…..SULLE NOSTRE STRADE…..
Dedichiamo questa breve
pubblicazione a tutti i
nostri coetanei, ai
genitori e a quanti come
noi, sulle tracce del passato,
desiderano costruire un futuro
migliore per la Nostra Neviano
PRESENTAZIONE
Il progetto nasce dal bisogno di riannodare i fili della memoria per cercare di dare un
senso al nostro passato e creare dei punti fermi per il futuro. Si ripete spesso che non c’è futuro
senza conoscenza del passato, dimenticando poi di operare fattivamente per ricucire l’enorme tela
informativa della storia, partendo dalle radici che hanno plasmato la nostra cultura, il nostro
carattere ed il nostro presente. Siamo partiti dunque con l’intento di scoprire la peculiarità storica
del nostro territorio, facendo riferimento a ciò che vediamo, a ciò che i nonni o i più anziani del
paese raccontano, alle nostre tradizioni.
Il presente opuscolo non ha comunque la pretesa di presentarsi come fonte esaustiva sulla
storia di Neviano. E’ già stato scritto tanto e molto ci sarebbe ancora da dire; mancano i mezzi e il
tempo per portare a termine un compito così arduo.
Obiettivo del progetto è stato, invece, quello di porre i ragazzi a contatto diretto con la
realtà storica nella certezza che, talvolta, questa insegni in modo più diretto ed efficace dei manuali
scolastici.
Per questo, muniti di macchina fotografica, penna, taccuino, ci siamo addentrati fra i vicoli del
centro storico di Neviano, abbiamo esplorato le campagne circostanti per osservare più da vicino le
tracce lasciate dai nostri progenitori.
1
L’entusiasmo e l’interesse è stato tale da spingerci ad approfondire le ricerche e
nell’Archivio di Stato di Lecce e poi in quello del Comune di Neviano e non ci siamo fermati qui…
I documenti esaminati e ritenuti interessanti erano talmente numerosi che abbiamo dovuto
operare una selezione pubblicandone alcuni integralmente mentre di altri proponiamo, per problemi
editoriali, una breve sintesi. Il nostro vuol essere un volumetto semplice ed agile che, più che
raccontare l’intera storia di Neviano, ne valorizzi il passato non sempre del tutto conosciuto e
stimoli la “curiositas” fonte di ogni conoscenza.
Le Docenti
Antonaci Cristina
Giuri Maria Felice
Malerba Addolorata
Musardo Giuseppa
2
Neviano ieri
(mappa dei primi del ‘900)
Neviano oggi (vista dal satellite)
3
INTRODUZIONE
Volete venire a spasso per il nostro paese?
Seguiteci in questo fascicoletto realizzato dai ragazzi di 1^ media dell’Istituto
Comprensivo di Neviano nelle ore dedicate al laboratorio e non solo… Vi porteremo
sulle strade, piazze, vicoli del nostro paese anche attraverso il ricordo di chi ci è
passato prima. Incontreremo personaggi famosi, eroiche battaglie e… il resto lo
scoprirete man mano.
Buona passeggiata!
Gli alunni
4
NEVIANO
Candido e mite, in cima alla collina
che guarda la soggetta alma pianura,
Tu sorgi, o mio villaggio, nella pura
soavità del ciel, che a te s’inchina.
.…
(Arturo Tafuri)
CURIOSITA’
L’origine del nome ha diverse teorie:
• Dal latino Niveo = freddo,
nevoso
•
Dal latino Naevius diventato poi
Naevianus (possedimento di
Naevius) come gli antichi nomi
gentilizi romani
•
Da Moenianum = muro; si
riferirebbe all’enorme
parete di pietre a secco
(paretone), presso Macugno
•
Dalla devozione alla Madonna
della Neve a seguito di una
famosa leggenda.
La leggenda sul nome
Si narra che un tempo alcuni mercanti gallipolini facessero ritorno al loro paese con il
carico di mercanzie, quando, nelle vicinanze di Neviano, furono sorpresi dal maltempo.
Per ripararsi e trascorrere la notte, si rifugiarono in una grotta. Con loro avevano un
quadro che raffigurava la Madonne delle Nevi; lo appesero alla parete e pregarono la
Vergine chiedendo protezione. Al mattino il sole splendeva ed i mercanti cercarono di
raccogliere la mercanzia per proseguire il cammino. La loro sorpresa fu grande,
quando, tentando di staccare il quadro dalla parete della grotta, si accorsero che esso
non veniva via. In ciò lessero un segno della Madonna che manifestava la volontà di
rimanere in quel luogo.
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NOTIZIE STORICO GEOGRAFICHE
NEVIANO OGGI: è un piccolo centro situato su una ridente collina a 108 mt. sul livello del mare,
tra le rocce della “Serra” ultima diramazione delle murge salentine, lussureggiante di uliveti a
monte e vigneti a valle, con aria salubre e acque artesiane potabili di ottima qualità.
La sua economia si regge sull’agricoltura con la produzione di buon vino, olio e ortaggi e sul
fiorente artigianato, con la presenza di numerosi fabbri, falegnami, marmisti, pavimentisti; anche il
terziario è in continuo sviluppo. Attualmente il paese è interessato da un evidente fenomeno
migratorio che interessa lavoratori, ma soprattutto studenti universitari che, molto spesso, non
rientrano neppure dopo la laurea per mancanza di opportunità occupazionali. In questo modo
Neviano è privata delle sue migliori energie fisiche ed intellettuali.
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NEVIANO IERI: Il 27 luglio 1269 compare, per la prima volta, nei registri Angioini, il nome di
un piccolo casale di nome Neviano, che, dopo la lotta tra Carlo D’Angiò e Corradino Di Svevia, fu
tra i pochissimi rimasti fedeli a re Carlo.
Un grazie i Nevianesi lo devono a G. Antonio del Balzo Orsini, principe di Taranto, che tolse
Neviano dal gioco di Fulcignano, sconfiggendo Ottino De Caris, detto il Malacarne, conte di
Copertino. Fu proprio G. Antonio del Balzo Orsini a far costruire una rocca sulla collina di Neviano
per vigilare meglio le sottostanti vallate. Quella torre, o altra cinquecentesca sorta sulla precedente,
fu poi inglobata nel palazzo baronale sorto nel punto più alto dell’abitato, con vista sulla sottostante
vallata dove passa il “Canale della Ruga”.
Agli inizi del secolo XIV Neviano è posseduta da Giovanni Amendolia e poi donata,
insieme con Macugno, al fratello naturale Nicola.
