FORCHE CAUDINE
Associazione dei Romani
d’origine molisana
Notiziario dell’associazione
edito dal 1989
Giampiero Castellotti
presidente
Donato Iannone
vicepresidente
Gabriele Di Nucci
segretario
Gianluigi Ciamarra
Giovanni Scacciavillani
presidenti onorari
Fabio Scacciavillani
presidente com. scientifico
----------------------------------Supplemento al sito
www.forchecaudine.com
testata giornalistica registrata
il 30 maggio 2008 (n. 221)
presso il Tribunale di Roma
(già registrato il 9/1/90, n. 5
come periodico cartaceo).
Direttore: Giampiero Castellotti
[email protected]
------------------------------------La Newsletter di Forche Caudine
raggiunge 5.998 persone
(30% Roma, 30% Molise,
20% resto d’Italia, 20% estero).
Per cancellazioni,
anche in riferimento
alla legge sulla privacy:
[email protected].
La collaborazione è gratuita.
“Forche Caudine”
è realizzato per passione
e senza fini di lucro.
La Regione Molise, attraverso il Fondo per le imprese (Fri), mette sul piatto otto
milioni di euro per “Innovazione, internazionalizzazione, accordi di rete, start up”.
Puntare al futuro va bene. Ma trascurare il presente va meno bene.
In Italia, per fare un esempio, le start up, cioè le aziende innovative, sono 3.300.
Nel Molise sono appena 15, con uno dei rapporti più bassi rispetto all’entità della
popolazione. Sul fronte della ricerca, eccetto l’università, ci sono numeri
marginali. Lo spirito cooperativo, inoltre, non è mai stato il forte di questa terra,
dove nei principali distretti artigianali, ad esempio, ognuno va per conto suo.
Il vulnus più evidente, però, è rappresentato dal presente, cioè dai gravi problemi
infrastrutturali che sconsiglierebbero a chiunque di “isolarsi” nel Molise. Dove
sono carenti persino le reti telefoniche. Tutto il movimento dell’economia
collaborativa, dei makers, dei coworking, sul quale abbiamo da tempo richiamato
l’attenzione degli amministratori locali, continua a rappresentare una chimera.
Rispetto a questo panorama poco edificante, c’è invece un settore agroalimentare
dalle concrete potenzialità, che incarna la vera vocazione e sfida per il territorio.
Le aziende agricole molisane, a differenza delle start up, sono 10.145. Percentuale
del 29,1% rispetto al 12,5% nazionale. Le 640 aziende alimentari assicurano il
secondo posto tra le regioni che ne hanno la più alta percentuale. Insomma,
l’agroalimentare, di assoluta qualità, è la bandiera del territorio di cui la regione,
dai cittadini alle istituzioni, deve prendere piena coscienza e andarne orgogliosa.
Tra l’altro il settore è tra quelli che hanno resistito meglio alla crisi, registrando
addirittura una crescita costante. Sono i giovani a riscoprire il gusto della
produzione alimentare, adeguandola ai tempi e apportando innovazione (vera).
La forte vocazione del Molise per la produzione agroalimentare è insomma
indiscutibile. E le percentuali molisane del comparto, che lievitano più
rapidamente di quelle nazionali, confermano i margini di crescita.
Insomma, la politica locale, anziché inseguire abbagli, farebbe bene ad
incrementare gli sforzi verso tale settore, potenziando le infrastrutture,
rafforzando le filiere, aprendo l’accesso al credito, premiando la qualità,
favorendo finalmente gli sbocchi verso il mercato romano, come chiedono i tanti
produttori legati alla nostra associazione.
Investire nei valori distintivi che caratterizzano l’agroalimentare molisano è un
vero e proprio diktat. Non farlo è autolesionismo.
LAUREA
WWW.FORCHECAUDINE.IT
Inoltre numerose associazioni
la inoltrano ai propri soci.
EDITORIALE
Il Molise è agricolo
Da
Forche
Caudine le più
sentite
congratulazioni
alla
nostra
giovane
collaboratrice
Erika
Zannino,
originaria
di
Roccaravindola
(Isernia), che si è
brillantemente
laureata
all’università “La
Sapienza”
con
votazione 110 e
lode.
IN MOLISE ‘SCIOCCA’
Venerdì
6
marzo
2015:
Campobasso sotto la neve.
FORCHE CAUDINE – PAGINA 2
(Foto di Fernanda Falcone)
EMOZIONI / 1
Piccolo Grande Molise
di PASQUALE DI LENA
Il
Molise, anche se con un territorio limitato sotto
l’aspetto della superficie (4.438 chilometri quadrati, di cui
più della metà (54 per cento) montagne, il resto
fondamentalmente colline, visto che le pianure sono tre e
molto limitate), è, però, ricco di valori e di risorse.
Un vero e proprio scrigno che merita ogni considerazione
per le potenzialità che esso può esprimere e, nel momento
in cui questo accade, diventare occasione di cambiamento
e di affermazione della molisanità, proprio quando essa
viene messa in discussione da attacchi provenienti da più
parti, la gran parte sconsiderati e puramente
propagandistici, alla sua autonomia.
Cosa fare per affermare la molisanità?
Sono convinto che il Molise, con la sua autonomia, ha
dato quello che poteva dare nella progettazione del suo
sviluppo e deve continuare a farlo con più capacità e
forza, se il molisano e, soprattutto, la sua classe dirigente
e politica, prende nella dovuta considerazione il
significato ed il valore del territorio.
Importante per capire che esso è il solo bene che il Molise
ha.
Una vera e propria miniera dalla quale estrarre risorse
preziose che servono per programmare e progettare il
domani.
Considerare il territorio e avere la forza e la capacità di
salvaguardarlo, tutelarlo e valorizzarlo, approfittando
dello sbandamento prodotto dalla pesante crisi, per far
diventare il Molise un esempio per il Paese e per
l’Europa.
Ha, del resto, la dimensione, conformazione e
collocazione (nel cuore del Mediterraneo) giuste per
esserlo e, soprattutto, i caratteri propri di un territorio
vocato, grazie alla sua diffusa ruralità, all’agricoltura e al
turismo.
Ed è proprio questa sua fondamentale risorsa,
l’agricoltura (la gemma più preziosa dello scrigno), il
primo esempio da offrire al Paese con la sua funzione di
volano e la sua collocazione al centro di un nuovo tipo di
sviluppo.
Il territorio e la sua agricoltura, lungo un percorso
segnato dalla sostenibilità, per rilanciare l’economia e la
società quale via d’uscita dalla crisi che soffoca il nostro
Paese e la nostra Regione.
Affermare questo vuol dire spendere tutte le risorse
messe a disposizione e spenderle per programmare e
progettare un’agricoltura all’altezza del compito e del
momento difficile che viviamo.
Un momento, ripeto, che ha bisogno di essere rimosso in
tempi ristretti se si vuole dare alle nuove generazioni la
speranza e la fiducia nel domani.
In questo senso dico anch’io - e lo dico con grande forza che nel Molise ci sono le possibilità di una svolta verso il
futuro, si tratta solo di cogliere questa grande
opportunità.
Nel libro “la teoria del caos” si legge che “non si può
cogliere un fiore senza turbare una stella” o, anche come più mi piace pensare - "affascinare una stella".
Si dice anche che il minimo battito d’ali di una farfalla,
per esempio a Montelongo o a Castelpizzuto, sia in
grado di provocare un uragano dall’altra parte del
mondo, che so’ in Australia o Nuova Zelanda.
La farfalla Molise richiama in me questa metafora e mi
porta a immaginare il suo battito d’ali capace di
scatenare, non un uragano, ma una voglia di emulazione
dei suoi progetti e delle sue realizzazioni, nel momento
in cui si decide di fare di una regione, che è piccola e
grande insieme, un laboratorio utile al Paese.
Partendo dal suo stato di farfalla, cioè sensibilità e
fragilità insieme e, come tale, espressione alta di
sostenibilità ambientale, per sviluppare, in ogni campo
che riesce a esprimere, le straordinarie potenzialità con i
risultati a disposizione del Paese.
In questo senso io dico “il piccolo grande Molise” e lo
dico soprattutto quando penso che c’è un Molise di poco
più di trecentomila abitanti, suddiviso in 136 territori
segnati da poche case come Provvidenti o Conca Casale.
Un Molise piccolo di fronte a quello grande che, segnato
dalle ricorrenti emigrazioni, è sparso in ogni parte del
mondo.
Unire saldamente queste due realtà in unico Molise,
quello della programmazione e della progettualità, per
sognare, nel momento in cui si lavora per realizzarlo,
ancor di più il futuro di questa nostra stupenda terra che,
se uno pone attenzione, non invecchia mai, anzi, con il
tempo ringiovanisce e diventa, come lo è in questo
momento storico, di grande attualità.
FORCHE CAUDINE – PAGINA 3
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Nessuna delle restanti diciannove regioni italiane è più
attuale del Molise e dico questo con grande convinzione e
forza per smentire quanti parlano e sparlano del Molise,
soprattutto quando dimostrano di non conoscerlo o di
conoscerlo solo in parte.
Perdere questa straordinaria opportunità, generata dalla
crisi di un sistema, da tempo fallito,e, per questo, ancor
più ingiusto e spietato con i deboli, vuol dire ridurre il
Molise a poca cosa o, ancora peggio, al servizio di altre
realtà.
C’è bisogno di contrattaccare e di far capire, a quanti
stanno perdendo energie e tempo per ridar via a un
passato che non c’è più, di spendersi per unire il piccolo e
il grande Molise in modo da far esprimere potenzialità
inaspettate a questa nuova realtà, soprattutto per quanto
riguarda il recupero di strutture e infrastrutture che
caratterizzano fortemente il territorio, proprio perché
profondamente ad esso legate.
Ecco, facciamo battere le ali della farfalla Molise con
progetti e programmi e rimaniamo in attesa per capire gli
effetti prodotti, qui e altrove.
Tante montagne e tante colline, minute pianure e un
ristretto tratto di mare; un’agricoltura e una ruralità, in
percentuale, più diffuse che altrove; olio, vino, cereali,
ortaggi e frutta e abbondante tartufo, con quello bianco
più che in ogni altra parte d’Italia; un ricco passato e
tanta cultura; ricche tradizioni, con una cucina
all’insegna della semplicità e ricca di mille variazioni
sul tema cereali, forno, orto, pescato; la bellezza dei
suoi paesaggi e la memoria della transumanza, dei
piccoli paesi. Una Regione che appare come una
deliziosa, incantevole Città-campagna
Proprio perché piccolo è ancora più prezioso il
territorio di questo nostro Molise.
Sperperarlo vorrebbe dire rimpiangerlo presto,
soprattutto ora che c’è la necessità e l’urgenza di
tracciare un percorso, anche se solo un viottolo, che
serve, però, a capire in quale direzione andare e dove
si vuole arrivare per dare un futuro ai giovani. Questi
nostri figli, che, purtroppo e sempre più, prendono la
via che porta a emigrare altrove per lavorare ed
esprimere la propria professionalità, in pratica cercare
di vivere la vita…
Vivere la vita una sensazione che la società dei
consumi e dello spreco non riesce più a dare.
Il territorio, questo straordinario e fondamentale bene
comune, che è sempre stato e resta la sola risorsa dalla
quale ripartire per dare una risposta di lavoro e di
qualità della vita ai giovani, una sicurezza alle
famiglie, una speranza e una voglia di fare senza le
quali non si muove nulla, tutto resta fermo o va
indietro.
Il territorio quale contenitore di valori e di risorse che
bisogna conoscere per poterli condividere con gli altri,
renderli comprensibili e spiegarli perché tutti siano
portati a esprimere questi valori e queste risorse - di
cui prima parlavo e che vale la pena riportare - quali
l’ospitalità, la storia, la cultura, il nostro cibo
quotidiano di assoluta qualità, la nostra terra, le nostre
tradizioni di cui alcune antichissime.
La ruralità, quindi, come straordinario valore di
grande attualità e modernità e non un segno di
arretratezza, ma l’espressione più avanzata di quel
grande e fondamentale patrimonio che è il territorio e
la sua agricoltura, da porre entrambi al centro di
questo nuovo modello di sviluppo.
Territorio e Agricoltura quali patrimoni di saperi, cioè
di conoscenze e di competenze, di valori storicoculturale-artistici, paesaggistici e quelli legati alle
tradizioni, che il tipo di sviluppo in coma ha provato a
cancellare e continua a farlo per mantenere alta la
bandiera del profitto per il profitto.
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FORCHE CAUDINE – PAGINA 4
EMOZIONI / 2
La “scoperta” dei coltellinai
E’ il 1958. Un giornalista de “Il Mattino”
scrive sui coltellinai molisani…
di MARIO STEFANILE
I quattro righi dedicati a Frosolone dalla Guida d’Italia mi
saltarono improvvisamente in mente quando il
temperino che manovravo assai maldestramente
intorno a non so quale groviglio di fili elettrici nel cofano
dell’automobile, mi punse un dito e succhiandomi la
goccia di sangue che ne era sprizzata ecco che ricordai:
“Frosolone, metri 894 s.l.m. abitanti 2015, stazione
climatica estiva, risorto dopo il terremoto del 26 luglio
1805. A Frosolone prosperano oltre un centinaio di
piccole officine in cui si lavorano a mano coltelli e forbici
ovunque apprezzatissimi”
E poiché so che la Guida del Touring è sempre
scrupolosamente esatta, decisi di andare a Frosolone, a
dare anche io un’occhiata a quel paese che con qualche
ragione immaginavo fiorentissimo, perché certamente
quel particolare artigianato dei coltelli e delle forbici
“ovunque apprezzatissimi” vi aveva portato ricchezza e
benessere, l’una e l’altro ben distribuiti e irradiati
proprio da quel centinaio di “piccole officine”.
