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SYMBOLUM
Stanno Gioia e Dolore
Nel seno del Futuro.
Lento è il cammino e duro,
Ma l'impavido cuore
Ci spinge innanzi ognor;
L'Eroe vi guarda: e a uu tratto
In fondo al cuor- possente
Cupi brividi sente:
Il suo volto è contratto
In severi ensier.
E, •ognor più grave incombe
Laggiù un'immensa Porta
Solenne. Muta scorta
Fan le stelle — e le tombe
Silenzios a quaggiù.
Ma da l'alto ecco suoni:
Cancan gli Spiriti in coro
E i Maestri con loro:
« Non disj5erdete, o Buoni,
Le vostre forse invan.
Qui ne l'eterna pace
Son ghirlande intrecciale:
In premio saran date
Al lavoro tenace!
Abbiate speme ognor *.
VOLFANGO GOETHE
(trad. di ELIA FRANICH)
::
LA DOTTRINA DELLO SCHIAVO DI BARI
Affermare che la Lirica Italiana abbia principalmente avuto sua culla in Puglia parrà a molti un'eresia, mentre invece è un
fatto incontrastato, che non può ammettere
dubbi di sorta, come luminosamente è provato da documenti antichissimi, che risalgono al secolo 1X e che si sori voluti gabellare
per poesie del bel secolo d'oro della nostra
divina lingua, cioè del , trecento. E ciò forse
per non far perdere quella supremazia letteraria, che la Toscana si arroga e che noi
non le contrastiamo affatto, per aver essa
dato quei tre sommi scrittori e poeti eminenti : Dante, Petrarca e Boccaccio.
• Bene sta, dunque, la supremazia, ma non il
primato, perchè esso assolutamente spetta alla
Puglia, come ampiamente qui dimostreremo,
Il primo documento, per importanza letterarla e 1.-2r ordine di tempo, è cos`dtuito da;la
D:atrina del;o Schiavo di L'ari, che visse
pintQmeno al tempo dell'invasione araba
(846-871) e che fu signore di quella città
col titolo di Saudan, che diremo in seguito
cosa realmente significasse.
Sfogliando questa meravigliosa raccolta metrica di precetti, di sentenze e di proverbi
dello Schiavo di Bari, il lettore facilmente
comprenderà di trovarsi innanzi a un trattato completo di vera dottrina filosofica, psicologica, politica e giuridica : tutta una somma
di morale e di sapienza, che merita di essere conosciuta ed apprezzata come un vero'
preziosissimo talismano di inestimabile valore.
Niuno o pochi libri, infatti, anche di quelli
che vanno per la maggiore, racchiudono in "
se, come questo, tant'oro di lirica e. di lingua, tante gemme e diamanti, che coi loro
fulgori e coi loro lampeggiamenti costituiscono come il più gran taro gigantesco de-
stinato ad illuminare la via maestra che l'u•
manita dovrebbe sej,uire per la sua ideale
perfezione,
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RIVISTA D'ARTE EDI CULTURA
Piccolo di mole, questo libro, veramente
Ispirato, è forse il più colossale monumento,
che uomo possa aver lasciato per eternare
la sua memoria e per il bene che esso può
rendere ai suoi simili, che, seguendo quelle
divine auree massime, potrebbero passare dall'imperversante era di Saturno, a quella dell'amore, della fratellanza e della pace vera,
di ctli si ha tanta sete su questa disgraziatissima terra, che, per la nequizia umana,
ancora arrossa di sangue e di vergogna! ...
Ciò magnificamente spiega il gran successo avido .ed il gran rumore sollevato dal
volumetto, all'epoca in cui per la prima
volta vide la luce : successo e rumore intuitivi, se si pensi che, anche in quei lontanissimi tempi, in cui assai scarsi erano i lettori, furono parecchie le edizioni che seguirono aria prima, impressa verso la fine del XV
secolo, su quattro carte a due colonne, caratteri gotici, con una figura intagliata in legno nel frontespizio, col titolo Incominzano
li proverbi de lo Schiavo di Baro, come registrasi nel catalogo del prof. Libri
Il quale ci dà notizia di una nuova edizione, pure del Secolo XV, di tre carte a due
colonne, col titolo El savio romano et labici
disposta. Secondo la lezione di questa stampa, sl riprodussero poco dopo i Proverbi, inserendoli nel libretto intitolato: Lo Schiavo
de Baro; e poscia una ristampa del secolo
XVI, edita in Firenze all'insegna della testuggine in 4., fig. in legno e col titolo El
Savio Romano et a b c. disposta ecc.
