L’idealismo critico kantiano Corso di Filosofia della conoscenza Lezione 16 Il metodo Kant ritiene che la riflessione trascendentale sia il metodo completo da sostituire al modo di procedere dall’antica metafisica Questo metodo sarebbe l’unico modo possibile per la metafisica di presentarsi come scienza Kant procede alla rielaborazione dei principali concetti filosofici secondo i suoi nuovi principi gnoseologici I fini della ragione La filosofia critica di Kant non è una speculazione neutrale, ma un impegno carico di presupposti ed interessato ad una conquista pratica: – L’autonoma realizzazione dell’uomo nella conoscenza del mondo – La prassi morale autonoma, che non necessita istanze normative extrasoggettive Alla conoscenza concorre l’esperienza come dato di partenza singolare e contingente, ma ad essa si deve aggiungere un “autoconoscersi della ragione” che fornisce alla conoscenza l’universalità e la necessità Giudizi analitici e sintetici I giudizi analitici sono quelli in cui il predicato si limita ad esplicitare il soggetto: sono a priori, universali e necessari e si fondano sul principio di noncontraddizione Nei giudizi sintetici il predicato non è contenuto nel soggetto: essi sono a posteriori e derivano dall’esperienza, ampliano la nostra conoscenza, ma, non essendo universali, non possono concorrere alla conoscenza scientifica I giudizi sintetici a priori Sono quelli propri della conoscenza scientifica: esprimono una proprietà universale e necessaria dei fenomeni naturali che di per sé, essendo solo singolari e contingenti, darebbero luogo solo a giudizi a posteriori A quali condizioni sono possibili i giudizi sintetici a priori in matematica, fisica e metafisica, Kant risponde rispettivamente con l’Estetica trascendentale, l’Analitica trascendentale e la Dialettica trascendentale Estetica trascendentale Teoria della sensibilità o del fenomeno empirico: – Materia del fenomeno: la sensazione come reazione di fronte allo stimolo, data a posteriori dall’esperienza della realtà esterna – Forma del fenomeno: lo spazio e il tempo come strutture date a priori, unificanti e ordinatrici, universali e necessarie; il primo, dei sensi esterni, il secondo, dei sensi interni Per questo sono possibili giudizi sintetici a priori nella geometria e nell’aritmetica Idealismo trascendentale I fenomeni sono realtà empiriche, oggetti effettivamente dati dall’esperienza e ricevuti da noi secondo la nostra formalità spazio-temporale Ma che cosa siano gli oggetti in sé, separati da questa formalità, “non possiamo saperlo in nessun modo” Si tratta di un idealismo formale che riconosce un realismo empirico, costruito per il successo della scienza naturale Analitica trascendentale Esamina il problema dell’oggettività scientifica: a quali condizioni il fenomeno sensibile diviene un oggetto fisico conosciuto compiutamente Kant non ammette né le idee innate, né l’astrazione di concetti universali dalle esperienze particolari; inoltre rifiuta l’atteggiamento scettico dell’empirismo La sua ricerca lo porta a potenziare la soggettività umana fino a considerarla trascendentale: sopraindividuale, intersoggettiva, epistemologica, normativa e fondante l’oggettività scientifica Il soggetto trascendentale “Trascendentale” è per Kant il nostro modo, a priori, di conoscere gli oggetti Il nostro intelletto fornisce i principi formali, le categorie, che organizzano e sintetizzano in un’oggettività concettuale i fenomeni empirici Queste forme soggettive a priori sono le condizioni e il fondamento di ogni conoscenza È quindi l’intelletto, l’io trascendentale, che pone le sue condizioni al fenomeno sensibile, e non viceversa: è il pensiero a fondare l’essere Le categorie La natura non è che un insieme formalizzato di fenomeni: siamo noi ad introdurre in essa l’ordine e la regolarità Le categorie non sono tratte dall’esperienza, ma valgono solo per l’esperienza e non è lecito applicarle al di là dei fenomeni sensibili Per Kant non sono conoscibili le cose in sé (noumeni), ma solo come ci appaiono (fenomeni): ne ammette l’esistenza, ma non la conoscibilità Immanentismo kantiano Come abbiamo visto Kant non ammette la conoscenza delle cose in sé ma solo secondo una forma data dal soggetto L’ammissione dell’esistenza della cosa in sé costituisce un residuo trascendente che contrasta con l’impostazione immanentista e questa aporia favorirà l’insorgere dell’idealismo assoluto post-kantiano Dialettica trascendentale La ragione vorrebbe conoscere le cose in sé e non si accontenta degli oggetti di esperienza, per questo elabora le idee, che non sono costitutive della realtà né posseggono validità oggettiva