Pubblicazione trimestrale del servizio volontario internazionale - Anno XXII - Dicembre 2008 - Sped. in abb. post.art. 20/c. - L. 662/96 - Fil. di Brescia Autorizz. del Tribunale di Brescia n° 64/89 del 12/02/1989 In caso di mancata consegna rinviare all’UFFICIO POSTALE DI BRESCIA CMP detentore del conto per la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa. Servizio Volontario Internazionale esserci 05 Arrivederci Gino! Mille futuri possibili Schiavitù Una nuova sobrietà per abitare la terra Dossier Quale futuro per l’Africa dei Grandi Laghi? esserci PROGETTI 03 Editoriale Arrivederci Gino! 04 News 1. È mancato Gino Filippini 2. Formazione sul ciclo di progetto 3. Gadget SVI 4. Benvenuta Evaluna 5. Tenda dei Popoli 05 Intervista Mille futuri possibili 07 07 08 Dai volontari Senegal - Contraddizioni africane Burundi - Che cosa succede in Burundi? 09 SVI Italia 09 Il mio servizio civile 10 Globalizzare i diritti umani... 11 Dossier 11 Quale futuro per l’Africa dei Grandi Laghi? 15 16 18 Diritti umani Schiavitù Micro 2008 Antropologia Bassari 20 Globalizzazione Prigionieri del sogno libico 21 La persona al centro. Ambiente Una nuova sobrietà per abitare la terra 22 Voci d’Oriente Povertà e ricchezza 23 Suggestioni CD – La doppia vita di Veronica Film – Thank You for Smoking Libri – Fiori di ciliegio e virtù Web - www.commercioetico.it 24 Quadri e ladri In copertina Maschera zambiana... Esserci a cura del Servizio Volontario Internazionale S.V.I. V.le Venezia, 116 25123 Brescia tel. 030 3367915 fax 030 3361763 http://www.svibrescia.it email: [email protected] Gruppo di redazione Direttore responsabile: Claudio Donneschi; Coordinamento di redazione: Sandro De Toni; Gruppo di redazione: Federico Bonzi, Enrico Donelli, Lia Guerrini, Rosario Manisera, Caterina Pedrana, Claudia Pisano, Fabio Poli, Terry Rizzini, Gabriele Scalmana, Gabriele Smussi, Aldo Ungari. Realizzazione grafica: Arianna Caldera, Daniela Mena, Dominique Palumbo (impaginazione), Valentina Botturi, Alessandro Cucinelli, Elena Viscardi (progetto grafico), ddt (imaging). Tipografia: GAM - Rudiano (Bs) 2 Come collaborare: CCP: 10236255 CC bancario n° 000000504030 Banca Etica - filiale di Brescia IBAN: IT02L0501811200000000504030 EDITORIALE ARRIVEDERCI GINO! Lo scorso 28 novembre Gino Filippini è tornato alla casa del Padre. Lo ha fatto in punta di piedi, senza scomodare nessuno ma con la sua straordinaria capacità di dare un senso profondo ad ogni spezzone della sua vita, come ha sempre fatto nei quarant’anni che ha dedicato all’Africa e alla sua gente. E anche nel momento finale ha saputo testimoniare con forza il suo amore per la vita, quella che lui ha vissuto dedicandola interamente a Dio e all’Africa, a fianco dei poveri, come ci ricorda padre Alex, il compagno della sua esperienza di Korogocho.All’inizio dell’esperienza africana di Gino c’è un documento importante che ha influenzato la sua scelta preferenziale per i poveri; è l’enciclica di Paolo VI, la Populorum Progressio, della quale vorrei riprendere alcuni spezzoni. Lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica. Per essere sviluppo autentico, dev’essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo. Com’è stato giustamente sottolineato da un eminente esperto: “Noi non accettiamo di separare l’economico dall’umano, lo sviluppo dalla civiltà dove si inserisce. Ciò che conta per noi è l’uomo, ogni uomo, ogni gruppo d’uomini, fino a comprendere l’umanità intera” [§ 14]. Se il perseguimento dello sviluppo richiede un numero sempre più grande di tecnici, esige ancor più uomini di pensiero capaci di riflessione profonda, votati alla ricerca d’un “umanesimo” nuovo, che permetta all’uomo moderno di ritrovare se stesso, assumendo i valori superiori di amore, di amicizia, di preghiera e di contemplazione. In tal modo potrà compiersi in pienezza il vero sviluppo, che è il passaggio, per ciascuno e per tutti, da condizioni meno umane a condizioni più umane [§ 20]. Quarant’anni di Africa e nemmeno una inaugurazione, nemmeno una scuola o un dispensario o un ospedale, non una casa dove mettere una targa con un nome e una data, ma molte, molte persone che hanno avuto la fortuna di incontrarlo e che conservano di Gino un ricordo, molte persone che da quell’incontro hanno trovato la spinta per un cambiamento di vita. Sono così nate svariate iniziative di sviluppo imperniate sull’autostima dei partecipanti, molte cooperative, perfino fra i poverissimi della discarica di Korogocho. E noi, molti di noi, abbiamo avuto la stessa fortuna, quella di averlo conosciuto e di averlo come amico ed esempio di abnegazione e di gioia di vivere. Perché è questo il bello: Gino è vissuto nella semplicità e nella povertà, e proprio per questo ha vissuto nella gioia, che sprigionava in ogni incontro, in ogni occasione. Avere di più, per i popoli come per le persone, non è dunque lo scopo ultimo. Ogni crescita è ambivalente. Necessaria onde permettere all’uomo di essere più uomo, essa lo rinserra come in una prigione, quando diventa il bene supremo che impedisce di guardare oltre. Allora i cuori s’induriscono e gli spiriti si chiudono, gli uomini non s’incontrano più per amicizia, ma spinti dall’interesse, il quale ha buon giuoco nel metterli gli uni contro gli altri e nel disunirli. La ricerca esclusiva dell’avere diventa così un ostacolo alla crescita dell’essere e si oppone alla sua vera grandezza: per le nazioni come per le persone, l’avarizia è la forma più evidente del sottosviluppo morale [§ 19]. Durante la veglia di preghiera tenutasi sabato 29 novembre, don Gabriele ha letto il brano del Vangelo di Matteo che, al cap. 25, dice: “Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti?” [Mt 25,38-40]. Ho sentito che era Gino a porre questa domanda al Signore, con il suo consueto atteggiamento a dire: “No, non io; altri sono quelli che hanno bisogno della tua comprensione e del premio; io non ho bisogno di nulla, io sto bene così; altri sono quelli bravi!!!”. Gino era così. Gino è così, sempre pronto a darsi per i fratelli. A nome di tutto lo SVI, dei tanti amici che conservano di lui il ricordo di un’esperienza di gioia... Grazie Gino, e arrivederci. Mario Rubagotti Gino Filippini durante il convegno sulla storia dello SVI tenutosi nell’agosto 2007. 3 NEWS VITA DELLO SVI 1. È mancato Gino Filippini... Come anticipato nell’editoriale, dobbiamo purtroppo comunicare la triste notizia della morte di Gino, avvenuta venerdì 28 novembre 2008, presso l’Ospice della Clinica Domus Salutis di Brescia. I funerali si sono tenuti domenica 30 novembre. Gino era rientrato dal Kenya da poco più di 2 mesi per accertamenti sanitari; ma ben presto si era evidenziata la presenza di un tumore ormai metastizzato. Da circa una decina di giorni era ricoverato alla Clinica Domus Salutis di Brescia, dove è spirato venerdì 28 novembre verso le ore 10.00. Nei prossimi numeri di Esserci riporteremo ampi contributi di e su Gino e sulla sua quarantennale esperienza di frontiera come volontario senza padrone e senza appartenenze in terra d’Africa. 2. Progetto “Eco-scuole” Questo il titolo del pezzo forte dell’attività del Gruppo Scuola SVI per l’anno scolastico 20082009. L’azione, ideata e realizzata in collaborazione con A2A grazie a finanziamenti di Fondazione A2A, Comune di Brescia e MOICA, ha lo scopo di sensibilizzare gli alunni coinvolti sui temi della sostenibilità e del risparmio energetico, sulle azioni volte alla riduzione degli sprechi e all’analisi dei benefici ambientali legati all’uso di fonti rinnovabili. Alle 20 classi coinvolte nel progetto sarà chiesto di misurare l’impatto ecologico della propria 4 scuola sul territorio e di pensare e realizzare un piano d’intervento per la riduzione dei consumi. L’azione si concluderà con un evento che vedrà la premiazione delle scuole coinvolte. La proposta è rivolta agli alunni del 2° ciclo delle scuole primarie di primo e secondo grado delle scuole pubbliche e paritarie della Circoscrizione Centro del Comune di Brescia. Info - Francesca Albasini Pereira, c/o SVI – tel 030 33 67 915 – e-mail: [email protected]. 3. Gadget SVI Tradizionale richiamo agli altrettanto tradizionali gadget natalizi SVI: i libri “Ricette semplici”, “Ricette di Brescia e dintorni” e “Ricette in casa”, la favola “Lorenzo e i fantasmi azzurri”, i biglietti natalizi, le magliette, il portfolio fotografico “di ACQUAdiTERRE”, i vini dell’Azienda Bonomi di Coccaglio (BS) saranno affiancati dalla novità letteraria 2008: “Quadri e ladri”, racconto di Aldo Ungari [maggiori info in quarta di copertina]. I materiali sono a disposizione di chiunque – singolo, associazione o ditta fosse interessato all’acquisto o alla diffusione dei prodotti per sostenere i progetti SVI. La segreteria SVI - tel 030 33 67 915 – email: [email protected] – è a disposizione per chiarimenti o per mettere a disposizione i gadget a quanti li desiderino. 