NO FOOT NO HORSE CALZO O SCALZO? Verità biologiche di massa: dalla pubblicità all’analisi scientifica Lavoro di Maturità anno scolastico 2013/2014 Liceo di Lugano 1 Jennifer Eleonora Keller Docente responsabile: Luca Paltrinieri A MIO PAPÀ MARKUS, CHE PER PRIMO MI HA INTRODOTTA AL MAGICO MONDO DEI CAVALLI. GRAZIE. 2 INDICE Abstract .......................................................................................................................... pag. 4 Introduzione ................................................................................................................ pag. 5-‐7 1. Storia della ferratura e del barefoot ....................................................................... pag. 8-‐11 2. Anatomia del cavallo e dello zoccolo .................................................................... pag. 12-‐19 2.1 Evoluzione ................................................................................................................... 12 2.2 Sistema digerente ................................................................................................... 13-‐14 2.3 Sistema motorio ..................................................................................................... 14-‐19 3. Conseguenze della ferratura sul cavallo ................................................................ pag. 20-‐23 4. Gestione corretta e pareggio ................................................................................ pag. 24-‐28 4.1 Igiene ..................................................................................................................... 24-‐25 4.2 Gestione corretta .................................................................................................... 25-‐27 4.3 Pareggio ................................................................................................................. 27-‐28 5. Parte sperimentale: metodologia e risultati .......................................................... pag. 29-‐36 5.1 Termografia ................................................................................................................. 29 5.2 Metodo di analisi .................................................................................................... 29-‐31 5.2.1 Risultati ........................................................................................................... 30-‐31 5.3 Discussione ............................................................................................................. 31-‐36 6. Conclusioni ........................................................................................................... pag. 37-‐38 Ringraziamenti .............................................................................................................. pag. 39 Bibliografia e sitografia ............................................................................................ pag. 40-‐41 Allegati .................................................................................................................... pag. 42-‐44 3 ABSTRACT Le arti equestri vivono di tradizione. Ogni azione compiuta si è affermata dal suo utilizzo nel tempo, dalla consuetudine. Ogni cambiamento è temuto e si afferma solo molto lentamente. Negli ultimi vent’anni però nel mondo dell’equitazione e nell’ambito della medicina veterinaria equina si è sviluppata una nuova disciplina: il barefoot. Il “barefoot” promuove la conduzione di cavalli scalzi in ogni situazione. Il termine rappresenta anche un concetto molto più ampio che comprende una gestione corretta e rispettosa nei confronti dell’animale. La ricerca scientifica, specialmente in questi ultimi venti anni, ha evidenziato le conseguenze negative della ferratura, tra le quali vi è anche una diminuzione della temperatura dello zoccolo ferrato rispetto a quello scalzo. Il presente lavoro si sviluppa in due fasi. La prima, di ricerca bibliografica, pone l’accento sulla gestione corretta, sull’anatomia del cavallo così come sulla storia della ferratura. La seconda invece, più sperimentale, applica a dei casi reali la tecnica di analisi termografica, in questo caso eseguita sugli arti dei cavalli. Per realizzare la ricerca sperimentale è stata impiegata una termocamera Fluke modello Ti25. Sono state scattate delle termografie ai singoli zoccoli di cavalli ferrati e scalzi. Le immagini così ottenute sono state confrontate tra loro. L’ipotesi iniziale della ricerca è che non vi siano differenze rilevanti tra i piedi dei cavalli scalzi e quelli ferrati. Parallelamente, per confermare tale ipotesi, i dati sono stati sottoposti ad un’analisi statistica. 4 INTRODUZIONE Lo scopo di questo lavoro di maturità è discutere una verità comune, e sicuramente il luogo comune più diffuso nel mondo dell’equitazione è quello che riguarda la ferratura dello zoccolo. La ferratura del cavallo è considerata una pratica tanto normale che è comunemente concepita l'idea che l'animale non possa farne a meno. Su questo, nell'ultimo ventennio, si è riaperta una discussione, iniziata dal veterinario Bracy Clark all'inizio dell'ottocento. Le condizioni attuali di gestione e utilizzo del cavallo insieme ad un rispettoso atteggiamento dell'uomo nei confronti dell'animale hanno permesso di tradurre l'osservazione scientifica in applicazione pratica e la conduzione di cavalli scalzi in ogni situazione. Il primo anno in cui sferrai la mia cavalla tutti i cavalieri della zona mi presero per matta, mi dissero che l’avrei azzoppata, mi assicurarono che era il modo migliore di rovinare una così buona cavalla. Eppure nessun mustang 1 necessita di ferratura o di pareggio periodico. Nessuno di questi cavalli dimostra problemi di andatura o zoppie, come Jaime Jackson (maniscalco e naturalista americano), negli anni 80, ebbe modo di appurare nel loro habitat naturale, il pascolo arido o il deserto sabbioso, che loro hanno ritrovato nel Nevada. Nel suo lavoro di osservazione naturalistica nelle praterie dell'ovest degli Stati Uniti Jaime Jackson ha constatato e riportato nel suo libro The Natural Horse (1992) la assoluta mancanza di zoppie e delle malattie che contraddistinguono il cavallo antropizzato. Jackson poté osservare, annotare ed elaborare statisticamente i dati che caratterizzano lo zoccolo del cavallo rinselvatichito (fig. 1) grazie alla disponibilità e collaborazione del Bureau of Land Management che gestisce le aree popolate dai cavalli selvatici. Il merito di Jackson è stato quello di fornire agli studiosi un modello naturale di zoccolo al quale fare riferimento. Valk, veterinario statunitense, in un'intervista pubblicata nella rivista “The Natural Horse”2, primavera 2013, lamenta la mancanza da parte delle università nella formazione di studenti capaci di utilizzare questo riferimento, lo zoccolo fisiologico. Alla domanda: “Sicché tu non ricevesti un'educazione formale su come si presenta uno zoccolo naturale né elementi sulla sua tecnica di pareggio?” la risposta è stata: “No, almeno, quando io andavo a scuola, non era fatta alcuna menzione sul mantenimento dello zoccolo, il suo pareggio o argomenti correlati3”. 1 Cavallo tornato allo stato brado in seguito alla colonizzazione delle Americhe 2 L’intervistatore fu Steve Herbrock, esercitatore pratico all’università di Albany, Ohio 3 Solo nella quinta edizione dell’Adam’s, grazie all’intervento di Gane Ovnicek, vengono introdotti dei paragrafi relativi al pareggio del piede che dovrà rimanere scalzo e viene dettata la tecnica di pareggio per una ferratura meno invasiva possibile. Il testo è quello più diffuso per lo studio della podologia nelle facoltà di veterinaria di tutto il mondo. 5 Figura 1 Curva della grandezza naturale dello zoccolo del cavallo e del suo angolo (Jackson, 1992). Lo zoccolo equino è una struttura viva e in continua crescita, non dovrebbe essergli negata la funzione. Purtroppo, però, questa credenza della necessità del ferro protettivo è ancora profondamente radicata nella vecchia Europa, anche se è doveroso affermare che il Barefoot Movement sta acquistando sostenitori. “Barefoot Movement e Barefoot Horse Movement sono termini che si stanno affermando per indicare informalmente un recente fenomeno, nato negli U.S.A e attualmente in via di rapida diffusione nel mondo occidentale, basato su un nuovo (o "molto vecchio") punto di vista sulla cura e sulla gestione del cavallo domestico. Il nome deriva dal principio del Barefoot Movement ossia l'uso del cavallo scalzo o sferrato (in inglese barefoot)” (Brollo, 2006). Molte persone che abbandonano la ferratura, per motivi di risparmio o per moda, dichiarando di praticare il barefoot, non hanno le conoscenze necessarie per poter naturalizzare correttamente la gestione. Aiutare il cavallo a stare bene in un ambiente più simile a quello naturale non vuol dire lasciarlo a sé stesso in un pascolo spesso fangoso e umido. Le conseguenze sono cavalli con unghie sciupate, lunghe e deformate non consumate da sufficiente movimento o dall'azione compensativa dell'uomo attraverso il pareggio. Per gestione naturale s'intende l'insieme delle norme igieniche, movimento, socializzazione ed un'alimentazione semplice e ricca di fibre pertinente ad un erbivoro (Belmonte, 2009). 6 “No foot, no horse” (senza il piede non c’è cavallo) è un’antica massima di Senofonte, generale ateniese, che mi disse un giorno un pareggiatore4. Questa massima vuole portare l’attenzione di ogni proprietario di cavalli sull’importanza di un piede forte ed adatto ad ogni circostanza. Attraverso una corretta gestione si può ottenere quello che per un tempo limitato si ottiene “proteggendo” lo zoccolo con una ferratura continua. I risultati della ferratura continua e di una cattiva gestione, come ho avuto modo di constatare personalmente, si traducono poi in situazioni che richiedono l’intervento veterinario. I cavalli scalzi che necessitano di cure sono davvero pochi, ecco perché ho deciso di far parte del Barefoot Movement e di contribuire con il mio lavoro alla sua diffusione. Lo svolgimento dello scritto si svilupperà teoricamente e praticamente. Nella prima verrà trattata la storiografia dell'interazione uomo-‐cavallo in relazione agli zoccoli dell'animale, poi approfondita l'anatomia e infine le patologie dello zoccolo, i problemi legati alla ferratura, le soluzioni e i risultati che si possono ottenere attraverso una buona gestione. Nella parte pratica invece, grazie alla tecnica della termografia, farò un'analisi di tipo qualitativo e statistico fotografando piedi di cavalli scalzi e ferrati e analizzando le termografie. 4 Per pareggiatore si intende colui che riporta il piede del cavallo alle sue dimensioni naturali tenendo conto della relazione che deve intercorrere tra le varie strutture che costituiscono il piede. In inglese la parola utilizzata è trimmer, molto più pertinente. Significa “regolatore”. Il pareggio è più proprio della preparazione dello zoccolo all’applicazione del ferro. Il maniscalco con il pareggio realizza un piano di preparazione dello zoccolo all’applicazione del ferro. Il pareggiatore rispetta la struttura tridimensionale dello zoccolo che presenta concavità sia sull’asse longitudinale che trasverso. 