Non badai più che tanto, rileggendomi i quattro righi
della Guida, a quella precisazione “si lavorano a mano”:
che avrebbe dovuto mettermi in allarme perché
nell’anno di grazia 1958 la mano dell’uomo non vale più
granché, se non schiaccia bottoni o manovra leve di
complicati macchinari dagli ingranaggi misteriosi dai
quali escono prodotti tutti uguali, non fosse che
nell’anonima bruttezza. La chiave era tutta là, non me
ne accorsi e tirai allegramente il collo alla mia
automobile sullo stupendo vialone alberato che fra
Vinchiaturo e Isernia trasforma la Statale n° 17 in una
“avenue” incredibile. Davo sguardi distratti ai paesini
che intravvedevo appollaiati sulle pendici del Matese:
Guardiaregia, Campochiaro, San Polo, San Massimo,
Roccamandolfi, giurando a me stesso che un giorno o
l’altro sarei andato a vedermeli tutti, anzi in qualcuno vi
avrei trascorso qualche vacanza, sdraiato nelle vallette
prative a numerare le cime più alte dei monti: il Miletto,
il Gallinola, il Caruso, il Falasca, oppure a colloquio con i
contadini e con le contadine accompagnandoli magari
alle fiere e ai mercati. In fondo sapevo che i miei georgici
sogni non si avvereranno mai, ma li carezzavo lo stesso,
girando al quadrivio di Cantalupo, verso Macchiagodena
e Frosolone, lungo la provinciale che gira e rigira per
Trivento e San Salvo, si immette poi, verso le foci del
Trigno, nuovamente sull’Adriatico.
Così giunsi a Frosolone, che sta quasi sopra uno
sperone di roccia, come gran parte dei paesi e paesini
dell’Italia meridionale, fondati in posizioni impervie per
sfuggire ad assalti e a incursioni cui da secoli erano stati
sottoposti da parte degli invasori.
Mi incamminai per il centro storico con l’animo già
predisposto alla vista di un paese palpitante per rumori
e sibili e fruscii di torni, di frese, di mole, di presse in
movimento nelle cento officine e invece, naturalmente
non incontrai che il silenzio, qualche ragazza sulla soglia
della sua casa alzava appena gli occhi dal cucito che
aveva tra le mani, un giovanotto seduto ad un caffè mi
dette appena uno sguardo; tutto sembrava come inerte
e abbandonato nel gran sole che accendeva riverberi
dalle bianche facciate delle case e che faceva più neri e
densi gli alberi raggruppati in un giardino pubblico
circolare.
Detti ancora uno sguardo ai quattro righi della Guida,
chiesi a qualcuno, mi accennò con l’indice a un basso
edificio che stava aldilà del folto degli alberi “Quella è la
Cooperativa” disse.
FORCHE CAUDINE – PAGINA 5
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Dietro un banco, al di là del quale in certi stigli a cassetto vidi
i tipici involti dei coltelli, stava un uomo di mezza età, magro
e con gli occhi severi che discorreva con un altro uomo,
dalle gote rosee e fresche, un berretto a visiera sul capo,
messo come se stesse per andare in città, voglio dire con
l’abito della festa, mica del lavoro. Coltellinai anche loro
due, seppi subito: e della Cooperativa, cioè di questo
esperimento economico - sociale che riunisce un gruppo di
artigiani per distribuire più equamente il guadagno.
Nessuna gerarchia, soltanto una divisione dei compiti
concordata secondo le particolari attitudini di ciascun socio:
e mentre la più parte restava alle fucine, alla pressa (ce n’è
una sola, purtroppo!), alle mole, uno lavora alla trancia, un
altro alle molle, un terzo bada alle vendite sul posto, un
altro ancora carica due valigie con il campionario e va in giro
per l’Italia meridionale a offrire una merce indubbiamente
assai apprezzata ma che, per essere lavorata tutta e
soltanto a mano, non può battere certamente la
concorrenza italiana di Maniago o quella tedesca di
Solingen o quella spagnola di Toledo.
Felice Di Iorio, Alfonso Giusti, Felice Russo, per esempio
sono operai consorziati in questa cooperativa, fanno sforzi
inauditi e commoventi per trasformare il piccolo artigianato
locale in una piccola industria, sognano semplici ma
preziose macchine che possano permettere loro di
fabbricare coltelli di acciaio inossidabile o forbici da barbiere
o da carta o da stoffa risparmiando sui tempi di produzione.
Ormai tutta l’economia attuale considera i tempi di lavoro
come fattore essenziale del costo: di qui tutta una nuova
tecnica di amministrazione aziendale che il capitale sociale
di una piccola cooperativa, come è questa dei coltellinai
riuniti di Frosolone, non può rendere concreta. Il periodo di
massimo splendore per questo artigianato di primissimo
ordine risale al vecchio secolo quando i prodotti si
smerciavano per tutta l’Italia soprattutto meridionale,
quando da Napoli si irradiavano ancora molti prodotti per il
resto del sud, quando c’erano scarsi mezzi di
comunicazione e ancora più scarse esigenze negli acquisti.
Ma via via, come ho detto, Solingen dalla Germania e
Maniago dall’Italia settentrionale buttarono sul mercato
meridionale prodotti lavorati a macchina in grandissima
serie, a prezzi notevolmente inferiori e l’artigianato di
Campobasso, di Sant’Elena, di Frosolone, subì il colpo, si
dovettero ribassare non i costi di produzione, ma i margini
di guadagno, talvolta addirittura svendere per poter
acquistare l’acciaio da fucinare e da traforare e da molare.
Fino a una diecina di anni fa gli artigiani di Frosolone
lavoravano e tentavano di vendere ognuno per proprio
conto, soprattutto sui mercati più vicini di Napoli e di Roma; e
la stessa disorganizzazione contribuì a far pazzo un mercato
che diventava per proprio conto più difficile ogni giorno.
La cooperativa, riunendo gli sforzi di un centinaio di nuclei
operai, e stabilizzando in qualche modo i prezzi, vendendo
cioè secondo una tariffa unica, ha tentato in qualche modo
di arginare la preoccupante congiuntura economica:
ma ogni operaio non riesce a guadagnare più di settecento
lire al giorno; vi sono periodi di assoluta magra, i mercati
rifiutano il prodotto - non soltanto questo di Frosolone,
s’intende, ma anche quello di Solingen e Maniago - perché
saturi, e soltanto le aziende a conduzione industriale, con
un capitale di riserva, riescono a superare le difficoltà
senza eccessivi e talvolta insopportabili disagi.
I sogni dei coltellinai di Frosolone si concretizzano quasi
tutti in una diecina di milioni di lire di capitale da poter
manovrare secondo le stagioni, per dare all’economia del
loro artigianato un carattere più stabile: ma finora sono
riusciti ad ottenere in prestito dai fondi per l’artigianato
soltanto poco più di un milione, gli uomini politici che
hanno fatto una campagna elettorale di sole promesse
hanno avuto la sgradita sorpresa di ottocento schede
bianche nelle ultime elezioni. È stato il più dignitoso modo
di protestare che potessero opporre i coltellinai di
Frosolone a chi non ha badato ai loro piccoli problemi. Ma i
problemi anche piccoli, in un’Italia piccolissima, hanno il
loro peso, definiscono una situazione che da economica si
fa sociale e che può diventare politica.
Il problema di Frosolone, dei suoi coltelli e delle sue forbici,
non è problema gravissimo, d’accordo; ma occupa la mente
di tutti questi bravi artigiani che passano molte ore in un
lavoro pericoloso, non è certamente facile dosare la
pressione di una lama aguzza e affilatissima contro una
mola scintillante e vorticosa; non è facile montare le molle in
quegli orribili stiletti che scattano aguzzi e micidiali e che
fanno pensare ad atroci risse nei chiassuoli malfamati; non è
facile, soprattutto, lavorare il corno per i manici: ed è
difficilissimo vendere il prodotto finito, vi è la sottile rete dei
passaggi di mano in mano, di rivenditore in rivenditore con
piccolissimi margini di guadagno che sfumano non si sa
come... Troppo poco il pane da tagliare per un milione di
coltelli: è la dura verità per un paese chiuso tra i monti, che
non ha altre risorse se non quelle assai magre di
un’agricoltura di montagna e queste antiche e nobili di un
artigianato di pregio. Forse per questi motivi, detti a denti
stretti, ma senza risentimento, soltanto con grandissima
amarezza, gli occhi del coltellinaio dietro il banco della
cooperativa sono così severi. Nella bottega in penombra,
scintillano adesso le lame, che mi mostrano, di coltelli da
tavola; da frutta, da carne, di coltelli per agricoltori, a lama
piatta, a lama curva, a bordo seghettato, di coltelli da tasca,
con il morsetto per le cartucce dei cacciatori, col cavatappi,
con l’apribottiglie, di coltelli a molla per i mafiosi e i violenti...
Ma scintillano anche cupamente gli occhi di due ragazzini, i
figlioletti del coltellinaio che bada allo smercio dei prodotti:
anch’essi un giorno o l’altro, comunque assai presto,
lasciate le scuole andranno a premere una lama di acciaio
fucinato contro una mola vorticosa e scintillante o
andranno, con una valigia di cartone, in giro per l’Italia a
vendere i loro coltelli. O sogneranno forse di andar via
dalla loro terra pur così bella, di camminare verso la
Svizzera o verso il Canada, senza più coltelli cioè con un
solo coltello nel cuore, quello di un’amarissima nostalgia.
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FORCHE CAUDINE – PAGINA 6
L’ATTUALITA’
Il nodo della questione libica
di UMBERTO BERARDO
Certo che noi italiani siamo davvero un popolo difficile da
capire ! Rispetto ai conflitti che si sono aperti nel mondo ed ai
problemi conseguenti non abbiamo mai cercato di fare
mente locale, di affidare subito ad esperti lo studio delle
questioni e di aprire il confronto tra la popolazione, ma
abbiamo lasciato che dichiarazioni istintive ed incomprensibili
percorressero la bocca di ministri che hanno blaterato di
tutto e di più, tranne poi smentire o ridimensionare quanto
affermato. In moltissimi casi siamo andati tranquillamente a
rimorchio di decisioni altrui, anche quando queste erano
palesemente contro articoli della nostra Costituzione e
perfino nel caso in cui si ritorcevano pesantemente contro
l'interesse nazionale. Abbiamo così accettato, solo per fare
qualche esempio, la Guerra del Golfo del 1990-91 o quella
contro la Libia del 2011. Noi siamo inseriti in organizzazioni
internazionali rispetto alle quali, tuttavia, spesso
manifestiamo incapacità di autonomia e di giudizio critico.
In questi giorni siamo di fronte a posizioni del governo
italiano rispetto alle minacce dei militanti dell'ISIS dalla Libia
che hanno davvero dell'incredibile. Il centro del potere del
cosiddetto Stato Islamico o Califfato che dir si voglia è in Iraq
e Siria e da lì ha cominciato a diffondere azioni di violenza, di
brutalità e di orrore in diverse aree geografiche.
La comunità internazionale al riguardo si è limitata finora ai
bombardamenti con i droni o a sostenere malamente la lotta
di Curdi, un tempo perseguitati, o più tardi della Giordania,
pensando ancora una volta che la soluzione unica e definitiva
sia quella delle armi e della violenza.
Ora l'Italia ed altre nazioni europee, dopo aver fatto crescere
il potere anche militare dell'ISIS, si muovono spinte dal
pericolo che si avvicina alle porte di casa, ma ancora una
volta sembrano voler ripercorrere gli errori di sempre.
Nei giorni scorsi si è parlato di un intervento militare in Libia
dimenticando che lì di caos noi europei insieme agli Stati
Uniti ne abbiamo già creato troppo.
Qualche giorno fa abbiamo sollecitato l'indizione di una
conferenza internazionale sul problema ISIS capace di
studiare un itinerario diplomatico in grado di portare
all'assunzione di responsabilità non solo i Paesi occidentali,
ma evidentemente anche quelli islamici. Se l'Occidente
capisce che deve finire qualsiasi logica di tipo neocoloniale ed
i Paesi arabi che occorre isolare il terrorismo sul piano
economico, politico, culturale, religioso e mediatico forse si
comincia a delineare la strada che può portare ad una
convivenza pacifica su questa Terra. Oggi abbiamo popoli
presso i quali la civiltà ha portato alla dichiarazione di tanti
diritti della persona, ma essi sono limitati solo a certe aree
geografiche come a percentuali ridottissime della
popolazione e non sono coniugati ancora a livello mondiale.
Il mondo occidentale ad esempio non sa o non vuole
condividere con il resto dell'umanità la tutela della salute ed
il benessere; anzi gli altri sono solo visti in funzione del
proprio arricchimento. Ci sono popoli poi che devono uscire
da radicalismi religiosi o ideologici che vorrebbero negare
uguali diritti per tutti ed appaiono incapaci di dialogo
interculturale.
Paesi che si arricchiscono con il commercio delle armi
devono capire che il terrorismo si combatte certo all'interno
delle aree geografiche in cui si sviluppa con la crescita della
ricerca culturale e con l'incontro diplomatico tra tutti gli
attori in campo, ma anche con un cammino che
necessariamente deve portare l'umanità verso il disarmo.
L'Italia in merito non può dare lezioni a nessuno perché le
armi le produce, le vende e le compera come sta facendo
ora con gli F-35. Intanto il terrorismo va isolato sul piano dei
finanziamenti economici e nella fornitura delle armi.
Ci sono nazioni al riguardo che bleffano perché, pur
dichiarandosi ieri contro Al Qaeda ed oggi contro lo Stato
Islamico, in realtà continuano tranquillamente a finanziare
simili movimenti del terrore.
Sono queste a nostro avviso le linee di azione verso le quali
occorre che si muova la governance mondiale, le cui
organizzazioni, spesso inefficienti ed incapaci, vanno al più
presto riformate, rese sempre più democratiche e dotate di
mezzi e strutture politiche utili per l'operatività intorno ai
conflitti che insorgono nella convivenza tra i popoli.
Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu, riunito il 18 febbraio ha
escluso al momento qualsiasi intervento militare in Libia,
proposto ad esempio dall'Egitto, optando per una soluzione
diplomatica che dovrebbe prevedere un cessate il fuoco ed
un tentativo di accordo tra i gruppi che occupano le diverse
città del Paese con la possibilità di giungere ad un governo di
unità nazionale. Non sarà facile mettere d'accordo Fair Libya,
milizie islamiche vicine ai Fratelli Mussulmani che occupano
Tripoli, Misurata e Sirte, Ansar Al Sharia, Jihadisti partigiani
della legge islamica presenti a Bengasi ed il Governo
riconosciuto di Abdullah Al Thani a Tobruk.
Realizzato tale progetto di stabilità della Libia, che proprio
noi occidentali abbiamo destrutturato come tante altre aree
geografiche, c'è da risolvere contestualmente l'isolamento di
Abu Bakhr Al Baghdadi, che con suoi seguaci è riuscito ad
arrivare nella zona di Derna.
