La via ferrata Istituto comprensivo “Camaiore 1°” Scuola Secondaria di Primo grado “E. Pistelli” Piano del lavoro Il nostro lavoro è impostato secondo la metodologia ipertestuale. È costituito da un corpo centrale in linea con le richieste concorsuali, cui segue l’oltre il testo. Dal corpo centrale, utilizzando “parole calde” , è possibile accedere a vari approfondimenti interdisciplinari: •il treno e i poeti, •la rivoluzione industriale, •la macchia mediterranea, •i rapporti fra Pascoli e Carducci, •fra Pascoli e Pistelli, •Altre slides con rimandi di carattere tecnologico, storico e letterario. Nell’oltre il testo proponiamo una nostra rielaborazione originale della poesia anche attraverso disegni e immagini e un nuovo testo poetico. INDICE Giovanni Pascoli La Via ferrata Analisi 1.Il Madrigale 2.Rime e Versi 3.Enjambements 4.Figure retoriche Commento Oltre il testo Sezione Link 1. Pascoli Pistelli 2. Il treno 3. Giosuè Carducci 4. Carducci e Pascoli 5. La natura in Pascoli e Carducci 6. La macchia mediterranea 7. Il treno e i poeti Partecipanti Giovanni Pascoli La vita Giovanni Pascoli nacque nel 1855 a San Mauro di Romagna, in provincia di Forlì. Studiò nel Collegio Raffaello di Urbino, retto dai padri Scolopi, fino al 1872. Più tardi ebbe un relazione di amicizia con Ermenegildo Pistelli e Luigi Pietrobono, suoi confratelli presso i padri Scolopi. La morte del padre, avvenuta nel 1867, diede un inizio a diverse disgrazie e lutti familiari, per i quali lui soffrì molto. Nonostante questo egli continuò a studiare e si laureò in Lettere all’Università di Bologna, nel 1882. Nel 1905 fu chiamato a succedere a Carducci, infine morì nel 1912 a Bologna. Le sue opere più importanti furono: -Myricae, prima edizione nel 1891 (poesie ispirate a temi familiari e campestri) -Primi poemetti, Canti di Castelvecchio e Nuovi Poemetti, (poesie ispirate al mistero della morte e del cosmo) -Poemi Conviviali, prima edizione nel 1904 (poesie che traggono ispirazione dal mondo classico latino e greco) -Carmina (poesie in latino) Myricae La via ferrata Tra gli argini su cui mucche tranquillamente pascono, bruna si difila la via ferrata che lontano brilla; e nel cielo di perla dritti, uguali, con loro trama delle aeree fila digradano in fuggente ordine i pali. Qual di gemiti e d'ululi rombando cresce e dilegua femminil lamento? I fili di metallo a quando a quando squillano, immensa arpa sonora, al vento. Analisi Il madrigale “La via ferrata” è stato composto da Pascoli nel 1886 e pubblicato per la prima volta nello stesso anno in un opuscolo che il poeta dedicò all’amico Severino Ferrari in occasione delle nozze di questi. Tale libretto descriveva, attraverso nove componimenti, l’“ultima passeggiata” del poeta prima del suo autunnale rientro scolastico. In quegli anni Pascoli era infatti professore di latino e greco al Liceo classico di Massa “Pellegrino Rossi”. Il madrigale “La via ferrata” confluì insieme alle altre poesie nella sezione della raccolta Myricae a cui fu dato proprio il titolo “L’ultima passeggiata”. La lirica si apre con un paesaggio campestre dominato dalla figura di mucche al pascolo, indifferenti spettatrici del passaggio del treno. Nella prima terzina tale passaggio è evocato dall’immagine della via ferrata che si estende in linea retta, “si difila”, brillando in lontananza. Nella seconda terzina fa la sua comparsa un’altra moderna invenzione, il telegrafo; non a caso la poesia, in una prima stesura, aveva il titolo “Il telegrafo”. I pali del telegrafo si stagliano nel cielo grigio con l’insieme dei loro fili sospesi e digradano a mano a mano che si allontanano dalla vista. La quartina si arricchisce di immagini sonore che superano l’immagine realistica per assumere un significato simbolico: i rumori del treno, che sopraggiunge e si allontana, si trasformano in un “femminil lamento”; i brusii dei