7 1. STORIA DELLA FERRATURA E DEL BAREFOOT Questo capitolo è stato scritto facendo riferimento a tre opere scritte da tre autori diversi: Fleming (1896), Strasser (1999), Sestili (2006). Il valore del cavallo come macchina da lavoro vivente è dipeso in particolar modo dai suoi piedi e alcuni affermano che senza il cavallo l’umanità non avrebbe certamente raggiunto il suo attuale stato di evoluzione. Non si può conoscere con esattezza dove e quando per la prima volta il cavallo sia stato portato dalla condizione di animale preda ad quella di macchina da lavoro, ma si suppone fosse attorno a 5000 anni fa. La prima ferratura è e viene tutt'ora comunemente attribuita alle popolazioni celtiche, esperte nella lavorazione del metallo. Tuttavia il ricercatore svizzero Walter Drack poté attribuire data certa a quelli che erano supposti manufatti celti, comparandoli con ferri di datazione precisa tra il 900 e il 1500 d. C. (Strasser, 1999). Quindi fino al Medioevo non si hanno evidenze di ferratura. Si può percorre in modo più dettagliato la storia dell’origine della ferratura attraverso gli scritti e le fonti pervenutici dagli antichi. È certo che già gli antichi indoeuropei più di 3000 anni fa hanno addestrato, allevato e utilizzato il cavallo. Nei dipinti dell’antico Egitto e nelle sculture assire, molto minuziosi e precisi, non c’è traccia di una protezione per lo zoccolo e non è stato trovato alcun reperto archeologico riconducibile all’utilizzo di un ferro di cavallo. Nel mondo greco-‐romano il cavallo veniva usato per il lavoro, per la guerra e per le corse sportive, nelle quali venivano impiegati cavalli fino a vent’anni, un’età eccezionale se paragonata a quella dei cavalli odierni, i quali, a dieci anni, sono ormai alla fine della loro carriera. Quasi tutti gli antichi scrittori greci, quando nei loro testi scrivevano di cavalli, davano un importante peso al suo zoccolo. Se questo aveva un qualche difetto il cavallo non era utilizzabile, poco importava quanto fosse bello o ben conformato, o se la sua genealogia fosse la migliore, l’animale era scartato. Senofonte spiega diffusamente quanto essenziale fosse anche al suo tempo che il cavallo avesse un buon piede: non ci sarebbe stato alcun profitto in un cavallo da guerra se le sue fondamenta non fossero state solide. Lo zoccolo deve avere “unghie spesse e risuonare come un cembalo” come scrisse Simone nei Frammenti attorno al 400 a. C. Dall'antico generale e filosofo si trae la massima che sta guidando questo lavoro di maturità: “no foot, no horse”. Con lo sviluppo della civiltà antica anche l’utilizzo del cavallo acquisisce sempre maggiore importanza e molti antichi autori ne hanno apprezzato le qualità e si sono dedicati alla loro cura, primo fra tutti il generale Senofonte, menzionato poc’anzi. 8 A supporto di questa tesi si possono leggere altri testi del filosofo nei quali descrive minuziosamente l’animale, il fantino e le loro armature e non si trova alcun particolare che si riferisca ad una protezione applicata sullo zoccolo: l’importanza della protezione di testa, costato, spalle e groppa è largamente trattata, lo stesso non accade per gli zoccoli. Si potrebbe contestare la veridicità delle affermazioni precedenti citando un passaggio de Iliade di Omero, che, in una traduzione risalente al dodicesimo secolo canta di un “piede d’ottone” interpretato come zoccolo ferrato. Proprio perché la traduzione risale ad secolo così tardivo si può affermare che sia il traduttore che lo abbia reso il questa maniera perché a lui la ferratura era conosciuta (è utile ricordare che le opere che venivano copiate erano spesso ricche di errori e aggiunte interpretative personali dei copisti). Non c’è quindi alcun fondamento per affermare che gli antichi greci ferrassero i loro cavalli. Lo stesso ragionamento vale per autori greci successivi al poeta de l’Iliade e l’Odissea: nei loro scritti non si può trovare alcun riferimento all’utilizzo di protezioni metalliche. La maggiore evidenza a favore della non conoscenza della ferratura in questo popolo viene data sempre da Senofonte nei cui discorsi vengono menzionate metodologie per la cura dello zoccolo del cavallo, per il suo mantenimento e la stabulazione, il tipo di terreno e il tipo di lettiera, specialmente per gli esemplari dei soldati. Nessuna menzione di un ferro di cavallo, ma anzi l’affermazione che “bisogna prestare attenzione ai loro piedi, così che possano [i cavalli] essere in condizione di essere montati persino su un terreno aspro” facendoli stabulare su terreni poveri e asciutti con pietre di varie grandezze al fine di indurire i loro fettoni. Senofonte richiamava la massima attenzione sulla qualità del terreno sul quale il cavallo doveva passare la maggior parte del suo tempo libero. Questo terreno doveva essere aggressivo e simulare il campo di battaglia più aspro che si potesse trovare. Raccomandava di scaricare una gran quantità di pietre, di cui dava anche la dimensione (1 dima), nell'area in cui all'animale venivano dati cibo ed acqua. In questo modo il cavallo era costretto a condizionare i suoi zoccoli forti e resistenti. Cit. “Stando su queste [pietre] infatti il cavallo potrebbe camminare continuamente per una parte del giorno come su una strada sassosa.” (Senofonte, attorno al 400 a.C., capo IV del trattato Sull'equitazione). Gli antichi romani, a differenza degli antichi greci, non avevano immediatamente fondato la forza della loro civiltà sull’utilizzo del cavallo e quindi la conoscenza di questo animale avvenne per gradi. Inizialmente e per un lungo periodo le conquiste romane furono dovute alla fanteria, ma non appena fu chiaro a tutti i vantaggi che si sarebbero potuti trarre dall'utilizzo di questo animale in guerra la strategia delle battaglie fu impostata sulla mobilità della cavalleria. Similmente a quanto elaborato per l'antica Grecia, attraverso gli autori dell'epoca e i reperti archeologici si può concludere che nemmeno gli antichi romani usavano protezioni metalliche per gli zoccoli dei loro animali. Nessun ferro di cavallo è stato mai trovato in un accampamento romano. La più lunga trincea costruita dai romani, il Vallo Adriano, ne è un esempio. Gaio Plinio Secondo (60 d.C.), un importante cronista storico e comandante di un corpo di cavalleria nell'antico Impero Romano, molto minuzioso e preciso, scrive in una sua opera dell'invenzione delle scarpe per i piedi delle persone, ma non fa alcuna menzione riguardante l'invenzione o l'estensione dell'utilizzo di queste scarpe anche per il cavallo. 9 Marcus Varro, un altro uomo di cavalli e soldato romano, illustra attraverso un libro i dettagli e le qualità ai quali un acquirente deve prestare particolare attenzione: il più importante riguarda gli zoccoli. Per il romano i piedi del cavallo devono essere forti, requisito fondamentale per un animale scalzo. L'epiteto “piede d'ottone” viene continuamente menzionato nei poemi ma non si riferisce ad una protezione metallica bensì al suono che lo zoccolo doveva fare quando batteva sul selciato, sinonimo di forza e resistenza. Oggi al suo posto si usa il termine sound. Addirittura le strade costruite dai romani, delle quali rimangono ancora alcuni tratti, sono una prova della non conoscenza di un modello di protezione per il piede equino. Esse, infatti, venivano costruite con un primo strato di sabbia, terra, sassi, brecciolina e pietre poi compattati e il tutto veniva cementato. Infine veniva ricoperto dalle grosse pietre piatte che costituivano il fondo stradale principale. Queste grosse pietre, che nei pressi di Roma erano in granito, sono estremamente scivolose per un cavallo ferrato, che siano asciutte o bagnate e quindi gli sposamenti sarebbero dovuti essere estremamente lenti. Invece, grazie ai rapporti militari e ai corrieri imperiali, si è consapevoli della rapidità delle comunicazioni dell'epoca. Columella di Cadiz (40 d.C.), scrittore romano di agricoltura, fornisce un preciso profilo di medicina veterinaria come era conosciuta a quei tempi. Egli spiega della particolare attenzione che il proprietario doveva prestare alle condizioni igieniche della stalla il cui fondo doveva essere asciutto e costituito di materiale resistente e aspro. Raccomandava l'uso di forti assi di quercia fittamente disposte affinché potessero irrobustire gli zoccoli degli animali. Inoltre sempre lo stesso autore consiglia di portare i puledri dal primo anno in montagna o in un luogo inospitale allo scopo di renderli resistenti ai lunghi viaggi. Un importante veterinario, Vegeto Renato (480 d.C.), del quale si possiede uno dei migliori trattati in medicina descrive tutte le malattie e gli incidenti ai quali poteva potenzialmente andare incontro ogni esemplare equino in quegli anni. Egli scrive di tendiniti e laminiti (allora chiamata “mal dell'orzo”), senza mai nominare i ferri (di cavallo) né tra le cause, né tra le cure. Consiglia invece dei trattamenti preventivi per garantire la salute dei cavalli dopo lunghi viaggi attraverso la minuziosa osservazione dei loro piedi, i lavaggi con acqua e le frizioni con ontano per nutrirle lo zoccolo. La statua equestre di Marco Aurelio, morto nel 180 d. C., mostra un cavallo con piedi scalzi. “Poiché lo scultore rappresentò ogni dettaglio del cavallo e del cavaliere molto accuratamente e dettagliatamente, non ne avrebbe certamente tralasciato un dettaglio così importante come una protezione dello zoccolo” (Strasser, 1999). È stata così ben realizzata che osservandola attentamente è possibile riconoscere le cerchiature dovute sicuramente ad una recente infiammazione di origine alimentare. Anche in Cina il cavallo veniva largamente impiegato (sono infatti i cinesi ad inventare le staffe), ma non si hanno notizie di ferratura: i cavalli cinesi percorrevano 85000 km di strade completamente scalzi. Nessuna popolazione orientale conosceva l'arte della ferratura, nemmeno in tempi odierni. Popolazioni seminomadi percorrono migliaia di chilometri con le loro resistenti cavalcature 10 dotate di piedi naturali. Per questo motivo si può affermare che la ferratura è un fenomeno europeo, poi esportato nelle Americhe in seguito alla loro conquista. Probabilmente nel Medioevo, nel periodo dell'incastellamento, a causa delle pessime condizioni igieniche di gestione, inizia a diffondersi la pratica della ferratura. A causa della mancanza di fonti scritte non si sa esattamente dove e quando, ma per la prima volta nella loro storia di animali domestici i cavalli venivano tenuti nelle stalle dei castelli. Lo zoccolo era quindi costantemente a contatto con le deiezioni. L'ambiente basico (causato dalla presenza di ammoniaca) determina la degradazione dei tessuti del piede. Si introduce così il ferro chiodato, che costituisce un’arma a doppio vantaggio: i cavalli sono in grado di correre nonostante le condizioni degli zoccoli e, lasciando i chiodi sporgere al di fuori della muraglia, la corsa attraverso il campo di battaglia diventa ancora più pericolosa. Con la rivoluzione industriale il cavallo è stato progressivamente sostituito dal cavallo vapore (CV). Da allora la ferratura del cavallo è diventata una consuetudine e al giorno d’oggi i cavalli vengono ferrati, ma nessuno ne conosce più il motivo. Diventato un attrezzo sportivo, su terreni preparati ed in grado di essere alimentato secondo la sua natura, la ferratura, già considerata dai veterinari dell'ottocento come Bracy Clark un male necessario, è diventata un inutile danno. Inoltre in quei secoli la ferratura però non era mai continua ma intervallata da periodi di riposo e recupero. Si giunge così alla (ri)scoperta del barefoot avvenuta quasi contemporaneamente e con scoperte e risultati simili in due parti del mondo completamente diverse: Germania e U.S.A. I fondatori del movimento barefoot sono la dottoressa Hiltrud Strasser in Germania (1979) e il maniscalco Jaime Jackson negli Stati Uniti (1982). Questo non significa che prima dei due fondatori originali non ci fossero cavalli scalzi. Alcuni veterinari promuovevano la sferratura definitiva dei cavalli sostenendone gli effetti dannosi. Purtroppo i tempi non erano maturi affinché una tale soluzione potesse essere praticabile: per quell'epoca il cavallo era considerato un mezzo e come tale andava utilizzato senza riguardo alle sua condizione. Oggigiorno, se ci fosse il bisogno di “protezione”, i materiali e la tecnologia ci permetterebbero di superare la ferratura. Plastiche, resine e scarpette possono essere validamente utilizzate, minimizzando i danni determinati dall'inchiodatura del ferro che ostacola i movimenti dello zoccolo ed il suo “meccanismo”. 