Masseria “Torrenova” e
particolare raffigurante San Nicola di Macugno
CURIOSITA’
L’abbazia di Macugno si trova a sud-est dell’abitato di Neviano, sulla strada che conduce a
Collepasso. Si tratta di un casale di probabili origini bizantine, incastonato tra le querce spinose e gli
arbusti della serra salentina, quasi nascosto agli occhi indiscreti. Vi si giunge attraverso una vecchia
strada carraia, scavata nella roccia e segnata da profondi solchi attualmente non visibili completamente
per l’incuria dei proprietari o, forse, per la volontà di rendere più percorribile il sentiero. Il casale
rappresenta un’importante testimonianza della più antica organizzazione agricola del territorio salentino:
“…un agglomerato rurale rispondente ad un’economia naturale, nella quale il necessario per vivere si
ricava dal lavoro fatto sul posto…”. (Costantini “Dinamiche storiche di un’area del Salento”) Di esso
rimangono solo due grotte in parte crollate e di cui una inaccessibile. Tale casale, attualmente in pessimo
stato di conservazione, è stato inserito in un piano di recupero che mira alla sua valorizzazione. Una
prima testimonianza dell’esistenza dell’abbazia, si trova in un documento conservato a Galatone del
1623, che censisce “l’Abbazia di San Nicola di Macugno per ducati 40 di rendita”.
Nel 1639 l’abbazia di San Nicola di Macugno risulta molto degradata: il beneficiario si gode le
rendite trascurandone la manutenzione. Il vescovo di Nardò, venuto in visita, ordina all’abate Stefano
Pirelli di rifare tetto, pavimenti e suppellettili e di far dipingere l’immagine di San Nicola. L’edificio
diventa così una masseria denominata “Torrenova”, costruzione a forma di parallelepipedo a due piani.
Sulla facciata due nicchie affiancano la porta d’ingresso: in quella di destra si intravede l’immagine di
San Nicola, in quella di sinistra si intravedono appena i contorni di una santa, forse Santa Lucia.
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Il Casale fu venduto dai Pirelli di Gallipoli ai Cicinelli, principi di Cursi nel 1696 per 17.194
ducati, 3 tarì, 6 grane, 7 cavalli. Dai Cicinelli Neviano si emancipò nel 1809 grazie all’eroismo e
all’impegno di molti dei suoi Figli, che in seguito poi si distingueranno anche in campo nazionale
per cultura e patriottismo.
CURIOSITA’
Nell’Italia preunitaria il Ducato era la
valuta del Regno delle Due Sicilie ed
aveva un valore di circa 16 euro.
Il Ducato era diviso in 10 Carlini
Ciascun Carlino in 10 Grana
Ciascun Grano in due Tornesi
Ciascun Tornese in 6 cavalli
Moneta da 6 Ducati
Moneta da 3 grana
LA DEVOZIONE PER LA MADONNA DELLE NEVI
Fin dagli inizi della loro vita comunitaria, fatta di stenti e vessazioni, i nevianesi vivevano una
quotidianità illuminata dalla speranza e dalla fede e pregavano nella chiesa di San Nicola di
Macugno e di S. Maria De Nive, prima dedicata a Santa Maria Dei Casili. Nel 1711 la comunità
nevianese stabilisce di celebrare, in quest’ultima chiesa, i festeggiamenti della Madonna. In seguito,
con un decreto del 10 aprile 1836, Ferdinando II, re delle due Sicilie, autorizza
“Il Comune di Neviano, in provincia di Terra d’Otranto, a celebrare una
fiera annuale nella seconda domenica di agosto e nel sabato che la precede,
serbate le prescrizioni contenute nella Sovrana risoluzione del I° giugno
1826…”.
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L’istituzione della fiera è documentata sia nel Regio Decreto rinvenuto presso l’Archivio di
Stato di Lecce, nonché nella delibera Comunale n° 105
del 1906, con la quale, dopo anni di
interruzione, viene riattivata.
Delibera Consiglio Comunale n° 105 del 1906
Come in ogni altro demanio, anche qui si nasce, ci si sposa, si viene inquisiti di
brigantaggio e si muore; mentre intelligenze sensibili ed eroiche rendono lustro al proprio
paese e alla Patria.
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…Si nasce…
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…Ci si sposa…
Per un matrimonio “che s’ha da fare”, c’era bisogno di mettere per iscritto la dote delle due parti;
da sempre motivo di discussione per le due famiglie che si incontravano e a volte si scontravano
al punto da mettere a dura prova l’amore dei due giovani.
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Come si può leggere in questo documento,
il matrimonio nei tempi passati, veniva
regolato da un vero e proprio contratto,
stipulato davanti ad un notaio e testimoni.
I contraenti, in questo caso abitanti in via
Celinelle, stabilivano preventivamente e
con precisione, i beni che avrebbero
portato in dote i relativi figli destinati a
nozze.
Dettagliata la descrizione dei capi distinti
in: “fatti in casa” e comprati “da
mercante”. Oltre alla biancheria
personale e per la casa, la sposa doveva
portare in dote: il letto “…composto di
quattro tavole di abete e due
scanni di legno, un paglione…”;
“…un cassone con sopra coverta
colorata turchina e rossa…”;
“…più
in
contante
Docati
quattro per l’acquisto di rami ad
uso di cucina e finimente in
contante la somma di Docati
cinquanta”. In particolare ci ha
incuriosito la seguente precisazione a
proposito dei diritti che si serbava il padre
dello sposo:“ esso donante…si
riserba espressamente la metà
dell’usufrutto del suddetto fondo
Cocuzza, come si riserba ancora
di coabitare col donatario suo
figlio nella casa come sopra
donata, o qualora al padre non
piacesse di coabitare col figlio o
viceversa, in tal caso esso
donante si promette di offrire al
figlio suddetto Venanzio una
conveniente casa di abitazione
pagandone il corrispondente e
conveniente annuo piggione”.
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Quanto era diversa la cerimonia di un matrimonio!
Oltre ai parenti, tutto il vicinato partecipava alla festa. Dopo una sobria rito religioso,
parenti e vicini si recavano nella casa che lo sposo aveva decorosamente arredato, per
consumare “ lu comprimentu”(il rinfresco): il classico spumone, il liquore che veniva
preparato in casa e doveva essere esclusivamente di due colori (giallo per l’essenza
“Strega” e rosso per l’essenza “Alchermes”), i classici dolcetti di pasta di mandorla,
per finire i confetti che venivano distribuiti dalla sposa con un piccolo mestolo.
