplinato sulle varie essenze vegetali e arboree infestanti, intervenendo con accorgimenti tecnici di possibile precisione, affinché le strutture antiche non abbiano a patire ulteriormente nel loro delicato equilibrio strutturale. Rovine e verde sono un felice binomio che incontra il favore dei frequentatori delle aree archeologiche: si dà per scontato che queste vengano “arredate con piantumazioni”, talvolta scelte con approssimazione e dilettantismo. È evidente che per un’esatta valutazione di un intervento di restauro e di sistemazione di un’area archeologica non si può prescindere dallo studio dell’ambiente antico nella sua interezza per affrontare al meglio la progettazione e la conseguente valutazione di indicazioni propositive. Si deve sottolineare che studi mirati sulle essenze antiche (specie spontanee, specie introdotte, specie medicinali, specie alimentari, piante coronarie ecc.): sono stati compiuti quasi esclusivamente nell’area vesuviana e in particolare a Pompei. 35 Allo stato attuale, ad esempio, niente del genere in maniera sistematica è stato approntato ad Ostia Antica. La sensibilità verso questa forma di conoscenza, tuttavia, sta certamente aumentando e fornirà indicazioni di restauro nell’area di Ostia anche in questo senso, restauro quindi del paesaggio e dell’ambiente antico e non solo dei monumenti. Un ausilio importante dovrebbe venire, con il supporto di un esperto, dall’esame della vegetazione spontanea attuale in considerazione del fatto che si può parlare di casi di continuità di essenze erbacee e arbustive di un sito antico da integrare filologicamente con la lettura delle fonti letterarie e di altri strumenti di documentazione (pitture, rilievi ecc.). Sono tutti questi atti necessari per avviare una corretta gestione e salvaguardia del Parco Archeologico. Nei giardini dell’area degli Scavi di Ostia si è proceduto, ad esempio, ad una nuova sistemazione dei marmi di cava provenienti dal dragaggio del canale di Fiumicino e dall’Isola Sacra. Nel corso degli anni ’90 sono state, infatti, allestite 15 piazzole in cemento che supportano blocchi e fusti marmorei, ordinati per singole qualità di marmo e disposti in maniera tale da creare un percorso di visita che ne faciliti la comprensione, tramite l’apposizione di pannelli didattici. L’esperimento di musealizzazione all’aperto, a distanza di un decennio, ha incontrato il gradimento del pubblico e ha permesso di rispondere ad una esigenza prettamente scientifica funzionale all’attività di inventariazione: l’elenco dei blocchi, dei fusti e di altri frammenti architettonici, ha permesso di registrare i cambiamenti intervenuti e di poter definire lo stato attuale dei ritrovamenti. È in via di definizione uno studio mirato ad individuare un’area da destinare a “zona ristoro” e al ripensamento di un nuovo punto di approdo per lo sbarco dei battelli fluviali provenienti da Roma, rendendo il medesimo più sicuro e allestendo nuove aree a verde attrezzate con viottoli, pannelli esplicativi da situare sull’argine, al fine di riqualificare l’aspetto tiberino dell’antica città che vede nella presenza del fiume l’elemento costitutivo e significativo della sua storia e, da sempre, del suo paesaggio. 36 Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche L’archeologia tra ricerca scientifica e tecnologia quale occasione di sviluppo territoriale Marina Mengarelli, Michela Mengarelli P arlando di tutela del paesaggio la mente corre inevitabilmente al concetto di tutela architettonica quando, in realtà, molteplici sono le sfaccettature di cui essa si compone, tra le quali emerge quella del paesaggio archeologico, elemento fondamentale di quello storico che ha visto mutare il suo significato con il progredire della scienza archeologica. E con esso è mutato anche l’immaginario collettivo che ha visto estendere il concetto di patrimonio archeologico dal semplice paesaggio con rovine a quella di aree e parchi archeologici. Attualmente non esiste uno strumento normativo a livello nazionale che consenta la istituzione di un parco archeologico, in quanto la creazione o l’ampliamento di un’area archeologica avviene grazie ad un provvedimento di esproprio. Esiste quindi il problema di valutare se gli attuali strumenti normativi sono sufficienti alla tutela del territorio e del suo patrimonio archeologico inteso come elemento essenziale per la conoscenza della storia dell’uomo. Quello che è certo è che anche in materia archeologica la concertazione degli interventi tra tutti i livelli interessati delle pubbliche amministrazioni, deve diventare lo strumento ordinario di azione, da formalizzare attraverso opportune procedure come, ad esempio, l’accordo di programma. Ma accanto alla tutela, come evidenziato negli sforzi profusi negli ultimi anni dal MiBAC, fondamentale è la conoscenza del patrimonio archeologico che altrimenti rimarrebbe relegato all’interesse di una ristretta cerchia di studiosi ed appassionati. In tale ottica, la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche prosegue il progetto di valorizzazione territoriale finanziato con fondi CIPE, iniziato due anni or sono, denominato “La vallata del Potenza dalla via Flaminia al mare” che ha già portato alla creazione di un itinerario archeologico, alla realizzazione di un catalogo dei siti, di un DVD divulgativo, di un sito internet e di un volumetto didattico per le scuole. Il progetto finanziato con Delibera CIPE 17/2003 prevede iniziative di studio, comunicazione e diffusione delle attività svolte, nonché di valorizzazione e promozione dei beni culturali e dei siti della Vallata. Come per il progetto in corso, la realizzazione delle attività verrà concretizzata anche con il contributo della Provincia di Macerata, dei Comuni interessati, di Istituti di cultura e Università, di circoli scolastici e di alcuni Istituti superiori (Ist. Statale d’Arte di Ancona e Macerata). Il progetto vede come beneficiari diretti dell’iniziativa, la popolazione e gli Enti della Provincia di Macerata ed in particolar modo della Vallata del Potenza, che vedranno studiati e valorizzati i beni culturali e siti della stessa, con presumibili ricadute di tipo culturale, turistico ed occupazionale. Gli aspetti culturali, “tecnologici” ed innovati- Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche MARCHE Direttore Regionale Paolo Carini Coordinamento per la comunicazione Marina Mengarelli Michela Mengarelli Via Birarelli, 35 60121 Ancona Tel. 071 502941 Fax 071 50294240 [email protected] 37 vi del progetto riguarderanno però, anche per l’utilizzo di infrastrutture informatiche, prodotti multimediali, supporti digitali e diffusione sul web, un’utenza turistica e culturale almeno di respiro nazionale. L’iniziativa è finalizzata ad un complesso di attività volte alla creazione di un “polo culturale”: dalla valorizzazione del macrosistema territoriale della Vallata, al completamento dell’allestimento del museo archeologico del Castello Svevo di Porto Recanati (MC), alla realizzazione di apparati espositivi che utilizzino supporti digitali e multimediali per la didattica e la comunicazione museale. Verranno inoltre realizzati DVD multimediali per i più importanti insediamenti di epoca romana della Vallata. Il progetto prevede il completamento e la pubblicazione nel web del sito internet www.vallatadelpotenza.it, che verrà installato nel web server del Castello Svevo. Con la realizzazione di una rete wi fi per consentire l’accesso ai contenuti multimediali e ad internet, in wireless (senza fili), all’interno del centro storico di Porto Recanati e nel perimetro del sito archeologico di Potentia potranno essere utilizzate apparecchiature wireless quali palmari, notebook, ecc. La rete wireless potrà, nel tempo, essere estesa all’intera Vallata. Si può senza alcun dubbio definire il progetto, in cui si è riusciti a contemperare la rigorosa ricerca scientifica e la catalogazione dei dati archeologici con la didattica e le nuove tecnologie comunicative, esempio di “buona pratica” in grado di offrire un’occasione di contatto e confronto tra Pubblica Amministrazione, Università e mondo della scuola, in cui le nuove tecnologie costituiscono veicolo di conoscenza e formazione. La Direzione regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche, nell’ambito del progetto di promozione di luoghi e siti di gran pregio ma poco noti alla gran parte dei cittadini realizzato dal MiBAC con il Sistema Cultura e Mirabilia, ha preferito privilegiare, al momento della individuazione dei luoghi di cultura presenti nella regione, nell’ambito dell’innumerevole numero di siti da far conoscere, quelli archeologici rispetto a quelli monumentali o storico-artistici necessitando questi di maggiore attenzione e sensibilizzazione. Senza alcun dubbio di enorme valore è il progetto della Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche “Un tetto per i piceni antichi e moderni di Numana e Sirolo” nel quale, in collaborazione con i Comuni interessati e il Parco del Conero, si è cercato di fare il punto sulla ricerca archeologica in un territorio che ne vanta una enorme ricchezza ma che, a fronte di ciò, presenta una mancanza di mezzi, risorse economiche ed umane nonché di un’armonico piano urbanistico, elementi tutti necessari ad una doverosa tutela e valorizzazione del patrimonio storico ed archeologico in grado anche di garantire lo sviluppo edilizio sostenibile, dovere istituzionale, oltre che morale, di tutti i soggetti cointeressati. 38 Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche Un promontorio, il suo popolamento e la sua storia Maurizio Landolfi Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche Direzione Generale per i Beni Archeologici N el contesto territoriale dell’Italia centrale l’area gravitante intorno al Promontorio del Conero costituisce un comprensorio di notevole interesse ambientale, paesaggistico e storico-culturale. Per le sue caratteristiche geomorfologiche e ambientali e per la sua felice posizione geografica, il Conero fin dalle epoche più antiche è stato un’area particolarmente adatta ad ospitare comunità umane. Vi è attestata, dall’evidenza archeologica, una continuità di frequentazione umana del tutto eccezionale, che dal Paleolitico, senza significative interruzioni, arriva sino ai nostri giorni, conoscendo periodi di straordinaria fortuna e prosperità, come in età preistorica e soprattutto in età picena (IX-III sec. a.C.), a partire dall’età arcaica con particolare riferimento ai secoli VI, V e IV a.C. Aperte a contatti e influssi sia transadriatici e transappenninici, le varie comunità umane che nel tempo si sono succedute nell’area del Conero hanno occupato il territorio con forme di insediamento e con cultura materiale che si adattano di volta in volta alle caratteristiche delle fasi culturali cui si riferiscono. Al giacimento del Paleolitico inferiore e medio, individuato presso la cima del Monte conero, seguono gli insediamenti di età neolitica messi in luce a Portonovo di Ancona, a Montecolombo di Sirolo e quello recentemente individuato a S. Lorenzo di Sirolo. Nella successiva età Eneolitica si segnala il sepolcreto con tombe a grotticella di Camerano che con l’inserimento del Conero conferma come nelle Marche la cultura Eneolitica ha avuto una prevalente diffusione paracostiera con preferenza per le zone più interne, senza escludere però quelle più prossime al litorale. Anche nella successiva età del Bronzo il Conero continua ad essere frequentato da diverse comunità umane che sembrano evitare comunque posizioni a diretto contatto con il mare come evidenziato dagli stanziamenti di Ancarano di Sirolo del Bronzo antico e medio e di Massignano di Ancona, del Bronzo medio e finale unitamente agli stanziamenti appena individuati da rinvenimenti di superficie a S. Lorenzo di Sirolo e sul colle di Monte Albano di Numana. A questa fase è ascrivibile l’importante insediamento individuato sulla sommità della collina del Montagnolo di Ancona che chiude verso sud-ovest la rada anconitana da cui provengono ceramiche di tipo egeo. È soprattutto nel corso dell’Età del Ferro, nell’ambito della civiltà picena, che il comprensorio del Conero vede esaltata la sua importante funzione di testa di ponte nei collegamenti tra il Mediterraneo e il Nord Europa. In questo periodo, come sopraricordato, Numana, a tutto svantaggio della vicina e contrapposta Ancona, si configura come il principale emporio del medio Adriatico attivamente inserito tra la fine del VI e il IV sec. a.C. in una rete di traffici sistematici tra l’Attica e il Delta padano. Direttore Generale Stefano De Caro Via di San Michele, 22 00153 Roma Tel. 06 58434600 Fax 06 58434750 [email protected] Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche Direttore Regionale Paolo Carini Coordinamento per la comunicazione Marina Mengarelli Michela Mengarelli Via Birarelli, 35 60121 Ancona Tel. 071 502941 Fax 071 50294240 [email protected] Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche Soprintendente Giuliano de Marinis Via Birarelli, 18 60121 Ancona Tel. 071 5029811 Fax 071 202134 [email protected] 39 In età arcaica e classica, tra VI e V sec. a.C., Numana rappresentò uno dei principali centri dell’antico Piceno, quando il suo approdo naturale, ricavato ai piedi di uno sperone delle estreme propaggini sudorientali del Conero, costituiva un crocevia marittimo di non secondaria importanza, all’interno dei flussi commerciali che coinvolgevano tutto l’Adriatico nell’ambito dei rapporti tra Mediterraneo Orientale, Penisola Balcanica e Nord Europa. L’importanza di Numana in questa fase storica è nota sulla base di una ricca documentazione archeologica raccolta a partire dalla fine dell’8oo e costituita dalle associazioni funerarie di oltre 2000 corredi databili dal I al III sec. d.C. Altri materiali interessanti si sono avuti in anni recenti a seguito dell’azione di tutela assicurata sempre e comunque dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici delle Marche pur tra difficoltà non lievi, per controllare e disciplinare la massiccia espansione edilizia autorizzata dagli Enti Locali competenti. Oltre alla scoperta di un nuovo sepolcreto piceno (1978), individuato in località I Pini, in cui è stata riportata alla luce (1989) l’eccezionale sepoltura monumentale della regina picena della fine del VI sec. a.C., tumulata con ricchissima associazione con due carri, si sono verificate altre interessanti acquisizioni, con l’individuazione in via Peschiera di Sirolo (2004-2005) di un esteso settore dell’attigua necropoli Quagliotti-Davanzali (scavi 1958-1965, 1976, 19821984) e di un’altra necropoli in località Monte Albano di Numana, nella zona dell’attuale cimitero e nelle aree ad esso vicine (Colle Sereno 2005). 40 Un’ulteriore conferma della straordinaria importanza goduta da Numana in età picena viene fornita dall’evidenza archeologica, frutto di questi interventi che in molti casi vedono la partecipazione attiva dei privati che, d’intesa con la Soprintendenza per i Beni Archeologici, finanziano le necessarie ed opportune indagini e ricerche al fine del rilascio dell’autorizzazione a costruire in quelle aree che risultino di non interesse archeologico. Lo sforzo congiunto degli Enti, delle istituzioni e dei soggetti interessati è quello di armonizzare le diverse esigenze, assicurando sempre e comunque l’azione di tutela mirando anche a una razionale valorizzazione in piena armonia con uno sviluppo edilizio sostenibile. Le difficoltà sono notevoli, viste la ricchezza e la complessità della realtà archeologica effettuale, in mancanza di mezzi, di risorse economiche e di personale e in assenza di un armonico e integrato progetto comune tra i soggetti interessati, nonostante una dichiarata disponibilità che, perché generica, non produce gli effetti auspicati. I risultati ottenuti sono di estremo interesse e, a causa della ricchezza e della varietà tipologica dei materiali recuperati, pongono non pochi problemi in relazione a questi ultimi in merito alla loro conservazione, al loro restauro, studio e musealizzazione. Servono a tale scopo ambienti idonei e capienti insieme ad adeguati mezzi e personale per il loro restauro, studio e pubblicazione. In queste motivazioni è da ricercare la necessità e l’opportunità del progetto in parola. Assicurare una doverosa e necessaria tutela e valorizzazione di un eccezionale patrimonio storico-archeologico e permettere uno sviluppo edilizio sostenibile è un dovere di tutti i soggetti cointeressati. Far coabitare gli antichi con i moderni deve essere il nostro obiettivo primario. 41 Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Molise MOLISE Il parco archeologico di Saepinum-Altilia (CB) e il circuito delle mura romane Soprintendenza per i Beni Archeologici del Molise Direzione Generale per i Beni Archeologici Mario Pagano Direttore Generale Stefano De Caro Via di San Michele, 22 00153 Roma Tel. 06 58434600 Fax 06 58434750 [email protected] Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Molise Direttore Regionale Ruggero Pentrella Coordinamento per la comunicazione Brunella Pavone Piazza Vittorio Emanuele, 9 86100 Campobasso Tel. 0874 43131 Fax 0874 412403 [email protected] Soprintendenza per i Beni Archeologici del Molise Soprintendente Mario Pagano Via A. Chiarizia, 14 86100 Campobasso Tel. 0874 4271 Fax 0874 427352 [email protected] 42 I l parco archeologico della città romana di Saepinum (Sepino loc. Altilia-CB), facilmente accessibile dalla superstrada BeneventoCampobasso), che si caratterizza per la buona conservazione del tessuto urbano romano e della cerchia delle mura di età augustea (4 a. C.-2 d. C.), realizzata da Tiberio e da Druso col bottino di guerra, costituisce uno degli esempi meglio conservati di paesaggio “archeologico”. Posto nel valico di Vinchiaturo, ai piedi dei monti del Matese, è attraversato da uno dei principali tratturi, integro perché utilizzato fino agli anni ’50 del Novecento, quello PescasseroliCandela, e da un percorso trasversale che, valicando il Matese, raggiungeva la Campania. Alcune delle strutture romane rimasero frequentate nel corso del Medioevo e fino ad anni recenti. La Soprintendenza, dopo aver acquisito e restaurato una gran parte dell’area della città antica, è impegnata in un vasto programma di valorizzazione, che vede lo scavo e la sistemazione dell’intero circuito della cinta muraria, in alcuni punti lasciando visibili i numerosi crolli da terremoto, con la realizzazione di un percorso ciclabile intorno ad esso, che metta in valore anche le specie botaniche presenti nell’area. Il punto di partenza è stato individuato nella casa settecentesca che ingloba una delle torri di porta Terravecchia, dove è stata realizzata una mostra permanente sulle mura romane di Sepino. La mostra intende anche dare un’idea immediata e precisa della funzionalità militare delle mura stesse, e dei perché della loro progettazione (torri a distanza regolare, presenza del fossato, struttura delle porte). A tal fine, sono stati ricostruiti modelli al vero di una catapulta (che, nel linguaggio del tempo, era la macchina che scagliava dardi, cambiando di significato solo in epoca tarda), che era ospitata nella camera inferiore delle torri, e di una balista (che scagliava grandi pietre a 400 m. di distanza), che era ospitata alla sommità delle torri stesse, per coprire il semicerchio completo di tiro. Le ricostruzioni fedeli, sulla base dei ritrovamenti coevi, sono realizzate per la prima volta in Europa, e permettono di comprendere facilmente come l’incrocio dei tiri delle varie torri permettesse una difesa efficace dagli assalitori e di tenere lontane le macchine obsidionali. Una tappa di questo percorso è prevista con la risistemazione del plesso museale nelle casette di porta Benevento. Le catapulte sono basate su un progetto ricostruttivo e un accurato studio tecnologico delle varie componenti meccaniche, e sono state realizzate, con materiali tradizionali e con componenti meccaniche in bronzo e in ferro, che necessitavano di un’altissima precisione già all’epoca, realizzate presso un’industria di componenti per l’aeronautica. È in corso di realizzazione, inoltre, lungo il tratturo, che coincide col decumano, una esposizione museale e un percorso sulla transumanza: si tratterà di un museo narrante, con analoghi criteri museografici che permetteranno al visitatore un’immersione completa nel passato, adatto a differenti livelli di utente, che, partendo dalla grande iscrizione della seconda metà del II secolo d. C. di porta Boiano, riguardante il passaggio delle greggi imperiali, partirà dalle recenti scoperte riguardanti la pastorizia in Molise per l’età del bronzo, attraverso le importanti scoperte del santuario di Mefite a S. Pietro di Cantoni a breve distanza dalla città e di quello di Ercole a Campochiaro, ripercorrerà le vicende di quei fondamentali aspetto di storia economica e sociale che caratterizzano l’età romana, il Medioevo e l’età moderna fin quasi ai nostri giorni. 