FORCHE CAUDINE Associazione dei Romani d’origine molisana Notiziario dell’associazione edito dal 1989 Giampiero Castellotti presidente Donato Iannone vicepresidente Gabriele Di Nucci segretario Gianluigi Ciamarra Giovanni Scacciavillani presidenti onorari Fabio Scacciavillani presidente com. scientifico ----------------------------------Supplemento al sito www.forchecaudine.com testata giornalistica registrata il 30 maggio 2008 (n. 221) presso il Tribunale di Roma (già registrato il 9/1/90, n. 5 come periodico cartaceo). Direttore: Giampiero Castellotti [email protected] ------------------------------------La Newsletter di Forche Caudine raggiunge 5.998 persone (30% Roma, 30% Molise, 20% resto d’Italia, 20% estero). Per cancellazioni, anche in riferimento alla legge sulla privacy: [email protected]. La collaborazione è gratuita. “Forche Caudine” è realizzato per passione e senza fini di lucro. La Regione Molise, attraverso il Fondo per le imprese (Fri), mette sul piatto otto milioni di euro per “Innovazione, internazionalizzazione, accordi di rete, start up”. Puntare al futuro va bene. Ma trascurare il presente va meno bene. In Italia, per fare un esempio, le start up, cioè le aziende innovative, sono 3.300. Nel Molise sono appena 15, con uno dei rapporti più bassi rispetto all’entità della popolazione. Sul fronte della ricerca, eccetto l’università, ci sono numeri marginali. Lo spirito cooperativo, inoltre, non è mai stato il forte di questa terra, dove nei principali distretti artigianali, ad esempio, ognuno va per conto suo. Il vulnus più evidente, però, è rappresentato dal presente, cioè dai gravi problemi infrastrutturali che sconsiglierebbero a chiunque di “isolarsi” nel Molise. Dove sono carenti persino le reti telefoniche. Tutto il movimento dell’economia collaborativa, dei makers, dei coworking, sul quale abbiamo da tempo richiamato l’attenzione degli amministratori locali, continua a rappresentare una chimera. Rispetto a questo panorama poco edificante, c’è invece un settore agroalimentare dalle concrete potenzialità, che incarna la vera vocazione e sfida per il territorio. Le aziende agricole molisane, a differenza delle start up, sono 10.145. Percentuale del 29,1% rispetto al 12,5% nazionale. Le 640 aziende alimentari assicurano il secondo posto tra le regioni che ne hanno la più alta percentuale. Insomma, l’agroalimentare, di assoluta qualità, è la bandiera del territorio di cui la regione, dai cittadini alle istituzioni, deve prendere piena coscienza e andarne orgogliosa. Tra l’altro il settore è tra quelli che hanno resistito meglio alla crisi, registrando addirittura una crescita costante. Sono i giovani a riscoprire il gusto della produzione alimentare, adeguandola ai tempi e apportando innovazione (vera). La forte vocazione del Molise per la produzione agroalimentare è insomma indiscutibile. E le percentuali molisane del comparto, che lievitano più rapidamente di quelle nazionali, confermano i margini di crescita. Insomma, la politica locale, anziché inseguire abbagli, farebbe bene ad incrementare gli sforzi verso tale settore, potenziando le infrastrutture, rafforzando le filiere, aprendo l’accesso al credito, premiando la qualità, favorendo finalmente gli sbocchi verso il mercato romano, come chiedono i tanti produttori legati alla nostra associazione. Investire nei valori distintivi che caratterizzano l’agroalimentare molisano è un vero e proprio diktat. Non farlo è autolesionismo. LAUREA WWW.FORCHECAUDINE.IT Inoltre numerose associazioni la inoltrano ai propri soci. EDITORIALE Il Molise è agricolo Da Forche Caudine le più sentite congratulazioni alla nostra giovane collaboratrice Erika Zannino, originaria di Roccaravindola (Isernia), che si è brillantemente laureata all’università “La Sapienza” con votazione 110 e lode. IN MOLISE ‘SCIOCCA’ Venerdì 6 marzo 2015: Campobasso sotto la neve. FORCHE CAUDINE – PAGINA 2 (Foto di Fernanda Falcone) EMOZIONI / 1 Piccolo Grande Molise di PASQUALE DI LENA Il Molise, anche se con un territorio limitato sotto l’aspetto della superficie (4.438 chilometri quadrati, di cui più della metà (54 per cento) montagne, il resto fondamentalmente colline, visto che le pianure sono tre e molto limitate), è, però, ricco di valori e di risorse. Un vero e proprio scrigno che merita ogni considerazione per le potenzialità che esso può esprimere e, nel momento in cui questo accade, diventare occasione di cambiamento e di affermazione della molisanità, proprio quando essa viene messa in discussione da attacchi provenienti da più parti, la gran parte sconsiderati e puramente propagandistici, alla sua autonomia. Cosa fare per affermare la molisanità? Sono convinto che il Molise, con la sua autonomia, ha dato quello che poteva dare nella progettazione del suo sviluppo e deve continuare a farlo con più capacità e forza, se il molisano e, soprattutto, la sua classe dirigente e politica, prende nella dovuta considerazione il significato ed il valore del territorio. Importante per capire che esso è il solo bene che il Molise ha. Una vera e propria miniera dalla quale estrarre risorse preziose che servono per programmare e progettare il domani. Considerare il territorio e avere la forza e la capacità di salvaguardarlo, tutelarlo e valorizzarlo, approfittando dello sbandamento prodotto dalla pesante crisi, per far diventare il Molise un esempio per il Paese e per l’Europa. Ha, del resto, la dimensione, conformazione e collocazione (nel cuore del Mediterraneo) giuste per esserlo e, soprattutto, i caratteri propri di un territorio vocato, grazie alla sua diffusa ruralità, all’agricoltura e al turismo. Ed è proprio questa sua fondamentale risorsa, l’agricoltura (la gemma più preziosa dello scrigno), il primo esempio da offrire al Paese con la sua funzione di volano e la sua collocazione al centro di un nuovo tipo di sviluppo. Il territorio e la sua agricoltura, lungo un percorso segnato dalla sostenibilità, per rilanciare l’economia e la società quale via d’uscita dalla crisi che soffoca il nostro Paese e la nostra Regione. Affermare questo vuol dire spendere tutte le risorse messe a disposizione e spenderle per programmare e progettare un’agricoltura all’altezza del compito e del momento difficile che viviamo. Un momento, ripeto, che ha bisogno di essere rimosso in tempi ristretti se si vuole dare alle nuove generazioni la speranza e la fiducia nel domani. In questo senso dico anch’io - e lo dico con grande forza che nel Molise ci sono le possibilità di una svolta verso il futuro, si tratta solo di cogliere questa grande opportunità. Nel libro “la teoria del caos” si legge che “non si può cogliere un fiore senza turbare una stella” o, anche come più mi piace pensare - "affascinare una stella". Si dice anche che il minimo battito d’ali di una farfalla, per esempio a Montelongo o a Castelpizzuto, sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo, che so’ in Australia o Nuova Zelanda. La farfalla Molise richiama in me questa metafora e mi porta a immaginare il suo battito d’ali capace di scatenare, non un uragano, ma una voglia di emulazione dei suoi progetti e delle sue realizzazioni, nel momento in cui si decide di fare di una regione, che è piccola e grande insieme, un laboratorio utile al Paese. Partendo dal suo stato di farfalla, cioè sensibilità e fragilità insieme e, come tale, espressione alta di sostenibilità ambientale, per sviluppare, in ogni campo che riesce a esprimere, le straordinarie potenzialità con i risultati a disposizione del Paese. In questo senso io dico “il piccolo grande Molise” e lo dico soprattutto quando penso che c’è un Molise di poco più di trecentomila abitanti, suddiviso in 136 territori segnati da poche case come Provvidenti o Conca Casale. Un Molise piccolo di fronte a quello grande che, segnato dalle ricorrenti emigrazioni, è sparso in ogni parte del mondo. Unire saldamente queste due realtà in unico Molise, quello della programmazione e della progettualità, per sognare, nel momento in cui si lavora per realizzarlo, ancor di più il futuro di questa nostra stupenda terra che, se uno pone attenzione, non invecchia mai, anzi, con il tempo ringiovanisce e diventa, come lo è in questo momento storico, di grande attualità. FORCHE CAUDINE – PAGINA 3 ►►► segue dalla pagina precedente Nessuna delle restanti diciannove regioni italiane è più attuale del Molise e dico questo con grande convinzione e forza per smentire quanti parlano e sparlano del Molise, soprattutto quando dimostrano di non conoscerlo o di conoscerlo solo in parte. Perdere questa straordinaria opportunità, generata dalla crisi di un sistema, da tempo fallito,e, per questo, ancor più ingiusto e spietato con i deboli, vuol dire ridurre il Molise a poca cosa o, ancora peggio, al servizio di altre realtà. C’è bisogno di contrattaccare e di far capire, a quanti stanno perdendo energie e tempo per ridar via a un passato che non c’è più, di spendersi per unire il piccolo e il grande Molise in modo da far esprimere potenzialità inaspettate a questa nuova realtà, soprattutto per quanto riguarda il recupero di strutture e infrastrutture che caratterizzano fortemente il territorio, proprio perché profondamente ad esso legate. Ecco, facciamo battere le ali della farfalla Molise con progetti e programmi e rimaniamo in attesa per capire gli effetti prodotti, qui e altrove. Tante montagne e tante colline, minute pianure e un ristretto tratto di mare; un’agricoltura e una ruralità, in percentuale, più diffuse che altrove; olio, vino, cereali, ortaggi e frutta e abbondante tartufo, con quello bianco più che in ogni altra parte d’Italia; un ricco passato e tanta cultura; ricche tradizioni, con una cucina all’insegna della semplicità e ricca di mille variazioni sul tema cereali, forno, orto, pescato; la bellezza dei suoi paesaggi e la memoria della transumanza, dei piccoli paesi. Una Regione che appare come una deliziosa, incantevole Città-campagna Proprio perché piccolo è ancora più prezioso il territorio di questo nostro Molise. Sperperarlo vorrebbe dire rimpiangerlo presto, soprattutto ora che c’è la necessità e l’urgenza di tracciare un percorso, anche se solo un viottolo, che serve, però, a capire in quale direzione andare e dove si vuole arrivare per dare un futuro ai giovani. Questi nostri figli, che, purtroppo e sempre più, prendono la via che porta a emigrare altrove per lavorare ed esprimere la propria professionalità, in pratica cercare di vivere la vita… Vivere la vita una sensazione che la società dei consumi e dello spreco non riesce più a dare. Il territorio, questo straordinario e fondamentale bene comune, che è sempre stato e resta la sola risorsa dalla quale ripartire per dare una risposta di lavoro e di qualità della vita ai giovani, una sicurezza alle famiglie, una speranza e una voglia di fare senza le quali non si muove nulla, tutto resta fermo o va indietro. Il territorio quale contenitore di valori e di risorse che bisogna conoscere per poterli condividere con gli altri, renderli comprensibili e spiegarli perché tutti siano portati a esprimere questi valori e queste risorse - di cui prima parlavo e che vale la pena riportare - quali l’ospitalità, la storia, la cultura, il nostro cibo quotidiano di assoluta qualità, la nostra terra, le nostre tradizioni di cui alcune antichissime. La ruralità, quindi, come straordinario valore di grande attualità e modernità e non un segno di arretratezza, ma l’espressione più avanzata di quel grande e fondamentale patrimonio che è il territorio e la sua agricoltura, da porre entrambi al centro di questo nuovo modello di sviluppo. Territorio e Agricoltura quali patrimoni di saperi, cioè di conoscenze e di competenze, di valori storicoculturale-artistici, paesaggistici e quelli legati alle tradizioni, che il tipo di sviluppo in coma ha provato a cancellare e continua a farlo per mantenere alta la bandiera del profitto per il profitto. ■ FORCHE CAUDINE – PAGINA 4 EMOZIONI / 2 La “scoperta” dei coltellinai E’ il 1958. Un giornalista de “Il Mattino” scrive sui coltellinai molisani… di MARIO STEFANILE I quattro righi dedicati a Frosolone dalla Guida d’Italia mi saltarono improvvisamente in mente quando il temperino che manovravo assai maldestramente intorno a non so quale groviglio di fili elettrici nel cofano dell’automobile, mi punse un dito e succhiandomi la goccia di sangue che ne era sprizzata ecco che ricordai: “Frosolone, metri 894 s.l.m. abitanti 2015, stazione climatica estiva, risorto dopo il terremoto del 26 luglio 1805. A Frosolone prosperano oltre un centinaio di piccole officine in cui si lavorano a mano coltelli e forbici ovunque apprezzatissimi” E poiché so che la Guida del Touring è sempre scrupolosamente esatta, decisi di andare a Frosolone, a dare anche io un’occhiata a quel paese che con qualche ragione immaginavo fiorentissimo, perché certamente quel particolare artigianato dei coltelli e delle forbici “ovunque apprezzatissimi” vi aveva portato ricchezza e benessere, l’una e l’altro ben distribuiti e irradiati proprio da quel centinaio di “piccole officine”. Non badai più che tanto, rileggendomi i quattro righi della Guida, a quella precisazione “si lavorano a mano”: che avrebbe dovuto mettermi in allarme perché nell’anno di grazia 1958 la mano dell’uomo non vale più granché, se non schiaccia bottoni o manovra leve