Viterbo settecentesca: una diocesi turbolenta di Maria Luisa Polidori Nella navata sinistra del Duomo di Viterbo, sopra l'ingresso della sacrestia si nota un monumento di discreta fattura, tanto da aver meritato per lungo tempo l'attribuzione al Canova. Si tratta in realtà dell'opera dello scultore neoclassico Agostino Penna; essa reca inserito un medaglione ovale simile a un grande cammeo, che ritrae il cardinale Muzio Gallo. Vescovo di Viterbo dal 1785 al 1801, si trovò ad esercitare un mandato molto difficile, sia per le circostanze storiche, sia per la natura stessa della diocesi, travagliata da dissidi interni. A questo proposito, per due anni dopo la morte dell'ultimo Vescovo - l'anconetano Francesco Pastrovich, di origine dalmata - non si era trovato nessuno disposto ad assumerne la titolarità e l'arciprete Alessandro Brugiotti ne ebbe l'incarico in via provvisoria.. . incarico tenuto piuttosto malvolentieri, a giudicare dalle ripetute dimissioni ogni volta forzosamente rientrate. A cosa attribuire tanta effervescenza? Le ragioni erano molteplici. Innanzitutto, la controversia sorta nel 1773 dopo la soppressione dell'ordine dei Gesuiti; il discreto patrimonio in territorio viterbese comprendeva il Collegio, il Seminario, una ricca biblioteca e vari beni derivati da donazioni e lasciti. Se lo contendevano la Diocesi e il Comune in una controversia che si trascinava da anni. Il Vescovo Pastrovich, aggiudicando alla Curia la maggior parte dei beni, aveva fatto valere la propria autorità e da allora i rapporti con l'Amministrazione comunale, in cronica mancanza di fondi, erano diventati piuttosto tesi. D'altra parte il Comune si era trovato a dover sostenere molte spese per i sussidi agli agricoltori che avevano subito ripetute invasioni di cavallette (tristemente celebre quella del 1781 che distrusse i raccolti), per il rincaro del prezzo del pane, per ricorrere alle truppe che avevano dovuto re~rimerenumerose sommosse... A peggiorare le cose, era intervenuta una questione di campanile: il ritrovamento dei resti fossili di un mammuth (o ritenuti tali) in territorio di Tuscania aveva riacceso il malcontento di quella città che ne traeva la conferma della propria «primogenitura» rispetto a Viterbo e rinnovava il malcontento per il trasferimento'del titolo di diocesi da Tuscania a Viterbo. Anche se molti secoli erano trascorsi da quel fatale 1192, Tuscania non riusciva a dimenticare di essere stata sede vescovile dal VI secolo, molto prima di Viterbo, e il sentimento di aver subito una usurpazione era più vivo che mai. Ogni pretesto era buono per rinfocolare le polemiche, non ultimo il fatto che nei documenti ufficiali il nome di Viterbo precedeva regolarmente quello di Tuscania, o meglio Toscanella, come si chiamava allora. Come racconta G. Signorelli in «Viterbo nella storia della Chiesa», il Vescovo Pastrovich aveva risolto la questio- Busto del Card. Gallo nella Cattedrale di Viterbo, eretto in suo onore dai canonici viterbesi nel 1794. ne in modo sbrigativo, anche se poco diplomatico, affermando che Viterbo meritava la precedenza «per la celebrità acquistata, la magnificenza e la comodità di vita», mentre Toscanella era ormai decaduta «per l'inclemenza del clima e l'incuria degli abitanti!» Vivaci furono le proteste di Tuscania, tanto che a parziale ammenda il Vescovo destinò una cospicua parte delle rendite della diocesi al completamento della cattedrale di San Giacomo, che dalla fine del '500 aveva sostituito i più antichi edifici di San Pietro e di Santa Maria Maggiore. Furono allora i viterbesi a ribellarsi e quando nel 1783 Pastrovich mori la situazione era ormai incandescente: proteste, vertenze, ricorsi da ambo le parti. I1 cardinale Antamori, cui era stata offerta la nomina a Vescovo di Viterbo, rinunciò, optando per la più tran- quilla Orvieto... e solo alla fine dell'anno successivo si riuscì a far accettare la nomina ad un altro marchigiano, Muzio a/, CI{ A Al41,OC i!?,1 Q N E Gallo. $41 r~ N a L r A S ~ c n o sCI~ILSA . C.