4. Benvenuta Evaluna... Il Venezuela conferma la sua fama di... prolifica sede di progetto! Il 7 ottobre 2008 a Puerto Ordaz – Ciudad Guayana (Venezuela), alle ore 02.17, è nata Evaluna, la seconda figlia di Marina Moreni e Mario De Carolis, volontari SVI a Las Amazonas. Così ci scrive Mario: “Hola! Comunichiamo la grande felicità della nascita di Evaluna [...]. Un piccolo mostriciattolo di 3,190 kg, che già dimostra una incredibile capacità lirica! Marina già in forma, Giulio un po’ geloso...”. Tutto lo SVI accoglie con gioia Evaluna con un grande “In bocca al lupo” per la vita che le si apre davanti. 5. Tenda dei Popoli 2008 Anche quest’anno lo SVI sarà presente all’iniziativa che si terrà dal 6 al 14 dicembre 2008 in piazza San Faustino, a Brescia. Tema del 2008: “Abitiamo tutti lo stesso pianeta: 60 anni di carta dei diritti o diritti di carta?”. L’11 dicembre, alle ore 20.30 Romina Rinaldi, volontaria SVI di recente rientrata dal Senegal, presenterà la clip “Storie di sogni”, realizzata dal gruppo video del Centro Sociale “S. Marie Immaculee” di Parcelles Assainies, sede del progetto SVI. Il video è consultabile in anteprima a questo link http://www. svibrescia.it/svi/cms-stor y. htm?id=SENEGAL_STORIE_SOGNI del sito SVI. Maggiori e più precise info sul programma degli eventi previsti nel corso dell’iniziativa sul sito: www.tendadeipopoli.it. INTERVISTA MILLE FUTURI POSSIBILI Motivazioni, aspettative e impressioni di Lia Guerrini e Fabio Poli, in partenza per il Venezuela e per l’Uganda. Perché non operaio, insegnante, ferroviere, postino? Che cosa vi ha spintI a diventare proprio volontari SVI? Lia – In tutti questi anni ci sono stati incontri, persone, libri, parole che mi hanno portata a maturare la scelta di partire. Poi l’incontro con lo SVI e con un’idea di volontariato che mi è sembrata, più di tante altre, corretta, rispettosa e vicina al mio modo di pensare. Fabio – L’incontro con lo SVI è stato all’inizio casuale: cercavo un organismo che potesse darmi la possibilità di partire. Durante i due anni di corso ho potuto constatare come le mie motivazioni coincidessero con la filosofia dell’organismo. Oggi mi sento di dire che parto con lo SVI perché, nonostante alcune sue contraddizioni, ha saputo dare voce ai mie ideali, rendendomi parte attiva di una logica d’intervento che considero giusta e rispettosa nei confronti del Sud del mondo. priate alla comprensione e alla lettura di certi processi sociali. Queste tecniche possono essere applicate a svariate situazioni che ogni giorno accompagnano la nostra vita, in qualsiasi contesto sociale, come può essere la famiglia, il lavoro o un gruppo di amici. Considerato che lo SVI è organismo di cooperazione internazionale, ritengo opportuno un ulteriore approfondimento di queste tecniche a favore di coloro che sono intenzionati a partire, più mirato alle esigenze del progetto nel quale opererà l’aspirante volontario. Considerate l’esperienza che farete un punto di partenza per un futuro da professionisti nel mondo del volontariato internazionale? Oppure per il momento non vi fate domande sul vostro domani? Lia – Non mi voglio porre obiettivi. Non so che cosa succederà dopo questi tre anni; e poco m’importa. Per ora voglio solo godermi appieno questa espeQuali aspetti della cultura dell’Africa e dell’Ame- rienza; poi penserò a raccoglierne o meno i frutti. rica Latina vi attraggono, e quali pensate manchino alla cultura occidentale? Lia – Amo molto il modo di vivere le relazioni umane dell’America Latina, la voglia di stare insieme e insieme provare a fare qualcosa per migliorare la propria vita. Mi piace la tranquillità con la quale affrontano il quotidiano, senza correre e calpestarsi come succede da noi. Fabio – L’accoglienza. Dopo tre giorni in cui una persona è ospite in una famiglia africana, ha la possibilità di essere considerata un membro vero e proprio di quella famiglia e non solo un ospite. Dopo tre giorni in cui una persona è ospite in una famiglia occidentale... Beh, com’è quel detto in cui la si paragona al pesce? Dopo aver frequentato il corso di formazione SVI, avete consigli e/o critiche da fare? [Domanda cattiva!] Lia – Concluso il corso CUM mi sono resa conto che ci sono alcune tematiche che andrebbero approfondite anche al corso SVI, soprattutto nel secondo anno, come il discorso sull’educazione popolare (partendo, ad esempio, da Freire e la pedagogia dell’oppresso). Fabio – Ritengo il corso assolutamente valido nella preparazione alla quotidianità. Mi spiego: il corso è in grado di fornire tecniche relazionali umane appro- Lia. 5 INTERVISTA Fabio – Penso che nessuna ipotesi andrebbe mai scartata; ma in questo momento non mi pongo domande su quella che potrebbe essere una scelta di vita futura. Credo sia essenziale vivere giorno per giorno. E credo che anche ogni giorno vissuto possieda il proprio obiettivo da raggiungere. Fabio. Alla vigilia della partenza c’è qualcosa che vi preoccupa? Forse l’impatto con la comunità? La lontananza dalle persone care? La convivenza con i volontari? Lia – Le preoccupazioni sono mille e allo stesso tempo nessuna: cambiano ogni giorno: a momenti scompaiono, a momenti ritornano. Ovvio che mi mancheranno le persone care; ma, allo stesso tempo, so che saranno con me ogni giorno. So che ci saranno sfide da affrontare, ma so anche che sarà bello provare a superarle, anche con l’aiuto della comunità che mi ospiterà. Fabio – Correndo verso qualcosa di nuovo, che quindi, in quanto futuro, non può essere visto, sentito, toccato, ogni minimo dettaglio può divenire oggetto di preoccupazione; ma nel contempo diventa anche espressione di serenità, perché, in ogni caso, tutto quello che mi sta accadendo è accompagnato dall’estrema convinzione che sto percorrendo la strada che avevo sognato e che ho scelto. Federico Bonzi ANNO NUOVO, VITA NUOVA... ...MA TRADIZIONI DURATURE Sembra la ricetta per un perfetto programma politico, che raccolga consensi a destra e a sinistra. In realtà è solo lo spunto per il lancio della classica iniziativa primaverile L’ARTE SI FA PANE che si terrà presso la sede SVI in aprile. Anche quest’anno lo SVI chiede la collaborazione, il sostegno e la solidarietà di tutti per organizzare l’evento. Come? Donando un oggetto che magari giace dimenticato in qualche cassetto o soffitta. Queste le caratteristiche di quanto ricercato: deve avere almeno 50 anni, essere in buono stato ed essere vendibile. 6 Più in particolare sono graditi francobolli, medaglie, monete, banconote fuori corso, macchine fotografiche, grammofoni, radio, cineprese manuali, binocoli, ventagli, oggetti di rame, anelli, bicchieri, ricami, soprammobili, immaginette, avori, piccoli mobili, stampe, quadri, ceramiche, posate d’argento, tappeti, vecchi strumenti di lavoro, cornici, macchine da cucire a manovella, bastoni da passeggio dei nonni, miniature, scacchi e dame, vecchi giochi, vecchie bambole, carte geografiche, cartoline illustrate, ecc… L’oggetto troverà un appassionato amatore e riacquisterà nuova vita grazie alla generosità di chi lo avrà donato. Nella stessa sede della mostra mercato allestiremo anche il mercatino dei libri usati. NON sono commerciabili libri scolastici. Molto graditi i libri d’arte, quelli con illustrazioni e quelli antichi. La raccolta degli oggetti durerà fino a metà marzo. Info presso la Segreteria - tel 030 33 67 915 – e mail: [email protected]. DAI VOLONTARI CONTRADDIZIONI AFRICANE Romina Rinaldi, volontaria SVI in Senegal, racconta i suoi ultimi giorni nel progetto di Parcelles Assainies, chiuso nell’agosto 2008. Mercoledì, 09 luglio 2008 Domenica, 20 luglio 2008 Un problema quotidiano che si vive qui è la corrente elettrica: non si sa mai quando se ne andrà. E tutti si ingegnano a lavorare senza. Una volta un signore, ben vestito, mi disse: “Eh, sì, lavorare! E come si può, senza ventilatore? Fa troppo caldo!”