43 I percorsi archeologici-naturalistici saranno integrati da un circuito turistico-culturale che comprenderà una serie di importanti siti archeologici gravitanti intorno al grande attrattore rappresentato dalla città romana: le cinte murarie in poligonale di Terravecchia di Sepino e di Monteverde, il santuario di Ercole e il museo di S. Bernardino a Campochiaro, celebre anche per le due grandi necropoli longobarde, il santuario di Mefite con la chiesa paleocristiana di S. Pietro di Cantoni, la gigantesca villa romana dei Fufidii e dei Neratii in località S. Margherita di S. Giuliano del Sannio, l’abitato medioevale di Redole nello stesso comune, e la dominante cinta sannitica in opera poligonale di monte Saraceno di Cercemaggiore, per la quale è in corso il progetto di valorizzazione denominato “La sentinella dei Sanniti”, anche qui con la realizzazione di appositi percorsi archeologico-naturalistici, dotati di idonei e durevoli pannelli in pietrarsa porcellanata. 44 Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte PIEMONTE Paesaggio e archeologia post medievale in Piemonte Liliana Pittarello Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte I l tema proposto quest’anno per la X Borsa mediterranea del turismo archeologico “Il paesaggio ‘archeologico’. Resti e contesti: prospettive di condivisione su tutela e valorizzazione” è stimolante ed attuale, strettamente connesso agli importanti compiti che le Direzioni regionali per i Beni Culturali e Paesaggistici si trovano ad affrontare a seguito della ratifica ed esecuzione della Convenzione Europea sul paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre 2000 (L. 9 gennaio 2006, n.14) e le “Disposizioni correttive ed integrative al D.L. 22 gennaio 2004, n.42, in relazione al paesaggio” (D.L. 24 marzo 2006, n.157). La prima individuazione degli ambiti paesaggistici proposta dalla Regione Piemonte nell’ambito dei lavori preparatori per il Piano Paesaggistico evidenzia la presenza di settori territoriali omogenei in dipendenza da una forte matrice geomorfologica. In Piemonte sono quindi ambiti di paesaggio le vallate alpine e prealpine, oppure i territori strutturati su di una rete di insediamenti rurali come si registra in collina e in parte della pianura, oppure le aree urbane distribuite lungo la fascia pedemontana o pedecollinare. Questo processo di individuazione e di riconoscimento, una volta completato per gli aspetti caratterizzanti e qualificanti, concorrerà alla definizione degli aspetti di maggior rilievo connotanti il territorio e le sue “caratteristiche di valore”. Il fattore identitario, molto radicato nelle popolazioni, è strettamente legato ai beni culturali, ad iniziare dai beni archeologici, compresa l’archeologia post medievale ed industriale. Una regione che ha conosciuto a varie riprese fenomeni di spopolamento massicci come il Piemonte conserva un patrimonio di resti materiali sui quali non è mai stato fatto un ragionamento complessivo. La migliore conoscenza di questo patrimonio sta permettendo ora di valorizzare in modo nuovo aree che sono rimaste intatte nei loro valori culturali e paesaggistici. Direttore Regionale Liliana Pittarello Coordinamento per la comunicazione Emanuela Zanda Piazza San Giovanni, 2 10122 Torino Tel. 011 5220/457 Fax 011 5220/433 [email protected] [email protected] www.piemonte.beniculturali.it 45 Il paesaggio archeologico dell’Alta Valsessera (Biella). Un progetto in divenire Gabriella Pantò Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie Direzione Generale per i Beni Archeologici L Direttore Generale Stefano De Caro Via di San Michele, 22 00153 Roma Tel. 06 58434600 Fax 06 58434750 [email protected] Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie Soprintendente ad interim Marina Sapelli Ragni Piazza San Giovanni, 2 19122 Torino Tel. 011 5213323 Fax 011 5213145 [email protected] 46 a dorsale montana che cinge l’alta valle del torrente Sessera (Biella), raggiungendo nel settore occidentale la massima elevazione con il monte Bo, la cui cima si attesta a 2556 metri, demarca una ragguardevole porzione di territorio disabitato e selvaggio, ma ricco di risorse naturali e per molti secoli oggetto di attenzione e sfruttamento. Per l’alta valle le scelte insediative, documentabili almeno fin dal basso Medioevo, sono state determinate da un complesso intreccio di interessi che spaziavano dall’economia pastorale estensiva, alla casearia, alla coltivazione del castagno finalizzata alla produzione di frutti e legna, ma soprattutto vertevano sull’attività estrattiva con lo sfruttamento dei grandi giacimenti minerari. Il fondo valle non sembra aver avuto una densità abitativa maggiore nell’antichità, e la frequentazione fin dall’età romana è attestata solo da ritrovamenti fortuiti avvenuti lungo la direttrice viaria che conduceva alla Val Sesia e ai valichi transalpini. Le testimonianze archeologiche di età bassomedievale sono legate a particolari eventi storici di carattere eccezionale o temporaneo, come per i siti coinvolti nelle vicende legate alla presenza sull’impervio monte Rubello dell’eretico fra Dolcino e degli apostolici nell’inverno tra il 1306 e il 1307. Com’è noto la fonte contemporanea dell’Anonimo Sincrono nell’Historia fratris Dulcini heresiarche riferisce della costruzione da parte delle milizie vescovili impegnate nella lotta all’eresia, di strutture fortificate sulle alture poste a corona del Rubello, dalle quali sarebbe stato possibile tenere sotto controllo le vie di comunicazione. Le indagini archeologiche condotte sulle cime dei monti Rovella, Colmetto, Sant’Eurosia e Tirlo hanno consentito di documentare le “bastite” ipotizzate quali fortilizi delle milizie vescovili, costruite con l’utilizzo di strutture lignee e pietre, fossati e terrapieni. Nel caso della Rovella è stato anche possibile portare in luce e restaurare i resti della cappella terminale del Sacro Monte del santuario mariano di Banchette, costruita sui resti dell’accampamento delle milizie vescovili, il cui grandioso progetto di “Nuova Gerusaemme” non è mai stato portato a compimento. Le “bastite” sono oggi visitabili in un percorso didattico archeologico che si snoda in una cornice ambientale incontaminata, proposto con gli “Itinerari dolciniani” dal DocBi fin dal 1990. L’attenzione alla tutela dei resti archeologici di età medievale e successiva, attuata dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte, ha consentito, attraverso una serie di interventi archeologici anche di piccola entità, di valorizzare i beni culturali del territorio. Il “Progetto Alta Valsessera”, avviato nel 1991 nell’ambito del più ampio programma “Alpi e Cultura”, promosso dalla Regione Piemonte, si propone di focalizzare scientificamente e indagare tutti gli aspetti che contribuiscono a delineare la storia di un sito, siano essi di rilevanza naturalistica, ambientale, etnografica o archeologica. In quest’ottica si colloca la valorizzazione dei siti minerari sfruttati nell’antichità per le attività estrattive di rame, ferro e argento, già oggetto di sistematiche indagini archeologiche condotte sulle installazioni produttive, le cui testimonianze materiali sussistevano sui versanti rocciosi a picco sul Sessera e nell’area naturalistica afferente all’Oasi Zegna. Le ricerche hanno prodotto una cospicua messe di informazioni provenienti dalle fonti scritte, che integrate dai risultati delle indagini archeologiche hanno potuto ricostruire l’assetto degli impianti estrattivi e produttivi. Le indagini sono ancora in corso, ma grazie all’impegno finanziario della Comunità Montana Valle di Mosso, è stato possibile presentare al pubblico nel 2005 il sito di Rondolere a conclusione degli scavi e dei restauri conservativi condotti sull’altoforno e sulle strutture che lo affiancavano. Il sito è ora visitabile percorrendo un sentiero attrezzato con installazioni didattiche e piattaforme lignee panoramiche, che si snoda tra le gore in parte scavate e in parte costruite, che convogliavano l’acqua del Sessera necessaria al funzionamento del maglio e delle macchine soffianti costruite nell’ultimo quarto del XVIII secolo. Attualmente è in corso l’ultimazione dell’indagine e del restauro sugli imponenti ruderi dell’Opificio sorto nel XVIII secolo per il trattamento della galena argentifera, localizzati sulla costa dell’Argentera. La Valsessera è stata inserita tra i “Siti di importanza comunitaria” e delle zone di protezione speciale proposte dall’Unione Europea per la costituzione della rete Natura 2000 e i risultati delle ricerche condotte negli ultimi quindici anni, comprendenti aspetti multidisciplinari, tra i quali quelli naturalistici, con nuove segnalazioni faunistiche in particolare per quanto riguarda la fauna ipogea degli ambienti di miniera di interesse biospeleologico, sono stati presentati nell’anno in corso nella mostra Aquile, argento, carbone. Indagine sull’Alta Valsessera, curata dal DocBi, tenutasi alla Fabbrica della Ruota di Pray Biellese. La valorizzazione dei beni culturali di un territorio montano di considerevole valore ambientale e naturalistico, quale quello dell’Alta Valsessera, può generare una molteplicità di benefici diretti e assicurare un potente sviluppo economico, concorrendo a ricostruire la memoria collettiva attraverso la condivisione del valore storico-culturale del patrimonio archeologico e dei diversi aspetti che hanno interessato il territorio determinandone le trasformazioni nel tempo. 47 Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia Il progetto di recupero del Pulo di Molfetta fra erosioni, terrazzamenti e testimonianze archeologiche Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia Direzione Generale per i Beni Archeologici PUGLIA Direttore Generale Stefano De Caro Via di San Michele, 22 00153 Roma Tel. 06 58434600 Fax 06 58434750 [email protected] Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia Direttore Regionale Ruggero Martines Coordinamento per la comunicazione Emilia Simone Strada dei Dottula Isolato, 49 70122 Bari Tel. 080 5281111 Fax 080 5281114 [email protected] Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia Soprintendente Giuseppe Andreassi Via Duomo, 33 74100 Taranto Tel. 099 4713511 Fax 099 4600126 [email protected] 48 Francesca Radina, Maria Cioce N atura, archeologia e storia rappresentano per il Pulo di Molfetta, proprietà della Provincia di Bari, un unicum inscindibile all’interno di quel particolare contesto geo-territoriale che è l’altopiano murgiano, caratterizzato da dolci ripiani progressivamente digradanti verso le azzurre acque del mare Adriatico. La dolina, formazione tipica del paesaggio carsico delle Murge, si presenta come una larga voragine , con una perimetrazione di ben 600 metri, tra la campagna verdeggiante di ulivi e mandorli, a 3 Km dalla periferia di Molfetta. Il paesaggio preistorico La presenza dell’uomo in questo sito ha origini molto antiche, risalendo a più di 7000 anni fa, quando la grande dolina era inserita in un ambiente forestato con larghi spazi aperti. La cavità a quel tempo doveva essere più stretta e più profonda, con uno specchio d’acqua raccolto sul fondo. Tutto intorno, sui vasti terrazzi superiori si sviluppò con alterne vicende tra 7000 e 4000 anni fa, dunque fino all’età del Bronzo, un insediamento con capanne, recinto da una muratura imponente già nelle fasi più antiche del Neolitico, con annesse aree di attività funzionali all’economia agricola e alle produzioni artigianali dell’abitato. Numerose sepolture del Neolitico ben documentano nel contempo gli aspetti dei rituali funerari delle antiche comunità. La fertilità del suolo, favorita da terreni ben drenati dall’incessante opera modellante dell’uomo sulla natura, come anche la comoda disponibilità di riserve idriche favorì sin da subito l’attecchimento dell’insediamento umano che proprio in tale sito si distinse per la produzione di un tipo di ceramica, l’impressa “tipo Molfetta”, tra le più arcaiche del Mediterraneo preistorico. Le suggestive grotte che numerose si aprono nelle pareti sub-verticali della dolina, interrompendo la imponente sequenza degli strati di roccia calcarea in cui si legge ancora oggi la “storia geologica” della Terra di Bari, costituirono il paesaggio di sfondo per la frequentazione preistorica: fra tutte si distingue la ben nota “Grotta del Pilastro”, con un diramato sistema di caverne sovrapposte e intercomunicanti, dove non è difficile immaginare riti, processioni e più in generale tutte quelle pratiche funerario-cultuali che rappresentano la proiezione diretta sull’ambiente ipogeico del complesso mondo ideologico delle genti preistoriche. Il Pulo luogo di preghiera e meditazione nel 1500 Risale al pieno ‘500 la costruzione del convento dei Capuccini che sovrasta maestoso lo spettacolare strapiombo del ciglio sud-occidentale della dolina. Certamente la particolare conformazione della cavità naturale, con fitta e rigogliosa vegetazione e ripari in grotta, esercitò anche sugli umili frati un forte e primordiale richiamo per tutte quelle attività connesse alla vita conventuale (colture di erbe e piante medicamentose, meditazione, etc.). La presenza poi in una cavità, la Grotta 1, di un ossario ancora integro, alloggiato in un incavo nel banco roccioso che le ricerche effettuate ritengono di poter riferire alla sepoltura di componenti della comunità dei Capuccini del soprastante convento, conferma la vocazione del Pulo quale sosta ideale per la devozione religiosa e la riflessione spirituale. Il paesaggio minerario: una fabbrica regia di fine settecento La singolare dedicazione di due grotte ai regnanti borbonici Carolina e Ferdinando apre per il Pulo il capitolo di storia forse più controverso: già da tempo era stata motivo di interesse per i naturalisti. Ma la scoperta di efflorescenze di nitrati all’interno delle grotte determina un nuovo interesse, tant’è che i Borboni sostengono la costruzione una fabbrica in loco per la produzione della polvere da sparo. Le ricerche e le operazioni di restauro, avviate dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia su finanziamento della Provincia di Bari sin dal 1997 e terminate nel 2003 con risultati particolarmente proficui per l’approccio metodologico di tipo rigorosamente interdisciplinare del progetto di recupero e valorizzazione (geologia, botanica, storia, archeologia, restauro, sentieristica naturale) hanno messo in atto un esempio possibile di tutela integrata tra ambiente e archeologia, raccogliendo la sfida del primo grande scavo di archeologia industriale nel panorama pugliese. Grazie alle diverse professionalità specialistiche coinvolte a vario titolo nel progetto, infatti, sono riemerse dall’oblio vaste testimonianze monumentali di un articolato impianto industriale. Ubicato subito al disotto del complesso religioso il cd. “Corpo di Guardia”, piccolo edificio in pietra con portale ad arco, costituisce l’inizio di un affascinante viaggio “verso il centro della terra”, verso un armonioso equilibrio, cioè, tra natura, archeologia e storia. Dopo aver percorso sentieri naturalistici, immersi nel fitto e verde patrimonio boschivo e vegetale reso ancora più speciale per la ricca biodiversità osservabile, ecco succedersi un elaborato sistema di muri di terrazzamento in pietrame calcareo a secco, in alcuni punti ricoperti da cascanti piante di edere, che riflettono qui come altrove secolari processi di antropizzazione del pesaggio murgiano costiero. Si giunge così sul grande terrazzo intermedio, dove sotto ombrosi boschi di alloro, campeggiano l’Opificio-distilleria e il Magazzino della Nitriera borbonica: il primo destinato alla cottura delle terre nitrose e l’altro allo 49 stoccaggio del prodotto semi-finito per la produzione della polvere da sparo e da mina. Imponente si sviluppa sul fondo della dolina l’impianto di vasche, canali, pozzi e cisterne, ovvero prima tappa del ciclo produttivo della fabbrica, con specifica funzione di lavaggio e decantazione delle terre nitrose rinvienenti dallo svuotamento delle grotte. Il processo di estrazione dei nitrati, particolarmente ricercati durante il Regno di Napoli, fece sì che ai piedi della suggestiva parete nord si concentrassero, fra alberi di fichi, melograni e ulivi, enormi cumuli di terra circoscritti da cinture di contenimento in muretti a secco, secondo il ben noto sistema costruttivo delle Specchie che costellano numerose le assolate campagne pugliesi. Tutto questo concorre dunque a definire il Pulo come uno dei luoghi-simboli delle millennarie dinamiche insediative della Puglia centrale strettamente legate, quasi in rapporto simbiotico, a quel noto fenomeno geologico del carsismo di superficie che incide così profondamente il paesaggio basso-murgiano con doline, lame e grotte. Ricerche archeologiche: Francesca Radina (direzione scientifica) Iole Caramuta Maria Cioce Italo Muntoni Francesco Sanseverino Aspetti geologici: Michele Maggiore Aspetti botanici: Antonio Bernardoni Restauro: Consorzio ICONOS Bari Impresa ai lavori: A.T.I. Imprese Volpe e Lacitignola di Taranto Progetto promosso e finanziato dalla Provincia di Bari (Ufficio Tecnico – Sergio Fanelli) a cura di Nicola Martinelli Riferimenti bibliografici: Natura Archeologia e Storia del Pulo di Molfetta a cura di F. Radina, Bari 2007 50 Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna Le concessioni d’uso Paolo Scarpellini I n Sardegna esistono numerosissimi siti archeologici di proprietà statale, ovvero musei locali contenenti reperti archeologici provenienti da scavo e dunque di proprietà dello Stato. Prevalentemente siti e reperti sono stati dati in concessione agli Enti Locali i quali, a loro volta, fruendo anche di contributi finanziari della Regione, hanno affidato la gestione dei monumenti e dei musei a società private. La Regione