\irroiwe ni Vnenso Era nato nel 1721 ad Osimo da una ricca e nobile faI?crlll LIZV , c 1:riio Skl. C t ~ r ( l ; ~ ~ o I c miglia che contava fra i propri membri prelati, ambasciatori, scrittori, giuristi e un altro cardinale - Antonio Maria - nominato di Sisto V. La sua era stata una vocazione sincera. maturata d o ~ o VESCOVO D1 ESSA CITTA' , E TOSCANELLA un'adolescenza studiosa a Osimo e a Roma. ~ J iiCC'ASIONE V DEL SOLENNE LI.47TUlMO Di costumi irreprensibili e di provata onestà, era soprattutto stimato per le doti di organizzatore e di ammini- pel Moro Aiustd di Oithmnn nato in Tripoligiri Mnirmcttano stratore. OIU I'AVLO~:I~A!;CLSCO C'IUSLII~E M,~LIU AI.II.UIOKL Non gli erano quindi mancati incarichi di responsabiliLEVA2 O Al. S/JCI{O F'fJNZ'E tà come Governatore in varie provincie dello Stato PonIlnll' Eriio ,r 1I1i;oSig. C i i ~ ~ i l i ~ ~ a l c tificio: Narni, Norcia, Camerino, Civitavecchia, Frosinone.. . Era stato anche Segretario del Sacro CollePAOLO I:RA'NCESCO ANTAMOR! gio e della Congregazione ~onc~storiale. V E S C O V O DI O R V I E T O In tutte le cariche ricoperte aveva dimostrato giustizia N c l di :!S. A t ; < ~ s t ( ~ 17!j5. e disinteresse, non esitando a intervenire - se necessario - con provvedimenti coraggiosi. Quando era Governatore a Camerino, ad esempio, durante la terribile carestia del 1764 aveva obbligato i proprietari terrieri ad aprire i propri magazzini e aveva imposto un calmiere sui prezzi; altre volte era ricorso al proprio patrimonio personale.. . e come amministratore era di una onestà inflessibile, in quanto sosteneva che «il patrimonio di Cristo era costituito a beneficio dei ooveri». Sembrava quindi adatto ad assumere l'incarico di reggere la diocesi di Viterbo e Tuscania, sede peraltro prestigiosa per la vicinanza a Roma, l'antica appartenenza allo Stato Pontificio, l'importante ruolo esercitato da Viterbo nella storia del papato.. . La nomina pervenne a Muzio Gallo il 14 febbraio 1785, lo stesso giorno in cui gli veniva conferito il cardinalato. . I1 5 giugno prese solennemente possesso della nuova se1;; y,r,.,~.Eo p 1 ,. p o l A l: l. 1 I.:,.. L ~ , . - . S I ~ . de, accolto con grandi festeggiamenti: la sua fama di serietà e rettitudine aveva suscitato grandi speranze. Gli inizi furono buoni: il 25 agosto il nuovo Vescovo partecipò a una solenne cerimonia nella Cattedrale per il Il frontespizio deii'opuscolo viterbese che ricorda il battesimo di Mobattesimo del «Moro Mustà di Oithman, nato in Tripoli, ro Mustà di Oithman. già Maumettano» che si convertiva al cattolicesimo. Padrino, il Cardinale Paolo Francesco Antamori, Vescovo di diocesi consorelle la precedenza spetta a quella in cui di Orvieto, che abbiamo già incontrato. .. rinunciatario alla risiede il Vescovo. Ai primi di ottobre, una scossa di terremoto diffuse il sede di Viterbo. L'allocuzione tenuta dal Cardinal Gallo panico fra la popolazione... ma ben altri terremoti si stafu data alle stampe dal viterbese Poggiarelli. Alla Bibliovano preparando. teca comunale di Osimo si conserva un esemplare di queLa Rivoluzione francese, creduta erroneamente all'inisto raro opuscolo di otto pagine, che reca in copertina un zio un fenomeno violento ma passeggero, gettò la cristiagallo, l'emblema del Cardinale, inserito nella croce delnità nello scompiglio e mise fine ai progetti di l'Ordine di Malta, di cui era cavaliere. La pubblicazione ristrutturazione amministrativa del povero Cardinale. Solo fu curata dall'Arciprete Alessandro Brugiotti (anche se nel per pochi anni aveva potuto dar corso ai suoi piani: troptesto compare il cognome nella versione «Brusciotti»). po pochi per risanare una situazione difficile. Dopo lo scopCon gran coppia di citazioni bibliche Muzio Gallo riepio della Rivoluzione molti sacerdoti francesi che avevano voca la romanzesca vicenda del neofita, catturato come rifiutato di giurare fedeltà alla Costituzione civile del cleschiavo, strappato agli affetti familiari e pervenuto attraro furono esiliati e si rifugiarono nello Stato pontificio. verso mille peripezie alla somma felicità della Grazia, ribattezzato Paolo Francesco (in onore del suo padrino An- Non c'era la possibilità di accoglierli tutti a Roma e Pio tamori) Giuseppe Maria. Cerimonia che non mancò di com- VI ne inviò un certo numero a Viterbo. Muzio Gallo ormuovere i numerosi fedeli adunati in San Lorenzo e fu ganizzò sollecitamente l'Opera Pia dell'ospitalità francese per soccorrere i profughi. Ma si era solo agli inizi: le scorper Muzio Gallo una grande gioia. Pochi giorni dopo, 1'8 settembre, cominciarono però le ribande dei soldati napoleonici, austriaci, napoletani, le tribolazioni: Toscanella era nuovamente insorta perché nei alterne vicende della guerra devastarono il territorio videcreti ufficiali la Dioecesis uiterbiensis continuava a me- terbese e nonostante tutto il suo impegno il Cardinale si cedere quella tuscanensis. Con maggior tatto del suo pre- trovò spesso in difficoltà, non sempre del resto sostenuto decessore, il Cardinale rispose che per antico uso in caso dalle autorità civili o dalla popolazione. ' MUZIO G I A L L