leggi, scrivi e condividi le tue 10 righe dai libri http://www.10righedailibri.it Scrivere bene (o quasi) Scrivere bene (o quasi) di Elisabetta Perini A Paolo, Emma e Lorenzo, come sempre. E a Caterina che con me condivide la luce delle parole. Ideazione, progetto e realizzazione Elisabetta Perini Responsabile editoriale Roberto De Meo Redazione Alessandra Pelagotti Revisione Roberta Recanatini Correzione bozze Lucia Degiovanni Impaginazione Leonardo Di Bugno www.giunti.it © 2011 Giunti Editore S.p.A. Via Bolognese 165 - 50139 Firenze - Italia Via Dante 4 - 20121 Milano - Italia Prima edizione: settembre 2011 Ristampa 6 5 4 3 2 1 0 Anno 2015 2014 2013 2012 2011 Stampato presso Giunti Industrie Grafiche S.p.A. - Stabilimento di Prato Errare humanum est Dedico questo libro a tutti coloro che, quando sbagliano, si sentono umani. E a tutti quelli che, pur sentendosi umani, hanno voglia di non sbagliare più. Prefazione Perché ho scritto Scrivere bene e non parlare bene? Perché la lingua parlata ci è molto più amica di quella scritta: non ci sono accenti, né apostrofi, né punteggiatura, e se sbagliamo una parola o un passato remoto, se ci dimentichiamo un bel congiuntivo, non è poi così grave! Quando scriviamo, invece, ecco che vengono a galla tutti i dubbi e le incertezze: sta si scrive con l’accento? soddisfacente vuole la i? i numeri si scrivono in lettere o in cifre? cioè è troppo “adolescenziale”? assolutamente troppo “modaiolo”? come li chiamo, vigile o vigilessa? immigrato o migrante? Siamo consapevoli che, mettendo nero su bianco le nostre parole, andiamo incontro a errori d’ortografia, di punteggiatura, di sintassi o di scelta lessicale che possono compromettere la correttezza dei nostri testi e forse anche la loro leggibilità. La penna o la tastiera allora si fermano e inizia il classico tormento da testo scritto. L’unica consolazione è che dubbi e incertezze si materializzano per tutti, scrittori provetti e dilettanti: ognuno ha i suoi punti deboli! (O quasi). La seconda parte del titolo è dedicata infatti alle debolezze e alle difficoltà di chiunque si debba confrontare, o si confronti, con la scrittura. Anche a me succede di fare degli errori quando scrivo (ne sanno qualcosa le redattrici che hanno seguito il mio lavoro con tanta attenzione) e, lo confesso apertamente, mi capita di scrivere qual è con l’apostrofo: qual’è. Orrore... non c’è niente da fare, ci casco anch’io. E non sono l’unica: conosco studiosi, professori e giornalisti che fanno altrettanto (ma forse evitano di confessarlo, perché se ne vergognano). Questo non significa che possiamo comportarci in modo anarchico, dico proprio il contrario: la lingua va saputa usare, le convenzioni sono importanti perché ci permettono di scrivere con un mezzo uguale per tutti e dunque comprensibile a tutti. Le regole le dobbiamo conoscere bene e poi, se vogliamo, possiamo infrangerle, ma con cautela. L’importante è essere consapevoli del fatto che la scrittura può essere piena di trappole e richiede attenzione, approfondimento e revisione. Scrivere correttamente non è semplice, perché non esiste un unico tipo di scrittura. Esistono tanti modi di scrivere come esistono tanti modi di parlare. E ognuno di questi può essere corretto se è il modo giusto per il momento giusto. Ovviamente per scrivere bene in tante situazioni diverse dobbiamo essere “competenti”; dobbiamo sapere che cosa è permesso e che cosa è vietato, dobbiamo conoscere gli usi e le convenzioni. Dobbiamo prenderci del tempo per pensare, per scrivere e per rileggere. E forse quest’ultimo, il tempo, 7 è invece proprio l’elemento che meno abbiamo a disposizione nella vita frenetica di tutti i giorni. Non condivido le visioni catastrofiche sullo stato della lingua italiana e sull’ignoranza dilagante. Non credo che sia la prospettiva giusta per guardare a una lingua, che esiste da tanto tempo, e che si evolve naturalmente, come sempre ha fatto nel corso dei secoli. Mi sembra invece positivo che un così gran