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FORCHE CAUDINE – PAGINA 7
PRIMO PIANO
I “nuovi barbari” a Roma
Non possiamo dimenticare
la profanazione dei tifosi olandesi
alla nostra Città Eterna.
Ecco cosa c’ha risposto l’ambasciatore…
di PIERINO VAGO
Un’ulteriore gettata di fango su Roma. La città, sempre più
spesso profanata da manifestazioni che degenerano in atti
di teppismo e in violenti scontri con le forze dell’ordine
(sono vive nella memoria dei romani, ad esempio, le
immagini della devastazione del quartiere San Giovanni nel
2011 ad opera di “fantomatici” black bloc di cui non s’è
avuto più notizia, ma anche gli scontri tra romani e
napoletani prima della finale di Coppa Italia dell’anno
scorso), ora ha dovuto subire l’onta barbarica di qualche
centinaio di tifosi olandesi.
Colpisce non solo la stupidità di questi giovani della
“civilissima” Olanda, i quali, in modo chiaramente
premeditato, hanno organizzato la notte di follia a Campo
de’ Fiori e la devastazione del centro storico di Roma, tra
auto danneggiate, muri trasformati in latrine ed i noti danni
alla Barcaccia del Bernini in piazza Navona (oltre agli
autobus fracassati).
Avvelena di più l’impotenza di chi è pagato per tutelare la
sicurezza pubblica. E, more solito, nessuno ha pagato per
quello scempio, di cui il tempo offuscherà il ricordo (e le
responsabilità).
Come “Forche Caudine” abbiamo scritto – ed invitato i
nostri amici a fare altrettanto – all’ambasciatore olandese a
Roma (tra l’altro di Rotterdam) e ad altre istituzioni dei
Paesi Bassi per esprimere lo sdegno e affinché i vertici
olandesi venissero sollecitati a compiere un atto di
solidarietà concreta. Siamo ovviamente convinti che
qualche centinaio di esagitati non possono macchiare
un’intera nazione, sebbene quanto visto nella partita di
ritorno tra Feyenoord e Roma, con quella pioggia di
accendini (e non solo) lanciata dagli spalti, la partita sospesa
e quant’altro, abbiamo gettato sale sulla ferita.
Dall’ambasciata hanno mandato una risposta ai tanti che
hanno scritto (noi compresi), nella quale – però –
s’illustrano le iniziative della cosiddetta “società civile”, cioè
“dal basso”, mentre “dall’alto” non si sono spesi poi molto a
mettere in campo atti di solidarietà e di “redenzione” per
l’immagine di un intero popolo.
Cosa c’hanno scritto dall’ambasciata d’Olanda a Roma?
Ecco il testo della loro mail:
“Buon giorno, Grazie della Sua mail.
Ci scusiamo per il ritardo, ma visto la mole di reazioni
ricevute non ci è stato possibile rispondere prima.
Condividiamo con voi lo sdegno e lo sconcerto per il
comportamento di un gruppo (minoritario) di
teppisti. Il calcio deve essere una festa dove non c'è
posto per la violenza. Le autorità italiane possono
quindi contare sulla completa collaborazione ed
impegno dell'Olanda per far sì che i colpevoli siano
puniti e costretti a pagare per i danni da loro
causati. L'Olanda ha piena fiducia nella giustizia
Italiana che deve accertare le responsabilità penali e
civili per gli atti di vandalismo. Anche la Polizia nei
Paesi Bassi ha aperto un'inchiesta per identificare gli
autori degli atti vandalici a Roma.
Sabato 21 febbraio, in una telefonata al suo
omologo italiano Matteo Renzi, il Primo Ministro
olandese Mark Rutte ha definito come terrificanti gli
atti distruttivi compiuti da un gruppo di tifosi e ha
espresso il suo senso di vergogna per il
comportamento di questi suoi connazionali.
continua alla pagina seguente ►►►
FORCHE CAUDINE – PAGINA 8
PRIMO PIANO
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Simili considerazioni sono state espresse dal Ministro
degli Esteri olandese Koenders al suo collega italiano
Gentiloni e dal Sindaco di Rotterdam, Aboutaleb, al
Sindaco di Roma, Marino.
Martedì 24 febbraio, l’ambasciatore Michiel den Hond
ha ricevuto una delegazione dei partecipanti al sit-in
“Siamo tutti nella stessa barca” tenutasi davanti
all’ambasciata olandese a Roma.
Nel frattempo sono state organizzate diverse iniziative
da parte di cittadini privati e aziende olandesi per dare
un contributo alla tutela del patrimonio culturale della
città, in particolare per la “Barcaccia” di Piazza di
Spagna.
Una di queste è un gruppo formatosi spontaneamente
tra gli olandesi di Roma sotto la sigla “Salviamo la
Barcaccia”.
In Olanda si è poi formato il gruppo Wij zijn Romeinen
(Anche noi siamo romani) che sta raccogliendo fondi
tramite crowdfunding, mentre gli studenti di un
ginnasio della città di Zwolle raccolgono soldi da offrire
al sindaco Marino durante il loro viaggio di studio a
Roma, la settimana prossima.
Speriamo e confidiamo che un incidente, pur grave,
come questo non nuoccia agli ottimi rapporti da
sempre esistenti tra i nostri Paesi.
Distinti Saluti,
L’Ambasciata del Regno dei Paesi Bassi presso la
Repubblica Italiana”.
Onestamente ci sembra la classica foglia di fico rispetto alla
grave profanazione compiuta da questi veri e propri
barbari.
Gian Lorenzo e Pietro,
scusate la loro ignoranza…
Architetto, pittore, scenografo, Gian Lorenzo Bernini
è uno dei maggiori scultori del Seicento italiano.
Figlio dello scultore fiorentino Pietro Bernini, Gian
Lorenzo nacque a Napoli il 7 dicembre 1598.
Il padre rientrava a Roma con la famiglia nel 1605 per
lavorare nei cantieri di papa Paolo V Borghese;
proprio nella nostra città Gian Lorenzo ha compiuto
la sua formazione artistica studiando la scultura
classica e la pittura di Caravaggio.
Inizialmente allievo del padre, poi ne è diventato uno
dei collaboratori.
Tra i suoi committenti iniziali ci furono le grandi
famiglie nobili di Roma: i Borghese, i Barberini e gli
Aldobrandini.
Per il cardinale Scipione Borghese ha eseguito
quattro gruppi scultorei che lo hanno impegnato dal
1619 al 1625. Si tratta di Enea e Anchise, del Ratto di
Proserpina, del David e di Apollo e Dafne.
A seguire Gian Lorenzo Bernini è stato scelto da
Maffeo Barberini, il futuro papa Urbano VIII, per la
realizzazione di spettacolari progetti urbanistici e
architettonici a Roma.
Ha eseguito due tra i suoi capolavori: l’innovativo
Baldacchino di San Pietro, con le sue colonne tortili, e
l’imponente Monumento funebre di Urbano VIII,
commissionato nel 1628.
Nel 1629 Bernini, al culmine della fama, è stato
nominato architetto di San Pietro.
Proprio in questo anno, 1629, Bernini padre e figlio
lavorarono alla Barcaccia di piazza di Spagna.
Probabilmente fu il figlio Gian Lorenzo a completarla
alla morte del padre.
Con la salita al soglio pontificio di Papa Innocenzo X,
la carriera di Gian Lorenzo Bernini subì una battuta
d’arresto: l’architetto preferito del nuovo Papa
diventò Francesco Borromini.
Su commissione di Innocenzo X, però, intorno al 1650
realizzò la Fontana dei Quattro Fiumi di piazza
Navona.
Negli anni successivi Bernini si dedicò soprattutto alla
realizzazione di progetti architettonici, come il
Palazzo di Montecitorio a Roma, la Chiesa di
Sant’Andrea al Quirinale, e fu incaricato di seguire la
conclusione dei lavori per l’emiciclo di piazza San
Pietro: tutta la piazza è avvolta nell’abbraccio del suo
colonnato.
Gian Lorenzo Bernini morì il 28 novembre 1680,
all’età di quasi 82 anni.
FORCHE CAUDINE – PAGINA 9
MOLISE
La Stella cadente
Salita e caduta di un governatore
Doveva rappresentare la svolta:
e invece fa rimpiangere persino Iorio.
I numeri del Molise dicono crisi nera.
A chiedere le dimissioni di Frattura
sono sempre di più. Anche da sinistra.
di PIERINO VAGO
E’ stato votato dai molisani per un reale cambiamento.
E’ stato salutato con speranza. Ma con il tempo, il
governatore Paolo Di Laura Frattura sembra essere
caduto in disgrazia. Prima un sondaggio nazionale che lo
ha posto in fondo alla classifica del gradimento. Ora
addirittura una richiesta di “impeachment popolare”
promossa da una serie di comitati e che sta raccogliendo
consensi in modo molto rapido.
La diretta “messa in stato di accusa” del presidente della
Giunta regionale del Molise, come spiegano i promotori
dell’iniziativa, è “per evidenti conflitti di interesse e per
aver mentito, altrettanto palesemente, ai molisani”.
Quali gli oggetti delle gravi accuse? “Dalla Bio.com alle
biomasse (Civitas), dalla metropolitana leggera alla
devastazione ambientale, dalle mega pericolose
discariche al centro di accoglienza-centro delinquenza,
dalle abbandonate attività produttive al disastro della
sanità pubblica, dalle vergognose mega retribuzioni ai
bandi culturali osceni, a tutte le imperdonabili negatività
di un percorso gestionale che somiglia più a un percorso
di guerra civile che a una sana amministrazione pubblica
– sottolinea Emilio Izzo, uno dei promotori della raccolta
firme.
Insomma, un forte degnale “dal basso”. Dove non può, o
meglio, non vuole la politica; dove non può, o meglio,
non vuole la magistratura, possono, vogliono e devono i
cittadini. Più chiaro di così.
A sostenere le ragioni dei “dissidenti” sono anche i
numeri: il Molise continua a precipitare.
Tra i tanti Sos, ce n’è uno, particolarmente significativo,
della Cgil. Riguarda la “desertificazione” del Molise. A
partire dalle scuole. Il declino demografico sta
ulteriormente impoverendo i territori con scenari da
dopoguerra soprattutto nel Molise interno. I giovani
vanno via in massa. Il declino socioeconomico è
evidente. Il turismo non decolla. Spingere per affermare
le produzioni locali è sempre più difficile.
SEMPRE PIU’ SCOLORITO. Il governatore molisano Paolo
Di Laura Frattura, ex centrodestra, oggi centrosinistra.
I numeri sono impietosi. Il bilancio tra nascite e morti è
una forbice che s’allarga sempre di più: a gennaio 2014,
ad esempio, ci sono stati 186 nati e 372 morti. A
febbraio 143 nati e 308 morti. A marzo 190 nati e 349
morti. Insomma, il già piccolo Molise perde oltre 100
residenti al mese. Da gennaio a settembre 2014, ultimi
dati disponibili dell’Istat, la popolazione complessiva ha
perso un migliaio di unità. Ora siamo a 313 mila, molti
residenti – tra l’altro – vivono altrove.
Colpa solo di Frattura? Ovviamente no. Ma la Regione è
ferma. Non s’attuano idee, piani straordinari, slanci,
coinvolgimenti. Si continua con il difendere l’esistente. Il
povero Michele Petraroia, tra i migliori in circolazione, è
costretto ad inseguire le emergenze, a tappare i buchi,
spesso a contribuire a perpetuare situazioni fallimentari
a fronte della salvaguardia dei posti di lavoro.
Con i pochi fondi a disposizioni si continuano a
sostenere piccoli eventi culturali che servono solo ad
alimentare il consenso locale. O meglio, a non farlo
precipitare del tutto.
continua alla pagina seguente ►►►
FORCHE CAUDINE – PAGINA 10
MOLISE
continua dalla pagina precedente
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Per il resto s’è costretti a parlare
di “Expo 2015”, come se il
Molise potesse avere un ruolo
da
protagonista,
o
di
“Macroregione Adriatica”, come
se fosse la panacea per tutti i
mali. Praticamente un’unica
regione andrebbe ad inglobare
Marche, Abruzzo e Molise,
quest’ultima
una
piccola
Cenerentola.
Certo, a livello nazionale ciò
apporterebbe indubbi benefici
economici con i tagli di tanti
Palazzi ed enti più o meno inutili
in regione. A cominciare dalla
stessa Giunta.
Ma mentre crescono le Città
metropolitane, partite lo scorso
primo gennaio, la realtà
molisana appare sempre più
isolata nel suo essere area
interna, fragile, avvolta nel
silenzio, con i suoi atavici deficit
infrastrutturali.
Servirebbe
una
forte
mobilitazione politica e civile
per rianimare il territorio, come
scrivono tanti analisti. Ma, come
si suol dire, “chi ha la pancia
piena non si muove”. Così la
politica è ferma nelle sue
rendite
di
posizione
ed
economiche.
Intanto la pagina Facebook del
Comitato
impeachment
popolare – “Dimissioni per
Frattura” ha oltrepassato il
migliaio di “Mi piace”.
“Adesso facciamo sul serio e
andiamo alla prova della piazza
– incalzano i promotori.
“Subito tre appuntamenti con la
stampa e con i cittadini per
testare live gli umori rispetto a
quanto da noi del Comitato
preannunciato, cioè una copiosa
raccolta di firme popolari per
chiedere al presidente della
giunta regionale del Molise di
rassegnare le dimissioni.
Quel pezzo profetico di Paolo De Chiara…
L’aveva scritto il bravo Paolo De Chiara su “Resto al sud”. Quasi due anni fa.
Un pezzo quindi datato, ma attualissimo. Una panoramica a tutto tondo. Lo
riproponiamo:
Si ritorna a parlare del piccolo Molise. Dopo lo sgretolamento del sistema di
potere di Michele Iorio (colpito da inchieste, indagini e condanne) è il turno
del ‘nuovo’ presidente della giunta regionale, Paolo Di Laura Frattura.
Ex Presidente della Camera di Commercio, in passato molto vicino a Michele
Iorio, candidato con poca fortuna (per due volte) con Forza Italia.
Oggi ha trovato la sua dimensione politica nel centro-sinistra.
Grazie alle nuove alleanze e ai continui cambi di casacca. Questa volta è il
Corriere.it, con il bravo e puntuale giornalista Sergio Rizzo, a mettere sul
piatto un tema mai affrontato: il conflitto di interessi. Potrebbe configurarsi la
fattispecie di conflitto di interessi per Frattura? A questa domanda, prima
della vittoria, i suoi colleghi di centro-sinistra, non hanno risposto. Non hanno
saputo rispondere, non hanno voluto rispondere. Il tema ruotava intorno alla
costruzione di una centrale a biomasse. Dovevano leggere prima le carte.