La maggior parte di questi opuscoli appartiene, dice il prof. Libri, al buon secolo,
come ne fanno fede i codici antichi ove si
contengono ; nei quali le dette sentenze appellansi :
Dottrina che diè lo Schiavo di Baro allo figlio, ovvero: ammaestramenti dati per Salomone, ed anche : El Savio Romano.
L'editore Romagnoli di Bologna, da cui è riprodotta la Dottrina dello Schiavo di Bari, e
ristampata nel 1863 in seconda edizione, dice
di essersi gibvato, nel condurre tale edizione, di un testo a penna, .che si conserva
nella libreria dei RR. Canonici Regolari di
S. Salvatore di Bologna, segnato dal n. 396,
membranaceo ed in 4., forse del secolo XIV.
E da un altro codice manoscritto, che sta
nella R. Universitaria Bolognese, in quarto
grande, segnato dal n. 158, nonchè da un
Laurenziano Pluteo 43, n. 27, nel quale
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sono alcune quartine, che non sono nei
due testi Bolognesi e che il Romagnoli omise, perchè le giudicò superflue e intruse dal
copiatore.
_« Dello Schiavo di Bari, che visse certo
nel secolo XIII, trovasi fatta menzione —
continua il Romagnoli — alla novella
del libro di novelle e di bel parlar gentile,
è nei Ricordi di Fra Saba da Castiglione,
che lo chiamò uomo idiota, senza lettere e
scienze, ma di acuto ingegno, e discreto giudizio e di molta esperienza ».
Come lo Schiavo potesse vivere, diciamo
noi, nel secolo XIII, se era stato Signore di
Bari al tempo dell'invasione araba ? E se
il giudizio dello scrittore Fiorentino sia parziale, per non dire altro, giudichi ogni lettore, che certo riconoscerà la contradizione
del Romagnoli, la niuna serenità avuta dall'angelico frate nel sentenziare a sproposito
del nostro illustre letterato. E proprio in quel
massiccio di contraddizioni piramidali, che il
serafico monaco addensa in quelle sue poche
righe, costruisce l'elogio più grande per l'illustre scrittore Barese della Dottrina, che oggi
finalmente potrà giudicarsi il maggiore italianissimo capolavoro di lirica, di grammatica, di linguae di scienza prodotto nei primissimi tempi
dall'ingegno e dal genio pugliese. Così come potrà autorevolmente dimostrare il chiacissimo Prof. F. Tamassia dell'Università
di Padova, che, in una sua comunicazione ai
Lincei del Maggio 1923, illustrò i risultati
delle sue ricerche intorno allo Schiavo, identificato in quel Saudan Arabo, signore di
Bari, che resistette, si può dire, a tutta la
cristianità e capitolò soltanto dopo la eroica
difesa della Regina delle Puglie, il 3 febbraio 871. Saudan o Satana, come voleva che si chiamasse Giovanni VIII, è
l'eroe che domina finora dissimulato da nomi curiosi Corsubles, Balicat, Bar Ligeant)
nell'epopea che prima di essere francese ebbe vita italiana, nella descrizione poetica
della famosa invasione araba di Roma dell'anno 846.
Ora, forse, il mio intuito mi soccorre e mi
dice che quello Schiavo di Bari 'sia stato,
.non già un arabo, ma un vero autentico cittadino Barese, nato forse da padre originario di Schiavonia, donde prese quel suo cognome, all'epoca in cui l'agnome etnico si
fissa per distinguere l'individuo e. la casata.
E di Schiavo, lo Schiavo, Sciavo o Schia..
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fin dal 1077 e poscia nel 1108, nel 1114,
nel 1127, nel 1147 e 1174, oltre altri ancora
in secoli posteriori, non escluso forse il cognome Scavo, che a Bari dura tutt'ora e
che è certo una corruzione dell'antichissimo
cognome Sciavo o Schiavo. •
Ed ora, riportiamo, senz'altro, per intero e per
edificazione dei lettori cortesi, questa lirica foggiata a mò di Serventese, ma unica forse
nel suo genere, perchè non crediamo si riscontri in nessuno degli antichi illustri poeti,
quali frà Iacopone, Cino da Pistoia, Folcacchieri ecc, ecc. Ecco dunque
LA DOTTRINA DELLO SCHIAVO DI BARI
Al nome di Dio è buono incominciare
Tutte le cose che l'uom viene a fare :
Intendi, figlio, se vuoi imparare
Al picclol uom comanda per amore,
E no II fare oltraggio nè disnore,
Sapienza
Che non sa' quello che si porta in quore ;
E nollo adastiare.