... In questo periodo c’è anche mancanza di gas: code e code ai distributori; si rischia di aspettare per ore, per poi vedere il camion con le bombole di rifornimento che se ne va. E così molti usano il carbone: ma anche di questo ci sono scorte limitate. Altro problema: il riso. Tutti si lamentano che, oltre al gasolio, anche il riso sia aumentato. E ci si potrebbe domandare: quale nesso c’è tra l’aumento del riso e l’aumento del gasolio? Il riso che i senegalesi mangiano non è coltivato in Senegal, ma viene dalla Thailandia. In Senegal ci sono aree fertili, dove a volte il riso è coltivato; ma le strade rovinate impediscono che il riso senegalese arrivi a Dakar; e se anche vi giungesse, non verrebbe mangiato comunque, perché considerato diverso e meno buono. Quanti interessi dei potenti influenzano lo sviluppo del Paese! Ad esempio: perché il sole, potente qui in Africa, non è utilizzato per la produzione di energia elettrica? Forse perché non ci sono mezzi per poterlo sfruttare? Associazioni italiane e straniere per prime vogliono favorire lo sfruttamento di questa risorsa, ma non possono farlo perché a Dakar è stato messo un divieto al suo uso: la produzione di energia elettrica è in mano allo Stato, unico gestore legale. Altre risorse del Senegal sono sotto-utilizzate: dal riso, agli ortaggi, alle cipolle alla base della cucina locale, alla frutta importata dal Marocco e dalla Guinea, al pesce fresco esportato in Europa, mentre i senegalesi mangiano quello surgelato. Fa male vedere che i senegalesi subiscono, si accorgono che nel loro Paese potrebbero avere tutto il necessario, ma non si ribellano e si accontentano dei mille franchi concessi dai politici nel periodo delle elezioni, rinunciano ad agire nascondendosi dietro scuse o accampando problemi reali: “Non possiamo coltivare perché non ci sono strade buone, perché non ci sono i mezzi, perché non abbiamo i soldi...”. Et voilà. Bienvenus au Sénégal! È arrivato il momento: dopo tre anni di Africa si rientra! Quante emozioni, quanti ricordi, quanti volti e nuovi amici porto con me nel viaggio di ritorno! Scrivendo la relazione finale ho compiuto un salto nel tempo: quanti cambiamenti nella mia vita! Quanti viaggi e foto e condensati in 3 anni... I rapporti con le persone, così diversi da quelli che si respirano in Italia, tutti presi dalla fretta di fare… Spero di conservare la curiosità e la speranza, la calma e la voglia di conoscere. Viaggiare, vedere, scoprire quanto siamo diversi, quanto possiamo imparare, riscoprire la bellezza della propria terra, la nostra Italia, che spesso maltrattiamo. E ho scoperto quanto viaggiare, annusare l’aria al di fuori della tua campana di vetro ti faccia respirare e vivere appieno, ti faccia scoprire posti e volti nuovi e ti faccia amare ciò che hai. Questa eterna altalena, l’andare e il tornare, come onde trasportate dal destino degli incontri, questo andare e trasformarsi per poi tornare e riscoprirsi nuovi. Insomma, il mio non è per niente un addio al Senegal... Romina Rinaldi Al mercato. 7 BUR UNDI CHE COSA SUCCEDE IN BURUNDI? PROGETTI Un aggiornamento sull’andamento dei progetti SVI a Mivo e Gitega. Si procede su tutti i fronti, anche se con qualche difficoltà sul fronte delle dispute legali e della gestione autonoma delle attività agricole dai parte dei batwa... Settore educativo Gitega Dei 15 ragazzi che hanno frequentato l’anno scolastico 2007/2008, 13 proseguiranno nei loro studi, chi con buoni, chi con meno buoni risultati. Purtroppo, due ragazze non ritorneranno a Gitega a settembre. Stiamo aspettando i risultati del test d’ammissione di tre nostri alunni di Mivo. Come sempre i ragazzi hanno partecipato ai lavori di costruzione delle casette, prendendo parte al trasporto delle tegole per guadagnare qualche soldo. Da segnalare la scarsa partecipazione di alcuni ragazzi più grandi ai nostri corsi estivi. Mivo Nell’anno scolastico appena terminato si sono registrati circa 40 abbandoni; di conseguenza l’anno scolastico 2008/2009 vedrà la presenza di circa 80 nostri allievi. Anche quest’estate abbiamo mantenuto il doposcuola estivo, cui hanno partecipato circa 70 alunni, tra batwa ed altri. Costruzione nuove casette Stiamo proseguendo nella costruzione delle 15 casette nei villaggi di Gitwenzi e Kinyambo. A oggi sono stati eretti i muri e ultimato il tetto con la copertura in tegole. Mancano i lavori di intonacatura e di fissaggio delle porte e delle finestre. Terreno di Mirango Come già successo a Vigilia Bettinsoli, l’ex chef de zone di Mivo ha nuovamente rivendicato la proprietà di una parte del terreno situato sulla collina di Mirango, concesso dallo Stato per la costruzione delle scuole. In particolare egli rivendica la proprietà del terreno non edificato che attualmente corrisponde ai pezzi di terra dei nostri gruppi batwa. Il 27 agosto siamo convocati dal Tribunale di Ngozi per un’udienza relativa al fatto in questione. Conclusioni Grazie al nuovo rapporto di lavoro stabiliti con i quattro animatori si stanno ancor più mettendo in evidenza i gruppi che meglio hanno compreso l’importanza dell’agricoltura e che stanno pian piano raggiungendo una loro autonomia dagli animatori: infatti, anche quando non c’è il loro animatore, questi scendono nei campi per coltivare, seguendo un proprio programma. Invece altri sono ancora ben lontani da quest’ottica e scendono nei campi perché obbligati dall’animatore. Ci pare si stia lavorando nella giusta direzione, ma ci vorrà ancora tempo per raggiungere gli obiettivi prefissatici. Francesca Belotti e Damiano Rossi Marco Bazzoli Carta d’identità Abbiamo proseguito anche in questi mesi con la campagna delle carte d’identità, aggiungendone altre 150 alle precedenti 155. Terreno Kanyarwanda Kanyarwanda [uno dei capi villaggio batwa, NdR] sta ancora sfruttando un nostro lotto di terreno vendendolo più volte a privati. L’ultimo di questi, tal Bucumi, è stato da noi convocato per fargli presente che i lotti sono proprietà dello SVI e non di Kanyarwanda. Per risolvere il tutto, gli abbiamo proposto di acquistarlo in modo regolare da noi; ma Bucumi ha rifiutato. Rimane ancora irrisolta la questione che ormai prenderà vie legali. Mivo [Burundi]: “Anche quest’estate abbiamo mantenuto il doposcuola estivo...” 8 SVI ITALIA IL MIO SERVIZIO CIVILE Cronache di un anno particolare per Caterina Pedrana, in supporto alla segreteria SVI dall’ottobre 2007. Settembre 2008 Eccomi giunta alla data fatidica… Inizio a rendermene conto perché domenica volo a Roma per il corso di formazione finale; ma una parte di me pensa che la mia presenza qui continuerà anche in seguito. Sto terminando il mio servizio allo SVI. Mi piace l’idea di autosviluppo che l’organismo propone: dare importanza alle comunità locali e fornire loro competenze, in modo che raggiungano una piena autonomia nell’organizzazione e nella gestione delle varie attività avviate, in modo che continuino da sole una volta finita la collaborazione con lo SVI. Ma facciamo un passo indietro. Ottobre 2007 Ho iniziato con titubanza e paura, ma anche con curiosità e grinta. Mi sono buttata nell’esperienza a capofitto e al tempo stesso coi piedi di piombo. Sbagliando e correggendomi, ho cercato una mia strada verso una minima autonomia, un posto dove riuscire a collocarmi. Preziose sono state le indicazioni di Stefano, mio responsabile per il progetto di servizio civile, persona disponibile e paziente (col quale ho collaborato tutto l’anno per lo più nel lavoro di front office in segreteria), le mie colleghe Maria Teresa e Federica dell’amministrazione. Determinante l’aiuto di Sandro, coordinatore della redazione di Esserci; per la rivista dello SVI ho iniziato a scrivere qualche recensione e ad editare qualche pezzo; Sandro mi ha insegnato che cos’è un computer e come è impiegato nel lavoro editoriale per la rivista e per il sito. Ricordo infine Bruno, vicepresidente SVI, e il Gruppo Scuola: a tutti loro un grazie sincero. Durante il mio servizio ho collaborato all’organizzazione di due importanti eventi annuali di beneficenza che lo SVI realizza ogni anno: “L’Arte si fa pane”, mostra-mercato d’antiquariato e di quadri di generosi artisti bresciani, libri antichi e moderni, francobolli, stampe e molte altre curiosità; e “Abbiamo Riso per una cosa seria”; in questo caso mi sono occupata dei contatti coi vari gruppi che hanno distribuito il riso e nei giorni della campagna con alcuni amici ho tenuto uno dei banchetti SVI imbanditi di profumato riso equosolidale. Avrei voluto approfondire altri settori dell’affascinante mondo del volontariato e della cooperazione internazionale: la progettazione, che cosa significhi essere volontari SVI, il corso di formazione per aspiranti futuri volontari. Ma il tempo vola. Quel che è fatto è andato; però qualcosa resta sempre. Non sono ancora in grado di dire in che cosa esattamente mi sento cambiata e se lo sono effettivamente; ma c’è sempre tempo per decidere di “formarmi e plasmarmi” e, forse, un giorno partire per progetti lontani, pronta a nuove sfide e a nuove situazioni. Caterina Pedrana Il servizio civile: impegno solidale. 