“Non ne so nulla – dichiarò il consigliere regionale del Pd, oggi vice
presidente della Regione Molise e Assessore Michele Petraroia – non ho
notizie. Prima dovrei vedere le carte. Sull’impianto specifico non ho nessun
documento. Sono stato l’unico a mettermi contro la centrale ad olio vegetali a
Trivento e Montefalcone. Il mio parere è scontato su questi argomenti. Se mi
devo mettere a battibeccare con questi personaggi di nuova generazione,
scelgo io il terreno”. Per l’attuale assessore: “le centrali a biomasse sono
semplicemente degli espedienti. Nascono per le biomasse e alla fine
diventano potenziali destinatari, diciamo, di rifiuti”.
Nemmeno Cristiano Di Pietro (oggi rieletto in consiglio regionale con la
defunta Idv) era a conoscenza dell’autorizzazione. “Non ho letto la
determina. Mi serve il tempo per leggerla. Devo capire meglio, devo
approfondire l’argomento. Se dovesse essere vera la notizia bisogna capire se
Frattura è ancora socio. Se dovesse essere socio chiederemo spiegazioni di
questa situazione. Devo capire come stanno le cose”. L’argomento non
suscitò particolare interesse.
Oggi i presunti conflitti di interessi del ‘nuovo’ presidente Frattura ritornano
alla luce. Scrive Rizzo sul Corriere.it: “Senza sintonia con il governatore Paolo
Di Laura Frattura, uomo che dovrebbe incarnare il rinnovamento dopo 12 anni
di regno di Michele Iorio, l’ingegner Mariolga Mogavero non sarebbe certo
arrivata fin qui. Ovvero, nella stanza dei bottoni della piccola Regione Molise,
capo di gabinetto e segretario generale della nuova giunta di centrosinistra.
Così da attirarsi le invidiose attenzioni di chi l’ha già acidamente battezzata «la
governatrice». La Mogavero, moglie di Luca Di Domenico, è la prima
firmataria del ricorso elettorale, andato a buon fine, al Tar Molise. Lo stesso
nome che si ritrova in una delle società (la prima proponente) legata alla
costruzione della centrale biomasse di Campochiaro, in provincia di
Campobasso. Il 20 luglio del 2010 la società Gap Consulting srl “ha chiesto
l’autorizzazione unica per la realizzazione e l’esercizio, nella zona del
Consorzio per lo sviluppo Industriale Campobasso-Bojano del Comune di
Campochiaro, di un impianto di produzione di energia elettrica da biomasse”,
si legge nella determina, “utilizzante biomassa legnosa ed assimilati”.
Secondo la visura camerale del 5 giugno 2012, la Gap Consulting srl, è stata
costituita il 14 luglio del 2005, con un capitale sociale di 10 mila euro.
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FORCHE CAUDINE – PAGINA 11
MOLISE
continua dalla pagina precedente
►►►
Più volte abbiamo detto e lo
ripetiamo in questa circostanza,
che le dimissioni le chiediamo
all’intera
maggioranza
governativa e quindi alla giunta
per manifesta incapacità di
affrontare
le
molteplici
situazioni di allarme sociale
nonché per aver spalleggiato,
senza
prendere
posizioni
pubbliche, le infelici bugie del
presidente e la sua posizione
che, a detta del popolo, è in
totale conflitto di interessi.
Nonostante ciò, la parola
d’ordine,
anche
per
semplificare, resta “dimissioni
per Frattura” anche perché gli
assessori sono una sua diretta
espressione e quindi dimesso
lui, dimessi tutti. E così
voltiamo pagina.
Il primo appuntamento è per
venerdì 6 marzo dalle ore
15.30 alle ore 18.30 all’altezza
dei magazzini Oviesse
in
corso Vittorio Emanuele a
Campobasso, il secondo è per
sabato 7 marzo dalle ore 10
alle ore 13 in piazza Celestino
V (fontana della Fraterna) a
Isernia, infine il terzo è per
domenica 8 marzo dalle ore
10.30 alle ore 13.30 in piazza
Roma a Bojano. Inoltre, per il
giorno 6 marzo alle ore 19, i
componenti del Comitato si
ritroveranno, unitamente ai
simpatizzanti, presso il “Terzo
Spazio” a Campobasso per
aggiornarsi
sui
prossimi
appuntamenti e iniziative”.
►►► Paolo De Chiara (segue)
La Gap è composta da altre due società, con pari quote: la Proter e la Civitas.
Entrambe a responsabilità limitata. L’amministratore unico della Gap risulta
essere Mogavero Mariolga. La Civitas e la Proter hanno altri due
amministratori. Per la prima (costituita il 6 aprile del 2009) risulta essere l’ing.
Di Domenico Luca, marito della Mogavero; per la seconda (costituita il 1
giugno del 1991) il capo dell’allora opposizione in consiglio regionale, Di Laura
Frattura Paolo. Il 30 gennaio del 2012 viene protocollata la richiesta
dell’amministratore unico della società Gap Consulting (Mogavero Mariolga,
già collaboratrice di Frattura) e dell’amministratore unico della società Civitas
(Di Domenico Luca, marito della Mogavero).
Per far subentrare la Civitas nel procedimento attivato da Gap. È lo stesso
Rizzo che scrive sul Corriere: “Mariolga, però, è qualcosa di più. Tanto che per
dipanare l’incredibile intreccio di interessi privati, relazioni politiche, parentele
e coincidenze che si addensa intorno alla figura del governatore, non si può
che cominciare da lei, sua factotum. E da una società di consulenza, la Gap
consulting di Campobasso, di cui l’ingegner Mogavero ha il 50%”.
Ma come è andata a finire per la centrale biomasse del marito di Mariolga
Mogavero? “Il 15 aprile scorso – spiega Sergio Rizzo – se la compra quasi tutta
(il 99,5 per cento delle azioni) la C&t spa, nonostante un ricorso pendente al
Tar. Si tratta di una società del settore energetico che controlla pure il 20%
della Biocom. Che cos’è? Un’altra ditta del settore biomasse il cui restante 80
per cento era in mano allo stesso Paolo Di Laura Frattura, e che ha avuto dalla
Regione Molise un finanziamento di 300 mila euro per realizzare un impianto
a Termoli. Ma siccome il Comune non dà i permessi il contributo viene
revocato, con immediato ricorso al Tar contro la Regione da parte del futuro
governatore. Il progetto si scioglie, la società va in liquidazione e il 7 marzo
2013, due settimane dopo il voto, Di Laura Frattura si libera di
quell’ingombrante pacchetto dell’80%.
A comprarlo è il liquidatore Vittorio Del Cioppo, sfortunato candidato alle
regionali per l’Idv. Partito che ovviamente sostiene la giunta, come anche
Sinistra ecologia e libertà. Unico consigliere vendoliano e capogruppo di se
stesso, in un’assemblea regionale con 21 seggi e ben 14 gruppi dei quali
addirittura nove composti da una sola persona, è Nico Ioffredi, cognato di
Paolo Di Laura Frattura. È il marito di sua sorella Giuliana Di Laura Frattura,
capo di gabinetto del questore di Campobasso”.
L’intreccio di interessi privati, relazioni politiche, parentele e coincidenze
sollevato dal Corriere della Sera non interessa a nessuno.
In Molise chi ha governato ieri, governa pure oggi? Sotto nuovi colori, sotto
nuove bandiere?
Di certo c’è un solo assente: Michele Iorio, colpito da un’interdizione dai
pubblici uffici.
Paolo De Chiara è nato a Isernia nel 1979.
Ha collaborato con il quotidiano L’Indro
(www.lindro.it) e in Molise, dove ha
lavorato con quasi tutti gli organi di
informazione regionali, dirigendo un
mensile di informazione-cultura e politica,
si occupa di infiltrazioni criminali.
Si dedica a diffondere la Cultura della
legalità nelle scuole molisane.
Paolo De Chiara
Emilio Izzo
FORCHE CAUDINE – PAGINA 12
MOLISANI A ROMA
Originaria
di Castelbottaccio
Il libro di cucina
di Manuela
De Leonardis
di TONY PALLADINO
Giornalista e critica d'arte
romana, ma la cui famiglia
paterna è molisana (Isernia e
provincia di Campobasso).
Manuela De Leonardis rende ora
omaggio al “suo” Molise
attraverso l’enogastronomia.
“In questi anni ho più volte
approfondito
il
legame
arte/cucina, sia con il libro
“Cake. La cultura del dessert tra
tradizione araba e Occidente”
(Postcart Edizioni 2013) che con
il progetto “Ginger House” sui
magazzini dello zenzero in
Kerala nel 2011 – racconta a
“Forche Caudine”.
Quindi spiega la sua attuale
occupazione che riguarda la
regione d’origine.
“Attualmente sto lavorando ad
un progetto editoriale ed ho
piacere che ne parli per primo il
giornale dei Romani d’origine
molisana, come me: il quaderno
di ricette molisane degli anni
Venti appartenuto alla mia
bisnonna Giulia de Lisio di
Castelbottaccio, e poi a mia
nonna Elena Ester Di Paolo che si
è trasferita a Roma nel 1928.
Il libro è in corso di
pubblicazione (casa editrice
Ali&No di Perugia) e verrà
diffuso nel mese di aprile 2015.
A maggio saranno previste le
prime presentazioni”.
“Forche
Caudine”,
naturalmente, terrà informati i
propri lettori sulle date di
presentazione.
■
A Roma il nuovo libro
di Francesco P. Tanzj
Un j’accuse a Nanni Moretti, le tragicomiche avventure di una 500 e di una
campana da montare sotto la neve, i ricordi di un’anziana Rom internata in un
campo di concentramento, i misteri delle pietre fantastiche e gli alberi secolari
di Villa Demidoff;
Questi alcuni dei 13 racconti contenuti nella raccolta di Francesco Paolo Tanzj
“L’uomo che ascoltava le 500”, che, giunta alla tredicesima presentazione,
approda al Teatro Porta Portese di Roma, mercoledì 11 marzo.
L’autore, romano, vive da anni ad Agnone.
Ecco quanto scrive Maria Stella Rossi a proposito del libro: “La 500,
protagonista del racconto che apre, ha un nome, Ciumachella, e ha dei
proprietari che proprio non possono anzi non vogliono distaccarsi da lei, anche
quando ormai è diventata troppo anziana tanto che viene riparata e
risistemata di continuo. E allora questa automobilina cult, compagna di viaggi e
di pensieri condivisi, familiare come un oggetto caro perché carico di storia,
viene portata da una sorta di guaritore, uno che sapeva ascoltare i ritmi
cardiaci del motore per trovare poi una soluzione anche in condizioni estreme
com’era per l’ormai supervecchia adorata 500.
Una storia che dà l’avvio e introduce alla lettura dei tredici racconti più
un’invettiva scritti da Francesco Paolo Tanzj che in quest’opera conferma e
affina ulteriormente il suo impegno e la sua presenza nel mondo culturale e
intellettuale contemporaneo.
Il volume, pubblicato dalle Edizioni Tracce, è un lavoro impegnato che coniuga
leggerezza e intensità e diviene necessità di scrittura, ricognizione totale e
universale su poesia, narrazione, amicizia, viaggio, luoghi, desideri e
condivisioni e poi ancora ricerca e scoperta di verità, magari scomode, difficili
ma trovate e dette per una sottesa condivisione con chi legge e/o palpita nel
mondo culturale/civile.
Ogni racconto, in realtà, meriterebbe di essere centro e chiave di lettura del
libro, anche se tutti diversi e scritti in tempi diversi, allora appuntiamo
l’attenzione sull’essenza, su ciò che li alimenta e sostiene: l’autenticità”.
FORCHE CAUDINE – PAGINA 13
MOLISANI NEL MONDO
Originario
di San Martino in Pensilis
Quel molisano
“infobaito”
dai Titini…
di ANTONELLA CIFELLI
Lo scorso 2 marzo, presso il Palazzo
del Governo a Campobasso, alla
presenza delle Autorità militari
della provincia di Campobasso e
con la partecipazione del vice
sindaco è stato ricordato Francesco
Marcangione,
scomparso
nel
maggio 1945 perché catturato dai
fanatici jugoslavi del maresciallo
Tito in zona di Monfalcone
(Gorizia).
Nel corso della cerimonia è stata
consegnata una pergamena e
medaglie
dal
prefetto
Francescopaolo Di Menna ai
congiunti del signor Marcangione,
originario di San Martino in
Pensilis (Campobasso).
La medaglia e la pergamena sono
state concesse, su apposita istanza,
dal Presidente della Repubblica
quale segnale di risarcimento
morale
ai
pregiudizi
subiti
immediatamente dopo la seconda
guerra mondiale da quella parte
degli italiani che dall’8 settembre
1943 al 10 febbraio 1947 in Istria,
in Dalmazia o nelle Province
dell’attuale confine orientale,
furono soppressi e infoibati .
■
E’ originaria di Sant’Elena Sannita e di Macchiagodena
Il coraggio di Nadia Verdile
giornalista anti-camorra
Si chiama Nadia Verdile, giornalista molisana che da anni vive a Caserta,
collaborando al “Mattino” di Napoli. Il padre è di Sant’Elena Sannita, dove
Nadia ha trascorso le estati, mentre la madre è di Macchiagodena. Brava,
coraggiosa, per le sue inchieste in particolare sull’edificio storico di
Carditello è stata minacciata di morte dalla camorra.
“Se l'obiettivo era quello di spaventarci, hanno fallito, ma soprattutto
hanno fallito nell'obiettivo di tenere lontana l'attenzione da Carditello,
perché se prima eravamo in mille adesso siamo in un milione; dopo che la
notizia ha fatto il giro d'Italia l'attenzione su questa vicenda si è
moltiplicata in maniera esponenziale. Ed è quello che serve perché su
questa storia non possiamo abbassare la guardia: quella Reggia è il simbolo
del riscatto di una intera terra – ha dichiarato la giornalista dopo le minacce
di morte.