11 2. ANATOMIA DEL CAVALLO 2.1 EVOLUZIONE Il cavallo è un quadrupede ungulato (Equus caballus) il cui primo antenato fu l’Hyracotherium anche chiamato Eohippus circa 60-‐55 mio di anni fa. L’Hyracotherium era un animale grande all’incirca come una volpe (25-‐45cm) con quattro dita uguali negli anteriori e tre nei posteriori e viveva in aree palustri nutrendosi di vegetazione. Questo piccolo antenato del cavallo non aveva ancora gli occhi posti lateralmente e non aveva quindi una visuale così ampia dello spazio circostante. Gli stadi di evoluzione successivi furono quelli di Mesohippus, vissuto circa 40 mio di anni fa, e Miohippus, 25 mio, mammiferi più pesanti e con sole tre dita per ogni arto, mentre nel Parahippus e Mercyhippus, simili ai due antenati citati prima, solamente una delle tre dita appoggia al suolo. Con il Pliohippus (5 mio di anni fa) cominciano ad essere espliciti tutti quei cambiamenti che sono tutt’ora presenti nel cavallo moderno: gli arti si trasformano completamente come pure la dentatura e le dimensioni aumentano considerevolmente (Kent, 1969). Figura 2 Aumento e declino della popolazione di cavalli selvaggi in Nord America Il cavallo, in seguito al ritiro dei ghiacci dopo l'ultima glaciazione (Würm), risentì dell'abbondanza di pascoli molto ricchi di fruttani, ciò probabilmente contribuì alla sua estinzione in Nord America (cap. 2.2). Recentemente, dopo la sua reintroduzione da parte degli spagnoli, i capi eventualmente scappati o liberati trovarono nelle grandi pianure, plains, l'ambiente caratteristico della loro evoluzione: le steppe euroasiatiche. Poco cibo scarsamente energetico, quindi a basso contenuto di zuccheri semplici, sparso e raro in grandi spazi (Jackson, 1992). 12 2.2 SISTEMA DIGERENTE Il cavallo è un erbivoro. Il suo stomaco è molto piccolo e l'intestino molto lungo. Questo determina la necessità di assunzione del cibo in piccole quantità continuamente nel tempo. Mentre in altri mammiferi la produzione di acido cloridrico (HCl) da parte delle cellule del fondo dello stomaco avviene in concomitanza con l'assunzione del cibo, nel cavallo questa avviene in modo continuo. Periodi di digiuno determinano la presenza di acido cloridrico non utilizzato nello stomaco che con il movimento supera la plica5ulcerando la parete della parte superiore dello stomaco. Figura 3 Le due aree dello stomaco: in giallo l'area non-‐ ghiandolare, ricoperta di epitelio squamoso, in arancione la parte ghiandolare, ricoperta di epitelio ghiandolare in grado di resistere all'azione degli acidi prodotti (Ramey, 2011). La diagnosi dell'ulcera presuppone l'endoscopia e la sedazione, quindi l'intervento veterinario. La maggior parte dei veterinari non sono attrezzati per la diagnostica per immagini. L'interpretazione delle immagini presuppone un addestramento che molti non hanno. Quindi, indirettamente, la diagnostica delle ulcere presuppone il trasporto in una struttura specializzata. Molti cavalli sono alimentati a pasto e la diffusione di ulcere non diagnosticate è elevata. Spesso il comportamento in opposizione del cavallo che rifiuta il salto o semplicemente di muoversi è determinato proprio dal dolore provocato dalle ulcere. Questo comportamento viene inteso come indisponenza o cattiva disposizione al lavoro e punito con imboccature severe o punizioni di ogni genere (Cook, 2003). L'assunzione di cibi che transitano velocemente nello stomaco, in genere tutti i concentrati, fa sì che l'acido cloridrico transiti nella parte iniziale dell'intestino: il duodeno. Viene così acidificata una zona che normalmente è a pH basico e si provocano le ulcere intestinali. Le ulcere intestinali sono ancora più difficilmente diagnosticabili. L’assunzione di concentrati provoca ulteriori danni. Nell'intestino batteri simbionti provvedono alla digestione di alimenti altrimenti non utilizzabili, carboidrati strutturati in lunghe catene: la fibra. Gli zuccheri semplici, come glucosio e fruttani, vengono assunti come alimento da una flora batterica differente che li trasforma in energia e dà come prodotto l'acido lattico6 . L'acido lattico riduce il pH intestinale. Di conseguenza si hanno spreco di risorse, acidificazione, proliferazione della flora batterica che usa gli zuccheri semplici come fonte di energia, sofferenza e morte della flora intestinale che sarebbe in grado di predigerire la fibra. Mentre la 5 La plica è la zona di separazione tra la parte bassa e la parte alta dello stomaco. 6 L’acido lattico è un prodotto intermedio del catabolismo degli zuccheri ancora ad alto contenuto energetico. Si tratta della fermentazione lattica in anaerobiosi. 13 morte dei batteri simbionti libera nell'intestino una grande quantità di pezzi di membrane fosfolipidiche che hanno un effetto tossico7: il sistema “cavallo” è denutrito perché privato di coloro che provvedono ad aiutarlo nella digestione degli alimenti naturali. Si può fare un parallelo con il motore della macchina, progettato per un certo tipo di carburante. Se lo rifornisco con un carburante diverso il motore non ha lo stesso rendimento ed è sottoposto ad un'usura precoce. Un cavallo ferrato risente di una circolazione difettosa a livello dello zoccolo e questo gli conferisce un’inferiore capacità di ripresa e resistenza alle infiammazioni rispetto ad un cavallo scalzo. L'alterazione del metabolismo e l'intossicazione provocano infiammazione e una ricaduta diretta sull'epidermide. La capsula cornea è epidermide modificata come l'unghia e il capello. Il contatto con il terreno e le forze cui è sottoposta determinano gravi danni che permangono al cessare della causa (Ramey, 2006; Teskey, 2006). 2.3 SISTEMA MOTORIO Figura 4 Apparato dei legamenti sospensori visto da dietro (Rooney, 1973). Il cavallo è un animale gregario, nomade e il suo ambiente naturale è la steppa semi-‐arida: queste caratteristiche si rispecchiano precisamente nella sua struttura. Animale da preda, trova nella fuga la sua salvezza. I suoi arti ed il suo piede sono specializzati per l'accelerazione bruciante per alcune centinaia di metri. 7 Poiché le ricerche in questo ambito sono molto recenti le modalità con le quali queste membrane giungono allo zoccolo e interagiscono con la sua epidermide non è ancora chiaro 14 Le estremità anteriori e posteriori hanno perduto nella parte distale al carpo ed al tarso gran parte degli elementi strutturali a favore di pochi che terminano con la terza falange del dito medio ricoperta da una struttura rigida in grado di trasferire efficacemente la spinta. Quella che è comunemente chiamata zoccolo (Kent, 1969; Rooney, 1973). Gli arti hanno perso nella loro parte terminale gran parte della muscolatura. Il legamento sospensore conserva al suo interno fibre muscolari che hanno la funzione di smorzare le vibrazioni causate dall'impatto con il terreno. Figura 5 Confronto tra l'arto umano e l'arto equino. Le falangi della mano colorate sono le falangi scomparse nel cavallo durante l’evoluzione (Rooney, 1973). )00)& !"0%)#"($& (-1.)& )00)& !"0%)#"($& +)#%)& !"#$%$&'$(()& *)++)()& ,-#".(/"&$0%$#1"& )00)&1"6/+)("#$& %$1'/1$&5$00)#$& !#)3)1')& %$#*"& 3"("1.$& +-0+/1$4)&'/./%"($& ,-#".(/"&/1%$#1"& (/1$"&'$(&!$()& (/1$"& 2/"1+"& "!/+$&'$(& 0-)("&& 3$4)1$& 3$4)1$& Figura 6 Asse digitale: osso pastorale lungo, osso pastorale corto, terza falange (http://www.all-‐ natural-‐horse-‐care.com/barefoot-‐hoof-‐diagrams.html). 15 Con riferimento alla nostra mano e al nostro piede permangono soltanto il dito medio e rudimenti di anulare e indice che non arrivano fino a terra. Il dito medio è costutuito da tre ossa allineate che prendono il nome di asse digitale. Digitale è un termine ricorrente. Si troverà quindi arteria digitale, asse digitale, cuscinetto digitale, ecc. All'interno della capsula cornea (zoccolo) troviamo la terza falange, le cartilagini alari e il derma che le riveste oltre ai vasi sanguigni e le terminazioni nervose. L'articolazione tra terza e seconda falange è allineata con la linea del pelo8, in inglese hairline (vedi fig. 6). La terza falange e tutto l'insieme dello zoccolo possono essere flessi o estesi dal tendine estensore e dai tendini flessori superficiale e profondo. Il piede del cavallo è un organo di locomozione e propulsione; le strutture deformate elasticamente dal carico restituiscono parte dell’energia immagazzinata contribuendo all’avanzamento mentre il resto viene dissipato sotto forma di calore. Ad ogni parte del piede verrà assegnata una funzione. L'attribuzione delle funzioni in questo documento è il frutto della lettura di pubblicazioni del professor Robert Bowker dell'università statale del Michigan e dell'ascolto delle lezioni tenute dal Dr. Franco Belmonte, entrambi membri dell' American Hoof Association (AHA)9. Alla parete, forte ed elastica, viene attribuita la funzione primaria di protezione delle strutture interne e recupero dalla deformazione elastica causata dall'applicazione del peso all'appoggio dell'arto al suolo. Alla suola, di forma leggermente concava come un soffitto a volta, si associa la funzione principale di sostegno del peso del cavallo immaginato su terreno sodo ma leggermente penetrabile. La parete come un contrafforte ne limita e arresta il cedimento verso il basso. Al fettone, di materiale meno denso, si dà il ruolo di cerniera tra i due lati della parete. Di materiale facilmente deformabile ne segue gli spostamenti. In esso sono presenti molte terminazioni nervose. Alle barre, introflessione della parete, la realizzazione del necessario collegamento fisico strutturale. Arrestano, venendo a contatto con il terreno, il movimento della suola verso il basso. La parte anteriore del piede ha il suo fondamento strutturale nella terza falange, rigida e quindi atta all'applicazione della spinta. La parte posteriore del piede ha il suo fondamento strutturale nelle cartilagini alari, estruse dalla terza falange, cartilaginee ed elastiche, capaci di deformarsi all'impatto e su terreni mossi evitando così le storte. Le cartilagini alari, spesse e robuste sono connesse tra loro a formare una trave. Supportano al loro interno una fitta rete vascolare che ha lo stesso significato del radiatore di un'auto. Viene 8 La linea del pelo, o corona, è la zona immediatamente soprastante lo zoccolo L’American Hoof Association (AHA) riunisce intorno a Pete Ramey una cinquantina di intellettuali, ricercatori, insegnanti universitari e professionisti che operano in vari settori del mondo dell’equitazione. L’advisory panel comprende Bowkel, Taylor, Kellon, Teskey, Ridgway. 