di complicati macchinari dagli ingranaggi misteriosi dai quali escono prodotti tutti uguali, non fosse che nell’anonima bruttezza. La chiave era tutta là, non me ne accorsi e tirai allegramente il collo alla mia automobile sullo stupendo vialone alberato che fra Vinchiaturo e Isernia trasforma la Statale n° 17 in una “avenue” incredibile. Davo sguardi distratti ai paesini che intravvedevo appollaiati sulle pendici del Matese: Guardiaregia, Campochiaro, San Polo, San Massimo, Roccamandolfi, giurando a me stesso che un giorno o l’altro sarei andato a vedermeli tutti, anzi in qualcuno vi avrei trascorso qualche vacanza, sdraiato nelle vallette prative a numerare le cime più alte dei monti: il Miletto, il Gallinola, il Caruso, il Falasca, oppure a colloquio con i contadini e con le contadine accompagnandoli magari alle fiere e ai mercati. In fondo sapevo che i miei georgici sogni non si avvereranno mai, ma li carezzavo lo stesso, girando al quadrivio di Cantalupo, verso Macchiagodena e Frosolone, lungo la provinciale che gira e rigira per Trivento e San Salvo, si immette poi, verso le foci del Trigno, nuovamente sull’Adriatico. Così giunsi a Frosolone, che sta quasi sopra uno sperone di roccia, come gran parte dei paesi e paesini dell’Italia meridionale, fondati in posizioni impervie per sfuggire ad assalti e a incursioni cui da secoli erano stati sottoposti da parte degli invasori. Mi incamminai per il centro storico con l’animo già predisposto alla vista di un paese palpitante per rumori e sibili e fruscii di torni, di frese, di mole, di presse in movimento nelle cento officine e invece, naturalmente non incontrai che il silenzio, qualche ragazza sulla soglia della sua casa alzava appena gli occhi dal cucito che aveva tra le mani, un giovanotto seduto ad un caffè mi dette appena uno sguardo; tutto sembrava come inerte e abbandonato nel gran sole che accendeva riverberi dalle bianche facciate delle case e che faceva più neri e densi gli alberi raggruppati in un giardino pubblico circolare. Detti ancora uno sguardo ai quattro righi della Guida, chiesi a qualcuno, mi accennò con l’indice a un basso edificio che stava aldilà del folto degli alberi “Quella è la Cooperativa” disse. FORCHE CAUDINE – PAGINA 5 ►►► alla pagina seguente ►►► segue dalla pagina precedente Dietro un banco, al di là del quale in certi stigli a cassetto vidi i tipici involti dei coltelli, stava un uomo di mezza età, magro e con gli occhi severi che discorreva con un altro uomo, dalle gote rosee e fresche, un berretto a visiera sul capo, messo come se stesse per andare in città, voglio dire con l’abito della festa, mica del lavoro. Coltellinai anche loro due, seppi subito: e della Cooperativa, cioè di questo esperimento economico - sociale che riunisce un gruppo di artigiani per distribuire più equamente il guadagno. Nessuna gerarchia, soltanto una divisione dei compiti concordata secondo le particolari attitudini di ciascun socio: e mentre la più parte restava alle fucine, alla pressa (ce n’è una sola, purtroppo!), alle mole, uno lavora alla trancia, un altro alle molle, un terzo bada alle vendite sul posto, un altro ancora carica due valigie con il campionario e va in giro per l’Italia meridionale a offrire una merce indubbiamente assai apprezzata ma che, per essere lavorata tutta e soltanto a mano, non può battere certamente la concorrenza italiana di Maniago o quella tedesca di Solingen o quella spagnola di Toledo. Felice Di Iorio, Alfonso Giusti, Felice Russo, per esempio sono operai consorziati in questa cooperativa, fanno sforzi inauditi e commoventi per trasformare il piccolo artigianato locale in una piccola industria, sognano semplici ma preziose macchine che possano permettere loro di fabbricare coltelli di acciaio inossidabile o forbici da barbiere o da carta o da stoffa risparmiando sui tempi di produzione. Ormai tutta l’economia attuale considera i tempi di lavoro come fattore essenziale del costo: di qui tutta una nuova tecnica di amministrazione aziendale che il capitale sociale di una piccola cooperativa, come è questa dei coltellinai riuniti di Frosolone, non può rendere concreta. Il periodo di massimo splendore per questo artigianato di primissimo ordine risale al vecchio secolo quando i prodotti si smerciavano per tutta l’Italia soprattutto meridionale, quando da Napoli si irradiavano ancora molti prodotti per il resto del sud, quando c’erano scarsi mezzi di comunicazione e ancora più scarse esigenze negli acquisti. Ma via via, come ho detto, Solingen dalla Germania e Maniago dall’Italia settentrionale buttarono sul mercato meridionale prodotti lavorati a macchina in grandissima serie, a prezzi notevolmente inferiori e l’artigianato di Campobasso, di Sant’Elena, di Frosolone, subì il colpo, si dovettero ribassare non i costi di produzione, ma i margini di guadagno, talvolta addirittura svendere per poter acquistare l’acciaio da fucinare e da traforare e da molare. Fino a una diecina di anni fa gli artigiani di Frosolone lavoravano e tentavano di vendere ognuno per proprio conto, soprattutto sui mercati più vicini di Napoli e di Roma; e la stessa disorganizzazione contribuì a far pazzo un mercato che diventava per proprio conto più difficile ogni giorno. La cooperativa, riunendo gli sforzi di un centinaio di nuclei operai, e stabilizzando in qualche modo i prezzi, vendendo cioè secondo una tariffa unica, ha tentato in qualche modo di arginare la preoccupante congiuntura economica: ma ogni operaio non riesce a guadagnare più di settecento lire al giorno; vi sono periodi di assoluta magra, i mercati rifiutano il prodotto - non soltanto questo di Frosolone, s’intende, ma anche quello di Solingen e Maniago - perché saturi, e soltanto le aziende a conduzione industriale, con un capitale di riserva, riescono a superare le difficoltà senza eccessivi e talvolta insopportabili disagi. I sogni dei coltellinai di Frosolone si concretizzano quasi tutti in una diecina di milioni di lire di capitale da poter manovrare secondo le stagioni, per dare all’economia del loro artigianato un carattere più stabile: ma finora sono riusciti ad ottenere in prestito dai fondi per l’artigianato soltanto poco più di un milione, gli uomini politici che hanno fatto una campagna elettorale di sole promesse hanno avuto la sgradita sorpresa di ottocento schede bianche nelle ultime elezioni. È stato il più dignitoso modo di protestare che potessero opporre i coltellinai di Frosolone a chi non ha badato ai loro piccoli problemi. Ma i problemi anche piccoli, in un’Italia piccolissima, hanno il loro peso, definiscono una situazione che da economica si fa sociale e che può diventare politica. Il problema di Frosolone, dei suoi coltelli e delle sue forbici, non è problema gravissimo, d’accordo; ma occupa la mente di tutti questi bravi artigiani che passano molte ore in un lavoro pericoloso, non è certamente facile dosare la pressione di una lama aguzza e affilatissima contro una mola scintillante e vorticosa; non è facile montare le molle in quegli orribili stiletti che scattano aguzzi e micidiali e che fanno pensare ad atroci risse nei chiassuoli malfamati; non è facile, soprattutto, lavorare il corno per i manici: ed è difficilissimo vendere il prodotto finito, vi è la sottile rete dei passaggi di mano in mano, di rivenditore in rivenditore con piccolissimi margini di guadagno che sfumano non si sa come... Troppo poco il pane da tagliare per un milione di coltelli: è la dura verità per un paese chiuso tra i monti, che non ha altre risorse se non quelle assai magre di un’agricoltura di montagna e queste antiche e nobili di un artigianato di pregio. Forse per questi motivi, detti a denti stretti, ma senza risentimento, soltanto con grandissima amarezza, gli occhi del coltellinaio dietro il banco della cooperativa sono così severi. Nella bottega in penombra, scintillano adesso le lame, che mi mostrano, di coltelli da tavola; da frutta, da carne, di coltelli per agricoltori, a lama piatta, a lama curva, a bordo seghettato, di coltelli da tasca, con il morsetto per le cartucce dei cacciatori, col cavatappi, con l’apribottiglie, di coltelli a molla per i mafiosi e i violenti... Ma scintillano anche cupamente gli occhi di due ragazzini, i figlioletti del coltellinaio che bada allo smercio dei prodotti: anch’essi un giorno o l’altro, comunque assai presto, lasciate le scuole andranno a premere una lama di acciaio fucinato contro una mola vorticosa e scintillante o andranno, con una valigia di cartone, in giro per l’Italia a vendere i loro coltelli. O sogneranno forse di andar via dalla loro terra pur così bella, di camminare verso la Svizzera o verso il Canada, senza più coltelli cioè con un solo coltello nel cuore, quello di un’amarissima nostalgia. ■ FORCHE CAUDINE – PAGINA 6 L’ATTUALITA’ Il nodo della questione libica di UMBERTO BERARDO Certo che noi italiani siamo davvero un popolo difficile da capire ! Rispetto ai conflitti che si sono aperti nel mondo ed ai problemi conseguenti non abbiamo mai cercato di fare mente locale, di affidare subito ad esperti lo studio delle questioni e di aprire il confronto tra la popolazione, ma abbiamo lasciato che dichiarazioni istintive ed incomprensibili percorressero la bocca di ministri che hanno blaterato di tutto e di più, tranne poi smentire o ridimensionare quanto affermato. In moltissimi casi siamo andati tranquillamente a rimorchio di decisioni altrui, anche quando queste erano palesemente contro articoli della nostra Costituzione e perfino nel caso in cui si ritorcevano pesantemente contro l'interesse nazionale. Abbiamo così accettato, solo per fare qualche esempio, la Guerra del Golfo del 1990-91 o quella contro la Libia del 2011. Noi siamo inseriti in organizzazioni internazionali rispetto alle quali, tuttavia, spesso manifestiamo incapacità di autonomia e di giudizio critico. In questi giorni siamo di fronte a posizioni del governo italiano rispetto alle minacce dei militanti dell'ISIS dalla Libia che hanno davvero dell'incredibile. Il centro del potere del cosiddetto Stato Islamico o Califfato che dir si voglia è in Iraq e Siria e da lì ha cominciato a diffondere azioni di violenza, di brutalità e di orrore in diverse aree geografiche. La comunità internazionale al riguardo si è limitata finora ai bombardamenti con i droni o a sostenere malamente la lotta di Curdi, un tempo perseguitati, o più tardi della Giordania, pensando ancora una volta che la soluzione unica e definitiva sia quella delle armi e della violenza. Ora l'Italia ed altre nazioni europee, dopo aver fatto crescere il potere anche militare dell'ISIS, si muovono spinte dal pericolo che si avvicina alle porte di casa, ma ancora una volta sembrano voler ripercorrere gli errori di sempre. Nei giorni scorsi si è parlato di un intervento militare in Libia dimenticando che lì di caos noi europei insieme agli Stati Uniti ne abbiamo già creato troppo. Qualche giorno fa abbiamo sollecitato l'indizione di una conferenza internazionale sul problema ISIS capace di studiare un itinerario diplomatico in grado di portare all'assunzione di responsabilità non solo i Paesi occidentali, ma evidentemente anche quelli islamici. Se l'Occidente capisce che deve finire qualsiasi logica di tipo neocoloniale ed i Paesi arabi che occorre isolare il terrorismo sul piano economico, politico, culturale, religioso e mediatico forse si comincia a delineare la strada che può portare ad una convivenza pacifica su questa Terra. Oggi abbiamo popoli presso i quali la civiltà ha portato alla dichiarazione di tanti diritti della persona, ma essi sono limitati solo a certe aree geografiche come a percentuali ridottissime della popolazione e non sono coniugati ancora a livello mondiale. Il mondo occidentale ad esempio non sa o non vuole condividere con il resto dell'umanità la tutela della salute ed il benessere; anzi gli altri sono solo visti in funzione del proprio arricchimento. Ci sono popoli poi che devono uscire da radicalismi religiosi o ideologici che vorrebbero negare uguali diritti per tutti ed appaiono incapaci di dialogo interculturale. Paesi che si arricchiscono con il commercio delle armi devono capire che il terrorismo si combatte certo all'interno delle aree geografiche in cui si sviluppa con la crescita della ricerca culturale e con l'incontro diplomatico tra tutti gli attori in campo, ma anche con un cammino che necessariamente deve portare l'umanità verso il disarmo. L'Italia in merito non può dare lezioni a nessuno perché le armi le produce, le vende e le compera come sta facendo ora con gli F-35. Intanto il terrorismo va isolato sul piano dei finanziamenti economici e nella fornitura delle armi. Ci sono nazioni al riguardo che bleffano perché, pur dichiarandosi ieri contro Al Qaeda ed oggi contro lo Stato Islamico, in realtà continuano tranquillamente a finanziare simili movimenti del terrore. Sono queste a nostro avviso le linee di azione verso le quali occorre che si muova la governance mondiale, le cui organizzazioni, spesso inefficienti ed incapaci, vanno al più presto riformate, rese sempre più democratiche e dotate di mezzi e strutture politiche utili per l'operatività intorno ai conflitti che insorgono nella convivenza tra i popoli. Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu, riunito il 18 febbraio ha escluso al momento qualsiasi intervento militare in Libia, proposto ad esempio dall'Egitto, optando per una soluzione diplomatica che dovrebbe prevedere un cessate il fuoco ed un tentativo di accordo tra i gruppi che occupano le diverse città del Paese con la possibilità di giungere ad un governo di unità nazionale. Non sarà facile mettere d'accordo Fair Libya, milizie islamiche vicine ai Fratelli Mussulmani che occupano Tripoli, Misurata e Sirte, Ansar Al Sharia, Jihadisti partigiani della legge islamica presenti a Bengasi ed il Governo riconosciuto di Abdullah Al Thani a Tobruk. Realizzato tale progetto di stabilità della Libia, che proprio noi occidentali abbiamo destrutturato come tante altre aree geografiche, c'è da risolvere contestualmente l'isolamento di Abu Bakhr Al Baghdadi, che con suoi seguaci è riuscito ad arrivare nella zona di Derna. ■ FORCHE CAUDINE – PAGINA 7 PRIMO PIANO I “nuovi barbari” a Roma Non possiamo dimenticare la profanazione dei tifosi olandesi alla nostra Città Eterna. Ecco cosa c’ha risposto l’ambasciatore… di PIERINO VAGO Un’ulteriore gettata di fango su Roma. La città, sempre più spesso profanata da manifestazioni che degenerano in atti di teppismo e in violenti scontri con le forze dell’ordine (sono vive nella memoria dei romani, ad esempio, le immagini della devastazione del quartiere San Giovanni nel 2011 ad opera di “fantomatici” black bloc di cui non s’è avuto più notizia, ma anche gli scontri tra romani e napoletani prima della finale di Coppa Italia dell’anno scorso), ora ha dovuto subire l’onta barbarica di qualche centinaio di tifosi olandesi. Colpisce non solo la stupidità di questi giovani della “civilissima” Olanda, i quali, in modo chiaramente premeditato, hanno organizzato la notte di follia a Campo de’ Fiori e la devastazione del centro storico di Roma, tra auto danneggiate, muri trasformati in latrine ed i noti danni alla Barcaccia del Bernini in piazza Navona (oltre agli autobus fracassati). Avvelena di più l’impotenza di chi è pagato per tutelare la sicurezza pubblica. E, more solito, nessuno ha pagato per quello scempio, di cui il tempo offuscherà il ricordo (e le responsabilità). Come “Forche Caudine” abbiamo scritto – ed invitato i nostri amici a fare altrettanto – all’ambasciatore olandese a Roma (tra l’altro di Rotterdam) e ad altre istituzioni dei Paesi Bassi per esprimere lo sdegno e affinché i vertici olandesi venissero sollecitati a compiere un atto di solidarietà concreta. Siamo ovviamente convinti che qualche centinaio di esagitati non possono macchiare un’intera nazione, sebbene quanto visto nella partita di ritorno tra Feyenoord e Roma, con quella pioggia di accendini (e non solo) lanciata dagli spalti, la partita sospesa e quant’altro, abbiamo gettato sale sulla ferita. Dall’ambasciata hanno mandato una risposta ai tanti che hanno scritto (noi compresi), nella quale – però – s’illustrano le iniziative della cosiddetta “società civile”, cioè “dal basso”, mentre “dall’alto” non si sono spesi poi molto a mettere in campo atti di solidarietà e di “redenzione” per l’immagine di un intero popolo. Cosa c’hanno scritto dall’ambasciata d’Olanda a Roma? Ecco il testo della loro mail: “Buon giorno, Grazie della Sua mail. Ci scusiamo per il ritardo, ma visto la mole di reazioni ricevute non ci è stato possibile rispondere prima. Condividiamo con voi lo sdegno e lo sconcerto per il comportamento di un gruppo (minoritario) di teppisti. Il calcio deve essere una festa dove non c'è posto per la violenza. Le autorità italiane possono quindi contare sulla completa collaborazione ed impegno dell'Olanda per far sì che i colpevoli siano puniti e costretti a pagare per i danni da loro causati. L'Olanda ha piena fiducia nella giustizia Italiana che deve accertare le responsabilità penali e civili per gli atti di vandalismo. Anche la Polizia nei Paesi Bassi ha aperto un'inchiesta per identificare gli autori degli atti vandalici a Roma. Sabato 21 febbraio, in una telefonata al suo omologo italiano Matteo Renzi, il Primo Ministro olandese Mark Rutte ha definito come terrificanti gli atti distruttivi compiuti da un gruppo di tifosi e ha espresso il suo senso di vergogna per il comportamento di questi suoi connazionali. continua alla pagina seguente ►►► FORCHE CAUDINE – PAGINA 8 PRIMO PIANO continua dalla pagina precedente ►►► Simili considerazioni sono state espresse dal Ministro degli Esteri olandese Koenders al suo collega italiano Gentiloni e dal Sindaco di Rotterdam, Aboutaleb, al Sindaco di Roma, Marino. Martedì 24 febbraio, l’ambasciatore Michiel den Hond ha ricevuto una delegazione dei partecipanti al sit-in “Siamo tutti nella stessa barca” tenutasi davanti all’ambasciata olandese a Roma. Nel frattempo sono state organizzate diverse iniziative da parte di cittadini privati e aziende olandesi per dare un contributo alla tutela del patrimonio culturale della città, in particolare per la “Barcaccia” di Piazza di Spagna. Una di queste è un gruppo formatosi spontaneamente tra gli olandesi di Roma sotto la sigla “Salviamo la Barcaccia”. In Olanda si è poi formato il gruppo Wij zijn Romeinen (Anche noi siamo romani) che sta raccogliendo fondi tramite crowdfunding, mentre gli studenti di un ginnasio della città di Zwolle raccolgono soldi da offrire al sindaco Marino durante il loro viaggio di studio a Roma, la settimana prossima. Speriamo e confidiamo che un incidente, pur grave, come questo non nuoccia agli ottimi rapporti da sempre esistenti tra i nostri Paesi. Distinti Saluti, L’Ambasciata del Regno dei Paesi Bassi presso la Repubblica Italiana”. Onestamente ci sembra la classica foglia di fico rispetto alla grave profanazione compiuta da questi veri e propri barbari. Gian Lorenzo e Pietro, scusate la loro ignoranza… Architetto, pittore, scenografo, Gian Lorenzo Bernini è uno dei maggiori scultori del Seicento italiano. Figlio dello scultore fiorentino Pietro Bernini, Gian Lorenzo nacque a Napoli il 7 dicembre 1598. Il padre rientrava a Roma con la famiglia nel 1605 per lavorare nei cantieri di papa Paolo V Borghese; proprio nella nostra città Gian Lorenzo ha compiuto la sua formazione artistica studiando la scultura classica e la pittura di Caravaggio. Inizialmente allievo del padre, poi ne è diventato uno dei collaboratori. Tra i suoi committenti iniziali ci furono le grandi famiglie nobili di Roma: i Borghese, i Barberini e gli Aldobrandini. Per il cardinale Scipione Borghese ha eseguito quattro gruppi scultorei che lo hanno impegnato dal 1619 al 1625. Si tratta di Enea e Anchise, del Ratto di Proserpina, del David e di Apollo e Dafne. A seguire Gian Lorenzo Bernini è stato scelto da Maffeo Barberini, il futuro papa Urbano VIII, per la realizzazione di spettacolari progetti urbanistici e architettonici a Roma. Ha eseguito due tra i suoi capolavori: l’innovativo Baldacchino di San Pietro, con le sue colonne tortili, e l’imponente Monumento funebre di Urbano VIII, commissionato nel 1628. Nel 1629 Bernini, al culmine della fama, è stato nominato architetto di San Pietro. Proprio in questo anno, 1629, Bernini padre e figlio lavorarono alla Barcaccia di piazza di Spagna. Probabilmente fu il figlio Gian Lorenzo a completarla alla morte del padre. Con la salita al soglio pontificio di Papa Innocenzo X, la carriera di Gian Lorenzo Bernini subì una battuta d’arresto: l’architetto preferito del nuovo Papa diventò Francesco Borromini. Su commissione di Innocenzo X, però, intorno al 1650 realizzò la Fontana dei Quattro Fiumi di piazza Navona. Negli anni successivi Bernini si dedicò soprattutto alla realizzazione di progetti architettonici, come il Palazzo di Montecitorio a Roma, la Chiesa di Sant’Andrea al Quirinale, e fu incaricato di seguire la conclusione dei lavori per l’emiciclo di piazza San Pietro: tutta la piazza è avvolta nell’abbraccio del suo colonnato. Gian Lorenzo Bernini morì il 28 novembre 1680, all’età di quasi 82 anni. FORCHE CAUDINE – PAGINA 9 MOLISE La Stella cadente Salita e caduta di un governatore Doveva rappresentare la svolta: e invece fa rimpiangere persino Iorio. I numeri del Molise dicono crisi nera. A chiedere le dimissioni di Frattura sono sempre di più. Anche da sinistra. di PIERINO VAGO E’ stato votato dai molisani per un reale cambiamento. E’ stato salutato con speranza. Ma con il tempo, il governatore Paolo Di Laura Frattura sembra essere caduto in disgrazia. Prima un sondaggio nazionale che lo ha posto in fondo alla classifica del gradimento. Ora addirittura una richiesta di “impeachment popolare” promossa da una serie di comitati e che sta raccogliendo consensi in modo molto rapido. La diretta “messa in stato di accusa” del presidente della Giunta regionale del Molise, come spiegano i promotori dell’iniziativa, è “per evidenti conflitti di interesse e per aver mentito, altrettanto palesemente, ai molisani”. Quali gli oggetti delle gravi accuse? “Dalla Bio.com alle biomasse (Civitas), dalla metropolitana leggera alla devastazione ambientale, dalle mega pericolose discariche al centro di accoglienza-centro delinquenza, dalle abbandonate attività produttive al disastro della sanità pubblica, dalle vergognose mega retribuzioni ai bandi culturali osceni, a tutte le imperdonabili negatività di un percorso gestionale che somiglia più a un percorso di guerra civile che a una sana amministrazione pubblica – sottolinea Emilio Izzo, uno dei promotori della raccolta firme. Insomma, un forte degnale “dal basso”. Dove non può, o meglio, non vuole la politica; dove non può, o meglio, non vuole la magistratura, possono, vogliono e devono i cittadini. Più chiaro di così. A sostenere le ragioni dei “dissidenti” sono anche i numeri: il Molise continua a precipitare. Tra i tanti Sos, ce n’è uno, particolarmente significativo, della Cgil. Riguarda la “desertificazione” del Molise. A partire dalle scuole. Il declino demografico sta ulteriormente impoverendo i territori con scenari da dopoguerra soprattutto nel Molise interno. I giovani vanno via in massa. Il declino socioeconomico è evidente. Il turismo non decolla. Spingere per affermare le produzioni locali è sempre più difficile. SEMPRE PIU’ SCOLORITO. Il governatore molisano Paolo Di Laura Frattura, ex centrodestra, oggi centrosinistra. I numeri sono impietosi. Il bilancio tra nascite e morti è una forbice che s’allarga sempre di più: a gennaio 2014, ad esempio, ci sono stati 186 nati e 372 morti. A febbraio 143 nati e 308 morti. A marzo 190 nati e 349 morti. Insomma, il già piccolo Molise perde oltre 100 residenti al mese. Da gennaio a settembre 2014, ultimi dati disponibili dell’Istat, la popolazione complessiva ha perso un migliaio di unità. Ora siamo a 313 mila, molti residenti – tra l’altro – vivono altrove. Colpa solo di Frattura? Ovviamente no. Ma la Regione è ferma. Non s’attuano idee, piani straordinari, slanci, coinvolgimenti. Si continua con il difendere l’esistente. Il povero Michele Petraroia, tra i migliori in circolazione, è costretto ad inseguire le emergenze, a tappare i buchi, spesso a contribuire a perpetuare situazioni fallimentari a fronte della salvaguardia dei posti di lavoro. Con i pochi fondi a disposizioni si continuano a sostenere piccoli eventi culturali che servono solo ad alimentare il consenso locale. O meglio, a non farlo precipitare del tutto. continua alla pagina seguente ►►► FORCHE CAUDINE – PAGINA 10 MOLISE continua dalla pagina precedente ►►► Per il resto s’è costretti a parlare di “Expo 2015”, come se il Molise potesse avere un ruolo da protagonista, o di “Macroregione Adriatica”, come se fosse la panacea per tutti i mali. Praticamente un’unica regione andrebbe ad inglobare Marche, Abruzzo e Molise, quest’ultima una piccola Cenerentola. Certo, a livello nazionale ciò apporterebbe indubbi benefici economici con i tagli di tanti Palazzi ed enti più o meno inutili in regione. A cominciare dalla stessa Giunta. Ma mentre crescono le Città metropolitane, partite lo scorso primo gennaio, la realtà molisana appare sempre più isolata nel suo essere area interna, fragile, avvolta nel silenzio, con i suoi atavici deficit infrastrutturali. Servirebbe una forte mobilitazione politica e civile per rianimare il territorio, come scrivono tanti analisti. Ma, come si suol dire, “chi ha la pancia piena non si muove”. Così la politica è ferma nelle sue rendite di posizione ed economiche. Intanto la pagina Facebook del Comitato impeachment popolare – “Dimissioni per Frattura” ha oltrepassato il migliaio di “Mi piace”. “Adesso facciamo sul serio e andiamo alla prova della piazza – incalzano i promotori. “Subito tre appuntamenti con la stampa e con i cittadini per testare live gli umori rispetto a quanto da noi del Comitato preannunciato, cioè una copiosa raccolta di firme popolari per chiedere al presidente della giunta regionale del Molise di rassegnare le dimissioni. Quel pezzo profetico di Paolo De Chiara… L’aveva scritto il bravo Paolo De Chiara su “Resto al sud”. Quasi due anni fa. Un pezzo quindi datato, ma attualissimo. Una panoramica a tutto tondo. Lo riproponiamo: Si ritorna a parlare del piccolo Molise. Dopo lo sgretolamento del sistema di potere di Michele Iorio (colpito da inchieste, indagini e condanne) è il turno del ‘nuovo’ presidente della giunta regionale, Paolo Di Laura Frattura. Ex Presidente della Camera di Commercio, in passato molto vicino a Michele Iorio, candidato con poca fortuna (per due