“Dico che la Reggia - prosegue la collaboratrice de Il Mattino - è il simbolo
di tutti perché a lungo tante associazioni di volontariato hanno lottato per
difendere Carditello; c'è stato anche chi l'ha ripulita dai rifiuti, dalle
erbacce, dall'abbandono. Queste persone ora sono state tutte minacciate
insieme a me. Perché la minaccia è arrivata a me, che sono quella che
racconta, ma le grandi battaglie le hanno fatte queste donne e questi
uomini delle associazioni. Minacciare un intero territorio è una battaglia
persa”.
Dal Molise, la sua regione di origine, Nadia Verdile, sta ricevendo in queste
ore tanti attestati di vicinanza: “Mi è arrivato un telegramma di solidarietà
dalla Regione - dice - e il consiglio comunale del mio paese,
Macchiagodena, sarà tutto presente alla manifestazione di solidarietà a
Caserta”.
La Verdile conserva un forte legame con il Molise. In passato ha scritto
anche un libro di ricette molisane, ricordando i trascorsi a Sant’Elena
Sannita. Lo ha fatto con un’altra giornalista originaria del paese molisano,
anch’essa collaboratrice de “Il Mattino”: Roberta Muzio.
Un momento della cerimonia
FORCHE CAUDINE – PAGINA 14
◄ Nadia Verdile
MEDICINA
Osteoporosi, ladra di ossa
Una malattia che colpisce cinque milioni di persone. Soprattutto donne.
Il quadro della situazione in Italia, secondo l’Istat. E in Molise…
di CLAUDIA M. RAGNO
Osteoporosi, una ladra di ossa silenziosa. Solo in Italia
colpisce più di 5 milioni di persone. Capace di togliere
qualità di vita ma anche di portare all’invalidità. Eppure la
malattia non è considerata.
Infatti, solo il 24, 5 % degli italiani (è l’Istat a dirlo) dopo i
45 anni si sottopone a un controllo in assenza di sintomi.
Ma, la frattura da fragilità ossea, è il primo campanello
d’allarme che la situazione è già seria e compromessa.
Se ben gestita la malattia non deve far paura ma
nonostante questo appena il 24% di chi dovrebbe seguire
una terapia si vede prescrivere il farmaco (lo rivelano i
dati Aifa) e di questi il 12% abbandona.
Da vittime a complici. Perché non basta bere un bicchiere
di latte o assumere un po’ di vitamina D per combattere
l’osteoporosi. Addirittura servono due guardie per una
ladra: il principio attivo, l’alendronato, e la vitamina D,
che lavorando in stretta sinergia in un’unica assunzione
settimanale, consentono una gestione della malattia più
semplice
ed
efficace.
La
terapia
con
alendronato/colecalciferolo è una delle strategie
terapeutiche a disposizione del medico per combattere
l’osteoporosi.
L’osteoporosi non fa paura perché non si conosce, perché la
si considera un ‘acciacco’ dell’età. E’ per questo che la
Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale
e delle Malattie dello Scheletro (Siommms) insieme alla
Federazione Italiana Osteoporosi e Malattie dello Scheletro
(Fedios) hanno realizzato una campagna informativa,
“Osteoporosi-Storia di una Ladra di Ossa” resa possibile
grazie al contributo non condizionante di Msd Italia: un
opuscolo informativo rivolto ai pazienti con consigli pratici
su come prevenire e gestire “la ladra di ossa”.
GIANCARLO ISAIA - Direttore di “Geriatria e Malattie
Metaboliche dell’osso” dell'Ospedale Molinette , Torino
Oltre i 50 anni una donna su tre è affetta da osteoporosi.
E questo perché con gli anni, e in particolar modo dopo la
menopausa quando si registrano nella donna bassi livelli
di estrogeni, le ossa iniziano a perdere calcio e fosforo e
lentamente diventano più fragili. Talmente fragili da
andare incontro ad una frattura anche in seguito ad un
micro trauma. Quando si arriva alle fratture significa che
la situazione è veramente compromessa e si parla di
osteoporosi severa, una condizione che se non
adeguatamente trattata porta all’invalidità e alla morte.
E’ fondamentale parlare di terapia dell’osteoporosi ma
prima di tutto è necessario parlare di ‘appropriatezza
terapeutica’. Perché le terapie ci sono, e sono anche
efficaci. Purché prese correttamente. E purché prese dalle
donne che le devono prendere. Un’affermazione che
potrebbe sembrare scontata ma che, al contrario, nel
nostro Paese non lo è affatto. Se si vedono i dati Aifa sul
consumo di farmaci per l’osteoporosi in Italia si scopre che
solo il 24 per cento delle donne fratturate o ad alto rischio
segue una terapia. E non il cento per cento come sarebbe
giusto che fosse. E di questo 24 per cento circa la metà
interrompe le cure. Questo significa che ogni 100 donne
che devono prendere i farmaci perché sono ad alto rischio
solo 12 lo fanno. E poi ci sono le donne trattate
‘occasionalmente’ e cioè per un massimo del 20 per cento
di giorni coperti, cosa questa inutile al fine della
prevenzione delle fratture. Le donne devono essere
educate e sensibilizzate nei confronti della malattia,
devono capire l’importanza della prevenzione e della
terapia. Devono prendere coscienza dei rischi.
PATRIZIA ERCOLI - Presidente FEDIOS
In molti credono che l’osteoporosi sia, alla fine, solo ‘un
po’ di osso in meno’ non rendendosi conto che la diminuita
massa ossea può comportare fragilità ossea e questa è
tutta un’altra storia.
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FORCHE CAUDINE – PAGINA 15
MEDICINA
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Un problema che non è ‘solo’ delle donne - e non mi
riferisco al fatto che l’osteoporosi colpisce anche gli
uomini – ma di un intero nucleo familiare, perché è
indiscutibile che se si ferma una donna si ferma un’intera
famiglia. Una donna fratturata è una donna che non si
può prendere cura della casa, dei figli, dei nipoti, di se
stessa. Una donna con fragilità ossea non può sollevare
una busta della spesa, prendere in braccio un nipotino o
giocare con lui. E se gli anni non sono poi così tanti –
perché l’osteoporosi può colpire anche una cinquantenne
– significa non potersi prendere cura di sé, andare al
lavoro, fare sport o le attività preferite. Per non parlare
del fatto che chi sopravvive alla frattura di femore, dopo
il primo anno, spesso perde l’indipendenza: il 40% non
riesce più a camminare autonomamente, e il 60% richiede
l'assistenza l’anno successivo. Nell'anno seguente una
frattura di femore, il 33% è totalmente dipendente da altri
ed è costretto ad entrare in una casa di riposo. Quindi non
è ‘ solo un po’ di osso in meno’, l’osteoporosi è una
malattia con conseguenze serie e invalidanti.
DAVIDE GATTI - Professore Associato di Reumatologia
Università di Verona
La terapia con alendronato/colecalciferolo è una delle
strategie terapeutiche a disposizione del medico per
combattere l’osteoporosi. Grazie alla formula due in uno
è tra quelle che più si avvicinano alle esigenze della
paziente che chiede alla terapia dell’osteoporosi di essere
efficace e ‘facile’. Altrimenti, il rischio di abbandono è
molto alto. Devono essere trattati tutti i soggetti indicati
nella nota 79, per esempio chi ha già subito una frattura
da fragilità ossea delle vertebre o del femore, chi segue
una cura con cortisonici, le donne in menopausa con una
densitometria molto bassa e fattori di rischio elevati, ecc.
Calcio e vitamina D sono fondamentali per la costruzione
prima e la salvaguardia poi della massa ossea.
Fondamentali per evitare che il nostro organismo vada a
prendere dalle ossa- rendendole quindi più fragili – il calcio
che gli occorre per molte delle sue attività. Ma nel caso in
cui – per motivi diversi- il danno si è verificato e
l’osteoporosi è insorta l’unica strada per intervenire è
quella farmacologica, è l’unica chance che hanno per non
andare incontro a fratture, per tenere sotto controllo il
rischio di ri-frattura se già fratturate, e per non relegarsi ad
una condizione di vita seriamente compromessa. C’è la
possibilità di prendere una sola compressa una sola volta la
settimana. Un solo gesto per introdurre sia il farmaco sia la
giusta quantità di vitamina D per renderlo efficace.
FERDINANDO SILVERI - Dirigente Medico Clinica
Reumatologica Università Politecnica delle Marche,
Ospedale C. Urbani Jesi - Ancona
Nonostante il fratturato di femore sia il soggetto a più
elevato rischio di rifratturarsi, appena il 13% riceve in Italia
un trattamento adeguato di prevenzione di fratture future.
In ogni anno in Italia si verificano circa 85 mila fratture di
femore per un costo diretto di un miliardo di euro; in Italia
per l’osteoporosi il Sistema Sanitario Nazionale spende il
2.6% del totale della spesa farmaceutica, a fronte del 32% per
le malattie cardiovascolari; per trattare tutti i fratturati di
femore oltre i 65 anni (che ricordiamo generano un miliardo
di euro di spesa all’anno), sarebbe necessaria una spesa
farmaceutica di 18 milioni di euro all’anno.
Tale cifra è pari ad appena lo 0.18% della spesa farmaceutica
nazionale e consentirebbe di trattare efficacemente una
popolazione ad elevato rischio di ri-frattura (sia al femore
che in altra sede). In base ai dati di efficacia delle terapie, il
risparmio stimato in termini di costi di ospedalizzazione,
interventi e riabilitazione sarebbe pari a 43 milioni di euro
per anno, al netto del costo dei farmaci.
La riduzione dell’1% dei trattamenti “occasionali” (ritenuti
inutili in quanto il trattamento per essere efficace deve
essere continuativo per diversi anni) porterebbe ad un
risparmio di 778.817 euro/anno mentre la loro totale
eliminazione condurrebbe a un risparmio di ben 12.461.072
euro/anno.
Eppure, nonostante tutto, la regola dell’appropriatezza
viene disattesa.
L’OSTEOPOROSI IN ITALIA E IN MOLISE
In Italia, secondo il rapporto Istat “La salute e il ricorso ai
servizi sanitari”, il 25,1% degli over 65 italiani ha ricevuto
una diagnosi di osteoporosi: di più in Sardegna (32,8%),
Campania (31,3%) e Sicilia (30,1%), di meno in Trentino Alto
Adige (16,6%), Valle d’Aosta (18%) e Friuli Venezia Giulia
(18,9%).
Una malattia silenziosa in grado di portare all’invalidità
che, tuttavia, nel nostro Paese non fa molta paura perché
viene erroneamente considerata un inevitabile ‘acciacco
dell’età’.
Sono ancora pochi, infatti, gli italiani che si sottopongono
a controlli (e, secondo i dati Aifa ancora meno quelli che
seguono una terapia nonostante alte condizioni di rischio).
Infatti, è sempre l’Istat a dirlo, solo il 24,5 % degli italiani
oltre i 45 anni si è sottoposto ad un controllo per
osteoporosi anche in assenza di sintomi o disturbi. Più le
donne (41,6%) degli uomini (4,7).
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FORCHE CAUDINE – PAGINA 16
MEDICINA
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Tra gli over 45 il primo controllo avviene soprattutto tra i
45 e i 54 anni (38,4%).
Le donne sono più attente degli uomini (anche perché
sono quelle più interessate dalla malattia dopo la
menopausa) e in particolare sono più disposte a fare i
controlli dopo i 45 anni le donne del centro (46,3%),
seguite da quelle del nord-est (45%), nord-ovest (41,7%),
isole (37,6%) e infine del sud (36%).
L’osteoporosi è tra le malattie croniche che incidono sulla
salute dei molisani: ogni cento over 65 sono 27 quelli che
hanno avuto una diagnosi di osteoporosi.
Per quanto riguarda i controlli e la prevenzione: il 36,6
per cento delle ultraquarantacinquenni molisane si sono
sottoposte ad un controllo per osteoporosi anche in
assenza di sintomi, contro il 41,6 della media italiana.
Ed è per diffondere la cultura della prevenzione e della
terapia per l’osteoporosi che la Società Italiana
dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle
Malattie dello Scheletro (Siommms) insieme alla
Federazione Italiana Osteoporosi e Malattie dello
Scheletro (Fedios) hanno realizzato una campagna
informativa, “Osteoporosi-Storia di una Ladra di Ossa”
resa possibile grazie al contributo non condizionante di
Msd Italia: un opuscolo informativo rivolto ai pazienti con
consigli pratici su come prevenire e gestire “la ladra di
ossa” tutto visibile sul sito della Fedios all’indirizzo
www.fedios.org e della Siommms all’indirizzo
www.siommms.it.
10 CONSIGLI UTILI
L’osteoporosi non fa paura perché non si conosce.
E’ per questo che la Società Italiana dell’Osteoporosi, del
Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro
(Siommms) insieme alla Federazione Italiana Osteoporosi
e Malattie dello Scheletro (Fedios) hanno realizzato una
campagna informativa, “Osteoporosi-Storia di una Ladra
di Ossa” resa possibile grazie al contributo non
condizionante di Msd Italia: un opuscolo informativo
rivolto ai pazienti con consigli pratici su come prevenire e
gestire “la ladra di ossa” tutto visibile sul sito della Fedios
all’indirizzo www.fedios.org e della Siommms
all’indirizzo www.siommms.it.
Perché il primo passo per rendere consapevoli le donne –
ma anche gli uomini- è quello di informarle. Sulla
prevenzione, sulla terapia, su cosa, quali controlli fare e
su cosa rischiano.
Ad iniziare da 10 piccole mosse:
2) Cerca di prendere il sole e fai scorta di vitamina
d. Ma se questo non fosse sufficiente adotta degli
integratori. Ma ricorda, sono un valido aiuto non
una terapia !
3) Fai attività fisica, uno sport adeguato alla tua età
e condizione di salute. E ricorda che anche ballare
può essere d’aiuto.
4) Prenditi cura di te e adotta tutte le strategie per
stare bene anche con i capelli bianchi: e ricorda
che sei il ‘motore’ della famiglia, hai ancora tanto
da dare. E meriti il meglio.
5) Chiedi consiglio al tuo medico su quali analisi
fare e quando ripeterle.
6) Educa i tuoi figli, tuo marito e le tue amiche alla
salute delle loro ossa. Puoi fare molto per loro. Ma
devi iniziare te per prima!
7) Non pensare che l’osteoporosi sia un’inevitabile
conseguenza dell’età alla quale arrenderti.
8) Una frattura è un campanello d’allarme
importante! E non liquidare un dolore alla schiena
come una banalità, potrebbe essere una frattura
vertebrale.
