ANNO III MARZO 2010 N. 1
IN QUESTO NUMERO
Nursing diabetologico
...e se nasce un bambino
con diabete?
Scuola di formazione
permanente OSDI
Sappiamo
cosa fare?
QUALE TUTOR
serve ad un adulto?
Camminare fa bene,
...SI MA QUANTO?
A voi la parola
• ESPERIENZA IN UN CAMPOSCUOLA
• LA PAROLA ALL’ESPERTO: IL DIABETE NEONATALE
norme
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riguardanti il diabete e gli argomenti correlati.
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Il materiale dovrà essere inviato all’indirizzo e-mail: [email protected] o su supporto digitale a: Chiandetti
Roberta SOC 1 Medicina Generale Azienda Ospedaliero-Universitaria 33100 Udine
ANNO III MARZO 2010 N. 1
IN QUESTO NUMERO
Nursing diabetologico
...e se nasce un bambino
con diabete?
Sappiamo
cosa fare?
Scuola di formazione
permanente OSDI
QUALE TUTOR
serve ad un adulto?
som
ma
rio
Camminare fa bene,
...SI MA QUANTO?
A voi la parola
• ESPERIENZA IN UN CAMPOSCUOLA
• LA PAROLA ALL’ESPERTO: IL DIABETE NEONATALE
IN...FORMAZIONE
Periodico trimestrale
dell’Associazione OSDI
Operatori Sanitari
di Diabetologia Italiani
Via Guelfa, 9 - 40138 Bologna
www.osdi.it
Autorizzazione del tribunale
di Lecce n. 1014 - marzo 2009
lettera dal direttore
DIRETTORE RESPONSABILE
Roberta Chiandetti
di Roberta Chiandetti
VICE-DIRETTORE
Maria Teresa Branca
COMITATO SCIENTIFICO
Roberta Chiandetti
Maria Teresa Branca
Rosanna Toniato
Lia Cucco
COMITATO DI REDAZIONE
Carla Aliberti
Annunziata Bondioli
Daniela Cristofanelli
Lia Cucco
Adia Fabbrizi
Laurenzia Ferriani
Luigia Milano
Rosetta Nocciolini
Annamaria Tesei
Rosanna Toniato
Lorena Urbani
PROGETTAZIONE GRAFICA,
IMPAGINAZIONE E STAMPA
Carra Editrice
73042 Casarano (Le)
Tel. 0833.502319
vita associativa
a cura di Roberta Chiandetti
la parola all’esperto
a cura di Stefano Tumini,
Silvia Carinci, Roberta Iacoviello,
Rita Di Luzio
lo sapevate che
a cura del Comitato Scientifico
5
8
27
38
41
46
scuola di formazione
permanente OSDI
a cura del Direttore della Scuola
di Formazione OSDI
nursing diabetologico
a cura di Lia Cucco
direttore
Cari colleghi, ben trovati
Con piacere apro il 1° numero di
quest’anno con alcuni articoli che
trattano di diabete ma in un caso abbastanza particolare che è quello del
diabete neonatale. Grazie a chi ha
voluto condividere questa esperienza
e grazie anche a coloro che hanno sviluppato l’argomento
“neonato/bambino” con delicatezza e
sensibilità. Sentirsi utili non solo per
i tanti anziani che affollano i corridoi
dei nostri ospedali è piacevole e forse
dà quella motivazione che ogni tanto
ci fa percepire il lavoro di ogni giorno
un po’ meno faticoso.
In questa uscita anche l’ultimo avviso
prima del nostro CONGRESSO NAZIONALE. Sarà una grande occasione
per conoscerci o per ritrovarci in una
di Roberta Chiandetti
splendida città come Firenze.
L’augurio è che il tempo ci sia favorevole e ci permetta piacevoli passeggiate nel tempo libero; l’invito è a partecipare attivamente alle attività
congressuali sia per l’interesse degli
argomenti trattati, sia per rispetto
del lavoro dei tanti colleghi coinvolti
che si stanno impegnando e che sicuramente meriteranno di essere ascoltati ed applauditi. In particolare vi
segnalo il Simposio sulla Ricerca:
all’uscita di In…formazione OSDI le
notizie non sono ancora complete ma
sembra che lo Studio promosso dalla
nostra Associazione – Studio
ROSES
ROSE S – volto a dimostrare
l’efficacia dell’intervento educativo
intensivo sull’autocontrollo e sull’attività fisica svolto dall’infermiere nel
paziente diabetico tipo II, sia a buon
punto; sono in lavorazione i dati preliminare e credo che a maggio si potrà
N. 1 marzo 2010
dal
O P E R AT O R I S A N I TA R I D I D I A B E T O L O G I A I TA L I A N I
lettera
5
LETTERA DAL DIRETTORE
N. 1 marzo 2010
parlare se non dei
risultati almeno di
com’è andata e di
qual è la “sensazione” degli esperti
sull’argomento…
6
A febbraio Il Direttivo Nazionale ha
incontrato i Direttivi Regionali. In
quell’occasione anche io, come Direttore della Rivista, ho potuto incontrare
colleghi che avevano un nome ma non
un volto. Pur nel pochissimo tempo
condiviso, ho apprezzato moltissimo
la disponibilità e l’entusiasmo di alcuni
di voi e mi auguro che questi valori siano “contagiosi”, mi auguro che si sviluppi una “pandemia” che mi sommerga
dei vostri articoli, dei vostri progetti,
dei vostri contributi….sono state
proposte molte cose, articoli
che trattano del
diabetico ricoverato ma anche
delle patologie correlate al diabete; è stato
anche pensato uno spazio “ludico” con
cruciverba o rebus o barzellette, che
renda la lettura più accattivante…certo è che adesso iniziate a farvi
sentire; in ogni uscita la Rubrica “Vita
Associativa” parla di voi e per il nostro
gruppo è un grande successo!!! Grazie,
grazie veramente della voglia di sperimentarsi, mettersi in gioco, confrontarsi, che fa degli infermieri dei professionisti dal cuore grande.
Buon lavoro e a ritrovarci….
N. 1 marzo 2010
III° CONVEGNO NAZIONALE
DEL CONSIGLIO DIRETTIVO NAZIONALE
E DEI CONSIGLI DIRETTIVI REGIONALI
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L’Hotel Rivoli di Firenze, ha ospitato il
5 e 6 febbraio 2010, i componenti il
Consiglio Direttivo Nazionale e rappresentanti dei Consigli Direttivi Regionali OSDI,
riunitisi nel “III Convegno Nazionale”,
evento ormai divenuto prezioso ed insostituibile.
Destinatari dell’evento, tutti i componenti il CDN e 3 rappresentanti di ogni
CDR.
Obiettivi essenziali dell’evento, il confronto, lo scambio di esperienze, la conoscenza reciproca, ma soprattutto, condividere successi ed eventuali problemi,
chiarire dubbi, parlare guardandosi negli
occhi, accrescere il senso di appartenenza,
sentirsi un unico gruppo in cui le diversità
sono una ricchezza, costruire e crescere
insieme.
E’ stata una piacevole sorpresa, scoprire durante l’apertura dell’evento, nello
spazio riservato al nostro sponsor, come
anche la mission, gli obiettivi di una Azienda possono essere molto vicini al nostro
sentire, come sono sempre e comunque
“le persone” a fare “la differenza”, come
solo credendo profondamente negli altri
e nell’impegno costante per superare le
difficoltà, come “l’essere insieme, fianco
a fianco” ciascuno rispettando il proprio
ruolo, possa far raggiungere risultati che
migliorino veramente la qualità di vita
delle persone con diabete.
E’ stato poi un susseguirsi molto intenso di interventi, che ha dato a ciascuno
l’opportunità di trasmettere agli altri i
progetti, le attività, le difficoltà, i risultati
ma anche gli errori che ci permettono di
crescere mentre semplicità, umiltà e disponibilità facevano da collante.
Il Direttore della Scuola di Formazione
Permanente OSDI Rosanna Toniato dopo
aver ricordato perché è nata la Scuola,
quale è stato il percorso formativo, quale
VITA ASSOCIATIVA
Chiandetti, dopo aver ricordato il mandato
ricevuto dal CDN ed aver esplicitato il
perché delle scelte editoriali, ha ampiamente illustrato le varie rubriche così come
i servizi associativi, cercando di cogliere
suggerimenti, proposte, e perseguendo
un feedback a lei indispensabile per far sì
che la rivista sia a tutti gli effetti un servizio
utile nei confronti dei soci e soprattutto
strumento dei soci. A tutti i presenti ha
inoltre ricordato quanto sia fondamentale
che le pervengano i contributi di tutti e
che sia svolto un lavoro capillare di sensibilizzazione in tal senso, così come la
semplice compilazione del questionario
on line diventi in realtà strumento di confronto e di crescita.
Il CDN ha aggiornato i presenti sulle
attività formative e istituzionali dello stesso,
ha fornito chiarimenti laddove se ne ravvisasse la necessità, ha stimolato la condivisione dei progetti e la diffusione degli
N. 1 marzo 2010
è il processo di formazione ma anche i
report dei corsi erogati con il grado di
soddisfazione, la valutazione dei vari aspetti: docenza, argomenti trattati, giudizio
complessivo eventi, ha coinvolto attivamente i partecipanti chiedendo di esprimere in modo anonimo quale immagine
evoca la Scuola, cosa ci si aspetta e cosa
si vorrebbe da essa. Le idee e le considerazioni che sono successivamente emerse,
hanno offerto lo spunto per una intensa
e proficua discussione che ha messo in
rilievo pregi ma anche limiti della stessa,
ed ancora una volta ha dato l’opportunità
di chiarire, di lanciare le basi per una
proficua collaborazione, di farne comprendere l’utilità ma anche il corretto utilizzo
da parte delle regioni nel senso di percorrere le varie tappe nel modo giusto ed
essere veramente uno strumento a disposizione dei soci.
Il Direttore della Rivista OSDI Roberta
9
VITA ASSOCIATIVA
N. 1 marzo 2010
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stessi anche attraverso il nostro prossimo
Congresso Nazionale, ha ricordato impegni e doveri di ciascuno soprattutto di
coloro che ricoprono cariche istituzionali,
ha cercato di supportare i CDR attraverso
informazioni di estrema utilità.
Carmela Vecchi ha relazionato quindi
sulle attività di segreteria provvedendo ad
aggiornare sulla necessità di ricezione dati
da parte del CDN e relativi alle regioni, al
fine di avere sempre una banca dati aggiornata, ma anche per poter provvedere
ai bisogni delle stesse.
Mariantonietta Melchiorre ha illustrato
le modalità di procedura accreditamento
ECM chiarendo tutti i passaggi, il materiale
necessario, i tempi da rispettare e non
mancando di dare suggerimenti al fine
di facilitare il compito dei Direttivi regionali.
Michele Galantino ha inoltre informato i
presenti sugli aspetti della tesoreria.
Ma sono state come sempre le regioni
a svolgere un ruolo determinante
nell’incontro esponendo le loro attività, i
loro bisogni, il loro essere “il fulcro” della
nostra associazione e come sempre, quello
che emerge con forza è la propositività,
la necessità del confronto e l’umiltà di un
lavoro che spesso è sottovalutato proprio
da chi quotidianamente lo svolge mentre
chi si trova ad osservare ne apprezza
pienamente il valore.
A dimostrazione dell’utilità di questi
incontri è la consapevolezza che solo lo
stare insieme potenzia le capacità di ciascuno, accresce stima ed affetto, migliora
la comunicazione e permette di affrontare
con minor fatica le difficoltà quotidiane,
peccato che il tempo a disposizione si
riveli sempre troppo poco.
A tutti coloro che generosamente
hanno regalato agli altri questo intenso
momento, a quanti si sono impegnati
nella riuscita dell’evento, al Dott. Alexander
Herenheim Direttore di Divisione Becton
Dickinson, a Gianluigi Dones che ben
comprende le nostre necessità e ci offre
il supporto non condizionante della Loro
Azienda, ai loro collaboratori che ci hanno
offerto anche momenti di allegria, un
sentito grazie ed un arrivederci al prossimo
evento.
Rosetta Nocciolini
ed il Direttivo Nazionale OSDI
6 International Diabetes
Nurses Conference
Patient Education and Compliance
Prague – November – 24 th - 2009
N. 1 marzo 2010
“La giovinezza è felice perché ha la capacità di vedere la bellezza. Chiunque sia in grado
di mantenere la capacità di vedere la bellezza non diventerà mai vecchio”
Franz Kafka
VITA ASSOCIATIVA
th
Praga ha ospitato il 24 novembre
2009, il Meeting europeo degli infermieri
di Diabetologia organizzato annualmente
da A. Menarini Diagnostics. L’evento si è
tenuto presso il centro congressi dell’Hilton
Hotel, che da solo è riuscito ad ospitare
circa 720 infermieri.
Praga (in ceco Praha) è la capitale e
la più grande città della Repubblica Ceca
ed è situata sul fiume Moldava (Vltava).E
un tradizionale centro culturale, ospita
molti teatri (incluso il Teatro Nazionale),
teatri dell’opera, sale da concerto, gallerie
e club musicali. È anche sede dei più
importanti uffici e istituzioni della Repubblica Ceca, tra cui la sede della Presidenza,
del Governo, e di entrambe le case del
Parlamento. Oltre all’Università Carolina
(Univerzita Karlova), la città è sede di altre
sette università e collegi, compresa
l’Università Tecnica Ceca (CVUT) fondata
nel 1707.
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VITA ASSOCIATIVA
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Il Meeting come sempre ha offerto
l’opportunità di un confronto professionale
e culturale che ha come obiettivo il miglioramento dell’assistenza alle persone
con diabete.
Claudio Chiorra della Divisione A.