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…Si viene inquisiti per “…complicità nel brigantaggio…”
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Il parroco di Neviano, fu inquisito per aver
protetto due nevianesi appartenenti ad
“…un’orda
brigantesca
che
scorazzava per le campagne
vicine al Comune di Neviano…”.
Nel medesimo processo si mirava a stabilire
se l’imputato avesse con il brigante
“…rapporti di parentela od altre
relazioni…”Lo stesso parroco, a seguito
di una richiesta di informazioni inoltrata dalla
Pretura all’Uffizio di pubblica sicurezza della
Prefettura di Lecce, Provincia di Terra
d’Otranto, viene definito “…uno schifoso
borbonico clericale”. Di lui si dice
inoltre “…non compie operazione
che non sia reazionaria. Si è
sempre rifiutato a solennizzare le
feste nazionali…”
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…Si muore…
Foto d’epoca
“Cònsulu” o “consòlu” consisteva nel portare, nella
prima settimana di lutto, delle vivande, cotte o crude,
per consolare la famiglia della perdita di un proprio
caro. Tale usanza nasceva dal bisogno di
ricompensare, in qualche modo, la perdita di una forza
lavoro ed era un aiuto non indifferente da parte di
parenti e conoscenti che si univano al dolore della
famiglia. “Lu consulu”, nato dall’usanza che impediva
di uscire a fare la spesa nella prima settimana di lutto,
assume oggi una funzione diversa: piuttosto che un
aiuto materiale, esso
costituisce un modo di
“socializzare la perdita” e di manifestare solidarietà e
vicinanza alla famiglia del “caro estinto”.
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“…Mentre intelligenze sensibili ed eroiche rendono lustro al
proprio paese…”
Il nostro sarà anche un piccolo paese, ma siamo fieri di essere nevianesi!
Proprio ripercorrendo le strade del centro storico e visitando il giardino di qualche vecchia
abitazione, con le nostre insegnanti abbiamo ricordato alcuni concittadini che si sono distinti in
diversi campi. È stato così che abbiamo voluto approfondire le ricerche e …strada facendo
abbiamo voluto incontrarli. Osservando l’antico palazzo “Romano - Tafuri” abbiamo ricordato:
Antonio Romano (1770 –1819).
Medico, botanico ed agronomo molto distinto, membro
dell’Accademia Agricola Salentina, importò la coltivazione
della patata nel Salento. Nel 1817 pubblicò “Istruzione
pratica della società economica di Terra d’Otranto: sulla
coltivazione dei pomi di terra, ossia patate, e sull’uso
cibario delle medesime, tanto per l’uomo , quanto per gli
animali domestici”. Il libro parla della coltura,
conservazione e preparazione di questo prezioso ortaggio.
Arturo Tafuri (1867 – 1943)
Avvocato e grande poeta di cui abbiamo già citato alcuni bellissimi
versi in apertura del nostro lavoro: “Candido e mite in cima alla
collina…” dedicati a Neviano. Annoverato tra i più grandi poeti del
Salento di fine Ottocento, può considerarsi l’unico superstite di
quella schiera di poeti salentini che, verso la fine del XX secolo,
ruppero l’incantesimo della tradizione tardo-romantica. Suoi modelli
ispiratori, Carducci e D’Annunzio. Tra i suoi scritti ricordiamo:
Sebetia Venus (1888); Odi Bizantine (1894); Parva favilla (1899);
Poema della folla (1904); Luci ed ombre (1944);Ortiche (1928);
Stelle cadenti (1930); Ave, Salento! (1932); e Il pellegrinaggio di
un’anima (1935);
Carmelo Tafuri
Carmelo, fratello di Arturo e di due anni più piccolo, figlio di Pasquale e della baronessa Antonietta
Romano, nasce a Neviano il 24 aprile del 1896.
Nel 1904 sposò Petrina Marzo da cui ebbe tre figlie: Elsa, Erinna ed Eva Antonietta Pandora.
Musicista e letterato appassionato, autore di:
Canto dei Balilla –editrice “LA PICENA” – Macerata –
Sorrisi e lacrime – valzer lento – editore – MANNO MANNI – Firenze
Rimembranze – mazurca a 4 mani – editore- BODRO – Milano
Alba di Gloria – Polka- editore- BODRO – Milano
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Michele Panico (1794 - 1861)
Figlio di Ugone e di Santa RESTA.
Capo Banda (Carbonaro, Filadelfo graduato da Assistente, e Caporale della Legione)
Da annoverare tra i nevianesi degni di nota per aver dato alla terra d'Otranto la prima “banda”,
seguita da quella di Nardò. Coltivò la passione per la musica e l’insofferenza per la repressione del
regime Borbonico. L’ansia di libertà, però, ne fece un confinato politico a Gallipoli, città in cui
fondò nel 1820 una fanfara che riportò successi in tutta la regione. Certamente il concerto musicale
di Neviano non fu il massimo dell’arte, ma dati i tempi fece furore in tutto il leccese. Il maestro fu,
da noi, il precursore della musica concertistica, dalla sua scuola uscirono tanti altri maestri, che
perfezionarono l’arte.Dalle glorie raccolte dal vecchio concerto musicale di Neviano ricordiamo il
suo intervento alle feste di Lecce, imbandite per la venuta del generale Marcantonio Colonna e per
la venuta di re Ferdinando, feste che fecero eco in provincia. Le cronache leccesi del tempo
parlarono del concerto musicale di Neviano, che fu ammirato ed elogiato moltissimo dal re e dal
generale. Come altri ardenti spiriti liberali e perseguitati fu costretto a tenersi lontano dalla sua
patria nel periodo storico più oscuro.Alla sua morte, avvenuta a Gallipoli, passò idealmente le
consegne di direttore del Concerto musicale di Neviano al figlio Ercolino, fra le figure di musicisti
salentini più note e discusse di fine ottocento.
Il patriota Leopoldo Rossi, nel 1849, riuscì ad evitare la cattura, grazie alla banda musicale di
Neviano e al capo banda Panico, che ne protesse la fuga.
Salvatore Imperiale (1910 – 1995)
Medico e poeta in vernacolo. Amò l’arte e lo sport. Fu sempre presente
nella vita culturale e sociale della comunità, chi lo ha conosciuto lo
ricorda con il nomignolo “lu tottore”. Aveva sempre un consiglio utile
per tutti, suoi pazienti o no. Sempre “in servizio”, si rendeva disponibile
in ogni momento, soprattutto per la povera gente che lo adorava. Per i
suoi pazienti aveva sempre una parola di conforto che guariva prima
ancora delle medicine che prescriveva.