Autonoma della Sardegna, che si è dotata di una apposita normativa sui Beni Culturali (L.R. 14/2006), mira a ridurre i contributi finanziari alla gestione dei luoghi della cultura, ovvero a concentrarli su quelli che mostrano caratteristiche di qualità. Allo stato attuale i monumenti e i musei, che beneficiano del contributo regionale sono circa duecento su un totale complessivo di un migliaio di luoghi di interesse culturale effettivamente visitabili ed aperti al pubblico. Gli atti che disciplinano le concessioni d’uso a Comuni di beni culturali statali, in consegna alle Soprintendenze, sono eterogenei ed in massima parte precedenti al Decreto Legislativo n. 42 del 2004 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio), che, al Capo II, detta disposizioni innovative in materia di valorizzazione e gestione. Pertanto la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna ha da tempo intrapreso una trattativa con la Regione per elaborare congiuntamente una intesa quadro generale finalizzata alla valorizzazione dei beni culturali di proprietà pubblica, nonché uno schema tipo dell’atto di concessione da utilizzare per trasferire al Comune la disponibilità di uso del bene statale. Si propone qui di seguito una rassegna degli elementi e dei requisiti che devono caratterizzare, a giudizio di chi scrive, il contenuto degli atti di concessione, allo scopo di assicurare il perseguimento dei diversi obiettivi della tutela, della salvaguardia, della ricerca, della pubblica fruizione, della convenienza e della sicurezza. Innanzitutto l’atto di concessione d’uso del bene culturale statale dalla Soprintendenza al Comune deve essere stipulato in forma scritta e registrato nel repertorio interno dell’Istituto anche quando sussista un precedente accordo scaduto, che non è opportuno considerare tacitamente rinnovato. Oltre alle prioritarie finalità della tutela e della pubblica fruizione del patrimonio culturale statale, sussiste la necessità di rendere conveniente per lo Stato concedere in uso al Comune un singolo bene ovvero una raccolta di beni che la Soprintendenza statale detiene in consegna. In tal senso il Comune, nella sua qualità di concessionario ovvero di soggetto titolare della disponibilità del bene statale, avrà l’obbligo di pagare allo Stato un corrispettivo pecuniario ovvero un equivalente corrispettivo in attività finalizzate ad assicurare la cura e Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna SARDEGNA Direttore Regionale Paolo Scarpellini Coordinamento Sandra Violante Via dei Salinieri, 20-22 09126 Cagliari Tel. 070 34281 Fax 070 3428209 [email protected] 51 la salvaguardia del bene stesso. Inoltre occorrerà precisare che gli interventi di pulizia, di manutenzione ordinaria, e di adeguamento alle norme di sicurezza, sono a carico del Comune concessionario. E la Soprintendenza dovrà redigere e fornire al Comune un “manuale di uso del bene”, recante tutti gli interventi da compiere e tutte le cautele da impiegare, per una corretta conservazione del bene stesso. In linea generale, gli interventi finalizzati alla valorizzazione, alla fruizione e alla promozione del patrimonio culturale e ambientale devono rispettare al massimo l’assetto storico e naturale del sito e del contesto interessati, evitando modifiche o inserimenti che possano alterare il paesaggio e l’ambiente in cui i beni culturali sono situati. Eventuali elementi che introducano alla fruizione del sito di interesse culturale (manufatti, edifici, pannelli, segnali, ecc.) dovranno essere collocati in luoghi idonei, in maniera tale da non interferire visivamente con i monumenti e con il loro contesto ambientale. Gli interventi di manutenzione, restauro, recupero e adeguamento di fabbricati storici, finalizzati all’allocazione di funzioni e attività di valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale (ovvero ad altre funzioni e attività turistiche, commerciali e ricettive, collegate comunque alla fruizione) dovranno avere carattere conservativo, salvaguardando e ripristinando gli elementi costruttivi (murature, solai, coperture) e i corredi architettonici (pavimenti, serramenti, intonaci, tinteggiature e decorazioni) originari e tradizionali, ed escludendo l’inserimento di elementi estranei e stridenti. Gli interventi di nuova costruzione di edifici o manufatti finalizzati all’allocazione di funzioni e attività di valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale (ovvero ad altre funzioni e attività turistiche, commerciali e ricettive comunque collegate al progetto), da prevedersi solamente se ritenuti strettamente indispensabili, dovranno avere collocazione defilata, contenuta dimensione, semplicità di forme e caratteri coerenti con la tradizione costruttiva locale e con il contesto paesaggistico. Anche gli interventi destinati a favorire l’accessibilità e la fruizione dei siti archeologici, sempre da ridurre al minimo indispensabile, dovranno rispettare la tradizione costruttiva locale ed il contesto naturale e paesaggistico. La segnaletica in elevato (cartelli su palo) dovrà essere circoscritta alle strade carrabili mentre semplici targhe illustrative e direzionali, robuste e durevoli, potranno essere più opportunamente posizionate su massi lapidei naturali, poste ad una altezza non superiore ai cm 100 dal suolo, senza comunque interferire con la visibilità e la prospettiva dei manufatti antichi e dell’area archeologica il cui assetto dovrà conservare integri i propri caratteri di storicità e naturalità. Le pavimentazioni dei sentieri potranno essere ripristinate o rifatte secondo la tecnica esecutiva tradizionale (impietrato o selciato posato a secco su terra). Deve escludersi la realizzazione di nuove strade carrabili o di parcheggi in prossimità dei siti di interesse culturale ed archeologico, evitando in ogni caso sbancamenti e rimodellamenti del terreno. Le piazzole di sosta per automobili, in zona rurale, potranno essere allocate in posizione 52 defilata rispetto all’area di interesse, e non saranno comunque pavimentate, se non con pietre posate a secco. Le recinzioni potranno essere realizzate in muretto a secco (da eseguirsi secondo la specifica tecnica locale, differente da zona a zona), ovvero con l’ausilio di arbusti autoctoni, escludendo l’impiego di staccionate in legno, di reti plastificate, di muretti in cemento o di ringhiere metalliche. L’eventuale impianto di illuminazione, qualora sia ritenuto strettamente indispensabile alla fruizione del sito, sarà costituito da corpi illuminanti posti a meno di 50 cm dal suolo tali da irradiare esclusivamente luce diffusa diretta verso il basso. Eventuali lavori di scavo e restauro di strutture o reperti archeologici, dovranno essere eseguiti, previa approvazione del relativo progetto da parte della Soprintendenza per i Beni Archeologici, sotto la direzione scientifica di un archeologo e sotto la vigilanza della Soprintendenza stessa. Per tutti gli interventi che coinvolgano luoghi o manufatti di interesse culturale, ovvero posti in contesti di interesse paesaggistico ambientale, i relativi progetti preliminari ed esecutivi dovranno essere sottoposti alla preventiva approvazione della competente Soprintendenza per i Beni Architettonici e/o Archeologici ed eseguiti sotto la vigilanza della medesima Soprintendenza. Altro aspetto essenziale della concessione è quello della individuazione precisa e inequivocabile del bene o dei beni concessi in uso. Per quanto concerne i beni immobili, quali antichi monumenti o aree archeologiche, se ne deve dare nell’atto di concessione una definizione completa indicandone la denominazione toponomastica, i riferimenti di mappa catastale, la posizione ed il perimetro in maniera georeferenziata. Per le raccolte di oggetti o di reperti archeologici, se ne dovrà redigere un elenco recante, per ciascuno di essi, descrizione, fotografia, materiale, misure, datazione, provenienza. I beni statali concessi in disponibilità al Comune restano comunque soggetti alle disposizioni fissate dal Codice in materia di riprese filmate, televisive, fotografiche. I Comuni dovranno pertanto acquisire il parere obbligatorio della Soprintendenza, competente per territorio, che dovrà valutare la compatibilità del prodotto da realizzarsi con le esigenze di tutela ed il carattere storico artistico del bene. Anche in tal senso la Direzione Regionale ha in corso la definizione di un accordo con la Regione per agevolare le società di produzioni cinematografiche e televisive, che intendono utilizzare i luoghi della cultura statali come location per le riprese, redigendo un regolamento che consenta di uniformare le procedure su tutto il territorio regionale. 53 Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna Tuvixeddu. Al di là Giovanni Azzena, Donatella Salvi Soprintendenza per i Beni Archeologici delle province di Cagliari e Oristano Direzione Generale per i Beni Archeologici T Direttore Generale Stefano De Caro Via di San Michele, 22 00153 Roma Tel. 06 58434600 Fax 06 58434750 [email protected] Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna Direttore Regionale Paolo Scarpellini Coordinamento Sandra Violante Via dei Salinieri, 20-22 09126 Cagliari Tel. 070 34281 Fax 070 3428209 [email protected] Soprintendenza per i Beni Archeologici delle province di Cagliari e Oristano Soprintendente ad interim Giovanni Azzena Piazza Indipendenza, 7 09100 Cagliari Tel. 070 605181 Fax 070 658871 [email protected] 54 uvixeddu è Aldilà. Gli antichi parenti dei cittadini contemporanei che “dormono sulla collina”, sono stati già in antico disturbati da cave, costruzioni, infrastrutture... La città moderna non li ha scacciati, né coperti, ma circondandoli da ogni lato ha restituito loro, in qualche modo, la pace. Una pace che adesso sembra eccessiva, perché sa di abbandono, ma che, forse, è il primo passo per tentare un approccio diverso al problema Tuvixeddu. Tuvixeddu al di là dei problemi, delle polemiche, degli errori, delle contrapposizioni. Perché Tuvixeddu è stato ed è ancora – per i media, per la gente, per la politica – essenzialmente un problema. E niente, nella sua lunga storia, ha nuociuto tanto a questo luogo fragile e prezioso di questo lungo periodo di problematicità. Il secondo passo è accordo, coordinamento: perché nessuno, da solo, può riuscire. Tuvixeddu al di là dei recinti. Perché il grande colle dei morti, come ogni cimitero, come ogni luogo di margine, come ogni “terzo paesaggio” rimasto intatto nella maglia stretta dei quartieri moderni, è proprietà di tutti. Tuvixeddu permeabile alla vita, proprietà della gente, eredità da condividere. Il terzo passo è condivisione, perché non esiste forma di tutela più perfetta del far capire a tutti e a ciascuno che ciò che vede, usa, percorre, è roba sua. Tuvixeddu al di là del paesaggio. Perché la collina solcata da cave, punteggiata da tombe, che sembra campagna, brulla e polverosa, è però certamente anche città. È un grande quartiere stranamente urbano, forse non periferico ma certamente di margine. Il quarto passo è guardare Tuvixeddu come se fosse città, perché si possa “sentire” urbano e come tale rispondere. Tuvixeddu al di là dell’urbano. Perché è vero anche l’esatto contrario. Tuvixeddu è un frammento di campagna, un meteorite pregnante storia piombato nel mezzo di un quartiere di Cagliari. Non si può imbellettarlo troppo, non si può caricarlo di orpelli: è la severa campagna sarda, paesaggio di cronodiversità evidente, che chiede attenzione e cura, ma non sopporterebbe interventi pesanti. Occorre ascoltare il silenzio triste di Tuvixeddu con rispetto e, forse, fare tutti un passo indietro. Il quinto passo è l’addio? Forse, ma in questo caso è certamente un addio positivo. Oggi compresa nel tessuto urbano di Cagliari, ma a lungo periferica rispetto alla città moderna, la collina di Tuvixeddu è stata utilizzata nell’antichità, e per molti secoli, come necropoli. Città dei morti, prima, in età punica, contrapposta, nella sua estesa compattezza, alla città dei vivi che si apriva sulla laguna di Santa Gilla; scenografica composizione di colombari e tombe a camera, più tardi, in età romana quando, alle pendici della collina, esterna ormai alla città, le sepolture si affacciano lungo la principale strada che da Cagliari si dirige verso l’interno dell’isola. Progressivamente, e per settori, venuta meno la funzione funeraria, quello stesso calcare che aveva agevolato lo scavo delle sepolture, divenne risorsa: numerosi fronti di cava furono aperti per ricavare pietra da taglio e da calce, aprendo lacerazioni profonde su tutti i versanti del colle. A valle, affiancate o addossate alle tombe romane, con disposizione irregolare, molte case basse e poche più importanti ville posero le basi per una periferia staccata che tendeva a congiungersi con la città, mentre le stesse tombe a camera, come è attestato fin dal Cinquecento, costituivano abitazioni di fortuna o magazzini annessi ad attività commerciali. In questo quadro, ricavabile dal catasto ottocentesco, dalle fotografie di Desselert o dalle descrizioni dei primi del Novecento del Taramelli che vi vede povere case “di pescatori e panattare”, si muove la ricerca archeologica, attenta alla scoperta delle prime tombe che apparivano allora, per la particolare struttura a pozzo e per i monili così simili a quelli egiziani, di incerta attribuzione, meno curata nell’analisi dei contesti romani, dei quali si apprezzavano le architetture e le iscrizioni ma non si descrivevano né le urne – ancora in posto, – né i corredi. La grandiosità della necropoli è però percepita dagli studiosi ed è soprattutto nelle parole di Francesco Elena, nel 1861, che ne emergono tutte le potenzialità: non solo l’avvocato-archeologo ne coglie l’unicità nell’estensione e nella quantità di sepolture, ma ne auspica lo scavo integrale che, mettendone in luce i tagli, avrebbe formato un “monumento”privo di confronti. Per quanto altri, sempre più ampi, fronti di cava siano stati aperti nel tempo, distruggendo o sezionando i pozzi delle tombe puniche, ed anche se l’espansione edilizia ha ormai raggiunto e pressoché inglobato i margini della collina, oggi l’auspicio di Francesco Elena sta diventando realtà. Ai cantieri non contigui, e talvolta ripetuti, che avevano consentito indagini d’urgenza o di breve periodo, è finalmente subentrato un cantiere che, con la durata, ha garantito lo scavo in estensione. Stanno emergendo così, disposte in un tessuto fitto e per lo più regolare, i pozzi verticali, più o meno profondi, che immettono alle celle, aperte sul lato corto, nel quale era deposto il defunto. In molti casi pozzo e cella sono risultati già scavati in un passato più o meno recente e riempiti con terra o con rifiuti di vario genere. Con una certa frequenza, però, la lastra in pietra posta a chiusura della porta di accesso alla cella è risultata ancora in posto e nella cella sono stati ritrovati i corredi ed i resti scheletrici. La conoscenza delle tecniche e dei rituali dell’età punica è stata notevolmente ampliata: da un lato la possibilità di cogliere la distribuzione delle tombe, il loro andamento interno e l’attenzione posta ad evitare danneggiamenti fra tomba e tomba, – talvolta sollevando le quote, talvolta realizzando dei dislivelli nella cella o nel pozzo, – ha consentito di comprendere i criteri di espansione della necropoli; dall’altra l’analisi dei corredi, costituiti da ceramiche d’uso comune ma anche da non pochi oggetti di particolare pregio, ha favorito la lettura delle consuetudini della morte, l’attenzione per il particolare, il rapporto fra i vivi ed i loro defunti in un arco di tempo che va dal VI al IV secolo a.C. A ciò si aggiunge che in alcune porzioni è possibile apprezzare come per qualche tempo, già in età romana, la collina fu interes- 55 sata da tagli di cava e come più tardi, nel II secolo d.C., tutta l’area fu percorsa dal tracciato dell’acquedotto che, da 40 chilometri di distanza, riforniva Cagliari di acqua corrente. Tutti questi dati si aggiungono a quelli già acquisiti negli scavi condotti più a valle, laddove la roccia calcarea è ricoperta da un suolo compatto e a tratti argilloso nel quale, con modifiche percepibili in tutto il mondo punico fra il IV ed il III secolo a.C., l’inumazione dei defunti non è più ospitata nelle celle delle tombe scavate, ma in semplici tombe a fossa. È qui, inoltre, che con l’arrivo di genti latine, si coglie, nettissimo, l’ulteriore cambiamento delle forme del rituale con il passaggio dall’inumazione alla cremazione diretta nei cd. busta e, più tardi, a quello della cremazione indiretta: i resti combusti sono ospitati nelle urne, a loro volta deposte nella terra o nei colombari, nuova forma architettonica delle sepolture a camera ancora una volta scavate nella roccia ma questa volta accessibili direttamente da una porta aperta sul costone. Alla verticalità delle tombe a pozzo, interamente contenute nel banco roccioso, subentra la frontalità delle tombe romane, come case ricche di stucchi, nel caso della Tomba con pesci, spighe ed altri fregi, o come simulazione di templi: “Ciò che tu credi un tempio, viandante...” recita infatti una delle iscrizioni della Grotta della Vipera, la più famosa delle tombe a camera, che il marito dedicò ad Attilia Pomptilla. Foto di: Giovanni Alvito Teravista 56 Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna Il Paesaggio archeologico nell’agro di Sinnai Maria Rosaria Manunza Soprintendenza per i Beni Archeologici delle province di Cagliari e Oristano Direzione Generale per i Beni Archeologici I l Progetto di valorizzazione del Paesaggio archeologico di Sinnai è partito dalla identificazione delle risorse archeologiche presenti nel territorio, per ricavare gli elementi di conoscenza che ci consentissero di fare ipotesi sui modi di vita delle popolazioni antiche. Il lavoro di Censimento Archeologico della scrivente sotto la direzione scientifica della scrivente, è stato finanziato dal Comune di Sinnai. Il risultato della ricerca è stato pubblicato nel volume “Indagini archeologiche a Sinnai” a cura della medesima. Direttore Generale Stefano De Caro Il primo compito del cantiere archeologico è stato quello di acquisire la maggior quantità possibile di dati sul territorio. Si è fatto un preliminare esame del materiale cartografico, sulle carte I.G.M. 1:25000 ed 1:10000. Per la ricerca dei monumenti ci si è basati inoltre sulla raccolta delle notizie bibliografiche e, soprattutto, sulla raccolta delle testimonianze orali. Alla raccolta dei dati è seguita una capillare indagine sul territorio. Una volta posizionato il punto di riferimento con il GPS si è proceduto alla misurazione del monumento con i tradizionali sistemi di rilevamento: triangolazioni etc. I monumenti sono stati quindi inseriti nelle nuove carte I.G.M. e nelle carte catastali. Una volta accertata la natura, l’estensione, lo stato delle emergenze archeologiche, si è proceduto al rilievo delle strutture visibili e alla loro documentazione mediante foto e diapositive che sono state allegate alle schede descrittive. I lavori hanno evidenziato una ricchezza di siti e di monumenti di notevole interesse. Per quanto allo stato attuale delle ricerche non si abbiano rinvenimenti riferibili al Paleolitico, al Mesolitico, e ai periodi più antichi del Neolitico, non si può escludere, in assenza di scavi stratigrafici, che gli uomini in quei periodi fossero assenti in questo territorio. La cul- Via di San Michele, 22 00153 Roma Tel. 06 58434600 Fax 06 58434750 [email protected] Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna Direttore Regionale Paolo Scarpellini Coordinamento Sandra Violante Via dei Salinieri, 20-22 09126 Cagliari Tel. 070 34281 Fax 070 3428209 [email protected] Soprintendenza per i Beni Archeologici delle province di Cagliari e Oristano Soprintendente ad interim Giovanni Azzena Piazza Indipendenza, 7 09100 Cagliari Tel. 070 605181 Fax 070 658871 [email protected] 57 tura più antica finora attestata nel territorio è quella Ozieri (neolitico recente-inizi eneolitico: circa 3800-2900 avanti Cristo) documentata da domus de janas, menhirs, da ceramiche decorate e da strumenti litici. Il periodo nuragico è quello meglio documentato. La maggior parte dei nuraghi si trova ubicata su alture rocciose, a guardia dei campi e dei pascoli e, soprattutto, delle vie di comunicazione lungo i corsi d’acqua. Strutture e reperti documentano insediamenti nella piana ad Est di Sinnai che restituisce anche molti pozzi. I numerosi reperti litici: asce scanalate, teste di mazza, macine, macinelli e pestelli, riportati in superficie dalle arature, documentano attività agricole. Recentissima la scoperta di un pozzo nell’entroterra di Solanas chiamato Mitza Cropetta, la cui architettura rientra nei canoni dei templi a pozzo nuragici. Si sono inoltre censite diverse tombe di giganti, rinvenute isolate o più frequentemente in gruppo di due, tutte costruite con blocchi disposti a filari, secondo una tipologia tipica della Sardegna Meridionale. L’età storica è rappresentata da aree di insediamento e di necropoli, mentre mancano, per ora, rinvenimenti di monumenti. 