numero di persone si siano riavvicinate alla scrittura, anche solo per digitare “messaggini” al cellulare o per infilare una frase nella propria bacheca di Facebook. O che gli adolescenti passino il tempo a chattare o a scriversi sms. In una lingua che non è lingua, qualcuno potrebbe dire. Forse, ma state certi che quando devono affrontare argomenti intensi come l’amore o le discussioni in famiglia, o magari l’organizzazione di una manifestazione politica, ricorrono alla lingua italiana, quella che hanno imparato a scuola. Non dobbiamo aver paura e soprattutto non dobbiamo trasmettere alle generazioni future uno sguardo così desolato sulla loro apparente incompetenza, ignoranza o incapacità. Vanno invece trovati i modi per stimolare la curiosità linguistica offrendo la possibilità di capire il senso delle regole, la bellezza di un’espressione corretta e soprattutto di un testo chiaro e leggibile. Con questo libro spero di avervi portato un po’ di allegra curiosità. So di non aver risposto a tutti i dubbi e di aver lasciato un bel po’ di incertezze, perché ricordate: la grammatica non è una scienza esatta! Ci sono norme da seguire, suggerimenti, ma la lingua è molto più di regole ed eccezioni: la lingua siamo noi. Spero comunque di aver risposto almeno alle domande più frequenti, prendendo spunto dalla parola o dall’espressione per accompagnarvi alle regole della grammatica, con le sue eccezioni e le sue oscillazioni, raccontandovi anche un po’ di storia, aneddoti e curiosità che forse vi aiuteranno a comprendere quanto è espressiva e vitale la nostra lingua. Il mio consiglio è: scrivete, scrivete, scrivete! E poi rileggete e correggete: prendetevi sempre tutto il tempo che un atto così importante, qual è la comunicazione tra esseri umani, richiede. Ringrazio i lettori della mia Grammatica italiana per tutti, gli amici, le collaboratrici, i bambini e le bambine che mi hanno sottoposto con entusiasmo i loro dubbi, le loro curiosità, i loro errori e mi hanno così fornito il materiale vivo, anzi “vivacissimo”, per poter scrivere questo libro. 8 Elisabetta Perini Sommario Prefazione 1 7 Punti, virgole... e capoversi Punto e basta! Il capoverso Il punto La virgola Il punto e virgola I due punti Il punto interrogativo e il punto esclamativo I puntini di sospensione Tra parentesi Trattini e lineette Le virgolette Il discorso diretto Grassetto, corsivo e sottolineato Sil-la-ba-re Gli elenchi 2 13 14 16 18 22 24 26 28 30 33 35 37 40 43 45 Parole latine, parole straniere Dove sta andando l’italiano? 47 Io bloggo e tu? I neologismi 48 I computer o i computers? Il plurale delle parole straniere 50 I curriculum o i curricula? Il plurale delle parole latine 51 Il tight in autogrill. Gli anglicismi 53 Il whisky o l’whisky? L’articolo con i nomi stranieri 54 Iugoslavia o Yugoslavia? Le lettere straniere 56 Mando un e-mail o una e-mail? Il genere delle parole straniere 58 Question time per l’election day. Forestierismi in politica 60 Una location tutta italiana. Forestierismi nella lingua quotidiana 62 Un quintale di cotone. Gli arabismi nella lingua italiana 64 Verba volant ma scripta manent! I latinismi nella lingua italiana 66 Una vision per la mission. Itangliano in azienda 70 9 3 Giusto o sbagliato? Essere o non essere? 71 Ad, ed, od? 72 Aeroporto o aereoporto? 74 Caffè o caffé? Perché o perchè? 75 Cocomero o anguria? 78 D’accordo o daccordo? 80 L’Fbi o il Fbi, la SPD o l’SPD? 81 Dell’Aquila, di L’Aquila o de L’Aquila? 82 Efficiente o efficente? 84 Entusiasta o entusiasto? 86 Ho scritto a degli amici 88 Io do, lei sa, lui dà: dove va l’accento? 90 La forbice o le forbici? 92 L’altr’anno o l’altranno? Tutt’uno o tuttuno? 94 Lo pneumatico o il pneumatico? 97 Ma però? 100 Nessun uomo o nessun’uomo? 102 Provincie o province? Valigie o valige? 104 Qual è o qual’è? 106 Rubrìca o rùbrica? 108 Séguito o seguìto? 111 Sé stesso o se stesso? 