A questo nostro amato concittadino è intitolato il campo sportivo di
Neviano.
Raffaele Sansò ( 1914 - 1994 )
Frequentò il Regio Istituto d’Arte di Napoli venendo a contatto con
artisti di fama nazionale, nel 1937 conseguì il diploma di Maestro d’Arte
in “Scultura Decorativa”. Finiti gli studi tornò a Neviano dove il
Podestà Attila Piccolo gli commissionò la costruzione di una fontana per
Piazza Concordia, il progetto a firma autografa risalente al 1937, sarà
realizzato un anno dopo nel 1938. Partecipò alla vita sociale e politica,
nel 1961 fu chiamato alla carica di primo cittadino. Nel 1958 dipinse la
grande tela del fonte battesimale, situata nella Chiesa di San Michele
Arcangelo.
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POPOLAMENTO E TRASFORMAZIONE DEL TERRITORIO DI
NEVIANO
L’uomo, da sempre, ha tentato di modificare l’ambiente circostante adeguandolo alle sue
necessità. L’insediamento paleolitico è stato favorito dalla presenza di grotte e ripari associati alla
facilità dell’approvvigionamento idrico. Nel neolitico egli ha privilegiato le zone più fertili contigue
ai corsi d’acqua.
Anche nel Salento gli insediamenti umani sono stati condizionati dalla presenza di falde
freatiche e di pozzi. Il centro storico è sorto, infatti, nella zona bassa di Neviano, dove era facile
raggiungere i pozzi pubblici e privati.
L’acqua, bene prezioso per tutti gli esseri viventi, è stata da sempre considerata “sacra”
dai Pugliesi ed in particolare dai Salentini i quali ne hanno sempre avuta poca a disposizione, ma
hanno saputo raccoglierla ed economizzarla. Essi avevano escogitato un efficace sistema per
riutizzarla costruendo dei muretti con le stesse pietre di risulta.
Se volessimo tornare indietro nel tempo, nel paleolitico o neolitico per esempio, troveremmo
Molti di questi muretti presentavano alla base delle feritoie, “le chiaviche”, per
permettere alle acque piovane di passare, senza procurare danni, in appositi canaletti che le
convogliavano nelle cisterne, anch’esse costruite con pietre disposte a cerchi concentrici,
ricoperte con concio fresco, ricavabile dal terreno, per renderle impermeabili. Nemmeno una
goccia d’acqua doveva andare perduta.
Ci ha incuriosito, a tal proposito, una delibera del Consiglio Comunale, datata 30 giugno
1905, nella quale “…si prega il Governo del Re che la costruzione dell’Acquedotto Pugliese si
limiti alle Province di Foggia e di Bari, e che la somma preventivata per la Provincia di Lecce,
ammontante a oltre 50 Milioni, sia assegnata a questa Provincia per l’utilizzazione delle acque
del sottosuolo, per la costruzione di ferrovie e tramvie, per la sistemazione delle strade e vicinali
e dei porti e per altre opere…”
I Nevianesi, quindi, fermarono la canalizzazione dell’Acquedotto Pugliese perché fieri
dell’abbondanza e della purezza delle loro acque e, soprattutto, perchè timorosi per le
conseguenze che, tali lavori , avrebbero potuto avere sul territorio (terremoti, frane ecc…).
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SULLE TRACCE DELL‘UOMO
Se volessimo tornare indietro nel tempo, nel paleolitico o neolitico per esempio,
incontreremmo molte difficoltà nel ricostruire la nostra storia, perché è un periodo privo di
documenti scritti o comunque lasciati intenzionalmente dall’uomo.
L’entroterra Gallipolino, in particolare il pianoro con i centri abitati di Sannicola, Alezio, Tuglie,
Galatone, Seclì e Neviano, è stato interessato, nel corso della preistoria, da varie culture che fino a
pochi anni fa erano sconosciute e trascurate. Ricerche più approfondite condotte negli ultimi anni
hanno accertato la presenza di varie fasi del neolitico. In questa zona sono stati individuati
insediamenti risalenti a questo periodo, uno in particolare ha rivelato la presenza fittile neolitica ai
bordi delle colline dei Campi Latini di Neviano e probabili grotte chiuse sulle pareti collinari.
Possiamo ipotizzare che nel neolitico alcune zone siano state abitate da piccoli nuclei, grazie al
ritrovamento di sporadici reperti. Nella zona della “Ruga”, per esempio, sono state ritrovate punte
di frecce in selce e un attrezzo in pietra che potrebbe essere un raschiatoio, un’accetta o un’ascia.
Questa zona è stata privilegiata dall’uomo per la presenza del canale omonimo, di acque
sorgive e per la fertilità del terreno. Sulla “Serra”, la natura carsica ha permesso la facile
formazione di grotte come quella detta di Macugno che si presume sia stata abitata anche dai
Bizantini. Questa zona viene oggi chiamata “spileo” che in greco significa “grotta”. Qui sono state
ritrovate grotte chiuse e mucchi di pietre: le specchie che servivano come punti di osservazione o
sepoltura, ma sono prive di tracce umane. Sulle serre sono stati ritrovati piccoli dolmen, almeno
così sembrano dal modo in cui erano stati costruiti.
Durante il periodo messapico, oltre alla ricerca delle zone pianeggianti, e alla facile
reperibilità di acqua, nella scelta del sito, incise molto la disponibilità di materiale da costruzione.
Con l’occupazione romana nasce una nuova concezione del paesaggio. La spartizione dei terreni
secondo il principio della centuriazione disegna un nuovo assetto paesaggistico: una volta divisa in
centuriae (m. 710 x 710) la terra veniva suddivisa in singoli appezzamenti separati tra loro dai fines,
che, oltre a definire i confini delle singole proprietà costituivano dei veri e propri passaggi, con
larghezza di 5-6 piedi, attraverso i quali i proprietari avevano accesso alla loro porzione di terra.
Ognuna di esse aveva un nome, generalmente coincidente con quello del primo proprietario, che
non poteva essere variato nei successivi passaggi, dando così luogo alla nascita di toponimi che, in
parte, sono giunti fino a noi.
Ogni proprietà era, inoltre, delimitata da palizzate, di cui non resta alcuna traccia o
attraverso la realizzazione di muri a secco che, peraltro, nascevano anche dalla necessità di
“spietrare” i terreni da mettere in coltura. Di queste antiche “chesure” resta spesso traccia nei
toponimi, come avviene, ad esempio, nel caso della “Casina La Chiusa” nei pressi di Neviano.