9 GLOBALIZZARE I DIRITTI UMANI... SVI ITALIA ...quasi un’impresa. Questo è il titolo dell’evento che SVI, SCAIP e MMI hanno promosso sabato 29 novembre 2008 presso l’Auditorium Capretti - Via Piamarta, 6 – Brescia. L’evento, un seminario che ha visto la partecipazione di Lydia Keklikian [consulente tematiche immigrazione], Fabian Schumacher [pediatra (Medicus Mundi Italia)], Lidia Zubani [Membro Commissione E.d.C. (Umanità Nuova)], moderati da Claudio Donneschi [già presidente SVI e direttore di Esserci] rientra nell’ambito dei progetti consortili FOCSIV “Target 2015. Dal microcredito al dialogo interreligioso: la promozione della donna al centro dello sviluppo” e “Target 2015: un serio impegno contro la mortalità infantile”. Scopo della giornata di studio è approfondire il ruolo della donna come agente di sviluppo nei vari ambiti della vita, dal microcredito al dialogo interreligioso, e comprendere cause e possibili soluzioni al drammatico problema della mortalità infantile a livello globale [si tratta del Terzo e del Quarto degli Obiettivi del Millennio previsti nell’ambito della Campagna “Target 2015”]. 10 no solo il 14% dei seggi parlamentari. Promuovere pari opportunità e maggiore influenza per le donne in tutti i diversi aspetti della vita è un Obiettivo fondamentale della Dichiarazione del Millennio. Favorire la loro istruzione è cruciale per le notevoli ricadute positive che ciò comporta in tutti i settori di vita di una comunità. Infatti: 1. donne più istruite e sane garantiscono una più alta produttività e aumentano il reddito familiare; 2. donne giovani con un buon grado di istruzione tendono ad avere un numero inferiore di figli; e questi crescono in migliori condizioni di salute; 3. le donne svolgono le funzioni fondamentali di assistenza nella maggior parte delle società; La loro educazione contribuisce alla salute e all’educazione delle prossime generazioni, più di quella degli uomini [Rapporto UNDP 2003]. In merito alla questione femminile, va ricordato che le donne hanno un’influenza enorme sul benessere delle famiglie e delle società. Tuttavia il loro potenziale non si realizza a pieno a causa di forme di discriminazione sociale, economica e giuridica. Accanto all’istruzione è necessario favorire l’occupazione femminile; in tal senso l’esperienza del microcredito ha dato risultati molto positivi. Altrettanto importante è incrementare il numero delle donne in grado di esercitare rappresentanza politica. Questa la situazione: nei Paesi in via di sviluppo tra le donne dai 15 ai 24 anni il tasso di alfabetizzazione è del 60%, del 80% tra gli uomini. In molti Paesi si pratica l’infanticidio selettivo: in Asia Meridionale le donne risultano essere 35-37 milioni in meno degli uomini, 38-40 in meno in Cina. Nel mondo, infine, le donne occupa- Il Quarto Obiettivo del Millennio [Ridurre la mortalità infantile] è connesso al precedente: la disuguaglianza di genere impedisce alle donne di aver accesso a cibo, risorse economiche, servizi sanitari ed è tra i presupposti dell’elevato grado di mortalità infantile tuttora riscontrabile al mondo: ogni giorno muoiono 30 mila bambini per malnutrizione e fame; mentre ogni anno oltre 11 milioni i bambini muoiono di malattie prevenibili con vaccini. Secondo il Rapporto UNDP 2005 si possono evitare 4,4 milioni di decessi infantili all’anno, ma, senza volontà politica e misure speciali, per cause dovute alle malattie e alla povertà le morti saranno dieci volte superiori. Non basta una crescita economica accelerata – continua il Rapporto per diminuire la mortalità infantile: i miglioramenti economici all’interno degli Stati non portano alcun beneficio alle componenti più vulnerabili della popolazione. Diventa quindi indispensabile intervenire con politiche volte all’eliminazione delle profonde differenze tra ricchi e poveri, tra uomini e donne, tra regioni più o meno prospere. Tra le politiche da favorire a opera degli Stati vi è il rafforzamento del sistema di assistenza sanitaria di base, con interventi nel settore della nutrizione, delle vaccinazioni e delle malattie infettive e parassitarie, puntando all’estensione dell’accesso all’assistenza sanitaria e preventiva e alla garanzia di un’alimentazione adeguata per madri e bambini. La redazione Donna zambiana durante un meeting nella zona di Solwezi. Semina presso la scuola ECRAMA. DOSSIER QUALE FUTURO PER L’AFRICA DEI GRANDI LAGHI? Hutu-Tutsi: due etnie davvero inconciliabili per natura o marionette post-coloniali? Un intervento di Cyprien Bakara sui recenti eventi nell’area. Fino a poco tempo fa, chi in Africa si batteva per la promozione e la tutela dei diritti fondamentali dell’Uomo veniva molto spesso deriso, quasi proposto per un soggiorno obbligato in qualche istituto di igiene mentale. Molti dirigenti africani consideravano la Dichiarazione Universale del 1948 un’imperdonabile ingenuità, un lusso che forse soltanto i Paesi ricchi potevano permettersi. Le giunte militari e i partiti unici facevano il bello e il cattivo tempo. Col pretesto di salvaguardare l’unità nazionale e l’integrità territoriale, un singolo individuo esercitava simultaneamente le funzioni di Capo dello Stato, Capo del Governo, Capo dell’Esercito, Capo del Partito Unico, Ministro della Difesa… Quindi si auto-proclamava Padre della Rivoluzione e della Nazione. Alcuni dirigenti occidentali a loro volta ritenevano l’Africa troppo “arretrata” o troppo “tribale” per poter recepire e interiorizzare i principi proclamati nella Dichiarazione Universale e nella Carta delle Nazioni Unite. “Se dovessimo trattare soltanto con gli africani rispettosi dei diritti umani”, dicevano i cosiddetti realisti, “non potremmo parlare con nessuno”. Perché, in fin dei conti, negare crediti ed armi a chi ne fa un uso esclusivamente domestico per sterminare il suo popolo? Poi è arrivato l’uragano proveniente dall’Europa dell’Est, il muro di Berlino è stato abbattuto, regimi politici ritenuti incrollabili si sono sbriciolati nel giro di poche settimane, molte dittature sono cadute, i partiti unici sono stati messi in discussione. Ora anche in Africa si sta svolgendo un timido tentativo di apertura verso l’esperienza della democrazia multipartitica. Certo, il concetto basilare della “dignità della persona umana” è tutt’altro che un dato acquisito; ma questo lento cammino dell’Africa verso la democrazia è una fase decisiva e importante di transizione dall’oligarchia a una equa ripartizione di diritti e doveri. Siamo tutti convinti che per i popoli dell’Africa non vi possano essere lo sviluppo e la democrazia senza il rigoroso rispetto dei dirit- Iriiri (Uganda) - Vivaio. “Poi è arrivato l’uragano proveniente dall’Europa dell’Est, il muro di Berlino è stato abbattuto...”. 11 DOSSIER ti fondamentali dell’Uomo. In altre parole, sviluppo, diritti dell’Uomo e democrazia sono strettamente interdipendenti. Dal 1990, i riflettori dei mass media si sono periodicamente focalizzati sull’Africa dei Grandi Laghi per svelarci la sconcertante realtà d’una società delirante, minata dall’intolleranza e dall’autodistruzione, impermeabile agli effetti benefici del “dopo muro”. Perché questa singolarità? In che cosa le ex-colonie belghe, Rwanda, Burundi e Congo Kinshasa si differenziano dal resto dell’Africa sub-sahariana? Conflitto hutu-tutsi: cause Dopo più di cento anni di discussioni accademiche piuttosto vivaci, gli esperti hanno raggiunto un accordo – speriamo duraturo – sul conflitto hutu-tutsi che costituisce il filo conduttore dei drammi ripetitivi dell’Africa interlagunare: 12 1. In Rwanda e in Burundi cause interne s’intrecciano continuamente con quelle esterne per trasformare la simbiosi tra hutu e tutsi in una miscela altamente esplosiva in cui basta una scintilla per provocare un incendio di proporzioni apocalittiche. 2. A questo dato fondamentale bisogna aggiungere la mutazione irreversibile avvenuta dopo l’indipendenza: dal 1972 in Burundi e dal 1990 in Rwanda, la polarizzazione etnica non è più la causa, ma la conseguenza della violenza politica. Poiché, a torto o a ragione, la minaccia viene percepita come etnica, la reazione non può essere che di tipo etnico. Si uccide per non essere uccisi, per proteggere i membri del proprio gruppo. Si è così instaurato un clima malsano e pericoloso di sospetto reciproco, un ciclo infernale di violenza o di rappresaglia preventiva in cui non sempre è facile distin- guere l’innocente dal colpevole. Come se tutto ciò non bastasse, le società binarie come quelle del Rwanda e Burundi, secondo il prestigioso Le Monde di Parigi, esportano facilmente i loro veleni all’estero, trasformano gli osservatori stranieri in pro hutu o pro tutsi irriducibili e così disorientano l’opinione pubblica anziché aiutarla a capire e magari influire sulle decisioni governative. Non solo: la leadership locale è disposta ad importare qualsiasi cosa dall’Occidente tranne la democrazia, perché ritenuta altamente lesiva del principio fondamentale della società, cioè la disuguaglianza tra i cittadini. 