112 Sia... sia o sia... che? 114 Stavolta gli dico o le dico...? 116 10 4 Modi di dire Modi o mode? Affatto Assolutamente Badante Colf e migranti “C’ha un bel sito” Che tempo che fa Cioè Dimmi di sì Doppie pericolose Ecco! Faccia a faccia o a faccia a faccia? Gratis o a gratis? Io e te La ministra, le ministre Parole che ingannano Piuttosto che Un attimino Vicino a Bergamo o vicino Bergamo? 117 118 120 122 123 125 128 130 132 133 135 137 139 140 142 144 146 148 150 5 6 Verbi ribelli Regole per gli “irregolari”? Apersi o aprii? Bagnamo o bagniamo? Cossi e nocqui: remoti e difficili C’era o c’erano un centinaio di migranti? Congiuntivi in crisi Devo o debbo? Disdivo o disdicevo? Essere o avere? È dovuto andare o ha dovuto andare? È piovuto o ha piovuto? Ha riflesso o ha riflettuto? Il sole oggi splende, ma ieri? Io vado, noi *vadiamo Passato prossimo o passato remoto? Soddisfo o soddisfaccio? Ti ho vista o ti ho visto? Zittisco e zittirono 151 152 154 155 158 160 162 164 166 168 170 171 172 174 176 178 180 181 Come si scrive? Fra trappole e convenzioni Le abbreviazioni Le sigle e gli acronimi Maiuscole e minuscole I numeri L’ora La data La lettera formale La lettera informale L’email 7 183 184 187 190 195 198 200 202 206 208 Un pizzico di stile Se scriviamo per farci capire... Farsi capire Il “burocratese” La lingua nel web Tempo di “netiquette” È gradito l’abito scuro Un po’ di retorica Bibliografia 211 212 216 220 224 227 230 237 Indice analitico degli argomenti e delle parole incerte 240 11 Avvertenza Le forme e le espressioni scorrette, inesistenti o non attestate nella lingua italiana (o latina) sono precedute, dov’era necessario, dall’asterisco (io *cuocei). 12 Per i “consigli” dell’Accademia della Crusca si fa riferimento all’archivio delle Domande ricorrenti e delle Risposte ai quesiti nella sezione Consulenza linguistica della Lingua in rete (vedi http://www.accademiadellacrusca.it) aggiornato al mese di luglio 2011. 1 PUNTI, VIRGOLE... E CAPOVERSI Punto e basta! Che la punteggiatura sia importante ce lo dice perfino la lingua che parliamo tutti i giorni, dove il ricorso metaforico ai segni interpuntivi serve a rendere più espressive e incisive le nostre frasi: «allora siamo punto e a capo!», «non devi cambiare una virgola di come sei», «e questo te lo dico tra parentesi» e «puntini, puntini». Eppure proprio la punteggiatura ispira tanti dubbi e tante incertezze, non solo in chi ha poca confidenza con la pratica della scrittura, ma anche negli scrittori provetti. I nostri “bisticci” con i segni interpuntivi sono talvolta ben motivati, perché in effetti le norme che li regolano sono astruse e controverse, non soltanto per quanto concerne l’interpretazione di ciascun segno, ma anche per la sua definizione e e la sua classificazione. La colpa non è loro, ovviamente, ma della stratificazione di norme e di consuetudini che si sono succedute e a volte sovrapposte nel tempo. Rimane il fatto che, da qualsiasi punto di vista la guardiamo, la punteggiatura (insieme alla scelta dei caratteri e a una corretta suddivisione del testo in capoversi) può contribuire in modo determinante alla chiarezza e alla leggibilità dei nostri testi: proviamo a riscoprirla insieme. 13 1. Punti, virgole... e capoversi Il capoverso In un testo scritto in prosa il capoverso è quella parte di testo compresa tra due “a capo”. Il capoverso può essere segnalato in due modi: l rientrando l usando di qualche battuta rispetto all’inizio della riga; una riga bianca per separare il capoverso da quello precedente. In poesia, invece, il capoverso indica il primo verso di una poesia o di una strofa. Un capoverso contiene di solito più frasi e può essere lungo anche 10-20 righe (meglio non esagerare in lunghezza, per non affaticare il lettore!). Le frasi di un capoverso sono incentrate tutte intorno allo stesso argomento. Uno strumento utile Spesso sottovalutiamo l’importanza del capoverso e pensiamo che si tratti semplicemente di un vezzo stilistico per abbellire i testi scritti oppure di uno strumento antiquato privo di utilità. Il capoverso può avere, invece, una