volte) con Forza Italia. Oggi ha trovato la sua dimensione politica nel centro-sinistra. Grazie alle nuove alleanze e ai continui cambi di casacca. Questa volta è il Corriere.it, con il bravo e puntuale giornalista Sergio Rizzo, a mettere sul piatto un tema mai affrontato: il conflitto di interessi. Potrebbe configurarsi la fattispecie di conflitto di interessi per Frattura? A questa domanda, prima della vittoria, i suoi colleghi di centro-sinistra, non hanno risposto. Non hanno saputo rispondere, non hanno voluto rispondere. Il tema ruotava intorno alla costruzione di una centrale a biomasse. Dovevano leggere prima le carte. “Non ne so nulla – dichiarò il consigliere regionale del Pd, oggi vice presidente della Regione Molise e Assessore Michele Petraroia – non ho notizie. Prima dovrei vedere le carte. Sull’impianto specifico non ho nessun documento. Sono stato l’unico a mettermi contro la centrale ad olio vegetali a Trivento e Montefalcone. Il mio parere è scontato su questi argomenti. Se mi devo mettere a battibeccare con questi personaggi di nuova generazione, scelgo io il terreno”. Per l’attuale assessore: “le centrali a biomasse sono semplicemente degli espedienti. Nascono per le biomasse e alla fine diventano potenziali destinatari, diciamo, di rifiuti”. Nemmeno Cristiano Di Pietro (oggi rieletto in consiglio regionale con la defunta Idv) era a conoscenza dell’autorizzazione. “Non ho letto la determina. Mi serve il tempo per leggerla. Devo capire meglio, devo approfondire l’argomento. Se dovesse essere vera la notizia bisogna capire se Frattura è ancora socio. Se dovesse essere socio chiederemo spiegazioni di questa situazione. Devo capire come stanno le cose”. L’argomento non suscitò particolare interesse. Oggi i presunti conflitti di interessi del ‘nuovo’ presidente Frattura ritornano alla luce. Scrive Rizzo sul Corriere.it: “Senza sintonia con il governatore Paolo Di Laura Frattura, uomo che dovrebbe incarnare il rinnovamento dopo 12 anni di regno di Michele Iorio, l’ingegner Mariolga Mogavero non sarebbe certo arrivata fin qui. Ovvero, nella stanza dei bottoni della piccola Regione Molise, capo di gabinetto e segretario generale della nuova giunta di centrosinistra. Così da attirarsi le invidiose attenzioni di chi l’ha già acidamente battezzata «la governatrice». La Mogavero, moglie di Luca Di Domenico, è la prima firmataria del ricorso elettorale, andato a buon fine, al Tar Molise. Lo stesso nome che si ritrova in una delle società (la prima proponente) legata alla costruzione della centrale biomasse di Campochiaro, in provincia di Campobasso. Il 20 luglio del 2010 la società Gap Consulting srl “ha chiesto l’autorizzazione unica per la realizzazione e l’esercizio, nella zona del Consorzio per lo sviluppo Industriale Campobasso-Bojano del Comune di Campochiaro, di un impianto di produzione di energia elettrica da biomasse”, si legge nella determina, “utilizzante biomassa legnosa ed assimilati”. Secondo la visura camerale del 5 giugno 2012, la Gap Consulting srl, è stata costituita il 14 luglio del 2005, con un capitale sociale di 10 mila euro. continua alla pagina seguente ►►► FORCHE CAUDINE – PAGINA 11 MOLISE continua dalla pagina precedente ►►► Più volte abbiamo detto e lo ripetiamo in questa circostanza, che le dimissioni le chiediamo all’intera maggioranza governativa e quindi alla giunta per manifesta incapacità di affrontare le molteplici situazioni di allarme sociale nonché per aver spalleggiato, senza prendere posizioni pubbliche, le infelici bugie del presidente e la sua posizione che, a detta del popolo, è in totale conflitto di interessi. Nonostante ciò, la parola d’ordine, anche per semplificare, resta “dimissioni per Frattura” anche perché gli assessori sono una sua diretta espressione e quindi dimesso lui, dimessi tutti. E così voltiamo pagina. Il primo appuntamento è per venerdì 6 marzo dalle ore 15.30 alle ore 18.30 all’altezza dei magazzini Oviesse in corso Vittorio Emanuele a Campobasso, il secondo è per sabato 7 marzo dalle ore 10 alle ore 13 in piazza Celestino V (fontana della Fraterna) a Isernia, infine il terzo è per domenica 8 marzo dalle ore 10.30 alle ore 13.30 in piazza Roma a Bojano. Inoltre, per il giorno 6 marzo alle ore 19, i componenti del Comitato si ritroveranno, unitamente ai simpatizzanti, presso il “Terzo Spazio” a Campobasso per aggiornarsi sui prossimi appuntamenti e iniziative”. ►►► Paolo De Chiara (segue) La Gap è composta da altre due società, con pari quote: la Proter e la Civitas. Entrambe a responsabilità limitata. L’amministratore unico della Gap risulta essere Mogavero Mariolga. La Civitas e la Proter hanno altri due amministratori. Per la prima (costituita il 6 aprile del 2009) risulta essere l’ing. Di Domenico Luca, marito della Mogavero; per la seconda (costituita il 1 giugno del 1991) il capo dell’allora opposizione in consiglio regionale, Di Laura Frattura Paolo. Il 30 gennaio del 2012 viene protocollata la richiesta dell’amministratore unico della società Gap Consulting (Mogavero Mariolga, già collaboratrice di Frattura) e dell’amministratore unico della società Civitas (Di Domenico Luca, marito della Mogavero). Per far subentrare la Civitas nel procedimento attivato da Gap. È lo stesso Rizzo che scrive sul Corriere: “Mariolga, però, è qualcosa di più. Tanto che per dipanare l’incredibile intreccio di interessi privati, relazioni politiche, parentele e coincidenze che si addensa intorno alla figura del governatore, non si può che cominciare da lei, sua factotum. E da una società di consulenza, la Gap consulting di Campobasso, di cui l’ingegner Mogavero ha il 50%”. Ma come è andata a finire per la centrale biomasse del marito di Mariolga Mogavero? “Il 15 aprile scorso – spiega Sergio Rizzo – se la compra quasi tutta (il 99,5 per cento delle azioni) la C&t spa, nonostante un ricorso pendente al Tar. Si tratta di una società del settore energetico che controlla pure il 20% della Biocom. Che cos’è? Un’altra ditta del settore biomasse il cui restante 80 per cento era in mano allo stesso Paolo Di Laura Frattura, e che ha avuto dalla Regione Molise un finanziamento di 300 mila euro per realizzare un impianto a Termoli. Ma siccome il Comune non dà i permessi il contributo viene revocato, con immediato ricorso al Tar contro la Regione da parte del futuro governatore. Il progetto si scioglie, la società va in liquidazione e il 7 marzo 2013, due settimane dopo il voto, Di Laura Frattura si libera di quell’ingombrante pacchetto dell’80%. A comprarlo è il liquidatore Vittorio Del Cioppo, sfortunato candidato alle regionali per l’Idv. Partito che ovviamente sostiene la giunta, come anche Sinistra ecologia e libertà. Unico consigliere vendoliano e capogruppo di se stesso, in un’assemblea regionale con 21 seggi e ben 14 gruppi dei quali addirittura nove composti da una sola persona, è Nico Ioffredi, cognato di Paolo Di Laura Frattura. È il marito di sua sorella Giuliana Di Laura Frattura, capo di gabinetto del questore di Campobasso”. L’intreccio di interessi privati, relazioni politiche, parentele e coincidenze sollevato dal Corriere della Sera non interessa a nessuno. In Molise chi ha governato ieri, governa pure oggi? Sotto nuovi colori, sotto nuove bandiere? Di certo c’è un solo assente: Michele Iorio, colpito da un’interdizione dai pubblici uffici. Paolo De Chiara è nato a Isernia nel 1979. Ha collaborato con il quotidiano L’Indro (www.lindro.it) e in Molise, dove ha lavorato con quasi tutti gli organi di informazione regionali, dirigendo un mensile di informazione-cultura e politica, si occupa di infiltrazioni criminali. Si dedica a diffondere la Cultura della legalità nelle scuole molisane. Paolo De Chiara Emilio Izzo FORCHE CAUDINE – PAGINA 12 MOLISANI A ROMA Originaria di Castelbottaccio Il libro di cucina di Manuela De Leonardis di TONY PALLADINO Giornalista e critica d'arte romana, ma la cui famiglia paterna è molisana (Isernia e provincia di Campobasso). Manuela De Leonardis rende ora omaggio al “suo” Molise attraverso l’enogastronomia. “In questi anni ho più volte approfondito il legame arte/cucina, sia con il libro “Cake. La cultura del dessert tra tradizione araba e Occidente” (Postcart Edizioni 2013) che con il progetto “Ginger House” sui magazzini dello zenzero in Kerala nel 2011 – racconta a “Forche Caudine”. Quindi spiega la sua attuale occupazione che riguarda la regione d’origine. “Attualmente sto lavorando ad un progetto editoriale ed ho piacere che ne parli per primo il giornale dei Romani d’origine molisana, come me: il quaderno di ricette molisane degli anni Venti appartenuto alla mia bisnonna Giulia de Lisio di Castelbottaccio, e poi a mia nonna Elena Ester Di Paolo che si è trasferita a Roma nel 1928. Il libro è in corso di pubblicazione (casa editrice Ali&No di Perugia) e verrà diffuso nel mese di aprile 2015. A maggio saranno previste le prime presentazioni”. “Forche Caudine”, naturalmente, terrà informati i propri lettori sulle date di presentazione. ■ A Roma il nuovo libro di Francesco P. Tanzj Un j’accuse a Nanni Moretti, le tragicomiche avventure di una 500 e di una campana da montare sotto la neve, i ricordi di un’anziana Rom internata in un campo di concentramento, i misteri delle pietre fantastiche e gli alberi secolari di Villa Demidoff; Questi alcuni dei 13 racconti contenuti nella raccolta di Francesco Paolo Tanzj “L’uomo che ascoltava le 500”, che, giunta alla tredicesima presentazione, approda al Teatro Porta Portese di Roma, mercoledì 11 marzo. L’autore, romano, vive da anni ad Agnone. Ecco quanto scrive Maria Stella Rossi a proposito del libro: “La 500, protagonista del racconto che apre, ha un nome, Ciumachella, e ha dei proprietari che proprio non possono anzi non vogliono distaccarsi da lei, anche quando ormai è diventata troppo anziana tanto che viene riparata e risistemata di continuo. E allora questa automobilina cult, compagna di viaggi e di pensieri condivisi, familiare come un oggetto caro perché carico di storia, viene portata da una sorta di guaritore, uno che sapeva ascoltare i ritmi cardiaci del motore per trovare poi una soluzione anche in condizioni estreme com’era per l’ormai supervecchia adorata 500. Una storia che dà l’avvio e introduce alla lettura dei tredici racconti più un’invettiva scritti da Francesco Paolo Tanzj che in quest’opera conferma e affina ulteriormente il suo impegno e la sua presenza nel mondo culturale e intellettuale contemporaneo. Il volume, pubblicato dalle Edizioni Tracce, è un lavoro impegnato che coniuga leggerezza e intensità e diviene necessità di scrittura, ricognizione totale e universale su poesia, narrazione, amicizia, viaggio, luoghi, desideri e condivisioni e poi ancora ricerca e scoperta di verità, magari scomode, difficili ma trovate e dette per una sottesa condivisione con chi legge e/o palpita nel mondo culturale/civile. Ogni racconto, in realtà, meriterebbe di essere centro e chiave di lettura del libro, anche se tutti diversi e scritti in tempi diversi, allora appuntiamo l’attenzione sull’essenza, su ciò che li alimenta e sostiene: l’autenticità”. FORCHE CAUDINE – PAGINA 13 MOLISANI NEL MONDO Originario di San Martino in Pensilis Quel molisano “infobaito” dai Titini… di ANTONELLA CIFELLI Lo scorso 2 marzo, presso il Palazzo del Governo a Campobasso, alla presenza delle Autorità militari della provincia di Campobasso e con la partecipazione del vice sindaco è stato ricordato Francesco Marcangione, scomparso nel maggio 1945 perché catturato dai fanatici jugoslavi del maresciallo Tito in zona di Monfalcone (Gorizia). Nel corso della cerimonia è stata consegnata una pergamena e medaglie dal prefetto Francescopaolo Di Menna ai congiunti del signor Marcangione, originario di San Martino in Pensilis (Campobasso). La medaglia e la pergamena sono state concesse, su apposita istanza, dal Presidente della Repubblica quale segnale di risarcimento morale ai pregiudizi subiti immediatamente dopo la seconda guerra mondiale da quella parte degli italiani che dall’8 settembre 1943 al 10 febbraio 1947 in Istria, in Dalmazia o nelle Province dell’attuale confine orientale, furono soppressi e infoibati . ■ E’ originaria di Sant’Elena Sannita e di Macchiagodena Il coraggio di Nadia Verdile giornalista anti-camorra Si chiama Nadia Verdile, giornalista molisana che da anni vive a Caserta, collaborando al “Mattino” di Napoli. Il padre è di Sant’Elena Sannita, dove Nadia ha trascorso le estati, mentre la madre è di Macchiagodena. Brava, coraggiosa, per le sue inchieste in particolare sull’edificio storico di Carditello è stata minacciata di morte dalla camorra. “Se l'obiettivo era quello di spaventarci, hanno fallito, ma soprattutto hanno fallito nell'obiettivo di tenere lontana l'attenzione da Carditello, perché se prima eravamo in mille adesso siamo in un milione; dopo che la notizia ha fatto il giro d'Italia l'attenzione su questa vicenda si è moltiplicata in maniera esponenziale. Ed è quello che serve perché su questa storia non possiamo abbassare la guardia: quella Reggia è il simbolo del riscatto di una intera terra – ha dichiarato la giornalista dopo le minacce di morte. “Dico che la Reggia - prosegue la collaboratrice de Il Mattino - è il simbolo di tutti perché a lungo tante associazioni di volontariato hanno lottato per difendere Carditello; c'è stato anche chi