O J - I -D8 Porta Romana Quando ad esempio nel 1793 pervenne la notizia dell'avvenuta esecuzione di Luigi XVI, Muzio Gallo indisse per il 14 maggio una solenne funzione in Santa Maria in Gradi per commemorare il defunto sovrano, ma le autorità non osarono parteciparvi ufficialmente per non compromettersi. Né d'altra parte Viterbo aveva i mezzi per organizzare una difesa adeguata: pur essendo considerata città «di frontiera» era sfornita di armi e munizioni, mentre la popolazione, oberata di tasse sempre più gravose per sopperire alle spese della guerra, era esasperata dall'insolenza delle guarnigioni di varie nazionalità che si avvicendavano sul suo territorio. Proprio da Viterbo, il 29 dicembre del 1797, partì la scintilla che causò la definitiva rottura dei rapporti tra la Francia e lo Stato Pontificio: Giuseppe Bonaparte, nominato Ambasciatore di Francia, di passaggio per Viterbo venne insultato e preso a sassate. Fu il pretesto per l'abolizione dello Stato Pontificio e l'occupazione definitiva da parte dei Francesi. Come osserva spiritosamente Indro Montanelli «gli Italiani sono sempre pronti ad accorrere in aiuto di chi vince» e molti Viterbesi non mancarono di restare fedeli allo stereotipo nazionale. Ci fu chi si affrettò a correre a Roma per rendere omaggio ai nuovi padroni, chi innalzò l'albero della libertà, chi giurò fedeltà alla Repubblica Romana, mentre Pio VI prendeva la via dell'esilio. Furono confiscati i beni ecclesiastici, mentre la rendita vescovile veniva drasticamente ridotta. Mentre altrove numerosi prelati fuggivano o rinunciavano alle loro cariche, Muzio Gallo, nonostante l'età ormai avanzata, rimase coraggiosamente al suo posto, correndo da un capo all'altro della città in semplice abito laicale (gli era stato proibito di indossare gli abiti da Vescovo) per cercare di calmare i cittadini esasperati. I1 27 novembre di quello stesso 1798 le sorti della guerra sembrarono volgere a favore dell'esercito del re di Napoli che avanzò minacciosamente su Roma. Un gruppo di Francesi in fuga si rifugiò a Viterbo e la popolazione li avrebbe linciati tutti senza il generoso intervento del Cardinale, che li ricoverò nel palazzo vescovile. Nuovamente tornarono i Francesi e ripresero la città, poi venne l'esercito austriaco.. . Solo nel 1801, con il concordato del 18 febbraio, l'ordine tornò nel rinato Stato Pontificio; ma il Cardinal Gallo non poté goderne a lungo. I suoi ultimi mesi di vita furono funestati da un'ultima sciagura: la caduta della «Macchina» di Santa Rosa la sera del 3 settembre, che causò numerose vittime. I1 13 dicembre Muzio Gallo moriva, lasciando un buon ricordo di sé: nei diciassette anni di permanenza a Viterbo non si era risparmiato, dando sempre prova di saggezza e di onestà. Era stato anche generoso, finanziando di tasca sua vari lavori di restauro per la Cattedrale di Viterbo, come ad esempio la sistemazione della sacrestia. Suo dono è anche un prezioso calice d'argento conservato nel tesoro della Cattedrale con il numero d'inventario 14/74. In esso figura l'emblema del Cardinale, il gallo araldico, e questo ci ricorda l'aneddoto riportato da F. Cristofori in «Le tombe dei Papi in Viterbo» (p. 264): un canonico troppo spiritoso, di fronte ai tanti emblemi del Cardinale che figuravano nelle parti del Duomo da lui fatte restaurare e sugli oggetti sacri da lui donati, esclamò: «Troppi galli in questo pollaio. Quando cantano in tanti non si fa mai giorno:» La storia non riporta la risposta del Cardinale.. . Comunque la pensasse il canonico, Muzio Gallo avrebbe fatto molto di piii per la sua cattedrale, ma ne fu impedito dagli eventi storici che assorbirono ogni sua energia. Iniziato con grandi festeggiamenti e il solenne battesimo del Moro convertito, il suo mandato si concludeva nella tragedia della «macchina» dopo una lunga serie di traversie. Forse il momento più terribile fu l'assalto delle truppe francesi decise a riprendersi Viterbo, il 4 agosto del 1799: per sei lunghe ore un furioso, continuo cannonneggiamento aveva bombardato le mura della città. Fu allora che molti videro apparire la figura di Santa Rosa, sulla Porta Romana, che miracolosamente proteggeva Viterbo dal fuoco nemico. Alla fine, gli uomini del generale Garnier si erano ritirati a mani vuote. A ripercorrere con la memoria quei travagliati anni del suo mandato viterbese, il Cardinal Gallo era costretto a concludere che i periodi difficili erano stati senz'altro i più numerosi ... ma in coscienza sentiva di aver affrontato il suo destino con generoso impegno e nobiltà d'animo.