Menarini Diagnostics accompagnato dai
suoi collaboratori ha sapientemente aperto il congresso con il benvenuto ed i
saluti ufficiali, sottolineando con forza
l’importanza dell’ascolto rivolto in primis
alle persone con diabete ma anche a
tutti coloro che ruotano intorno ad essi
siano questi operatori sanitari che operatori aziendali, per mettere in atto miglioramenti assistenziali nonché tecnologici, e rapporti interpersonali che
sicuramente sono indispensabili per una
proficua collaborazione. Successivamente,
abilmente moderate da Sara Cvach, Vice
Presidente Associazione Austriaca degli
Infermieri Educatori, sono seguite le relazioni dei colleghi provenienti dalle nazioni europee:Austria, Spagna,Francia,
Portogallo, Svizzera, Belgio, Croazia,
Inghilterra, Germania, Svezia, Italia e
Olanda.
Di seguito, sono riportate in sintesi le
relazioni presentate sperando di fare cosa
gradita a coloro che non hanno potuto
essere presenti.
Austria “Expert Training Leads to
New Independence - Steps to Establish
Diabetes Counselling in Austria”
Gertraud Sadilek
In Austria fino a pochi anni fa, negli
ospedali non esisteva la formazione dei
pazienti da parte degli operatori, così
esistevano gruppi di auto-aiuto. Il Ministero della Salute Austriaco, aveva
dovuto emanare linee guida per incrementare programmi di disease management rivolti alle persone con diabete
tipo 2.
L’Associazione degli infermieri educatori è nata nel 1998 avendo come Mission
la qualità dell’assistenza alle persone con
diabete. Attualmente hanno istituito un
corso di formazione rivolto a medici, infermieri, dietiste, della durata di 10 giorni,
per un numero di partecipanti compreso
tra 40 e 50, in cui i formatori esperti che
espletano la docenza, lavorano già nella
formazione dei pazienti. Caratteristiche
d e l c o r s o l ’ i n t e rd i s c i p l i n a r i e t à ,
l’interattività, l’utilizzo di linee guida, la
comunicazione ed il conselling. IL successivo step formativo sarà espletato in 500
ore di formazione. Attualmente le persone
con diabete possono essere educate solo
da infermieri educatori, ma questi non
sono ancora in numero adeguato per cui
talvolta si spostano da un centro all’altro
per fare educazione.
Obiettivo di miglioramento della qualità educativa, sarà istituire un corso di
tipo accademico.
Spagna “Experience of a Coordination Protocol in Therapeutic Education in Diabetes Betwen Primary and
Specialised Care”
Mercedes Galindo Rubio
La regione di Madrid si divide in 11
settori con 23 centri per la cura di base
del diabete ove lavorano 279 infemieri.
Sono stati istituiti corsi di formazione
multidisciplinari per medici e infermieri
su tre livelli assistenziali-educativi: prevenzione, trattamento e follow-up. Il
protocollo per l’Educazione Terapeutica
prevede oltre ad una formazione di base,
esame fisico del paziente (glicemia, peso,
ispezione piede ecc.), una formazione
volta all’addestramento alla conoscenza
e corretta somministrazione degli antidiabetici orali, all’autocontrollo, all’attività
fisica, ai CHO, all’ipoglicemia,
all’autogestione. Esistono protocolli specifici per il trattamento delle ipoglicemie,
per la conservazione e somministrazione
dell’insulina.
Stanno preparando programmi specifici per l’Educazione alle persone con
diabete tipo 1, tipo 2, diabete gestazionale, e programmi per incrementare
l’attività fsica.
VITA ASSOCIATIVA
centro degli adulti, sia le ansie dei genitori
che accettano malvolentieri il desiderio di
indipendenza dei figli mentre fondamentale è la preparazione in ambito educativo
dell’infermiere.
Nelle scene successive vengono rappresentate una sala di attesa del centro
degli adulti piena di persone in cui si trova
ad attendere una ragazza adolescente ed
il ruolo degli educatori nell’instaurare un
rapporto di fiducia e nel prevedere canali
differenziati onde evitare inutili paure.
Viene inoltre presentata la scheda utilizzata
per il passaggio dal centro pediatrico a
quello degli adulti.
Portogallo “Contribution of an
Insulin Calculator in The Funtional
Insulin Therapy Compliance”
Margarida Maria Silveira Ferreira
La collega che lavora a Coimbra, parla
di programmi Educativi in cui viene trattato
l’autocontrollo, la terapia insulinica,
l’alimentazione, il microinfusore.
Presenta un calcolatore di insulina su
carta creato da Menarini Diagnostici che
permette al paziente di calcolare il fattore
di sensibilità insulinica, il fattore di correzione, cui segue da parte del paziente
N. 1 marzo 2010
Francia “From Pupa to Butterfly:
Transition from Pediatric Care to Adult
Care”
Ivano Mantovani, Michel Chauvac,
and Martin Samper
I colleghi francesi hanno messo in
scena Role Playing per evidenziare le problematiche legate al passaggio dal centro
pediatrico al centro dell’adulto.
Nella prima scena viene rappresentata
una ragazza adolescente con diabete tipo
1, il pediatra diabetologo ha una formazione in Educazione Terapeutica rivolta al
bambino e all’adolescente e nel momento
in cui deve comunicare il passaggio della
ragazza al centro degli adulti, coinvolge
nella decisione i familiari.
Nella seconda scena vengono rappresentate le difficoltà e le paure
dell’adolescente con diabete al momento
del passaggio al centro degli adulti e viene
evidenziato come una buona comunicazione tra i due centri sia il presupposto
per il successo del progetto.
Nella terza scena vengono rappresentate le ansie, gli atteggiamenti impulsivi
e talvolta aggressivi che si possono verificare sia da parte dell’adolescente con
diabete al momento del passaggio al
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VITA ASSOCIATIVA
N. 1 marzo 2010
una migliore gestione della terapia ed una
migliore compliance.
Al paziente viene somministrato un
questionario di valutazione sia in fase
iniziale che dopo tre mesi dall’inizio del
programma educativo. I risultati derivanti
dall’utilizzo del calcolatore in uso, sono
ancora in fase di valutazione ma sembra
comunque verificarsi una riduzione
dell’emoglobina glicata.
Svizzera “Links in The Chain of
Care for a Child on Pump Therapy
During School Camp”
Claudia Huber, Luz Perrenoud
La vita del bambino o dell’adolescente,
così come quella dei genitori, viene completamente sconvolta al momento della
diagnosi di diabete. Momento dopo momento sia il bambino che i familiari devono
essere educati al fine di accettare attivamente la nuova situazione superando
frustrazione, sconforto, difficoltà e ritrovando la voglia di vivere. Fanno riferimento
alle leggi sul diabete, al Progetto DAWN,
ai progetti tra Diabetologia e Scuola, al
Progetto PAI (Piano Individualizzato di
Cura).
Il bambino ed i familiari devono essere
preparati agli impegni in ambito sportivo,
ai viaggi, alle attività culturali, a spostarsi
nelle grandi città. Il momento cruciale per
i familiari è comunque quello in cui il
bambino deve formarsi per ottenere la
propria autonomia. Hanno organizzato
campi scuola per l’addestramento dei
bambini dai 10 anni in poi all’utilizzo del
microinfusore, coinvolgendo anche gli
insegnanti.
Belgio “Multidisciplinary Care of
The Diabetic Patient: From Dream to
Reality”
Corine Henry
In Belgio esiste una convenzione che
viene applicata a tutti i pazienti, per cui
parte delle prestazioni sono a carico del
servizio sociale, mentre le restanti sono a
carico del paziente (esempio: 2 iniezioni
14
di insulina/die, 1 controllo della glicemia/die).
La collega ribadisce l’importanza della
multidisciplinarietà del team e di un approccio globale al paziente (bio-psicosociale). Esiste anche un centro per i pazienti obesi (CROP, Centre Revalidation
Obese Patients), tale centro vuole accogliere in modo adeguato il paziente (Conviviality) e poi (Re_Education) e (Optimisation of Patient Care ) e (Professionalism).
Per fare Educazione Terapeutica occorre creare “uno spazio fisico” ove accogliere i pazienti, i progetti sono a lungo
termine, il personale deve essere adeguato,
sono previste anche sale da ginnastica, il
team definisce il programma adatto al
paziente anche se in fondo viene mantenuto un livello gerarchico: il medico decide
e l’infermiere implementa. Per la parte
educativa dedicata al counting dei CHO,
i gruppi sono costituiti da 3 – 6 pazienti
massimo per 5 incontri di 3 ore ciascuno.
Croatia “The Little School of Diabetes. Diabetes Education for Children
with Type 1 Diabetes Mellitus and
Their Families”
Leann Coleman-Bozic e Nerina
Cvjetkovic
A Spalato esiste una clinica universitaria denominata “Little School of
Diabetes”, che accoglie persone con diabete tipo 1 fino al diciottesimo anno di
età. Vi sono seguiti circa 250 bambini/adolescenti con una media di 30 nuovi
casi/anno, il paziente più piccolo ha solo
5 mesi, 50 sono in trattamento con microinfusore che può essere applicato solo
a chi ha il diabete da oltre 6 mesi.
Il team è composto da Diabetologi,
infermieri educatori, psicologi e dietisti.
La figura dell’infermiere è fondamentale per una buona riuscita del trattamento
educativo per le capacità di supporto
anche emozionale sia ai bambini che ai
familiari, per la continua motivazione che
non li fa sentire “differenti”, per la valutazione delle problematiche, per il suppor-
Germania “Pen & Meter: a New
Education Program for the Elderly”
Karin Ulrich
La collega lavora in un centro diabetologico di Amburgo e segue pazienti
geriatrici.
In Germania attualmente il numero
di persone con diabete tipo 2 è di circa
7 milioni e di questi circa un quarto hanno
un’età compresa tra 75 e 80 anni. Con
l’età avanzata e la morbilità collegata al
diabete, si possono avere riduzioni di tipo
sensoriale: riduzione del visus, ridotta
sensibilità termica, ridotta capacità di
apprendimento, riduzione della memoria
soprattutto quella a breve termine, riduzione delle performance in generale, per
cui si rendono necessari programmi diversi
di management del diabete.
Per poter far mantenere una buona
qualità di vita a tutti i pazienti compresi
quelli con grossi handicap, Menarini Diagnostici ha creato strumenti che potessero
Svezia “The Research Nurse in The
Teddy (The Environmental Determinants of Diabetes in The Young)
Study”
Anne Wallin e Jessica Melin
Lo Studio “TEDDY”, nato nel 2004 e
che continuerà fino al 2024, ha visto
coinvolti 6 centri clinici di : Seattle, Denver,
Augusta, Finlandia, Germania e Skane in
Svezia.
Lo studio valuta l’influenza degli agenti
infettivi, dei fattori alimentari e psicosociali
responsabili di variazioni genetiche nei
bambini, quindi valuta la predittività del
diabete tipo 1 e la messa in atto di strategie di prevenzione.
Il ruolo dell’infermiere nello studio è
fondamentale sia per ciò che riguarda
tutta la parte di informazioni da fornire
VITA ASSOCIATIVA
Inghilterra “A Group Approach to
Education Young People with
Diabetes”
Emma Day
L’Educazione Terapeutica strutturata
non solo è desiderabile ma indispensabile.
Al contrario degli studi che dimostrano
l’efficacia dell’Educazione Terapeutica
nell’adulto, non esistono studi che dimostrino la stessa efficacia nel bambino ad
eccezione dello studio di Rickheim et all
del 2002.
Dal 2002, è stato istituito un programma educativo di gruppo che ha come
target il passaggio da due somministrazioni
di insulina giornaliere ad una terapia multiiniettiva nel bambino con addestramento
anche al counting dei CHO.
I benefici di tale programma educativo
sono stati valutati comparando
l’emoglobina glicata ed il BMI:
far superare certe difficoltà: sono nate
quindi GlucoMen Visio e BerliPen Areo.
Sono nati quindi programmi educativi
strutturati in cui sono stati inclusi ben
2132 pazienti di cui il 57% di età intorno
ai 70 anni, il 42 % erano invece persone
molto anziane. Nei programmi era previsto
l’addestramento e l’uso degli strumenti
menzionati che hanno permesso insieme
a supporti illustrativi di superare molte
difficoltà.
N. 1 marzo 2010
to all’autogestione e per i rapporti interpersonali che si vengono ad instaurare
con i pazienti.
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VITA ASSOCIATIVA
N. 1 marzo 2010
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ai genitori sia in fase iniziale che durante
la comunicazione del risultato degli esami,
così come nel seguire l’intervista / discussione ad ogni incontro e nel fornire elementi di distrazione ai bambini durante
i prelievi ematici (musica, cappellini colorati, palloncini, animali di peluche ecc.) in
modo da rendere meno traumatizzante
per i piccoli l’esperienza.
Italia “Example of a New Terapeutic Model: From Continuous Glucose
Monitoring to Blood Glucose Monitoring Through Autobiography Narrative
and Educational Tools”
Rosetta Nocciolini
Il vero artefice del suo stato di salute
è il cittadino con diabete a cui deve essere
riconosciuto anche il “diritto” di “curarsi
male”, di scegliere, purché informato,
ma l’educatore che ha il compito di accompagnarlo, guidarlo con empatia e
rispetto a ritrovare la libertà di essere se
stesso, non può sottrarsi alla grande responsabilità di aiutarlo con tutti i mezzi
necessari a fargli raggiungere quello che
per lui è il miglior stato di salute.
Se fare empowerment significa
“aiutare a crescere”, “irrobustire”, rendersi
conto di avere e poter usare capacità
proprie per gestire in modo consapevole
la propria condizione, diventa indispensabile che chi ha il diabete e chi si prende
cura di lui interagiscano come partner. In
questa relazione “democratica”, paziente
e operatore condividono esperienze e
significati, non dimenticando che
l’operatore è l’esperto “teorico” del diabete, ma chi lo vive su di sé è l’esperto
“reale”, colui che sperimenta, ed è “quel
diabete” che deve essere messo al centro
della relazione.