l'ha ripulita dai rifiuti, dalle erbacce, dall'abbandono. Queste persone ora sono state tutte minacciate insieme a me. Perché la minaccia è arrivata a me, che sono quella che racconta, ma le grandi battaglie le hanno fatte queste donne e questi uomini delle associazioni. Minacciare un intero territorio è una battaglia persa”. Dal Molise, la sua regione di origine, Nadia Verdile, sta ricevendo in queste ore tanti attestati di vicinanza: “Mi è arrivato un telegramma di solidarietà dalla Regione - dice - e il consiglio comunale del mio paese, Macchiagodena, sarà tutto presente alla manifestazione di solidarietà a Caserta”. La Verdile conserva un forte legame con il Molise. In passato ha scritto anche un libro di ricette molisane, ricordando i trascorsi a Sant’Elena Sannita. Lo ha fatto con un’altra giornalista originaria del paese molisano, anch’essa collaboratrice de “Il Mattino”: Roberta Muzio. Un momento della cerimonia FORCHE CAUDINE – PAGINA 14 ◄ Nadia Verdile MEDICINA Osteoporosi, ladra di ossa Una malattia che colpisce cinque milioni di persone. Soprattutto donne. Il quadro della situazione in Italia, secondo l’Istat. E in Molise… di CLAUDIA M. RAGNO Osteoporosi, una ladra di ossa silenziosa. Solo in Italia colpisce più di 5 milioni di persone. Capace di togliere qualità di vita ma anche di portare all’invalidità. Eppure la malattia non è considerata. Infatti, solo il 24, 5 % degli italiani (è l’Istat a dirlo) dopo i 45 anni si sottopone a un controllo in assenza di sintomi. Ma, la frattura da fragilità ossea, è il primo campanello d’allarme che la situazione è già seria e compromessa. Se ben gestita la malattia non deve far paura ma nonostante questo appena il 24% di chi dovrebbe seguire una terapia si vede prescrivere il farmaco (lo rivelano i dati Aifa) e di questi il 12% abbandona. Da vittime a complici. Perché non basta bere un bicchiere di latte o assumere un po’ di vitamina D per combattere l’osteoporosi. Addirittura servono due guardie per una ladra: il principio attivo, l’alendronato, e la vitamina D, che lavorando in stretta sinergia in un’unica assunzione settimanale, consentono una gestione della malattia più semplice ed efficace. La terapia con alendronato/colecalciferolo è una delle strategie terapeutiche a disposizione del medico per combattere l’osteoporosi. L’osteoporosi non fa paura perché non si conosce, perché la si considera un ‘acciacco’ dell’età. E’ per questo che la Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro (Siommms) insieme alla Federazione Italiana Osteoporosi e Malattie dello Scheletro (Fedios) hanno realizzato una campagna informativa, “Osteoporosi-Storia di una Ladra di Ossa” resa possibile grazie al contributo non condizionante di Msd Italia: un opuscolo informativo rivolto ai pazienti con consigli pratici su come prevenire e gestire “la ladra di ossa”. GIANCARLO ISAIA - Direttore di “Geriatria e Malattie Metaboliche dell’osso” dell'Ospedale Molinette , Torino Oltre i 50 anni una donna su tre è affetta da osteoporosi. E questo perché con gli anni, e in particolar modo dopo la menopausa quando si registrano nella donna bassi livelli di estrogeni, le ossa iniziano a perdere calcio e fosforo e lentamente diventano più fragili. Talmente fragili da andare incontro ad una frattura anche in seguito ad un micro trauma. Quando si arriva alle fratture significa che la situazione è veramente compromessa e si parla di osteoporosi severa, una condizione che se non adeguatamente trattata porta all’invalidità e alla morte. E’ fondamentale parlare di terapia dell’osteoporosi ma prima di tutto è necessario parlare di ‘appropriatezza terapeutica’. Perché le terapie ci sono, e sono anche efficaci. Purché prese correttamente. E purché prese dalle donne che le devono prendere. Un’affermazione che potrebbe sembrare scontata ma che, al contrario, nel nostro Paese non lo è affatto. Se si vedono i dati Aifa sul consumo di farmaci per l’osteoporosi in Italia si scopre che solo il 24 per cento delle donne fratturate o ad alto rischio segue una terapia. E non il cento per cento come sarebbe giusto che fosse. E di questo 24 per cento circa la metà interrompe le cure. Questo significa che ogni 100 donne che devono prendere i farmaci perché sono ad alto rischio solo 12 lo fanno. E poi ci sono le donne trattate ‘occasionalmente’ e cioè per un massimo del 20 per cento di giorni coperti, cosa questa inutile al fine della prevenzione delle fratture. Le donne devono essere educate e sensibilizzate nei confronti della malattia, devono capire l’importanza della prevenzione e della terapia. Devono prendere coscienza dei rischi. PATRIZIA ERCOLI - Presidente FEDIOS In molti credono che l’osteoporosi sia, alla fine, solo ‘un po’ di osso in meno’ non rendendosi conto che la diminuita massa ossea può comportare fragilità ossea e questa è tutta un’altra storia. continua alla pagina seguente ►►► FORCHE CAUDINE – PAGINA 15 MEDICINA continua dalla pagina precedente ►►► Un problema che non è ‘solo’ delle donne - e non mi riferisco al fatto che l’osteoporosi colpisce anche gli uomini – ma di un intero nucleo familiare, perché è indiscutibile che se si ferma una donna si ferma un’intera famiglia. Una donna fratturata è una donna che non si può prendere cura della casa, dei figli, dei nipoti, di se stessa. Una donna con fragilità ossea non può sollevare una busta della spesa, prendere in braccio un nipotino o giocare con lui. E se gli anni non sono poi così tanti – perché l’osteoporosi può colpire anche una cinquantenne – significa non potersi prendere cura di sé, andare al lavoro, fare sport o le attività preferite. Per non parlare del fatto che chi sopravvive alla frattura di femore, dopo il primo anno, spesso perde l’indipendenza: il 40% non riesce più a camminare autonomamente, e il 60% richiede l'assistenza l’anno successivo. Nell'anno seguente una frattura di femore, il 33% è totalmente dipendente da altri ed è costretto ad entrare in una casa di riposo. Quindi non è ‘ solo un po’ di osso in meno’, l’osteoporosi è una malattia con conseguenze serie e invalidanti. DAVIDE GATTI - Professore Associato di Reumatologia Università di Verona La terapia con alendronato/colecalciferolo è una delle strategie terapeutiche a disposizione del medico per combattere l’osteoporosi. Grazie alla formula due in uno è tra quelle che più si avvicinano alle esigenze della paziente che chiede alla terapia dell’osteoporosi di essere efficace e ‘facile’. Altrimenti, il rischio di abbandono è molto alto. Devono essere trattati tutti i soggetti indicati nella nota 79, per esempio chi ha già subito una frattura da fragilità ossea delle vertebre o del femore, chi segue una cura con cortisonici, le donne in menopausa con una densitometria molto bassa e fattori di rischio elevati, ecc. Calcio e vitamina D sono fondamentali per la costruzione prima e la salvaguardia poi della massa ossea. Fondamentali per evitare che il nostro organismo vada a prendere dalle ossa- rendendole quindi più fragili – il calcio che gli occorre per molte delle sue attività. Ma nel caso in cui – per motivi diversi- il danno si è verificato e l’osteoporosi è insorta l’unica strada per intervenire è quella farmacologica, è l’unica chance che hanno per non andare incontro a fratture, per tenere sotto controllo il rischio di ri-frattura se già fratturate, e per non relegarsi ad una condizione di vita seriamente compromessa. C’è la possibilità di prendere una sola compressa una sola volta la settimana. Un solo gesto per introdurre sia il farmaco sia la giusta quantità di vitamina D per renderlo efficace. FERDINANDO SILVERI - Dirigente Medico Clinica Reumatologica Università Politecnica delle Marche, Ospedale C. Urbani Jesi - Ancona Nonostante il fratturato di femore sia il soggetto a più elevato rischio di rifratturarsi, appena il 13% riceve in Italia un trattamento adeguato di prevenzione di fratture future. In ogni anno in Italia si verificano circa 85 mila fratture di femore per un costo diretto di un miliardo di euro; in Italia per l’osteoporosi il Sistema Sanitario Nazionale spende il 2.6% del totale della spesa farmaceutica, a fronte del 32% per le malattie cardiovascolari; per trattare tutti i fratturati di femore oltre i 65 anni (che ricordiamo generano un miliardo di euro di spesa all’anno), sarebbe necessaria una spesa farmaceutica di 18 milioni di euro all’anno. Tale cifra è pari ad appena lo 0.18% della spesa farmaceutica nazionale e consentirebbe di trattare efficacemente una popolazione ad elevato rischio di ri-frattura (sia al femore che in altra sede). In base ai dati di efficacia delle terapie, il risparmio stimato in termini di costi di ospedalizzazione, interventi e riabilitazione sarebbe pari a 43 milioni di euro per anno, al netto del costo dei farmaci. La riduzione dell’1% dei trattamenti “occasionali” (ritenuti inutili in quanto il trattamento per essere efficace deve essere continuativo per diversi anni) porterebbe ad un risparmio di 778.817 euro/anno mentre la loro totale eliminazione condurrebbe a un risparmio di ben 12.461.072 euro/anno. Eppure, nonostante tutto, la regola dell’appropriatezza viene disattesa. L’OSTEOPOROSI IN ITALIA E IN MOLISE In Italia, secondo il rapporto Istat “La salute e il ricorso ai servizi sanitari”, il 25,1% degli over 65 italiani ha ricevuto una diagnosi di osteoporosi: di più in Sardegna (32,8%), Campania (31,3%) e Sicilia (30,1%), di meno in Trentino Alto Adige (16,6%), Valle d’Aosta (18%) e Friuli Venezia Giulia (18,9%). Una malattia silenziosa in grado di portare all’invalidità che, tuttavia, nel nostro Paese non fa molta paura perché viene erroneamente considerata un inevitabile ‘acciacco dell’età’. Sono ancora pochi, infatti, gli italiani che si sottopongono a controlli (e, secondo i dati Aifa ancora meno quelli che seguono una terapia nonostante alte condizioni di rischio). Infatti, è sempre l’Istat a dirlo, solo il 24,5 % degli italiani oltre i 45 anni si è sottoposto ad un controllo per osteoporosi anche in assenza di sintomi o disturbi. Più le donne (41,6%) degli uomini (4,7). continua alla pagina seguente ►►► FORCHE CAUDINE – PAGINA 16 MEDICINA continua dalla pagina precedente ►►► Tra gli over 45 il primo controllo avviene soprattutto tra i 45 e i 54 anni (38,4%). Le donne sono più attente degli uomini (anche perché sono quelle più interessate dalla malattia dopo la menopausa) e in particolare sono più disposte a fare i controlli dopo i 45 anni le donne del centro (46,3%), seguite da quelle del nord-est (45%), nord-ovest (41,7%), isole (37,6%) e infine del sud (36%). L’osteoporosi è tra le malattie croniche che incidono sulla salute dei molisani: ogni cento over 65 sono 27 quelli che hanno avuto una diagnosi di osteoporosi. Per quanto riguarda i controlli e la prevenzione: il 36,6 per cento delle ultraquarantacinquenni molisane si sono sottoposte ad un controllo per osteoporosi anche in assenza di sintomi, contro il 41,6 della media italiana. Ed è per diffondere la cultura della prevenzione e della terapia per l’osteoporosi che la Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro (Siommms) insieme alla Federazione Italiana Osteoporosi e Malattie dello Scheletro (Fedios) hanno realizzato una campagna informativa, “Osteoporosi-Storia di una Ladra di Ossa” resa possibile grazie al contributo non condizionante di Msd Italia: un opuscolo informativo rivolto ai pazienti con consigli pratici su come prevenire e gestire “la ladra di ossa” tutto visibile sul sito della Fedios all’indirizzo www.fedios.org e della Siommms all’indirizzo www.siommms.it. 10 CONSIGLI UTILI L’osteoporosi non fa paura perché non si conosce. E’ per questo che la Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro (Siommms) insieme alla Federazione Italiana Osteoporosi e Malattie dello Scheletro (Fedios) hanno realizzato una campagna informativa, “Osteoporosi-Storia di una Ladra di Ossa” resa possibile grazie al contributo non condizionante di Msd Italia: un opuscolo informativo rivolto ai pazienti con consigli pratici su come prevenire e gestire “la ladra di ossa” tutto visibile sul sito della Fedios all’indirizzo www.fedios.org e della Siommms all’indirizzo www.siommms.it. Perché il primo passo per rendere consapevoli le donne – ma anche gli uomini- è quello di informarle. Sulla prevenzione, sulla terapia, su cosa, quali controlli fare e su cosa rischiano. Ad iniziare da 10 piccole mosse: 2) Cerca di prendere il sole e fai scorta di vitamina d. Ma se questo non fosse sufficiente adotta degli integratori. Ma ricorda, sono un valido aiuto non una terapia ! 3) Fai attività fisica, uno sport adeguato alla tua età e condizione di salute. E ricorda che anche ballare può essere d’aiuto. 4) Prenditi cura di te e adotta tutte le strategie per stare bene anche con i capelli bianchi: e ricorda che sei il ‘motore’ della famiglia, hai ancora tanto da dare. E meriti il meglio. 5) Chiedi consiglio al tuo medico su quali analisi fare e quando ripeterle. 6) Educa i tuoi figli, tuo marito e le tue amiche alla salute delle loro ossa. Puoi fare molto per loro. Ma devi iniziare te per prima! 7) Non pensare che l’osteoporosi sia un’inevitabile conseguenza dell’età alla quale arrenderti. 8) Una frattura è un campanello d’allarme importante! E non liquidare un dolore alla schiena come una banalità, potrebbe essere una frattura vertebrale. 