fili del telegrafo, mossi dal vento, diventano la melodia di un’arpa sonora. Rime e versi Tra gli argini su cui mucche tranquillamente pascono, bruna si difila la via ferrata che lontano brilla; e nel cielo di perla dritti, uguali, con loro trama delle aeree fila digradano in fuggente ordine i pali. Qual di gemiti e d'ululi rombando cresce e dilegua femminil lamento? I fili di metallo a quando a quando squillano, immensa arpa sonora, al vento. Questa poesia è un madrigale di endecasillabi formato da due terzine e da una quartina, secondo lo schema: ABA CBC DEDE Ai vv. 1-2 appare la rima ipermetra con tmesi dell'avverbio “tranquilla-mente”, utilizzata in precedenza da Dante (Par., XXIV 16-17 «differente- mente») e ripresa da Pascoli in altre poesie; ad esempio in Myricae si trova anche in “Colloquio” (vv. 6-7 «infinita-mente»). Nella poesia sono presenti inoltre le assonanze i-a nelle rime della prima strofa (-illa, -ila). Nella poesia sono presenti degli enjambements: Tra gli argini su cui mucche tranquilla- 1 mente pascono, bruna si difila la via ferrata che lontano brilla; e nel cielo di perla dritti, uguali, 4 con loro trama delle aeree fila digradano in fuggente ordine i pali. Qual di gemiti e d'ululi rombando 7 cresce e dilegua femminil lamento? I fili di metallo a quando a quando squillano, immensa arpa sonora, al vento. FIGURE RETORICHE Di suono: allitterazioni Tra gli argini su cui mucche tranquilla- 1 mente pascono, bruna si difila la via ferrata che lontano brilla; e nel cielo di perla dritti, uguali, 4 con loro trama delle aeree fila digradano in fuggente ordine i pali. Qual di gemiti e d'ululi rombando 7 cresce e dilegua femminil lamento? I fili di metallo a quando a quando squillano, immensa arpa sonora, al vento. Allitterazioni: suoni consonantici Nel primo verso troviamo la prima allitterazione, con la ripetizione della sillaba “tra”; il suono “r” è presente nel testo in molte altre parole, suggerendo l’idea della sonorità e dello stridio. Spiccano alcuni suoni consonantici aspri, caratterizzati dalla presenza costante del fonema “r” (“bruna”, “brilla”, “dritti”, “digradano”). Le rime delle terzine presentano il suono “l”, anche raddoppiato; l’insistenza di questo suono risulta evidente in tutta la lirica. L’ultimo verso presenta la ripetizione del fonema “s”, che riproduce un effetto sonoro sibilante. Si nota, inoltre, la ripetizione di termini e gruppi sillabici uguali o affini: - “qual”, “quando”, “quando” -“lamento”, “metallo”, “immensa” Allitterazioni: suoni vocalici All’interno di alcuni versi si nota un uso prevalente delle vocali aperte “-a” ed “-e”, che si associano all’immagine degli ambienti naturali ( “Tranquillamente pascono”, “trama delle aeree fila”, “cielo di perla”) su cui si innestano gli elementi di modernità (“la via ferrata”, i pali “dritti, uguali”, “i fili di metallo”). L’aggettivo “aeree” del v. 5 è caro a Pascoli e si ritrova in altre sue liriche. Di suono: onomatopee Tra gli argini su cui mucche tranquillamente pascono, bruna si difila la via ferrata che lontano brilla; e nel cielo di perla dritti, uguali, con loro trama delle aeree fila digradano in fuggente ordine i pali. Qual di gemiti e d'ululi rombando cresce e dilegua femminil lamento? I fili di metallo a quando a quando squillano, immensa arpa sonora, al vento. I termini onomatopeici si concentrano nella quartina e richiamano i “versi” degli elementi della modernità: il treno e i fili del telegrafo. I primi due versi della quartina suggeriscono e riproducono il suono e il rumore di un grosso convoglio che sopraggiunge (“cresce”) e poi si allontana (“dilegua”). Le parole onomatopeiche “gemiti”, “ululi”, “rombando” suggeriscono un “climax ascendente”, perché riproducono rumori che si fanno sempre più forti; il termine, “lamento”, rappresenta l’effetto discendente del “climax” con un’attenuazione del