Partendo da dati oggettivi derivanti dal
“Monitoraggio in continuo della glicemia”
confrontato con l”Automonitoraggio
glicemico” e con i valori ematochimici, in
un percorso di “Educazione Terapeutica”,
può essere di valido aiuto l’utilizzo di strumenti come l’”Autobiografia narrativa” ed
i “Giochi educazionali”, in cui l’operatore
deve spogliarsi della sensazione di “sapere
già” (del diabete del paziente) e deve porsi
invece con un atteggiamento di “non
conoscenza” (not knowing) nel quale
vengono sospese tutte le ipotesi precostituite
che egli ha fatto o potrebbe fare su quel
paziente.
Attraverso il racconto, la narrazione
di sé, spesso emerge uno scacco, un
“problema”, a cui l’operatore non deve
proporre la soluzione, ma punti di vista o
interpretazioni alternative, agendo sui
significati e sulle parole chiave utilizzate
dal paziente, facendo sì che sia lui stesso
a vedere possibilità e interpretazioni diverse
che favoriscono la crescita personale ed
il cambiamento.
Olanda “Ever Seen an Average Patients Evidence Based Guideline Development in Dutch Diabetes Care”
Jolanda Hensbergen
In Olanda sono state prodotte in seguito alla revisione della letteratura, due
linee guida, una sull’Autocontrollo e l’altra
sulla somministrazione di insulina.
Scopo delle linee guida è stato quello
di fornire un supporto scientifico agli
operatori sanitari che si occupano di diabete, in modo da essere di valido aiuto
per tutti i pazienti.
Le linee guida saranno rivisitate periodicamente poiché alcuni problemi sono
emersi dai pazienti durante le visite di
controllo. Scopo di questa presentazione
è aprire un focus sulle possibili implicazioni
legali, sulle necessità individuali dei pazienti, sui benefici e sugli ostacoli legati
all’utilizzo di linee guida.
A tutto il team di Menarini Diagnostici
Italia e Menarini International, ai traduttori,
a tutti gli organizzatori, ai partecipanti, a
tutti coloro che hanno contribuito alla
riuscita dell’evento, un sentito grazie ed
un arrivederci al prossimo incontro.
Rosetta Nocciolini
Nel corso del Congresso sono state raccolte
le esigenze formative degli infermieri presenti.
Di conseguenza il Consiglio Direttivo, che si è
riunito il 22 gennaio u.s., ha elaborato una serie
di proposte di corsi di formazione sui seguenti
argomenti:
– Gestione del microinfusore
– Terapia Educazionale di gruppo
– Piede Diabetico
– Le complicanze micro vascolari e neurologiche.
L’I.E.
– Tecniche di comunicazione
– Public Speaking
– Gestione dei conflitti.
Due corsi sono già stati programmati:
– Corso teorico pratico per la gestione del
microinfusore entro il 26 maggio 2010
– Corso teorico pratico per la prevenzione e la
cura del piede diabetico entro il 12 giugno
2010
Per quanto riguarda gli altri, sarà cura
dell’attuale Presidente e del Consiglio Direttivo
di organizzarli entro l’anno in corso.
Oltre all’organizzazione di corsi formazione,
il Consiglio Direttivo si propone di portare avanti
un’attività di promozione attraverso un contatto
maggiore con i soci e con gli infermieri che
operano in ambito diabetologico.
Le difficoltà quotidiane sono note a tutti,
ma condividendo le nostre esperienze probabilmente abbiamo la possibilità di trovare soluzioni
per migliorare a piccoli passi sia l’organizzazione
che la qualità del nostro lavoro.
Per questo tutti i soci sono invitati a fare
proposte e a partecipare fattivamente al miglioramento della nostra formazione e del nostro
modo di lavorare..
N. 1 marzo 2010
Anche la regione Lazio ha prodotto il suo
1° Congresso Regionale il 4 dicembre 2009.
Nonostante la nostra sezione non sia tra le
più giovani, abbiamo attraversato periodi poco
produttivi per molteplici motivi. Nel 2009 l’attuale
pastpresident, Silvia Tiozzo, si è molto impegnata
con ottimi risultati. Ha organizzato sei corsi di
aggiornamento ECM per infermieri e il 1°
Congresso Regionale nella graziosa località di
Torrimpietra – Corte dell’Arenaro, vicino Roma.
In quella sede sono state organizzate le
elezioni del nuovo Consiglio Direttivo Regionale,
che risulta così composto:
• PASTPRESIDENT: Silvia Tiozzo
• PRESIDENTE: Daniela Cristofanelli
• VICEPRESIDENTE: Anna Penza
• CONSIGLIERI:
– Cristiano Abbati
– Luciano bruno
– Paola Saltarelli
– Anna Taloni
VITA ASSOCIATIVA
NOTIZIE DAL LAZIO
Per qualsiasi esigenza o proposta potete
contattare la sig.ra Sig.ra Daniela Cristofanelli
attuale Presidente Regionale:cell. 3341429977
– tel lavoro 0693273038 o gli altri membri del
Consiglio direttivo
17
VITA ASSOCIATIVA
Abbati Cristiano, Infermiere S.O.D. Diabetologia/Endocrinologia Ospedale di Tivoli (Roma)
Consigliere Regionale OSDI Lazio
[email protected]
ESPERIENZE
Questo articolo propone l’esperienza del collega Abbati nella costruzione e utilizzo
di materiale educativo. Fa parte di un “pacchetto” utilizzato presso la Struttura di
Diabetologia/Endocrinologia di Tivoli (Roma) che ne risulta quindi essere proprietaria.
CAMMINARE
PER STAR BENE
N. 1 marzo 2010
ABSTRACT
Tutti noi camminiamo, ma come lo
facciamo ?
Camminare un poco tutti i giorni,
rinforza i muscoli delle gambe e dei piedi,
migliora la circolazione ed aiuta il cuore.
Risulta essere quindi un facile ausilio
da mettere in pratica seguendo semplici
precauzioni.
La vita frenetica che attualmente conduciamo ci sta facendo dimenticare quanto è importante per il nostro organismo
“camminare per star bene“.
INTRODUZIONE
Prima di affrontare un programma del
genere occorre suggerire all’utente di farsi
visitare da un medico specialista, poiché
l’esercizio del camminare va fatto su misura, a seconda delle necessità e delle
limitazioni.
Ad esempio un soggetto giovane,
potrà seguire un programma diverso da
quello di un soggetto anziano o con altri
problemi fisici.
18
Per trarre il massimo vantaggio da
questo esercizio va spiegato il corretto
modo di camminare ; il tallone deve toccare terra per primo, poi appoggiare bene
la pianta del piede e quindi dare una
spinta in avanti con le dita.
Camminare è la migliore terapia per
tutti, soprattutto per chi è affetto da
diabete.
Camminare consente di migliorare la
glicemia e ridurre la pressione arteriosa,
mettere in moto il metabolismo e diminuire il grasso viscerale, aumentare la resistenza muscolare, raggiungere il pieno
benessere, apprezzare il proprio corpo,
allontanare lo stress e l’ansia,
stare a contatto con la natura e mantenere le relazioni sociali.
Camminare ci rende quindi più forti,
più sani, più magri, più calmi, più felici,
più giovani.
STUDI CONDOTTI SULL’ARGOMENTO
Camminare è raccomandato da uno
studio dell’Università di Perugia, che
ha seguito per due anni 179 pazienti;
PROGRAMMAZIONE DELL’ATTIVITA’
FISICA
Nell’unità operativa in cui presto servizio, ho creato un opuscolo informativo
VITA ASSOCIATIVA
e messo a disposizione degli utenti, proprio
per far capire l’importanza dell’attività
fisica.
Il paziente deve iniziare a camminare
lentamente per circa 15 minuti finchè non
si scaldano i muscoli, poi va fatto incrementare il passo ; se riesce a conversare
durante la passeggiata è segno che sta
raggiungendo una buona performance.
Si possono utizzare anche dei percorsi
misti con salite e discese ; prima di terminare la passeggiata è importante far rallentare il passo negli ultimi 5 minuti.
L’obiettivo da raggiungere è quello di
10.000 passi al giorno ; chi sta in casa ne
compie circa 1.000, mentre chi va a scuola
o al lavoro ne compie circa 5.000.
Per sapere quanti passi si fanno in una
giornata si può utilizzare un contapassi,
uno strumento di poco costo, facilmente
reperibile nei negozi sportivi, applicabile
direttamente sulla cinta dei pantaloni.
Camminare per 30 minuti permette
di bruciare circa 200 calorie.
Alcuni suggerimenti che possiamo
dare agli utenti per camminare sono
scendere dall’autobus 2 – 3 fermate prima,
posteggiare l’auto 500 metri prima del
posto di lavoro, utilizzare le scale e non
l’ascensore, uscire a piedi e non con
l’automobile.
L’abbigliamento deve essere comodo,
le scarpe non devono essere troppo strette
N. 1 marzo 2010
dallo studio è emerso che nei pazienti che
hanno svolto ogni giorno almeno 40 minuti di attività aerobica (4.000 passi) si è
registrata una riduzione della glicemia,
del colesterolo, della pressione arteriosa
e si è dimezzato il rischio cardiovascolare.
I miglioramenti più marcati sono stati
evidenziati nei pazienti che quotidianamente hanno svolto almeno 1 ora e 20
minuti di attività aerobica (10.000 passi).
In un lavoro intitolato “make your
diabetic patients walk“ (fai camminare i
tuoi pazienti con diabete) condotto dalla
Società Italiana di Diabetologia, è stato
dimostrato che i pazienti sedentari con
diabete ed età avanzata, se fatti camminare regolarmente per 4 – 5 km al giorno,
nel giro di due anni hanno presentato una
riduzione media della pressione arteriosa
di 7 – 9 mmHg, di 4 – 5 cm della circonferenza vita, di 3 Kg di peso corporeo, del
30 % dei lipidi ematici.
Un altro studio pubblicato nella rivista
“Gerontology“ ha documentato come
camminare 3 – 4 ore alla settimana in
persone con di più di 60 anni, ha promosso
la crescita di nuovi neuroni e connessioni
cerebrali, cioè ha aumentato la sostanza
grigia e bianca del cervello.
L’ u l t i m o s t u d i o p u b b l i c a t o
sull’International Journal of cancer ha
confermato che camminare tiene lontano
il tumore del colon in quanto favorisce la
motilità intestinale con diminuzione del
31 % delle probabilità di sviluppare questo
tumore.
Camminare favorisce inoltre la mineralizzazione ossea (primo passo contro
l’osteoporosi) e migliora la funzionalità
cardiaca.
19
VITA ASSOCIATIVA
N. 1 marzo 2010
20
e non devono presentare elementi di
sfregatura come fibie, cuciture, ecc.
E’ utile far portare durante la passeggiata dell’acqua o delle bevande reidratanti, soprattutto se il paziente suda molto
o se fa eccessivamente caldo.
Va ricordata l’importanza di far portare
al paziente il glucometro, delle zollette di
zucchero o caramelle utili in caso di ipoglicemia, un telefono cellulare, un numero
di riferimento utile in caso di bisogno ed
un documento attestante la propria condizione di diabetico.
Al termine della passeggiata bisogna
far ispezionare al paziente i piedi e verificare che non ci siano arrossamenti, lesioni
cutanee o vesciche, nel caso, devono
essere prontamente medicate.
La glicemia deve essere controllata
prima e dopo l’attività fisica e se necessario
anche durante la passeggiata.
Poiché i depositi di glicogeno nel fegato diminuiscono durante l’esercizio
fisico, sussiste un rischio maggiore di
ipoglicemia diverse ore dopo l’esercizio
stesso.
I muscoli mostreranno un aumento
della sensibilità all’insulina per almeno
altre 8-10 ore, talvolta fino a 24 ore dopo
che l’esercizio fisico è terminato.
Questo significa che dopo un’intensa
attività fisica è probabile essere a rischio
di ipoglicemia notturna.
Se ci si trova in questa situazione,
bisogna cercare di riempire i depositi di
glicogeno nel fegato e nei muscoli mangiando durante e dopo l’esercizio fisico.
Se si inizia a camminare entro 1 ora
dall’assunzione della terapia farmacologica
probabilmente si avrà bisogno di diminuire
le unità di insulina o di ipoglicemizzanti
orali.
Quindi anche se è stato consumato
un pasto sostanzioso dopo l’attività fisica,
è possibile che si verifichi un’ipoglicemia
più tardi durante la giornata o la sera,
poiché i depositi di glicogeno non hanno
avuto il tempo di riempirsi completamente.
L’ipoglicemia può essere ridotta al
minimo riducendo appropriatamente le
dosi pre-pasto se si usa la terapia con
iniezioni multiple di insulina ad azione
rapida o con microinfusore.
Se nonostante la riduzione della dose,
si hanno comunque problemi di ipoglicemia, è necessario mangiare più carboidrati.
Molto spesso è necessario diminuire
la dose di insulina all’ora di coricarsi in
modo da evitare l’ipoglicemia notturna
(di 1-2 unità per un bambino, 2-4 unità
per un adolescente o un adulto).
Se invece la glicemia è superiore a
270-300 mg/dl bisogna controllare i chetoni prima di iniziare l’attività fisica ; se i
livelli di chetoni sono aumentati, non
bisogna cominciare l’attività fisica fino a
L’attività fisica, la terapia farmacologica
e un’adeguata alimentazione rappresentano i punti cardine della cura del diabete,
come evidenziato dalla maggior parte
delle evidenze cliniche.
Camminare consente di aprirsi al mondo, apprezzare le bellezze di ciò che ci
circonda, porsi in ascolto dei suoni, percepire gli odori della natura, generare
esperienze, ma soprattutto di liberarsi
dallo stress della vita, che è il bene più
prezioso che abbiamo.
