2° Festival dell’Anima
Cinema Cristallo, Via Goito, 6 / 11 Maggio 2013
I MISTERI DI UN’ANIMA
Regia: GEORG WILHELM PABST, MARK SORKIN, Anno 1926, Titolo originale: GEHEIMNISSE
EINER SEELE, Durata 60’, Origine GERMANIA, Sceneggiatura: HANS NEUMANN, COLIN ROSS,
Consulenza scientifica: HANS SACHS E KARL ABRAHAM; Attori e personaggi: WERNER KRAUSS
(PROFESSOR MATHIAS), PAWEL PAWLOW (LO PSICANALISTA), JACK TEVOR (IL CUGINO),
RUTH WEYHER (LA MOGLIE); Fotografia: ROBERT LACH, KURT OERTEL, GUIDO SEEBER,
Produzione UFA/HANS NEUMANN-FILM.
Note: La prima sceneggiatura fu richiesta direttamente a Sigmund Freud, che rifiutò la
collaborazione.
Prima proiezione: Berlino, Gloria Palast, Marzo 1926.
Un chimico viennese, il professor Mathias, in seguito al ritorno dall’Asia di un cugino, che gli ha
regalato un’antica spada giapponese, sviluppa un complesso
intreccio di ossessioni e pulsioni aggressive. Preda di incubi
notturni spaventosi e affascinato dagli utensili da taglio, entra in
crisi depressiva e nutre sentimenti di gelosia furiosa per la moglie
nei confronti del cugino. Quasi sopraffatto da impulsi omicidi, si
rivolge ad uno psicoanalista che infine lo aiuta a individuare la
causa delle sue ossessioni e a liberarsene.
Primo film «psicanalitico», al cui progetto hanno attivamente
collaborato (come consulenti alla sceneggiatura, in particolare)
due illustri discepoli di Freud, Sachs e Abraham, in palese
contrasto con il maestro.
Il film fu presentato al pubblico, in occasione della première, con
il supporto di un opuscolo esplicativo curato dallo stesso Hans
Sachs (Psychoanalyse, Rätsel des Umbewussten, Berlin,
Lichtbild-Bühne, 1926).
Patrick Lacoste (L’étrange cas du professeur Mathias.
Psychanalyse à l’écran, Paris, Gallimard, 1990) suggerisce la possibilità che la trama del film sia
ispirata, con le opportune modifiche, al celebre caso freudiano dell’Uomo dei Topi.
Il film si prefigge lo scopo di rappresentare, con le modalità specifiche della tecnica e del
linguaggio cinematografici, il mondo interiore e l’inconscio del protagonista della vicenda,
adottando delle metafore visive dello psichico. Geniali appaiono soprattutto le sequenze oniriche,
nonché la loro ripresa, linguisticamente trasformata, nel corso del dialogo analitico (cfr. Cesare
Secchi, «Metafore della soggettività tra cinema e psicoanalisi», Cineforum, gennaio-febbraio 1994,
n. 331, pp. 58-64).
A proposito della questione della «rappresentabilità delle astrazioni psicoanalitiche» vi fu un
carteggio tra Karl Abraham e Freud, di cui hanno scritto Francesco Salina (a cura di), Immagine e
fantasma. La psicoanalisi nel cinema di Weimar, Roma, Kappa, 1979, e Liborio Termine, «Il
carteggio Freud/Abraham a proposito del film di Pabst», Cinema nuovo, febbraio 1980, pp. 18-22.
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FREUD, PASSIONI SEGRETE
Regia: JOHN HUSTON, Anno 1962, Titolo originale FREUD: THE SECRET PASSION, Durata 120’,
Origine USA, Soggetto CHARLES KAUFMAN, Sceneggiatura JOHN
HUSTON, CHARLES
KAUFMAN, WOLFGANG REINHARDT (da una sceneggiatura originale di JEAN-PAUL SARTRE);
Attori e personaggi: MONTGOMERY CLIFT (SIGMUND FREUD), ROSALIE CRUTCHLEY (SIG.RA
FREUD), JOSEPH FURST (JACOB KOERTNER), SUSAN KOHNER (MARTHA FREUD), LARRY
PARKS (DR. JOSEPH BREUER), SUSANNA YORK (CECILY KOERTNER), Fotografia DOUGLAS
SLOCOMBE.
La prima sceneggiatura del film fu elaborata dal filosofo francese Jean-Paul Sartre, che Huston
aveva conosciuto a Parigi. Sartre preparò un copione voluminoso e complesso di circa 1.100
pagine, per realizzare il quale ci sarebbe voluto un film di otto ore. La sceneggiatura finale di
Huston, Kaufman e Reinhardt conserva alcune delle migliori idee di Sartre, tra cui l’espediente
drammatico di condensare le figure di pazienti diversi in un personaggio solo, quello di Cecily
Koertner, in cui si riflette prevalentemente la celebre vicenda di
Anna O.
L’edizione originale del film curata da Huston durava 165’
minuti e, secondo lo stesso regista, «era un’avvincente detectivestory che seguiva ogni fase del processo attraverso il quale
Freud trovò la sua strada con logica spietata verso la sua teoria
della mente umana» (intervista concessa a John Russell Taylor,
The Times, 17 agosto 1969).