9 16 dissipata una parte dell'energia causata dall'impatto in calore, il fluido di raffreddamento è il sangue. Sottostante al trave cartilagineo si trova un cuscinetto, detto digitale, che connette le cartilagini alari. Si tratta di un tessuto adiposo e fibroso allo stesso tempo nel quale trovano posto la maggior parte delle terminazioni nervose libere e i corpuscoli del Pacini e del Ruffini. Tramite queste, il cavallo è consapevole della posizione dello zoccolo nello spazio e della consistenza e tipologia del terreno. Figura 7 Cartilagini alari. Sezioni dei piedi di due cavalli relativamente sani (Ramey, 2011). All'applicazione del peso, lo zoccolo si deforma elasticamente. Si possono identificare tre movimenti: l'allontanamento dei talloni uno dall'altro al momento dell'impatto con un aumento di volume della capsula, la distensione tra cartilagini alari e terza falange (come su uno sci da fondo), la deformazione della parete che, sotto pressione, assume una forma convessa. L'insieme di queste deformazioni e movimenti fa aumentare il volume della capsula andando così a creare una depressione, di conseguenza il sangue viene richiamato all'interno della stessa. Poiché all'allontanamento dei talloni corrisponde una riduzione di sezione in corona si realizza un blocco idraulico e tutto il cavallo rimane in appoggio su di esso. Il derma frapposto tra suola e superficie palmare o plantare10 della terza falange è fortemente vascolarizzato e il sangue intrappolato in esso si interpone fra suola e terza falange che, entrambi rigidi, altrimenti si lesionerebbero a vicenda. L'insieme di questi movimenti prende il nome di meccanismo dello zoccolo, Hoof Mechanism. Pur attribuendo una funzione magari diversa alle varie parti il meccanismo era noto a Bracy Clark già agli inizi dell'ottocento. Per questo a suo tempo Clark fu così duramente contrario ad ogni tecnica di ferratura. Arrivò ad inventare un ferro le cui due binde11 erano incernierate in 10 Fanno riferimento al palmo della mano e del piede umani. Quindi palmare si riferisce alla terza falange anteriore e plantare alla terza falange degli arti posteriori. 11 Normalmente il ferro è simmetrico, e le due metà vengono chiamate binde 17 punta per permettere l'allontanamento delle pareti l'una dall'altra che però non ebbe alcuna applicazione. L’ossatura e la muscolatura del cavallo possono quindi potenzialmente permettergli di percorrere chilometri al giorno, come realmente fanno i cavalli bradi o semi-‐bradi, che camminano per circa 16 ore al giorno alla ricerca di cibo e acqua. Il cavallo, essendo un animale da fuga, ha sviluppato un sistema che gli permette di poter sonnecchiare in piedi garantendogli in questo modo la possibilità di scappare immediatamente. A partire dal carpo per gli anteriori e dal calcaneo nei posteriori il cavallo non ha virtualmente muscolatura ma solo tendini e legamenti. Al ginocchio un sistema che vede interessata la patella e le altre ossa può realizzare un blocco articolare che consente al cavallo la stazione eretta con minimo sforzo muscolare. È eccezionale osservare che tutto il peso del cavallo (dai 350 ai 1100kg a seconda della razza) appoggi su quattro delicate zampe che terminano con quattro resistentissimi zoccoli. Le strutture che sostengono tutto il peso dell’animale sono frutto di un equilibrio preciso tra le articolazioni orientate con un certo angolo rispetto alla perpendicolare al suolo. Un cambiamento di questo equilibrio, per esempio utilizzando un ferro, può rovinarlo e, con il passare del tempo, causare dei danni a tendini e legamenti, come spesso accade. L'equilibrio è alterato dal ferro perché impedisce i tre movimenti dello zoccolo, riducendo la circolazione e allungando indirettamente la capsula cornea. L'argomento verrà approfondito nel capitolo sulle conseguenze della ferratura sul cavallo (Rooney, 1981). Nella figura 6 è reso esplicito il ragionamento appena fatto: attraverso l’osservazione delle ossa della terza falange, il navicolare, la seconda falange e la prima falange, risulta chiara l’armonia che deve essere presente poiché sono tre piccole ossa che sostengono il peso dell’animale. La terza falange e la parete sono separate da un derma che è provvisto di creste che aumentano notevolmente la superficie di contatto tra un tessuto e l'altro e l'aderenza. Nel derma che circonda la terza falange del piede del cavallo le creste sono più pronunciate rispetto a quelle del palmo della nostra mano e la superficie ulteriormente accresciuta da creste secondarie come nell'epitelio intestinale. La parte epidermica di questo tessuto connettivo, che prende il nome di tessuto laminale, arriva fino a terra tra parete e suola ed è denominato impropriamente12 linea bianca (White Line) e la si può osservare nella figura 8. 12 Impropriamente poiché di colore giallognolo 18 Figura 8 Vista palmare dello zoccolo (The Natural Horse). L'infiammazione del tessuto connettivo all'interno dello zoccolo causato da alterazioni metaboliche è generalizzata. L'esito visibile da parte dell'osservatore riguarda la parete dello zoccolo. Calore, tumefazione, arrossamento, difficoltà a muoversi, rappresentano i segni comuni. A questo stadio, questa particolare infiammazione prende il nome di laminite. Essa può risolversi o meno. Se perdura nel tempo non risolta dall'animale o tramite l'intervento dell'uomo si evidenzia prima di tutto con una deviazione della parete dello zoccolo: rotazione o founder in inglese. Mentre la parte alta dello zoccolo, prima della deviazione, è ancora saldamente connessa, tramite il tessuto connettivo alla terza falange, la parte inferiore risulta come disancorata. Non vi è più relazione stretta tra le parti, il piede è più lungo, la forza esercitata sulla parete alla punta da parte del terreno maggiore. La rotazione tra capsula e terza falange aumenta con il progredire del deterioramento del tessuto connettivo fino al completo distacco e sprofondamento del cavallo all'interno della capsula, il cosiddetto sinker. Il movimento relativo tra capsula e terza falange è reso possibile dal deterioramento del tessuto connettivo causato da alterazioni del metabolismo. La forza che le separa è identificata nella forza di reazione del terreno all'applicazione del peso (Ramey, Bowker, 2006; Jackson, 1992; Strasser, 1999). La mascalcia13 tradizionale vede come causa della rotazione della terza falange rispetto alla capsula, al posto della forza di reazione del terreno al peso applicata alla punta dello zoccolo, la trazione esercitata dal tendine flessore profondo che si inserisce nella terza falange. Le due visioni comportano tecniche di riabilitazione completamente differenti. 13 La mascalcia tradizionale è l’arte del pareggio e della ferratura del cavallo eseguita da un maniscalco. 19 3. CONSEGUENZE DELLA FERRATURA SUL CAVALLO Le osservazioni che seguono sono il frutto degli studi di molteplici autori negli ultimi due secoli, iniziando con il veterinario Bracy Clark a inizio ottocento e finendo con le ricerche compiute negli ultimi venti anni dal veterinario Robert Bowker, direttore del laboratorio di podologia alla facoltà di veterinaria dell'università statale del Michigan. La materia è stata sviluppata non solo da veterinari ma anche da naturalisti e fisici che non risentono, come i veterinari, dello studio spesso deviato e preconcetto. A tal proposito la Dr.ssa Hiltrud Strasser scrive nel suo libro Shoeing: a necessary evil: “ [...] oggi a 200 anni di distanza i testi e i libri di riferimento sono pieni di immagini di zoccoli patologici senza alcuna menzione di zoccoli realmente funzionali e corretti. Questo determina un'universale incapacità a comprendere le cause della zoppia […] ma non c'è spazio in questo libro per mostrare la moltitudine di questi piedi deformi rappresentati come anatomicamente corretti. Non è mia intenzione svergognare o imbarazzare questi autori, quel che voglio dire è che non sempre ciò che è scritto e illustrato nei libri di testo di anatomia e cura dello zoccolo è corretto. Occhio critico e indipendenza di pensiero sono necessari se si desidera scoprire la verità nella materia. Ma se non nei libri dove dobbiamo cercare la verità? […] Un modo per raggiungere la comprensione di come uno zoccolo dovrebbe essere è studiare il cavallo selvatico ed apprezzare le differenze determinate dall'adattamento a terreni differenti. […] Questo è ciò che ha fatto Jaime Jackson grazie ai suoi studi sui mustang” (Strasser, 1999). Oltre a questa autrice e veterinaria anche il Dr. Valk (2013) e lamenta il deficit di istruzione dei veterinari, così come altri medici, tra cui Tomas Teskey (2005)14. Di seguito vengono riportate quelle che sono considerate le maggiori cause di danno determinate dalla ferratura, soprattutto se eseguita ad intervalli non regolari e lontane nel tempo una dall'altra. La ricerca è stata svolta dalla Dr.ssa Strasser (1999), dal Dr. Bowker (in un periodo che copre gli ultimi venti anni) e da numerosi altri veterinari: 1. MECCANICA. L'applicazione di un ferro all'estremità della zampa del cavallo ne modifica la lunghezza ed il peso. Questo ha una conseguenza diretta sull’inerzia e sull'andatura. Lo zoccolo è relativamente corto (tra i 6 e i 9cm) e l'applicazione di un ferro dell'ordine di 1cm di spessore modifica il braccio (distanza tra centro dell'articolazione tra terza e seconda falange ed estremità dello zoccolo) di circa il 10%. Il passo diventa più lungo e più rilevato del normale. Per visualizzare l'andatura basta pensare a come una persona camminerebbe se dovesse calzare un paio di scarpe troppo lunghe o addirittura delle pinne. Il peso a sua volta modifica l’inerzia e di conseguenza rende lo zoccolo più 14 Tomas Teskey ha scritto un articolo nel quale tratta dell’argomento nel “Journal of Equine Veterinary Science” 20 difficilmente controllabile per il cavallo il quale, in gergo, si tocca: ossia la punta dello zoccolo posteriore va ad urtare i glomi15 dell’anteriore. 