9) Non abbandonare la terapia, può essere la chiave del tuo successo, dell’autonomia, di una vecchiaia senza fratture. 1) Segui un’alimentazione sana e ricca di calcio. 10) Parla con il tuo medico di osteoporosi, chiedi più Fai in modo che la tua famiglia abbia il giusto informazioni possibili su prevenzione e terapia. Per combatterlo un nemico lo devi conoscere. apporto di calcio, a qualsiasi età. FORCHE CAUDINE – PAGINA 17 MOLISE Commissione Agricoltura Ruta (polemico) si dimette Frizioni con la linea del partito in particolare sull’Imu agricola. Roberto Ruta, molisano, capogruppo Pd in Commissione Agricoltura al Senato, si è dimesso dal suo ruolo, polemizzando prevalentemente con il presidente dei senatori Pd Zanda, che avrebbe chiesto alla minoranza del partito di “obbedire” alle decisioni della maggioranza. “Voglio sottolineare che ho detto 35 volte si alla richiesta di fiducia da parte del governo Renzi in un solo anno – ricorda Ruta - e ho messo in votazione il mio emendamento per l’eliminazione dell’Imu agricola. Nella discussione in Aula sul decreto legge sull’Imu per i terreni agricoli, dopo aver approvato l’emendamento del relatore che prevede la detrazione di 200 euro per i terreni in zona non montana, così come da me proposto in apposito emendamento, ho chiesto di votare un altro emendamento, sempre a mia firma, per l’abolizione per l’anno 2015 dell’Imu per i terreni agricoli con relativa riduzione, per 359 milioni di euro (pari al 3 per cento) del fondo destinato al finanziamento del programma degli F35 cacciabombardieri”. Il capogruppo Zanda ha chiesto di ritirare l’emendamento, come fa sapere lo stesso Ruta. La libertà, nel Partito democratico, ha un prezzo sempre più elevato. Anche il politico molisano finalmente se n’è accorto… Dubbi sulla “delocalizzazione” degli immobili Piano Casa Molise: ancora colate di cemento? Il nuovo Piano Casa Molise, a detta di alcuni commentatori, punterebbe al recupero del patrimonio edilizio. Cioè niente nuovo cemento, anzi più che altro niente nuove aree da cementificare. Il rilancio del settore edile avverrebbe grazie alla riqualificazione e alle ristrutturazioni del patrimonio abitativo già esistente. In realtà il nuovo Piano Casa Molise, frutto delle modifiche al Piano regionale (legge regionale 30/2009) include anche agevolazioni per i proprietari di case in aree a rischio frana: questi ultimi potranno delocalizzare i propri immobili demolendoli e ricostruendoli in zone più sicure. Quindi, in concreto, potranno costruire dove vogliono. E siccome le aree a rischio frana in Molise non sono poche, ecco che c’è un’apertura al nuovo consumo di territorio. Ma non è tutto: i bonus volumetrici riguarderanno anche gli immobili oggetto di miglioramento della prestazione energetica e di interventi per la sicurezza antisismica. Se da una parte il presidente della Commissione, Salvatore Ciocca, ha illustrato gli obiettivi sottesi all’elaborazione della norma, sottolineando la salvaguardia del patrimonio esistente, “cercando di evitare le nuove urbanizzazioni”, nello stesso tempo si continua a puntare sul solito cemento per lo sviluppo, non rendendosi conto che la vera ricchezza del Molise – purtroppo non sfruttata – è il paesaggio. Del resto perché continuare a costruire in una regione che perde quotidianamente abitanti, oltre un centinaio al mese? Non ci stupisce, allora, che le modifiche siano state accolte con favore dall'Associazione dei costruttori edili del Molise. Per diventare operative, però, le nuove misure dovranno attraversare il vaglio dell'approvazione da parte del Consiglio regionale molisano. E siamo certi che tutto andrà in porto senza problemi. ■ FORCHE CAUDINE – PAGINA 18 DIOCESI DI TRIVENTO Rompere gli schemi per creare il nostro futuro La Caritas della diocesi di Trivento ci invita a riflettere sulla crisi in cui versa il territorio diocesano chiamandoci a costruire l’avvenire di don ALBERTO CONTI I segni che Papa Francesco sta dando al popolo della Chiesa e a tutti i popoli sono quelli che abbiamo sempre aspettato e che rappresentano l'attualizzazione dell'insegnamento più profondo che lo Spirito Santo ha ispirato ai Vescovi nel Concilio Vaticano II. Mi riferisco in modo particolare al forte richiamo alla Chiesa come popolo di Dio, all'attenzione ai poveri e alle cause che creano le povertà, alla condanna che deve essere implacabile contro i mercanti di morte e contro i trafficanti di esseri umani che prosperano nel dolore dei più umili e deboli. In questo contesto, trova una sua ragione la parola, chiara e ferma come non mai, che il Santo Padre ha pronunciato contro le mafie che nelle nostre società producono terrore, morte, devastazione della dignità umana. Papa Francesco ha ricordato, nella Omelia tenuta a Campobasso, che Dio "non è neutrale, ma con la sua sapienza sta dalla parte delle persone fragili, discriminate e oppresse". È chiara la responsabilità che il Papa ci assegna, quella di raccogliere e fare nostro il monito delle sue parole perché, come Egli ci ha spiegato, "noi siamo un popolo che serve Dio". E "Il servizio a Dio si realizza in diversi modi, in particolare nella preghiera, nell'annuncio del Vangelo e nella testimonianza della Carità".Ma il Papa non si è fermato a questo, a un incoraggiamento generico. Ci ha detto di più, ci ha invitato, riprendendo un'espressione usata nel suo saluto dal Rettore dell'Università del Molise, a "rompere gli schemi", perché questa è la condizione indispensabile per andare avanti, per essere creativi trovando così le nuove strade del futuro. Rompere gli schemi, dunque. "Bella definizione teologica" l'ha definita Papa Francesco, per me è anche un'indicazione politica, il primo punto di un manifesto per il risveglio della nostra terra, un invito che tutti debbono accogliere nel loro cuore e nella loro mente facendone la linea guida della loro azione. Mi riferisco naturalmente agli uomini e alle donne impegnati nel servizio delle Istituzioni e della comunità, ma anche a tutti noi perché le colpe e le omissioni degli altri non debbono farci essere indulgenti nei confronti delle nostre. La visita di Papa Francesco ci ha rafforzato nella nostra idea di porre al centro della nostra azione pastorale l'uomo nella sua interezza, la persona nel suo essere insieme "anima e corpo", la dimensione spirituale e quella materiale. È ciò che da anni la Caritas di Trivento sostiene, è quello che io stesso ho sintetizzato, in un articolo di diciotto anni fa, con l'espressione "Non solo salvarsi l'anima"; ieri sembrava quasi un'affermazione o velleitaria o provocatoria, oggi l'autorevolezza del Papa ci conferma che si trattava di una giusta intuizione e ci incoraggia nel proseguire su questa strada che si fa carico dell'uomo nella sua interezza, come Gesù ci insegna nella bellissima parabola del Buon Samaritano. Diceva don Primo Mazzolari: "abbiamo imparato a valutare il carico massimo di una nave, la portata di un ponte, il carico di un cammello e di un cavallo, e non ci curiamo di sapere fin dove reggono le spalle di un uomo". Oggi è lo stesso Papa a raccomandarci di chinare il nostro sguardo sull'insopportabilità dei pesi che l'uomo in certe circostanze è costretto ad assumere su di sé, per la sopravvivenza propria e della propria famiglia. continua alla pagina seguente ►►► FORCHE CAUDINE – PAGINA 19 DIOCESI DI TRIVENTO Il forte richiamo che il Papa fa costantemente agli ultimi e ai fragili, il suo riferimento continuo e accorato a guardare tutte le periferie del mondo ci riporta anche alla nostra terra, ai suoi problemi, agli elementi di una crisi che l'ha progressivamente emarginata e impoverita di uomini e beni. È del nostro Alto Molise e dell'Alto Vastese che sto parlando, non bisogna andare lontano da qui, in altri luoghi del mondo, per incontrare le periferie per le quali possiamo e dobbiamo fare qualcosa. Le nostre terre sono una periferia territoriale e sociale, nella quale sono assenti tutti i presidi che assicurano la prospettiva di una vita dignitosa. Il ridimensionamento dell'Ospedale di Agnone, che prelude forse alla sua definitiva chiusura, la cancellazione delle piccole scuole di montagna, la cui funzione è molto più importante di quanto molti superficialmente siano disposti ad ammettere, la viabilità sempre più disastrosa che rende difficile persino gli incontri e il dialogo tra persone e comunità, la carenza o l'assenza di una connessione internet adeguata, l'annullamento, un pezzo dopo l'altro, della struttura dei servizi pubblici, come le caserme o le poste: tutti questi sono i segni di una periferizzazione delle nostre terre. La periferia è ciò che si allontana dal centro, non solo territorialmente ma anche socialmente, economicamente, psicologicamente, culturalmente; è lo scomparire dall'orizzonte delle priorità comuni ed è perciò il sintomo di un degrado che è nostro dovere contrastare e fermare. In che modo? Rompendo gli schemi, come ci insegna Papa Francesco. Rompere gli schemi significa non arrendersi al conformismo che pretende di dare un costo e un prezzo a tutto, circoscrivendo il conto a un dare e avere solo materiale. "Rompere gli schemi" significa avere il coraggio di dire che l'Ospedale di Agnone deve essere non solo conservato ma anche potenziato perché è situato in un'area periferica del Molise sprovvista di qualsiasi altra opportunità sanitaria. "Rompere gli schemi" significa che le scuole primarie debbono restare nei piccoli paesi e su di esse occorre investire con le più moderne tecnologie in modo che i nostri bambini abbiano le stesse sollecitazioni di quelli che studiano in condizioni più favorevoli, perché molti studi ci dicono che si possono realizzare esperienze didattiche di avanguardia anche nei piccoli paesi e nelle pluriclassi, a patto che ci siano attrezzature adeguate, progetti didattici innovativi, docenti motivati. "Rompere gli schemi" significa investire nella banda larga e nella fibra ottica, per assicurare una connettività veloce, anche nelle zone disagiate che il puro conto economico esclude da programmi di modernizzazione, ignorando le potenzialità che in queste realtà esistono. "Rompere gli schemi" significa studiare e applicare progetti per far tornare la gente a vivere nei nostri paesi, offrendo condizioni di vantaggio che siano l'incentivo per questo ritorno. "Rompere gli schemi" significa ritornare alla coltivazione della terra, da noi abbandonata in nome dello sviluppo industriale che oggi sta mostrando tutti i suoi limiti e contraddizioni. Dice Papa Francesco: "Il restare del contadino sulla terra non è rimanere fisso; è fare un dialogo, un dialogo fecondo, un dialogo creativo. È il dialogo dell'Uomo con la sua terra che la fa fiorire, la fa diventare per tutti noi feconda". "Rompere gli schemi" significa che il Patto per il lavoro, auspicato dal Papa per le nostre terre, veda tutte le Istituzioni - a partire dalle Regioni Abruzzo e Molise che in questo hanno il ruolo più importante - protagoniste di un progetto comune per le zone interne, favorendo chi vuole investire e innovare, agevolando le attività artigianali e la piccola imprenditorialità e ponendo al centro delle priorità il lavoro, la cui creazione dovrà essere il parametro sul quale valutare il valore dei progetti e delle iniziative. Dobbiamo essere pronti, in una parola, a vivere un'epoca in cui il mondo torni con la testa sulle spalle, e cioè a guardare le cose per quello che sono e non come la distorsione ottica della nostra società vorrebbe farci vedere. L'invito a "rompere gli schemi" è rivolto sia alla politica sia ai Vescovi della nostra terra sia ai sacerdoti e a tutti gli uomini che sentono la responsabilità del bene comune. Oggi sembra che le parole di Papa Francesco abbiano colpito e fatto breccia nell'animo di tutti; le sento citare e ripetere nelle occasioni più svariate. Un'impressione così forte e condivisa mi riporta alla visita di un altro Papa, Papa Giovanni Paolo II che venne ad Agnone, a parlare di umanità e lavoro, il giorno di San Giuseppe del 1995. "Sarà doveroso – Egli disse - progettare la qualità del territorio, superando la tentazione di emarginare, rispetto ai servizi essenziali, le zone più ferite dall'emigrazione, dallo spopolamento: solo ripristinando dappertutto condizioni di vita ottimali si consentirà a ciascuno di rimanere nella terra dei suoi avi e nella sua casa. Si tratta di problemi che vanno risolti alla luce di una forte cultura della solidarietà e della giustizia: non si promuove vero progresso se si abbandonano a se stessi i più piccoli e gli ultimi". Papa Giovanni Paolo ci affidò un compito; a distanza di quasi venti anni sento che quel compito è ancora attuale e quell'impegno ancora necessario. Spero fortemente che le parole di papa Francesco lo abbiano risvegliato nei cuori dei tanti che purtroppo in questi anni ne hanno offeso lo spirito vero, dimenticando e abbandonando quei " più piccoli e ultimi" che, nel nome del Vangelo e della Costituzione della Repubblica il nostro dovere cristiano e civile ci impone di difendere. FORCHE CAUDINE – PAGINA 20 ROMA Evento “afro-molisano” Per finanziare l'imprenditoria e l'innovazione Risate e sapori Regione Lazio: un milione per le imprese al femminile di GC Dalle cene africane a quelle molisane. E’ l’iniziativa lanciata da un’associazione romana che si occupa di solidarietà con l’Africa. Vino