FOTO
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Un paesaggio delle colture, dunque, quello dell’età romana, in cui particolare rilievo
rivestivano le coltivazioni dell’ulivo e della vite. Tale articolato disegno delle proprietà necessitava,
inoltre, di una fitta trama di strade: nel periodo romano il sistema viario si arricchisce di numerose
vie di comunicazione, ottenute, in parte, dalla sistemazione di antichi tracciati messapici, in parte,
dalla realizzazione di nuove vie di comunicazione.
La mappa di Soleto
È la più antica mappa del mondo
occidentale scoperta il 21 agosto 2003.
Ha più di 2500 anni. Su di essa è
disegnato il Salento. È conosciuta come
la mappa di Soleto ed è rappresentata su
un coccio che entra nel palmo di una
mano. Il coccio era parte della base di
una peliche, un vaso che serviva a
contenere acqua.
Tra quelle di origine Messapica, la strada che ci interessa più da vicino è la Sallentina che
collegava Otranto con Gallipoli, Santa Maria al Bagno e Lido Conchiglie. Questa strada tagliava la
via Traiana-Calabra che da Brindisi portava a Lecce e poi arrivava fino a Otranto. Lungo questi
percorsi si dispiegava il sistema delle stazioni di posta dove i viaggiatori potevano sostare per il
proprio riposo e per quello dei loro cavalli, ed intorno alle quali sorsero, ben presto, i primi centri
abitati.
È il caso di Fulcignano, un casale scomparso di cui oggi rimangono i resti di un castello. Il casale
si sviluppò nell’ampia pianura tra Galatone e Seclì.
Il “castello” era un grande recinto fortificato adatto a custodire merci trasportate da carovane che
transitavano sulla strada che da Otranto portava a Gallipoli, passando attraverso la macchia di
Temerano (Sallentina). Nei dintorni del “castello” sono state ritrovate tegole e cisterne. La
ricchezza del casale fu causa della sua distruzione. Il De Ferraris, in “De Situ Japygiae”, parla di
una guerra combattuta tra Galatone e Fulcignano (1200 – 1330), conclusasi con la distruzione di
quest’ultimo. Le cause della guerra non sono chiare, alcuni le riconducono alla rivalità
economica, in quanto Fulcignano era più ricco di Galatone.
“Castello” di Fulcignano e tratto della
strada Sallentina
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I Romani, inoltre, non si limitarono ad occupare le terre fino ad allora lasciate del tutto incolte, ma
intervennero sull’assetto dell’ambiente: realizzarono ponti e sistemi di canalizzazione delle acque
per l’irrigazione dei campi; in altri termini, si posero nei confronti dell’ambiente non in
atteggiamento passivo, come fino ad allora era avvenuto, ma interagirono con esso cercando di
sfruttarne al massimo le risorse.
Finita la dominazione romana, il nostro paesaggio subì delle profonde trasformazioni dovute
alle incursioni di popoli che provenivano oltre il Mediterraneo. Molti terreni furono abbandonati,
altri subirono saccheggi con una conseguente crisi economica. Le terre abbandonate ed incolte
furono invase dalla vegetazione spontanea facendo perdere la vecchia suddivisione dei campi che,
nell’alto Medioevo, divennero pascolo per il gregge: città diroccate, ruderi di abitazioni rurali,
“villae” si alternavano agli spazi incolti, in cui gli uomini, trasformati da agricoltori in pastori,
portavano le loro greggi. Si praticava una pastorizia brada e di sussistenza, affiancata
dall’allevamento dei suini, da collegarsi alla necessità di reperire le risorse alimentari di grassi,
precedentemente fornite da una più estesa coltivazione dell’olivo.
In tale quadro di progressivo declino dell’area salentina si innestò, tra l’VIII ed il IX secolo,
il massiccio processo di colonizzazione bizantina, che interessò una vasta area dell’entroterra
peninsulare, di cui l’attuale Grecìa Salentina costituisce solo l’ultimo residuo. Approdati nei porti di
Otranto o Roca Vecchia sull’Adriatico, o di Gallipoli sullo Ionio, svariati gruppi di coloni
penetrarono all’interno del territorio salentino utilizzando il fitto tessuto viario romano, ed
occuparono gradualmente le terre lasciate incolte.
L’area della cosiddetta “grecità estinta” si sviluppava intorno a Soleto, che ne costituiva uno
dei centri principali, estendendosi per un raggio di circa 20Km e comprendendo, tra gli altri, anche
il comune di Neviano, dove, ancora nel '500 si parlava greco, e dove, risultano ancora oggi alcuni
toponimi di origine neogreca (Cilona, Spileo). Le fertili campagne del bacino galatinese, gli
avvallamenti compresi tra Maglie, Corigliano, Cutrofiano, Collepasso e Neviano, solcati da
un’abbondante idrografia superficiale, divennero sito ideale per la nascita di nuovi insediamenti
umani: nacquero in quest’epoca diversi casali. Tra questi San Nicola di Macugno che, ubicato a
sud dell’abitato di Neviano, in località Specchia di Macugno, sorse intorno all’abbazia di San
Nicola, che, probabilmente, ha costituito il polo di attrazione per la nascita dell’insediamento rurale.
Del complesso resta oggi un gruppo di quattro grotte sotterranee, una struttura turrita e fortificata ed
un ampio locale con volta a botte e forno. Nei pressi dell’antico casale è ancora oggi presente un
tratto del paretone medievale che oltre a delimitare e proteggere l’insediamento, svolgeva,
probabilmente, anche una funzione di terrazzamento a tutela delle grotte.
Foto di alcuni tratti del “Paretone”
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Intorno ai casali, quindi, si sviluppò un nuovo sistema di sfruttamento della terra, basato su
rapporti di tipo feudale, che ridiede nuova vita alla campagna determinandone il ripopolamento.
Riprese la consuetudine, interrotta nell’alto medioevo, di indicare i confini delle proprietà attraverso
il sistema dei muri a secco: è questo il periodo dei “paretoni”, dei “pareti grossi”, dei “limitoni” e
delle “muriscine”
L’espansione delle colture e la necessità di collocare i prodotti sui mercati determinarono una
riutilizzazione dell’antico e fitto sistema viario.