2. MECCANISMO DELLO ZOCCOLO. Il primo movimento dello zoccolo consiste nell' espansione dello zoccolo sotto carico. L'entità della deformazione elastica aumenta dalla punta verso i talloni. Consci di questo, o perché così istruiti, i maniscalchi inchiodano il ferro lasciando libera la parte posteriore del piede che di conseguenza è libera di scivolare sulle binde del ferro. La parte anteriore è comunque bloccata e in corrispondenza del chiodo più arretrato si crea una tensione che è causa di fratture classiche della capsula cornea. Figura 9 Setola dei quarti. (Rooney, 1973) 3. PERFUSIONE. Il limitato o assente “movimento” dello zoccolo (a dipendenza della tecnica di ferratura impiegata) limita l'ingresso del sangue nella capsula che non può aumentare di volume e creare la depressione. I tessuti all'interno della capsula sono, di conseguenza, meno nutriti ed ossigenati. La quantità di sangue che entra nello zoccolo è proporzionale al solo lavoro del cuore che ne risulta affaticato. È da notare che alle gare di endurance16, al controllo veterinario, i cavalli scalzi dimostrano un numero di battiti mediamente inferiore a quello dei cavalli ferrati. Inoltre, la dimensione relativa del cuore di un cavallo è più piccola di quella di altri mammiferi perché è presupposto un lavoro di pompaggio determinato dal meccanismo dello zoccolo ad ogni appoggio. Nelle gare di galoppo molti cavalli ferrati muoiono d'infarto a causa dell'eccessivo lavoro del cuore17. 4. DANNI AL DERMA. Diretta conseguenza della minor perfusione è il danno al derma. Esso è diretto, a causa del minor nutrimento e ossigenazione e indiretto, a causa dell'insufficiente liquido idraulico (rappresentato dal sangue) interposto tra suola e terza falange ed in altri settori. 15 I glomi sono due bozze rilevate che si trovano sopra la corona nella parte posteriore dello zoccolo L’endurance è una disciplina nella quale cavallo e cavaliere devono percorrere una lunga distanza (a partire da 35km) in un determinato tempo e arrivare al controllo veterinario nelle migliori condizioni per il cavallo 17 Nonostante non vi siano statistiche ufficiali, gli incidenti e la morte dei purosangue da corsa avvengono a causa di fratture violente degli arti o infarti. 16 21 5. FUNZIONE NERVOSA. Le pressioni alterate come la mancanza di nutrimento e ossigenazione determinano il malfunzionamento e/o silenzio da parte delle terminazioni nervose. Il cavallo non può così sentire dove appoggia i piedi né il dolore e quindi il pericolo di zoppia aumenta. 6. CHIODATURA. I chiodi per la ritenzione del ferro indeboliscono la parete meccanicamente, trasmettono freddo e caldo e se diretti impropriamente sono causa di dolore ed infezione. 7. CONTRAZIONE. Poiché la capsula è un tronco di cono la sua base si allarga continuamente alla crescita dell'unghia se non compensata dal consumo. Nello zoccolo scalzo questo può avvenire. Viceversa, inchiodando un ferro, si costringe la base dello zoccolo a mantenere inalterata la sua base alla crescita dello zoccolo. Il risultato è la deformazione e la compressione delle strutture interne. Esternamente ciò è visibile comparando la larghezza dei talloni di zoccoli ferrati o scalzi oppure in seguito alla sferratura. La decontrazione si visualizza dall'allontanamento dei talloni uno dall'altro. Sul lungo periodo si hanno altre conseguenze riscontrabili radiograficamente o all'esame anatomo-‐patologico. La terza falange appare in questi casi di larghezza insufficiente con riferimento alle dimensioni totali. La pressione eccessiva o il deficit di pressione continuati nel tempo determinano erosione e/o rimodellamento osseo. Un esempio di questo fenomeno può essere ricondotto alla realtà vissuta dagli astronauti, i quali presentano problemi ossei e muscolari quando rimangono in orbita per un tempo considerevole. Le loro ossa, in particolare, non essendo sottoposte alle giuste pressioni subiscono una riduzione di peso e si rarefanno. 8. TEMPERATURA. La perfusione ridotta determina una temperatura inferiore in tutto l'arto. Uno zoccolo meno irrorato risente maggiormente dei danni provocati da una cattiva alimentazione e risulta più esposto alle infiammazioni. Lo studio degli effetti della ferratura sulla temperatura dello zoccolo, che verrà eseguito durante la parte pratica, è stato probabilmente eseguito per la prima volta dalla Dr.ssa Strasser in Germania. 9. TRAZIONE. Lo zoccolo naturale ha un'aderenza ottima su ogni terreno. Concavo, penetra nel terreno, che riempie ogni spazio così che la spinta possa essere ottimale. Il ferro se non su terreni particolari, è scivoloso ed obbliga l'animale ad una postura e andatura compensative che possono provocare infiammazioni alla schiena del cavallo. I cavalli da reining offrono un interessate esempio: essi vengono ferrati con degli speciali ferri che consentono di eseguire lo slide stop 18. Se questi cavalli eseguissero uno slide stop completamente scalzi gli zoccoli posteriori avrebbero una trazione sul terreno tale da provocare la frattura dei pastorali. 10. PATOLOGIE DA ANTROPIZZAZIONE. Le più ricorrenti patologie dello zoccolo sono determinate dall'antropizzazione del cavallo da parte dell’uomo, dalla mancanza di spazio e di movimento, nonché dalla ferratura che modifica e mortifica la fisiologia del 18 Si tratta di una brusca frenata nella quale i posteriori del cavallo scivolano mentre gli anteriori continuano a camminare fino al completo arresto 22 piede. Un esempio parallelo, riferito alla popolazione umana, sono le scarpe contenitive utilizzate in Cina nei secoli passati. 11. SINDROME NAVICOLARE. Si tratta di un’importante patologia che interessa la zona posteriore del piede. Può essere causata sia da una ferratura prolungata e senza pause sia da una tecnica di pareggio errata. Entrambe le cause portano ad avere un'applicazione delle forze sulle strutture dello zoccolo errate. Questo comporta il deterioramento delle strutture interne della zona (tendini, ossa, vasi) e può esserci un aumento di pressione, causato da un ritorno venoso insufficiente, che provoca dolore al cavallo. Si crea così un circolo vizioso poiché il cavallo tenderà ad atterrare di punta. L’atterraggio di punta comporta una tensione del tendine flessore profondo, mentre se atterrasse di tallone ne comporterebbe la distensione. Il tendine è così sollecitato continuamente nel tempo e tende quindi a sfilacciarsi e usurarsi; usura che comporta anche quella delle strutture sulle quali appoggia, in questo caso il navicolare (sesamoide distale). Il risultato è dolore nella parte posteriore del piede che comporta un ulteriore atterraggio di punta. Questa teoria meccanica sviluppata da Rooney (1973) è quella più attendibile dal punto di vista sperimentale. Questo circolo vizioso può avere come causa primaria, oltre alle due già citate, un semplice marciume al fettone. 23 4. GESTIONE CORRETTA E PAREGGIO Attraverso una corretta gestione e un buon pareggio si può rimediare ai danni causati dalla ferratura dello zoccolo e da una gestione antropizzata del cavallo. All'interno delle scuderie “normali” 19 questo animale rimane chiuso per ore all'interno di un box nel quale non ha sufficiente spazio per muoversi e si annoia perché non ha nulla da fare. I pasti vengono dati tre volte al giorno, il cavallo viene fatto uscire dal box per una, massimo due ore giornalmente e per lungo tempo non ha nulla da fare né può stare con i suoi simili. Le lunghe ore di noia e isolamento lo portano a sviluppare dei tic nervosi e lo stazionamento sulle deiezioni comporta dei danni ai piedi, come già descritto precedentemente. 4.1 IGIENE Prima di parlare di una corretta gestione o delle tecniche di pareggio bisogna approfondire il tema dell'igiene. Per igiene si intendono tutte quelle norme che comprendono la pulizia, l'alimentazione, il sonno e i ritmi quotidiani. Essi sono fondamentali per vivere in modo decente all'interno della società, assieme al comportamento etico e civico. Queste norme sono tratte dal sito didattico dell’Istituto Pasteur20. Per gli esseri umani seguire uno stile di vita consono è scontato, ma tutti gli esseri viventi hanno un loro stile di vita basato sull'igiene, la socialità e l'alimentazione. L'igiene è una materia che viene trattata in tutti gli ambiti, dalla medicina all'ingegneria e all'architettura, coltiva il suo spazio anche all'interno della facoltà di veterinaria. L'igiene nella veterinaria è però basata sul benessere umano e non sul benessere degli animali. Il dipartimento di Scienze Veterinarie e Sanità Pubblica dell'Università di Milano svolge le sue ricerche nell'ambito della sanità pubblica, della sicurezza degli alimenti e della veterinaria. Risulta chiaro che le norme igieniche e sociali che vengono adottate per gli animali non devono forzatamente rispettare il loro stile di vita naturale quanto la salute e il benessere per gli umani che ne mangiano le carni o ne consumano i prodotti caserecci. Ecco perché questo capitolo vuole dedicarsi alla spiegazione di pratiche per una corretta gestione seguendo le norme di uno stile di vita naturale e salutare per il cavallo. 19 Non esiste una definizione vera e propria di scuderia “normale”. Per scuderia “normale” generalmente s’intende una scuderia classica nella quale i cavalli vengono tenuti la maggior parte del tempo in un box, oppure in un piccolo paddok (recinto) che gli consente di interagire maggiormente con i suoi vicini ma che non gli consente di camminare a lungo. Inoltre in queste scuderie i cavalli vengono foraggiati a pasti. 20 Dal sito del Dr. Franco Belmonte www.bitlessandbarefoot_studio.org 24 L'accostamento, la stretta relazione tra Igiene Veterinaria e Gestione Naturale -‐ Natural Boarding è il perno dell'attività didattica svolta in nome della American Hoof Association dal biologo Dr. Franco Belmonte in Italia ed all'estero. Il concetto è stato introdotto alla Conferenza per il Benessere Animale tenutasi in occasione della manifestazione Roma Cavalli 2011. Tutto il suo sito didattico fa riferimento all'Igiene. Una pubblicazione che riguarda da vicino la Svizzera è il nuovo opuscolo concernente la cura dei cavalli emanato dall'Ufficio Federale Svizzero di Veterinaria (UFV)21. Inoltre esiste un’ordinanza del DEFR concernente i programmi etologici (RU 2008 3785) che deve essere rispettata da tutti i detentori di animali in Svizzera (vedi allegato 3). 4.2 GESTIONE CORRETTA Una corretta gestione del cavallo prevede il mantenimento dell'animale secondo uno stile di vita più simile (nel limite del possibile) a quello che potrebbe seguire se vivesse allo stato brado. Questo modo di gestire il cavallo si chiama “gestione naturale”, in inglese Natural Boarding. Sicuramente ciò di cui necessita maggiormente un cavallo, essendo un animale gregario, è la compagnia dei suoi simili. Vari autori hanno scritto riguardo a questo argomento, tra cui la Dr. Strasser, dalla quale è stato preso spunto per scrivere una lista dei punti ai quali bisogna prestare attenzione per permettere una vita decente al cavallo. 1. MOVIMENTO. Il cavallo in natura è libero di muoversi 24 ore al giorno, tutti i giorni. Un branco di mustang può percorrere in media 15-‐20km in questo lasso di tempo (Jackson, 1992). Un cavallo gestito in maniera naturale dovrebbe potersi muovere all'interno di un paddock della grandezza massima proporzionata alle possibilità dei proprietari, su tutto l'arco della giornata. 