58 Il sistema di presentazione delle risorse culturali del territorio di Sinnai parte dal Centro Culturale di via Colletta a Sinnai, dove hanno sede il Museo Archeologico, la Pinacoteca, una sala per le conferenze e per le mostre temporanee. Da qui partono le azioni di comunicazione e commercializzazione dei luoghi turistici con componente culturale. Gestire il Centro Culturale di via Colletta, organizzare attività didattica nelle scuole, organizzare eventi, mostre, convegni, proporre itinerari diversificati per un pubblico differenziato, questi sono i compiti dei Gestori della Sede Museale e delle Aree Archeologiche comunali. Dall’identificazione delle risorse si è passati alla pianificazione territoriale con l’inserimento di tutte le aree censite nelle zone H4 del Piano Urbanistico Comunale. È seguita poi la fase di divulgazione delle conoscenze acquisite: si è allestita la sala archeologica del Centro Culturale “La Colletta” con una mostra permanente dei reperti archeologici provenienti dal territorio comunale. 59 Si è realizzata, inoltre, una mostra fotografica a tema sui beni archeologici della località Solanas. Si sono pubblicate, sui Quaderni della Soprintendenza di Cagliari e su Riviste Specializzate, diverse relazioni scientifiche. Il Cantiere Archeologico proseguirà il lavoro con l’attività di scavo per rendere fruibili i monumenti prescelti, con la consapevolezza che per la valorizzazione di un monumento non è sufficiente metterlo in luce: occorre assicurargli continua sorveglianza, manutenzione, occorre gestirlo in maniera che si trasformi in un prodotto turistico e in risorsa economica. E perché questo accada, perché la risorsa culturale assuma valore aggiunto, occorre anche che sia integrata nella risorsa ambientale (foreste, itinerari del C.A.I., spiaggia di Solanas, etc.), e che sia supportata dalla risorsa territoriale (Piano Urbanistico Comunale, viabilità, trasporti etc.), dalla risorsa sociale (servizi, sicurezza sociale, sicurezza contro gli incendi nei boschi etc.) nonché dall’economia turistica (alberghi, agriturismo, ristoranti, artigianato, commercio tradizionale, etc.). Tutto il territorio è dunque chiamato ad effettuare quest’operazione di valorizzazione delle risorse culturali. Il volume “Indagini archeologiche a Sinnai”, che si apre con una finestra sugli aspetti geomorfologici del territorio, cui segue una breve nota sulla storia degli studi, offre due diverse letture: una cronologica, l’altra topografica. Nella prima parte i dati sono esposti in ordine cronologico: i monumenti e i materiali vengono collocati ciascuno nel contesto culturale che l’ha prodotto. Particolarmente significativo, in questa prima parte, l’articolo sul periodo orientalizzante, dedicato ai risultati delle prime campagne di scavo archeologico effettuate nel tempietto di Bruncu Mogumu. La seconda parte è organizzata in ordine topografico: i monumenti vengono catalogati in ordine da Nord a Sud, con riferimento al numero d’ordine della Carta Archeologica allegata. La terza parte comprende alcuni articoli specifici sul Museo: una nota sul Progetto Culturale dell’Esposizione, due studi sui reperti fuori contesto provenienti rispettivamente da Collezioni Private e da Sequestro. 60 Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna Villa Tigellio, la rinascita Società Anamnesys Soprintendenza per i Beni Archeologici delle province di Cagliari e Oristano Direzione Generale per i Beni Archeologici I l prodotto multimediale, realizzato dalla società Anamnesys s.r.l., è stato realizzato con tecnologia di visualizzazione real-time che offre allo spettatore non solo la possibilità di godere della ricostruzione virtuale degli ambienti della famosa area archeologica ubicata nel cuore di Cagliari, completi di affreschi ed arredi del periodo, ma di poter navigare liberamente all’interno della residenza e interrogare i punti di maggiore interesse grazie ad un sistema informativo a schede complete di tutte le informazioni utili a scoprire la bellezza del sito all’inizio del I sec. d.C. “Villa Tigellio, la rinascita” è un prodotto unico nel panorama della valorizzazione dei beni culturali in Sardegna e nel suo genere, che accosta la profondità di uno studio storico-archeologico del sito, condotto dagli archeologi dell’Anamnesys in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Cagliari e Oristano, alle potenzialità offerte dalla computer grafica e dalle tecnologie di visualizzazione in tempo reale. Attraverso la possibilità di una conoscenza visiva più approfondita, offerta dal prodotto multimediale, è possibile godere in maniera nuova e più coinvolgente il fascino della visita reale presso la c.d. Villa di Tigellio. Direttore Generale Stefano De Caro Via di San Michele, 22 00153 Roma Tel. 06 58434600 Fax 06 58434750 [email protected] Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna Direttore Regionale Paolo Scarpellini Coordinamento Sandra Violante Via dei Salinieri, 20-22 09126 Cagliari Tel. 070 34281 Fax 070 3428209 [email protected] Soprintendenza per i Beni Archeologici delle province di Cagliari e Oristano Soprintendente ad interim Giovanni Azzena Piazza Indipendenza, 7 09100 Cagliari Tel. 070 605181 Fax 070 658871 [email protected] 61 Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna Il Sistema Informativo Territoriale per i Beni Culturali della Sardegna Soprintendenza per i Beni Archeologici delle province di Cagliari e Oristano Alberto Bruni, Andrea Doria, Franco Fabrizi Direttore Generale Stefano De Caro Via di San Michele, 22 00153 Roma Tel. 06 58434600 Fax 06 58434750 [email protected] Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna Creazione e messa a punto Il Progetto GIS è stato finanziato, per un importo totale di 500.000 Euro dal CIPE con delibera n. 17/2003 ed è la naturale prosecuzione del processo di informatizzazione avviato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Servizi Informativi Automatizzati – consistente nell’implementazione della rete locale e programmi di gestione documentale (denominato progetto WOAG). L’obiettivo del progetto è la creazione e messa a punto di un Sistema Informativo Territoriale Integrato a livello regionale che vede interessate, secondo le singole competenze: la Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di CA e OR, la Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di SS e NU, la Soprintendenza B.A.P.P.S.A.E. per le province di CA e OR, la Soprintendenza B.A.P.P.S.A.E. per le province di SS e NU, la Direzione Regionale per la Sardegna, il Nucleo Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale con sede a Sassari località Li Punti. Linee guida Ferma restando l’impostazione generale del progetto, così come presentata al CIPE, si evidenziano le linee guida che lo caratterizzano in termini di approccio metodologlco: - viene esclusivamente utilizzato il metodo che il MIBAC ha seguito per la realizzazione di “CULTURA ON LINE” di cui il presente progetto può considerarsi una diretta conseguenza; - la banca Dati del Sistema GIS (che assume particolare importanza in quanto costitusce il cuore del sistema stesso, dovendo gestire tutte le informazioni necessarie al suo corretto funzionamento) sarà progettata, in modo che nel tempo sia in grado di accogliere tutte le istanze informative che i singoli Enti coinvolti dovessero richiedere. Tenuto conto che gran parte dei dati del sistema GIS saranno “estrapolatl” da archivi di proprietà del MIBAC, dovrà contenere i Iinks, collegamenti per accedere alle informazioni, relativi ai dati statici quali: idrografta, curve di livello, aree vulcaniche, toponomastica, cartografia raster, IGM e quant’altro. Direttore Regionale Paolo Scarpellini Coordinamento Sandra Violante Via dei Salinieri, 20-22 09126 Cagliari Tel. 070 34281 Fax 070 3428209 [email protected] Soprintendenza per i Beni Archeologici delle province di Cagliari e Oristano Soprintendente ad interim Giovanni Azzena Piazza Indipendenza, 7 09100 Cagliari Tel. 070 605181 Fax 070 658871 [email protected] 62 Obiettivi Obiettivo del progetto è mettere a disposizione dell’utenza la maggior parte delle informazioni sul territorio che permettano di portare ad una reale conoscenza dello stesso, in termini di interrelazioni finalizzate alla salvaguardia del patrimonio culturale supportando, ove possibile, le attività di pianificazone territoriale portate avanti dagli Uffici periferici del MIBAC (direzione regionale e soprintendenze) e dagli Enti locali coinvolti (Regione, province, comuni, ecc.). In tale ottica riveste particolare importanza la costituzione della Banca Dati intesa come informazioni da memorizzare e intercorrelare. È quindi necessario impostare in modo preciso e puntuale le varie attività di “popolamento” della Banca Dati. Presso le strutture del MIBAC Sardegna sono presenti, in formato cartaceo, informazioni inerenti il patrimonio culturale quali, a solo titolo di esempio, schede catalografiche, decreti di vincolo, ecc. Un caricamento più consistente e articolato, comprensivo di georeferenziazione del sito, sarà effettuato nell’ambito dell’Accordo di Programma Quadro tra MIBAC e Regione Sardegna. Cartografia Parte rilevante di un sistema G.I.S. è la cartografia. Una volta acquisita questa costituirà la base sulla quale andranno inseriti i dati rilevati attraverso campagne di ricognizione e rilievo mediante l’utilizzo di strumenti ad alta tecnologia (Penna Digitale) e/o apparecchlature GPS che consentono una puntuale “georefernzlazlone” dei siti. Le varie fasi lavorative possono essere schematizzate in: Responsabile del procedimento: Elena Romoli Progettisti e Direttore dei Lavori: Alberto Bruni, Andrea Doria Franco Fabrizi Operatori GIS: Andrea Agus, Pietro Matta Marco Piras Consulente: Antonio Colucci Ditta appaltatrice: Servizi d’Azienda S.p.a. 63 I FASE Lavoro di campagna. Rilievo dell’area interessata sia tramite l’utilizzo di strumentazione ottica classica, sia attraverso l’utilizzo di strumenti di ultima generazione quali i G.P.S. topografici. II FASE Il trattamento dei dati avviene in ufficio tramite l’utilizzo di software applicativi specifici. III FASE Il sistema permette di produrre elaborati in grado di soddisfare una vasta gamma di necessità. Alcuni esempi sono: la stampa o il plotaggio degli elaborati; la creazione di schede tematiche quali le monografie dei punti di riferimento; l’inserimento dati in sistemi informativi al fine di favorirne la fruizione da parte di varie categorie di utenti 64 Paesaggio da scoprire, paesaggio da eleggere Antonietta Boninu Direzione Generale per i Beni Archeologici L’ identità di un popolo è tema di grande interesse e di notevole significato, ma anche di ardua esemplificazione. Nel prediligere il legame tra l’ambiente, il territorio e l’uomo si percorre un’analisi per individuare letture attraverso dati riscontrabili. Il fattore natura ed il fattore storia interagiscono tra di loro con modalità ininterrotta sia nel passato e sia nel presente. Per il futuro la costruzione dell’interazione è affidata all’attuale rapporto dell’uomo con il territorio, la storia, ed il paesaggio ereditato. Le trasformazioni, connaturate alla vita e alle sue articolazioni, creano modifiche ineluttabili, anche involontarie. L’esito di un equilibrio, proporzionato al rispetto delle risorse, comporta la partecipazione consapevole dell’uomo in un circuito di crescita culturale, e verifica da affidare alla collettività. L’apporto delle scienze che offrono strumenti di conoscenza del territorio, da sezionare virtualmente lunga la diacronia stratificatasi, e oggi rilevabile in forme troppo sincopate, giustapposte, talvolta capovolte e sovvertite, si manifesta in un contributo di confronto e di coinvolgimento con le popolazioni residenti, proponendo itinerari di indagine comune. In terra di Sardegna ben si adatta la definizione di paesaggio, quale stato d’animo che incamera immagini di luoghi, filtra sentimenti e li rielabora nella percezione, con ritorni, profumi, ed esplorazioni, per attivare circuiti di immagini e di sensazioni. Il richiamo forte per ripercorrere passaggi, impressioni, nelle città, nelle campagne, nei santuari, nei monumenti, riconduce ad una aspirazione di conoscenza per poter radicare il sentimento dei luoghi. La ricerca contemporanea sul paesaggio, anche con discussioni vivaci, affronta il tema con il centrale obiettivo di coinvolgere i cittadini in azioni e comportamenti di rispetto. Nell’indagine sul rapporto tra uomo e spazio, tra cultura e natura, l’archeologia dispone di mezzi e riserve adeguati, e offre sul piano metodologico, risorse singolarmente stimolanti. La ricerca interessa sostanzialmente la storia delle idee e della scienza; nello specifico la ricerca archeologica analizza le testimonianze materiali dell’uomo nelle epoche antiche, che partecipano con formule e quantità molto complesse della vita dell’uomo contemporaneo. La giustapposizione e/o l’integrazione tra gli uomini del passato e gli uomini del momento presente si leggono attraverso il paesaggio ereditato e il paesaggio che si modifica nell’evolversi della vita nel territorio. La percezione dei valori, sensazioni, segni del territorio è l’esito di una costruzione antecedente e di una mutazione che si registra in termini razionali, diretti, con consapevolezza, e partecipazione, anche non volontaria. Il rapporto tra uomo e territorio, tra idee e ambiente suscita discussioni, e propone quesiti anche all’interprete Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Sassari e Nuoro Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna Direttore Generale Stefano De Caro Via di San Michele, 22 00153 Roma Tel. 06 58434600 Fax 06 58434750 [email protected] Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna Direttore Regionale Paolo Scarpellini Coordinamento Sandra Violante Via dei Salinieri, 20-22 09126 Cagliari Tel. 070 34281 Fax 070 3428209 [email protected] Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Sassari e Nuoro Soprintendente Giovanni Azzena Piazza Sant’Agostino, 2 07100 Sassari Tel. 079 206741 Fax 079 232666 [email protected] 65 della scienza archeologica, che costituisce un elemento della società, ed in quanto tale chiamato a contribuire allo sviluppo culturale. Un’Isola nella mente umana è luogo distante, relativamente lontano, da raggiungere con impegno, con atto di decisione per superare l’elemento acqua che la circonda; per essa l’uomo ha necessità di strumenti e mezzi costruiti, adattati alla funzione, che con i propri mezzi fisici non è assolvibile. Anche la Sardegna, isola per chi arriva, isola per chi parte, è terra di incontro, di comunicazione, di scambio, di creazione, sia fisici, sia culturali. Ha tesaurizzato le vicende passate, ha conservato, ha modificato, e progetta per il futuro, indaga ciò che è accaduto, scruta ciò che può accadere. Il presente le può riservare potenzialità da individuare con il concorso degli intelletti che guardano all’interesse comune, nell’ottica di contribuire per l’interpretazione dei segni, che permangono nel territorio, visibili e ascosi. La metodologia archeologica contempla lo scavo fra le attività che scoprono nella terra documenti di articolate dimensioni, dai millimetri ai metri, che compongono pagine della storia dell’uomo, anche nelle scelte di intervento. La scoperta che l’arrivo in un approdo comporta si sviluppa e si approfondisce nel percorso lungo la costa, che mantiene il visivo rapporto con il mare, e si ingigantisce nell’itinerario che conduce all’interno. L’uomo che è giunto nelle grotte per ripararsi dalle intemperie naturali, che ha appreso e affinato l’arte dell’agricoltura, della caccia, della pesca, che ha costruito capanne, che ha sperimentato leggi di fisica e principi di statica con l’empiria, che ha confermato le prove, che ha edificato ardite architetture con impegno ingegneristico, che si è rivolto alla divinità per affidarle i proprî cari per l’aldilà e per richiederle la protezione e la cura sovrannaturale delle imprese, le assicura riconoscimento con opere espressive per significato e per efficacia di pensiero, tradotte con forme raffinate, instaura rapporti e scambi di materie prime e di prodotti, consegna l’esperienza in una tradizione ininterrotta, è sempre presente, è fortemente radicato, ancorché non sempre platealmente visibile e percepibile. Suscita grande interesse pensare di poter mettere in campo energie perché la scoperta coopti menti e mani per disvelare elementi, per far espandere la conoscenza. L’archeologia e lo scavo archeologico assommano strumenti da rendere disponibili, da perfezionare e da utilizzare per l’opera scientifica, con prospettiva sociale e culturale. Identificare un percorso che garantisca fondamento e funzionalità per applicare i principi dello scavo con costanza e ampia partecipazione è in programmi e disegni, che particolari concomitanze ed eclatanti situazioni offrono per misurarsi con interventi innovativi, che salvaguardino gli interessi del patrimonio culturale fisico e dell’uomo che con esso coabita. L’archeologia può lanciare una sfida: procedere in uno scavo senza terra, in uno scavo virtuale, che individui gli elementi costitutivi del paesaggio, rimuovendo i veli della conoscenza ricomponendo pagine per una nuova lettura. 