Bibliografia
• Caldarone G., Giampietro M., la prescrizione dell’attività fisica nelle malattie dismetaboliche, Milano,
Ciba-Geigy, 1992 ;
• Gordon N.G., the exercise prescription, American Diabetes Association, 1995 : 70 – 82 ;
• Henderson K.N. et all, the roles of exercise and fall risk reduction in the prevention of osteoporosis. 1998;
27 : 389 ;
• Suarci C., più attività fisica contro il diabete, Fitness e sport, N° 4, 2001 ;
• Toumilehto J., il ruolo dell’attività fisica nella prevenzione del diabete tipo 2, diabete in … movimento,
2002, 0 ;
• Brourman T. et all, camminare bene per vivere meglio, Milano, Eco, 2002 ;
• American Diabetes Association, diabetes mellitus and exercise, diabetes care, 25, 2002 ;
• Di Loreto et Al., Make your diabetic patients walk, Long-term impact of physical activity in type 2 diabetes
– Diabetes care 28 : 1295 – 1302, 2005.
N. 1 marzo 2010
CONCLUSIONI
VITA ASSOCIATIVA
1-2 ore dopo aver assunto insulina extra
0,05-1 U/kg.
www.progettodiabete.org
www.siditalia.it
www.vivereildiabete.org
www.mondobenessereblog.com
www.diabete.net
www.italiasalute.it
www.clicmedicina.it
21
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VITA ASSOCIATIVA
N. 1 marzo 2010
22
Con il contributo di:
Renata Piva - AFD U.O. Pediatra - Ospedale Santa Barbara Iglesias
Marcella Lai - AO Brotzu Cagliari
IL CAMPO SCUOLA
CON I BAMBINI...
UN’ESPERIENZA VISSUTA
Quando mi è stato chiesto di raccontare l’esperienza del campo scuola, ho
attraversato una crisi per paura di riportare,
come operatore sanitario, delle sensazioni
mediate.
Ho provato allora a ripercorrere gli
aspetti emozionali percepiti in alcuni bambini che hanno condiviso il campo scuola
insieme ai loro genitori e, talvolta, insieme
ai loro fratelli.
Al campo scuola hanno partecipato
bambini di un’età compresa tra i 6 e i 10
anni ai quali sono stati inviati attraverso
il gioco, tutti i messaggi e le proposte di
formazione. Ed è proprio attraverso il
gioco, che i bambini di questa età vivono
le proprie esperienze in un continuum tra
realtà e fantasia.
Lo scenario è stato quello dell’ Hotel
Selene di Lanusei (in Sardegna) Struttura
alberghiera accogliente, che più volte ha
ospitato dei Campi scuola per persone
con diabete e che ,sensibile al problema,
ha messo a disposizione locali e personale
nel periodo di settembre del
2009.L’organizzazione a carico del Ged
(Gruppo Educazione Diabete ) è stata
fortemente voluta e pensata dalla Dottoressa Mereu, Pediatra che da anni si occupa di Diabetologia che in collaborazione
con il Dott. Carboni ha diretto tutto il
campo, coordinando i partecipanti .
La possibilità che il “problema” diabete possa essere condiviso con altri coetanei è un’occasione, se il bambino lo
desidera, di vivere l’esperienza di
“gestione” del problema con una certa
VITA ASSOCIATIVA
dono disponibili
a scendere in
pista con noi.
Il percorso dei
bambini è separato
da quello dei genitori e
questi ultimi hanno non
poche difficoltà a separarsi dai
loro piccoli Nemo.
Questa esperienza è stata in grado di
produrre dei risultati che, la famiglia da
sola, non può raggiungere in tempi così
rapidi, senza incorrere in forzature. Faccio
un esempio pratico: il bambino che ancora
non ha praticato l’iniezione di insulina da
solo, ma vede che i propri compagni di
stanza lo fanno, viene spinto dalla condivisione, dall’autostima, dal confronto con
l’altro, a cimentarsi in un atto che tecnicamente può sembrare semplice, ma che
porta con sé il superamento di innumerevoli resistenze personali e familiari con
una serenità e gioia condivisa con operatori, compagni e famiglia che lo rendono
un momento emotivamente di alto livello
che va assolutamente valorizzato.
Il bambino che vive l’esperienza
“ristorante” in cui condivide con altri
bambini la tavola, potendo decidere o
dovendo decidere in autonomia di quale
cibo alimentarsi, è un altro tassello che si
N. 1 marzo 2010
autonomia dal genitore, garantendogli
però un ambiente sicuro e protetto. Il
campo scuola per bambini di questa età
deve prevedere un’ambientazione fantastica che pervade tutti i momenti di vita
comune; la scelta di un tema conduttore
ricco di metafore favorisce il clima e la
creazione della comunità già dai primi
momenti di contatto tra bambini che
hanno in comune solo un compagno di
viaggio (il diabete). In questo caso è stata
scelta la favola di Disney “Alla ricerca di
Nemo”.
Il filo conduttore del campo è infatti
la storia di Nemo, un pesciolino con una
pinna atrofica ma con una gran voglia di
sentirsi uguale ai suoi amici e di scoprire
il mondo sottomarino che il padre gli vieta
di raggiungere.
Nonostante non ci si conosca tutti, si
stabilisce da subito un forte clima di collaborazione e tutti diamo il meglio delle
nostre capacità artistiche (o presunte tali)
trovando il nostro ruolo o l’attività nella
quale siamo più capaci.
Tra forbici, colla, polistirolo, nastro
adesivo, pennarelli, carta crespa, carta
roccia, cordoncini, mollette, spillini e pellicola domopak si arriva all’ora di cena
con un acquario ed una barriera corallina
ancora in embrione ma ben avviati.
A metà mattinata dell’indomani iniziano ad arrivare i nostri ospiti e si percepisce
chiaramente che c’è molto timore. Nonostante l’ambiente giocoso e l’accoglienza
informale sia i bambini che i genitori sono
titubanti, hanno difficoltà ad entrare in
questo mondo che non è quello della
“cura” cui sono abituati. Si legge chiaramente sui loro visi lo stupore e anche una
domanda “ Ma noi qui cosa ci stiamo a
fare?” Sono tutte persone fortemente
preoccupate per il futuro dei loro figli ma
che vogliono fare tutto il possibile per farli
crescere nel miglior modo possibile e
quindi, dopo le resistenze iniziali, si ren-
23
VITA ASSOCIATIVA
N. 1 marzo 2010
aggiunge alle possibilità di crescita che il
campo scuola offre.
Durante il campo scuola la possibilità
di giocare il gioco di ruolo (role playing)
in cui il bambino riveste la parte del
formatore verso altri bambini, nell’esecuzione di atti quotidiani, come la
pratica della glicemia capillare, la gestione
dell’ipoglicemia o la preparazione della
24
penna iniettore, immaginando che un
pupazzo rappresenti l’amico a cui è appena stata fatta diagnosi di diabete, è
sempre uno dei momenti di più alta emozione per tutti gli operatori, e per i bambini è veramente il banco di prova del
loro coraggio di affrontare il diabete ogni
giorno.
Un consiglio per chiunque volesse
cimentarsi nella gestione di un campo
scuola, è quello di non aspettarsi delle
“glicemia da manuale”, non è questo il
fine ultimo del campo scuola. Come viene
spiegato a tutte le persone con diabete,
se la dieta, l’insulina e l’attività fisica le
possiamo governare ed imparare a modulare per migliorare l’andamento glicemico….le emozioni sia positive che negative
non le possiamo, né vogliamo, controllare,
ma, reflettometro alla mano, fanno la loro
parte!
In un campo scuola si possono trovare
compagni molto simpatici, bambini come
tutti gli altri anzi, qualcuno è magari anche
più simpatico…
FORUM NAZIONALE DI OPERATORI E PROFESSIONI
Il diabete in gravidanza e l’esercizio fisico nel paziente diabetico, sono stati l’oggetto degli
argomenti del Simposio Osdi di quest’anno all’interno del Forum di Panorama Diabete, argomenti
di interesse comune tra le figure professionali che si occupano della cura del diabete.
Tra le finalità del simposio:
• Migliorare la formazione dell’infermiere attraverso l’aggiornamento sulle nuove linee guida
per la gestione del diabete in gravidanza e del diabete gestazionale.
• Sensibilizzare gli infermieri sull’importanza di motivare la donna diabetica ad aderire ad un
programma di “preconcepimento” per evitare eventi indesiderati dovuti alla gravidanza non
programmata.
• Aggiornare gli infermieri sul setting assistenziale e sulle strategie organizzative ed educazionali
per l’assistenza della donna con diabete in gravidanza e diabete gestazionale.
• Migliorare la formazione degli infermieri attraverso un dettagliato e completo aggiornamento
sulle attuali linee guida relative all’attività fisica nel paziente diabetico al fine di diffondere la
cultura della pratica quotidiana di attività fisica e di uno stile di vita più attivo e più sano.
VITA ASSOCIATIVA
SIMPOSIO OSDI “PANORAMA DIABETE”
RICCIONE 11-12 OTTOBRE 2009
DIABETE E ATTIVITÀ FISICA
N. 1 marzo 2010
DIABETE E GRAVIDANZA
Le evidenze scientifiche relative a questi argomenti, hanno indotto il team di progetto: Rosetta Nocciolini, Maria Teresa
Branca, Lorena Urbani, Anna Maria Tesei e la Dottoressa Emanuela Orsi, a produrre un programma in tal senso.
I feedback ricevuti dai partecipanti al simposio, hanno dimostrato un notevole interesse per gli argomenti trattati con
richieste di svilupparli ulteriormente in momenti successivi.
Il successo, oltre all’interesse per il programma, è certamente legato alle capacità dei relatori, ma forse merita sottolineare
come la collaborazione tra diverse figure professionali, permette di raggiungere risultati migliori con minor fatica ed anche
con maggior soddisfazione.
Alla Dottoressa Emanuela Orsi un sentito ringraziamento per la professionalità, per l’impegno, per il suo “offrirsi agli altri
con estrema semplicità e cordialità”, lavorare con lei è un continuo riscoprire il piacere della collaborazione.
Ai relatori del simposio, al team di progetto, a tutti gli organizzatori, un grazie infinito ed un arrivederci.
25
la parola
all’
O P E R AT O R I S A N I TA R I D I D I A B E T O L O G I A I TA L I A N I
esperto
IL DIABETE NEONATALE
Stefano Tumini, Silvia Carinci, Roberta Iacoviello, Rita Di Luzio
Servizio Regionale di Diabetologia Pediatrica, Clinica Pediatrica, Chieti
Riassunto
all’azione delle sulfaniluree e richiederanno
l’uso di farmaci più efficienti associati ad
una diagnosi precoce.
N. 1 marzo 2010
Il diabete neonatale presenta una prevalenza di 1: 300.000 – 500.000. Viene
classicamente distinto in una forma transitoria ed una permanente. Per molti quadri clinici è stato individuato il difetto
genetico di base. Spesso il diabete si associa in epoca neonatale ad interessamento extrapancreatico per la presenza di
anomalie in altri distretti (apparato urinario,
scheletro, sistema nervoso centrale, tiroide,
ecc…). La terapia iniziale si basa sulla
somministrazione di insulina per via endovenosa e nella successiva terapia insulinica
convenzionale multiiniettiva. Nel neonato
la terapia con microinfusore viene preferita
da molti autori rispetto alla multiiniettiva.
I progressi realizzati nel campo della
biologia molecolare hanno consentito di
identificare la causa di molte forme di
diabete neonatale. In particolare le forme
legate ad iperattività dei canali del potassio
hanno usufruito di farmaci (sulfaniluree)
in passato utilizzati solo per la cura del
diabete di tipo 2. Molti progressi rimangono da compiere nelle forme di diabete
neonatale associate a sindrome DEND
completa che sembrano resistenti
Diabete Neonatale (NDM)
La diagnosi di diabete neonatale nelle
prime settimane e nei primi mesi di vita
pone importanti problemi diagnostici e
terapeutici . In epoca neonatale il diabete
può presentarsi con iperglicemia estrema
e occasionalmente complicazioni neurologiche ad evoluzione rapida. Si ammette
che le forme monogeniche compaiano
nei primi 6 mesi di vita senza la presenza
dei markers di distruzione beta cellulare
(1-3) mentre prevalgono le forme autoimmuni nel secondo semestre (4).
Il diabete neonatale (NDM) presenta
una prevalenza 1: 300.000-500.000 (1;58). Il riscontro di ritardo di crescita intrauterino è frequente ma può riscontrarsi sia
Dr Stefano Tumini
Responsabile del Servizio
Regionale di Diabetologia
Pediatrica
Clinica Pediatrica
Università di Chieti
Via Dei Vestini, 5
66100 – Chieti.
Email: [email protected]
Tel: +390871358014; 8017
Cel: +393387621977
27
LA PAROLA ALL’ESPERTO
N. 1 marzo 2010
28
nelle forme di Diabete Neonatale Permanente (PNDM) che nelle forme transitorie
(TNDM) e comunque non permette di
distinguere le due forme. Dopo l’inizio
della terapia insulinica si assiste ad un
rapido recupero del peso legato all’effetto
anabolico dell’insulina.
Diabete Neonatale Transitorio (TNDM)
Nel 50-68% dei casi il NDM è transitorio (6;7;9-13), recede entro il primo
anno di vita. Le forme transitorie vanno
normalmente in remissione in un intervallo
di tempo di 3-18 mesi ma possono ripresentarsi nella tarda infanzia in particolare
durante la pubertà (14) o in età adulta in
almeno il 50% dei casi (6). In più del 60%
dei casi si tratta di un difetto genetico
permanente a variabile espressività nelle
varie epoche della vita (7;10-13).