3. È chiaro infine che la colonizzazione europea non avrebbe potuto creare dal nulla le categorie hutu e tutsi se non avesse trovato un terreno ideale in cui coltivare il virus dell’intolleranza razziale: una società molto fragile perché troppo gerarchizzata, suddivisa in tre razze inconciliabili e in una Etnia, concetto abusato. DOSSIER Danze tradizionali tutsi. miriade di famiglie molto buone, buone o disprezzabili. Il professore olandese Trouwborst paragonava questa società alle caste dell’India. Viceversa il conflitto non avrebbe raggiunto la drammaticità odierna se la penetrazione europea non avesse sconvolto i meccanismi delicatissimi che assicuravano un certo grado di coesione ed equilibrio a questa società multietnica o multi-dimensionale. Più che altrove, in Africa l’appartenenza razziale ha cessato di essere un fatto puramente socio-culturale per diventare un parametro squisitamente politico. Peggio ancora: in un contesto piuttosto singolare di simbiosi etnica, la purezza della razza è stata elevata al rango di bene supremo per il quale tutto è giustificabile, perfino l’omicidio. Ognuno difende il suo “sangue” così come si di- fende il “pedigree” degli animali. È facile intuire che questa sopravvalutazione dell’etnia come strumento di potere sia all’origine dei drammi che dilaniano periodicamente i Grandi Laghi e abbia legittimato un’etica che al centro di tutti i valori pone la difesa dei propri privilegi ed interessi, affermati come diritti irrinunciabili. Quando un secolo fa l’Africa dei Grandi Laghi entrò per la prima volta in contatto diretto con la civiltà occidentale, il colonizzatore non ebbe neppure bisogno di sfoderare particolari astuzie per soggiogare il Burundi e il Rwanda: strinse un’alleanza di ferro con la nobiltà locale, sfruttò le asimmetrie preesistenti e poco a poco le rafforzò, limitandosi a dare un’impronta pseudoscientifica alla mitologia plurisecolare della disuguaglianza tra le razze. Dietro l’apparenza di una spiccata modernità, i popoli dell’Africa dei Grandi Laghi mantengono i criteri morali d’una società arcaica in cui il concetto di cittadinanza, della dignità della persona umana tende a diluirsi mentre la logica dell’appartenenza razziale tende a rafforzarsi. Una società in cui l’individuo con i suoi diritti e i suoi doveri cede il passo al clan, alla famiglia, al lignaggio, alla clientela… Ma la cosa più sconcertante è il fatto di constatare che, dopo un numero impressionante di morti – più di sette milioni dal 1990 ad oggi secondo le stime di SOS Rwanda-Burundi - nulla è cambiato: non c’è la minima traccia di “riconciliazione” o di “democrazia”, valori che l’Occidente aveva solennemente dichiarato di voler promuovere con l’istituzione del Tribunale di Arusha nel 1994. 13 DOSSIER Quali soluzioni per l’Africa dei Grandi Laghi? Quando due gruppi rivendicano lo stesso territorio come loro patria, sono ipotizzabili tre tipi di soluzione: 1. I due gruppi raggiungono un compromesso e cercano di convivere più o meno pacificamente sullo stesso territorio; soluzione ideale, di tipo condominiale, ma non sempre praticabile. 2. I due gruppi dividono il territorio in due Stati distinti: soluzione traumatica, ma moralmente accettabile. 3. Uno dei due gruppi annulla l’altro e lo obbliga a sottomettersi al suo nazionalismo trionfante: soluzione prediletta dai cosiddetti realisti, ma moralmente inaccettabile. Non ci sono altre soluzioni, anche se si possono ipotizzare vie intermedie tra la prima e la seconda, quali la federazione di tipo elvetico. Riconoscere l’esistenza di un problema e individuarne i termini esatti significa risolverlo a metà. 14 Sotto questo punto di vista si può cogliere come un fatto positivo anche se tardivo il “risveglio” dell’intelligenza burundese che per troppi anni si era unita al partito unico UPRONA per fare ciò che sta facendo il Fronte Patriottico Rwandese, cioè negare l’esistenza di un problema etnico o sminuirne l’importanza. Senza arrivare al punto di istituzionalizzare le etnie, bisognerebbe riconoscerle come una variabile non trascurabile della società civile e trarne le dovute conseguenze sul piano politico. D’altra parte, che cos’è la “Convention de Gouvernement”, il mostro incostituzionale oggi in vigore in Burundi, se non un implicito riconoscimento del tanto screditato sistema delle “quote etniche”: ripartizione del potere in base al peso numerico delle etnie? Un cristiano non dovrebbe mai optare per la terza soluzione, quella detta anche “radicale” o “chirurgica”, che prevede l’annientamento puro e semplice dell’avversario. Eppure questo è il tipo di soluzio- ne oggi prospettato dai cosiddetti realisti, i quali vedono sempre nei tutsi – molto funzionali al disegno neoliberista o coloniale – un “ottimo investimento”, una “gioiosa macchina da guerra”, uno strumento indispensabile per la trasformazione del Rwanda e del Burundi in ennesimi Stati degli Stati Uniti d’America, una base militare semisegreta, semiufficiale, capace di scatenare un effetto domino irrefrenabile e scardinare gli equilibri molto precari degli staterelli confinanti. I cristiani occidentali saranno capaci di unirsi ai loro fratelli africani per tentare di contrastare questo piano diabolico, portato avanti con spregiudicatezza, in nome di interessi strategici inconfessabili? Il futuro dell’Africa dei Grandi Laghi dipende largamente dalla risposta a questo interrogativo. Cyprien Bakara Una pace difficile per l’africa dei Grandi Laghi. Il mondo umano è ben più selvaggio del mondo naturale. DIRITTI UMANI SCHIAVITÙ Figlia degenere della globalizzazione? Farete difficoltà a trovare qualcuno disposto a dichiarare che la libertà non sia uno dei diritti fondamentali dell’uomo. Sebbene non sia facile darne una definizione, ognuno di noi le attribuisce una connotazione positiva, la percepisce come un valore irrinunciabile, e proprio per questo teme spesso che qualcuno voglia privarlo di essa. L’uso stesso del termine è indicativo: “libertà” è presente in discorsi filosofici, politici (liberalismo, il popolo della libertà?!), economici (libero scambio, liberismo), ecc.. Invece, quando parliamo di schiavitù, ci troviamo di fronte alla situazione capovolta; termine poco utilizzato, ma immagine nitida nell’immaginario collettivo: imbarcazioni di legno che lasciano l’Africa per il Nuovo Mondo. In realtà, se la schiavitù legale è terminata con l’abolizionismo del XIX secolo, quella illegale continua a mietere vittime. Definendo “schiavo” un individuo che viene costretto con la violenza a fini di sfruttamento economico, i 27 milioni di esseri umani ridotti in schiavitù [da debito o da contratto] (stima del 2000) hanno contro di loro la legge, per lo più a favore dei loro oppressori. E il dato di fatto per il quale gli schiavisti del XXI secolo non sono proprietari, bensì detentori di schiavi è da sottolineare, dato che si configura come l’elemento più indicativo dello stretto legame che la schiavitù odierna intrattiene con la globalizzazione. La schiavitù moderna, in realtà, è un prodotto della globalizzazione: in conformità all’economia globale, essa massimizza i profitti riducendo drasticamente i costi. La forma di schiavitù odierna ha infatti ovviato ai costi che lo schiavo implicava nella “vecchia” forma di schiavitù: il costo d’acquisto, la proprietà e il conseguente mantenimento a vita, la scarsità della risorsa umana. L’aumento esponenziale della popolazione dopo il secondo conflitto mondiale e l’evoluzione nelle comunicazioni hanno permesso al modello della globalizzazione di imporsi non solo nel mondo del Nord, ma anche in quello del Sud. I ruoli sono drammaticamente assegnati e rigidi: il Sud, sotto costrizione, produce a un costo irrisorio quello che il Nord consuma. Ma ciò non implica che la globaliz- zazione, intesa, più in generale, come modus vivendi del Pianeta Terra, stia producendo conseguenze negative solo nel Sud. Al Nord i contratti precari ormai caratterizzano il mondo del lavoro delle società industrializzate. Nel Sud, a un livello più drammatico – come mette in luce il famoso libro di K. Bales, I nuovi schiavi. La merce umana nell’economia globale, Milano, Feltrinelli, 2000 – , l’uomo è ridotto a mera merce di scambio, destinata al profitto e poi scartata perché non più utile a fini economici. Anche questo ci conferma che la schiavitù moderna non può essere contrastata se non annullando il divario tra Paesi ricchi e Paesi poveri: è l’estrema povertà a obbligare i poveri a diventare schiavi. Che cosa possiamo fare noi, cittadini del Nord? In primo luogo dobbiamo tenere presente che siamo consumatori, uno dei due soggetti del rapporto commerciale. Inoltre è molto importante parlare di questo dramma: solo l’opinione pubblica può indurre i “piani alti” del potere a colpire nei profitti, con sanzioni economiche, le compagnie commerciali che utilizzano schiavi. Infine non sarà inutile ricordare il ruolo fondamentale dell’educazione nel promuovere un mondo più fraterno. Federico Bonzi Il lavoro viene a essere sempre più una forma di schiavitù che un mezzo per ottenere dignità. 