66 Le tracce lasciate dall’uomo, prepotenti o modeste, coesistono, rinserrano dati, si modificano, si degradano, unite ai fattori della natura, anch’essi modificatesi nel corso dei millenni, permangono in un contesto individuale, ma soltanto parzialmente o settorialmente noto. Indirizzare la ricerca in un ambito definito, anche per convenzionali confini, articolarne le finalità, strutturare il processo delle conoscenze, in una prospettiva di un progetto nuovo, garantisce l’indagine sul paesaggio storico. Il rilevamento dello stato dei luoghi, la comprensione degli elementi antropici e degli elementi naturali, la ricostruzione dei frammenti, la tessitura dei rapporti tra cittadini e risorse, la comparazione dei dati, l’informazione diffusa, compongono il progetto. La redazione stessa del progetto intende superare i limiti dell’equiparazione ed omologazione di interventi conclusi nella rispondenza procedimentale. L’investimento culturale di un progetto di ricerca sul paesaggio attraversa la fase di scomposizione dei fattori, per identificarli, classificarli, estrarne i valori, renderli comprensibili, tradurli in patrimonio di consapevolezza, rinsaldare i rapporti tra l’uomo del passato e l’uomo del presente, assicurare un filo continuo tra i beni culturali e naturali del territorio e i cittadini, in un processo di riappropriazione e di legame fra le parti, che scelgono di stare insieme, perché sono stati già insieme. Il monumento più evidente, la minuta traccia ad esso connesso, il luogo ove è stato edificato, il luogo ove si sono cavati i materiali per la costruzione, i campi che sono stati coltivati, il luogo per le sepolture, il substrato che li ha accolti, l’ambiente che li ha nutriti, coesistono ancora oggi, ancorché mutati e trasformati. Tutti gli elementi dell’uomo e della natura costituiscono contesto irripetibile, riconoscibile nel paesaggio che oggi si percepisce, assimilabile ad un cantiere della conoscenza. Ma allora il percorso dello scavo virtuale ha scoperto il passato che appartiene all’uomo che vive nel luogo, e quindi agli uomini che vivono in quei luoghi, traducendo anche nel paesaggio conosciuto espressioni di identità di popolo? La Sardegna procede nel tracciare le linee del proprio futuro, dispone di un patrimonio culturale notevole; il paesaggio dalla costa all’interno, negli itinerari pluritematici, presenta e nasconde monumenti eccezionali, invita alla ricerca, e restituisce i risultati di imprese compiute ed in corso d’opera. Momenti favorevoli e progetti eccellenti possono mettere in movimento emozioni e condurre letture nuove del paesaggio anche con le ricostruzioni del passato, che appartengono alle comunità che partecipano con ruoli da protagonisti. 67 Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Sassari e Nuoro Direzione Generale per i Beni Archeologici Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna Direttore Generale Stefano De Caro Via di San Michele, 22 00153 Roma Tel. 06 58434600 Fax 06 58434750 [email protected] Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna Direttore Regionale Paolo Scarpellini Coordinamento Sandra Violante Via dei Salinieri, 20-22 09126 Cagliari Tel. 070 34281 Fax 070 3428209 [email protected] Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Sassari e Nuoro Soprintendente Giovanni Azzena Piazza Sant’Agostino, 2 07100 Sassari Tel. 079 206741 Fax 079 232666 [email protected] 68 Sorgono (NU). L’area monumentale di Biru ‘e Concas Patrizia Luciana Tomassetti L’ area oggetto dell’intervento è riportata nella cartografia con il toponimo di Coa ‘e sa Mandara, ed è denominata Biru ‘e Concas, così come alcune emergenze all’interno di essa. La regione storica è quella del Mandrolisai, versante ovest del Gennargentu, e si estende per circa 40 ettari. Vi si accede dalla provinciale che collega Sorgono ad Ortueri in corrispondenza dell’incrocio per Austis, non distante dall’importante complesso del santuario monumentale di San Mauro. Dal punto di vista naturalistico l’area collinare è caratterizzata dalla presenza predominante di lecci secolari da sughero. Tra le essenze ad alto fusto si rileva la presenza di perastri, bagolari, querce e roverelle. Le essenze arbustive ed erbacee sono quelle classiche del sottobosco mediterraneo. Le emergenze archeologiche sono costituite da una eccezionale concentrazione di menhirs, isolati ed in allineamento, da strutture abitative riconoscibili dall’affioramento degli elementi murari e dal nuraghe denominato Biru ‘e Concas sul confine dell’area acquisita. In tutta l’area sono riconoscibili sentieri naturali che si sono formati con l’uso antropico, soprattutto legato all’allevamento del bestiame, che hanno segnato il percorso ottimale. Percorrendo l’area si aprono splendidi scorci di paesaggio, sulla valle sottostante, sulle cime di monti su orizzonti vastissimi, sul vicino santuario di san Mauro, sui vigneti; scorci così diversificati e suggestivi da caratterizzare l’area a volte anche più delle stesse emergenze antropiche. Infatti, da un primo impatto visivo e veloce dell’area nella sua globalità, non traspare l’importanza delle emergenze archeologiche che vi sono ubicate. La scala del paesaggio naturale predomina sulla scala del manufatto umano e quest’ultimo nasce quasi in totale simbiosi con l’ambiente che lo circonda e lo accoglie. Il contesto ambientale dai connotati così spiccatamente naturalistici, ha imposto lo studio di un intervento di valorizzazione calibrato, tale da non compromettere le componenti del paesaggio ed in particolare le componenti naturalistiche, storiche, archeologiche e più in generale culturali. Biru ‘e Concas, infatti, rappresenta un’area di grande interesse per l’evidente semantizzazione del paesaggio stesso, cioè l’attribuzione di significati simbolici al territorio, attuata dalle popolazioni preistoriche con l’erezione dei menhir, e per la stratificazione della presenza umana continua fino all’età storica. Dentro “il luogo” odierno, percorrendolo e scrutandolo, si scoprono i significati dell’uomo preistorico, con gli eccezionali monumenti pervenuti alla società odierna in eredità. Il progetto enfatizza i tre aspetti peculiari fortemente caratterizzanti questo ambiente, che possono essere riassunti in archeologia, paesaggio, natura, portandoli all’attenzione del visitatore che potrà godere di questi aspetti ricevendo impulso e stimoli lungo i sentieri adeguatamente attrezzati, si propongono tre percorsi tematici denominati: il cammino delle pietre il cammino delle sensazioni il cammino della natura che avranno tra loro punti di intersezione o tratti in comune. Il sistema informativo enfatizzerà i tre aspetti rispettivamente dell’archeologia, del paesaggio e della natura, sottolineando soprattutto i reciproci condizionamenti. Lungo i percorsi saranno posizionati pannelli esplicativi che intendono illustrare gli aspetti peculiari in aree specifiche e significanti. È evidente che i temi individuati avranno punti importanti di sovrapposizione in cui ognuno di loro partecipa alla creazione dell’altro, così come l’emergenza archeologica e le essenze arboree hanno determinato aspetti specifici del paesaggio così quest’ultimo ha certamente condizionato le scelte nelle costruzioni preistoriche oggi visibili. 69 Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana TOSCANA Il paesaggio archeologico in Alta Valtiberina Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana Direzione Generale per i Beni Archeologici Monica Salvini Direttore Generale Stefano De Caro Via di San Michele, 22 00153 Roma Tel. 06 58434600 Fax 06 58434750 [email protected] Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana A ll’origine del Progetto stanno la redazione di una Carta del Rischio Archeologico e uno scavo stratigrafico. La prima è stata elaborata per il Piano Strutturale del Comune di Anghiari dalla Cooperativa Archeologia di Firenze, sotto la Direzione Scientifica della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, che ha disposto anche le prescrizioni per le Norme attuative del Piano; il secondo, condotto dalla stessa Soprintendenza e situato in località Le Vignacce ad Anghiari, interessa un complesso di epoca romana, impostato tra I secolo a.C. e I d.C. con continuità di vita fino al V secolo d.C. La possibilità di disporre di una carta di distribuzione dei ritrovamenti archeologici e di un scavo stratigrafico permetterà di tentare di ricostruire la forma e le potenzialità economiche del territorio, trovando i due strumenti tra loro stessi motivazione e spiegazione. Per questo settore della lunga valle del Tevere la particolarità di non poco conto è la qualità del Paesaggio come, già nel I secolo d.C., ci testimoniava Plinio. C. PLINIUS DOMITIO APOLLINARI SUO S. “[...] Regionis forma pulcherrima. Imaginare amphitheatrum aliquod immensum, et quale sola rerum natura possit effingere. Lata et diffusa planities montibus cingitur, montes summa sui parte procera nemora et antiqua habent. […] Prata florida et gemmea trifolium aliasque herbas teneras semper et molles et quasi novas alunt. Cuncta enim perennibus rivis nutriuntur; [...]” Direttore Regionale Mario Lolli Getti Coordinamento per la comunicazione Rosalba Tucci Lungarno A.M. Luisa de’ Medici, 4 50122 Firenze Tel. 055 27189750 Fax 055 27189700 [email protected] Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana Soprintendente Fulvia Lo Schiavo Via della Pergola, 65 50121 Firenze Tel. 055 23575 Fax 055 242213 [email protected] 70 PLINIO A DOMIZIO APOLLINARE “[...] L’aspetto della zona è bellissimo. Immagina una sorta di anfiteatro immenso, quale solo la natura può creare. Una valle ampia e pianeggiante cinta da monti che recano sulle loro sommità alte e antiche foreste. Prati pieni di fiori fanno crescere di continuo le gemme del trifoglio ed altre erbe tenere e sempre fresche. Tutti essi infatti sono alimentati da corsi d’acqua perenni; [...]” (Plinio, Epist. V, VI) Ancora oggi, salvo qualche impianto industriale e una sistemazione agraria che ha solo in parte modificato l’ordinamento agrario, il paesaggio è rimasto integro e confrontabile con quello antico. Si possono, infatti, ancora leggere sul terreno i ‘segni’ lasciati dal passaggio dell’uomo, dagli avvenimenti storici, dall’uso del suolo, ma anche quelli lasciati dagli eventi naturali, come le variazioni climatiche o le alluvioni, spesso causate, di nuovo, dall’uomo che deforestò le montagne o, a causa dell’abbandono in epoca tardoromana dei territori di pianura, sospese le operazioni di regimazione delle acque provenienti dalle alture che circondano la piana tiberina. Si è pensato di procedere con un progetto-quadro più generale e con un progetto-pilota da svolgere su un settore del territorio più limitato. Il progetto-quadro si articola in una serie di insiemi, espressione dei temi che, per ciascuna epoca, possono essere affrontati. La necessità di porsi, preliminarmente e ‘a priori’ dei temi di ricerca deriva dalla necessità di comprendere, sulla base dei dati ad oggi a noi noti, il contesto nel quale ciascun ritrovamento trova posto e di leggere diacronicamente il territorio. D’altra parte, è quasi certo che la ricerca aprirà problemi e mostrerà aspetti oggi impensabili, ma che potranno essere esaminati in corso d’opera. Gli insiemi ruotano attorno al tema dominante che è l’ambiente e il paesaggio storico-archeologico. Il tema è, nello stesso tempo, base di partenza e di arrivo del progetto che prende spunto e troverà esito anche nel Piano Paesaggistico in corso di approvazione tra MiBAC e Regione Toscana. IL PAESAGGIO ARCHEOLOGICO IN ALTA VALTIBERINA EPOCA PRE-ROMANA EPOCA ROMANA Si utilizza il mito di Ercole per studiare e seguire i movimenti delle popolazioni locali e allogene che, seguendo tragitti montani e vallivi, percorrevano la Penisola lungo la dorsale appenninica, in direzione Nord Sud, e l’attraversavano raggiungendo i due mari. In assenza di un quadro esatto della sistemazione territoriale in epoca romana per l’alta Alta Valtiberina, si prende avvio dai materiali dispersi sul territorio per tentare di ricostruire la centuriazione tra I secolo a.C. e I secolo d.C. nella piana. Lo scavo presso Le Vignacce focalizza l’attenzione sul sistema di ville e insediamenti pedemontani della Valtiberina. Il mito greco: Eracle italico: Ercole I percorsi trans-apenninici La transumanza I limiti del municipium di Tifernum Tiberinum I limiti della Regio VI (Umbria) e VII (Etruria) Le tracce della centuriazione I santuari legati alle risorse idriche e alla viabilità I toponimi I toponimi La viabilità I confini Gli oggetti come ‘segni’ del paesaggio costruito Gli oggetti I depositi votivi I santuari I materiali dispersi L’AMBIENTE E IL PAESAGGIO La ricerca delle risorse I monti Rognosi (ferro, rame) Gli insediamenti e le necropoli dalla Carta Archelogica La Carta del Rischio Archeologico Le risorse Se l’ambiente è l’aspetto naturale dei luoghi, prima che l’uomo iniziasse a intervenire modificandolo, il paesaggio è il risultato dell’azione e dell’industria umana. Ciò avviene, in particolare, con l’avvento dell’agricoltura che, in Alta Valtiberina, può essere documentata dalle fasi tarde del Neolitico. Le risorse Il clima La pianura Il Tevere e il suo corso Gli spostamenti dell’alveo Le alluvioni e i sedimenti Il paesaggio archeologico in relazione al corso del Tevere e agli altri fiumi/torrenti non più esistenti Lo scavo delle Vignacce Il sistema delle ville e degli insediamenti produttivi L’attività di scavo EPOCA TARDOANTICA-ALTOMEDIOEVALE I materiali dispersi (oggetti, sculture) sul terreno e raccolti presso chiese e provati, ma anche le chiese con le loro dedicazioni distribuite sul territorio dell’Alta Valtiberina parlano del confronto e coesistenza di Bizantini (arroccati a Tifernum/Città di Castello) e dei Longobardi, ad Arezzo. Il successivo confine tra le due diocesi testimoniava fino agli inizi del XVI secolo (quando viene creata la Diocesi di Sansepolcro) la presenza dei due gruppi che si scontrarono nel VI e VII secolo per il predominio sull’Italia. I Monti Rognosi I metalli Le miniere Le officine e le industrie I confini della loro presenza I confini della Diocesi PREISTORIA EPOCA MODERNA Le testimonianze I toponimi I documenti La scultura Gli oggetti I modelli di popolamento tra epoca tardoantica e altomedievale Il paesaggio archeologico in rapporto col Tevere e gli altri fiumi, anche non più esistenti Le risorse EPOCA A MEDIOEVALE 71 Dallo studio dell’ambiente naturale (o perlomeno come oggi si percepisce), caratterizzato in Valtiberina da più unità territoriali (ad esmpio, le valli fluviali più o meno ampie a carattere torrentizio, i sistemi montuosi e collinari con caratteristiche proprie, tra le quali la presenza di valichi agevoli o la ricchezza di minerali utili all’industria umana sui Monti Rognosi, o le prime pendici della dorsale appenninica centrale), è possibile formulare uno studio dell’ambiente umano, attraverso la raccolta di testimonianze letterarie, storiche, archeologiche necessarie alla ricostruzione del paesaggio storicoarcheologico, così come si è venuto configurando a seguito della presenza dell’uomo, testimoniata sui Monti Rognosi e sui residui fossili della valle pleistocenica – riconoscibili nella dorsale compresa tra le valli del Tevere e del Sovara, fin dal Paleolitico Inferiore. Sebbene l’agricoltura e l’allevamento dovettero essere praticati in Valtiberina e lungo il corso superiore del Tevere fin dalle fasi tarde del Neolitico, la prima sistemazione agraria della piana avvenne in epoca tardo-repubblicana e, poi, imperiale romana. Le coltivazioni di vite e olivo dovettero incidere sulla produzione locale, come ci attestano fossili-guida, quali le anfore ritrovate presso la c.d. Villa di Plinio a San Giustino. Forse la compresenza in quest’area di Bizantini e Longobardi non comportò alcun intervento sul paesaggio (passava, infatti, da questa valle il confine tra le due posizioni contrapposte), mentre, sicuramente, le bonifiche e le sistemazioni agrarie condotte in occasione delle prime occupazioni monastiche (Vallombrosani ad Anghiari) dovettero influire sul paesaggio. Nel Medioevo, tra XII e XIII secolo, si assistè anche alla deviazione del corso del Tevere tra i Comuni di Anghiari e Sansepolcro; tale variazione è, oggi, assai influente sulla lettura delle tracce archeologiche e sul paesaggio storico che, naturalmente, doveva presentarsi ben diverso fino a tale epoca. Si pensi soltanto al sistema dei mulini che, oggi, è rimasto come memoria concreta dell’antico corso del fiume posto sul Fosso di Rimaggio, forse residuo dell’antico Tevere. Già fermandosi a quest’epoca, senza voler procedere fino alle sistemazioni granducali, appare evidente come lo studio delle tracce archeologiche, associate alle fonti storiche e alle prospezioni geologiche, possono contribuire alla lettura del paesaggio di fondovalle. Tuttavia, la Valtiberina non esaurisce le sue peculiarità nella fertile e amena pianura. Essa, probabilmente, ebbe vocazione di area di transiti e scambi fin dalla preistoria, proprio in considerazione della sua posizione al centro della Penisola, dall’essere percorsa dall’importante via d’acqua del Tevere in direzione nord-sud, dal trovarsi sulla direttrice che, attraversando gli Appennini ai passi di Viamaggio, Bocca Serriola e Bocca Trabaria, poneva in collegamento i versanti tirrenico e adriatico, e possedendo nel suo territorio ricchezze minerarie (ferro, rame, in piccolissima percentuale oro) provenienti dai Monti Rognosi. Le prime testimonianze in tal senso risalgono all’ Eneolitico; fu attraversata, poi, in epoca preromana da percorsi appenninici utilizzati come collegamenti commerciali e culturali; fu via di penetrazione per gli eserciti (forse, già i Galli nel IV secolo per 72 giungere da Arezzo a Roma e durante la Seconda Guerra Punica); fu solcata da grandi vie romane consolari (per tutte la via Ariminiensis che collegava Arezzo a Rimini); fu, infine, divisa tra Bizantini e Longobardi. All’interno del progetto-quadro si pone un primo progetto riguardante l’area nord-orientale della Alta Valtiberina ricadente interamente nel territorio del Comune di Anghiari; esso è ancora in corso di definizione tra la Soprintendenza, gli Enti locali, le strutture private e cooperative operanti sul territorio e alcuni Istituti Universitari, ma già si configura come progetto pilota interattivo e multidisciplinare il cui scopo sarà quello di ricostruire la stratificazione del paesaggio attraverso i dati storici, archeologici, paleoambientali, cartografici, e suo compito porre in relazione tra loro tutti coloro che variamente investono sul progetto al fine della tutela, valorizzazione, fruizione e gestione del territorio, anche con un approccio innovativo che tenga conto dei nuovi mezzi di comunicazione, i quali saranno utilizzati per presentare non solo alla comunità locale, ma anche al più vasto pubblico disponibile, il progetto e le fasi di realizzazione in corso d’opera. I due obbiettivi avranno una prima verifica con una mostra degli oggetti recuperati sul territorio e con la gestione aperta a contributi esterni, nell’ottica della creazione di una serie di aree archeologiche all’aperto da dare in gestione all’esterno. La lettura del paesaggio antico, oltre che un valido supporto alla comprensione dei mutamenti idro-geologici e agrari-storici, si pone nell’ottica della migliore comprensione della realtà ambientale odierna e, ai fini della tutela archeologica, per predisporre delle linee guida di uso del territorio nei Piani strutturali comunali e sovracomunali. L’indicazione di una gerarchia di rischio archeologico per chi deve concedere i permessi urbanistici, se inserita in un quadro paesaggistico storico, sarà, forse, meglio accettata e condivisa. La ricostruzione del paesaggio archeologico, senza niente togliere alla necessità di sviluppo urbano e industriale, aiuta, inoltre, a disporre del territorio in un momento che, a seguito del declinare della crescita industriale, dovrà trovare una nuova vocazione. 