In molti casi è stata evidenziata una
disomia uniparentale paterna o una duplicazione del braccio lungo del cromosoma 6 (15). E’ stata individuata una zona
del cromosoma 6 che presenta una particolare metilazione (imprinting paterno)
assente sul cromosoma materno (7). In
altri casi sono presenti mutazione dei geni
KCNJ11 e ABCC8 che codificano per le
subunità Kir6.2 dei canali del K+ e SUR1
(recettore per le sulfaniluree (SU).
Alcune mutazioni dell’ Hhepatocyte
Nuclear Factor-1-β (HNF1β) sono responsabili di MODY 5 e TNDM. Il Diabete si
associa in questi casi ad anomalie renali
e genitourinarie (16;17).
Diabete neonatale permanente (PND)
Le forme note di diabete neonatale
permanente (PND) sono elencate in tabella
3. Si tratta di difetti genetici che determinano anomalie di sviluppo del pancreas,
apoptosi e deficit funzionali delle β-cellule.
(18-20)
In oltre il 50% dei casi si tratta di
mutazione del gene KCNJ11 che codifica
per la subunità Kir6.2 dei canali del K+
determinando attivazione permanente ed
iperpolarizzazione con deficit di secrezione
insulinica (18-20). L’iperglicemia può associarsi a manifestazioni neurologiche che
costituiscono la cosiddetta sindrome DEND
completa (Delayed development, Epilepsy,
Neonatal Diabetes). Nella forma incompleta manca l’epilessia sindrome DEND
incompleta (iDEND) (21;22).
Il PNDM è descritto anche in altre
situazioni cliniche in corso di infezione
materna da echovirus 6 (41), malattie
mitocondriali (42;43), ipoplasia pancreatica
associata a cardiopatia cianotica (44),
iperattività della fosforibosil-ATP pirofosfatasi (45).
La terapia insulinica nel diabete neonatale
Tutte le forme di diabete neonatale
sono trattate inizialmente con insulina. La
terapia della chetoacidosi deve tener
conto degli elevati rischi (edema cerebrale)
di una troppo rapida normalizzazione
dell’iperosmolarità generalmente presente
all’esordio. La terapia insulinica viene
condotta con infusione e.v. continua di
insulina a basse dosi secondo gli attuali
protocolli (46).
La terapia multiiniettiva sottocutanea
nel diabete neonatale ha notevoli rischi
di ipoglicemia con possibili gravi sequele.
Sono state utilizzate le insuline lente per
evitare il pericolo di ipoglicemia ed eccessiva variabilità glicemica con risultati mediocri (47-49). I sistemi di iniezione (siringhe e penne da insulina) non posseggono
sufficiente precisione nella erogazione di
dosi minime (frazioni di unità) di insulina
(50-52). La diluizione dell’insulina permette
solo un parziale miglioramento della variabilità della dose iniettata. Per la scarsità
di tessuto sottocutaneo è improbabile che
Gene
Meccanismo patogenetico
Clinica
Rif
Anomalie dei
canali del K+
(Kir6.2)
KCNJ11
Deficit funzionale canali K+ (Kir6.2).
Mutazioni attivanti e iperpolarizzazione
di membrana)
PNDM associato a
sindrome DEND e
iDEND. TNDM
(18;20;2326)
Deficit di Insulin
Promoter Factor in
omozigosi
PDX1 / IPF1
Deficit di sviluppo del pancreas
PNDM
(27)
Mutazione del
gene della glucokinasi in omozigosi
GK
Deficit di G-6-P intracellulare,
iperattività dei canali del K+ (Kir6.2)
e iperpolarizzazione di membrana
PNDM
(28)
Sindrome IPEX
FOXP3
Deficit di scurfina che regola lo
sviluppo delle cellule T regolatrici
(CD4+ / CD25+)
Disregolazione
immunitaria,
poliendocrinopatia
con diabete,
celiachia
(29)
Diabete neonatale
associato ad
ipoplasia
cerebellare
(PTF1a /
P48)
Sindrome di
Wolcott-Rallison
EIF2AK3
Apoptosi β-cellulare
PNDM, deficit di
crescita e displasia
epifisaria, anomalie
cardiache, insufficienza pancreatica
esocrina
(29;33-35)
Mutazioni della
Kruppel-like
zinc-finger
protein-3
GLIS3
Deficit di fattore di transcrizione
implicato implicato nello sviluppo
di pancreas, occhi, tiroide, rene,
fegato.
PNDM,
ipotiroidismo e
deficit multiorgano
(36;37)
Mutazioni del
gene dell’insulina
INS
Anomalie nel clivaggio e nell’accumulo
di insulina con apoptosi β-cellulare
PNDM
(38)
Mutazioni del
recettore per le
sulfaniluree
(SUR1)
ABCC8
Deficit di azione stimolatoria
Mg-ATP dipendente sui canali del
K+ (Kir6.2)
PNDM, sintomi
neurologici
(disprassia,
distonia, ritardo
di sviluppo),
possibile sindrome
DEND
(39;40)
la farmacocinetica delle insuline sia conservata, specie nel caso di insuline lente.
I valori glicemici persistono variabili ed
imprevedibili e il rischio di ipoglicemia
persiste elevato.
Per tutte queste ragioni è stato proposto ed utilizzato il microinfusore nella
(30-32)
N. 1 marzo 2010
PNDM ed ipoplasia
cerebellare
LA PAROLA ALL’ESPERTO
Nome
terapia insulinica del diabete neonatale.
Una preliminare valutazione del fabbisogno insulinico pre CSII durante la
terapia ev è indispensabile considerata la
eterogeneità clinica e di deficit insulinico
presente nelle varie forme (49-52). Il microinfusore permette una regolazione
29
LA PAROLA ALL’ESPERTO
N. 1 marzo 2010
30
precisa delle dosi che è indispensabile per
garantire un elevato apporto calorico e
un recupero ponderale evitando il rischio
elevato di ipoglicemia.
Al di sotto dei 10 kg di peso si deve
ricorrere alla diluizione dell’insulina in
modo da erogare dosi totali giornaliere
anche inferiori a 1-3 unità/die. In alcuni
casi descritti il basal rate rappresentava
solo il 30% della dose totale giornaliera
di per sé già ridotta (0,2 – 0,3 U/Kg/die)
(52). Non è infrequente l’utilizzo di basal
rate di appena 0,015 U/ora. Sono state
utilizzate diluizioni di 4 (53), 10 (50;52;53),
40 U/ml (49;50;52). é importante sottolineare che il diluente dovrebbe essere
tamponato per mantenere il pH costante
e contenere conservanti in concentrazioni
efficaci. È stato utilizzato il diluente Sterile
Diluent ND-800® (Ely Lilly) con insulina
Humalog diluita ad una concentrazione
di 40U/ml (49). L’insulina Novorapid è
stata diluita in vitro con diluente per NPH
(Novo Nordisk®) ed erogata ad un flusso
di 0,001 ml/h dimostrando a concentrazione U10 e U 50 una buona stabilità (7
giorni a 37°c) (54). Personalmente abbiamo utilizzato in vivo tale diluente con
concentrazione iniziale U10 ottenendo
un buon controllo metabolico in un caso
di diabete neonatale .
Sono state utilizzate le seguenti sedi
d’infusione: faccia antero-laterale della
coscia, plica sovrascapolare, glutei. Le
cannule oblique da 13 mm sono preferibili
vista la scarsità di tessuto sottocutaneo e
vanno inserite manualmente. È utile l’uso
di creme anestetiche al fine di evitare il
dolore e i movimenti del bambino (55).
La terapia con sulfaniluree nel diabete
neonatale
L’identificazione delle forme di PNDM
legate a mutazioni dei geni KCNJ11 e
ABCC8 ha suggerito l’uso delle sulfaniluree
(SU) nella terapia di queste forme di diabete. È noto infatti che tali farmaci sono
inibitori dei canali del K+ e quindi in grado
di ripristinare la secrezione insulinica della
β-cellula. Sono stati usati vari farmaci
(tolbutamide, glibenclamide, glicazide).
Sono in genere ben tollerati con scarsi
effetti collaterali (rare ipoglicemie e diarrea)
normalmente controllabili individualizzando la terapia (dosaggio e numero di somministrazioni). La terapia con SU ha mostrato di consentire un miglior controllo
metabolico rispetto all’insulina e rappresenta attualmente la terapia di scelta in
queste forme di PNDM (56).
Le forme meno severe di iDEND mostrano una buona risposta alle SU soprattutto a livello neuromotorio mentre rimangono scarsamente responsive le
sindromi DEND complete sia a livello
metabolico che da un punto di vista
neurologico (57). Saranno necessari ulteriori studi per individuare farmaci in grado
di inibire i canali del K+ ripristinando la
secrezione insulinica e migliorare i sintomi
neurologici devastanti presenti nelle sindromi DEND complete.
LA PAROLA ALL’ESPERTO
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36
N. 1 marzo 2010
VITA ASSOCIATIVA
N. 1 marzo 2010
O P E R AT O R I S A N I TA R I D I D I A B E T O L O G I A I TA L I A N I
losapevate
38
che
DIABETE E BAMBINI: NOTTI PIÙ SICURE
CON IL DISPOSITIVO CHE IMITA LE
FUNZIONI PANCREATICHE
Grande come un cellulare, leggero
come un lettore mp3, controlla automaticamente la glicemia 288 volte al giorno
24 ore su 24 eliminando il rischio di crisi
ipoglicemiche. E’ il nuovo dispositivo che
avvisa con un segnale acustico se la glicemia sta calando troppo e sospende per
due ore l’infusione di insulina in caso
di grave ipoglicemia anche se il paziente
diabetico non interviene.
L’ipoglicemia provoca un terzo dei
decessi e si verifica almeno una volta
l’anno in un paziente su 10 degli oltre
200.000 malati di diabete di tipo 1.
Il dispositivo è stato presentato a Roma
durante un incontro promosso dall’Associazione Parlamentare per la Prevenzione e la Tutela della Salute presso la
Biblioteca del Senato alla fine di Febbraio
u.s. alla presenza del ministro della Salute
Ferruccio Fazio e del presidente della
Commissione Igiene e Sanità del Senato
Antonio Tomassini.
A cura del Comitato Scientifico
Il microinfusore, in sostanza, simula
le funzioni e le caratteristiche fondamentali
del pancreas, e secondo gli esperti è quanto di più vicino esista ora al pancreas
artificiale. “Con il Manifesto dei pazienti
diabetici - ha spiegato durante l`incontro
il presidente della Commissione Igiene e
Sanità del Senato, Antonio Tomassini abbiamo compiuto un passo importante
per la tutela e la prevenzione dei malati,
ora dobbiamo rendere più accessibili tecnologie come questa che migliorano la
qualità della vita dei pazienti”.
Lo strumento è pensato soprattutto
per i bambini e gli adolescenti, il 20% dei
200.000 italiani affetti da diabete di
tipo 1, una percentuale in aumento negli
ultimi anni. Sono loro, infatti, ad avere
maggiori difficoltà nel controllo della
patologia: cene fuori troppo abbondanti,
sport o una dieta incontrollata possono
infatti esporli maggiormente all’altalena
degli zuccheri nel sangue. “Si tratta di
un`altra tappa sulla strada verso il pancreas
artificiale, ovvero un microinfusore completamente automatizzato che non richieda l`intervento del paziente”, spiega Giorgio Grassi, coordinatore del Gruppo di
Studio Tecnologia e Diabete di SID (Società
italiana di Diabetologia) e AMD (Associazione Medici Diabetologi).
Approvato in oltre 50 Paesi tra cui
l`Italia dove è in uso da gennaio su oltre
100 pazienti, è disponibile in più di 200
centri diabetologici e sarà presto esteso
a un migliaio di pazienti.
NdR: In realtà questo apparecchio é
un sistema integrato microinfusoresensore, non molto diverso da quello già
in commercio, se non per il fatto che,
Un team di ricercatori dell’Università
di Verona, dell’Università di Genova e
dell’Istituto Gaslini ha individuato un anticorpo presente nella maggior parte dei
pazienti con pancreatite autoimmune e
assente in quasi tutti i pazienti colpiti da
cancro del pancreas. Questa scoperta
consentirà di distinguere la malattia autoimmune dal cancro.
Lo studio, pubblicato sul New England
Journal of Medicine, ha mostrato come
l’anticorpo in questione è diretto contro
una particolare porzione della proteina PBP
dell’Helicobacter pilory, che ha una similitudine con la proteina umana UBR2, presente
nelle cellule del pancreas. Questo meccanismo, secondo Luca Frulloni e Claudio Lunardi
dell’Università di Verona, si definisce di
‘’mimetismo molecolare’’ ed è uno dei possibili meccanismi attraverso cui un agente
infettivo può indurre una malattia autoimmune, dove il sistema immunitario aggredisce cellule e tessuti dell’organismo.
Dal punto di vista clinico, hanno spiegato Lunardi e Frulloni, questo test aiuta
nel discriminare la pancreatite autoimmune dal cancro del pancreas. Accade
infatti che alcuni pazienti si sottopongono
ad intervento chirurgico, nel sospetto di
cancro del pancreas mentre invece sono
affetti da una pancreatite autoimmune
che risponde molto bene alla terapia
cortisonica.
Gli studiosi hanno aggiunto che il
problema maggiore di questa malattia
autoimmune, le cui caratteristiche e i criteri
diagnostici sono stati definiti solo negli
ultimi anni, è proprio la diagnosi differenziale con il temibile cancro del pancreas.
Diecimila-quindicimila nuovi casi
all’anno di diabete in età pediatrica (il
diabete di tipo 1, o “giovanile”, appunto). E’ questa la fotografia italiana di una
malattia ad alto impatto sociale e in forte
incremento. Sconosciute le cause della
crescita che non riguarda comunque solo
il nostro Paese. «Al momento — spiega
Gianni Bona, endocrinologo e vicepresidente della Società italiana di pediatria — sono in corso studi per verificare
la correlazione tra questa forma di diabete e l’esposizione a particolari inquinanti ambientali, o tra la malattia e
l’assunzione precoce di latte vaccino, ma
non abbiamo ancora alcuna certezza».