15 MICRO 2008 MICRO Richiamiamo in questa pagina le micro SVI 2008 per facilitarne la consultazione ai lettori, rinnovando loro l’invito a sostenerci BRASILE AREA progetto Santa Luzia Obiettivo Al termine dell’intervento sarà presente nella zona una rete di piccole aziende agrarie legate alla cooperativa COOMAR. AREA Micro Micro 1 Fotocopie per la scuola ECRAMA Acquisto fotocopiatrice € 1.850 Micro 2 Spazio per preparazione mangimi Acquisto attrezzature € 3.700 BURUNDI Micro 3 Attrezzi per la scuola Acquisto attrezzi e sementi € 1.910 Micro 4 Formazione operatori Borsa di studio per operatori della scuola ECRAMA € 1.770 Micro 5 Commercio equo Lancio attività rete “Economia solidária artes e sabores” € 750 Micro 6 Donne e bambini Contributo per il gruppo delle donne AMLOL Contributo per la Pastoral da Criança € 1.600 € 900 Micro 7 Pubblicità scuola ECRAMA Realizzazione programmi radio e opuscoli € 1.450 Realizzazione documentario e sito web € 800 Risultati: risaie in Zambia... 16 AREA progetto Gitega Obiettivo 4700 orfani potranno frequentare le scuole e 170 saranno inseriti in famiglie ospitanti. Esisterà un centro di accoglienza per bambini di strada. AREA micro Micro 1 Sostegno agli orfani Gli orfani potranno frequentare la scuola. 1 anno di scuola per 1 bambino orfano € 50 Micro 2 Terreni per i rifugiati Famiglie di rifugiati avranno un terreno per una casa di proprietà. Costo di 1 lotto € 900 Si punta a favorire il maggior numero di famiglie possibile. Micro 3 Centro per bambini di strada Esisterà un edificio per ospitare il servizio. Costo di 10 mattoni €8 Costo di una porta e 1 finestra € 50 VENEZUELA ZAMBIA AREA progetto Mivo Obiettivo 235 famiglie batwa saranno inserite nella locale comunità barundi. AREA progetto San Felix e Las Amazonas Obiettivo Al termine dell’azione esisteranno gruppi di salute, gruppi di microimpresa e gruppi di quartiere e una rete in grado di collegare i gruppi tra loro e con altre realtà istituzionali e informali. AREA progetto Mumena-Matebo e Meheba Obiettivo Al termine dell’intervento le condizioni di vita della popolazione miglioreranno grazie all’applicazione di tecnologie agro-pastorali appropriate e sostenibili. AREA Micro 1 Assistenza sanitaria Copertura delle spese mediche per i batwa seguiti dal progetto Costo complessivo € 4.000 UGANDA AREA progetto Iriiri e Namalu Obiettivo Al termine dell’intervento la zona sarà autosufficiente dal punto di vista alimentare grazie alla diffusione di tecniche agricole e agrozootecniche sostenibili. AREA micro Micro 1 Piantine di semenzaio Costo di 1 piantina € 0,15 Costo di 40.000 piantine € 6.000,00 Micro 2 Cassava Costo di 1 fascina di cassava € 3,00 Costo di 350 fascine € 1.050,00 AREA micro Micro 1 Casa comunitaria Acquisto di semplici arredi per ufficio e attrezzature per cucina € 2.000 Micro 2 Microimprese Totale corsi € 2.000 Micro 3 Salute sessuale e riproduttiva Totale corsi € 1.500 MICRO BURUNDI AREA micro - Meheba Micro 1 Biblioteca comunitaria La biblioteca della comunità avrà una più ampia dotazione di libri. Acquisto libri (2008) € 500 Micro 2 Necessità dei vulnerabili Alcuni poveri senza famiglia (disabili, anziani, orfani) avranno supporto in casi di emergenza. Fondo caritativo (2008) € 1.500 Micro 3 Borse di studio Alcuni giovani orfani saranno iscritti alle scuole medie inferiori. Borse di studio (2008) € 4.500 I progetti SVI in Perù e Senegal sono stati chiusi durante il 2008; al momento le commissioni Paese non hanno presentato richieste di finanziamento per l’accompagnamento a distanza delle attività delle azioni concluse. ... e formazione partecipativa in Brasile. 17 ANTROPOLOGIA I BASSARI Antichi cacciatori, vivono nell’estremo sud-est del Senegal, al confine con la Guinea, in un mondo in cui il tempo sembra essersi fermato. Per raggiungere i loro villaggi da Dakar sono necessari due giorni di viaggio. E questo non perché i km da percorrere siano molti (poco più di 700), ma perché le strade, battute incessantemente da camion sovraccarichi, hanno buche profonde come crateri; e spesso mezzi pubblici e auto private, impossibilitati a marciare sulla carreggiata, sono costretti ad abbandonarla e a procedere per piste parallele. Rufisque, Mbour, Fatick, Kaolack, Kounghuel, e via ancora verso Tambacounda. Durante la stagione secca (da novembre a maggio), il paesaggio è secco e desolato e il caldo soffocante. Superata Tambacounda, la terra comincia ad incresparsi. Appaiono le prime colline: stiamo entrando nella riserva naturale di Nokolo Koba, il più grande parco del Paese, rifugio di scimmie, ippopotami, facoceri, antilopi, cerbiatti, uccelli dai mille colori e, si dice, di un’ottantina di leoni. Un tempo i bassari abitavano qui, tra le palme di rônier e gli alberi del parco. Viaggiando nel deserto... 18 Visitando la riserva, si vedono ancora le radure dove sorgevano le capanne e gli alberi di mango sotto le cui fronde si riunivano giovani e anziani. I bassari, per sopravvivere in questo ambiente difficile e poco generoso, cacciavano animali selvatici armati di lance. Per preservare il delicato equilibrio della regione, l’area è stata trasformata in una riserva in cui è vietata la caccia e in cui gli insediamenti umani non sono autorizzati. Per questo i bassari sono stati costretti (a volte con la forza) a spostarsi. Si sono trasferiti oltre i confini del parco e hanno cominciato ad allevare animali (capre e polli) e a coltivare il miglio e il fogno, unici cereali in grado di crescere in questa zona. Soggetti a frequenti operazioni di repressione del bracconagio da parte delle forze dell’ordine alla ricerca di cacciatori di frodo, raramente riescono a trattare con il governo e a rivendicare il loro diritto ad essere aiutati. Sono un popolo solitario; abituati a vivere in spazi dilatati, ognuno con la propria famiglia, sono riservati e timorosi. Forse proprio per questo più di altre etnie sono riusciti a conservare le loro tradizioni. A cominciare dal modo di vestirsi (utilizzano soprattutto tessuti blu intenso provenienti dalla vicina Guinea e si adornano il capo con fili di perle colorate), fino ad arrivare alle danze (ritmate dal battere delle lance sul suolo) e all’architettura dei loro villaggi, fatti di semplici capanne, pulite, ordinate, in cui tutto ha un collocazione perfetta. In un villaggio bassari, dopo il tramonto del sole, regnano la pace e la calma. Nei centri più piccoli non c’è elettricità, non squillano i telefoni cellulari, non si sentono i motori delle automobili, ma solo il fruscio delle ruote delle biciclette. I bassari sono grandi lavoratori. Del resto, la vita in questi villaggi è dura. Alcuni giovani vanno in città, a Tambacounda o a Dakar, alla ricerca di un lavoro più redditizio. Altri, invece, rimangono nella loro terra e diventano guide turistiche nel parco oppure predispongono un campement (un centro per turisti in capanne tradizionali nel quale lavo- Padre Jean Paul, parroco bassari di Salémata, ci spiega che non ci sono associazioni o ONG che lavorano in questa zona: siamo troppo distanti dal resto del mondo. La chiesa cattolica è l’unica realtà organizzata esterna al mondo bassari presente nell’area: compiti di padre Jean Paul sono celebrare la messa nei villaggi, una volta al mese e comunicare con la gente, soprattutto con i catechisti. La missione cattolica e le suore ospitano anche i bambini che frequentano la scuola dell’obbligo e che vengono da villaggi lontani. Forse perché sono così distanti da tutto e da tutti, forse perché vivono seguendo il ritmo della natura, forse perché sanno che per arrivare nei loro villaggi si affronta un viaggio lungo e faticoso, i bassari sono sinceri e accoglienti. Offrono ai visitatori quel poco che hanno [fogno, miele, vino di palma] e sciolgono la loro espressione severa e fiera in un sorriso. Se non fosse per le maglie delle squadre di calcio che tutti, adulti e bambini, portano, sembrerebbe di essere tornati nel passato, o, forse, di essere in un luogo in cui il tempo si è fermato. Cinzia Tarletti I BASSARI ANTROPOLOGIA rano bassari e i cui profitti vanno alla comunità). Notevole lo sviluppo dell’ecoturismo in questi anni, anche se questa forma di turismo rispettosa della natura e degli equilibri della zona garantisce benefici ancora ridotti per i villaggi. Alcuni dati Popolazione 17.000 persone Area di distribuzione Senegal, Guinea, Guinea Bissau Lingua Bassari Religione Animismo, cristianesimo, islam Organizzazione sociale La comunità bassari è divisa in classi di età; i passaggi da una classe all’altra sono celebrati con danze Nomi comuni I figli acquisiscono un nome a seconda dell’ordine di nascita; il primo figlio maschio si chiama Thiara, il secondo