73 Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Umbria UMBRIA Il paesaggio archeologico di Spoletium Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria Direzione Generale per i Beni Archeologici Liliana Costamagna Direttore Generale Stefano De Caro Via di San Michele, 22 00153 Roma Tel. 06 58434600 Fax 06 58434750 [email protected] Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Umbria Direttore Regionale Francesco Scoppola Coordinamento per la comunicazione Silvana Tommasoni Piazza IV Novembre, 36 06121 Perugia Tel. 075 5750631 Fax 075 5720966 [email protected] Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria Soprintendente Mariarosaria Salvatore Piazza Partigiani, 9 06121 Perugia [email protected] 74 L a Regione Umbria ha avviato negli ultimi anni attività di studio e ricerca allo scopo di definire le linee guida per la verifica e l’adeguamento degli strumenti di pianificazione paesaggistica PUT e PTCP, ed in generale per la gestione del paesaggio ai diversi livelli di governo del territorio. È stato definito un percorso metodologico che ha condotto ad una definizione dei caratteri identitari del paesaggio umbro seguito da una sperimentazione operativa degli indirizzi metodologici su ambiti territoriali locali. Il territorio del Comune di Spoleto è stato individuato come sede di sperimentazione locale del metodo di lettura, valutazione e definizione degli obiettivi per il paesaggio e della possibile disciplina del paesaggio nella pianificazione ordinaria. Il vasto territorio compreso amministrativamente nel Comune di Spoleto rappresenta un esempio straordinariamente articolato e completo di paesaggio archeologico. L’esperienza di pianificazione legata alla fondazione della colonia latina di Spoletium nel 241 a.C. ha indelebilmente connotato questo territorio attraverso le tracce materiali di un progetto organico la cui valenza territoriale è dimostrata dal suo perpetuarsi attraverso i secoli. Le gravi manomissioni subite negli ultimi decenni impongono di definire strategie di tutela e di consapevole considerazione della sua validità. Il carattere qualificante e specifico di questo territorio è la relazione inscindibile tra i boschi sacri e la campagna coltivata, tra le aree “marginali” e quelle “a forte pressione antropica”. La presenza di boschi sacri in epoca romana nel territorio di Spoletium è ben nota grazie in primo luogo alle eccezionali testimonianze epigrafiche che vi sono state rinvenute. Nel mondo romano il lucus (in latino arcaico: loucos) era un bosco a cui veniva attribuito un carattere sacro e che come tale era dedicato a una divinità ed era soggetto a particolare tutela. Il riconoscimento della sacralità di un bosco era strettamente correlato alla percezione collettiva della sua importanza, compresa la necessità di salvaguardarlo dal disboscamento dissennato al fine di mantenere l’equilibrio idrogeologico complessivo del territorio.Ma il ricordo dei molti luci che proteggevano e marginavano le risorse agrarie dell’antica colonia latina di Spoletium è giunto a noi attraverso i nomi evocativi mantenuti dai luoghi. Con il Cristianesimo gli antichi culti sono sostituiti da santi che nel loro nome tradiscono il sovrapporsi su luoghi sacri precristiani. Le tracce degli antichi luci intorno a Spoleto sopravvivono nella toponomastica: Monteluco e Madonna di Lugo in primo luogo, ma anche le ripetute attestazioni di S. Silvestro, S. Silvano e S. Quirico, e ancora Madonna della Selvetta e Selva Santa. Nel nome di San Quirico, associato presso Morgnano a San Silvestro, traspare il nome stesso della quercia (quercus) sacra a Giove. Il carattere sacro del fitto bosco che riveste il Monteluco, la montagna che domina Spoleto, si è perpetuato attraverso l’età medievale fino ad oggi nei vari eremi situati alle pendici e nella presenza francescana tuttora presente. La dedica a San Silvestro di due chiesette, erette sui due versanti della montagna, entrambe in relazione a strutture risalenti ed epoca romana, sembra provare che questo bosco ebbe una connotazione sacra già in antico e non solo in età più tarda, in relazione agli insediamenti eremitici che caratterizzarono la montagna. Una testimonianza eccezionale della presenza di boschi sacri e delle norme che ne regolavano la conduzione sono i due famosi cippi rin- 75 venuti ai margini settentrionali del territorio spoletino dall’archeologo Giuseppe Sordini (1853-1914). I due cippi, come è noto, riportano in lingua latina arcaica e in due versioni, tra loro molto simili, il testo di una legge promulgata per difendere da manomissioni i boschi sacri dedicati a Giove. La trascrizione della legge su un cippo di pietra apposto verticalmente sul limitare del bosco la rendeva di pubblica conoscenza, scongiurando la profanazione del luogo sacro. Entrambi i cippi, oggi esposti nel Museo Archeologico di Spoleto, sono semplici parallelepipedi di calcare rosato di provenienza locale. L’iscrizione occupa entrambi i lati principali e nel cippo A le lettere terminali di alcune righe risvoltano anche sui lati brevi. Il cippo A venne rinvenuto murato in una proprietà dello stesso Sordini, ubicata in località San Quirico, sui colli a NW di Spoleto. Il cippo B fu scoperto, sempre dal Sordini, nel 1913, murato nella parte superiore dell’antica chiesa di Santo Stefano delle Picciche. Per le caratteristiche epigrafiche e glottologiche le iscrizioni sono riferibili alla seconda metà del III sec. a.C. In ogni caso devono essere collocate dopo il 241 a.C., anno in cui nel sito dell’antico centro umbro i Romani fondarono la colonia di diritto latino di Spoletium. In entrambe le iscrizioni la tutela del bosco è affidata ad un magistrato incaricato di vigilare sui sacrifici di espiazione e di riscuotere le multe previste dalla legge per i trasgressori. Il magistrato (dicator) è probabilmente uno dei due praetores che costituivano le massime autorità della colonia e che avevano dedicato il bosco alla divinità. La dedica di boschi sacri sulle pendici montane intorno a Spoleto entro pochi anni dalla fondazione della colonia è da mettere certamente in rapporto con il progetto generale di pianificazione territoriale e di ripartizione agraria della piana coltivabile, effettuato contestualmente alla fondazione della colonia. La piana spoletina, già sede di un grande bacino lacustre in età pliocenica, è particolarmente ricca di acque che defluiscono nel torrente Marroggia e nei suoi affluenti. Per l’elevato apporto detritico di questi torrenti la piana tende all’impaludamento qualora non si inter- 76 venga con una oculata gestione della copertura boschiva delle pendici montane e con opere di bonifica e di regimazione delle acque. Lo scrittore latino Cassiodoro riferisce di un intervento di bonifica promosso dal re ostrogoto Teodorico (inizi del VI secolo), intervento che viene tradizionalmente localizzato a Madonna di Lugo dove, al centro di una depressione, è un piccolo stagno perfettamente circolare con un canale di deflusso che corre in parte sotterraneo, in una conduttura coperta a volta. L’assetto idrografico della piana spoletina fu chiaramente percepito dai Romani i quali con la fondazione della colonia nel 241 a.C., intesero sfruttare al meglio le risorse agricole offerte da questo territorio e provvidero pertanto a pianificarne lucidamente la gestione. Attraverso le tracce residue individuabili ancora oggi nelle suddivisioni dei campi è possibile riconoscere il vasto progetto di assegnazione ai coloni del territorio acquisito, che venne suddiviso in poderi di dimensioni regolari e prestabilite. La suddivisione fu basata su alcuni assi principali, regolari e paralleli individuabili come decumani, orientati NE/SW e scanditi da serie di assi ortogonali, definiti in maniera meno sistematica. Il progetto unitario e omogeneo di pianificazione risulta esteso da Poreta (al limite NE) a Santo Chiodo (al limite SW) per una lunghezza complessiva di quasi 10 km. L’orientamento fu dettato dalla scelta ottimale delle linee di pendenza per assicurare il migliore deflusso delle acque, individuando al contempo l’impostazione progettuale che meglio si adattava alla conformazione del territorio da suddividere. La suddivisione sembra rispondere a quella definita dagli autori latini per strigas et scamna, dove le partizioni dei campi non sono segnate da strade, muri ecc., ma con rigores, linee ideali congiungenti i cippi confinari, destinate per ciò stesso a conservarsi meno nel tempo. Le partizioni ancora leggibili corrispondono a multipli di 70,96 m, corrispondenti a 2 actus, la misura base delle partizioni agrarie romane, e rappresentano quindi multipli del singolo podere assegnato, che era di 4 actus quadrati, cioè di 1 heredium (pari a 0,504 ettari). L’asse principale del progetto, probabilmente il decumanus maximus, sembra 77 potersi individuare nella lunga strada rettilinea che da Poreta giunge presso San Giacomo, al quale corrisponde, al limite Sud del progetto, un asse parallelo che dalla sponda sinistra del torrente Tessino si incunea nella valle del Marroggia e arriva fino alla vecchia fermata ferroviaria di Morgnano. Questo progetto di suddivisione agraria non tenne conto del ventaglio di percorsi stradali, di origine preromana, che si dipartivano da Spoleto, ma si sovrappose ad essi e la definizione dei limiti dei poderi assegnati ne fu condizionata in minima parte. Solo nel settore a Nord di Protte e a Ovest del lungo rettifilo della Flaminia antica, che da Spoleto muove in direzione Nord, le partizioni dei campi, scandite da strade in senso Est/Ovest, sembrano presupporre l’esistenza di questo tracciato. La suddivisione agraria si materializzò sul terreno sia nei limiti dei poderi assegnati, sia nelle necessarie strade di distribuzione e di accesso, alcune delle quali ancora in uso, orlate di lunghi filari di splendide querce che costituiscono il tratto caratteristico della campagna spoletina. 78 SICILIA L a Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana, nata nel 2004, è un caso unico in Italia ed è stata creata sul modello della Ephoria Archeologica greca, il solo esempio esistente in Europa. Ma la Soprintendenza del Mare non è stata destinata ad occuparsi unicamente degli aspetti archeologici: temi come l’ambiente e l’antropologia legati al patrimonio culturale marino siciliano sono obiettivi di ricerca assolutamente nuovi, che la pongono in una situazione di primato europeo. I suoi compiti istituzionali sono di ricerca, protezione e valorizzazione del patrimonio sommerso della Sicilia: oltre ai reperti archeologici, sono oggetto di studio rotte e commerci antichi e moderni, riti e credenze, superstizioni e mestieri del mare, paesaggi costieri e sottomarini. La Soprintendenza è costituita da operatori subacquei, archeologi, etnoantropologi, naturalisti, ingegneri, architetti, geologi, ricercatori bibliografici, geometri, fotografi e video-operatori, informatici e disegnatori, ed ha già effettuato numerose ricerche recuperando reperti di epoche diverse, ed istituendo aree protette in situ. Uno dei primi progetti è il “Progetto Egadi”, ideato con lo scopo di raggiungere un importante risultato scientifico: la ricerca e lo studio delle navi partecipanti alla battaglia delle Egadi (241 a.C.) durante la 1° guerra punica. L’esplorazione dei siti, realizzata con sommozzatori ed altre tecnologie d’avanguardia – ROV, Side Scan Sonar, Multibeam, Sub Bottom Profiler – ha permesso di ottenere dati per la ricerca scientifica utili anche per l’istituzione di itinerari subacquei guidati. A nord di Capo Grosso a Levanzo è stato individuato il luogo dove le navi romane sferrarono l’attacco finale contro la flotta cartaginese: numerose ancore giacciono nella loro posizione originale e costituiscono un interessante itinerario sottomarino guidato. Poco distante un altro percorso guidato è disponibile a Cala Minnola, dove si si può visitare un antico relitto con il suo carico di anfore. Qui è stato installato il primo sistema di telecontrollo: i turisti che non si immergono possono effettuare una visita virtuale grazie ad un sistema di telecamere che trasmettono le immagini dal fondo del mare sullo schermo situato presso il Comune di Favignana. Assessorato Beni Culturali e Ambientali e P.I. Angela Accardi Dipartimento Beni Culturali ed E.P - Soprintendenza del mare Nasce dal mare una nuova Soprintendenza Soprintendenza del mare Soprintendente Sebastiano Tusa Palazzetto Mirto Via Lungarini, 9 90133 Palermo Tel. 091 455142 Fax 091 6230821 [email protected] 79 A Pantelleria, nella Cala Gadir, è stato installato un altro sistema di telecontrollo sul percorso archeologico: le telecamere mobili mandano le immagini ad un sito Internet dedicato, ed un più vasto pubblico, comodamente seduto davanti al proprio PC, può effettuare la visita virtuale 24 ore su 24. Altri itinerari subacquei sono stati realizzati lungo le coste della Sicilia e nelle isole minori, e delle apposite guide plastificate sono state realizzate per guidare i subacquei sui siti. L’attività culturale della Soprintendenza prevede la partecipazione alle più importanti esposizioni nazionali ed internazionali nei settori dell’archeologia e delle attività subacquee, e l’organizzazione di conferenze, seminari e workshops. Due importanti conferenze, organizzate a Palermo e Siracusa nel 2001 e nel 2003, hanno contribuito al dibattito sulla Convenzione UNESCO per la Protezione del Patrimonio culturale sottomarino del Mediterraneo, firmata a Parigi nel novembre 2001. Nel quadro della protezione del patrimonio culturale mediterraneo, è stata avviata una campagna di ricerca archeologica in Libia, nelle acque di Ras al Hilal, dove è stato rinvenuto il relitto di una fregata veneziana armata di 31 cannoni perduta durante la guerra di successione di Spagna (1702); in Turchia è iniziato lo studio del porto sommerso dell’antica città greca di Kyme Eolica. Il programma didattico della Soprintendenza si realizza in corsi di formazione destinati ai professori ed ai loro alunni su temi archeologici ed antropologici. Gli archeologi spiegano la storia e le tecniche dell’archeologia subacquea, poi le classi partecipano alla simulazione di un cantiere sottomarino allestito in acque protette. Guardando il fondo del mare dalla barca attraverso batiscopio i ragazzi assistono alle varie fasi dello scavo, oppure direttamente dalla superficie del mare – con opportuna assistenza e la protezione di muta, maschera e pinne – vivono un’esperienza diretta osservando il lavoro dei subacquei. Il corso antropologico prevede invece la partecipazione delle classi a laboratori di mestieri tradizionali del mare: decorazione di barche da pesca, fabbricazione di corde, cerimonie, riti e credenze dei pescatori e dei marinai. Una maniera semplice ed efficace di insegnare alle nuove generazioni la conoscenza, il rispetto e la salvaguardia del patrimonio culturale sottomarino della Sicilia. Campi-scuola di archeologia subacquea sono inoltre organizzati annualmente a livello universitario per studenti e laureati, che sono ammessi a partecipare a scavi selezionati (Pantelleria Scauri, Ustica, S.Vito Lo Capo). 80 VALLE D’AOSTA I cantieri archeologici nella città di Aosta: tutela e valorizzazione Alessia Favre Soprintendenza per i Beni e le attività Culturali Direzione restauro e valorizzazione ell’ambito della attività istituzionali di tutela e valorizzazione del Dipartimento Soprintendenza per i beni e le attività culturali, sono stati programmati i lavori di indagini archeologiche su due piazze cittadine di Aosta, Piazza Giovanni XXIII e Piazza Roncas. Le indagini attualmente in corso, suddivise in lotti successivi secondo una programmazione pluriennale e finalizzate alla ricerca scientifica, hanno permesso di documentare e ricostruire i processi formativi dei depositi archeologici stratificati che dall’epoca romana giungono fino ai giorni nostri, confermando che l’importanza del contesto urbano si è mantenuta inalterata nel corso dei secoli. L’area corrispondente all’attuale Piazza Giovanni XXIII infatti si connotava in epoca romana come parte integrante del complesso forense di Augusta Praetoria, fulcro della vita della città antica, e si è successivamente trasformata in area funzionale al principale edificio di culto cristiano della città, il complesso episcopale. A poche centinaia di metri di distanza si trova Piazza Roncas, sede di una della porte urbiche che in epoca romana davano accesso alla colonia. Va sottolineato che oltre alla finalità principale della tutela, gli interventi in questione si pongono anche l’obbiettivo di acquisire i dati necessari a formulare un progetto di riqualificazione urbanistica completo ed esaustivo che tenga conto delle testimonianze archeologiche presenti nel sottosuolo e dell’importanza storica delle due piazze, finalizzato alla valorizzazione e alla promozione turistico-culturale dell’intera zona cittadina. L’archeologia si delinea quindi quale risorsa al servizio dei cittadini, forma di conoscenza e tutela del proprio patrimonio culturale, necessaria per giungere successivamente alla valorizzazione e alla fruizione pubblica. In quest’ottica di pensiero, all’interno di un più articolato discorso sulla necessità di dialogo tra tutela e valorizzazione, sono stati proposti dalla Direzione restauro e valorizzazione, nell’estate 2007, i cosiddetti cantieri evento, iniziativa finalizzata a favorire la presa di coscienza da parte della cittadinanza dell’attivi- Assessorato Istruzione e Cultura N Direzione restauro e valorizzazione Direttore Gaetano De Gattis Piazza Roncas, 12 11100 Aosta Tel. 0165 275904 Fax 0165 275948 [email protected] Soprintendenza per i Beni e le Attività Culturali Soprintendente Roberto Domaine Piazza Narbonne, 3 11100 Aosta Tel. 0165 272708 Fax 0165 272666 [email protected] 81 Ideazione e coordinamento del progetto: Gaetano De Gattis Alessia Favre 82 tà svolta dalla Soprintendenza e a ingenerare spunti di riflessione nei confronti di una tematica, finora oggettivamente poco conosciuta ai non addetti ai lavori, come quella dei beni archeologici. Entrando nello specifico del progetto il cantiere archeologico di piazza Roncas è stato reso fruibile attraverso un percorso di visita sicuro dove un gruppo di archeologi, gli stessi incaricati delle attività di ricerca, ha fornito ai visitatori, con l’aiuto di un apparato divulgativo predisposto in loco, costituito da pannelli didattici, gli strumenti per comprendere la metodologia propria dell’indagine archeologica, con particolare riferimento allo scavo eseguito in contesto urbano e illustrato quanto emerso dalle indagini archeologiche in corso. Nella seconda piazza invece è stata proposta una performance teatrale, che rivisitando un’opera della tradizione classica, il Simposio di Platone, ha visto coinvolti giovani artisti locali di differente formazione ed esperienza nell’intento di valorizzare il patrimonio letterario e archeologico attraverso l’interazione di teatro, immagini e musica nel contesto dello scavo archeologico. Entrambe le attività sono state condotte per un fine settimana (2 giorni) e hanno registrato la presenza di circa 2000 