Sono concetti utili e convenienti per avere ordine ed armonia, ma sono costruzioni della ragione e perciò possono avere al massimo valore di ipotesi Non devono però essere trasformate in ipostasi; queste idee trascendentali sono: anima, mondo e Dio La “metafisica dogmatica” La fallacia della metafisica dell’anima è mostrata da Kant nei Paralogismi Le contraddizioni che sorgono nel considerare il mondo come cosa in sé sono mostrate nelle Antinomie Infine confuta le argomentazioni per dimostrare l’esistenza di Dio riducendole tutte all’argomento ontologico La Ragion pratica Per Kant le realtà trascendenti quali la libertà umana, l’immortalità dell’anima e l’esistenza di Dio possono essere solo postulati necessari alla ragione per essere coerente con sé stessa Vengono posti perché possa adempiersi la legge morale che la ragione detta a sé stessa Tali postulati sono oggetto di fede razionale L’idealismo assoluto Corso di Filosofia della conoscenza Lezione 17 Hegel Con l’idealismo tedesco l’immanenza del pensiero diventa padrona della realtà: la coscienza si trasforma in assoluto che ingloba e supera tutte le determinazioni parziali Il sistema di Hegel (1770-1831) diventa una nuova metafisica, nella quale l’essere appartiene totalmente al pensiero Il cominciamento del sapere L’inizio del sapere coincide con il principio dell’essere: “l’atto del soggetto [la conoscenza] viene afferrato quale un momento essenziale della verità oggettiva [dell’essere]” L’inizio del puro sapere non può essere un soggetto o un oggetto particolare, né il cogito cartesiano, né la percezione empirista, né l’io assoluto, nella sua essenza astratta, di Fichte Il primo movimento del conoscere è privo di qualsiasi fatticità, l’inizio è privo di determinazioni Essere e nulla L’inizio del sapere, come immediato indeterminato, è l’essere, la pura oggettività, l’idea più astratta e generale di un oggetto, completamente immanente al sapere “Questo essere puro è poi l’astrazione pura, quindi l’assolutamente negativo, che preso nella sua immediatezza, è il nulla” Il puro essere, a motivo della sua vuotezza, porta in sé la propria contraddizione, il nulla; dalla tensione tra essere e nulla sorge la prima sintesi, il divenire L’avanzamento del sapere Il sapere progredisce ricorrendo alla negatività, alla contraddizione; supera l’indeterminazione dell’essere astratto senza trascenderlo Il sapere muove dall’astratto al concreto, dall’indeterminato al determinato Il sapere assoluto è la conoscenza piena che l’Assoluto ha di se stesso: è un sapere divino che, al termine del processo dialettico, raggiunge l’essere pieno, vita, soggettività, libertà, anima L’Assoluto hegeliano L’Assoluto si trova alla fine del processo dialettico, ma è immanente al processo stesso: è la vita della totalità, che ingloba e supera ciascuno dei suoi momenti Il mondo e l’uomo sono soltanto un “riflusso” della forza espansiva e diffusiva dello Spirito assoluto Dio ha bisogno del mondo come premessa per dare contenuto alla propria essenza: non trascende il mondo ma è immanente ad esso; Dio è un movimento di ritorno su se stesso attraverso le determinazioni finite che ne costituiscono l’essenza Debolezza del sistema hegeliano La dialettica hegeliana non voleva essere un soggettivismo antropocentrico, ma è esposta alla critica della “sinistra”: lo Spirito assoluto non è che una proiezione dell’uomo in una realtà sovrumana L’attività dell’Assoluto non ha costruito nulla; il sistema hegeliano è frutto dello sforzo umano di Hegel, un semplice soggetto pensante La stessa dialettica non resiste ad un rigoroso esame logico Il Realismo critico Corso di Filosofia della conoscenza Lezione 18 Tra idealismo e realismo Alcuni neoscolastici hanno tentato di giungere al realismo partendo dal principio di immanenza Gilson ha criticato questo tentativo: – È impossibile, con qualsiasi metodo, trovare nel pensiero qualcosa che non sia pensiero – Il filosofo non ha motivo di supporre a priori che il suo pensiero sia condizione dell’essere, né far dipendere ciò che dice sull’essere da ciò che sa riguardo al proprio pensiero Partire dall’essere Se si comincia col pensiero non si arriva che ad esseri pensati, oggetti immanenti al pensare Ad un gancio dipinto non si può appendere che una catena dipinta La realtà delle cose materiali è l’oggetto naturale dell’intelligenza; soltanto secondariamente si conosce l’atto con il quale si conoscono le cose; e quindi, attraverso l’atto, si conosce lo stesso intelletto Dubbio universale di San Tommaso In III Meth, 1, n. 343: “A questa scienza […] compete anche il dubbio universale intorno alla verità” Ma per San Tommaso