2. SOCIALITÁ. Essendo un animale gregario, ogni cavallo dovrebbe avere la possibilità di appartenere ad un piccolo branco, con il quale sentirsi più forte e protetto. Dovrebbe avere l'opportunità di passare le giornate con i suoi simili camminando, mangiando e socializzando. 3. TEMPERATURA E COPERTE. Un cavallo possiede un eccezionale sistema termoregolatore che gli permette di adattarsi ai cambiamenti di temperatura esterni. Nelle scuderie classiche invece il cavallo viene tosato e protetto con delle bellissime copertine in tinta assolutamente superflue e inutili. Se gestito in maniera naturale esso deve avere la 21 In allegato il link per la visione del video correlato: http://www.bvet.admin.ch/tsp/02414/index.html?lang=it 25 4. 5. 6. 7. 8. 9. possibilità di stare fuori con qualsiasi tempo e temperatura senza bisogno di coperte. Il cavallo è un animale grande con un rapporto volume/superficie elevato quindi gli scambi di calore con l'ambiente sono a lui favorevoli. Le coperte, insistendo sulla parte superiore del corpo e lasciando scoperto il ventre e le estremità, disturbano la capacità del cavallo a mantenere la sua temperatura corporea. “VESTITINI” PER CAVALLI. Questo animale non ha bisogno di paracolpi, fasce o coperte anti mosca, sempre rigorosamente in tinta, per stare all'aperto. È perfettamente in grado di badare a sé stesso, scacciandosi le mosche in compagnia degli altri esemplari del “branco”. Le fasce applicate alle estremità degli arti che sono virtualmente prive di muscoli esercitano una indebita pressione su tendini legamenti e vasi. NUTRIMENTO. In natura esiste una varietà pressoché illimitata di erbe che un cavallo può mangiare, mentre il fieno prodotto dagli uomini spesso proviene da monoculture. È quindi importante variare la dieta di questo animale variando la tipologia del fieno. Inoltre, in natura esso è libero di mangiare la maggior parte del suo tempo, quindi sono assolutamente da evitare i tre pasti giornalieri a base di fieno (solitamente al mattino e alla sera) e granaglie (a mezzogiorno) che vengono dati nelle scuderie per facilitarne l'organizzazione e la praticità dell’uomo, poiché le granaglie hanno una capacità nutrizionale immediata più elevata. POSTURA. È importante che l'animale abbia la possibilità di nutrirsi al suolo poiché questa è la posizione che assumerebbe naturalmente per nutrirsi. Dandogli il cibo in una mangiatoia sopraelevata si vengono a creare delle zone di tensione nel collo del cavallo nonché problemi respiratori. La posizione relativa tra le tavole dentarie è tale da far sì che siano allineate quando la testa del cavallo è in prossimità del suolo. Se il cavallo mangia da una mangiatoia sopraelevata i denti si consumano in maniera non naturale e per rimediare è necessario l'intervento del dentista. PESO CORPOREO. In natura un cavallo prende e perde peso a seconda della stagione, oppure, nel caso di una fattrice gravida. Un animale gestito all'interno di una scuderia non subisce cambiamenti di peso tranne l'aumento improvviso quando un cavaliere ci sale per montarlo. Un esemplare già stressato per le condizioni di vita alle quali è sottoposto non può che trarne che effetti negativi, mentre è compito di ogni proprietario, attraverso il Natural Boarding fare in modo che questo aumento di peso improvviso sia supportato da un ottimo stato di salute dell'animale. Bisogna, per questo, prestare particolare attenzione al rafforzamento della muscolatura del dorso. A tal fine è da notare che l'assetto fatto mantenere al cavallo con la testa e l'incollatura rilevate (“alla redine”) riduce la funzione di sostegno del ventre da parte del legamento dorsale e porta all’infiammazione della schiena. ESPOSIZIONE DEGLI ZOCCOLI ALL'ACQUA. Il cavallo deve avere la possibilità di bere a terra e i suoi zoccoli devono avere l'occasione di venire in contatto con l'acqua. L'immersione in acqua aiuta lo zoccolo a mantenersi idratato anche se l'idratazione è assicurata dalla corretta circolazione del sangue se non compromessa dalla ferratura. CONTATTO DEGLI ZOCCOLI CON IL SUOLO. Gli zoccoli del cavallo devono poter toccare il suolo e l'animale deve poter sentire il contatto con la terra. Ciò non può avvenire se 26 viene ferrato. La ferratura distribuisce il peso del cavallo sulla parte periferica dello zoccolo, l'unghia, lasciando passivi suola, fettone e barre. Queste strutture hanno un ruolo importante nel sostegno del peso del cavallo, ruolo che con la ferratura viene a mancare, mentre la parete dello zoccolo viene sovraccaricata. L’importanza del contatto degli zoccoli con il suolo, già sostenuta da studiosi del secolo scorso, tra cui il professor Kent, è stato il maggiore oggetto di studio e sperimentazione da parte del prof. Robert Bowker. 10. GRASSO O OLIO SUGLI ZOCCOLI. Nella monta classica, credendo di rendere più elastici, forti e resistenti gli zoccoli del cavallo ferrato, vi si applicano sopra dei grassi o oli. L'animale è invece in grado di provvedere da sé alla forza e all'elasticità dei suoi zoccoli. Già Bracy Clark nel 1809 raccomandava di non utilizzare grassi e oli di qualsiasi genere perché i prodotti della loro degradazione costituiscono un mezzo di cultura per germi e batteri. 11. SPAZI DI PAUSA. Durante la giornata un branco si ferma in uno spazio per un breve lasso di tempo, sia durante il giorno che durante la notte. Essendo un animale da fuga, per il cavallo stare fermo molto tempo nello stesso posto significa essere maggiormente esposti ai pericoli e agli attacchi dei predatori. Forzarlo a rimanere per ore in un angusto box senza vie di fuga equivale ad avere un cavallo spaventato e insicuro. Inoltre stazionare sulle deiezioni comporta essere sottoposti agli effetti nefasti della basicità dell’ammoniaca, che oltre a provocare marciumi agli zoccoli, provoca danni ai polmoni. 4.3 PAREGGIO Nel corso degli ultimi 15 anni si sono sviluppate tre principali scuole di barefoot. Esse condividono la stessa mentalità e visione riguardante una gestione naturale e il cavallo scalzo, differenziandosi però per la tecnica di mantenimento e riabilitativa di pareggio. La prima appartiene alla dottoressa Hiltrud Strasser, veterinaria tedesca. La seconda corrente di pensiero si sviluppa attorno alle osservazioni di Jaime Jackson, maniscalco americano, condotte sui mustang. La terza scuola di barefoot è quella di Pete Ramey, ricercatore americano, appoggiato da due università statunitensi: l'Università Statale del Michigan (Dr. R.Bowker) e la Auburn dell'Alabama (Dr. Taylor). Entrambi i professori appartengono alla American Hoof Association creata da Pete Ramey nel 2006. Le tre scuole differiscono l’una dall’altra nella diversa tecnica di pareggio riabilitativo, per l'applicazione del peso, periferico o distribuito, sulla pianta del piede e riguardo alla necessità o meno di un parallelismo della terza falange rispetto al terreno. Riguardo all'appoggio del peso molti ricercatori, tra cui Kent (università della Louisiana) già negli anni '60 indicavano nella suola la parte alla quale compete il maggior lavoro di sostegno. L'alfiere di questa fazione è oggi il Dr. Bowker che, insieme a P. Ramey, dà alla parete il 27 significato primario di protezione delle strutture interne (lo stesso significato che ha l'unghia in tutti gli animali). Riguardo invece gli angoli propri della dorsale della terza falange rispetto al terreno (fig. 6) mentre la fazione tedesca ritiene che questo debba essere fisso e comune a tutti i cavalli di 45°, le due scuole americane concordano che è variabile, dipendente dall'individuo e compreso in un intervallo tra i 45° e i 60° con inclinazioni medie inferiori degli zoccoli anteriori rispetto a quelli posteriori. La posizione degli americani è sostenuta dalle osservazioni e dati statistici ottenuti sui mustang (vedi figura 1). L’American Hoof Association, quindi Ramey, Bowker, Taylor, Kellon e Teskey, ha elaborato un protocollo di riabilitazione che, tenendo conto del terreno sul quale il paziente (cavallo o asino) deve vivere, riporta le varie parti dello zoccolo ad una corretta relazione reciproca. Per consentire la minore resistenza possibile all'atterraggio e successivo distacco da terra del piede, l'altezza dei talloni ed il punto di involo22 sono accuratamente ricercati. Nel piede deformato dalla patologia si cerca fin dal primo intervento di collocare il punto di involo il più vicino possibile alla posizione ideale. Il risultato è una meccanica favorevole, deambulazione facilitata, riduzione del dolore. La laminite, che è l’infiammazione del tessuto connettivo interno, è probabilmente la patologia dello zoccolo maggiormente riscontrata nel cavallo domestico. In questo caso il protocollo di riabilitazione ha un’importanza strategica poiché in questa patologia la capsula cornea si deforma e lo zoccolo diventa più lungo. Il punto d'involo si sposta quindi in avanti. La forza esercitata dal terreno sulla parete ostacola la riabilitazione e rende la deambulazione più dolorosa. Quindi l’accurata ricerca dell’altezza dei talloni e del punto d’involo è fondamentale per ridurre il dolore durante la deambulazione. Nel processo di riabilitazione si cerca sempre di facilitare meccanicamente il riallineamento della capsula cornea (zoccolo) intorno alla terza falange e non viceversa. Altre organizzazioni esprimono punti di vista differenti. Un altro modo di vedere le cose fa sì che venga ignorata ogni patologia nella fede della capacità di guarigione. Oltre che nella determinazione del punto d'involo tutte le altre parti del piede, parete, suola, barre e fettone, risentono dei principi e delle teorie cui si appoggiano le varie correnti. 22 Il punto d’involo o Breakover è l’ultimo punto che si distacca da terra 28 5. PARTE SPERIMENTALE: METODOLOGIA E RISULTATI 5.1 TERMOGRAFIA La termografia è una tecnica di diagnostica per immagini che si basa sul principio che la temperatura della cute varia in ogni zona in rapporto ai processi circolatori e/o cellulari che hanno luogo all’interno del corpo. Infatti, la radiazione infrarossa emessa dalla pelle varia al variare della temperatura e di conseguenza varia la lunghezza d’onda emessa della stessa. Questa radiazione emessa dalla pelle viene catturata da un obiettivo capace di catturare i fotoni che vengono poi convertiti in impulsi elettrici e visualizzati infine su un monitor. Nell’ambito della medicina può essere utilizzata per la diagnostica di masse tumorali, la determinazione dei processi artritici, la misura della profondità di distruzioni tissutali da ustione e congelamento (Gershon-‐Cohen, 1968). Nell’ambito della medicina veterinaria equestre questa tecnica viene utilizzata per definire l’estensione di una lesione precedentemente diagnosticata, per localizzare aree tissutali che presentano un’attività anomala, le quali dovranno poi essere ulteriormente analizzate, per diagnosticare delle lesioni prima ancora che esse siano visibili e infine per seguire il processo di guarigione dell’animale. La termocamera utilizzata per questo esperimento è una Fluke Ti25, macchina generalmente utilizzata per localizzare le perdite di calore all’interno degli edifici, ma si tratta di uno strumento completamente radiometrico in grado di garantire prestazioni molto elevate rivelando anche minime variazioni di temperatura. Ha una portata totale che va da -‐10°C a 250°C. È possibile visualizzare le immagini termiche solo a infrarossi oppure in modalità fusion, ossia l’immagine ad infrarossi sovrapposta all’immagine normale. 