Tra il XII ed il XIII secolo una nuova trasformazione interessò il paesaggio salentino in
generale e l’area galatinese in particolare: la crescita delle attività nelle città da un lato, la ripresa
delle incursioni dei saraceni ed il diffondersi del brigantaggio dall’altro, determinarono un nuovo
abbandono delle campagne ed un parallelo accrescersi degli agglomerati urbani. Molti casali,
tagliati fuori dalla viabilità principale, che privilegiava i grossi centri commerciali, incominciarono
via via a spopolarsi ed infine decaddero.
Con la dominazione spagnola la situazione della campagna salentina non conobbe alcun
miglioramento; al contrario, l’eccessivo fiscalismo, che penalizzava soprattutto la classe contadina,
le ripetute incursioni turche accompagnate da violenze e saccheggi, aggravarono ulteriormente la
situazione scoraggiando anche il rimanere temporaneo nei campi. Le città si dotarono di sempre
maggiori sistemi di difesa, circondando il loro perimetro di possenti mura.
Il paesaggio agrario salentino del XVI secolo era dominato da “masserie da campo” e da
“masserie da pecore”: intorno alla torre di difesa si distribuivano i recinti realizzati con muratura a
secco, che definivano gli spazi riservati al bestiame, mentre ovili e capanne si appoggiavano ai muri
di cinta. Piccoli appezzamenti, adeguatamente recintati e protetti, custodivano pochi alberi da frutto
destinati al “commodo dell’ammassaro”. Ancora una volta, come all’indomani del crollo della
dominazione romana, i campi coltivati lasciarono posto all’incolto ed alla macchia; al paesaggio
delle colture subentrò nuovamente il paesaggio della pastorizia; gli orti, gli antichi vigneti ed
oliveti, trascurati ed abbandonati all’incuria erano “locati ai pastori”.
I ricchi latifondisti, attratti dalla vita cittadina, incominciarono a disinteressarsi della gestione delle
terre, orientandosi sempre più verso forme parassitarie di rendita basate su contratti d’affitto. Fanno
eccezione, in tal senso, le masserie di Neviano e Cutrofiano, che, nel '600 risultano gestite
direttamente dal barone: si trattava, evidentemente, di piccole proprietà a coltura promiscua, in cui
la fertilità dei terreni ed il basso rischio di perdite suggeriva una conduzione diretta da parte del
proprietario.
A partire dal '600, dunque, il sistema agricolo del Salento ha conosciuto una forte
regressione, dalla quale ancora oggi non è uscito, e che ha avuto riflessi sul paesaggio: il “bel
giardino mediterraneo”, più volte descritto nei racconti dei viaggiatori che attraversavano questo
ultimo lembo d’Italia, era definitivamente scomparso, lasciando il posto alle terre incolte riarse dal
sole ed ai ruderi delle costruzioni rurali abbandonate.
Intorno alla fine del '700 la crisi agrofondiaria si aggravò ulteriormente, per l’innestarsi di
nuovi fattori di declino: l’esportazione del lino e del cotone subì un forte calo a causa della
concorrenza di mercati esteri, mentre l’olio salentino incominciò ad essere soppiantato da quello
spagnolo, che, grazie all’utilizzo di tecniche colturali più avanzate, risultava di migliore qualità.
Solo la coltura della vite riuscì a resistere al progressivo declino, e, pertanto, molti oliveti furono
soppiantati dai vigneti, soprattutto lungo la fascia ionica.
Nonostante i molteplici e ripetuti interventi dell’uomo contemporaneo, ancora oggi il
territorio presenta alcuni segni che testimoniano le dinamiche del suo popolamento e della sua
utilizzazione attraverso i secoli: i numerosi muri a secco, le svariate costruzioni rurali, gli antichi
tratturi, sono solo alcune delle tracce lasciate dalle varie popolazioni che si sono succedute
nell’occupazione di questa terra. Conoscere, recuperare e valorizzare questi segni del passaggio
dell’uomo è compito di tutti.
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LA STRADA…
Strada (sec.IX) dal latino stratus;
greco stratos
inglese street;
tedesco strasse
Diverse lingue per un solo significato: percorso spianato, realizzato a più strati.
Proprio come diversi strati di pietrisco o altro materiale costituiscono la strada, così i vari popoli, le
varie culture, lasciano sulle strade le loro impronte che, sovrapponendosi, danno vita alla STORIA.
E’ proprio di impronte che vorremmo occuparci in questo lavoro, alla ricerca delle nostre Radici
come dice una canzone di Francesco Guccini:
…e tu ricerchi là le tue radici
Se vuoi capire l’anima che hai
………………………………
..la pietra antica non emette un suono
parla come il mondo e come il sole
…………………………………..
….la casa è come un punto di memoria,
le tue radici danno la saggezza
e proprio questa è forse la risposta
e provi un grande senso di dolcezza….
Un suggestivo scorcio del centro storico
LE VECCHIE STRADE DI NEVIANO
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Analizzando alcuni documenti (Catasto Onciario di Neviano 1743, delibere di Giunta e
Consigli Comunali a partire dal 900 ecc.) ci siamo resi conto come siano mutati nel tempo i nomi di
alcune strade del nostro paese ed abbiamo notato, che, in alcuni casi, non si parlava di strade ma di
“luoghi”. Infatti si trova scritto: “abita in casa propria sita loco detto l’Arada del Castello”.
I toponimi abitativi presenti nel catasto erano i seguenti:
Arada del Castello, Arada Nova, Lo Fosso, Lo Largo, Lo Bacco, Lo Cacciante, Li Giordani, Lo
Mezzi, Il Molino di Duca, La Croce, Avanti il Castello, Le Case Nove, La Via Nova, La Chiesa, La
Parrocchiale, San Giuseppe, Lo Comone, La Piazza, Lo Corcio.
Contrada Lo Corcio
Proprio in questo luogo, il 7 di marzo dell’anno 1906, furono estratti da un pozzo
“in Contrada Corcio, in prossimità di questo abitato, degli stracci
impregnati di sangue e di sterco di neonato, ciò che fece sospettare che un
delitto fosse stato perpetrato e che il corpo del reato dovesse trovarsi in
fondo al pozzo suddetto, per modo che questo ufficio si ritenne nell’obbligo
– nell’esclusivo interesse della Giustizia – di adottare ogni mezzo per
sgombrare il ripetuto pozzo”.
(Delibera del Consiglio Comunale n° 12 del 10 marzo 1906)
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Esaminando una cartina dei primi del ‘ 900, abbiamo notato come molte strade fossero titolate ad
eroi del Risorgimento Italiano e del periodo Post-Unitario.