E veritade.
Nè provaro, nè vecchio non gabbare,
Che non sai quello che ti può incontrare
Che molte cose può l'uom comperare,
Ma non ventura.
Senno e bontade e conoscenza :
A ciò ch'io dico aggi provvedenza;
Queste parole son tutte sentenza
Sia prode uomo e usa lialtade
E quanto puoi ritratti alla bontade:
Ama l'onore della tua cittade
E della terra.
Femmina e uom di mala natura
Di gastigare e battere non cura.
Poco dura l'uom che non ha misura,
Ed è corrente
Se puoi stare in pace, non far guerra,
Che d'ella fende e taglia più che serra:
Chi troppo la costuma, non disferra
Senza danno.
A far le soperchianze spessamente.
Da chi non ama nè teme niente,
LI uomini per guerra si disfanno
E da battaglia non ne nasciaranno,
Amico mio, che Dio ti dia 'l buon anno
E 'I buon mese.
Figlio, se se' mandato per messaggio,
Servi l'amico tuo di buon coraggio:
Sia leale, e non far fellonaggio
Per moneta.
Non distruggiare male il tuo arnese:
Secondo che hai l'entrate, fa le spese:
A fare bene per Dio, sia cortese
E conosciente;
E se t'è detta la cosa segreta,
Non l'andare dicendo; tiella quieta;
Non consentire lo male, anzi lo vieta
Se tu puoi.
E quanto puoi gli si sta ubbidiente,
E none dire villania niente:
Ciò ch'i' dico si ti stia a mente
D'osservare.
Guardati di non far quello ad altrui,
Che tu non vuo' ricevere da lui:
Chi di serve die guardare a cui
E 'l perchè.
E credi a me, che ti potrà giovare.
Al giuoco della zara non giuocare:
E della moglie altrui non ti vantare,
Ch'è gran follia.
lo ti consiglio, figlio, in buona fè:
Giovar ti puote, se tu credi a me ;
Servi di buono cor chi serve te
E falli onore.
E non portar novella che sia ria :
E diciar mal d'altrui è villania:
Biasmare altrui a torto è gran follia.
Nè buona usanza.
E guarda, se non se' buon dicitore)
Non esser troppo gran favellatore.
Figliuol, quanto puoi fuggi lo romore,
E non vi stare.
E guardati non correre a mischianza
E non andare dov'ài dubitanza ;
Nè non fare villania nè soperchianza
Al tuo minore,
Partiti da lui immantinente
E sarai saggio.
Che dalli savi dè l'uomo imparare,
E colli buoni amici consigliare:
E chi non sa la via dè dimandare
Del buon cammino,
RIVISTA D'ARTE E DI CULTURA
17 g
E _guardati non credere a 'ndivino,
Ch'elli sa poco, e tu sapresti mino.
Siccome vedi fare al buon vicino
Così appara.
Guardati di non essere adastioso,
Superbo, troppo scarso, nè invidioso ;
Chi non ha forza i ed egli è rigoglioso
Ha poco senno.
Guardati dal giuoco della zara ;
Ch'ella par dolce, e poi ritorna amara ;
Chi troppa la costuma., o chi l'impara
Fa follia,
Tien a mente quello ch'io t'insegno,
Non lo togliare a schifo, nè a disdegno :
Buona è la forza, migliore è lo 'ngegno,
Come lo sento,
Flgliuol, se vuoi usare mercanzia,
Usala con lialtade e cortesia ;
Al tuo compagno non far fellonia,
Nè lo ingannare.
Non esser vago di far saramonto,
Nè per danaro non far tradimento :
L'onor di questo mondo è il vestimento,
Al mio parere.
Poi se viaggio tu volessi fare,
S'al primo colpo non puoi guadagnare,
Vanne con Dio e non ti sgomentare.
Al buon mercato
Con lialtà guadagna dell'avere ;
E se 'l guadagni, sappil mantenere,
Che molte volte el ti potrà valere
Va pur innanzi, quando se' inviato ;
Ch'io ho veduto, e questo s'è provato,
Uomo perdare, e poi s'è dirizzato
A guadagnare.