9) Non abbandonare la terapia, può essere la
chiave del tuo successo, dell’autonomia, di una
vecchiaia senza fratture.
1) Segui un’alimentazione sana e ricca di calcio. 10) Parla con il tuo medico di osteoporosi, chiedi più
Fai in modo che la tua famiglia abbia il giusto informazioni possibili su prevenzione e terapia. Per
combatterlo un nemico lo devi conoscere.
apporto di calcio, a qualsiasi età.
FORCHE CAUDINE – PAGINA 17
MOLISE
Commissione Agricoltura
Ruta (polemico)
si dimette
Frizioni con la linea del partito in
particolare sull’Imu agricola. Roberto
Ruta, molisano, capogruppo Pd in
Commissione Agricoltura al Senato,
si è dimesso dal suo ruolo,
polemizzando prevalentemente con
il presidente dei senatori Pd Zanda,
che avrebbe chiesto alla minoranza
del partito di “obbedire” alle
decisioni della maggioranza.
“Voglio sottolineare che ho detto 35
volte si alla richiesta di fiducia da
parte del governo Renzi in un solo
anno – ricorda Ruta - e ho messo in
votazione il mio emendamento per
l’eliminazione dell’Imu agricola.
Nella discussione in Aula sul decreto
legge sull’Imu per i terreni agricoli,
dopo
aver
approvato
l’emendamento del relatore che
prevede la detrazione di 200 euro
per i terreni in zona non montana,
così come da me proposto in
apposito emendamento, ho chiesto
di votare un altro emendamento,
sempre a mia firma, per l’abolizione
per l’anno 2015 dell’Imu per i terreni
agricoli con relativa riduzione, per
359 milioni di euro (pari al 3 per
cento) del fondo destinato al
finanziamento del programma degli
F35 cacciabombardieri”.
Il capogruppo Zanda ha chiesto di
ritirare l’emendamento, come fa
sapere lo stesso Ruta. La libertà, nel
Partito democratico, ha un prezzo
sempre più elevato. Anche il politico
molisano finalmente se n’è accorto…
Dubbi sulla “delocalizzazione” degli immobili
Piano Casa Molise:
ancora colate di cemento?
Il nuovo Piano Casa Molise, a detta di alcuni commentatori, punterebbe al
recupero del patrimonio edilizio. Cioè niente nuovo cemento, anzi più che altro
niente nuove aree da cementificare. Il rilancio del settore edile avverrebbe
grazie alla riqualificazione e alle ristrutturazioni del patrimonio abitativo già
esistente.
In realtà il nuovo Piano Casa Molise, frutto delle modifiche al Piano regionale
(legge regionale 30/2009) include anche agevolazioni per i proprietari di case in
aree a rischio frana: questi ultimi potranno delocalizzare i propri immobili
demolendoli e ricostruendoli in zone più sicure. Quindi, in concreto, potranno
costruire dove vogliono. E siccome le aree a rischio frana in Molise non sono
poche, ecco che c’è un’apertura al nuovo consumo di territorio.
Ma non è tutto: i bonus volumetrici riguarderanno anche gli immobili oggetto
di miglioramento della prestazione energetica e di interventi per la sicurezza
antisismica.
Se da una parte il presidente della Commissione, Salvatore Ciocca, ha illustrato
gli obiettivi sottesi all’elaborazione della norma, sottolineando la salvaguardia
del patrimonio esistente, “cercando di evitare le nuove urbanizzazioni”, nello
stesso tempo si continua a puntare sul solito cemento per lo sviluppo, non
rendendosi conto che la vera ricchezza del Molise – purtroppo non sfruttata –
è il paesaggio.
Del resto perché continuare a costruire in una regione che perde
quotidianamente abitanti, oltre un centinaio al mese?
Non ci stupisce, allora, che le modifiche siano state accolte con favore
dall'Associazione dei costruttori edili del Molise.
Per diventare operative, però, le nuove misure dovranno attraversare il vaglio
dell'approvazione da parte del Consiglio regionale molisano. E siamo certi che
tutto andrà in porto senza problemi.
■
FORCHE CAUDINE – PAGINA 18
DIOCESI DI TRIVENTO
Rompere gli schemi
per creare il nostro futuro
La Caritas della diocesi di Trivento
ci invita a riflettere sulla crisi
in cui versa il territorio diocesano
chiamandoci a costruire l’avvenire
di don ALBERTO CONTI
I segni che Papa Francesco sta dando al popolo della Chiesa
e a tutti i popoli sono quelli che abbiamo sempre aspettato
e che rappresentano l'attualizzazione dell'insegnamento più
profondo che lo Spirito Santo ha ispirato ai Vescovi nel
Concilio Vaticano II. Mi riferisco in modo particolare al forte
richiamo alla Chiesa come popolo di Dio, all'attenzione ai
poveri e alle cause che creano le povertà, alla condanna che
deve essere implacabile contro i mercanti di morte e contro
i trafficanti di esseri umani che prosperano nel dolore dei
più umili e deboli.
In questo contesto, trova una sua ragione la parola, chiara e
ferma come non mai, che il Santo Padre ha pronunciato
contro le mafie che nelle nostre società producono terrore,
morte, devastazione della dignità umana. Papa Francesco
ha ricordato, nella Omelia tenuta a Campobasso, che Dio
"non è neutrale, ma con la sua sapienza sta dalla parte delle
persone fragili, discriminate e oppresse". È chiara la
responsabilità che il Papa ci assegna, quella di raccogliere e
fare nostro il monito delle sue parole perché, come Egli ci
ha spiegato, "noi siamo un popolo che serve Dio". E "Il
servizio a Dio si realizza in diversi modi, in particolare nella
preghiera, nell'annuncio del Vangelo e nella testimonianza
della Carità".Ma il Papa non si è fermato a questo, a un
incoraggiamento generico. Ci ha detto di più, ci ha invitato,
riprendendo un'espressione usata nel suo saluto dal
Rettore dell'Università del Molise, a "rompere gli schemi",
perché questa è la condizione indispensabile per andare
avanti, per essere creativi trovando così le nuove strade del
futuro. Rompere gli schemi, dunque.
"Bella definizione teologica" l'ha definita Papa Francesco,
per me è anche un'indicazione politica, il primo punto di un
manifesto per il risveglio della nostra terra, un invito che
tutti debbono accogliere nel loro cuore e nella loro mente
facendone la linea guida della loro azione. Mi riferisco
naturalmente agli uomini e alle donne impegnati nel
servizio delle Istituzioni e della comunità, ma anche a tutti
noi perché le colpe e le omissioni degli altri non debbono
farci essere indulgenti nei confronti delle nostre.
La visita di Papa Francesco ci ha rafforzato nella nostra idea
di porre al centro della nostra azione pastorale l'uomo
nella sua interezza, la persona nel suo essere insieme
"anima e corpo", la dimensione spirituale e quella
materiale. È ciò che da anni la Caritas di Trivento sostiene,
è quello che io stesso ho sintetizzato, in un articolo di
diciotto anni fa, con l'espressione "Non solo salvarsi
l'anima"; ieri sembrava quasi un'affermazione o velleitaria
o provocatoria, oggi l'autorevolezza del Papa ci conferma
che si trattava di una giusta intuizione e ci incoraggia nel
proseguire su questa strada che si fa carico dell'uomo nella
sua interezza, come Gesù ci insegna nella bellissima
parabola del Buon Samaritano. Diceva don Primo
Mazzolari: "abbiamo imparato a valutare il carico massimo
di una nave, la portata di un ponte, il carico di un cammello
e di un cavallo, e non ci curiamo di sapere fin dove reggono
le spalle di un uomo". Oggi è lo stesso Papa a
raccomandarci di chinare il nostro sguardo
sull'insopportabilità dei pesi che l'uomo in certe
circostanze è costretto ad assumere su di sé, per la
sopravvivenza propria e della propria famiglia.
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FORCHE CAUDINE – PAGINA 19
DIOCESI DI TRIVENTO
Il forte richiamo che il Papa fa costantemente agli ultimi e
ai fragili, il suo riferimento continuo e accorato a guardare
tutte le periferie del mondo ci riporta anche alla nostra
terra, ai suoi problemi, agli elementi di una crisi che l'ha
progressivamente emarginata e impoverita di uomini e
beni. È del nostro Alto Molise e dell'Alto Vastese che sto
parlando, non bisogna andare lontano da qui, in altri
luoghi del mondo, per incontrare le periferie per le quali
possiamo e dobbiamo fare qualcosa. Le nostre terre sono
una periferia territoriale e sociale, nella quale sono assenti
tutti i presidi che assicurano la prospettiva di una vita
dignitosa. Il ridimensionamento dell'Ospedale di Agnone,
che prelude forse alla sua definitiva chiusura, la
cancellazione delle piccole scuole di montagna, la cui
funzione è molto più importante di quanto molti
superficialmente siano disposti ad ammettere, la viabilità
sempre più disastrosa che rende difficile persino gli
incontri e il dialogo tra persone e comunità, la carenza o
l'assenza di una connessione internet adeguata,
l'annullamento, un pezzo dopo l'altro, della struttura dei
servizi pubblici, come le caserme o le poste: tutti questi
sono i segni di una periferizzazione delle nostre terre. La
periferia è ciò che si allontana dal centro, non solo
territorialmente ma anche socialmente, economicamente,
psicologicamente, culturalmente; è lo scomparire
dall'orizzonte delle priorità comuni ed è perciò il sintomo
di un degrado che è nostro dovere contrastare e fermare.
In che modo? Rompendo gli schemi, come ci insegna Papa
Francesco.
Rompere gli schemi significa non arrendersi al conformismo
che pretende di dare un costo e un prezzo a tutto,
circoscrivendo il conto a un dare e avere solo materiale.
"Rompere gli schemi" significa avere il coraggio di dire che
l'Ospedale di Agnone deve essere non solo conservato ma
anche potenziato perché è situato in un'area periferica del
Molise sprovvista di qualsiasi altra opportunità sanitaria.
"Rompere gli schemi" significa che le scuole primarie
debbono restare nei piccoli paesi e su di esse occorre
investire con le più moderne tecnologie in modo che i
nostri bambini abbiano le stesse sollecitazioni di quelli che
studiano in condizioni più favorevoli, perché molti studi ci
dicono che si possono realizzare esperienze didattiche di
avanguardia anche nei piccoli paesi e nelle pluriclassi, a
patto che ci siano attrezzature adeguate, progetti didattici
innovativi, docenti motivati.
"Rompere gli schemi" significa investire nella banda larga
e nella fibra ottica, per assicurare una connettività veloce,
anche nelle zone disagiate che il puro conto economico
esclude da programmi di modernizzazione, ignorando le
potenzialità che in queste realtà esistono.
"Rompere gli schemi" significa studiare e applicare
progetti per far tornare la gente a vivere nei nostri paesi,
offrendo condizioni di vantaggio che siano l'incentivo per
questo ritorno.
"Rompere gli schemi" significa ritornare alla coltivazione
della terra, da noi abbandonata in nome dello sviluppo
industriale che oggi sta mostrando tutti i suoi limiti e
contraddizioni.
Dice Papa Francesco: "Il restare del contadino sulla terra
non è rimanere fisso; è fare un dialogo, un dialogo
fecondo, un dialogo creativo.
È il dialogo dell'Uomo con la sua terra che la fa fiorire, la
fa diventare per tutti noi feconda".
"Rompere gli schemi" significa che il Patto per il lavoro,
auspicato dal Papa per le nostre terre, veda tutte le
Istituzioni - a partire dalle Regioni Abruzzo e Molise che in
questo hanno il ruolo più importante - protagoniste di un
progetto comune per le zone interne, favorendo chi
vuole investire e innovare, agevolando le attività
artigianali e la piccola imprenditorialità e ponendo al
centro delle priorità il lavoro, la cui creazione dovrà
essere il parametro sul quale valutare il valore dei
progetti e delle iniziative.
Dobbiamo essere pronti, in una parola, a vivere un'epoca
in cui il mondo torni con la testa sulle spalle, e cioè a
guardare le cose per quello che sono e non come la
distorsione ottica della nostra società vorrebbe farci
vedere.
L'invito a "rompere gli schemi" è rivolto sia alla politica sia
ai Vescovi della nostra terra sia ai sacerdoti e a tutti gli
uomini che sentono la responsabilità del bene comune.
Oggi sembra che le parole di Papa Francesco abbiano
colpito e fatto breccia nell'animo di tutti; le sento citare e
ripetere nelle occasioni più svariate.
Un'impressione così forte e condivisa mi riporta alla visita
di un altro Papa, Papa Giovanni Paolo II che venne ad
Agnone, a parlare di umanità e lavoro, il giorno di San
Giuseppe del 1995.
"Sarà doveroso – Egli disse - progettare la qualità del
territorio, superando la tentazione di emarginare,
rispetto ai servizi essenziali, le zone più ferite
dall'emigrazione, dallo spopolamento: solo ripristinando
dappertutto condizioni di vita ottimali si consentirà a
ciascuno di rimanere nella terra dei suoi avi e nella sua
casa.
Si tratta di problemi che vanno risolti alla luce di una forte
cultura della solidarietà e della giustizia: non si promuove
vero progresso se si abbandonano a se stessi i più piccoli
e gli ultimi".
Papa Giovanni Paolo ci affidò un compito; a distanza di
quasi venti anni sento che quel compito è ancora attuale
e quell'impegno ancora necessario.
Spero fortemente che le parole di papa Francesco lo
abbiano risvegliato nei cuori dei tanti che purtroppo in
questi anni ne hanno offeso lo spirito vero, dimenticando
e abbandonando quei " più piccoli e ultimi" che, nel nome
del Vangelo e della Costituzione della Repubblica il nostro
dovere cristiano e civile ci impone di difendere.
FORCHE CAUDINE – PAGINA 20
ROMA
Evento “afro-molisano”
Per finanziare l'imprenditoria e l'innovazione
Risate e sapori
Regione Lazio: un milione
per le imprese al femminile
di GC
Dalle
cene africane a quelle
molisane. E’ l’iniziativa lanciata da
un’associazione romana che si
occupa di solidarietà con l’Africa. Vino
e prodotti del Molise sbarcano a
Roma per un buffet solidale.
“Scopriamo il Molise attraverso risate
e sapori” è il titolo dell’evento
promosso da un’associazione che si
occupa di aiutare l’oncologia in Africa.
Il Molise presentato come regione di
eccellenze locali, con la qualità dei
suoi prodotti e talenti.