Questi nomi li abbiamo ritrovati:
… nella delibera di un Consiglio Comunale del 1908.
•
Via Alfredo Cappellini, (Livorno 29-12-1828) capitano di fregata che il 20-07-1866 nelle
acque di Lissa, con la nave Palestro, saltò in aria con tutto l’equipaggio.
•
Via Pietro Toselli, (Poveragno - Cuneo il 22-12-1856), comandante del 4° battaglione
indigeni nella battaglia di Amba- Alagi (712-1895). Morì crivellato di colpi provenienti dai
fucilieri Abissini. Meritò la medaglia d’oro.
•
Via Giuseppe Galliano (medaglia d’oro), tenente colonnello del 3° battaglione indigeni:
combattè valorosamente sul Monte Rajo; quando le sorti della battaglia precipitarono,
continuò la resistenza con i pochi soldati rimastigli affianco. Continuò a combattere, ferito,
finchè non fu ucciso.
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•
Via Tommaso De Cristoforis (Casale Monferrato 5- 06-1841) tenente colonnello. La sua
colonna venne accerchiata nelle vicinanze di Dogali da 5000 Abissini. Quando il campo di
battaglia era ormai pieno di cadaveri, il De Cristoforis incitò i superstiti a continuare a
combattere perché era un supremo dovere morire col nome della patria sulle labbra. Tutti
obbedirono all’ordine. Terminate le munizioni, continuarono la lotta corpo a corpo con la
baionetta. De Cristoforis, accerchiato dagli Etiopici, si difese ma una lancia lo colpì in
pieno petto. E’ stato insignito di medaglia d’oro.
•
Via Giuseppe Arimondi (nato a Savigliano - Cuneo il 26-04-1846) Maggiore generale
comandante la 1^ Brigata Fanteria R. Truppe d’Africa. Fu insignito di medaglia d’oro
perché quando la sua brigata venne sopraffatta, non volle ritirarsi ma continuò a combattere
insieme ad altri corpi d’armata sul Monte Rajo finché non fu ucciso.
•
Via Enrico Cialdini (1811-1892) generale del regio esercito del neo proclamato Regno
d’Italia, nella primavera del 1861 in tutto il Regno ci furono delle insurrezioni, in agosto fu
inviato a Napoli dove costituì un fronte unico contro la reazione, arruolò soldati del disciolto
esercito garibaldino e perseguitò il clero e i nobili lealisti, i quali furono costretti a emigrare
lasciando la resistenza priva di una valida guida politica. Il governo adottò la linea dura e il
generale Cialdini ordinò eccidi e rappresaglie nei confronti della popolazione insorta,
saccheggiando e distruggendo i centri ribelli.
• Via Balilla: vezzeggiativo di Battista,
con riferimento a Battista Perasso, il ragazzo che nel 1746 diede inizio all’insurrezione dei
genovesi contro gli occupanti austriaci.
Il nome Balilla compare
nell’Inno d’Italia (5 strofa)
anche
………………
I bimbi d’Italia
si chiaman Balilla
il suon suon d’ogni squilla
il vespri suonò.
………………..
Gli stessi nomi compaiano nella Delibera n. 84 del 1905, di seguito riportata: che stabiliva le
modalità e i tempi della pulizia delle strade e della raccolta delle acque “immonde”
“Chi verrà dalla Giunta Municipale nominato ad eseguire lo spazzamento
delle vie e piazze, e la raccolta delle acque immonde provenienti dagli usi
domestici e non da altri usi, rigorosamente dovrà attendere a tenere pulite
e spazzate le vie interne denominate Umberto I°- Principe di Napoli –
Principe Amedeo – XX Settembre – Pietro Toselli – Alfredo Cappellini –
Cavour – Regina Margherita – Dante Alighieri – Nino Bixio – Giordano
Bruno – Torquato Tasso - Mazzini – Giuseppe Galliano – Galilei – Garibaldi
– e le Piazze Vittorio Emanuele e San Giuseppe, non che altre diverse vie e
piazze che crederà di aggiungervi questa Giunta Municipale, almeno una
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volta la settimana, raccogliendone e trasportandone fuori l’abitato le
immondizie. Dovrà il concessionario stesso obbligatoriamente di
raccogliere quotidianamente le acque immonde provenienti dagli usi
domestici.
La raccolta delle acque immonde sarà eseguita nelle prime ore del mattino
ovvero dopo il mezzogiorno a mezzo di una botte ben condizionata
accavallata su apposito carro che girerà per tutte le vie carrabili del
Comune: per l’uno e l’altro servizio si corrisponderà il salario annuale di
£ 474 oltre il letame.
Il passaggio del carro per le vie sarà annunziato o con grida di colui che
esegue il servizio, o col suono di corno o di campana.
Chi eseguisce la raccolta delle acque immonde ha obbligo di introdursi nelle
case, sia a piano terreno o piano superiore e nei cortili e prelevarle dai
depositi.
Il concessionario, a garentia dell’esatto adempimento degli obblighi che
assumerà, dovrà rilasciare alla cassa comunale il primo estaglio mensile
che gli sarà restituito, se non venne menomato di esso per
contravvenzione, al termine del contratto.
Le infrazioni agli obblighi saranno punite con multe estensibili da Cent.mi
25 a Lire due. Le multe saranno ritenute dai corrispettivi mensili. Per la
loro applicazione si osserveranno le formalità di cui agli art= 201 – 202 –
203 della vigente legge comunale e provinciale, coordinata in testo unico
apposito con R. Decreto 4 maggio 1898 N° 164. (...)”
Oggi, molti di
questi nomi sono scomparsi lasciando il posto a quelli di alcuni importanti
protagonisti della storia contemporanea. Attualmente permangono intitolazioni di strade a
personaggi che sono stati autori di eccidi e rappresaglie.
Rodolfo Graziani (Filettino 1882- Roma 1955), generale italiano tra i principali protagonisti delle
guerre coloniali fasciste e della Seconda Guerra Mondiale e governatore della Somalia. Formatosi
sui fronti militari della Prima Guerra Mondiale, fu incaricato di domare la ribellione libica scoppiata
negli anni Venti. Assolse l’incarico operando una dura repressione nei confronti dei movimenti
indipendentisti. Nel 1936 partecipò alla campagna d’Etiopia. Viceré d’Etiopia e governatore
generale dell’Africa Orientale Italiana, amministrò il Paese con un rigore militare che, dopo un
attentato contro la sua persona, si tramutò in feroce rappresaglie. Alla fine del conflitto, consegnato
alle autorità italiane, fu processato e condannato a 19 anni di carcere per collaborazionismo; nel
1950 fu liberato per motivi di salute.