Il controllo del diabete avviene mediante
un attento monitoraggio della glicemia
e la somministrazione di più dosi di insulina al giorno (solitamente quattro), il
che significa che la terapia ha un impatto
anche sulla vita scolastica dei bambini e
degli adolescenti.
Ma chi deve garantire la corretta
gestione della terapia insulinica negli
orari di asilo o scolastici? «Importante
— afferma Giovanni Federico, del Dipartimento materno infantile dell’Azienda ospedaliera-universitaria di Pisa — è che i genitori informino la scuola della patologia del
LO SAPEVATE CHE
IDENTIFICATO UN ANTICORPO LEGATO ALLA PANCREATITE AUTOIMMUNE
DIABETE, COSÌ I BAMBINI SI CURERANNO ANCHE A SCUOLA
N. 1 marzo 2010
quando si verifica un’ipoglicemia che non
viene corretta tempestivamente, si arresta
automaticamente per due ore. Non è
certo un pancreas artificiale, anche se
può rappresentare un ulteriore passo in
quella direzione: è effettivamente la prima
volta che un sistema agisce automaticamente sulla terapia.
39
LO SAPEVATE CHE
N. 1 marzo 2010
figlio - cosa che non sempre avviene-, così
che si possano attivare le procedure necessarie per gestire l’assistenza nel migliore
dei modi. Per i più piccoli è ovviamente
necessario che ci sia un adulto (il genitore
stesso, un infermiere, un insegnante, o
altro personale scolastico) che somministri
il farmaco, mentre per i più grandicelli può
essere sufficiente una sorta di “tutoraggio”
da parte di un adulto competente
all’autogestione della terapia, fino ad arrivare (obiettivo fondamentale per tutti i
soggetti affetti da diabete) alla completa
autonomia». La somministrazione
dell’insulina, benché sia un’operazione
semplice, investe comunque di responsabilità la persona che la effettua e questo
apre un delicato capitolo sul coinvolgimento
degli insegnanti o del personale scolastico.
Oggi non esistono protocolli e normative
generali, ma solo una raccomandazione
ministeriale, e tutto è regolato in pratica
a livello locale. «Da questo punto di vista
— sottolinea ancora Giovanni Federico —
è molto avanzato il protocollo sulla somministrazione dei farmaci a scuola varato
dalla Regione Toscana. Prevede, per quello
che concerne il diabete, che la scuola,
previa adeguata formazione del personale
identificato (insegnante o non) abbia anche
l’obbligo di somministrare, quando sia
necessario, il glicogeno, farmaco salvavita
in caso di crisi ipoglicemica».
GLI ITALIANI SPENDONO PIU’ DEGLI
INGLESI PER ACCEDERE ALLE PRESTAZIONI SANITARIE PUBBLICHE
Uno studio recentissimo pubblicato
sull’European Journal of Public Health
coordinato da Gianfranco Domenighetti
dell’Università della Svizzera Italiana, ha
confrontato la prevalenza di cittadini
italiani e britannici che hanno dichiarato di aver interamente pagato di tasca propria prestazioni
sanitarie (esclusi farmaci e cure
odontoiatriche) che avrebbero
potuto ottenere gratuitamente o a
minor costo dai rispettivi servizi sanitari nazionali.
40
Hanno risposto di aver totalmente
pagato, almeno una volta nel corso della
vita, l’accesso a prestazioni medicosanitarie circa l`80% dei cittadini italiani
( il 45% per oltre cinque accessi) e il 60%
lo ha fatto negli ultimi due anni. Le corrispondenti percentuali di prevalenza per i
cittadini britannici erano del 20%, 4% e
di circa 10% per gli ultimi due anni. Nei
due paesi il motivo principale che ha spinto
i cittadini a pagare integralmente di tasca
propria le prestazioni era quello di evitare
le liste di attesa.
Come si spiegano differenze tanto
vistose tra due paesi che hanno entrambi
un sistema che si dichiara universalista,
equo, di accesso gratuito e finanziato
tramite la fiscalità generale? Secondo gli
autori dello studio esse sono da ricondurre
al fatto che l’Italia, a differenza della Gran
Bretagna, abbia creato all’interno del
servizio pubblico un accesso parallelo
tramite il diritto dato a tutti i medici del
servizio pubblico di esercitare la libera
professione all’interno del SSN (intramoenia), creando così un “binario” privilegiato
d’accesso (senza o con più brevi liste
d’attesa e con una più estesa possibilità
di scelta) per i cittadini disposti a pagare
l’intera prestazione di tasca propria.
Quest’ultima soluzione ha creato un problema importante rispetto all’equità
d’accesso ed alla solidarietà all’interno del
servizio sanitario pubblico in Italia tra
cittadini disposti (o indotti) a pagare e
quelli che non lo sono.
Gli autori concludono mettendo in
evidenza che lunghe liste d’attesa sono
di conseguenza funzionali e congeniali al
mantenimento e alla promozione della
via privilegiata d’accesso pagante al sistema pubblico. La logica conseguenza sarà
un allungamento delle liste dovuto al fatto
che i cittadini che pagano godono sempre
di una precedenza nell’accesso.
Sitografia
• Portale diabete.org;
• Sanitanews Febbraio 2010
• The European Journal of Public Health Advance Access published online on February 8, 2010
IL TUTOR
NELLA FORMAZIONE
DEGLI ADULTI
“Non si insegna e non si può insegnare, se non quello che si è”.
JEAN JAURÈS
s
e riandiamo con la memoria ai primordi
della formazione, ci tornano in mente
persone che abbiamo incontrato nei nostri
primi anni di lavoro e ci ricordiamo che si
facevano chiamare “formatori”. Se ripercorriamo con lo sguardo gli scaffali di una
biblioteca, tra gli anni ‘60 e ‘80, troviamo
al massimo una decina di pubblicazioni,
per lo più traduzioni di testi anglosassoni,
che affrontano il tema della formazione.
Gli addestratori di quegli anni avevano
un profilo professionale molto vicino a
quello degli attuali docenti tradizionali
esperti/competenti che affollano ancora
numerosi centri di formazione.
Successivamente, accanto a queste
figure classiche si è andato delineando e
affermando il profilo del formatore come
figura professionale emergente.
Lo studio e la diffusione delle conoscenze dei modelli di apprendimento degli
adulti, l’evoluzione della figura classica
del formatore rappresentano le possibili
tracce da seguire per andare verso una
nuove formazione.
Questa tendenza è nella natura stessa
della formazione che agisce direttamente
sulla cultura e sui comportamenti prima
che sulle competenze. I formatori hanno
dovuto acquisire nuove conoscenze e
competenze quali la psicologia
dell’apprendimento nell’adulto.
Tutor deriva da “tutor tutoris“ e questo dal verbo “tueri“, il cui significato può
essere inteso come colui che cura, che
sostiene, che protegge, che dà sicurezza.
Il tutor di formazione è colui che
accompagna i discenti di un corso di formazione nel processo di apprendimento.
All’interno di un corso di formazione,
infatti, il tutor organizza la rete delle
relazioni con i partecipanti, interagisce
con loro coinvolgendoli attivamente e ne
stimola la collaborazione, facilitando in
loro quel processo che li porta a “sentirsi
parte di un gruppo”.
N. 1 Marzo 2010
permanente OSDI
O P E R AT O R I S A N I TA R I D I D I A B E T O L O G I A I TA L I A N I
scuola di formazione
41
SCUOLA DI FORMAZIONE OSDI
Il tutor formatore deve anche saper
padroneggiare le metodologie didattiche
e le tecniche di apprendimento per aiutare
il docente nella scelta di quelle più adatte
agli obiettivi formativi e alle caratteristiche
delle persone in formazione.
Egli svolge un ruolo “cerniera” tra le
esigenze degli allievi e dei docenti, perciò
è responsabile del buon andamento di un
corso di formazione e ne garantisce la
continuità.
Tale figura, prevista nell’ambito della
formazione, risulta funzionale alla gestione
e alla cura di gruppi di professionisti in
situazione di apprendimento “tra pari“.
Nell’attività di formazione è necessario saper:
gestire le relazioni interpersonali
in un clima di accettazione delle differenze che consenta
di superare le posizioni conflittuali,
analizzare nuove esigenze e progettare
nuovi contesti.
Essere formatore richiede non solo
preparazione, ma anche comunicazione,
animazione e mission da perseguire e
raggiungere.
Il tutor formatore necessita di
alti livelli di motivazione e di:
capacità di gestire le dinamiche relazionali nel gruppo,
padronanza delle tecniche di
gestione della comunicazione.
conoscenza dei processi comunicativi e metacomunicativi
che si verificano nella dinamica
di gruppo
capacità di agevolare la comunicazione
gestire la comunicazione
per determinare spazi e possibilità di partecipazione
alla elaborazione condivisa delle decisioni,
N. 1 Marzo 2010
entrare nel campo di decisione del gruppo
non per imporre il proprio orientamento, ma per
animarlo e potenziarlo.
42
COMPETENZE NECESSARIE DEL TUTOR
FORMATORE
Il Tutor formatore deve possedere
competenze relative ai processi di
apprendimento (in particolare degli
adulti), di valutazione, di gestione
e di dinamiche dei gruppi. Deve
inoltre possedere conoscenze
approfondite delle tecniche di
gestione d’aula e degli strumenti didattici (lezione frontale,
lavoro di gruppo, simulazione,
etc,).
Il tutor formatore deve essere
capace di “ascoltare” domande
complesse e di focalizzare problemi, di
COMPITI DEL TUTOR FORMATORE
• Partecipa alle attività di formazione
• Cura il gruppo a lui affidato animandolo
• Svolge gli incontri assicurando
l’integrazione tra i vari partecipanti
• Sa utilizzare le metodologie didattiche
della Scuola Formatori OSDI
• Mantiene i rapporti con il direttore del
corso
• Valida le attività svolte dai discenti
• Assicura il suo impegno professionale
• Sostiene i discenti affinché raggiungano
con successo il traguardo formativo.
LA TEORIA DELL’APPRENDIMENTO
DEGLI ADULTI
Che cosa sappiamo, effettivamente,
delle caratteristiche specifiche dell’adulto
che apprende?
Da circa vent’anni, alcuni studiosi stanno compiendo ricerche per mettere a
fuoco i tratti distintivi di una disciplina
ancora poco diffusa, ma che costituisce
il necessario punto di partenza per lo
sviluppo di una nuova efficacia della formazione.
La formazione degli adulti pone problemi le cui soluzioni sono molto diverse
da quelle che si danno alla formazione
dei bambini.
Affinché si possa sviluppare apprendimento in età adulta è necessaria una
duplice conoscenza: quella delle caratteristiche degli adulti come soggetti, tentando di individuare come l’adulto impara e
quella dei comportamenti che devono o
possono essere attivati per promuovere e
conseguire il risultato dell’apprendimento.
Knowles cerca di formulare una teoria
dell’apprendimento degli adulti tenendo
conto degli esperimenti e delle ricerche
sulle caratteristiche specifiche che presentano i soggetti adulti. Knowles identifica
le differenziazioni del modello andragogico
rispetto a quello pedagogico sulle base di
sei presupposti (core principles).
La teoria andragogica sviluppata da
Malcom Knowles si basa sui seguenti
presupposti fondamentali:
SCUOLA DI FORMAZIONE OSDI
Il modello di formazione di Carl Rogers, esperto della psicologia umanista,
si basava sui seguenti punti:
• Non possiamo insegnare direttamente
agli altri: possiamo solo facilitare il loro
apprendimento
• Una persona apprende solo le cose che
percepisce come utili per il suo mantenimento e sviluppo
• Si tende a resistere all’esperienza che
comporta un cambiamento di sé
• L’esperienza che viene percepita come
incompatibile può essere assimilata solo
in un clima rilassato
Nel decalogo di Carl Rogers, il bravo
facilitatore viene così descritto:
• si occupa di predisporre il clima iniziale
dell’esperienza;
• aiuta a scegliere e chiarire gli obiettivi;
• conta sul desiderio della persona di
realizzare gli scopi che hanno senso per
lei come forza motivazionale;
• si sforza di organizzare e di rendere
disponibili la gamma più vasta possibile
di risorse per l’apprendimento;
• si considera come una risorsa flessibile
ed utilizzabile dal gruppo;
• accetta sia i contenuti che le emozioni;
• utilizza modalità non impositive ma di
condivisione che gli altri possono accettare o rifiutare.
N. 1 Marzo 2010
NORME COMPORTAMENTALI DEL TUTOR FORMATORE
1. Il bisogno di conoscere:
• gli adulti sentono l’esigenza di sapere
perché occorra apprendere qualcosa.
Tough, ha scoperto che quando gli
adulti iniziano ad apprendere qualcosa per conto loro investono una
43
SCUOLA DI FORMAZIONE OSDI
N. 1 Marzo 2010
considerevole energia nell’esaminare
i vantaggi che trarranno dall’apprendimento. Di conseguenza “uno
dei nuovi aforismi della formazione
degli adulti è che il compito del facilitatore di apprendimento è di aiutare
i discenti a prendere coscienza del
“bisogno di conoscere”. Inoltre tale
consapevolezza può essere accresciuta dalle esperienze reali o simulate in
cui i discenti scoprono da soli il divario
tra il punto in cui sono attualmente
e quello dove vogliono arrivare”.