Una serata di beneficenza (30 euro
minimi per l’ingresso) che si terrà una
delle prossime domeniche, dalle ore
19,30., a Roma presso un noto circolo
ricreativo
Si degusteranno vino, olio, mozzarelle
e pasta tipici del Molise. E’ prevista
anche l’esibizione dei comici
Giuseppe Gandini e Gianantonio
Martinoni.
“Forche Caudine”, invitata dalla
presidentessa dell’associazione a
fornire informazioni sull’evento, ne
dà una notizia generica, senza
approfondimenti o indicazioni, in
quanto è contraria a promuovere
iniziative a pagamento e di raccolta
fondi, seppure con finalità solidali.
Ovviamente apprezziamo l’impegno
per l’Africa e auguriamo all’iniziativa
ogni successo. Tuttavia ci stupiamo,
almeno a quanto abbiamo appreso,
che all’evento sarebbero presenti
anche vertici regionali del Molise.
Non dovrebbero essere i soli prodotti
i protagonisti? E come mai buona
parte degli amministratori molisani,
decisamente latitanti nelle occasioni
di incontro e di iniziativa dei molisani
a Roma (gratuite), sono poi ben
presenti in queste occasioni di
raccolta fondi con organizzazioni,
sembra, estranee al Molise?
■
Un milione di euro per finanziare l'imprenditoria e l'innovazione al femminile.
E’ l'impegno insito nell'iniziativa “Donna forza 8, capace di qualsiasi impresa”
promossa dalla Regione Lazio. Si tratta di un intervento straordinario, in
collaborazione con il Dipartimento delle Pari Opportunità della Presidenza del
Consiglio, a favore dell'imprenditoria femminile e del sostegno alla
conciliazione dei tempi di vita e lavoro.
In particolare per quanto riguarda le iniziative finanziate dalla Regione Lazio
l'assessore allo Sviluppo Economico Guido Fabiani ha annunciato la seconda
edizione del bando “Innovazione sostantivo femminile”, che mira a sostenere
progetti imprenditoriali di donne con un investimento di un milione di euro a
fondo perduto. Tra le novità del progetto l'apertura di uno sportello ‘Donna
Forza 8′ finalizzato ad una consulenza specializzata sulle modalità di
finanziamento per le imprese femminili.
L'imprenditoria femminile in Italia annovera più di un milione e 300 mila
imprese, rappresentando così il 21,5 per cento dell'intero tessuto produttivo.
Un'imprenditoria giovane quella al femminile, dove il 66 per cento delle
imprese ha meno di 15 anni e una su tre meno di cinque.
Il Lazio, in base ai dati forniti dalla Regione, si propone come modello di pari
opportunità e si posiziona al secondo posto tra le regioni italiane con oltre 136
mila aziende femminili e il primato va alla Capitale, con quasi 95 mila imprese.
Forche Caudine aderisce a “Piediperterra” all’Eur
La nostra associazione aderisce a “Spiazziamoli! 50 piazze per la
democrazia e contro le mafie”, decine di eventi in contemporanea in
tutta la città per rompere il silenzio sulle mafie e la corruzione, fare di
Roma un palcoscenico e una piattaforma di democrazia e impegno
antimafia, costruire un laboratorio di idee e buone pratiche per far
ripartire il futuro della Capitale. E’ stato scelto l’Eur, “quartiere
martire” della speculazione e della mala amministrazione.
FORCHE CAUDINE – PAGINA 21
CULTURA
Cento autori italiani:
alla Biblioteca nazionale
manca Francesco Jovine
PROSSIME DATE
PRESENTAZIONI di “VITELIU”,
CONFERENZE SUGLI ITALICI
e visite sui luoghi del romanzo
dell’amico Nicola Mastronardi
- Lanciano (Chieti) - Liceo Classico.
17/03/ ore 10.30 e ore 17
- Airola (Benevento) - Liceo Classico.
18/03
ore
11.30
Montesarchio
(Benevento),
Museo Nazionale Sannita 20/03 ore
17.00
- Cepagatti (Pescara), Castello
Marcantonio 22/03 ore 16.00
- Vinchiaturo (Campobasso) Liceo
Tour con Simone Sala 27/03/ ore
10.30
- San Giovanni Teatino (Chieti),
Libreria Ipercoop-Il Centro.. 27/03
ore
17.30
- Bojano (Campobasso) Liceo Tour
con Simone Sala 28/03 ore 10.30
- Ascoli Piceno, Centro Comm.le
Città delle Stelle 28/03 ore 17.30
- Morcone (Benevento) Liceo
Scientifico
11/04
ore
11.00
- Morcone (Benevento) Chiesa S.
Onofrio
11/04
ore
18.00
- Pietrabbondante (Isernia) con
Autoclub CB 18/04 ore 11.30
- Pietrabbondante (Isernia) con
Liceo Guardiagrele 20/04 ore11.00
- Pietrabbondante (Isernia) con
Liceo Lanciano 11/05 ore 11.00
- Pietrabbondante (Isernia) con
Scuola med. Roseto Valfortore
15/05 ore 11.00
Altre presentazioni si preparano a
Ancona, provincia di Pesaro, Firenze
e Roma.
Ci sono la piemontese Sibilia Aleramo, i
toscani Anna Banti e Romano Bilenchi, il
campano Alfonso Gatto, il romagnolo
Elio Pagliarani e tanti altri. Sono i
rappresentanti della letteratura italiana
del Novecento che costituiscono il
nuovo spazio espositivo della Biblioteca
Nazionale di Roma denominato “Spazi
900”. Una vasta area per valorizzare le
rilevanti raccolte librarie e archivistiche
dei principali esponenti della letteratura
italiana del XX secolo, da d’Annunzio a
Pirandello, da Pasolini a Moravia fino ad
Elsa Morante, a cui è dedicata “La
stanza di Elsa”, con gli arredi originari
che componevano il suo studio.
Un lungo elenco che, però, non
comprende
alcun
molisano.
Particolarmente grave, ad esempio, la
dimenticanza di Francesco Jovine, ma
anche
di
Giose
Rimanelli.
Mancanza di memoria storica che è
stata stigmatizzata dall’associazione
“Forche
Caudine”
di
Roma
direttamente con i curatori dello spazio
espositivo, che è permanente dallo
scorso 10 febbraio, cioè non si tratta di
una mostra temporanea ma di un
allestimento ormai insito nell’offerta
della Biblioteca Nazionale, posto proprio
all’entrata,
nell’ala
destra.
“Abbiamo fatto presente di persona ai
responsabili della dimenticanza che
svilisce un’intera regione, l’unica non
rappresentata
–
spiegano
dall’associazione dei molisani a Roma –
e abbiamo riscontrato un certo
imbarazzo. Speriamo che si possa
rimediare con qualche evento dedicato
ad autori molisani, casomai con il
coinvolgimento
delle
istituzioni
molisane preposte alla cultura”.
Il nuovo spazio dedicato al Novecento in
Biblioteca Nazionale è stato inaugurato
nei giorni scorsi dal ministro dei Beni e
delle Attività Culturali e del Turismo
Dario Franceschini, con il direttore della
Biblioteca Andrea De Pasquale.
Le poesie
di Tiziana Antonilli
Nostra fedele lettrice, la scrittrice
Tiziana
Antonilli,
nata
a
Campobasso nel 1958, vive a
Cividale
del
Friuli.
Con le sue poesie ha vinto, nel
1996, il Premio Montale nella
sezione inediti.
Il guizzo
Era la spiga di grano solo nostra
cinque parole
che balenavano presto
al mattino unendoci nel
batticuore.
Anche oggi il vento dell’alba
sembrava lì a far germinare il
guizzo
un giorno lattiginoso invece
quasi non amato
si è sfibrato nell’attesa
di domani.
Ma tu sei già oltre
dove una data è residuo
di polvere cosmica
e una nascita il varco che si apre
tra un secolo e l’altro
e anche tradire cos’è
uno svenarsi del perdono
lo sciogliersi di una catena
nell’acqua bollente.
FORCHE CAUDINE – PAGINA 22
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FORCHE CAUDINE – PAGINA 23
RAGIONANDO
Selma
di UMBERTO BERARDO
professore
Non eravamo molti in sala a vedere il film della
regista afroamericana Ava Du Vernay, ma un gruppo
nutrito di giovani alla fine della proiezione si è levato
in piedi per un applauso non fragoroso, ma
prolungato. In effetti "Selma, la strada della libertà" è
davvero un grande film.
La pellicola rievoca le marce del popolo
afroamericano da Selma a Montgomery, capitale
dello stato dell'Alabama governato dal razzista
George Wallace, per rivendicare l'iscrizione nel
registro degli elettori.
Sarà l'inizio delle lotte per i diritti civili che hanno
visto negli Stati Uniti il movimento violento del
"Black Power " di Malcom X e quello non violento e
d'integrazione razziale di Martin Luther King.
"Selma" racconta appunto la lotta pacifista degli
afroamericani nel 1965 quando, repressi dal potere
dopo una prima marcia successiva all'uccisione del
giovane Jimmie Lee Jackson da parte della polizia,
trovano poi la solidarietà anche di molti bianchi e
così, nonostante le violenze razziste del klu klux
klan, riescono ad ottenere finalmente dal presidente
Lyndon B. Johnson il diritto di voto.
Il racconto pone al centro le diverse componenti della
protesta che vanno dai movimenti religiosi a quelli
studenteschi fino al mondo contadino ed operaio.
Anima delle lotte è Martin Luther King, insignito del
premio Nobel per la pace ad Oslo.
Questo pastore battista, ispirato dall'attivismo non
violento di Ghandi, diventa il riferimento delle lotte
non violente per i diritti civili che, prima di essere
ucciso a Memphis nel 1968, riuscirà almeno in parte
ad ottenere. La pellicola esce in un momento di
grandi tensioni che ancora una volta negli Stati Uniti
pongono il potere e la polizia in stato di sfida verso
talune rivendicazioni del popolo afroamericano.
È un film che riporta la violenza del potere e quella
della polizia, ma anche la forte volontà degli oppressi
a conquistare i diritti civili e politici.
È anche il racconto della fragilità di King di fronte a
scelte difficili che spesso lo pongono in attrito con la
moglie Coretta o in contrasto con altri esponenti del
movimento, anche se la sua saggezza finisce sempre
per illuminare gli eventi.
Il film ha sicuramente uno spessore storico rilevante,
ma davvero sarebbe anche utile per i giovani che
vogliono avvicinarsi al pensiero di Martin Luther
King la lettura del suo volume "La forza di amare"
pubblicato in Italia dalla SEI nel 1963 o di "I have a
dream" per i tipi di Mondadori nel 2001.
Il primo è sicuramente uno dei libri più belli tra quelli
che abbiamo letto. Dopo la visione di "Selma"
abbiamo riflettuto a lungo sul percorso storico
relativo alle conquiste sociali, civili, culturali e
politiche.
Molte sono state purtroppo ottenute attraverso
azioni violente.
Pensiamo, per fare solo qualche esempio, alle guerre
contro i Persiani delle Polis greche o alla Seconda
Guerra Mondiale contro il Nazismo per l'ottenimento
della libertà; alla Rivoluzione Francese per abbattere
il potere assoluto ed incamminarsi verso nuove forme
di organizzazione sociale e politica; alla rivoluzione
armata in America Latina per abbattere dittature e
liberare il popolo dalla povertà.
Altri traguardi storici sono stati il frutto del pensiero
e dell'azione di non violenza attiva come la denuncia,
la disobbedienza civile, la non collaborazione, la
mobilitazione sociale.
Pensiamo al riguardo, oltre alle manifestazioni degli
afroamericani, ai tanti movimenti di massa che
hanno permesso ai cristiani di ottenere il diritto alla
professione della propria fede religiosa nell'impero
romano, all'India di raggiungere l'indipendenza
dall'impero inglese, alle donne di ottenere il diritto di
voto, ai vietnamiti di pervenire alla pace, alla lotta di
milioni di poveri grazie ai quali lo Scià di Persia
dovette lasciare il potere, al movimento giovanile che
ha raggiunto la distruzione del muro di Berlino.
Certo le sconfitte per il movimento pacifista non sono
mancate, come in Cile con l'uccisione di Salvador
Allende, in Medio Oriente dove la violenza sembra
non trovare fine, in Piazza Tienanmen o oggi in
Ucraina, in Somalia, in Nigeria, in Iraq, in Siria e
proprio di recente a Mosca con l'assassinio di Boris
Nemtsov.
I conflitti nel mondo sembrano diffondersi e
proliferare.
Quello che manca è proprio la coscienza della
moltitudine che ha bisogno continuamente di
studiare le forme migliori di difesa popolare non
violenta e di manifestazioni di urto e di dissuasione
nei confronti di quanti oggi diffondono violenza ed
orrore, picconano le opere d'arte ed incendiano libri,
massacrano popoli indifesi, negano i diritti,
impediscono la realizzazione di una vera democrazia
o cercano addirittura di determinarne il tramonto
sostituendola con pseudo concetti di governabilità
che altro non sono se non oligarchie a guardia e
difesa di una ricchezza finanziaria di pochi che sta
generando
miseria
per
tanti
e
profonde
diseguaglianze.
Anche gli organismi internazionali di governance,
che sono nati dopo la seconda guerra mondiale,
devono essere rivisti nella struttura e nei regolamenti
cercando di renderli efficienti nella soluzione dei
gravi problemi che quotidianamente si affacciano
all'orizzonte.
La visione del film “Selma” può sicuramente aiutare
la riflessione in questa direzione.
FORCHE CAUDINE – PAGINA 24
AMBIENTE
Le eccellenze del Molise
di PASQUALE DI LENA
dottore agronomo
Sono solo sei i riconoscimenti dop e Igp che vedono
protagonista il territorio molisano, di cui solo la Dop
“Molise” Olio extravergine è tutta molisana, le altre
cinque sono in comproprietà con altre regioni: il
“Caciocavallo silano” Dop, con le regioni Campania,
Puglia, Basilicata, Calabria; la “Mozzarella” e la
“Ricotta di Bufala Campana”Dop, con Lazio,
Campania, Puglia; il “Salamino italiano alla
cacciatora” dop, con Emilia Romagna; Marche,
Umbria e
Abruzzo; una Igp “Vitellone bianco
dell’Appennino centrale” con Emilia Romagna,
Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo e Campania.