e prodotti del Molise sbarcano a Roma per un buffet solidale. “Scopriamo il Molise attraverso risate e sapori” è il titolo dell’evento promosso da un’associazione che si occupa di aiutare l’oncologia in Africa. Il Molise presentato come regione di eccellenze locali, con la qualità dei suoi prodotti e talenti. Una serata di beneficenza (30 euro minimi per l’ingresso) che si terrà una delle prossime domeniche, dalle ore 19,30., a Roma presso un noto circolo ricreativo Si degusteranno vino, olio, mozzarelle e pasta tipici del Molise. E’ prevista anche l’esibizione dei comici Giuseppe Gandini e Gianantonio Martinoni. “Forche Caudine”, invitata dalla presidentessa dell’associazione a fornire informazioni sull’evento, ne dà una notizia generica, senza approfondimenti o indicazioni, in quanto è contraria a promuovere iniziative a pagamento e di raccolta fondi, seppure con finalità solidali. Ovviamente apprezziamo l’impegno per l’Africa e auguriamo all’iniziativa ogni successo. Tuttavia ci stupiamo, almeno a quanto abbiamo appreso, che all’evento sarebbero presenti anche vertici regionali del Molise. Non dovrebbero essere i soli prodotti i protagonisti? E come mai buona parte degli amministratori molisani, decisamente latitanti nelle occasioni di incontro e di iniziativa dei molisani a Roma (gratuite), sono poi ben presenti in queste occasioni di raccolta fondi con organizzazioni, sembra, estranee al Molise? ■ Un milione di euro per finanziare l'imprenditoria e l'innovazione al femminile. E’ l'impegno insito nell'iniziativa “Donna forza 8, capace di qualsiasi impresa” promossa dalla Regione Lazio. Si tratta di un intervento straordinario, in collaborazione con il Dipartimento delle Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio, a favore dell'imprenditoria femminile e del sostegno alla conciliazione dei tempi di vita e lavoro. In particolare per quanto riguarda le iniziative finanziate dalla Regione Lazio l'assessore allo Sviluppo Economico Guido Fabiani ha annunciato la seconda edizione del bando “Innovazione sostantivo femminile”, che mira a sostenere progetti imprenditoriali di donne con un investimento di un milione di euro a fondo perduto. Tra le novità del progetto l'apertura di uno sportello ‘Donna Forza 8′ finalizzato ad una consulenza specializzata sulle modalità di finanziamento per le imprese femminili. L'imprenditoria femminile in Italia annovera più di un milione e 300 mila imprese, rappresentando così il 21,5 per cento dell'intero tessuto produttivo. Un'imprenditoria giovane quella al femminile, dove il 66 per cento delle imprese ha meno di 15 anni e una su tre meno di cinque. Il Lazio, in base ai dati forniti dalla Regione, si propone come modello di pari opportunità e si posiziona al secondo posto tra le regioni italiane con oltre 136 mila aziende femminili e il primato va alla Capitale, con quasi 95 mila imprese. Forche Caudine aderisce a “Piediperterra” all’Eur La nostra associazione aderisce a “Spiazziamoli! 50 piazze per la democrazia e contro le mafie”, decine di eventi in contemporanea in tutta la città per rompere il silenzio sulle mafie e la corruzione, fare di Roma un palcoscenico e una piattaforma di democrazia e impegno antimafia, costruire un laboratorio di idee e buone pratiche per far ripartire il futuro della Capitale. E’ stato scelto l’Eur, “quartiere martire” della speculazione e della mala amministrazione. FORCHE CAUDINE – PAGINA 21 CULTURA Cento autori italiani: alla Biblioteca nazionale manca Francesco Jovine PROSSIME DATE PRESENTAZIONI di “VITELIU”, CONFERENZE SUGLI ITALICI e visite sui luoghi del romanzo dell’amico Nicola Mastronardi - Lanciano (Chieti) - Liceo Classico. 17/03/ ore 10.30 e ore 17 - Airola (Benevento) - Liceo Classico. 18/03 ore 11.30 Montesarchio (Benevento), Museo Nazionale Sannita 20/03 ore 17.00 - Cepagatti (Pescara), Castello Marcantonio 22/03 ore 16.00 - Vinchiaturo (Campobasso) Liceo Tour con Simone Sala 27/03/ ore 10.30 - San Giovanni Teatino (Chieti), Libreria Ipercoop-Il Centro.. 27/03 ore 17.30 - Bojano (Campobasso) Liceo Tour con Simone Sala 28/03 ore 10.30 - Ascoli Piceno, Centro Comm.le Città delle Stelle 28/03 ore 17.30 - Morcone (Benevento) Liceo Scientifico 11/04 ore 11.00 - Morcone (Benevento) Chiesa S. Onofrio 11/04 ore 18.00 - Pietrabbondante (Isernia) con Autoclub CB 18/04 ore 11.30 - Pietrabbondante (Isernia) con Liceo Guardiagrele 20/04 ore11.00 - Pietrabbondante (Isernia) con Liceo Lanciano 11/05 ore 11.00 - Pietrabbondante (Isernia) con Scuola med. Roseto Valfortore 15/05 ore 11.00 Altre presentazioni si preparano a Ancona, provincia di Pesaro, Firenze e Roma. Ci sono la piemontese Sibilia Aleramo, i toscani Anna Banti e Romano Bilenchi, il campano Alfonso Gatto, il romagnolo Elio Pagliarani e tanti altri. Sono i rappresentanti della letteratura italiana del Novecento che costituiscono il nuovo spazio espositivo della Biblioteca Nazionale di Roma denominato “Spazi 900”. Una vasta area per valorizzare le rilevanti raccolte librarie e archivistiche dei principali esponenti della letteratura italiana del XX secolo, da d’Annunzio a Pirandello, da Pasolini a Moravia fino ad Elsa Morante, a cui è dedicata “La stanza di Elsa”, con gli arredi originari che componevano il suo studio. Un lungo elenco che, però, non comprende alcun molisano. Particolarmente grave, ad esempio, la dimenticanza di Francesco Jovine, ma anche di Giose Rimanelli. Mancanza di memoria storica che è stata stigmatizzata dall’associazione “Forche Caudine” di Roma direttamente con i curatori dello spazio espositivo, che è permanente dallo scorso 10 febbraio, cioè non si tratta di una mostra temporanea ma di un allestimento ormai insito nell’offerta della Biblioteca Nazionale, posto proprio all’entrata, nell’ala destra. “Abbiamo fatto presente di persona ai responsabili della dimenticanza che svilisce un’intera regione, l’unica non rappresentata – spiegano dall’associazione dei molisani a Roma – e abbiamo riscontrato un certo imbarazzo. Speriamo che si possa rimediare con qualche evento dedicato ad autori molisani, casomai con il coinvolgimento delle istituzioni molisane preposte alla cultura”. Il nuovo spazio dedicato al Novecento in Biblioteca Nazionale è stato inaugurato nei giorni scorsi dal ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini, con il direttore della Biblioteca Andrea De Pasquale. Le poesie di Tiziana Antonilli Nostra fedele lettrice, la scrittrice Tiziana Antonilli, nata a Campobasso nel 1958, vive a Cividale del Friuli. Con le sue poesie ha vinto, nel 1996, il Premio Montale nella sezione inediti. Il guizzo Era la spiga di grano solo nostra cinque parole che balenavano presto al mattino unendoci nel batticuore. Anche oggi il vento dell’alba sembrava lì a far germinare il guizzo un giorno lattiginoso invece quasi non amato si è sfibrato nell’attesa di domani. Ma tu sei già oltre dove una data è residuo di polvere cosmica e una nascita il varco che si apre tra un secolo e l’altro e anche tradire cos’è uno svenarsi del perdono lo sciogliersi di una catena nell’acqua bollente. FORCHE CAUDINE – PAGINA 22 Acquista il tuo biglietto in soli due passaggi: 1) Effettua il pagamento con bonifico bancario per l’importo esatto del totale dei biglietti che intendi prenotare a: IBAN: IT45I0567617295IB0000101682 2) Invia una mail a: [email protected], compilando i campi qui sotto: DESCRIZIONE DA COMPILARE NOME E COGNOME GIORNO DI PARTECIPAZIONE NR. BIGLIETTI INTERI (da 12 anni compiuti) €.10,00 NR. BIGLIETTI RIDOTTI (da 6 a 11 anni compiuti) €.7,00 NR. BIGLIETTI GRATUITI (fino a 5 anni compiuti) €.0,00 PERSONA DI RIFERIMENTO Alessandro Neumann (Forche Caudine) Appena ricevuto il pagamento ti sarà inviata la mail di conferma con i biglietti da stampare. Oltre a ciò, ti ricordo che, qualora non ne fossi già in possesso, dovrai sottoscrivere una tessera associativa al costo di ulteriori 2 € a persona, relativa al Teatro L'Aura. FORCHE CAUDINE – PAGINA 23 RAGIONANDO Selma di UMBERTO BERARDO professore Non eravamo molti in sala a vedere il film della regista afroamericana Ava Du Vernay, ma un gruppo nutrito di giovani alla fine della proiezione si è levato in piedi per un applauso non fragoroso, ma prolungato. In effetti "Selma, la strada della libertà" è davvero un grande film. La pellicola rievoca le marce del popolo afroamericano da Selma a Montgomery, capitale dello stato dell'Alabama governato dal razzista George Wallace, per rivendicare l'iscrizione nel registro degli elettori. Sarà l'inizio delle lotte per i diritti civili che hanno visto negli Stati Uniti il movimento violento del "Black Power " di Malcom X e quello non violento e d'integrazione razziale di Martin Luther King. "Selma" racconta appunto la lotta pacifista degli afroamericani nel 1965 quando, repressi dal potere dopo una prima marcia successiva all'uccisione del giovane Jimmie Lee Jackson da parte della polizia, trovano poi la solidarietà anche di molti bianchi e così, nonostante le violenze razziste del klu klux klan, riescono ad ottenere finalmente dal presidente Lyndon B. Johnson il diritto di voto. Il racconto pone al centro le diverse componenti della protesta che vanno dai movimenti religiosi a quelli studenteschi fino al mondo contadino ed operaio. Anima delle lotte è Martin Luther King, insignito del premio Nobel per la pace ad Oslo. Questo pastore battista, ispirato dall'attivismo non violento di Ghandi, diventa il riferimento delle lotte non violente per i diritti civili che, prima di essere ucciso a Memphis nel 1968, riuscirà almeno in parte ad ottenere. La pellicola esce in un momento di grandi tensioni che ancora una volta negli Stati Uniti pongono il potere e la polizia in stato di sfida verso talune rivendicazioni del popolo afroamericano. È un film che riporta la violenza del potere e quella della polizia, ma anche la forte volontà degli oppressi a conquistare i diritti civili e politici. È anche il racconto della fragilità di King di fronte a scelte difficili che spesso lo pongono in attrito con la moglie Coretta o in contrasto con altri esponenti del movimento, anche se la sua saggezza finisce sempre per illuminare gli eventi. Il film ha sicuramente uno spessore storico rilevante, ma davvero sarebbe anche utile per i giovani che vogliono avvicinarsi al pensiero di Martin Luther King la lettura del suo volume "La forza di amare" pubblicato in Italia dalla SEI nel 1963 o di "I have a dream" per i tipi di Mondadori nel 2001. Il primo è sicuramente uno dei libri più belli tra quelli che abbiamo letto. Dopo la visione di "Selma" abbiamo riflettuto a lungo sul percorso storico relativo alle conquiste sociali, civili, culturali e politiche. Molte sono state purtroppo ottenute attraverso azioni violente. Pensiamo, per fare solo qualche esempio, alle guerre contro i Persiani delle Polis greche o alla Seconda Guerra Mondiale contro il Nazismo per l'ottenimento della libertà; alla Rivoluzione Francese per abbattere il potere assoluto ed incamminarsi verso nuove forme di organizzazione sociale e politica; alla rivoluzione armata in America Latina per abbattere dittature e liberare il popolo dalla povertà. Altri traguardi storici sono stati il frutto del pensiero e dell'azione di non violenza attiva come la denuncia, la disobbedienza civile, la non collaborazione, la mobilitazione sociale. Pensiamo al riguardo, oltre alle manifestazioni degli afroamericani, ai tanti movimenti di massa che hanno permesso ai cristiani di ottenere il diritto alla professione della propria fede religiosa nell'impero romano, all'India di raggiungere l'indipendenza dall'impero inglese, alle donne di ottenere il diritto di voto, ai vietnamiti di pervenire alla pace, alla lotta di milioni di poveri grazie ai quali lo Scià di Persia dovette lasciare il potere, al movimento giovanile che ha raggiunto la distruzione del muro di Berlino. Certo le sconfitte per il movimento pacifista non sono mancate, come in Cile con l'uccisione di Salvador Allende, in Medio Oriente dove la violenza sembra non trovare fine, in Piazza Tienanmen o oggi in Ucraina, in Somalia, in Nigeria, in Iraq, in Siria e proprio di recente a Mosca con l'assassinio di Boris Nemtsov. I conflitti nel mondo sembrano diffondersi e proliferare. Quello che manca è proprio la coscienza della moltitudine che ha bisogno continuamente di studiare le forme migliori di difesa popolare non violenta e di manifestazioni di urto e di dissuasione nei confronti di quanti oggi diffondono violenza ed orrore, picconano le opere d'arte ed incendiano libri, massacrano popoli indifesi, negano i diritti, impediscono la realizzazione di una vera democrazia o cercano addirittura di determinarne il tramonto sostituendola con pseudo concetti di governabilità che altro non sono se non oligarchie a guardia e difesa di una ricchezza finanziaria di pochi che sta generando miseria per tanti e profonde diseguaglianze. Anche gli organismi internazionali di governance, che sono nati dopo la seconda guerra mondiale, devono essere rivisti nella struttura e nei regolamenti cercando di renderli efficienti nella soluzione dei gravi problemi che quotidianamente si affacciano all'orizzonte. La visione del film “Selma” può sicuramente aiutare la riflessione in questa direzione. FORCHE CAUDINE – PAGINA 24 AMBIENTE Le eccellenze del Molise di PASQUALE DI LENA dottore agronomo