rumore. All’ultimo verso è presente un altro termine onomatopeico, la forma verbale “squillano”, riferita ai fili del telegrafo che, mossi dal vento, producono un rumore metallico. Di posizione: iperbato Tra gli argini su cui mucche tranquilla – mente pascono, bruna si difila la via ferrata che lontano brilla e nel cielo di perla dritti, uguali, con loro trama delle aeree fila digradano in fuggente ordine i pali. Qual di gemiti e d'ululi rombando cresce e dilegua femminil lamento? I fili di metallo a quando a quando squillano, immensa arpa sonora, al vento. Di posizione: anastrofe Tra gli argini su cui mucche tranquilla – mente pascono, bruna si difila la via ferrata che lontano brilla e nel cielo di perla dritti, uguali, con loro trama delle aeree fila digradano in fuggente ordine i pali. Qual di gemiti e d'ululi rombando cresce e dilegua femminil lamento? I fili di metallo a quando a quando squillano, immensa arpa sonora, al vento. Di significato: metafore Tra gli argini su cui mucche tranquilla – mente pascono, bruna si difila la via ferrata che lontano brilla e nel cielo di perla dritti, uguali, con loro trama delle aeree fila digradano in fuggente ordine i pali. Qual di gemiti e d'ululi rombando cresce e dilegua femminil lamento? I fili di metallo a quando a quando squillano, immensa arpa sonora, al vento. - “cielo di perla” (v. 4): il cielo non è definito semplicemente come grigio o nuvoloso ma color perla, quindi lievemente velato. L’immagine ricorre in un’altra famosa lirica di Pascoli, “L’assiuolo” (“alba di perla” ,v. 2) - “trama dell’aeree fila” (v. 5): il cielo è solcato dai fili del telegrafo, che vengono definiti “aerei” perché sospesi. Il loro intrecciarsi richiama l’immagine dei fili di un tessuto che lascia intravedere parte del cielo. Nella poesia “Novembre” ritorna la visione delle “trame” che si stagliano sul cielo. Ai vv. 5-6 leggiamo, infatti, “(…) e le stecchite piante / di nere trame segnano il sereno”: sono i rami scuri di una pianta autunnale che attraversano il cielo. Nella nostra poesia non troviamo un elemento naturale ma, al contrario, un simbolo della modernità, i fili del telegrafo. - “Qual di gemiti e d'ululi rombando/cresce e dilegua femminil lamento? (vv. 7-8): l’immagine del treno che sopraggiunge e si allontana è resa esclusivamente attraverso il senso uditivo. Il treno, mai esplicitamente citato nella poesia, se non attraverso il riferimento alla “via ferrata” del v. 3, si trasforma nel rumore che esso emette al suo passaggio. La scelta dei termini che riproducono il fragore del treno non è sicuramente stata casuale: il gerundio “rombando” è quello che meglio si adatta al mezzo meccanico. Gli altri termini “gemiti” , “ululi e “ femminil lamento” rimandano a un passo famoso dell’ ”Eneide”: “lamentis gemituque et femineo ululatu” (libro IV, v. 667). Virgilio ha appena descritto la morte violenta di Didone, alla notizia della quale le donne di Cartagine manifestano tutto il loro dolore, con lamenti, gemiti e urla. Tutta la città è sconvolta. Nella poesia “La via ferrata” l’ambiente naturale è sconvolto dall’arrivo improvviso del convoglio che irrompe nella tranquillità naturale della campagna. -“immensa arpa sonora” (v.10): i fili del telegrafo sono per analogia assimilati a una grande arpa eolia che, mossa dal vento, produce non una dolce melodia, come ci si potrebbe attendere da uno strumento a corde, ma un suono stridente, suggerito dal termine onomatopeico “squillano”. Anche qui i fili metallici, simbolo della civiltà, operano una rottura del silenzio caratteristico di un paesaggio campestre. COMMENTO Il testo poetico ruota intorno al tema centrale di un contrasto: la disumanità meccanica del treno e del telegrafo irrompe a scardinare una realtà di campagna serena e tranquilla. Come più volte evidenziato, nelle due terzine visualizziamo un paesaggio con mucche al