2. Il concetto di sé del discente:
• il concetto di sé, nel bambino, è
basato sulla dipendenza da altri. Il
concetto di sé nell’adulto è vissuto
come dimensione essenzialmente
autonoma
• L’adulto deve sentire che il proprio
concetto di sé viene rispettato
dall’educatore e quindi deve essere
collocato in una situazione di autonomia (contrapposto a una situazione
di dipendenza). Di conseguenza se
l’adulto si trova in una situazione in
cui non gli è concesso di autogovernarsi, sperimenta una tensione tra
quella situazione e il proprio concetto
di sé: la sua reazione tende a divenire
di resistenza.
3. Il ruolo dell’esperienza:
• nell’educazione dell’adulto ha un
ruolo essenziale l’esperienza, sia come attività di apprendimento sia
come pregresso talvolta negativo che
costituisce una barriera di pregiudizi
e abiti mentali che fa resistenza
all’apprendimento stesso. In altre
parole il nuovo apprendimento deve
integrarsi in qualche modo con
l’esperienza precedente.
• L’esperienza porta le persone ad essere
sempre più diverse l’una dall’altra:
44
perfino lo stile cognitivo cambia per
effetto delle esperienze fatte.
• Qualsiasi gruppo di adulti sarà più
eterogeneo, in termini di background, stile di apprendimento, motivazioni, bisogni, interessi e obiettivi,
di quanto non accada in gruppi di
giovani.
4. La disponibilità ad apprendere:
• quanto viene insegnato deve migliorare le competenze e deve poter
essere applicato in modo efficace alla
vita quotidiana: la sua disponibilità
ad apprendere è cioè rivolta solo a
ciò di cui sente che ha bisogno di
sapere e di saper fare per far fronte
efficacemente alla situazione della
loro vita reale.
5. L’orientamento verso
l’apprendimento:
• non deve essere centrato sulle materie
ma sulla vita reale. Gli adulti infatti
apprendono nuove conoscenze, capacità di comprensione, abilità e
atteggiamenti molto più efficacemente quando sono presentati in questo
contesto. Questo punto ha
un’importanza cruciale nelle modalità
di esposizione dell’insegnante, degli
obiettivi e nei contenuti definiti e
nella progettazione più generale
dell’intervento formativo.
6. La motivazione:
• è sbagliato pensare che gli adulti si
rendano disponibili alla formazione
per un lavoro migliore, promozioni
e simili; le molle sono le pressioni
interne: l‘autostima, la qualità della
vita, la soddisfazione sul lavoro. E’
stato scoperto che tutti gli adulti
sono motivati a continuare a crescere
e a evolversi, ma che questa motivazione spesso viene inibita da barriere
PEDAGOGIA
ANDRAGOGIA
II bambino all’inizio è privo di conoscenze.
L’adulto ha un vissuto individuale importante
e una formazione scolastica diversa da quella
di altri adulti.
L’insegnante conosce i programmi ed ha idee
precise su come trasferirli alla classe.
II formatore non ha alcuna idea delle conoscenze
e non sa prima come trasmetterla al gruppo
L’esperienza personale del bambino è modesta.
L’esperienza dell’adulto è superiore alla conoscenza che riceverà in aula.
L’insegnante cerca di portare la classe al livello
superiore.
II formatore dell’adulto sa che ogni partecipante
arriverà con percorsi diversi.
La motivazione è legata all’interesse per
l‘argomento.
La motivazione è legata all’interesse per
l‘argomento.
SCUOLA DI FORMAZIONE OSDI
za, autonomia e relazione. La competenza consiste nel sentirsi capaci
di agire sull’ambiente sperimentando
sensazioni di controllo personale.
L’autonomia si riferisce alla possibilità
di decidere personalmente cosa fare
e come. Il bisogno di relazione riguarda la necessità di mantenere e costituire legami in ambito sociale.
quali un concetto negativo di sé come
studente, l’inaccessibilità di opportunità o risorse, la mancanza di tempo
e programmi che violano i principi
dell’apprendimento degli adulti. In
questo gioca anche un ruolo fondamentale la promozione dell’autodeterminazione, soddisfacendo i bisogni psicologici innati di competen-
Quando arriva alla maturità professionale capisce i suoi limiti ed al massimo si autodefinisce “animatore”. Se
è furbo, invece di sforzarsi ad insegnare, cerca di imparare lui stesso dagli altri, dai partecipanti ad un corso
o ad un intervento formativo. Il team di lavoro diviene allora per lui fonte di novità reale; da docente diventa
discente, cerca di “far emergere quello che le persone sanno già”, quello che possiedono dentro; è un attivatore,
un “enzima”, un catalizzatore di potenzialità altrui, non un maestro o un instruttore”.
definizioni tratte dalla rivista Skill (n° 7-8, 1993)
N. 1 Marzo 2010
Una definizione semiseria del Formatore:
Avere talento è un dono, ma il merito è saperlo utilizzare”
Julio Velasco
Bibliografia
• Rogers, C. R. (1979) Freedom to Learn: A View of What Education Might Become, Merril Pub Co.,
• Rogers, C. R.; Kinget, G. M. (1970) Psicoterapia e relazioni umane. Teoria e pratica della terapia non
direttiva, Torino, Bollati Boringhieri,
• Tough, A. (1979): ‘The Adult’s Learning Projects: A Fresh Approach to Theory and Practice in Adult
Learning’. Toronto
• Malcom Knowles, Quando l’adulto impara. Pedagogia e andragogia., Tr. it. Franco Angeli, Milano, 1997.
• Malcom Knowles, La formazione degli adulti come autobiografia., Tr. it. Raffaello Cortina Editore, Milano,
1996.
45
N. 1 marzo 2010
O P E R AT O R I S A N I TA R I D I D I A B E T O L O G I A I TA L I A N I
nursing
diabetologico
a cura di Lia Cucco
con il contributo di Rita Di Luzio, infermiera diabetologia pediatrica Chieti
INTRODUZIONE
Il diabete neonatale è un argomento di nicchia, poco conosciuto,
poco frequente, per addetti ai lavori…..
Allora perché parlarne nella rubrica di nursing?
La prima motivazione è di natura
conoscitiva: la biologia molecolare
ha consentito di identificare diverse
forme di diabete e di diabete neonatale, come ci ricorda il dott Tumini,
nella rubrica dell’esperto, e la terapia
insulinica in particolari forme viene
sostituita con farmaci ipoglicemizzanti orali abitualmente usati nel
DM2 . Come infermieri esperti non
possiamo non tener conto anche di
questo tipo di conoscenze ed è un
dovere/piacere coltivare la curiosità
intellettuale.
La seconda motivazione, come
sottolineato sia nell’articolo di Rita
Di Luzio che nell’articolo dell’esperto,
è la specificità di presa in carico ,
necessaria per i bambini cosi piccoli
e per i genitori, presa in carico sostenuta da competenze frutto di
studio, esperienze riflettute e umiltà,
come ci ricorda la collega, in particolare quando il team si trova di
fronte a problematiche assistenziali
non frequenti.
Infatti sono state richieste nuove
abilità tecniche e relazionali.
La terapia insulinica, per esempio, ha richiesto tecniche e responsabilità diverse nella somministrazione di dosi adeguate per
scongiurare le ipoglicemie, dosi piccolissime rese iniettabili con l’aiuto
di protocolli di diluizione e della
successiva erogazione con microinfusore.
I tempi relazionali sono stati rispettosi del dolore dei genitori, consapevoli della loro ansia e della necessità di specifiche modalità di
addestramento alla cura della piccola
[1], fattori riconosciuti e valutati
in team per lavorare sull’autoefficacia dei genitori e prepararli
alla dimissione graduale e protetta. [2]
In particolare, nella storia di B.
è il padre ad assumersi la maggiore
responsabilità iniziale, mentre in
genere sono le madri i care giver
primari. Negli studi si sottolinea come il contributo paterno possa essere associato a risultati positivi importanti nella gestione del diabete.
Tuttavia ancora poco sappiamo
del ruolo e dei sentimenti dei padri
di bambini con diabete [3 – 4], mentre sappiamo come una scarsa coesione e una elevata conflittualità
della famiglia si associa a cattivo
controllo metabolico. [5]
La terza motivazione/riflessione,
sollecitata dall’età della piccola, è
sul dolore. Il dolore fisico della bambina è stato considerato e prevenuto
dall’uso di anestetici locali, le coccole
di genitori, infermieri e medici hanno
sicuramente funzionato come calmanti sul piano psichico…. Ma il
dolore dei genitori, il lutto, presente
al momento della diagnosi, in qualche modo rimane, si cronicizza. Ne
teniamo conto nelle nostre relazioni
con i genitori o anche con le persone
significative, mogli, mariti, compagne, compagni?
Non si viene a patti con la diagnosi…[6]
I genitori, che ugualmente esprimono rabbia e sensi di colpa, anche
se le madri sembrerebbero elaborarli
maggiormente, avrebbero bisogno
di poter esprimere i loro sentimenti
e il dolore non risolto, avrebbero
bisogno di sostegno adeguato e
tempestivo nei momenti critici, quando questo dolore ritorna più in superficie.
Infine, ultima motivazione, è una
storia a lieto fine perché come ci
racconta Rita:” B. è una bambina
vivace e gioiosa ed è un piacere
vederla durante le visite di controllo”.
Una motivazione che vale la pena
socializzare.
Bibliografia
[1] Streisand R, Mackey ER, Elliot BM, Mednick L, Slaughter IM, Turek J, Austin A. Parental anxiety and depression
associated with caring for a child newly diagnosed with type 1 diabetes: opportunities for education and counseling.
Patient Educ Couns. 2008 Nov;73(2):333-8
[2] McBroom LA, Enriquez M. Review of family-centered interventions to enhance the health outcomes of children
with type 1 diabetes. Diabetes Educ. 2009 May-Jun;35(3):428-38. Epub 2009 Mar 19.
[3] Dashiff C, Morrison S, Rowe J. Fathers of children and adolescents with diabetes: what do we know? J Pediatr
Nurs. 2008 Apr;23(2):101-19.
[4] Sullivan-Bolyai S, Rosenberg R, Bayard M. Fathers’ reflections on parenting young children with type 1 diabetes.
MCN Am J Matern Child Nurs. 2006 Jan-Feb; 31(1):24-31.
[5] Williams LB, Laffel LM, Hood KK. Diabetes-specific family conflict and psychological distress in paediatric Type
1 diabetes. Diabet Med. 2009 Sep;26(9):908-14.
[6] J Adv Nurs. 2009 May;65(5):992-1000. Chronic sorrow in parents of children with type 1 diabetes.
Bowes S, Lowes L, Warner J, Gregory JW.
46
i
l caso di cui tratteremo riguarda una bambina, giunta alla nostra osservazione all’età di 40
giorni cui è stata fatta diagnosi di “diabete mellito neonatale (NDM)”. Seguiremo il percorso
terapeutico ed assistenziale cui la piccola è stata sottoposta. L’iniziale terapia insulinica per via
endovenosa, è stata sostituita dal trattamento multiiniettivo sottocutaneo per poi passare all’utilizzo
del microinfusore ed approdare, dopo la diagnosi genetica, all’attuale terapia con farmaci per via
orale..
Si tratta dunque, di un percorso molto complesso che ha richiesto uno sforzo notevole da
parte del team diabetologico nella gestione del trattamento, nella comunicazione con i genitori
della piccola paziente e nell’istruzione all’autogestione rivolta ai familiari.
LA DIAGNOSI
B. è giunta in Clinica Pediatrica all’età
di 40 giorni per “scarso accrescimento
ponderale e febbricola”. La piccola presentava cute pallida, disidratata,aspetto
distrofico, sottocutaneo scarsamente rappresentato e peso di 2,790 Kg. Gli esami
effettuati hanno documentato :
•
•
•
•
•
•
•
Glicemia: 946 mg/dl
pH: 7,347
EB: -5,6 mmol/l
HCO3: 19,4 mmo/l
Glicosuria: +++
Chetonuria: ++
Nella norma azotemia, creatininemia,
elettrolitemia, transaminasemia.
E’ stato tempestivamente avviato un
trattamento dello scompenso glicometabolico con terapia insulinica e glucoelettrolitica per via endovenosa con un fabbi-
sogno insulinico medio di 0,02U/Kg/ora
pari a 1,44 U/die.
I rilevamenti glicemici venivano effettuati ogni ora per adattare lo schema
terapeutico.
Nel frattempo sono state avviate le
indagini eziologiche:
• ICA, Ab anti GAD
• Cariotipo per ricerca Disopia uniparentale paterna o duplicazione del braccio
lungo Cromosoma 6
• Ricerca mutazioni gene KCNJ11
La diagnosi di “diabete” ha indotto
nei genitori della piccola un forte e comprensibile trauma emotivo. Il pediatra
diabetologo ha fornito informazioni e
spiegazioni chiare ed esaustive circa l’entità
della malattia la necessità attuale di una
terapia insulinica e le possibili strategie
terapeutiche conseguenti alle risposte
degli esami genetici eseguiti.
NURSING DIABETOLOGICO
Percorso terapeutico ed assistenziale
N. 1 marzo 2010
UN CASO DI DIABETE MELLITO
NEONATALE:
47
NURSING DIABETOLOGICO
Il papà della piccola , costantemente
presente in ospedale, era inizialmente
“arrabbiato” per la condizione della figlia
e restio a comunicare con le infermiere
della diabetologia. La porta chiusa e il
difficile accesso nella stanza manifestavano
chiaramente la chiusura al mondo esterno.
La madre di B., nei primi giorni di ricovero,
era meno presente del marito adducendo
motivazioni apparentemente futili alla sua
assenza. Manifestava un distacco emotivo
probabile meccanismo di difesa di fronte
all’incapacità di accettare l’evento e la
sensazione di impotenza nei confronti
della condizione patologica della figlia.
La necessità dei continui rilievi glicemici
sembrava esasperare il padre che vedeva
nelle puntura del polpastrello una continua violenza sulla piccola.
N. 1 marzo 2010
LA TERAPIA INSULINICA
MUTIINIETTIVA
48
Dopo due giorni di terapia insulinica
endovenosa è stata intrapresa terapia
multiiniettiva.