5.2 METODO DI ANALISI Come descritto nel terzo capitolo, una possibile conseguenza della ferratura riguarda una differente irrorazione dello zoccolo e di conseguenza una differente temperatura dello stesso. Il piede del cavallo ha una limitata perfusione a causa dell’impossibilità dello zoccolo di creare una depressione e quindi di richiamare il sangue all’interno della capsula cornea. La diretta conseguenza è un abbassamento di temperatura su tutto l’arto. La conseguenza legata circolazione sanguigna difettosa si riflette in un’inferiore capacità di ripresa dai traumi e dalle infiammazioni. 29 L’esperimento condotto per il presente LAM si basa proprio sulla verifica dell’ipotesi che in un cavallo ferrato si riscontri una temperatura dell’arto e del piede inferiore rispetto alla temperatura di un cavallo scalzo. Saranno perciò eseguite delle serie di termografie di cavalli ferrati e scalzi prendendo in considerazione i quattro arti assieme, gli anteriori e i posteriori. Partendo da queste serie di immagini si cercherà di dimostrare attraverso un’analisi di tipo qualitativo delle immagini quanto la ferratura possa influenzare la circolazione del sangue e quindi il benessere del cavallo. Verrà quindi verificato se l’ipotesi H0 “non ci sono differenze tra un cavallo ferrato e uno scalzo” sia confermata oppure no. 5.2.1 RISULTATI Sono di seguito riportate, nelle figure 10 e 11, le tabelle contenenti i dati grezzi, le medie e le considerazioni statistiche riguardanti i dati trovati. Nel capitolo 5.3 sono anche analizzate alcune foto interessanti. 036377&()2378& 9 ; : = B @ C > ? 9A 99 9; D$E&3 036377&(F$%%3#& 9 ; : = B @ C > D$E&3 !"#$%&'%$()&"&*#%' -(./01(2'%'"3 45"#3 :;<= :9<@ :9<: :9<= :9<C :;<9 :9<; :=<C :;<C :;<; ::<@ :;<; :;<: ;; :A<= :9<9 :9<= :; :: :9<9 :A :A<9 ;=<; ;A<> ;B<B ;=<9 ;=<@ ;=<; ;A<? ;;<@ !"#$%&'%$(+$*#%' 2'%'"3 45"#3 :;<? ;9<@ :9<@ :9<: ;9<9 :9<= ;A<: :9<; ;A<; :;<; ;:<> :9<; ;A<> :=<@ ;@<? ::<9 ;@<> :;<: ;:<= ::<9 ;:<? :;<: ;9<= :;<: ;;<> ,'*#$%&'%$()&"&*#%' 2'%'"3 45"#3 :;<= ;=<9 :9<; ;9<= :A<= ;A<C :9<= ;9<B :9<@ ;A<: :=<> ;=<> :9<> ;A<; :B :A<> :: ;=<C ::<? ;=<B :;<> ;:<> :A<B ;9<@ :;<= ;:<; ,'*#$%&'%$(+$*#%' 2'%'"3 45"#3 :;<> ;:<= :9<B ;:<9 :A<= ;A<> :9<= ;:<; :9<: ;A<? ::<? ;=<B :; ;; :=<? ;C ::<@ ;=<B ::<C ;B<; ::<= ;;<; :9<@ ;;<: :;<B ;:<: 9B<@ 9C<? ;A<: 9><: ;9<B ;;<@ 9? ;;<@ 9?<C ;;<> :A<= :9 :A<> :;<; :: :9<9 :9<@ :A<= ;?<: ;?<@ :; :;<? :;<= ::<B :;<: :A<@ :9<C :A<> :A<@ :9<? :;<? :;<? :;<> :9<: :A<= :9<C ;;<> ;A<; ;9<; ;A<9 Figura 10 Tabella delle temperature con le medie. 30 9@<C 9?<: ;:<9 9?<? ;;<@ 9><: ;;<@ ;A<= 9C<9 ;9<C ;A<@ ;9<C ;:<: 9?<9 9?<C ;A<B 9C<= ;9<C ;A<; ;9<B ;:<> ;:<9 9?<C ;9<@ ;9<9 036377&()2378& 9 ; : = B @ C > ? 9A 99 9; D$E&3 +$6&38&'"$(*#3"E3%E 0'"F&E$"83(?BG H"#$%6377'(I&" H"#$%6377'(I3J 0'"F&E$"83(??G H"#$%6377'(I&" H"#$%6377'(I3J 036377&(K$%%3#& 9 ; : = B @ C > D$E&3 +$6&38&'"$(*#3"E3%E 0'"F&E$"83(?BG H"#$%6377'(I&" H"#$%6377'(I3J 0'"F&E$"83(??G H"#$%6377'(I&" H"#$%6377'(I3J !"#$%&'%$()&"&*#%' -(./01(2'%'"3 -./01(45"#3 :;<= ;;<> :9<@ ;A<; :9<: ;9<; :9<= ;A<9 :9<C :;<9 ;=<; :9<; ;A<> :=<C ;B<B :;<C ;=<9 :;<; ;=<@ ::<@ ;=<; :;<; ;A<? :;<: ;;<@ 9<A; ;<AA A<=: A<>B :9<>: ;9<CB :;<@? ;:<=B A<B@ 9<9; :9<CA ;9<=> :;<>; ;:<C; ;; :A<= :9<9 :9<= :; :: :9<9 :A :A<9 :<=9 9<C: ;><=A :9<>B ;<;C ;C<>@ :;<:? !"#$%&'%$(+$*#%' 2'%'"3 45"#3 :;<? ;9<@ :9<@ :9<: ;9<9 :9<= ;A<: :9<; ;A<; :;<; ;:<> :9<; ;A<> :=<@ ;@<? ::<9 ;@<> :;<: ;:<= ::<9 ;:<? :;<: ;9<= :;<: ;;<C 9<A: ;<=; A<B> 9<=: :9<@> ;9<:9 :;<>B ;=<9> A<CC 9<>> :9<BA ;A<>@ ::<A: ;=<@: ,'*#$%&'%$()&"&*#%' 2'%'"3 45"#3 :;<= ;=<9 :9<; ;9<= :A<= ;A<C :9<= ;9<B :9<@ ;A<: :=<> ;=<> :9<> ;A<; :B :A<> :: ;=<C ::<? ;=<B :;<> ;:<> :A<B ;9<@ :;<= ;:<; 9<BB ;<?> A<>> 9<@? :9<B; ;9<B9 ::<;> ;=<>? 9<9B ;<;; :9<;B ;A<?> ::<BB ;B<=; ,'*#$%&'%$(+$*#%' 2'%'"3 45"#3 :;<> ;:<= :9<B ;:<9 :A<= ;A<> :9<= ;:<; :9<: ;A<? ::<? ;=<B :; ;; :=<? ;C ::<@ ;=<B ::<C ;B<; ::<= ;;<; :9<@ ;;<: :;<B ;:<: 9<:@ 9<>9 A<CC 9<A: :9<CC ;;<;: ::<:9 ;=<;> 9<A9 9<:B :9<B: ;9<?9 ::<BB ;=<@9 ;;<> :A<= :9 :A<> :;<; :: :9<9 :9<@ :A<= :<9C ;<9? ;><9C :;<B@ ;<>> ;C<=> ::<;B ;?<: ;?<@ :; :;<? :;<= ::<B :;<: :A<@ :9<@ 9<BB 9<A> :A<BA :;<@B 9<=9 :A<9@ :;<?? :A<> :A<@ :9<? :;<? :;<? :;<> :9<: :A<= :9<C 9<AC A<C= :A<?@ :;<== A<?C :A<C: :;<@C 9B<@ 9C<? ;A<: 9><: ;9<B ;;<@ 9? ;;<@ 9?<C ;<=> 9<;B 9><=C ;A<?> 9<@B 9><A> ;9<:C 9@<C 9?<: ;:<9 9?<? ;;<@ 9><: ;;<@ ;A<= ;<=C 9<>: 9><B: ;;<9> ;<=A 9C<?@ ;;<C@ 9C<9 ;9<C ;A<@ ;9<C ;:<: 9?<9 9?<C ;A<B ;<A= 9<B9 9><?B ;9<?C 9<?> 9><=C ;;<== 9C<= ;9<C ;A<; ;9<B ;:<> ;:<9 9?<C ;9<@ ;9<9 ;<A; 9<=A 9?<C: ;;<B; 9<>= 9?<;? ;;<?@ Figura 11 Tabella delle temperature con gli intervalli di confidenza. Partendo da questi dati (fig. 10 e 11) e dalle loro medie sono poi stati creati dei grafici ad istogrammi che sono analizzati del cap. 5.3. 5.3 DISCUSSIONE La seguente discussione verte sull’analisi delle immagini e delle temperature riportate di seguito. Le prime due immagini (fig. 12, 13) considerate appartengono a due cavalle, una ferrata e una scalza. Figura 12 Giumenta, 15anni, ferrata da 13 anni Figura 13 Giumenta, 5 anni, mai ferrata 31 Entrambe le termografie sono state scattate lo stesso giorno a distanza di pochi minuti l’una dall’altra. Le condizioni ambientali (luogo e clima) erano perciò le medesime. A una prima osservazione delle immagini due elementi risaltano immediatamente: in primo luogo la colorazione, e quindi la temperatura, degli zoccoli del cavallo scalzo risulta uniforme rispetto alla colorazione degli zoccoli del cavallo ferrato; secondariamente gli zoccoli del cavallo ferrato sono estremamente lunghi e la parte inferiore dello zoccolo risulta avere una temperatura che si avvicina alla temperatura del suolo. Questo significa che tra questi due cavalli, il cavallo ferrato potrà risentire di maggiori danni alle strutture interne che si trovano ad essere meno irrorate di sangue. Nonostante il cavallo ferrato sia in perfetta salute (al momento della foto) nel caso di un trauma oppure di un danno metabolico potrebbe avere maggiori difficoltà nella riabilitazione rispetto al cavallo scalzo. La figura 14, di seguito riportata, rappresenta gli anteriori di due castroni, uno scalzo e l’altro ferrato. Sull’immagine sono presenti dei marker che permettono di leggere la temperatura in gradi Celsius di quel preciso punto. Le temperature in corona differiscono l’una dall’altra di 0.4 °C, mentre le temperature in punta di 4.2°C. Figura 14 Anteriore destro rispettivamente sinistro di due castroni, uno ferrato (destra) e l'altro scalzo (destra). Cerchiata la zona di una possibile patologia. Come nelle figure 12 e 13 anche in questa termografia (fig. 14) la colorazione rende in maniera più immediata la differenza di temperatura, ma soprattutto la non omogeneità della temperatura dello zoccolo ferrato. Sull’immagine, evidenziata in nero, si nota un’area in cui la colorazione, e di conseguenza la perfusione sanguigna, effettua una sorta di gobba che potrebbe indicare la presenza di una patologia ancora da identificare. Si potrebbe supporre che sia un rimodellamento osseo. Purtroppo la termografia non può fornire una diagnosi precisa ma dall’immagine si possono fare solo delle ipotesi di eventuali patologie (passate poiché il rimodellamento osseo è una conseguenza di una patologia), che dovrebbero essere poi confermate da analisi più precise. 32 Figura 15 Castrone (10 anni), ferrato regolarmente da 7 anni In questa figura 15 sono evidenziate dalle frecce due cerchiature che percorrono lo zoccolo. Queste cerchiature vengono chiamate anelli di crescita, grow ring, e sono determinate in massima parte da problemi metabolici passati (infiammazioni) e in minima parte imputabili ad uno stress meccanico sulla parete. Si tratta di deformazioni della parete che in quel punto è probabilmente più fine e il flusso sanguigno risulta nell’immagine più evidente. I grow ring non sono una conseguenza della ferratura, ma di un’alimentazione scorretta. Nonostante ciò, sempre a causa della minore irrorazione sanguigna, un cavallo ferrato rispetto ad un cavallo scalzo potrebbe avere maggiori difficoltà nella riabilitazione del suo piede. Un anello di crescita si forma in seguito ad un ri-‐orientamento del tessuto in corona causato da un problema metabolico e procede verso il basso con la crescita. Quando c’è un’infiammazione, la parete prodotta è meno densa e quindi più debole, nell’immagine termografica la colorazione dell’anello risulta più intensa, espressione di un diverso spessore della parete. Figura 16 Giumenta (16 anni), ferrata irregolarmente da 13 anni 33 La figura 16 mostra una cavalla probabilmente laminitica. Le due aree molto rosse sono in corrispondenza dell’arteria coronarica (in corona) e dell’arteria circonflessa che circonda la terza falange. La temperatura dello zoccolo tra le due arterie risulta essere nettamente inferiore. Questa differenza di temperatura potrebbe essere imputabile alla “morte” dei capillari che collegano le due arterie a causa dell’insufficiente perfusione sanguigna, imputabile alla ferratura. In seguito a questa mancata perfusione anche i tessuti a contatto con i capillari, soprattutto il derma che unisce la terza falange alla parete, si ritrovano “denutriti”. Viene così a mancare la superficie di contatto tra la parete e la terza falange. Nelle figure 17-‐20 vengono riportati i risultati delle analisi delle temperature di tutti e quattro gli arti di otto cavalli ferrati e dodici cavalli scalzi. Sono state considerate le temperature in punta e in corona per ogni cavallo. In seguito è stata calcolata la media delle temperature in corona per i cavalli scalzi e per i cavalli ferrati e poi la media delle temperature in punta per entrambe le categorie. Temperatura (°C) Analisi della temperatura anteriore sinistro 34.0 33.0 32.0 31.0 30.0 29.0 28.0 27.0 26.0 25.0 24.0 23.0 22.0 21.0 20.0 19.0 18.0 32.3 30.1 Cavalli scalzi 22.6 Cavalli ferrati 19.7 T (°C) corona T(°C) punta Figura 17 Analisi della temperatura anteriore sinistro: media e intervalli di confidenza. 