persone in ogni sito. Questa iniziativa risulta particolarmente adatta a testimoniare la possibilità di fruizione turistica del patrimonio archeologico, in modo ancora più particolare trattandosi, nel caso specifico di patrimonio archeologico in corso di studio. Azzardiamo il termine di fruizione in corso d’opera. Questo progetto testimonia come le due attività proprie di una Soprintendenza archeologica, la tutela e la valorizzazione, possano coesistere in termini non reciprocamente limitativi, ma assolutamente complementari, l’una rivolta alla tutela in ambito conservativo, l’altra finalizzata ad una fruizione pubblica più consapevole ed allargata del patrimonio culturale. Senza dimenticare che la mission della Soprintendenza è la tutela, si è resa la popolazione partecipe delle operazioni scientifiche svolte, comunicando ciò che l’istituzione sta facendo. Nella consapevolezza che uno scavo in contesto urbano è il più delle volte inteso dalla comunità come dispendioso e inutile ai fini del pubblico godimento, si sono forniti gli strumenti culturali per comprendere non solo le logiche che portano dalla tutela alla valorizzazione, ma l’importanza del paesaggio nascosto. Il cantiere evento garantisce il dialogo con la maggior parte dei cittadini con i quali altrimenti un dialogo non sarebbe possibile. Fruire un sito archeologico permette alla comunità di riappropriarsi di un passato nascosto, fruire un sito in corso d’opera garantisce al pubblico di sentirsi parte in causa nei lenti processi di tutela del bene culturale. Allora la diffidenza di trasforma in voglia di sapere e la voglia di sapere in consapevolezza dell’unicità e irriproducibilità del proprio patrimonio. La tutela diventa indiretta e dialoga con la valorizzazione. Ecco perché attività di tipo divulgativo (supporti didattici, visite guidate, fino a giungere a performance teatrali e allestimenti divulgativi e ricostruzioni virtuali) sebbene comportino sforzi economici notevoli, rientrano nei compiti degli istituti culturali: la diffusione della cultura è un obbligo etico oltre che istituzionale. Iter progettuale per il Sito Archeologico di Tusculum Il Restauro come Finalità e Metodo Il restauro del paesaggio ripercorre le fasi e le ritmiche colturali avvicendatesi nel tempo (analisi catastale) ricomponendo l’identità dei luoghi nelle epoche (verde antropico e verde naturale). La reintegrazione deve essere minimale, ma riconoscibile e con il rispetto dei valori coloristico, formale (trame e tessiture), dimensionale (portamento) e di caratterizzazione dei luoghi. Iter progettuale L’ elemento ordinatore Esemplifica l’effetto antropico sul paesaggio, ma dove il luogo conserva la sua caratteristica di naturalità, si deve lasciare che la natura irrompa generando un proprio ordine apparentemente casuale ma dominante. In presenza dei ruderi, la natura si frammenta e ne evoca la caducità, mentre per contro, il rudero accoglie in se la natura e confluisce in essa. Università di Roma “La Sapienza” Facoltà di Architettura “Ludovico Quaroni” Maria Elena Marani Finalità Il restauro del paesaggio di Tusculum è proposto con: l’individuazione del perimetro del parco, la localizzazione di accessi, percorsi e punti panoramici; nonché visioni ed immagini esemplificative dell’assetto e delle sistemazione delle aree verdi. Sviluppo Lettura del paesaggio: si articola su un arco temporale che va dal 1818 allo stato attuale, abbracciando le analisi catastale, paesaggistica ed archeologica. Sintesi Studio del paesaggio fisiografico suddiviso in: inquadramenti elementari di paesaggio, sue unità elementari e zone di omogeneità. Studio della realtà percettiva del territorio, storicamente riguardate. Il tutto fra il 1818 e lo stato attuale. Tesi di laurea del corso di Restauro dei Monumenti Prof. Paolo Francelli 83 METODI Aspetto archeologico Esso s’incentra sull’impatto indotto sul rudero e proponendone la conservazione sia delle rovine sia dei siti su cui queste insistono; il “Parco archeologico” ha l’estensione di quasi 70 ettari; cronologicamente abbraccia gli anni dal 1500 al 1994. Si segnalano: 1500 - A. da Sangallo il Giovane; 1800 - L. Bonaparte; 1825 - L. Biondi e successivamente L. Canina; 1859 - Campana; 1867 1887 - ancora il Canina; 1900 - F. Grossi Gondi, Th. Ashby, T. Garnier, L. Reina; 1930 - G. Tomassetti e Mac Gracken; 1952/1957 - M.Borda; 1994 - La Scuola Spagnola. Aspetto naturalistico Aspetto geo-morfologico e geognostico L’aspetto tuscolano è la risultante della vegetazione dei Colli Albani, delle sue ville storiche e della morfologia del vulcanismo laziale. Aspetti idrologeologici L’idrologia è distinguibile per aree: l’area orientale (l’Aniene); i fossi dell’apparato laziale. Aspetto antropico Antiche colture agricole ed agresti; residui di privilegi storici e medievali; piccole proprietà. Le specie vegetali caratteristiche del paesaggio sono: essenze indigene di valore ornamentale; essenze di frutto di valore ornamentale; essenze acclimatate nel paesaggio agrario ed urbano; essenze allogene (etniche) di valore ornamentale. Cartografia ed elaborati grafici Analisi catastale dal 1818 allo stato attuale (proprietà, costruito, frazionamenti, contrade, colture). Analisi paesaggistica (alternanza delle stagioni dal 1818 all’attualità). Analisi archeologica (aspetti storici del sito archeologico; carta archeologica; tavola della percezione visiva e cioè individuazione dello skyline del sito archeologico, in relazione agli scavi ed all’incuria). Tavola sull’antico percorso dell’acqua e tavola comparativa con altri siti archeologici. 84 Vincoli Vincoli archeologici (ex lege 1089/39); vincoli paesistico/ambientali (ex lege 1497/39); vincoli paesistico ambientali (ai sensi del D.M. di Galassini 219/84); vincoli conservativi sul patrimonio castellano del Lazio (ai sensi della L.R. 68/83). Piano Territoriale Paesistico (ex lege 431/85), suddiviso in: tutela integrale per paesaggi; tutela orientata per zone degradate; tutela paesaggistica per il tessuto agrario; tutela limitata (processi di urbanizzazione). Proposte progettuali Delimitazione del perimetro del “Parco archeologico” e delle aree contigue. Localizzazione accessi e punti singolari panoramici. Visioni ed esempi di immagini. Sistemazione delle aree verdi. Nell’elaborazione delle proposte progettuali per il restauro del paesaggio, va tenuto presente che l’“elemento ordinatore” è legato all’impronta antropica concretatasi sul sito da restaurare, quindi, è connesso al momento storico nel quale la proposta viene formulata, ma anche alla percezione che il progettista coglie dai fatti reali e che egli traduce nelle sue proposte. Nel caso di Tusculum, si persegue la linea guida del “minimo intervento”, enfatizzato attraverso l’elemento vegetale, che disegna una trama più o meno fitta, adagiata sulla morfologia dei luoghi alternanti crinali e gole. Il progetto ripropone in parte la ritmica colturale storica, ma prevede anche l’introduzione di nuovi allineamenti vegetali e artificiali evocativi del connubio fra rudero e natura, legame frammentato dall’alterno predominio reciproco. Essenziale è la ricucitura dei margini e la valorizzazione delle radure, nonché il tracciamento di corridoi naturali e di direttrici che individuano i singoli siti archeologici all’interno del bosco. Gli allineamenti vegetali confluiscono, a partire dal percorso di crinale sviluppato sull’area archeologica, su panoramici belvedere aperti su visuali che si stagliano all’orizzonte. 85 CCTPC Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale I Comandante Gen. Giovanni Nistri Piazza Sant’Ignazio, 152 00186 Roma Tel. 06 6920301 Fax 06 69203069 www.carabinieri.it [email protected] 86 l Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale è stato istituito nel 1969, precedendo in tal modo di un anno la Convenzione UNESCO di Parigi del 1970, con la quale si invitavano tra l’altro gli Stati Membri ad adottare le opportune misure per impedire l’acquisizione di beni illecitamente esportati e favorire il recupero di quelli trafugati, nonché a istituire uno specifico servizio a ciò finalizzato. Il Comando, inserito funzionalmente nell’ambito del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, svolge compiti concernenti la sicurezza e la salvaguardia del patrimonio culturale nazionale, attraverso la prevenzione e la repressione delle connesse, molteplici attività delittuose. Il particolare settore di tutela è un comparto di specialità che è stato affidato all’Arma con Decreto del Ministero dell’Interno del 12 febbraio 1992; con successivo decreto del 28 aprile 2006, il medesimo Dicastero ha confermato il ruolo di preminenza attribuito all’Arma, con ciò individuando il Comando CC T.P.C. quale polo di gravitazione informativa e di analisi a favore di tutte le Forze di Polizia. Il Comando è composto da circa 300 militari che hanno una preparazione specializzata acquisita attraverso la frequenza di appositi corsi in “Tutela del Patrimonio Culturale”, organizzati periodicamente dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. L’attuale articolazione prevede a livello centrale un Ufficio Comando, organo di staff, un Reparto Operativo per le indagini di polizia giudiziaria (a sua volta suddiviso nelle sezioni Antiquariato, Archeologia, Falsificazione e Arte Contemporanea) e a livello territoriale in 12 nuclei con competenza regionale o interregionale, ubicati a Bari, Bologna, Cosenza, Firenze, Genova, Monza, Napoli, Palermo, Sassari, Torino, Venezia ed Ancona. Reparto Indirizzo Telefono/Fax Comando CC TPC Roma Roma Piazza di Sant’Ignazio, 152 Tel.06.6920301 [email protected] Fax 06.69203069 Reparto CC TPC Roma, Roma Via Anicia, 24 e-mail Tel.06.585631 [email protected] Fax 06.58563200 Competenze territoriali Lazio Abruzzo Nucleo CC TPC Torino, Tel.011.5215636 [email protected] Piemonte Torino Via XX Settembre, 88 Fax 011.5170000 Valle D’Aosta Nucleo CC TPC Monza, Monza Via Brianza, 2 Tel.039.2303997 [email protected] Lombardia Fax 039.2304606 Nucleo CC TPC Venezia Venezia P.zza S. Marco, 63 Tel.041.5222054 [email protected] Veneto Fax 041.5222475 Trentino A.A. F.V.Giulia Nucleo CC TPC Genova, Genova Via S. Chiara, 8 Tel.010.5955488 [email protected] Liguria Fax 010.5954841 Nucleo CC TPC Bologna, Bologna Via Castiglione, 7 Tel.051.261385 Fax 051.230961 Nucleo CC TPC Ancona, Ancona Via Pio II Pal. Bonarelli Tel.071/201322 [email protected] Marche Fax 071/2076959 [email protected] Emilia Romagna Nucleo CC TPC Firenze, Firenze Via Romana, 37/a Tel.055.295330 Fax.055.295359 [email protected] Toscana Umbria Nucleo CC TPC Napoli, Tel.081.5568291 [email protected] Campania Napoli Via Tito Angelici, 20 Fax.081.5784274 Nucleo CC TPC Bari, Bari P.zza Federico II, 2 Tel.080.5213038 [email protected] Puglia Fax.080.5218244 Molise Basilicata Nucleo CC TPC Cosenza, Cosenza Via Colletriglio, 4 Tel.0984.795548 [email protected] Calabria Fax.0984.784161 Nucleo CC TPC Palermo, Tel.091.422825 Palermo C.so Calatafimi, 213 Fax.091.422452 Nucleo CC TPC Sassari, Sassari Strada Prov.le La Crucca, 3 [email protected] Sicilia Tel.079.3961005 [email protected] Fax.079.395654 Sardegna Il Comando CC TPC espleta i suoi compiti per la protezione e la salvaguardia del patrimonio culturale attraverso la predisposizione di peculiari attività preventive e repressive. Le stesse possono riassumersi in: - prevenzione dei reati contro il patrimonio culturale; - attività investigativa specialistica; - recupero di beni culturali e oggetti d’arte; - gestione della Banca Dati dei beni culturali illecitamente sottratti (art.85 D.Lgs. 42/2004); - consulenza specialistica a favore del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e dei suoi organi territoriali. L’attività operativa consiste principalmente nel: - individuare i responsabili dei reati concernenti beni culturali (principalmente furti, ricettazioni, scavi archeologici illegali, falsificazioni) e deferirli all’Autorità Giudiziaria; - recuperare i beni culturali sottratti o esportati illecitamente dal territorio nazionale, estendendone le ricerche anche all’estero, nei limiti stabiliti dalle differenti convenzioni e nell’ambito della cooperazione giudiziaria tra gli Stati, attraverso i Ministeri degli Affari Esteri e della Giustizia, nonché attraverso l’INTERPOL, con le Forze di Polizia delle altre Nazioni; - collaborare nella repressione di violazioni alle norme di tutela paesaggistica; - effettuare controlli in occasione di mostre, mercati d’antiquariato, sui cataloghi delle più importanti case d’asta, anche on-line, nonché presso antiquari, nei laboratori dei restauratori e degli altri operatori del settore; - svolgere servizi finalizzati alla prevenzione dei reati in aree archeologiche particolarmente sensibili, anche in cooperazione con il Raggruppamento Elicotteri, le pattuglie a cavallo ed altri mezzi dell’Arma dei Carabinieri. Il Comando CC TPC conduce attività all’estero, non solo nell’ambito della cooperazione internazionale di polizia, ma anche per: 87 - supporto specialistico a operazioni di Peace-Keeping, come in Iraq dal 2003 al 2006; - attività di formazione di operatori di polizia e delle dogane di Stati che lo richiedano; - consulenza al Ministero per i Beni e le Attività Culturali per le attività volte alla restituzione di reperti archeologici appartenenti al patrimonio nazionale ed esposti in Musei e collezioni private stranieri. Sin dagli anni ’80, il Comando si avvale di un potente strumento di ausilio alle indagini di polizia giudiziaria: la “Banca Dati dei beni culturali illecitamente sottratti”, prevista da ultimo dall’art. 85 del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, che contiene informazioni sui beni da ricercare di provenienza sia italiana sia estera ed informazioni circa gli eventi delittuosi collegati: in essa sono informatizzati oltre 118.000 eventi, oltre 2.870.000 oggetti, con oltre 318.000 immagini. Essa costituisce, grazie anche all’utilizzo di sofisticata tecnologia informatica, punto di riferimento per tutta l’Arma e per le altre Forze di Polizia italiane ed estere e consente, tra l’altro, di compiere una attenta analisi del fenomeno “furti delle opere d’arte”, così come di altre tipologie delittuose, fornendo indicazioni specifiche idonee ad indirizzare con maggiore precisione l’attività preventiva e investigativa dei vari reparti. La stessa, alimentata giornalmente: - è strutturata in moduli che consentono da un lato, l’inserimento e la ricerca di eventi, persone, oggetti e le loro relazioni, dall’altro l’elaborazione di statistiche; - impostata su interfaccia WEB e supporto multilingua, consente modalità di ricerca visuale e capacità di georeferenziazione degli eventi; - interagisce in tempo reale con palmari e personal computer portatili, agevolando la redazione di rapporti/schede sul luogo dell’intervento e la consultazione e l’alimentazione diretta. Per quanto attiene specificatamente alla funzione di comparazione delle immagini, un software di indicizzazione le analizza assegnando loro un’“impronta” sulla base di definite informazioni, quali il colore, il contrasto, la forma e la trama. Relativamente alla georeferenziazione degli eventi, un apposito programma consente: il posizionamento delle entità sul territorio in base al collegamento tra dati alfanumerici e geografici, nonché l’individuazione di zone a rischio e dei percorsi legati alla criminalità; la rappresentazione grafica di tutte le connessioni logiche tra le informazioni censite, integrandole con dati locali e remoti attinti per fini investigativi e tabulati telefonici (società italiane). Tale efficace strumento consente altresì una concreta interoperabilità con le altre Forze di Polizia e altri Istituti, quali le Soprintendenze e gli Uffici Esportazione, che potranno a breve consultare alcuni campi del database e pertanto usufruire di un più ampio e specifico servi- 88 zio, e la Conferenza Episcopale Italiana (CEI), che ha concesso un utilissimo accesso privilegiato al suo database informatizzato, a integrazione degli items inseriti nella Banca Dati del Comando. Lo sviluppo dell’attività investigativa, l’abbattimento delle barriere doganali nell’ambito dell’Unione Europea, nonché una sempre maggiore facilità di movimento di persone e merci a livello transnazionale, ha suggerito al Comando di utilizzare le eccezionali potenzialità offerte dalla rete Internet per diffondere in qualsiasi parte del mondo le informazioni relative ai beni culturali sottratti, così che da tempo vengono monitorati i principali siti di “e-commerce” dedicati ai beni culturali. La stessa rete è infine utilizzata per la diffusione di informazioni utili alla cittadinanza. Il Comando cura la pubblicazione del bollettino “Arte in Ostaggio” contenente le riproduzioni fotografiche dei più importanti beni da ricercare, corredate dei dati necessari per l’individuazione. Distribuito gratuitamente in Italia ed all’estero, con la venticinquesima edizione ne è terminata la stampa, poiché, a vantaggio di un più rapido e tempestivo aggiornamento, le medesime informazioni sono ora facilmente consultabili on-line sul sito istituzionale (www.carabinieri.it), raggiungibile anche attraverso il sito del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Sul sito infatti è presente un ben strutturato motore di ricerca attraverso il quale possono essere consultati circa 14.000 beni culturali di valenza artistica tra beni archeologici, dipinti, sculture, oggetti chiesastici, beni librari, estratti dalla Banca Dati del Comando. Peraltro nello stesso database i cittadini possono accedere ad un cospicuo elenco di immagini e di descrizioni di beni archeologici saccheggiati durante i due conflitti bellici avvenuti negli ultimi anni in IRAQ, oltre che avvalersi di “link” diretti sul sito UNESCO dedicato alle “Red list” di Paesi a rischio. Per facilitare la consultazione di tali informazioni e favorire il recupero dei beni culturali da ricercare, il data-base e le pagine web del Comando sono in corso di duplicazione in lingua inglese, nonché è in atto una loro ulteriore implementazione per offrire al cittadino e alle associazioni di categoria la possibilità di consultare un sempre maggior numero di beni culturali. Nell’apposita sezione tematica del sito www.carabinieri.it (Beni d’interesse culturale) sono disponibili “consigli” per orientare gli utenti che intendano avvicinarsi al mercato dell’arte (tra cui un “decalogo” contro gli incauti acquisti di opere d’arte contemporanea, redatto con la collaborazione della Galleria Nazionale d’Arte Moderna) o che subiscano furti di beni culturali. Dal sito è inoltre possibile scaricare un modulo “Documento dell’opera d’arte - Object ID” (vedasi foto) che peraltro può essere richiesto presso qualsiasi comando dell’Arma. Compilando questa “scheda preventiva”, ciascuno può costituirsi un archivio fotografico 89 e descrittivo dei propri beni culturali, determinante in caso di furto, poiché ne consente l’agevole informatizzazione nella Banca Dati, in modo da favorire la costante comparazione con quanto giornalmente sia oggetto di controllo. Un’opera rubata, infatti, se fotografata ed adeguatamente descritta, può essere recuperata più facilmente. Inoltre, per evitare di acquistare un bene culturale trafugato, ovvero per conoscere l’eventuale illecita provenienza di uno posseduto, il cittadino può richiedere al Comando o ai Nuclei dislocati sul territorio