La terapia insulinica multiiniettiva nel
diabete neonatale presenta notevoli difficoltà. Le dosi minime da somministrare
richiedono estrema precisione dei sistemi
di iniezione e la necessità di diluizione
dell’insulina non permette l’uso degli
iniettori a penna consentendo esclusivamente l’utilizzo delle siringhe.
Va considerato che la diluizione riduce
solo parzialmente l’errore percentuale
nella dose somministrata e che
l’assorbimento sottocutaneo, anche a
causa della scarsità di tessuto sottocutaneo, è spesso imprevedibile.
E’ stata utilizzata una diluizione
dell’insulina rapida e dell’analogo rapido
U5 ( 5 unità per ml) con soluzione fisiologica. Le somministrazioni venivano effettuate sulle cosce e sui glutei poiché
erano le zone che presentavano un tessuto
sottocutaneo sufficiente. Le rilevazioni
glicemiche venivano effettuate ogni ora
Normalmente, noi infermiere del Centro cerchiamo di coinvolgere attivamente
i genitori nella gestione del controllo cercando, appena le condizioni del bambino
sono migliorate e lo shock iniziale dei
genitori è stato superato, di far effettuare
le glicemia dal papà o dalla mamma. In
questo caso abbiamo capito che non era
il caso di “forzare” i genitori che evidentemente avevano bisogno di tempo prima
di rendersi disponibili ad essere istruiti
all’autogestione e,d’altra parte, la previsione di una degenza più lunga del solito,
non ci imponeva fretta.
La terapia sottocutanea ha imposto
l’istruzione alla diluizione ed alla somministrazione dell’insulina di tutto il personale
della clinica pediatrica.
Ai genitori ed al personale è stato
fornito uno schema che visualizzasse chiaramente le unità presenti nella diluizione
e la quantità corrispondente in siringa
Lo schema terapeutico prevedeva 4
somministrazioni di insulina rapida e somministrazioni di analogo rapido al bisogno
con un’alimentazione di sette poppate
/die.
Il miglioramento delle glicemie ed
l’iniziale recupero ponderale della bambina hanno determinato nei genitori una
diminuzione dello stato d’ansia ed hanno
favorito un approccio gradualmente più
attivo nella gestione del controllo. Forniti
di un refletttometro che consentisse di
eseguire le glicemia con minime quantità
di sangue, il papà della bambina e ,dopo
poco anche la mamma, hanno iniziato ad
eseguire autonomamente i rilievi glicemici
ed hanno spontaneamente manifestato
il bisogno di imparare a somministrare
l’insulina.
Durante il trattamento con MDI B.
presentava oscillazioni glicemiche tra 30
e 593 mg/dl. La severità delle ipoglicemie
Tale preparazione è valida sia per l’insulina rapida (Actrapid) che per l’insulina
ultrarapida (Novorapid).
Entrambe le insuline devono essere preparate ogni giorno, finché non è disponibile
il diluente specifico.
Unità di insulina
ml di soluzione
0,05
0,10
0,15
0,20
0,25
0,30
0,35
0,40
0,45
0,50
0,55
0,60
0,65
0,70
0,75
0,80
0,85
0,90
0,95
1
ed il rischio di danni cerebrali cui la bambina andava incontro hanno portato il
diabetologo pediatra in accordo con i
familiari della bambina, a prospettare la
necessità di intraprendere trattamento
insulinico con microinfusore.
LA TERAPIA INSULINICA CON MICROINFUSORE
Nel neonato il microinfusore permette
una fine regolazione della erogazione di
insulina che è cruciale in questi pazienti
0,01
0,02
0,03
0,04
0,05
0,06
0,07
0,08
0,09
0,10
0,11
0,12
0,13
0,14
0,15
0,16
0,17
0,18
0,19
0,20
Unità corrispondenti
sulla siringa U100
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
NURSING DIABETOLOGICO
1. Prelevare 50 unità di insulina
2. Diluire in 9,5 ml di soluzione fisiologica.
3. Si ottiene una soluzione che contiene 5 unità di insulina in 1 ml.
N. 1 marzo 2010
Preparazione dell’insulina U5 (5 unità per ml)
in cui bisogna assicurare un elevato apporto calorico evitando il rischio elevato
di ipoglicemie particolarmente dannose
in questa fascia di età. Il fabbisogno giornaliero, inferiore a 1- 3 unità, determina
la necessità di diluire l’insulina fino al
raggiungimento di 8-12 Kg.
La decisione di passare alla terapia
insulinica con microinfusore è stata accolta positivamente dai genitori di B. che,
pur consapevoli della complessità della
gestione, avevano compreso la necessità
49
NURSING DIABETOLOGICO
N. 1 marzo 2010
50
di ridurre le ipoglicemie e quella di migliorare il compenso metabolico. La consapevolezza che l’uso della pompa avrebbe migliorato la qualità della vita della
piccola li spingeva ad una conoscenza
approfondita della terapia con microinfusore.
In vista dello sturt pump abbiamo
pianificato i seguenti punti:
• Reperimento cannule oblique da 13
mm
• Reperimento diluente
• Elaborazione di schemi per la preparazione delle diluizioni,
• Elaborazione di achemi che riportassero
chiaramente le dosi erogate in funzione
della diluizione utilizzata e della dose
che appare sul display
• Elaborazione di schemi che riportassero
il fabbisogno basale, i boli preprandiali,
i boli correttivi ( display e dosi reali)
• Rendere disponibile un pediatra diabetologo esperto durante le prime 12-16
ore di CSII e successivamente rimanere
reperibile.
Parallelamente a queste attività il team
si è occupato di istruire il personale medico, infermieristico ed i genitori di B. sull’uso
del microinfusore affinché ognuno di essi
fosse in grado di:
• Programmare ed erogare i boli
• Modificare la basale
• Arrestare l’erogazione
• Disconnettere e riconnettere
La comparsa di un’ipoglicemia severa
non spiegabile con presenza di sintomi
glicopenici e rigidità ai 4 arti ha affrettato
l’inizio della CSII.
A 71 giorni di età e con un peso di 4
kg circa B. ha iniziato la terapia insulinica
con microinfusore.
Abbiamo utilizzato il Diluente Novo
Nordisk® per NPH tamponato per mantenere il pH costante e contenente conservanti in concentrazioni efficaci.
Il catetere sottocutaneo è stato inserito
inizialmente sulle cosce e sui glutei utilizzando creme anestetiche per diminuire
NURSING DIABETOLOGICO
Gli aspetti trattati in modo particolare
hanno riguardato:
• La selezione e rotazione delle sedi
di infusione
per ridurre le infezioni
per favorire un assorbimento prevedibile
per prevenire la distrofia cutanea
• La prevenzione delle infezioni cutanee nella sede di inserimento del
catetere
realizzabile con una corretta igiene delle
mani, della sede di inserzione e del
campo su cui si opera
N. 1 marzo 2010
il dolore nell’inserimento ed evitare i movimenti della bambina.
Il catetere veniva protetto con cerotti
idrorepellenti che evitano il contatto della
sede di infusione con liquidi biologici (feci,
urine) e prodotti detergenti utilizzati per
l’igiene del bambino.
Il diabetologo pediatra, in costante
contatto con il reparto, apportava le modifiche necessarie al fabbisogno basale
ed ai i boli informando i genitori sulle
motivazioni di ogni variazione
Al 15° giorno di CSII, B. aveva raggiunto il peso di 4,8 Kg aveva un fabbisogno totale di 0,82 U/Kg/die un rapporto carboidrati/ insulina di 0,26 U
per 15 g di CHO. di ipoglicemie si era
notevolmente ridotto nel numero e nella
gravità.
B. ha avuto una degenza totale di due
mesi. Gli ultimi quindici giorni sono stati
dedicati all’istruzione dei genitori sull’uso
del microinfusore.
• La corretta sostituzione del catetere
e del set
Cambio ogni 2 giorni ( possibilmente
prima di un bolo preprandiale) e in caso
di iperglicemia non spiegabile e che
non risponde a bolo correttivo
Attenzione alla formazione di bolle
d’aria durante e dopo la sostituzione
Attenzione costante alla sede di inserimento per evidenziare eventuali
arrossamenti edemi o sanguinamenti
possibila cause di mancata erogazione
dell’insulina
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NURSING DIABETOLOGICO
N. 1 marzo 2010
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• La prevenzione ed il trattamento
delle ipoglicemie
• La prevenzione ed il trattamento
delle iper glicemie
• L’interpretazione e la risoluzione
degli allarmi del microinfusore
• La gestione della terapia co microinfusore durante le malattie intercorrenti
Abbiamo mostrato il corretto inserimento del catetere e la successiva rimozione del vecchio e spiegato la necessità
di effettuare il riempimento del catetere
ad ogni sostituzione.
I genitori sono stati stimolati a controllare spesso lo stato della sede di inserzione
per evidenziare eventuali arrossamenti,
sanguinamenti, ed eventuali perdite di
insulina dalla siringa dal punto di connessione del set con il microinfusore e dal
catetere.
I n re l a z i o n e a l t r a t t a m e n t o
dell’iperglicemia.abbiamo spiegato loro
la necessità di disporre sempre di insulina
ultrarapida diluita da somministrare con
la siringa in caso di iperglicemia non rispondente al bolo di correzione per evitare
l’intstaurarsi della chetoacidosi derivante
dalla mancata erogazione del farmaco.
Il diabetologo ha impostato il fabbisogno basale determinato i dosaggi dei
boli da erogare ai pasti e di quelli da
somministrare per correggere le eventuali
iperglicemie.
B. è stata dimessa a.l’età di tre mesi
e dieci giorni con un peso di 5,5 Kg.
I genitori erano in costante contatto
con il diabetologo pediatra per modificare
il fabbisogno basale ed i boli. Ogni due
giorni conducevano la piccola presso la
Diabetologia Pediatrica per eseguire il
cambio del set in presenza del personale
fino ad arrivera alla completa gestione
autonoma.
La terapia con microinfusore di insulina
è stata continuata per 4 mesi con buon
controllo metabolico, soddisfacente accrescimento staturo-ponderale e buona qualità della vita della piccola e della sua
famiglia.
A Ottobre de 2006 gli esami genetici
hanno documentato la diagnosi di
“Diabete neonatale da mutazione del
gene Kir6. 2” per cui B.ha iniziato la
terapia orale con Glibenclamide ai pasti.
La piccola è tuttora in trattamento con
questo farmaco e presenta un ottimo
compenso metabolico ( HbA1C. 6%).
E’ una bambina vivace e gioiosa ed è
un piacere vederla durante le visite di
controllo.
CONCLUSIONI
Il percorso terapeutico ed assistenziale
di questa piccola paziente è stato complesso ed irto di difficoltà soprattutto per
noi infermiere del centro di diabetologia
pediatrica che eravamo alla prima esperienza di un caso di diabete neonatale.
L’esperienza e la professionalità del diabetologo pediatra ci hanno permesso di
acquisire le conoscenze e le tecniche per
dare la corretta assistenza alla bambina
e per poter istruire adeguatamente i
genitori della piccola B. Anche in questo
caso l’efficacia del trattamento sta nella
capacità del team diabetologico di lavorare in cooperazione, di acquisire conoscenze ed affrontare con umiltà e desiderio di crescita professionale le situazioni
problematiche.
12-13 marzo Pisa Hotel NH Cavalieri - “Modalità operative per una gestione ottimizzata
del diabete mellito tipo 1: alimentazione e insulina”.
Sponsor non condizionante Roche
19-20 marzo Frascati (Rm) Hotel Villa Tuscolana -”Modalità operative per una gestione
ottimizzata del diabete mellito tipo1: alimentazione e insulina”.
Sponsor non condizionante Roche
26-27 marzo 2010 Padova - Hotel Crowne Plaza - “L’iperglicemia post-prandiale: dalla
valutazione del rischio al suo trattamento”.
Sponsor non condizionante A. Menarini Diagnostic
26-27 marzo 2010 Palermo - NH Hotel - “L’iperglicemia post-prandiale: dalla valutazione del
rischio al suo trattamento”.
Sponsor non condizionante A. Menarini Diagnostic
12-14 aprile 2010 Pisa - Sala Convegni dell’Opera del Duomo
Corso patrocinato OSDI “La gestione delle complicanze agli arti inferiori nel diabete mellito
N. 1 marzo 2010
9-10 aprile Cologno al Serio (Bg) Borgo La Muratella - “Modalità operative per una gestione
ottimizzata del diabete mellito tipo 1: alimentazione e insulina”.
Sponsor non condizionante Roche
26 Marzo Bussana Sanremo OSDI Liguria: Ricerca biomedica: uso del motore di ricerca Pubmed
in diabetologia. Sponsor non condizionante Lifescan e Artsana
10 Aprile Siracusa OSDI Sicilia “Management dell’attività Fisica e Sportiva nelle persone con
Diabete Mellito”. Sponsor non condizionante BD
24 Aprile Catanzaro OSDI Calabria “Il Diabete Mellito: screening delle complicanze croniche”.
Sponsor non condizionante Lifescan e Artsana
08 Maggio Trabia (Pa) OSDI Sicilia “Management dell’attività Fisica e Sportiva nelle persone
con Diabete Mellito” Sponsor non condizionante BD
08 Maggio Torino “La qualità della formazione infermieristica e la qualità dell’assistenza erogata”
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CORSI GLUCOLAB 2010
29 Maggio Roma - Gli strumenti per il controllo glicemico ottimale:conoscenza, organizzazione
e relazione. Sponsor non condizionante Bayer HealthCare
N. 1 marzo 2010
29 Maggio Napoli - Gli strumenti per il controllo glicemico ottimale:conoscenza,
organizzazione e relazione. Sponsor non condizionante Bayer HealthCare
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