34 Temperatura [°C] Analisi della temperatura anteriore destro 34 33 32 31 30 29 28 27 26 25 24 23 22 21 20 19 18 32 30 Cavalli Scalzi Cavalli Ferrati 22.7 20 T [°C] Corona T [°C] Punta Figura 18 Analisi della temperatura anteriore destro: media e intervalli di confidenza. Temperatura [°C] Analisi della temperatura posteriore sinistro 34 33 32 31 30 29 28 27 26 25 24 23 22 21 20 19 18 32.4 31.5 Cavalli Ferrati 20.5 T [°C] Corona T [°C] Punta Figura 19 Analisi della temperatura posteriore sinistro: media e intervalli di confidenza. Cavalli Scalzi 23.2 35 Temperatura [°C] Analisi della temperatura posteriore destro 34 33 32 31 30 29 28 27 26 25 24 23 22 21 20 19 18 32.5 31.7 Cavalli Scalzi 23.2 Cavalli Ferrati 21.125 T [°C] Corona T [°C] Punta Figura 20 Analisi della temperatura posteriore destro: m edia e intervalli di confidenza. Dai grafici si può ricavare che la differenza di temperatura in corona tra i cavalli ferrati e i cavalli scalzi è approssimativamente costante e si avvicina a 2°C per gli anteriori e 1°C per i posteriori. La stessa considerazione può essere applicata alle temperature in punta quindi presumibilmente un cavallo ferrato avrà una temperatura inferiore lungo tutto lo zoccolo, salvo patologie e/o infiammazioni. Una differenza di uno o due gradi Celsius potrebbe sembrare una differenza minima ma all’interno di un organismo vivente può determinare considerevoli danni alla funzione delle sue strutture. Dalle analisi statistiche, basate sulla tabella dei dati grezzi delle temperature (fig. 10) e i cui dettagli sono riportati della fig. 11, si può tuttavia solo confermare una differenza di temperatura statisticamente rilevante solo per le temperature della punta. Invece, per le temperature in corona non ci sono abbastanza campioni affinché questa statistica risulti rilevante. Nelle figure 17-‐20 sono anche riportati gli intervalli di confidenza che nel caso delle temperature in punta si sovrappongono solo per pochi centesimi mentre per la corona di sovrappongono ampiamente. 36 6. CONCLUSIONI I risultati ottenuti nella parte sperimentale, così come lo studio delle fonti bibliografiche, portano alla conclusione che l’ipotesi H0 “non ci sono differenze tra un cavallo ferrato e uno scalzo” non può essere confermata. Questo conferma quindi che la ferratura porta ad una diversa irrorazione sanguigna dello zoccolo, come è stato possibile osservare grazie ai dati raccolti per il presente studio. Dal punto di vista statistico tuttavia la differenza effettiva di temperatura per i cavalli scalzi e ferrati è stato confermato solo per la temperatura in punta. Ossia, per questi campioni analizzati, vi è una differenza statisticamente rilevante solo per la punta mentre i dati relativi alla corona non possono essere confermati statisticamente. In particolare i grafici mostrano che la differenza di temperatura per i quattro zoccoli di venti cavalli analizzati non è un caso, poiché tutti e quattro gli arti presentano la stessa differenza di temperatura. Tuttavia è doveroso ricordare i dati a disposizione non sono abbastanza numerosi da ottenere una statistica affidabile. Possono infatti aver falsato i risultati. Potrebbe essere quindi opportuno, partendo da queste prime analisi, ripetere l’operazione, ma per un numero maggiore di cavalli. Inoltre, le termografie sono state scattate all’esterno e in luoghi diversi. Nonostante la temperatura esterna fosse la stessa, o con minime variazioni, i fattori che possono influenzare le fotografie sono molteplici: tra questi vi è, oltre alla temperatura esterna, il cavallo stesso che può essere stato esposto al sole oppure aver lavorato prima delle fotografie. Per migliorarne ’affidabilità, l’ideale sarebbe avere tutti i cavalli nello stesso luogo (possibilmente isolato dalla fluttuazione dei parametri esterni) lo stesso giorno e sottoposti nello stesso intervallo di tempo alle termografie. Per il presente lavoro non è stato possibile avere i cavalli nello stesso luogo alle stesse condizioni poiché si è trattato di andare nelle diverse scuderie a chiedere il permesso per fotografare gli zoccoli dei cavalli (eseguite quindi in loco). Al fine di evitare l’influenza di questi parametri esterni e interni, tutti i cavalli prima di essere fotografati sono stati tenuti per 20-‐ 30min in un luogo ombreggiato e si è cercato di avere una temperatura esterna simile in tutti i casi, con variazioni minime. Sempre sfruttando la tecnica della termografia potrebbe anche rivelarsi interessante scattare delle termografie precise da ogni prospettiva ad un numero ristretto di esemplari durante la fase di sferratura: dall’estrazione del ferro, al recupero di uno zoccolo sano. Potrebbe essere interessante al fine di monitorare, a livello del flusso sanguigno, come avviene il recupero delle strutture interne. Un’altra applicazione di questa tecnica potrebbe invece riguardare la fase di trattamento e recupero dello zoccolo durante un’infiammazione laminare. Potrebbe essere interessante dal punto di vista clinico vedere la riabilitazione dello zoccolo dal punto di vista del flusso 37 sanguigno e magari correlarlo a delle radiografie al fine di seguire anche il riassestamento osseo. Purtroppo tentare esperimenti simili prevede la disponibilità dei campioni, delle infrastrutture e soprattutto del tempo necessario a condurre analisi di questo genere. Parametri che purtroppo per il presente lavoro non erano disponibili, ma si è comunque cercato di ottenere dati il più possibile attendibili. Personalmente posso affermare di aver imparato e scoperto molto in questo lavoro, al quale sono stata spinta per passione e curiosità, nonostante sia consapevole che per eseguire un lavoro scientifico approfondito occorra molto più tempo di 10 mesi. Spero con questo lavoro di aver contribuito ad una maggiore conoscenza e diffusione di questa nuova disciplina della medicina veterinaria e filosofia di gestione rispettosa del cavallo. 38 RINGRAZIAMENTI I miei ringraziamenti vanno al Dr. Franco Belmonte, che mi ha messo a disposizione la sua interminabile biblioteca, le sue enciclopediche conoscenze sulla materia e il suo sostegno. Inoltre ringrazio il prof. Paltrinieri, docente responsabile del lavoro di maturità, innanzitutto per aver proposto un lavoro di ricerca scientifica poiché mi ha permesso di approfondire una tematica molto attuale nel mondo dell’equitazione e importante per il mio futuro indirizzo lavorativo. Inoltre ringrazio il professore anche per l’interesse dimostrato per una materia di cui si conosce ancora poco, per le correzioni e i consigli. Ringrazio anche il prof. Riva per le analisi statistiche che ha eseguito a partire dai dati grezzi che ho raccolto Sono grata inoltre alla mia famiglia e alla mia migliore amica Linda per il loro importantissimo sostegno morale. Un grazie speciale al mio papà, il quale mi ha prestato l’attrezzatura necessaria per la realizzazione dell’esperimento, a Raffaello, che mi ha sostenuta sempre ma particolarmente durante lo sprint finale, e alle mie cavalline Melody e Melinda (le mie muse ispiratrici). Un grande grazie soprattutto a tutti i proprietari di cavalli che mi hanno concesso di eseguire le termografie sui loro equini. 39 BIBLIOGRAFIA A Timeline of the Barefoot Movement, “The Horse’s Hoof”, nr 50, Spring 2013. FRANCO BELMONTE, Appunti dalle lezioni di podologia, 2011. W. R. COOK, STRASSER, Metal in the mouth, 2003, Sabine Kells. ELIAS, PAULY, Human Microanatomy, 1966, Davis Company, Philadelphia. G. FLEMING, Horse shoes and horse shoeing: their oringin, history, uses and abuses, 1869 (www.wikiquote.com). JAIME JACKSON, The Natural Horse, 1992, Star Ridge Publishing. G. C. KENT, Anatomia comparata dei vertebrati, 1969, Piccin Editore, Padova. Natural Equine Podestry Stonehill Veterinary Center (www.naturalequinepodiatry.com). PETE RAMEY, Under the horse, 2006, Hoofrehab. PETE RAMEY, Care and Rehabilitation of the Equine Foot, 2011, Hoofrehab. J. R. ROONEY, The Lame Horse, 1973, Whilshire Book co., U.S.A. J. R. ROONEY, The Mechanics of the Horse, 1981, Robert E. Krieger Publishing Company, Huntington, New York. STRASSER, Shoeing: a necessary evil? -‐ Facts every horse owner should know about shoeing (Was spricht eigentlich gegen Hufbeschlag?), 2000 (1999), Sabine Kells. STASCHAK, Adams' lameness horses, 5th ediz. STRASSER, A lifetime of soudness, 2000, Sabine Kells. The Unfettered Foot, A Paradigm Change for Equine Podiatry, “Journal of Equine Veterinary Science”, February 2005. KATHRINE WATT, Safergrass, 2000, Safergrass. What is natural boarding?, “The Horse's Hoof”, nr. 16, Summer 2004. 40 SITOGRAFIA http://www.all-‐natural-‐horse-‐care.com/barefoot-‐hoof-‐diagrams.html. www.americanhoofassociation.org. http://www.bare-‐foot-‐horses.com/hoof-‐anatomy.html. www.bitlesandbarefoot.com. www.bitlessandbarefoot-‐studio.org (sito didattico). http://www.bvet.admin.ch/tsp/02414/index.html?lang=it. http://www.divet.unimi.it/ecm/home/organizzazione. www.ironfreehoof.com. www.romanoimpero.com/2010/07/le-‐strade-‐romane.html. www.safergrass.org. www.thehorseshoof.com. 41 ALLEGATI 1. Termografie dei cavalli ferrati: 2. Termografie dei cavalli scalzi: 42 43 3. Ordinanza del DEFR concernente i programmi etologici (estratto concernente gli animali di specie equina) 2 Animali della specie equina (art. 2 lett. b) 2.1 Gli animali devono: a. essere tenuti in gruppi; b. avere permanentemente accesso a un’area di riposo secondo il nume-‐ ro 2.2 e a un’area priva di lettiera. 2.2 Area di riposo: strato di segatura o strato equivalente per l’animale, senza perforazioni. Il giaciglio corrisponde al minimo al numero di animali moltiplicato per 2,5 e per l’altezza media al garrese al quadrato. 2.3 L’intera superficie accessibile ai cavalli nella scuderia e nell’area della corte non deve presentare perforazioni. Sono consentite alcune aperture di scolo. 2.4 Area di foraggiamento e di abbeveraggio: pavimento rivestito. 2.5 Il foraggiamento deve essere organizzato in modo da permettere a ogni animale di alimentarsi senza essere disturbato dai suoi conspecifici. Se gli animali sono foraggiati in stand di foraggiamento, occorre rispettare le disposizioni seguenti: a. ogni animale del gruppo dispone di uno stand di foraggiamento separato; b. la lunghezza dello stand di foraggiamento corrisponde almeno a 1,5 volte l’altezza media al garrese; c. gli animali devono disporre, nella parte posteriore dello stand di foraggiamento, di un corridoio di circolazione di larghezza almeno uguale a 1,5 volte l’altezza media al garrese. 2.6 L’altezza del soffitto corrisponde almeno a 1,5 volte l’altezza al garrese dell’animale più grande del gruppo. 2.7 Una deroga alle disposizioni secondo il numero 2.1 è ammessa nelle situazioni seguenti: a. durante il foraggiamento; b. durante l’uscita in gruppi; c. durante l’utilizzazione come animale da reddito; d. nel caso di un intervento praticato sull’animale, per esempio la cura degli zoccoli; e. nel caso di animali in gestazione avanzata, che al massimo dieci giorni prima del parto possono essere ricoverati in un box ad area unica con lettiera; essi possono restarvi assieme ai loro piccoli fino a dieci giorni al massimo dopo il parto; gli animali non possono essere fissati; f. nel caso di animali malati o feriti; se necessario, occorre ricoverarli separatamente; i box ad area unica sono ammessi se sono dotati di una lettiera sufficiente; gli animali possono essere fissati soltanto se la malattia o la ferita lo esige assolutamente; g. durante una fase di integrazione di sei mesi al massimo dopo l’arrivo nell’azienda; in questo caso un animale può essere ricoverato separata-‐ mente in un box ad area unica con lettiera, se tale box è distante al massimo 3 m dal gruppo nel quale l’animale deve essere integrato e se il contatto visivo è possibile. Nessun animale può essere fissato. 44