un controllo presso la Banca Dati dei beni culturali illecitamente sottratti. In caso di riscontro negativo il Comando rilascerà un’attestazione in cui è indicato che in quel momento il bene controllato non risulta segnalato tra le opere da ricercare presenti in Banca Dati. Un eventuale esito positivo dell’accertamento darà luogo ai dovuti riscontri di polizia giudiziaria. Esempio di modello “Documento dell’opera d’arte” - Object iD 90 Call Center N ell’ambito delle competenze del Ministero per i Beni e le Attività Culturali si colloca il servizio di call center atto a migliorare l’accesso alla fruizione del patrimonio culturale nazionale da parte dei cittadini italiani e stranieri nonché dei turisti in visita nel nostro Paese, per fornire informazioni (in lingua italiana, inglese e spagnola) inerenti le attività di pertinenza del Ministero, su musei, mostre temporanee, archivi, biblioteche attraverso il numero verde 800 99 11 99. Il Servizio è interamente affidato alla Società Omnia Network*, che gestisce le chiamate tramite il numero verde attivo tutti i giorni, compreso i festivi, dalle 9 alle 19. L’operatore di front office, mediante la consultazione di Banche Dati ed un costante collegamento al sito Internet del Ministero, è in grado di fornire tutte le informazioni richieste, ivi comprese quelle relative alla struttura organizzativa del Ministero ed alle competenze istituzionali dello stesso. L’operatore ha a disposizione anche un banca dati integrata curata dal personale di back office di Omnia Network contenente le informazioni relative a manifestazioni, beni, musei, eventi di pertinenza non statale (comunali, privati, etc.). Nello specifico, il front office svolge: un servizio di ricezione reclami da parte del Cittadino e di segnalazione all’Amministrazione; un servizio di supporto all’Ufficio Relazione con il Pubblico (URP); un servizio di supporto al Servizio II Comunicazione, promozione e Marketing della direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e la promozione. un servizio di segnalazioni al Comando dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale; L’attività di back office consiste in: attività di verifica e segnalazioni delle necessità di aggiornamento dei dati presenti sul sito del Ministero dei Beni Culturali; acquisizione di informazioni sulle iniziative culturali in essere su tutto il territorio nazionale con partecipazione diretta o indiretta del Ministero; acquisizione di informazioni al servizio del cittadino sui principali siti non statali mediante la creazione di un Data Base interno a favore del Front office; diffusione di informazioni mirate nei confronti di soggetti terzi quali scuole, università, organismi culturali secondo valutazioni di opportunità da parte del Ministero. Tali informazioni sono fornite sul numero complessivo di 10.000 contatti annui. A fronte delle suddette attività, vengono prodotti periodicamente report statistici quantitativi e qualitativi, che consentono una continua analisi e monitoraggio dei servizi resi. *Omnia Network s.p.a., gestore del servizio, è uno dei principali operatori italiani nel settore della progettazione, realizzazione e gestione dei servizi di outsourcing alle imprese. Omnia Network S.p.A Referente Stefania Subinaghi Via Cristoforo Colombo, 6 20094 Corsico (MI) Tel. 335 7742381 Fax 02 784417333 91 ALES Arte Lavoro e Servizi S.p.A è una società a capitale pubblico partecipata dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Svolge servizi finalizzati alla conservazione, valorizzazione e fruizione dei beni culturali per strutture centrali e periferiche del MiBAC. ALES - Arte Lavoro e Servizi S.p.A Attiva dal 1999 ALES fornisce numerosi servizi all’interno di parchi, aree archeologiche, musei, aree espositive, edifici e giardini storici, biblioteche, archivi e uffici nel Lazio e nella Campania. ALES S.p.A. Via Cristoforo Colombo, 98 00147 Roma Tel. 06 70450922 Fax 06 77591514 Via S. Brigida, 51 80133 Napoli Tel. 081 7810701 Fax 081 5511518 Via Toledo, 153 80132 Napoli Tel. 081 19562115 Fax 081 4206001 www.ales-spa.it 92 Il costante intervento sul territorio da parte di personale qualificato e la particolare attenzione alla formazione continua dei lavoratori, ha permesso ad ALES di imporsi come importante realtà nella progettazione e realizzazione di attività relative alla tutela e alla promozione dei beni culturali. ALES ha ottenuto la Certificazione di Qualità ISO 9001:2000 e l’attestazione SOA per le categorie OG1, OG2, OS24. Esperienze significative Manutenzione architettonica ordinaria degli edifici. Manutenzione delle strutture archeologiche. Manutenzione del verde. Supporto tecnico-amministrativo agli uffici del MiBAC. Supporto al funzionamento di biblioteche ed archivi. Servizi per la gestione di musei ed aree archeologiche (sorveglianza, biglietteria, accoglienza al pubblico). Attività di monitoraggio. Reply L a veloce evoluzione dei mezzi di comunicazione unita all’affermarsi di una economia digitale hanno imposto nuove modalità di comunicazione, interazione e lavoro, fondate sulla capacità di scambiare dati ed informazioni in tempo reale con tutti gli attori coinvolti nella catena del valore. Reply mette al servizio della Pubblica Amministrazione le proprie competenze sulle nuove tecnologie integrando sistemi multimediali ed interattivi, progettando piattaforme applicative composte con “servizi configurabili” e abilitando tecnologie di comunicazione sempre più complesse e differenziate. Tra le più recenti attività sviluppate da da Reply in tali ambiti vi sono il progetto Leonardo per il Comando Carabinieri Tutela del Patrimonio Culturale e l’attuale sviluppo del nuovo portale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Il Progetto Leonardo ha visto Reply lavorare con il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, in un processo di adeguamento tecnologico e potenziamento del sistema informatico attualmente in uso presso il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale (CCTPC), per supportare i processi di investigazione e di pianificazione degli interventi a salvaguardia delle opere d’arte. Il risultato è la realizzazione di un nuovo sistema informativo, “Leonardo”, che introduce nuove tecnologie emergenti per consentire di interagire con la banca dati in tempo reale attraverso apparecchiature di ultima generazione ed eseguire ricerche ed analisi su tutto il patrimonio informativo raccolto in oltre venti anni di attività. La nuova piattaforma alla base del Progetto Leonardo è dotata di una interfaccia multilingue e rende accessibili funzionalità avanzate quali la gestione documentale, la ricerca e l’analisi di tipo geografico e l’integrazione con un prodotto leader di mercato per l’analisi di tipo investigativo. Grazie al nuovo sistema informativo il personale dell’Arma, operativo sul territorio, può interagire con la banca dati in tempo reale attraverso una applicazione wireless e apparecchiature di ultima generazione, come palmari e personal computer portatili. Ciò consente, ad esempio durante una operazione di controllo, di avere a disposizione direttamente sul posto tutte le informazioni utili all’attività operativa, richiedendo eventualmente al sistema di verificare la lecita provenienza dell’opera d’arte a partire da una foto, scattata sul momento con apparecchiature digitali. Inoltre, dal luogo dell’intervento, l’operatore del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale può compilare un verbale su supporto elettronico e inviarlo al sistema centrale per successive operazioni di verifi ca e analisi investigativa. A livello centrale, ogni informazione inviata dal luogo dell’intervento da parte dei Carabinieri, o proveniente da segnalazioni di altre Forze di Polizia, è sotto il controllo della Sezione Elaborazione Dati del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale. Qui personale altamente specializzato, utilizzando un complesso software di classificazione (basato su un database iconografico), cura www.reply.it Corso Francia, 110 10143 Torino Tel. 011 7711594 Fax 0117495416 [email protected] www.reply.it 93 l’inserimento di ogni caratteristica peculiare del bene artistico di interesse, come ad esempio la sua tipologia (dipinto, scultura, libro antico, ecc...), il soggetto raffigurato, gli autori, i materiali e la tecnica di esecuzione. Tali informazioni vengono ulteriormente arricchite attraverso la consultazione di banche dati esterne, integrate nel sistema. Il punto di forza del nuovo sistema si esprime nelle evolute capacità di ricerca, in grado non soltanto di verifi care e ritrovare termini lessicali utilizzati per la descrizione dell’opera, ma anche di confrontare “immagini” o porzioni di immagini sulla base delle sue caratteristiche grafi che, nonché di utilizzare come chiavi di ricerca “concetti” contenuti nel contesto da ricercare. Il Portale Cultura Italia, principale punto di riferimento per la comunicazione sul canale Internet in ambito di Beni Culturali, vede Reply impegnata come il partner scelto dell’Amministrazione con la responsabilità tecnica e grafica della soluzione. Il portale, online a partire dalla fine del 2007, renderà disponibili contenuti informativi ricercabili sia per area geografica sia per tematica: archeologia, architettura e monumenti, arti visive, design, cinema e multimedia, musica, spettacoli, tradizioni e folclore, cultura e scienze umane, cultura scientifica, formazione e ricerca, biblioteche, letteratura, archivi, mostre e musei. Tramite questo nuovo punto di contatto il Ministero per i Beni e le Attività Culturali renderà disponibile, ai citttadini, un gran numero di servizi tra cui: accesso all’indice delle risorse in ambito dei Beni Culturali, forum tematici, newsletter, piattaforma di e-commerce, indice dei monumenti. Il portale, grazie alla ricchezza di informazioni contenute e alla facilità di navigazione svolgerà inoltre un importante ruolo per la promozione turistica di località di interesse culturale grazie alla possibilità di costruire “viste digitali” di percorsi ed itinerari personalizzati. 94 A L’attività: progettare l’uso efficace della luce. La missione de iGuzzini non è solo quella di produrre apparecchi di illuminazione al massimo livello di qualità, ma anche di studiare, capire, far capire la luce e renderne migliore l’integrazione con l’architettura, attraverso l’industrial design. Un’attività produttiva fondata, nel corso degli anni, su investimenti in ricerca, sull’innovazione tecnologico-produttiva, sulla collaborazione con prestigiosi designer ed architetti internazionali come Luigi Massoni, Giò Ponti, Rodolfo Bonetto prima, Bruno Gecchelin, Renzo Piano, Gae Aulenti, Piero Castiglioni, Lord Norman Foster, Massimiliano Fuksas poi. Gli apparecchi iGuzzini trovano applicazione in vari settori: arredo urbano, musei, spazi commerciali, alberghi. Nel mondo sono illuminati da apparecchi iGuzzini: il Beaubourg di Parigi, il Museo della Galleria Borghese e il nuovo Palazzo delle Esposizioni a Roma, il Museo Egizio di Torino, il Tempio di Luxor in Egitto, il Museo dell’Ermitage e la Chiesa della Resurrezione a San Pietroburgo, il Museo de Bellas Artes a L’Havana, l’Oriental Arts Centre di Shanghai, la nuova sede della National Assembly for Wales nel Galles, il Centro Design della Mercedes di Stoccarda, la nuova sede della Triennale Bovisa, di Milano. Nel 1997 la iGuzzini ha adottato, come prima azienda privata, il Museo della Galleria Borghese a Roma nel quadro della Convenzione Veltroni-Fossa. La stessa procedura è stata utilizzata anche per il Beaubourg di Parigi. Numerosi i premi assegnati all’azienda, dal Compasso d’Oro 1989 all’apparecchio Shuttle di Bruno Gecchelin, a quello del 1991 assegnato al Gruppo Guzzini “per aver sviluppato nel tempo una filosofia progettuale e produttiva di grande coerenza in cui la cultura del Design ha rappresentato un comune denominatore ed un elemento di distinzione” al Compasso d’Oro 1998 al prodotto Nuvola di Piano Design Workshop, fino al recentissimo Premio iF promosso dall’International Forum Design di Hannover, ai prodotti Glim Cube (design Piero Castiglioni), i24 (design Piano Design) e Radial (design Foster & Partners). Nel 1998 la iGuzzini ha ricevuto il Premio Guggenheim quale riconoscimento al suo costante impegno nel campo della cultura. iGuzzini illuminazione SpA ppartenente alla Finanziaria Fimag, a cui fanno capo le aziende del Gruppo Guzzini (Teuco Guzzini, F.lli Guzzini), la iGuzzini illuminazione è nata nel 1958. Ha 17 agenzie commerciali in Italia, 11 filiali, in Germania, Francia, Spagna, Regno Unito, Norvegia, Svizzera, Danimarca, Benelux, Cina, Singapore, Hong Kong, e distributori esclusivi in tutti i paesi del mondo. Nel 1995 è stato creato il centro Studi e Ricerca la cui attività vuole contribuire al dibattito culturale approfondendo molteplici aspetti della luce; sia quelli inerenti la sua natura di fenomeno fisico, sia quelli ancor più vasti e complessi che sono alla base della percezione umana. La iGuzzini, azienda certificata ISO 9001, è oggi la prima azienda italiana del settore illuminotecnico e si colloca fra le prime 5 aziende europee. Il suo fatturato consolidato del 2006 è stato di 197,3 milioni di euro. Il numero dei dipendenti è pari a 1.039 unità. Contact | Italy iGuzzini illuminazione SpA Via Mariano Guzzini, 37 62019 Recanati (MC) Italy Tel. +39 071 758 81 Fax +39 071 758 82 95 Video +39 071 758 84 35 [email protected] www.iguzzini.com 95 BBS software Srl BBS software s.r.l. Via del Bettolino, 3 25050 Paderno Franciacorta (BR) www.bbsitalia.com www.companytv.it 96 BBS Software ha realizzato il progetto Company TV, una innovativa televisione d’attesa in grado di fornire informazioni TV on demand grazie all’utilizzo di codici a barre. Questa tecnologia, realizzata nell’ambito di un progetto di ricerca finanziato dalla Regione Lombardia, permette ad Enti ed Aziende di fornire informazioni aggiuntive on demand a visitatori e clienti, in modo semplice, interattivo, immediato e multilingua. Infatti grazie al codice a barre posizionato sulla documentazione cartacea a corredo di un servizio o un prodotto, il sistema e’ in grado di fornire tutte le informazioni necessarie per approfondire i singoli argomenti. Grazie ad un lettore ottico e ad una pulsantiera per la selezione della lingua, con un semplice e facile testo, l’utente puo’ facilmente interrogare il palinsesto TV per approfondire gli argomenti di suo interesse con filmati, video, immagini e testi animando la documentazione cartacea esposta. Turismo, prodotti tipici e servizi sono i primi settori nei quali la tecnologia Company TV e’ gia’ stata applicata con successo in oltre 190 installazioni in Italia e all’estero. Nell’ambito dei beni culturali la tecnologia permette di costruire e divulgare palinsesti TV sui siti archeologici, musei, monumenti e rendere fruibili in modo semplificato all’utente visitatore nella propria lingua di consultazione tutte le informazioni disponibili sul luogo che si sta visitando e su quelle ad esso collegate. La forza della soluzione Company TV si manifesta nella realizzazione di circuiti culturali nei quali più Company TV vengono posizionate all’ingresso di siti archeologici, musei e monumenti non solo per fornire informazioni sul luogo che si sta vistando ma su tutta l’offerta museale dell’intero circuito, accattivando il visitatore con immagini e filmati forniti dalla Company TV. La realizzazione di circuiti museali Company TV permette inoltre all’Ente di recuperare risorse finanziarie da sponsor fortemente interessati a divulgare la propria immagine attraverso questo nuovo e originale media, facilmente personalizzabile in occasione di manifestazioni ed eventi. L’utilizzo della tecnologia Company TV permette di ridurre la quantità di carta stampata, riducendo il numero di pagine di guide e opuscoli, favorendo la fruizione dell’informazione via Company TV. Il contenuto delle Company TV viene preconfezionato fornendo all’Ente cliente una Company TV già riempita di contenuti nel palinsesto principale; in automatico e in totale autonomia, l’utente può aggiornare semplicemente i singoli contenuti decidendo di inviare i dati alla Company TV desiderata attraverso una connessione internet ad un sistema di gestione dei contenuti fornito col sistema. Orari, servizi aggiuntivi, informazioni sempre aggiornate: tutto questo facilmente e in modo diretto può essere immesso dal gestore del museo. In automatico i dati inseriti si distribuiscono sulle Company Tv del circuito fornendo le informazioni aggiornate agli utenti. Infine per rendere il palinsesto più accattivante ed interessante, la tecnologia Company TV viene fornita con Notizie Ansa aggiornate ogni ora e Previsioni meteo aggiornate quotidianamente. Il Patrimonio Culturale italiano, unico al mondo, è costituito da beni archeologici, architettonici, archivistici, artistici e storici, librari e paesaggistici, nonché dalle diverse attività culturali promosse dallo spettacolo dal vivo, con riferimento al cinema, al teatro, alla musica, alla danza, allo spettacolo viaggiante e alle tradizioni popolari. Il MiBAC, amministra e promuove la conoscenza di questo imponente patrimonio storico, artistico e culturale di cui è custode con l’obiettivo di salvaguardarlo e valorizzarlo. Alla Direzione per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione, una delle novità della riforma del 2004, spetta il compito nodale e impegnativo di attuare la modernizzazione dell’Amministrazione attraverso linee di indirizzo e interventi operativi basati sulle più nuove e sofisticate tecnologie e su strategie di comunicazione e marketing. Nell’ambito di queste attività, la Direzione Generale partecipa annualmente, insieme a tutti gli Istituti centrali e territoriali, ad una serie di manifestazioni fieristiche che sono un veicolo efficace per diffondere ad un pubblico differenziato le attività ed i progetti più innovativi realizzati negli ultimi anni ed in corso d’opera. Tali manifestazioni rappresentano anche un momento molto importante di incontro tra le realtà territoriali, gli Enti locali, i settori delle imprese ed il privato. Le fiere a cui partecipare vengono programmate in base alla tipologia delle attività istituzionali del MiBAC – Tutela, Restauro, Comunicazione – e agli interessi di settore (Monumenti, Archivi, Biblioteche, Patrimonio Storico-Artistico, Cinema, Teatro, Spettacoli, Paesaggio) che ogni anno si vogliono evidenziare. Programmazione 2007 22-25 Marzo FERRARA Salone dell’Arte del Restauro e della Conservazione dei beni culturali 21-25 Maggio ROMA FORUM P.A. Forum della Pubblica Amministrazione 6-8 Novembre BOLOGNA COM.PA Salone Europeo della Comunicazione Pubblica dei servizi al cittadino e alle imprese 15-16 Novembre LUCCA LU.BE.C. Digital Tecnology 2007 15-18 Novembre PAESTUM X Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico 29 Nov-1 Dic. VENEZIA XI Salone dei Beni e delle attività culturali Via del Collegio Romano, 27 00186 Roma Direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione Servizio II - Comunicazione, Promozione e Marketing Unità Organica I - Comunicazione, Grandi Eventi e Manifestazioni Fieristiche Tel. 06.6723.2851-2927 - Fax 06.6723.2358 [email protected] URP - Ufficio Relazioni con il Pubblico Tel. 06.6723.2980-2990 - Fax 06.6798.441 [email protected] www.beniculturali.it numero verde 800 99 11 99