funzione importante nella scrittura e può rivelarsi uno strumento utile a rendere più leggibili e comprensibili i nostri testi. Infatti, tramite questo espediente stilistico, possiamo suddividere il testo in piccole sezioni all’interno delle quali viene svolto un argomento. Quando l’argomento è completo si va a capo e si ricomincia con un altro ragionamento (e un altro capoverso). Ogni capoverso è concatenato logicamente al capoverso successivo seguendo una traccia che corrisponde alla struttura del nostro testo. I capoversi costituiscono, infatti, la struttura tematica del testo scritto. Ogni capoverso, se ben articolato, dovrebbe corrispondere a un pensiero e dovremmo poterlo sostituire con un titolo o una brevissima sintesi fatta di poche parole. Quando un testo è ben suddiviso in capoversi l’argomentazione sarà naturalmente più chiara e ben strutturata. Esempi d’autore 14 In questo libro i capoversi vengono suddivisi con la riga bianca come spesso si fa nei testi che contengono diversi elementi grafici, elenchi e tabelle o nei testi scritti per il web. Nella prosa letteraria il capoverso è segnalato soprattutto dal rientro. Non so se mi crederete. Passiamo metà della vita a deridere ciò in cui altri credono, e l’altra metà a credere in ciò che altri deridono. Camminavo una notte in riva al mare di Brigantes, dove le case sembrano navi affondate,immerse nella nebbia e nei vapori marini,e il vento dà ai rami degli oleandri lente movenze di alga. Non so dire se cercassi qualcosa, o se fossi inseguito:ricordo che erano tempi difficili ma io ero, per qualche strana ragione, felice. Improvvisamente dal sipario del buio uscì un vecchio elegante, vestito di nero, con una gardenia all’occhiello, e passandomi vicino si inchinò leggermente. Mi misi a seguirlo incuriosito. Andavo di buon passo ma faticavo a stargli dietro, perché sembrava che procedesse volando a un palmo da terra, e i suoi piedi non facevano rumore sul legno umido del molo. (Stefano Benni, Il bar sotto il mare) – Siete stati proprio bravi, – dice la signora Emenda. – In premio, oggi, vi laverò i capelli. Marco e Mirko preferirebbero un paio di schiaffi, ma sono troppo orgogliosi per mostrare il loro terrore. Ahimè, non tutte le cose della vita sono piacevoli come una caccia alla banda del borotalco. (Gianni Rodari, Novelle fatte a macchina) 1. Punti, virgole... e capoversi Ecco due esempi tratti da autori contemporanei: Lo sapevate? Il capoverso non va confuso con il paragrafo. Se il capoverso è quella parte di testo compresa fra due “a capo”, il paragrafo è invece una parte del testo scritto, dotata di un’autonomia propria, all’interno del quale viene svolto un argomento completo. Il paragrafo può essere dunque composto anche da diversi capoversi. Il paragrafo è spesso una sottopartizione del capitolo. La struttura di un testo può quindi essere suddivisa in capitoli, paragrafi e capoversi. Per i paragrafi viene generalmente usato il simbolo § o l’abbreviazione par. Per i capoversi l’abbreviazione è cpv. Nella terminologia informatica, invece, il paragrafo è quella parte di testo inclusa tra due “invii”. 15 1. Punti, virgole... e capoversi Il punto Negli ultimi anni l’uso del punto, chiamato anche punto fermo, ha visto una crescita esponenziale in tutti i tipi di testo scritto. Un tempo, infatti, nella redazione di testi il punto veniva impiegato con una certa parsimonia, mentre ora se ne fa un uso più nutrito, sia perché lo stile è diventato più conciso, più diretto e si fa meno uso di subordinate e coordinate, sia forse per influenza dello stile giornalistico dove il punto è onnipresente, avendo sostituito virgole, punti e virgole e due punti. È comunque sempre preferibile costruire un testo formato da frasi brevi (e con più punti, dunque) piuttosto che provocare un attacco di ansia o di tedio nel lettore sottoponendolo a periodi interminabili, dove il punto finale li trova ormai tramortiti o totalmente distratti. Tecnicamente il punto indica una pausa lunga