In pratica il Molise è terz’ultimo nella classifica delle
Regioni, in quanto a riconoscimenti delle nostre
eccellenze, pur avendo un paniere abbondante di
prodotti tradizionali, cioè di prodotti conosciuti e
classificati da oltre 25 anni, (159 sui 4.813 ad oggi
riconosciuti) che lo inseriscono al 12° posto nella
classifica delle regioni.
C’è un potenziale che è tutto da sfruttare, ma perché
ciò accada è necessario che ci sia una crescita della
consapevolezza del valore e significato della qualità
che, come si sa, è nell’origine, cioè nel territorio che la
esprime. Ma, come la storia del Molise insegna, non
basta questo pregio se non c’è una precisa volontà
politica, necessaria per tracciare il percorso che porta insieme pubblico e privato, cioè produttori e
trasformatori con le loro associazioni; enti e
istituzioni, con la Regione in testa –ai riconoscimenti
di alcuni prodotti e pietanze che sono già oggi
immagine del Molise.
Si tratta di porre l’attenzione su alcune potenziali
eccellenze e di lavorare per renderle testimoni di
territori, sapendo che - mediante un’attenta azione di
marketing - possono dare le risposte che da tempo
aspettano gli operatori impegnati nella coltivazione,
raccolta e trasformazione. Con essi, aspettano anche i
territori interessati che, con la presentazione e crescita
dell’immagine di questi testimoni, hanno uno stimolo
per cogliere l’opportunità di mettere in vetrina altre
eccellenze e altre preziosità.
Penso a Langhirano e a Borgotaro, due comuni della
provincia di Parma, famosi, il primo, per il suo
“Prosciutto di Parma” Dop e, il secondo, per il fungo
“Porcino” Dop; a San Daniele del Friuli e al suo
“Prosciutto” Dop; alla Valle d’Aosta e alla sua
“Fondina”, un formaggio Dop; a Serrapetrona nelle
Marche e alla sua “Vernaccia” Dop; a Canino in
provincia di Rieti e al suo “Olio extravergine” Dop; ai
tanti vini del Piemonte, Veneto, Toscana, Campania,
Puglia o alla Sardegna e alla “Vernaccia di Oristano”
Dop; a Bronte e al suo “Pistacchio” Dop; a Tropea ed
alla sua “Cipolla rossa” Igp; a Moliterno in provincia di
Potenza e al suo formaggio ovimo-caprino
“Canestrato” Igp; all’Alto Adige ed al suo “Speck” Igp;
Alla Val di Non ed alla sua “Mela” Dop; alla Valtellina e
alla sua “Bresaola” Igp; a Castelluccio di Norcia in
Umbria e alla sua “Lenticchia” Igp; alla Riviera Ligure e
al suo “Olio” Dop; a Navelli de L’Aquila ed al suo
“Zafferano” Dop.
Per il Molise c’è da pensare al “Tartufo Bianco” Dop; alla
“Pampanella di San Martino” Dop o Igp; alla “Ventricina
di Montenero di Bisaccia” Dop; alla “Scamorza di
Bojano” Dop; alla “Stracciata di Agnone” Dop; al “Pane
di Longano” e/o il “Pane d Venafro” Igp; al “Brodetto
alla termolese di Tornola” Igp; alla “Salsiccia di
Pietracatella“; al “Fagiolo bianco di Acquaviva di Isernia”
Dop; alla “Signora di Conca Casale”Dop; alla “Capra di
Montefalcone”: alle “Ostie” di Agnone; ai “Torcinelli” del
Molise; alla “Mozzarella” STG, il marchio riguardante le
Specialità Tradizionali Garantite.
Si tratta solo, preso atto della forza commerciale e
d’immagine di questi riconoscimenti, di lavorare per
costruire i disciplinari di produzione di ognuna di queste
indicazioni geografiche Dop, Igp e Stg; seguire e
comunicare ogni passaggio; promuovere i singoli
prodotti per dare stimoli e voglia d’intraprendere ai
produttori e trasformatori e, così, renderli protagonisti.
FORCHE CAUDINE – PAGINA 25
GENS
Atene, la porta è quella
di FABIO SCACCIAVILLANI
economista
Sul “Foglio” dello scorso 14 febbraio è stato
pubblicato un pezzo con le dichiarazioni di
alcuni economisti sulla situazione greca.
Tra i nomi scelti per esprimere la propria
opinione anche il “nostro” Fabio Scacciavillani
(collabora con “Forche Caudine” sin dalla sua
nascita), molisano (benché all’estero da oltre
vent’anni), capo economista del fondo sovrano
dell’Oman. Il quale ritiene che sia preferibile
l’uscita di Atene dall’euro.
Del resto solo qualche giorno prima aveva
scritto in un tweet, a proposito delle elezioni in
Grecia: “Un popolo di parassiti elegge una
banda di ferrivecchi falliti”, suscitando più di
qualche polemica.
Ecco cosa dice a proposito della Grecia:
“Non si sa come e se si arriverà a un accordo, ma
l’Europa non può sottostare ai ricatti del governo
greco”.
Commenta l’articolista: “Secondo questa visione,
ribaltata rispetto a quella generalmente diffusa, il
ricatto non è quello della Troika rispetto ai greci
(ti do gli aiuti solo se fai le riforme), ma quello di
Alexis Tsipras che pretende liquidità minacciando
di far saltare il banco.
“Hanno ragione i greci, la questione è di tipo
politico e perciò le loro richieste sono
inaccettabili.
LEADER. Alexis Tsipras.
Darla vinta alla Grecia significa delegittimare i
governi che hanno rispettato gli accordi e spingere
gli elettori a votare populisti come Podemos in
Spagna, Le Pen in Francia e Grillo in Italia. Ci
sarebbe un effetto domino che distruggerebbe
l’Unione”. In questo senso ha ragione Varoufakis che
la Grecia è come i “canarini nelle miniere”, la cui
morte segnala la presenza di fughe di gas.
“L’esempio del canarino in miniera lo feci anche io
diversi anni fa: la catastrofe non è la morte del
canarino ma l’esplosione della miniera, l’Europa. In
una condizione estrema come questa, l’uscita
traumatica dall’euro sarebbe l’unico modo per
ripristinare delle regole minime e salvare la moneta
unica e l’Unione europea”.
Oltre 1.500 persone iscritte all’associazione.
6.474 persone ricevono il notiziario.
Fino ad oggi 231 eventi promossi.
Forche Caudine. L’associazione con i numeri.
dal 1989
FORCHE CAUDINE – PAGINA 26
HANDICAP
Viva l’italiano !
di GIOVANNI SCACCIAVILLANI
sindacalista Ugl, originario di Frosolone (Is)
◄ Giovanni Scacciavillani
Una
petizione per invitare il governo italiano, le
amministrazioni pubbliche, i media, le imprese a parlare un
po’ di più, per favore, in italiano.
La lingua italiana è la quarta più studiata al mondo. Oggi
parole italiane portano con sé dappertutto la cucina, la
musica, il design, la cultura e lo spirito del nostro paese.
Invitano ad apprezzarlo, a conoscerlo meglio, a visitarlo.
Le lingue cambiano e vivono anche di scambi con altre
lingue. L’inglese ricalca molte parole italiane (“manager”
viene dall’italiano maneggiare, “discount” da scontare) e
ne usa molte così come sono, da studio a mortadella, da
soprano a manifesto.
La stessa cosa fa l’italiano: molte parole straniere, da
computer a tram, da moquette a festival, da kitsch a
strudel, non hanno corrispondenti altrettanto semplici,
efficaci e diffusi. Privarci di queste parole per un malinteso
desiderio di “purezza della lingua” non avrebbe molto
senso.
Ha invece senso che ci sforziamo di non sprecare il
patrimonio di cultura, di storia, di bellezza, di idee e di
parole che, nella nostra lingua, c’è già.
Ovviamente, ciascuno è libero di usare tutte le parole che
meglio crede, con l'unico limite del rispetto e della decenza.
Tuttavia, e non per obbligo ma per consapevolezza,
parlando italiano potremmo tutti interrogarci sulle parole
che usiamo. A maggior ragione potrebbe farlo chi ha ruoli
pubblici e responsabilità più grandi.
Molti (spesso oscuri) termini inglesi che oggi inutilmente
ricorrono nei discorsi della politica e nei messaggi
dell’amministrazione pubblica, negli articoli e nei servizi
giornalistici, nella comunicazione delle imprese hanno
efficaci corrispondenti italiani. Perché non scegliere quelli?
Perché, per esempio, dire “form” quando si può dire
modulo, “jobs act” quando si può dire legge sul lavoro,
“market share” quando si può dire quota di mercato?
Da qui la petizione (su Change.org) denominata “Dillo in
italiano”.
Scrivono i promotori: “Chiediamo all’Accademia della
Crusca di farsi, forte del nostro sostegno, portavoce e
autorevole testimone di questa istanza presso il governo, le
amministrazioni pubbliche, i media, le imprese. E di farlo
ricordando alcune ragioni per cui scegliere termini italiani
che esistono e sono in uso è una scelta virtuosa.
1) Adoperare parole italiane aiuta a farsi capire da tutti.
Rende i discorsi più chiari ed efficaci. È un fatto di
trasparenza e di democrazia.
2) Per il buon uso della lingua, esempi autorevoli e
buone pratiche quotidiane sono più efficaci di qualsiasi
prescrizione.
3) La nostra lingua è un valore. Studiata e amata nel
mondo, è un potente strumento di promozione del
nostro paese.
4) Essere bilingui è un vantaggio. Ma non significa
infarcire di termini inglesi un discorso italiano, o
viceversa. In un paese che parla poco le lingue
straniere questa non è la soluzione, ma è parte del
problema.
5) In itanglese è facile usare termini in modo goffo o
scorretto, o a sproposito. O sbagliare nel pronunciarli.
Chi parla come mangia parla meglio.
6) Da Dante a Galileo, da Leopardi a Fellini: la lingua
italiana è la specifica forma in cui si articolano il nostro
pensiero e la nostra creatività.
7) Se il nostro tessuto linguistico è robusto, tutelato e
condiviso, quando serve può essere arricchito, e non
lacerato, anche dall’inserzione di utili o evocativi
termini non italiani.
8) L’italiano siamo tutti noi: gli italiani, forti della
nostra identità, consapevoli delle nostre radici, aperti
verso il mondo.
Infarcire
discorsi
politici
e
comunicazioni
amministrative, resoconti giornalistici o messaggi
aziendali di termini inglesi che hanno adeguati
corrispondenti italiani rende i testi meno chiari e
trasparenti, meno comprensibili, meno efficaci. Farsi
capire è un fatto di civiltà e di democrazia.
Ma non solo: la lingua italiana è amata. È la quarta
studiata nel mondo.
È un potente strumento di promozione nel nostro
paese ed è un grande patrimonio. Sta alle radici della
nostra cultura.
È l’espressione del nostro stile di pensiero.
Ed è bellissima.
Privilegiare l’italiano non significa escludere i
contributi di parole e pensiero che altre lingue possono
portare.
Non significa chiudersi ma, anzi, aprirsi al mondo
manifestando la propria identità. Significa, infine,
favorire un autentico bilinguismo: competenza che
chiede un uso appropriato e consapevole delle parole,
a qualsiasi lingua appartengano.
FORCHE CAUDINE – PAGINA 27
DULCIS IN FUNDO
Scoprire il Molise “a passo lento”
Una meritoria iniziativa
degli Itinerari Frentani di Larino.
Una settimana di eventi per scoprire il Molise. E’ lo
spirito della manifestazione “A passo lento”,
promossa dagli Itinerari Frentani.
Si comincia domenica 15 marzo con un viaggio nel
paesaggio tra natura, sapori, arte e storia.
Il programma:
Ore 9: escursione a Gerione con la dr.ssa Maria Teresa
Occhionero
Ore 12.30 pranzo paesaggistico
Ore 16: visita Cattedrale di Larino con Franco Valente
Ore 17.30 visita chiesa Santa Maria Assunta di Montorio
nei Frentani con Franco Valente
Pranzo: Antipasto; Treccia appassita affumicata di
Casacalenda; Caciocavallo di Agnone; Pecorino
molisano; Bruschetta con alici e pomodorini secchi
Biosapori; Zuppa di ceci; Fagioli con le cotiche; Frittate
miste; Patate al forno; Verdure in pastella; Cime di
rape; Chiacchiere e crostata di albicocche. Vino
imbottigliato Masserie Flocco cabernet sauvignon.
Mercoled’ì 18 e giovedì 19 marzo: “Tra altari, tavole e
marauasce, un viaggio nella festa di San Giuseppe”.
18 marzo: ore 8, visita altari di Montorio nei Frentani e
consumo delle rituale scarpell
ore 18.30: visita altari di Casacalenda, consumo
tradizionali cibi rituali e litanie, a seguire trasferimento
a Larino e San Martino in Pensilis
19 marzo: Montorio nei Frentani, ore 10.30,
processione San Giuseppe e a seguire le tavolate di San
Giuseppe. In serata trasferimento a Santa Croce di
Magliano per il tradizionale fuoco "Marauasce",
esecuzione, con gli amici dell'Associazione Musicando,
del canto Maichentò.
Il Molise nella splendida foto di Guerino Trevisonno
Venerdì 20 e sabato 21 marzo: “Minerali, rocce, fossili
e grotte”
Con Ecomuseo Itinerari Frentani, gruppo speleo di
Guglionesi, il geologo Giancarlo de Lisio, Rocco Cirino
e Nicola Petrella dell'AIIG
21 marzo. Ore 9, presso l’Aula Magna dell’Istituto
Tecnico Agrario e Geometri di Larino: “Minerali, rocce,
fossili e modellamento del paesaggio”. Lezione a cura
dell'AIIG con Contadino Rocco Cirino e Nicola Putrella.
21 marzo. Ore 8.30: Visita grotte di Colle Bianco con il
gruppo speleo di Guglionesi e il Geologo Giancarlo de
Lisio. Grotte raggiunte in auto e a piedi.
Domenica 22 marzo: V edizione de “La natura nel
piatto”, con titolo: “Calanchi, tratturi, vie sacre e erbe
alimentari spontanee"
22 marzo. I partecipanti effettueranno un’escursione
su “ vie sacre”, tratturo e andranno alla ricerca di
piante alimentari spontanee e alla scoperta degli
aspetti naturalistici e storici dell’area. E' prevista la
consumazione di pietanze preparate con erbe
spontanee.
FORCHE CAUDINE – PAGINA 28
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