dubbio traduce il greco aporia, che significa problema, difficoltà e non epoché, che è la sospensione del giudizio Il testo in esame significa quindi che la metafisica deve trattare il problema della verità in tutta la sua universalità Anche Sant’Agostino, con il suo si fallor sum, combatte lo scetticismo e non si pone il problema critico dell’inizio del sapere Mercier Parte dal cogito di Cartesio e intende il pensiero come fatto primario Grazie alla riflessione, ci accorgiamo delle sensazioni, della cui passività abbiamo una certa esperienza Così, applicando il principio di causalità, possiamo affermare l’esistenza del mondo esterno Questo procedimento non è molto diverso da quello cartesiano Noël Parte dai dati immediati della coscienza, uno dei quali è il reale, colto all’inizio solo come fenomeno, come ciò che è appreso In un secondo momento, attraverso una certa riflessione, giungeremmo a riconoscere il percepito come una realtà extramentale e non un semplice fenomeno di coscienza come il sogno Picard Propone di cominciare con il sum; ciò che viene colto primariamente in ogni stato di coscienza sarebbe la realtà dell’io Avendo l’intuizione dell’io, avremo anche quella dell’essere e quindi quella dei primi principi Ma partire dal sum anziché dal cogito, non trasforma questa posizione in realista, poiché il sum presupporrebbe l’ens e non si coglie la propria esistenza se prima non si percepisce l’esistenza delle cose Roland-Gosselin Parte dal cogito, ma non ritiene possibile arrivare all’essere esistente né attraverso l’apprensione delle essenze, né attraverso i sensi Il mondo esterno può essere conosciuto attraverso un giudizio che analizza la percezione alla luce dei primi principi: l’essere reale sarebbe un’esigenza del pensiero Un “senso agente” produrrebbe una specie espressa dotata di particolare intenzionalità da far cogliere l’essere particolare a partire da quello indeterminato Maréchal (1) Vuole arrivare al realismo attraverso un’analisi trascendentale di impronta kantiana La realtà può essere raggiunta partendo dallo studio a priori delle facoltà conoscitive: si vuole realizzare una “deduzione trascendentale” delle condizioni a priori degli oggetti del pensiero L’intelligenza possiede un dinamismo che, da ogni esperienza, giunge ad affermare l’essere; nell’atto del giudizio, l’oggetto si scopre come essere in quanto si impone come fine ed il termine ultimo a priori è l’essere assoluto, Dio Maréchal (2) Dio è raggiunto come deduzione dal pensiero e in ogni atto dell’intelligenza si afferma Dio implicitamente Il puro pensiero che tende discorsivamente all’Assoluto postula l’assimilazione di dati esterni, la sensibilità, e, a sua volta, la sua relazione con l’intelligenza Il suo tentativo di “superare” Kant partendo da Kant ha attratto molti filosofi neoscolastici e sta a fondamento dell’antropologia trascendentale di Karl Rahner Rivalutazione del realismo Da una particolareggiata analisi del rapporto tra pensiero e realtà, si deduce che la conoscenza è una parte della realtà, mentre la realtà non una parte né la totalità della conoscenza L’ontologia ha il primato sulla gnoseologia e nella prospettiva della prima si distinguono i diversi significati dell’essere: innanzi tutto la distinzione tra essere reale (come si dà nelle cose) ed essere veritativo (come si presenta alla mente che giudica) Realismo e idealismo L’idealismo considera solo l’essere veritativo, dimenticando il fondamento di questo nell’essere reale; ma ciò porta ad aporie irresolubili che lo mostrano inconsistente Il realismo riconosce l’essere veritativo, ma non lo considera come unico senso dell’essere; la sua apertura alla molteplicità non lo pone in antitesi all’idealismo, ma come un di più aperto a ristabilire le condizioni di fondazione reale della conoscenza vera Il paradosso della verità (1) La conoscenza è vera in virtù di qualcosa che non appartiene alla conoscenza stessa L’essere veritativo rimanda intenzionalmente all’essere reale: la verità non può fondarsi su se stessa, ma sulla realtà Verità si distingue da verificazione (ciò che il conoscente opera al fine di stabilire la verità dei suoi giudizi e che riguarda l’aspetto della certezza soggettiva); verità dice relazione con la realtà oggettiva Il paradosso della verità (2) L’idealismo è la teoria filosofica per la quale ciò che la ragione pone nelle cose è qualcosa di reale; il realismo, invece, è la teoria che giudica questo qualcosa ideale L’idealista vuole rendere reale l’oggetto della conoscenza, mentre il realista riveste l’essere conosciuto di proprietà logiche ideali È l’evidenza oggettiva a fondare la certezza