e segnala un cambio di argomento oppure l’aggiunta di informazioni diverse sullo stesso argomento. Se si vuole indicare uno stacco netto con la frase successiva, dopo il punto si va a capo. In ogni caso, dopo il punto fermo si ricomincia con la lettera maiuscola. Le norme che regolano l’uso del punto sono poche e semplici. Il punto va messo: segnala la fine di una frase o di un periodo; l nelle abbreviazioni: pag. “pagina”, per es. “per esempio”, cfr. “confronta”, ecc. “eccetera”, dott. “dottore”, sig. “signore”; in questi casi si continua a scrivere con la lettera minuscola; l nelle sigle: D.O.C. “Denominazione di Origine Controllata”, D.L. “Decreto legge”, R.S.V.P. dall’acronimo francese “Répondez, s’il vous plaît” ovvero il nostro “È gradita conferma”. Molto spesso, però, si tende a non usare il punto, soprattutto nelle sigle più diffuse, come ad esempio, Arci “Associazione Culturale e Ricreativa Italiana”, Onu “Organizzazione delle Nazioni Unite” oppure nelle sigle dei partiti politici (Pd, PdL, Idv ecc.). l quando Parole e silenzi 16 Come dice bene Bice Mortara Garavelli nel suo Prontuario di punteggiatura, “il punto rappresenta il limite fra parola e silenzio” e come tale possiede una forza espressiva straordinaria che va ben al di là della regola grammaticale. Serve infatti a mettere in risalto alcune parti del testo rispetto ad altre e si presta a sottolineare emozioni e sentimenti, quali l’indignazione, la presa di distanza, l’amore, il trasporto, come si può vedere dagli esempi che seguono. Il lavoro come marchio indelebile, trasmesso di generazione in generazione. Anche se, un tempo, il lavoro mancava. Ancor più di oggi, in certe fasi. Ma contava. Il lavoro manuale quanto quello intellettuale. Un lavoro per la vita, per tutta la vita. Era la speranza e l’ambizione condivisa. Perché chi lavora c’è. Esiste. Ha un volto. Una identità. Appunto. (Ilvo Diamanti, La Repubblica, 07/04/2011) Il rapporto tra parole e silenzi va però regolato con molto buon senso. Così come un periodo troppo lungo, privo di pause, può risultare difficile da leggere e da capire, allo stesso modo un eccesso di punti può ottenere l’effetto di frammentare esageratamente il discorso indebolendo la fluidità e la leggibilità del testo. Un po’ di... etimologia 1. Punti, virgole... e capoversi Il Presidente del Consiglio prende posizione e dice che la Costituzione va cambiata. La Costituzione italiana. La nostra Costituzione. Punto deriva dal latino PŬNCTU(M), participio passato del verbo PŬNGERE, ‘pungere’, che significava inizialmente ‘puntura’ e anche ‘forellino’, quindi ‘punto’. Dalla parola punto si dirama tutta la famiglia dei vocaboli relativi alla punteggiatura: interpungere, interpunzione, l’antico interpuntare e quindi anche punteggiatura. Nelle iscrizioni latine il punto veniva usato come segno divisore tra parola e parola, al posto del nostro spazio bianco, così da poter sfruttare al massimo la superficie disponibile per la scrittura: si trattava di un punto solo, di forma triangolare, tonda o quadrata. Questo metodo lo ritroviamo ancora nei quaderni di prima dei bambini, quando imparano a scrivere e inseriscono, tra una parola e l’altra un punto, non avendo ancora la percezione completa dello spazio che divide tra di loro gli elementi del discorso. Norme grafiche 1. Il punto segue la parola, senza spazio. Lo spazio va messo sempre dopo il punto, prima della parola successiva. 