I NOMI DELLE STRADE CAMBIANO NEL TEMPO
Nella delibera dell’ 8 aprile 1923 si legge:
“Viste le disposizioni del Ministero della Pubblica Istruzione che vuole che
tutti i Comuni abbiano un viale della Rimembranza e visto che lungo il
viale XX Settembre vennero già infossati gli alberi per opera della
Commissione allo oggetto, istituita plaudendo alla Patriottica iniziativa, si
stabilisce che la via XX Settembre prenda il nome di Viale della
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Rimembranza, la via Dante quello di XX Settembre e la via Balilla quello
di via Dante Alighieri.”
Si spendono £ 270 per l’acquisto di 50 piante di pino per il suddetto viale e nel 1924 altre £ 90,20
per la sostituzione delle stesse; alcuni di questi alberi furono dedicati ai caduti della prima guerra
mondiale.
Nel 1949 il viale cessa di chiamarsi viale della Rimembranza e prende il nome di via Roma, quindi
viene asfaltata e liberata dagli alberi.
…ALTRI SCATURISCONO DA EVENTI STORICI CONTEMPORANEI
Nella delibera che segue troviamo un vero inno alla libertà richiesto dal Consigliere Giustizieri
Salvatore, il quale propone quanto segue:
“ E’ noto a tutti e al mondo intero quanto stia costando al popolo
Ungherese il diritto alla libertà.
Il popolo sovietico, rullo compressore, disgregatore di religioni, affetti,
patrimoni e vite umane innocenti invade con ferro e fuoco l’’Ungheria così
come ha invaso ed occupato altri popoli.
Al dilagare sempre più impetuoso del Comunismo ateo e distruttore dello
spirito è insito il valore di questo valoroso popolo Ungherese.
Ma il valore viene soffocato nel sangue e vite innocenti si spengono
giornalmente per garantire alle generazioni venture il diritto a vivere e a
pensare liberamente.
Di questi eroi della libertà non potrà restare che un ricordo:
chiedo perciò a questo Onorevole Consiglio che, anche qui a Neviano, ci sia
qualcosa che tramandi ai futuri le gesta eroiche del popolo Ungherese,
chiedo che sia intitolata alla memoria dei Martiri d’Ungheria la piazzetta
comunale situata alla confluenza delle strade: 24 – Maggio – Giuseppe
Grassi – Angelo De Martina e Monte Grappa”.
Il Consiglio
Unanime accoglie la proposta e
Delibera
Dare in memoria dei Martiri d’Ungheria, alla piazzetta, citata in
narrativa attualmente priva di nome il seguente titolo:
“Piazza Martiri Ungheresi”
Letto, approvato e sottoscritto.
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DAL VICO ALLA CASA A CORTE
Passeggiando per il nostro centro storico siamo rimasti attratti, e nello stesso tempo incuriositi, dalla
presenza di stradine strette denominate “Vico...”
Vico Videa
Vico Gallo
Vico
dell’Alba
Dopo aver percorso un breve tratto, ci siamo resi conto che immettevano tutti in case a corte.
Anticamente, in esse si trascorreva gran parte della vita sociale. Nel cortile comune, antistante le
abitazioni, c’era un pozzo o una cisterna, la piletta per lavare gli indumenti, il forno dei quali si
servivano tutti gli abitanti della corte, spesso imparentati tra di loro. La vita, quindi, trascorreva
attraverso le mille occasioni di scambio e incontri, in un clima, certamente più armonico.
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foto
OR LA SQUILLA...
Or la squilla dà segno
Della festa che viene;
Ed a quel suon diresti
Che il cor si riconforta.
Nella piazza di Neviano l’orologio avrebbe segnato il tempo del lavoro, del riposo e della
preghiera.
Un’altra delibera che ci ha incuriositi è quella relativa all’acquisto dell’orologio da porre sulla torre
del Palazzo Comunale:
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CURIOSITA’ DI VITA SOCIALE
Che la neve potesse avere un valore commerciale, oggi ci sembra strano eppure…….
Leggendo il documento che segue scoprirai che…….
In alcune delibere del Consiglio Comunale, a partire dal 1906, già si leggeva dell’assegnazione di
un sussidio di lire 100 a colui che avrebbe assunto l’incarico di vendere al pubblico la neve
CONCLUSIONE
La nostra curiosità ci spinge a continuare a cercare. Troviamo così tanti documenti che
riguardano Piazza Concordia, l’Edificio scolastico, la Chiesa e……… basta! Dobbiamo
interrompere il nostro viaggio. Il materiale da esaminare è ancora tanto ma il tempo a disposizione
è finito.
E’ ora di fare un bilancio tutti insieme: abbiamo lavorato tanto, ma, all’inizio del nostro
cammino, non avremmo certo immaginato di trovare tante cose interessanti sulle …Nostre
strade….L’esperienza è stata fantastica e, perciò, chiediamo agli insegnanti che ci hanno guidato in
questo interessante percorso, di poter proseguire la ricerca nel prossimo anno scolastico. Chissà???
Prenderemo in esame la proposta e, se volete, potrete ripartire con noi!
Arrivederci al prossimo anno!
I ragazzi delle classi 1^ della Scuola Media
Anno scolastico 2005/2006
Istituto Comprensivo di Neviano
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Dopo i saluti, è tempo dei ringraziamenti:
All’Amministrazione Comunale che ha finanziato questa pubblicazione e ha permesso la
consultazione di documenti preziosi per la nostra ricerca tra cui il recente P.U.G che, frutto di uno
studio puntuale ed approfondito, si è rivelato ricco di spunti e di informazioni utili.
Alla Segretaria Comunale dott.ssa Fiorella Fracasso, alle signore Maria Cristina Giustizieri,
Anna Costantini e tutto il personale comunale per la grande disponibilità.
All’Archivio di Stato di Lecce per aver messo a nostra disposizione una raccolta di Atti che
hanno arricchito il nostro lavoro.
Alle prof.sse Roberta Colopi , Rita Stefanelli ed al Sig. Giovanni Carluccio, Presidente della
Pro-Loco, per la collaborazione e il materiale fornito.
Un grazie, infine, alle famiglie degli alunni delle classi 1^Media che hanno contribuito al
finanziamento dell’opuscolo.
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…..SULLE NOSTRE STRADE…..