pascolo, la ferrovia che si estende in linea retta e la disposizione prospettica dei pali del telegrafo che, con i loro fili, si stagliano sul cielo. Nella quartina cambia il campo sensoriale: udiamo i rumori prodotti dal treno e dai fili sospesi talora agitati dal vento. Nelle due terzine il contrasto tra elementi naturalistici e quelli della modernità non è dichiarato, anzi pare che convivano pacificamente. Le stesse mucche sembrano indifferenti spettatrici che assistono al passaggio del treno e i fili telegrafici non impediscono, comunque, la visione del cielo. La ferrovia, pur essendo “bruna”, da lontano assume una luce naturale (“brilla”); l’immagine della lontananza delle rotaie e il digradare dei pali sembrano suggerire una presenza non così marcata, ma al margine di questa idilliaca scena. Ma ci domandiamo: è veramente tranquillo lo scenario campestre che il poeta vuole rappresentare? Perché le mucche non pascolano libere sui prati ma racchiuse “tra gli argini”? Perché il poeta ha deciso di “spezzare” l’avverbio, lasciando isolato il suffisso “-mente”, che non può non richiamare la voce verbale del verbo “mentire”? Troviamo una risposta nella quartina: il treno e il telegrafo sono ormai una presenza ineluttabile. Il mezzo meccanico irrompe con la sua potenza sonora e sconvolge l’ apparente calma naturale: sono proprio i termini scelti da Pascoli a suggerirci questa interpretazione, perché trasmettono una profonda inquietudine: GEMITI ULULI ROMBANDO LAMENTO SQUILLANO Non ci sembra casuale che il poeta abbia ripreso i termini usati da Virgilio per descrivere un evento così tragico e violento come quello del suicidio di Didone e della reazione drammatica delle donne di Cartagine. Come le donne virgiliane sono sconvolte dalla perdita della loro amata regina, così la natura è “travolta e stravolta” dalla modernità dirompente. Alla luce di questo, anche le terzine contengono termini che, anche se in modo meno evidente, evocano inquietudine: ARGINI BRUNA DRITTI UGUALI TRAMA Gli argini delimitano uno spazio aperto e chiudono l’orizzonte; la via ferrata è bruna, così come il mezzo che la percorre; i pali si stagliano all’infinito con una ripetitività quasi ossessiva; la trama dei fili richiama alla mente una rete che intrappola. Questi termini anticipano il pensiero poi esplicitamente espresso dal poeta nella quartina. E allora, fin dal primo verso, con il termine “tranquilla – mente” il poeta esprime i sentimenti contrastanti che nascono da un’ atmosfera bucolica dove gli elementi naturali fingono di vivere un equilibrio ancestrale, ma che in realtà è interrotto dal fragore crescente di una modernità dilagante. Ma il punto interrogativo alla fine dei primi due versi della quartina ci costringe a riflettere sul fatto che il poeta, e l’umanità in generale, metta in dubbio che questo sconvolgimento della natura causato dal progresso sia davvero così negativo. La natura deve inevitabilmente rassegnarsi di fronte a questi cambiamenti e, come l’uomo, deve adattarsi e cominciare ad aver fiducia nel “nuovo” che irrompe. E gli ultimi due versi avvalorano questa posizione: i fili del telegrafo sono ormai una presenza imprescindibile. La natura non può che fare i conti con essi: il vento non può spezzare i fili, perché sono metallici e potenti, ma può attraversarli e dar loro una voce che, anche se moderna, è comunque una musica come quella di un’immensa arpa sonora. Natura e modernità sembrano quindi aver trovato un punto di incontro. Il contrasto si dissolve: la campagna pare accogliere “la via ferrata” come parte integrante ormai di sé. Tutto ciò non esclude che il poeta provi una nostalgia profonda per i tempi passati e,usando i versi di Virgilio, densi di inquietudine, esprima questo suo desiderio di ritorno a un realtà non ancora contaminata dal progresso, ma fatta di piccoli gesti e familiari presenze.