2. Quando la frase finisce con una parola abbreviata (come ecc., per esempio), il punto non viene ripetuto, essendo già presente nell’abbreviazione: Alla conferenza erano presenti scrittori, cineasti, sceneggiatori ecc. 17 1. Punti, virgole... e capoversi 18 La virgola Nei manuali di grammatica si dice che la virgola, uno dei segni più usati e (ab)usati del mondo della punteggiatura, serve a indicare una pausa breve. Non dobbiamo tuttavia pensare a una pausa reale o a un respiro, come quelli che facciamo leggendo il testo ad alta voce. Se noi mettessimo la virgola in corrispondenza delle pause che effettivamente facciamo quando leggiamo, sarebbe un tripudio di virgole. Per esempio: Se noi mettessimo, la virgola, in corrispondenza delle pause, che effettivamente facciamo, quando leggiamo, sarebbe un tripudio, di virgole. In realtà la virgola, con quel suo interrompere brevemente la frase, è lo strumento grafico che ci permette – meglio di ogni altro – di segmentare il testo di una frase nelle sue varie componenti, in modo da tracciarne e organizzarne la struttura. La virgola, tra i segni interpuntivi, è quella che gode di maggiore libertà. I divieti sono molto pochi (ma decisivi: vedi oltre) e, in genere, viene usata con una certa autonomia, seguendo il sentimento e la verve creativa di chi scrive. Nonostante ciò, nelle grammatiche troviamo alcune indicazioni che ne descrivono l’uso e che ci possono essere d’aiuto nello scrivere un testo. Normalmente la virgola si impiega nei seguenti casi: l nelle enumerazioni: ho invitato Paolo, Franco, Lorenzo, Silvia; lnegli incisi di qualsiasi genere: Luca, andando in bicicletta, ha fatto una brutta caduta; mia nipote, che hai conosciuto l’anno scorso, si è laureata; l prima e dopo un vocativo: non parlarmi così, Paolo!; Paolo, non parlarmi così!; l prima e dopo un’apposizione: Roma, la capitale d’Italia; il sindaco di Firenze, Matteo Renzi; l per separare le proposizioni coordinate introdotte dalle congiunzioni avversative anzi, ma, però, tuttavia ecc.: sono impegnata, ma verrò lo stesso; sto bene, anzi mi sento veramente in forma; l per separare le proposizioni subordinate introdotte dalle congiunzioni benché, sebbene, anche se, poiché, mentre ecc.: ci fermammo a parlare, benché fosse molto tardi; gli ho fatto un regalo, anche se non se lo meritava; l nelle cosiddette “inversioni” (ovvero ecc. quando le frasi non sono costruite con il classico ordine: soggetto, preNelle enumerazioni che terminano con ecc., dicato, complemento): lo legge la virgola prima di ecc. può esserci oppure Paolo, il giornale; ne ho viste di cose no: pane, burro, miele ecc. oppure cani, gatinteressanti, io; l’anello, me l’ha regati, canarini, ecc. lato Francesco; di soldi, non ne ho più; separare la proposizione principale dalle subordinate: se mangi tutto, ti porto al parco. Esistono però anche dei divieti da prendere seriamente. La virgola non deve mai essere usata: l tra soggetto e predicato; si scrive perciò: Elena balla; il sole brilla; l tra predicato e complemento oggetto: Giovanna legge un libro; la nave solca il mare; l tra proposizione principale e proposizione soggettiva, oggettiva e interrogativa indiretta: è evidente che non hai studiato; penso che tu abbia ragione; dimmi a che ora torni. Lo sapevate? La virgola, a causa del diminutivo e della sua supposta brevità, parrebbe un segno interpuntivo debole, mentre invece è un segno capace di scompigliare i testi. Questo piccolo apostrofo terreno ha infatti una forza micidiale; basta leggere queste due frasi per capire come la virgola ne cambi completamente il significato: Mentre Mario spolverava, il vaso cinese della nonna è caduto. Mentre Mario spolverava il vaso cinese della nonna, è caduto. Nel primo caso il costoso vaso cinese della nonna si è rotto in mille pezzi, nel secondo Mario potrebbe essersi fatto male davvero (ma il vaso è salvo). Vediamo un altro esempio. Se scrivo: Emma lascia in pace Lorenzo o Emma, lascia in pace Lorenzo! intendo comunicare due cose molto diverse tra loro: nella prima frase constato e descrivo una situazione, nell’altra invece invito, ordino a Emma di lasciare in pace Lorenzo. 1. Punti, virgole... e capoversi l per Queste sono le regole che trovate in ogni grammatica. In realtà l’uso della virgola, come abbiamo detto prima, è fortemente legato alla personale scelta stilistica dell’autore, che ad esempio può usarla anche in modo “irregolare”, per mettere in rilievo alcuni elementi rispetto ad altri o per dare un particolare ritmo narrativo al testo. Ci sono autori che hanno trasgredito perfino i divieti, ma a noi, comuni mortali, conviene attenerci alle indicazioni di base e usare questo segno con una certa “umiltà”, senza voler essere eccessivamente creativi. 