L'avere face l'uomo riguardare
E fallo ben servire et onorare,
Bene si può vestire e ben calzare
E stare avaglo.
Quando l'uom cade, si si diè ingegnare,
A tutta sua possanza, di levare ;
E non si diè lassare assiderare,
Nè finire :
Per danari si fa torre e palaglo,
Scarlatti, verdi nuvoli et albagio,
E chi non n'ha si fa stare a disagio
La magione.
A campare.
•
Chi' ho veduto questo addivenire ;
A pover uomo gran ricchezza venire;
Ma lo cattivo uom non può salire
Ne rallegrare ;
Or vi dirò che disse Salomone :
Se hai figliuol maschio per nulla stagione,
Or lo gastiga mentre ch'è garzone
E pollo ad arte.
Da questo buono essemplo de' imparare
Tempo è da tacer, tempo è da parlare;
Savio è l'uomo che sa temporeggiare
Colle genti.
E s'elli è buono tu li dai tal parte
Che giammai da lui non ti diparte,
Queste parole son veraci carte
E profezia.
Guardati non usar con frodolenti,
E non istare colli maldicenti :
Partiti da loro, quando li senti,
Egliuolo mio.
E non pigliar di notte lunga via ;
Piglia per tempo buona albergaria :
E quando trovi buona compagnia
Non la lasciare.
Se hai figliuolo, e vedi che sia rio,
Non vi ponare speme, nè desio
Sovra ogni cosa dei amare Iddio
E servire.
Con li ladroni guarda non usare,
Nè loro mercanzia non comperare
Che danno ne potresti guadagnare
E disonore.
Pensa, figliuolo, che tu dei morire ;
E questa è cosa che non può fallire,
Nè appellare si puote, nè fuggire
Questa sentenza.
Non usare coll'uom ch'è traditore
E non ti gareggiar con tuo maggiore,
Nè fare villania al tuo migliore
E noi tradire.
Usa alla chiesa. e sta in penitenza,
Renditi in colpa d'ogni tua fallenza
E non usar di vendere a credenza
Tue derrate :
A cui non servi non li diservire:
A ciascun uomo ti fa ben vclire
Quando hai a far la cosa non dormire,
E non tardare.
Assai son quelli che n'han tolte e date,
E ricevute di male temprate ;
Poi vengono in palese le ghignate
E di nascoso,
Tempo è da vender, tempo è da comprare ;
Quando hai il tempo, saccilo pigliare :
Uom nighittoso non puote avanzare
Sta mendico,
17t
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Intendi, figlio, quello ch'io ti dico
Da poi ch'hai guadagnato un buon amico;
Quel. seppi mantener e col nemico
Non usare.
E guarda quando vieni a favellare;
Pensa e ripensa a quel che vuoi parlare ;
Che la parola non 5i puo stornare,
Quando è ditta.
La rla parola va come sagitta,
E come pietra quand'uomo la gitta :
Assai fiate fa maggior ferita
Che serpente.
Di picciola favilla certamente
N'esce ed avviene grande fuoco ardente :
Però, figliuol, non esser corrente
Accusatore.
(Continua)
Giocchino Gambatesa
•
RITMI
La sera
lentamente
sulla lampada del sole
metie un bigio paralume:
in un soffio di treghiera
che commuove e non si sente
tristi muoiono le viole
ne le brume.
La luce
della fede
più non schiava e non riluce,
guizza e muore spenta al piede
d'una vergine abbrunata,
che con l'anima malata
beve il duolo pertinace: .
j5iange e tace!
*
Pian
la vocina
d'una rana del pantano
si dilunga e s'avvicina;
ed un grillo a la rinfusa
canta e trilla e fa le fusa
ad un suono di campana
più lontana.
Sentiamola
lamentarsi:
è la voce che si sente
quando muore la .seranz.vz,
nella sorte • di quaggiù;
un delirio della mente
quando duolo incalza e avanza
,sil rimPianto ,
Rammenta
il cammino
delle larve abbandonate
sotto un luccichio di stelle.
Sfilan tutte in un momento
e si sj5erdon ne l'oscuro
labirinto (sconsolate
mille ancelle
Callide
del destino,
della sorte di quaggiù!)
Mando dietro al lor cammino
il mio canto solitario •
come un salino mortuario,
come l'eco d'una tomba Triste tomba!
Qragorio
Camini°
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