«Il film condensa gli avvenimenti di un quinquennio importante
(1885-1890) nella vita di Sigmund Freud: sono gli anni
dell’autoanalisi, quelli in cui, superata la fase dell’analisi in
stato d’ipnosi, lo scienziato comincia il pericoloso viaggio a
ritroso nella memoria verso l’infanzia, scopre il meccanismo
della rimozione dei ricordi, lo sorprende in se stesso, formula la
teoria del complesso di Edipo e sprofonda in un lago di angoscia
primordiale ... Il nucleo drammatico del film è formato da una
duplice indagine: quello nei ricordi d’infanzia di una ragazza,
Cecilia, nella quale l’isteria induce annebbiamenti della vista e
paralisi delle gambe; e quella nei ricordi d’infanzia dello stesso ricercatore. Il risultato è la
scoperta che, fin dall’infanzia, l’istinto sessuale è basilare nella personalità dell’uomo (...)»
(Morando Morandini, Huston, Firenze, La Nuova Italia, «Il Castoro Cinema», febbraio 1980).
Unico film dedicato al fondatore della psicoanalisi, l’opera di Huston riveste un notevole interesse
anche artistico: il regista vi prosegue «le sue ricerche plastiche e cromatiche (…), alternando il
romantico naturalismo fotografico del ‘presente’ con le tonalità nebbiose e sfumate nelle sequenze
della memoria (notevole quella dell’ospedale-casa di tolleranza di Napoli, rievocata da Cecilia) e la
puntasecca, in bilico tra l’acquaforte e il grezzo chiaroscuro dei vecchi film muti in pellicola
ortocromatica, nelle sequenze oniriche» (M. Morandini, cit.)
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HITCHCOCK
Un film di Sacha Gervasi. Con Anthony Hopkins, Helen Mirren, Scarlett Johansson, James D’Arcy,
Jessica Biel. durata 98’ - USA 2013. - 20th Century Fox.
“La nascita di un capolavoro e il lato oscuro del genio. Ogni biopic è costretto a domare cliché e
luoghi comuni (cioè a usarli, senza eliminarli). Ma un biopic che ci porta dietro le quinte di un film
leggendario scala una montagna ancora più ripida. Di qui le due idee che rendono assai godibile
(…) l’’Hitchcock’ di Sacha Gervasi (…) Uno: trattare la genesi di un capolavoro horror in bianco e
nero con lo humour, il ritmo, le gag, i colori saturi delle commedie di quegli anni. Due: illuminare
il protagonista di luce riflessa passando attraverso sua moglie
Alma Reville, complice, ispiratrice, collaboratrice preziosa quanto
misconosciuta. Non semplicemente Hitchcock, insomma, ma ‘Mr. e
Mrs. Hitchcock’ (come ‘Mr. and Mrs. Smith’, uno dei titoli meno
noti del re del brivido…). Anche se Gervasi non è così ingenuo da
credere davvero a ciò che racconta (…) Anzi ne approfitta per
sfiorare la caricatura abbordando tutti i suoi personaggi con
libertà, inventiva e gusto molto pop. (...) Facile, certo, disinvolto,
molto divertente, servito da un cast da sogno. E pieno di dettagli,
allusioni, strizzate d’occhio che faranno la gioia dei cinefili.” (Fabio
Ferzetti, ‘Il Messaggero’, 4 aprile 2013).
“(...) l’aspetto sul quale il film indugia moltissimo è quello che
accredita una prepotente componente di perversione nell’uomo
Hitchcock dando certamente luogo a un risultato intrigante (…)
Hitchcock e il suo strano rapporto con la moglie Alma, suo angelo
custode ma anche donna trascurata e talentuosa sceneggiatrice costretta nell’ombra, umiliata e
ingelosita dalle infatuazioni del marito-maestro per le sue venerate e più o meno algide bionde.
Sul set di ‘Psycho’ rappresentate da Janet Leigh (rivissuta da Scarlett Johanson) e da Vera Miles
(…). Con una sovrabbondanza di segnali di identificazione (…) da parte di Hitch con le perversioni
dell’omicida seriale ispiratore. Comunque una festa per tutti i cultori.” (Paolo D’AgostinI, ‘La
Repubblica’, 4 aprile 2013)
“(…) è una piacevole commedia - raffinata per recitazione, scrittura e ambientazione - che rischia
di apparire discutibile se la si legge come un tentativo di spiegare l’inspiegabile, ovvero il talento
creativo dell’indiscusso Maestro del brivido. Mentre nel ripercorrere le tappe della travagliata
lavorazione di ‘Psycho’, il film intende semmai rendere giustizia alla figura della moglie Alma
Reville, per oltre 40 anni compagna di vita e formidabile collaboratrice dietro le quinte. (…)
Hopkins sulle prime non sembra neppure tanto somigliante, ma basta qualche minuto perché ti
convinca di essere Hitchcock, con le sue morbosità, l’attrazione per le sue bionde attrici, la sua
golosità, il suo umorismo, il suo acume di produttore e di artista. E Helen Mirren gli tiene testa in
maniera fantastica: spiritosa, intelligente, testarda e appassionata come Alma potrebbe essere
stata. E come, in ogni caso, ci piace immaginarla.” (Alessandra Levantesi Kezich, ‘La Stampa’, 4
aprile 2013).
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