19 1. Punti, virgole... e capoversi La virgola e la congiunzione e Fino a non troppo tempo fa le grammatiche consideravano l’uso della virgola prima della congiunzione e un errore (troppo ridondante, si diceva), nonostante se ne siano largamente serviti tanto Dante quanto Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi.Ora questo uso non viene più considerato errato e,facendo attenzione, lo potete ritrovare spessissimo nei libri dei vostri autori preferiti,nei testi formali o negli articoli di giornale. Virgola e congiunzione servono, infatti, sia a mettere in evidenza l’elemento (parola o frase) che con la congiunzione si vuole inserire, sia a dare un ritmo sostenuto e vivo al testo. Ecco qualche esempio: Ricordatevi di lasciare a casa il telefonino, il computer e l’iPod, e ovviamente anche il vostro iPad. Poi, conoscendola a fondo, della grammatica ho capito anche un’altra cosa, e cioè che è meno spigolosa di come la si dipinge e di come, in un certo senso, la gente vorrebbe che fosse. (Andrea De Benedetti, Val più la pratica) I linguisti conoscono due forme di creatività: quella che rispetta le regole e quella che le infrange, e magari finisce per cambiarle. (Stefano Bartezzaghi, L’elmo di Don Chisciotte) A proposito dell’uso della virgola e della congiunzione per dare ritmo alla narrazione, vediamo questo intenso brano di Alessandro Baricco dal suo Omero, Iliade: E di nuovo entrò nell’acqua e si mise ad ammazzare: Asteropeo, e Tersìloco, e Midone, e Astìpalo, e Mneso, e Trasìo, ed Enìo, e Ofeleste. Era una mattanza. E allora io mi misi a gridare. La coppia virgola-congiunzione e è del tutto giustificata anche dopo gli incisi, come nella seguente frase: Se ne andarono tutti, benché fosse ancora presto, e lasciarono il locale a due a due, disciplinatamente. Un po’ di... etimologia 20 Virgola deriva dal latino VĬRGULA(M), diminutivo di VĬRGA(M), ‘verga’. Significa quindi ‘piccola verga’. Questo segno interpuntivo ebbe una vita molto movimentata, dall’inizio dell’uso della punteggiatura: da orizzontale a verticale e poi obliqua fino a prendere, finalmente, la sua definitiva forma e collocazione. I testi per il web vanno generalmente costruiti utilizzando una sintassi più semplice rispetto ai testi destinati alla stampa cartacea. Una sintassi semplificata, adatta alla lettura su internet, presuppone un uso limitato degli incisi e delle proposizioni subordinate e quindi, ovviamente, anche delle virgole. Norme grafiche La virgola va sempre attaccata alla parola che la precede e deve sempre essere seguita da uno spazio. Questa regola andrebbe seguita ovunque, nelle comunicazioni formali, in quelle informali, nelle mail e nei social network. Altrimenti i vostri testi, anche quelli personali e meno sorvegliati, risulteranno sciatti. Quindi non si scriverà: Sono andata a scuola , ho visto Elena ,Luca e Gianni e li ho invitati. Ma si scriverà: Sono andata a scuola, ho visto Elena, Luca e Gianni e li ho invitati. 1. Punti, virgole... e capoversi La virgola nel web Dicono della virgola “Tramare contro la virgola non paga mai. Bisogna invece amare la virgola sino alla virgolalatria, la virgola è pausa di ironia, è scalo del marinaio, è cielo in terra, la virgola ha umanizzato il mondo”. (Francesco Merlo, La Repubblica, 03/03/2004) POTRESTI TROVARE INTERESSANTE ANCHE: Cap. 7. La lingua nel web 21 1. Punti, virgole... e capoversi Il punto e virgola Ecco forse l’elemento meno amato (e apprezzato) della punteggiatura: il punto e virgola. Quanti di noi ne fanno uso con regolarità? Pochi davvero, tant’è che questo doppio segno sembra essere scomparso (ma è mai stato veramente usato?) dalle composizioni scolastiche, dalle tesine e dalle relazioni, perfino dagli articoli di giornale o da tanta letteratura contemporanea. Per non parlare della scrittura