Sono solo sei i riconoscimenti dop e Igp che vedono protagonista il territorio molisano, di cui solo la Dop “Molise” Olio extravergine è tutta molisana, le altre cinque sono in comproprietà con altre regioni: il “Caciocavallo silano” Dop, con le regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria; la “Mozzarella” e la “Ricotta di Bufala Campana”Dop, con Lazio, Campania, Puglia; il “Salamino italiano alla cacciatora” dop, con Emilia Romagna; Marche, Umbria e Abruzzo; una Igp “Vitellone bianco dell’Appennino centrale” con Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo e Campania. In pratica il Molise è terz’ultimo nella classifica delle Regioni, in quanto a riconoscimenti delle nostre eccellenze, pur avendo un paniere abbondante di prodotti tradizionali, cioè di prodotti conosciuti e classificati da oltre 25 anni, (159 sui 4.813 ad oggi riconosciuti) che lo inseriscono al 12° posto nella classifica delle regioni. C’è un potenziale che è tutto da sfruttare, ma perché ciò accada è necessario che ci sia una crescita della consapevolezza del valore e significato della qualità che, come si sa, è nell’origine, cioè nel territorio che la esprime. Ma, come la storia del Molise insegna, non basta questo pregio se non c’è una precisa volontà politica, necessaria per tracciare il percorso che porta insieme pubblico e privato, cioè produttori e trasformatori con le loro associazioni; enti e istituzioni, con la Regione in testa –ai riconoscimenti di alcuni prodotti e pietanze che sono già oggi immagine del Molise. Si tratta di porre l’attenzione su alcune potenziali eccellenze e di lavorare per renderle testimoni di territori, sapendo che - mediante un’attenta azione di marketing - possono dare le risposte che da tempo aspettano gli operatori impegnati nella coltivazione, raccolta e trasformazione. Con essi, aspettano anche i territori interessati che, con la presentazione e crescita dell’immagine di questi testimoni, hanno uno stimolo per cogliere l’opportunità di mettere in vetrina altre eccellenze e altre preziosità. Penso a Langhirano e a Borgotaro, due comuni della provincia di Parma, famosi, il primo, per il suo “Prosciutto di Parma” Dop e, il secondo, per il fungo “Porcino” Dop; a San Daniele del Friuli e al suo “Prosciutto” Dop; alla Valle d’Aosta e alla sua “Fondina”, un formaggio Dop; a Serrapetrona nelle Marche e alla sua “Vernaccia” Dop; a Canino in provincia di Rieti e al suo “Olio extravergine” Dop; ai tanti vini del Piemonte, Veneto, Toscana, Campania, Puglia o alla Sardegna e alla “Vernaccia di Oristano” Dop; a Bronte e al suo “Pistacchio” Dop; a Tropea ed alla sua “Cipolla rossa” Igp; a Moliterno in provincia di Potenza e al suo formaggio ovimo-caprino “Canestrato” Igp; all’Alto Adige ed al suo “Speck” Igp; Alla Val di Non ed alla sua “Mela” Dop; alla Valtellina e alla sua “Bresaola” Igp; a Castelluccio di Norcia in Umbria e alla sua “Lenticchia” Igp; alla Riviera Ligure e al suo “Olio” Dop; a Navelli de L’Aquila ed al suo “Zafferano” Dop. Per il Molise c’è da pensare al “Tartufo Bianco” Dop; alla “Pampanella di San Martino” Dop o Igp; alla “Ventricina di Montenero di Bisaccia” Dop; alla “Scamorza di Bojano” Dop; alla “Stracciata di Agnone” Dop; al “Pane di Longano” e/o il “Pane d Venafro” Igp; al “Brodetto alla termolese di Tornola” Igp; alla “Salsiccia di Pietracatella“; al “Fagiolo bianco di Acquaviva di Isernia” Dop; alla “Signora di Conca Casale”Dop; alla “Capra di Montefalcone”: alle “Ostie” di Agnone; ai “Torcinelli” del Molise; alla “Mozzarella” STG, il marchio riguardante le Specialità Tradizionali Garantite. Si tratta solo, preso atto della forza commerciale e d’immagine di questi riconoscimenti, di lavorare per costruire i disciplinari di produzione di ognuna di queste indicazioni geografiche Dop, Igp e Stg; seguire e comunicare ogni passaggio; promuovere i singoli prodotti per dare stimoli e voglia d’intraprendere ai produttori e trasformatori e, così, renderli protagonisti. FORCHE CAUDINE – PAGINA 25 GENS Atene, la porta è quella di FABIO SCACCIAVILLANI economista Sul “Foglio” dello scorso 14 febbraio è stato pubblicato un pezzo con le dichiarazioni di alcuni economisti sulla situazione greca. Tra i nomi scelti per esprimere la propria opinione anche il “nostro” Fabio Scacciavillani (collabora con “Forche Caudine” sin dalla sua nascita), molisano (benché all’estero da oltre vent’anni), capo economista del fondo sovrano dell’Oman. Il quale ritiene che sia preferibile l’uscita di Atene dall’euro. Del resto solo qualche giorno prima aveva scritto in un tweet, a proposito delle elezioni in Grecia: “Un popolo di parassiti elegge una banda di ferrivecchi falliti”, suscitando più di qualche polemica. Ecco cosa dice a proposito della Grecia: “Non si sa come e se si arriverà a un accordo, ma l’Europa non può sottostare ai ricatti del governo greco”. Commenta l’articolista: “Secondo questa visione, ribaltata rispetto a quella generalmente diffusa, il ricatto non è quello della Troika rispetto ai greci (ti do gli aiuti solo se fai le riforme), ma quello di Alexis Tsipras che pretende liquidità minacciando di far saltare il banco. “Hanno ragione i greci, la questione è di tipo politico e perciò le loro richieste sono inaccettabili. LEADER. Alexis Tsipras. Darla vinta alla Grecia significa delegittimare i governi che hanno rispettato gli accordi e spingere gli elettori a votare populisti come Podemos in Spagna, Le Pen in Francia e Grillo in Italia. Ci sarebbe un effetto domino che distruggerebbe l’Unione”. In questo senso ha ragione Varoufakis che la Grecia è come i “canarini nelle miniere”, la cui morte segnala la presenza di fughe di gas. “L’esempio del canarino in miniera lo feci anche io diversi anni fa: la catastrofe non è la morte del canarino ma l’esplosione della miniera, l’Europa. In una condizione estrema come questa, l’uscita traumatica dall’euro sarebbe l’unico modo per ripristinare delle regole minime e salvare la moneta unica e l’Unione europea”. Oltre 1.500 persone iscritte all’associazione. 6.474 persone ricevono il notiziario. Fino ad oggi 231 eventi promossi. Forche Caudine. L’associazione con i numeri. dal 1989 FORCHE CAUDINE – PAGINA 26 HANDICAP Viva l’italiano ! di GIOVANNI SCACCIAVILLANI sindacalista Ugl, originario di Frosolone (Is) ◄ Giovanni Scacciavillani Una petizione per invitare il governo italiano, le amministrazioni pubbliche, i media, le imprese a parlare un po’ di più, per favore, in italiano. La lingua italiana è la quarta più studiata al mondo. Oggi parole italiane portano con sé dappertutto la cucina, la musica, il design, la cultura e lo spirito del nostro paese. Invitano ad apprezzarlo, a conoscerlo meglio, a visitarlo. Le lingue cambiano e vivono anche di scambi con altre lingue. L’inglese ricalca molte parole italiane (“manager” viene dall’italiano maneggiare, “discount” da scontare) e ne usa molte così come sono, da studio a mortadella, da soprano a manifesto. La stessa cosa fa l’italiano: molte parole straniere, da computer a tram, da moquette a festival, da kitsch a strudel, non hanno corrispondenti altrettanto semplici, efficaci e diffusi. Privarci di queste parole per un malinteso desiderio di “purezza della lingua” non avrebbe molto senso. Ha invece senso che ci sforziamo di non sprecare il patrimonio di cultura, di storia, di bellezza, di idee e di parole che, nella nostra lingua, c’è già. Ovviamente, ciascuno è libero di usare tutte le parole che meglio crede, con l'unico limite del rispetto e della decenza. Tuttavia, e non per obbligo ma per consapevolezza, parlando italiano potremmo tutti interrogarci sulle parole che usiamo. A maggior ragione potrebbe farlo chi ha ruoli pubblici e responsabilità più grandi. Molti (spesso oscuri) termini inglesi che oggi inutilmente ricorrono nei discorsi della politica e nei messaggi dell’amministrazione pubblica, negli articoli e nei servizi giornalistici, nella comunicazione delle imprese hanno efficaci corrispondenti italiani. Perché non scegliere quelli? Perché, per esempio, dire “form” quando si può dire modulo, “jobs act” quando si può dire legge sul lavoro, “market share” quando si può dire quota di mercato? Da qui la petizione (su Change.org) denominata “Dillo in italiano”. Scrivono i promotori: “Chiediamo all’Accademia della Crusca di farsi, forte del nostro sostegno, portavoce e autorevole testimone di questa istanza presso il governo, le amministrazioni pubbliche, i media, le imprese. E di farlo ricordando alcune ragioni per cui scegliere termini italiani che esistono e sono in uso è una scelta virtuosa. 1) Adoperare parole italiane aiuta a farsi capire da tutti. Rende i discorsi più chiari ed efficaci. È un fatto di trasparenza e di democrazia. 2) Per il buon uso della lingua, esempi autorevoli e buone pratiche quotidiane sono più efficaci di qualsiasi prescrizione. 3) La nostra lingua è un valore. Studiata e amata nel mondo, è un potente strumento di promozione del nostro paese. 4) Essere bilingui è un vantaggio. Ma non significa infarcire di termini inglesi un discorso italiano, o viceversa. In un paese che parla poco le lingue straniere questa non è la soluzione, ma è parte del problema. 5) In itanglese è facile usare termini in modo goffo o scorretto, o a sproposito. O sbagliare nel pronunciarli. Chi parla come mangia parla meglio. 6) Da Dante a Galileo, da Leopardi a Fellini: la lingua italiana è la specifica forma in cui si articolano il nostro pensiero e la nostra creatività. 7) Se il nostro tessuto linguistico è robusto, tutelato e condiviso, quando serve può essere arricchito, e non lacerato, anche dall’inserzione di utili o evocativi termini non italiani. 8) L’italiano siamo tutti noi: gli italiani, forti della nostra identità, consapevoli delle nostre radici, aperti verso il mondo. Infarcire discorsi politici e comunicazioni amministrative, resoconti giornalistici o messaggi aziendali di termini inglesi che hanno adeguati corrispondenti italiani rende i testi meno chiari e trasparenti, meno comprensibili, meno efficaci. Farsi capire è un fatto di civiltà e di democrazia. Ma non solo: la lingua italiana è amata. È la quarta studiata nel mondo. È un potente strumento di promozione nel nostro paese ed è un grande patrimonio. Sta alle radici della nostra cultura. È l’espressione del nostro stile di pensiero. Ed è bellissima. Privilegiare l’italiano non significa escludere i contributi di parole e pensiero che altre lingue possono portare. Non significa chiudersi ma, anzi, aprirsi al mondo manifestando la propria identità. Significa, infine, favorire un autentico bilinguismo: competenza che chiede un uso appropriato e consapevole delle parole, a qualsiasi lingua appartengano. FORCHE CAUDINE – PAGINA 27 DULCIS IN FUNDO Scoprire il Molise “a passo lento” Una meritoria iniziativa degli Itinerari Frentani di Larino. Una settimana di eventi per scoprire il Molise. E’ lo spirito della manifestazione “A passo lento”, promossa dagli Itinerari Frentani. Si comincia domenica 15 marzo con un viaggio nel paesaggio tra natura, sapori, arte e storia. Il programma: Ore 9: escursione a Gerione con la dr.ssa Maria Teresa Occhionero Ore 12.30 pranzo paesaggistico Ore 16: visita Cattedrale di Larino con Franco Valente Ore 17.30 visita chiesa Santa Maria Assunta di Montorio nei Frentani con Franco Valente Pranzo: Antipasto; Treccia appassita affumicata di Casacalenda; Caciocavallo di Agnone; Pecorino molisano; Bruschetta con alici e pomodorini secchi Biosapori; Zuppa di ceci; Fagioli con le cotiche; Frittate miste; Patate al forno; Verdure in pastella; Cime di rape; Chiacchiere e crostata di albicocche. Vino imbottigliato Masserie Flocco cabernet sauvignon. Mercoled’ì 18 e giovedì 19 marzo: “Tra altari, tavole e marauasce, un viaggio nella festa di San Giuseppe”. 18 marzo: ore 8, visita altari di Montorio nei Frentani e consumo delle rituale scarpell ore 18.30: visita altari di Casacalenda, consumo tradizionali cibi rituali e litanie, a seguire trasferimento a Larino e San Martino in Pensilis 19 marzo: Montorio nei Frentani, ore 10.30, processione San Giuseppe e a seguire le tavolate di San Giuseppe. In serata trasferimento a Santa Croce di Magliano per il tradizionale fuoco "Marauasce", esecuzione, con gli amici dell'Associazione Musicando, del canto Maichentò. Il Molise nella splendida foto di Guerino Trevisonno Venerdì 20 e sabato 21 marzo: “Minerali, rocce, fossili e grotte” Con Ecomuseo Itinerari Frentani, gruppo speleo di Guglionesi, il geologo Giancarlo de Lisio, Rocco Cirino e Nicola Petrella dell'AIIG 21 marzo. Ore 9, presso l’Aula Magna dell’Istituto Tecnico Agrario e Geometri di Larino: “Minerali, rocce, fossili e modellamento del paesaggio”. Lezione a cura dell'AIIG con Contadino Rocco Cirino e Nicola Putrella. 21 marzo. Ore 8.30: Visita grotte di Colle Bianco con il gruppo speleo di Guglionesi e il Geologo Giancarlo de Lisio. Grotte raggiunte in auto e a piedi. Domenica 22 marzo: V edizione de “La natura nel piatto”, con titolo: “Calanchi, tratturi, vie sacre e erbe alimentari spontanee" 22 marzo. I partecipanti effettueranno un’escursione su “ vie sacre”, tratturo e andranno alla ricerca di piante alimentari spontanee e alla scoperta degli aspetti naturalistici e storici dell’area. E' prevista la consumazione di pietanze preparate con erbe spontanee. FORCHE CAUDINE – PAGINA 28