Taana, il terzo Kaali; la prima figlia femmina si chiama Ethira, la seconda Ingana, la terza Pena, e così via. Oggi nomi di origine francese hanno sostituito o affiancato i nomi tradizionali Origini Varie le teorie in proposito; secondo alcuni studiosi, i bassari sarebbero un’etnia legata ai bantu, popolo dell’Africa centrale e australe (come i bantu hanno un’altezza media, tratti del viso marcati, colore della pelle rossastro). Secondo altri, sarebbero tra gli ultimi discendenti dei fondatori dell’antico impero del Mali Attività economiche Caccia, agricoltura, allevamento “... [I] bassari sono sinceri e accoglienti. Offrono ai visitatori quel poco che hanno [...] e sciolgono la loro espressione severa e fiera in un sorriso”. Centri principali Salémata, Ethiolo, Enyassara, Chouti, Egathie, Edine, Ebarak, Nangare, Chamou, Guemon, Epengué, Mbong, Edane, Sibikiling, Oubadji 19 GLOBALIZZAZIONE PRIGIONIERI DEL SOGNO LIBICO Non esiste paese in cui l’immigrato non conosca difficoltà, sacrifici, discriminazione, dolore. Poche settimane fa, in un solo weekend, 311 immigrati clandestini, originari per lo più dei paesi sub sahariani, sono stati ripescati al largo delle isole Canarie mentre stavano cercando di raggiungere l’Europa. Hanno avuto fortuna: molti altri uomini, donne e bambini hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere le coste spagnole, italiane o maltesi. Alcuni uomini politici vorrebbero far credere che sia possibile controllare l’immigrazione clandestina, rafforzando la sicurezza attorno alla “fortezza Europa”. È solo un tentativo di evitare alla popolazione le immagini di centinaia di africani sfiniti, talvolta agonizzanti, che si arenano sulle nostre spiagge. Ogni cittadino europeo dovrebbe chiedersi, invece, in che cosa queste donne e questi uomini sono diversi dai nostri avi che hanno lasciato quanto avevano di caro per lanciarsi nell’avventura di una vita migliore, in un altro paese, in un altro continente. La sola reazione intelligente e onesta a questa immigrazione massiccia sarebbe il dialogo con i Paesi di origine o di transito, per una cooperazione giudiziaria rafforzata e per fornire un aiuto concreto allo sviluppo. L’apertura in Mali di un centro pilota d’informazione e di gestione delle migrazioni è uno sforzo dell’Europa e dell’Africa per tentare, in partnership, di aiutare gli immigrati in modo legale, equo e degno, vantaggioso per tutte le parti interessate. Nel panorama del fenomeno migratorio, particolare attenzione merita quanto sta accadendo in particolare in Libia. Ricca di petrolio, è considerata un eldorado. Negli anni ‘90 il colonnello Gheddafi, messo al bando dagli occidentali e isolato nel mondo arabo, si è posto come leader del panafricanesimo. Il boom economico che il Paese ha vissuto dopo la riabilitazione del regime e l’apertura agli investimenti stranieri ha accresciuto i bisogni, anche quello della mano20 dopera. Oltre tutto, le coste libiche diventano l’approdo di molti sub sahariani che, dopo settimane di viaggi allucinanti, non sono disposti a rischiare oltre la propria vita per raggiungere l’Italia e si fermano. “In Niger non avevo mai ottenuto alcun lavoro. Qui, dopo il mio arrivo, sono stato assunto per raccogliere le immondizie”, dichiara un robusto giovanotto che ha speso tutti i suoi soldi per attraversare il deserto, è stato derubato due volte dai banditi ed ha perso per strada il suo migliore amico. Soddisfatto del suo modesto salario (390 dinari, pari a 234 euro), spera di riuscire a comprare un veicolo, fare il taxista e crearsi una famiglia: “Perché, se non hai una donna, ti perdi in stupidaggini”. Ma le luci di Tripoli nascondono una triste realtà: disprezzo quotidiano, violenza, lavoro sottopagato o non pagato, arresti arbitrari. “Talvolta qui rimpiangi di essere nero. Ci accettano in quanto facciamo il loro lavoro; ma non saremo mai nel loro cuore”. Un giovane ghanese racconta che il datore di lavoro, pur facendolo lavorare nei quartieri ricchi di Tripoli, gli deve cinque mesi di salario e ha trattenuto il suo passaporto. Lui dorme nel magazzino: e il vitto che riceve è scarso. “Non ho scelto di essere nero e non accetterò mai di essere schiavo… La gente di qui fatica ancora più degli europei a trattarci come fratelli...” La presenza in Libia di molti immigrati è arma politica e diplomatica di notevole importanza, ma anche fonte di gravi tensioni. Nel 2000 rivolte xenofobe hanno causato la morte di un centinaio di stranieri. Sono seguite espulsioni massicce con il conseguente afflusso verso i Paesi africani “amici”, che da allora non hanno sostenuto più il progetto di Gheddafi di creare e dirigere gli “Stati Uniti d’Africa”. Oggi, in un periodo di disoccupazione, gli stranieri sono più che mai capri espiatori. Gli africani neri, pur essendo meno numerosi di egiziani e maghrebini, sono i più visibili e pertanto più presi di mira. Non c’è taxista che non racconti di un’aggressione subita da un “nero”. La loro figura evoca quasi sistematicamente delinquenza, droga e soprattutto lo spettro dell’AIDS. Una cosa è certa: in un Paese nel quale l’informazione è monopolizzata e dove il giornalismo è una pratica sorvegliata, l’analisi oggettiva dell’immigrazione è impossibile. Chi tenta di entrare in Europa come clandestino spesso usa mezzi del tutto inadeguati per varcare il mare. Gabriele Smussi ECOLOGIA UNA NUOVA SOBRIETÀ PER ABITARE LA TERRA Settembre è ormai lontano; ma forse non tutti sanno che è stato dichiarato dai Vescovi italiani il mese del creato. Ne avrebbero dovuto parlare i preti nelle parrocchie. Questo è il terzo anno di celebrazione; il tema per il 2008 è Una nuova sobrietà per abitare la terra. Siamo spendaccioni, noi al Nord del mondo. Consumiamo troppo, ben oltre le nostre possibilità. I nodi stanno venendo al pettine. Anzitutto molti acquistano a rate, accumulando debiti che poi non riescono più a pagare. In secondo luogo aumenta il saccheggio e l’impoverimento delle risorse della Terra (petrolio, acqua, specie viventi), soprattutto nei Paesi del Sud del mondo, generando enormi flussi migratori e mettendo fortemente a rischio la possibilità di benessere per le generazioni future. Infine il consumismo produce grandi quantità di rifiuti che inquinano l’ambiente, producono cambiamenti nel clima, compromettono la salute delle persone. Di tutto questo parlano i Vescovi nel loro messaggio per il mese del creato 2008. Ma, insieme alla denuncia, propongono anche una soluzione: la sobrietà. Che cosa significa? Sostanzialmente due cose. Ci occorre una nuova cultura che consideri la giustizia internazionale e l’ambiente non come variabili dipendenti dalla necessità di mantenere a tutti i costi il nostro livello di consumi, ma valori primari della società. Si tratta di progettare una nuova convivenza non fondata sull’aumento illusorio delle merci (macchine più grosse, telefonini più sofisticati, vestiti e scarpe secondo la moda del momento), ma sui servizi sociali, sul rispetto per le persone, sulla cura per l’ambiente e la sua integrità. È un programma d’azione globale, ma anche particolare. Dobbiamo iniziare da noi e dalle nostre famiglie a consumare di meno, ad acquistare ciò che veramente ci occorre, a non sprecare, a difenderci dalle lusinghe dei supermercati e delle pubblicità, a ricercare l’autentico benessere non nelle cose, ma nelle relazioni amorevoli con gli altri. Una felice conseguenza di questi atteggiamenti sarà la diminuzione dei rifiuti. Non è mai facile smaltire i rifiuti una volta prodotti. Qualunque forma di eliminazione è sempre problematica: gli inceneritori e le discariche inquinano e, in definitiva, non distruggono, ma spostano i rifiuti o nel suolo o nell’aria (fumi); il riciclaggio è meglio dello smaltimento, ma comunque richiede energia e non è mai al cento per cento. La vera soluzione è non produrre rifiuti. Ciò si realizza, a livello industriale, diminuendo drasticamente gli imballaggi e studiando merci a durevolezza maggiore oltre che riparabili e riutilizzabili. A livello personale e famigliare occorre riabituarci ad usare la borsa della spesa in cotone o in iuta, senza chiedere ogni volta borsine di plastica nuove, a servirci degli alimenti sfusi invece che di quelli confezionati, a passarci gli indumenti, ad esempio tra fratelli, gli uni gli altri. Non è spilorceria, ma rispetto della terra, casa comune, così che possa essere felicemente abitata da noi e da coloro che verranno in futuro. Gabriele Scalmana Essenzialità. 21 VOCI D’ORIENTE POVERTÀ E RICCHEZZA Da “Fiori di Ciliegio. Valori tradizionali dell’Oriente per occidentali del nostro tempo”, l’ultima fatica letteraria di Rosario Manisera, un racconto su ciò che davvero conta. Più volte, nella storia passata del Giappone, si sono avute terribili carestie; e non sempre la popolazione ha avuto cibo in abbondanza. Proprio durante uno di questi periodi di ristrettezze, sotto il ponte di Shijōkawara, avevano preso alloggio alcuni mendicanti che di frequente chiacchieravano insieme. Una mattina, più animatamente del solito, essi si trovarono a commentare l’avversa situazione economica. “Da qualche tempo, il prezzo del riso e dell’olio s’è alzato terribilmente. Sembra che gli abitanti della città si trovino proprio a mal partito!”. “Anch’io ho sentito che sono davvero messi male. C’è veramente da commiserarli”. “A confronto, noi invece non acquistiamo riso e non compriamo olio o cose del genere”. “È proprio come tu dici. Proprio così. Noi abitiamo sotto un ponte e ce la caviamo senza dover pagare il fitto di casa a nessuno. Che vita spensierata e senza alcuna preoccupazione! Siamo decisamente fortunati!”. A questo punto, uno di quei barboni si portò una mano alla bocca e, abbassando il tono di voce, si rivolse agli amici con un certo atteggiamento di complicità: “Sss, non parlate ad alta voce! Se sopra il ponte ci fosse qualcuno ad ascoltare quel che diciamo, forse vorrebbe poi unirsi a noi!”. Essere poveri, essere mendicanti: tutto questo fa provare vergogna. È fonte di umiliazioni. Vuol dire essere vittime delle malattie, dell’abbandono e della fame. Compagni costanti del povero sono emarginazione e mancanza del necessario. Il povero è escluso dalla società, è dimenticato e non interessa a nessuno. Dalla povertà è facile scivolare nella miseria. Non si hanno, allora, neanche i beni primari essenziali per l’esistenza. Sorgono grettezza e meschinità, fonti sicure d’infelicità. Essere ricchi vuol dire avere ciò che si vuole. Le ricchezze moltiplicano gli amici e offrono la possibilità di fare il bene. Ci sono disgrazie improvvise o comunque imprevisti? Non è un problema affrontarli. E poi i desideri che si possono soddisfare sono moltissimi. Insomma la ricchezza evoca sempre abbondanza, agiatezza, pienezza di vita. In altri termini, i ricchi hanno il paradiso a portata di mano. Certo chi è ricco non è di per sé disonesto. Può essere solo più facilmente preda di un cieco egoismo, 22 perché il denaro riesce a corrompere l’animo. Il ricco non può mai dormire tranquillo, perché ha sempre paura di perdere quel che possiede. Non può mai essere certo se gli amici sono suoi o della ricchezza che ha. Il più delle volte il desiderio di accumulare ricchezza procura dipendenza e infelicità. Il povero non ha paura di perdere quel che non ha. Ci sono ricchezze che il ricco ignora e che lui sa apprezzare: il sole, l’aria, la cultura e le conoscenze. Le fluttuazioni del mercato azionario non lo tormentano. La serenità e la consapevolezza che non è quanto si ha a fare la felicità delle persone costruiscono una ricchezza invidiata dal ricco. Quel che nessuno riesce a negare è che nella povertà può esservi ricchezza e nella ricchezza molta povertà. Rosario Manisera La copertina di Fiori di Ciliegio. SUGGESTIONI Accordo mu. RECENSIONI ASCOLTARE ZBIGNEW PREISNER La doppia vita di Veronica Virgin France, 1998 LEGGERE ROSARIO MANISERA Fiori di ciliegio e virtù Roccafranca (BS) Massetti Rodella ed. 2008 VEDERE JASON REITMAN Thank You for Smoking Stati Uniti 2005 92’ NAVIGARE www.commercioetico.it Avevo 11 anni quando vidi l’omonimo film e sentii questa musica per la prima volta; mi innamorai di entrambi all’istante. Per tutti questi anni la voce di Veronica, la protagonista, non mi ha mai abbandonata. Tra tutte le musiche di questo film, composte magistralmente da Preisner, quella che più mi ha rubato l’anima è “Van Den Budenmayer Concerto en mi mineur, version 1802”. Veronica canta da solista al suo primo concerto a teatro. La sua voce, che ruba acuti quasi miracolosi, è potente e sembra nascere da grotte profonde e impenetrabili; il tono drammatico rivela - come Cassandra strappandosi i capelli percepiva la fine di Ilion - la fine inattesa di questa povera fanciulla dal cuore debole. Il testo, interpretato divinamente dalla cantante polacca Elszbieta Towarnicka, è l’inizio del II canto del Paradiso di Dante. C’è molta altra musica da ascoltare; ma questo e pochi altri consentono di varcare le soglie del Paradiso e di raggiungere l’Eden. Durante gli ultimi 2000 anni il popolo giapponese ha saputo sviluppare una cultura originale a cui molti nel mondo guardano con interesse e curiosità. Nel lungo cammino della sua storia, anche nei periodi in cui ha cercato l’isolamento, il Paese del Sol Levante non ha potuto fare a meno dell’apporto degli altri Paesi vicini dell’Asia orientale e in particolare della Cina. Solamente mediante la fecondazione culturale, avvenuta attraverso i molteplici scambi con gli altri popoli, la civiltà giapponese è riuscita a crescere e a fiorire. Le pagine di “Fiori di ciliegio e virtù”, leggere e concise, intendono offrire al lettore l’opportunità di riflettere sui valori tradizionali che hanno ispirato per secoli e ancora orientano la condotta dei giapponesi e, in parte, degli altri popoli dell’Estremo Oriente. I racconti riportati nel volume, tramandati dalla tradizione popolare e buddista, sono generalmente preceduti da un proverbio giapponese e seguiti da una riflessione che cerca attualizzare, in un clima di scambio e dialogo, i valori orientali per persone che affondano le loro radici nella tradizione europea [dalla quarta di copertina]. Se credete che “... il bello delle discussioni è che quando sei bravo a discutere non hai mai torto...” e che per pagare il mutuo bisogna essere disposti a tutto, fino ad abituarsi al disprezzo e all’odio degli altri, allora potete essere anche voi “Nick Naylor”. Accattivante e carismatico, il protagonista di Thank You for Smoking è un bel quarantenne che si guadagna da vivere “... rappresentando un’organizzazione che uccide 1.200 esseri umani al giorno...”. Portavoce di un’importante multinazionale del tabacco, Nick viene “... pagato per parlare, confondere le idee e filtrare la verità”. Assieme a Polly, che difende le aziende produttrici di alcolici e Bobby, che lavora per una società per la promozione delle armi da fuoco, forma la squadra MDM - mercanti di morte - come loro stessi amano definirsi. Film politicamente scorretto, sospeso tra il cinismo e la provocazione, coinvolge e disarma. Da vedere. “Voti ogni volta che fai la spesa, voti ogni volta che schiacci il telecomando, ogni volta che vai in banca, sono voti che dai al sistema” [ Alex Zanotelli]. Partendo da questa affermazione del noto padre comboniano, i soci del progetto MerciDolci hanno aperto questo sito per aprire la mente di chi vuole mettersi in gioco a pieno, essere una voce fuori dal coro e dare spazio all’informazione senza censure, e che ama essere informata a 360 gradi. Molte sono le proposte del sito, dall’acquisto solidale al risparmio energetico, a più generali approfondimenti culturali, tutte intese come momenti di crescita intellettuale, ma anche e soprattutto umana, personale e collettiva. MerciDolci si occupa anche di impresa etica con l’obiettivo di strutturare una rete cooperativa virtuosa, sostenendo progetti sociali avviati da organizzazioni nonprofit impegnate nei settori della solidarietà sociale, del commercio equo e solidale (CES), e della tutela ambientale e promuovendo nuovi modelli distributivi, al fine di riunire soggetti diversi in un unico contesto; una sorta di “centro commerciale etico”, in grado di dare risposte, sia commerciali che in termini di servizi, alle nuove esigenze dei consumatori responsabili. Caterina Pedrana Rosario Manisera Claudia Pisano Nicoletta Quartini Rubrica curata in collaborazione con: CSAM (Centro Saveriano di Animazione Missionaria) - Via Piamarta, 9 - 25121 Brescia - www.saveriani.bs.it QUADRI E LADRI Aldo UNGARI Piccola storia semiseria con miserie. Giallognolo raccontato dall’autore a sé medesimo per prender sonno, Rudiano (BS), GAM ed., 2008, pp. 110, € 9,00. Il libro strenn a dello SVI per le festivit à natalizie in arrivo. etesa r p a r lt ’a z n e s nto” Un “divertime di far sorridere. che quella ente SVI] id s e r p i, t t o g a [Mario Rub Un libro piacevole e coinvolgente . [Claudio Donneschi, direttore di Esserci] Il beneficio economico delle vendite del libro andrà al progetto “Piove sull’asciutto”, per lo SVI quest’anno dedicato alla realizzazione di pozzi d’acqua potabile con sistemi di pompaggio alimentati a energia solare in Karamoja, Uganda. “Quadri e ladri” è reperibile nelle migliori librerie di Brescia e provincia al prezzo di € 9,00. Può essere richiesto anche allo SVI per telefono (030 3367915) o per fax (030 3361763) e spedito in contrassegno a un costo di € 10,00. Si chiudono vecchi tempi nuovi si aprono [Vyger] Un sereno Natale e un Buon 2009 a tutti i lettori e le lettrici di Esserci!