del web, dove il punto e virgola pare non avere alcun diritto di cittadinanza. LA GRAMMATICA DICE Nella norma grammaticale il punto e virgola indica, come dice il nome stesso, una pausa intermedia tra il punto e la virgola: una pausa non forte e decisa come il punto fermo e nemmeno leggera e delicata come la virgola. Il punto e virgola può quindi essere usato: dividere due o tre frasi collegate fra loro, ma troppo lunghe per essere separate da una semplice virgola: oggi non mi sento troppo bene, anzi quasi quasi me ne andrei a letto; passerei un pomeriggio leggendo, pensando e riposando; e poi, alla fine, potrei di nuovo affrontare il mondo. l Nel caso di enumerazioni complesse: le cause di tale complessità sono una cattiva gestione della cosa pubblica che si ripercuote nel senso civico dei cittadini; l’incapacità politica e gestionale della dirigenza; il mutato clima socio-culturale del paese. l Per introdurre un cambiamento di soggetto in frasi coordinate: Luigi aveva già deciso che si sarebbe laureato entro l’estate; a meno che Elena non fosse partita con lui per sempre. Questi sono solo due esempi, Punti e virgola d’autore ma il suo uso è davvero molto legato alla personale scelta sti“Gli assassini inseguono Pinocchio; e dopo averlo listica di chi scrive. E soprattutraggiunto, lo impiccano a un ramo della Quercia to alle capacità e competenze grande”. linguistiche, perché generalCollodi, Le avventure di Pinocchio, XV mente si fa molta fatica a capire quando e come inserire il “Ostero fece vedere come maneggiava con disinvolpunto e virgola: a volte ci risultura le meduse; la tirò a bordo con un remo, la mita più facile spezzare le frasi se a pancia all’aria. La ragazza squittì, ma poco; con un bel punto fermo o inseOstero ributtò la bestia in acqua”. rire una virgola in più, piuttoItalo Calvino, L’entrata in guerra sto che fermarci a riflettere se un punto e virgola sarebbe l per 22 La Costituzione italiana Come ci fa notare Bice Mortara Garavelli nel suo Prontuario di punteggiatura, un esempio molto chiaro di come si possa usare il punto e virgola nei testi di carattere più formale (o sorvegliato) è la nostra bellissima Costituzione, dove il punto e virgola non è evidentemente mero vezzo stilistico, ma ha la funzione di “separare i membri delle serie formate da frasi, anche perché in ciascuna di queste potrebbero occorrere delimitazioni di minor peso da segnalare naturalmente con le virgole”. Cito, dal Prontuario, l’articolo 5, dove si vede chiaramente come il punto e virgola suddivida le varie frasi che compongono l’articolo, mentre le virgole racchiudono, all’interno della frase, una delucidazione, un inciso (“una e indivisibile”): 1. Punti, virgole... e capoversi adeguato o meno. Le grammatiche e i manuali di scrittura esortano a intensificare l’utilizzo di questo bistrattato segno d’interpunzione, ma la scrittura prevede una certa libertà nella costruzione sintattica che, come nell’architettura, costruisce e progetta i testi avvalendosi di stili diversi, che sono personali e adeguati al pensiero stesso dello scrivente. Il consiglio, quindi, è il seguente: leggete le regole e, quando avete tempo, provate a esercitarvi nell’uso del punto e virgola. Senza esagerare, ovvio. ART. 5 La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento. Ma vediamo anche un altro esempio: ART. 11 L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. 23 1. Punti, virgole... e capoversi I due punti Nella scrittura i due punti rappresentano uno strumento di comunicazione straordinario, poiché non servono solo a indicare una pausa intermedia tra il punto e la virgola, ma possono rivelarsi un valido aiuto nella costruzione sintattica di una frase. Come segno di interpunzione hanno la funzione di introdurre o presentare qualcosa e servono normalmente: l per introdurre un elenco: tutto gli sembrava insopportabile: parlare, scrivere, perfino telefonare; l per introdurre un discorso diretto: l’uomo chiese alla donna: «Quando tornerai?»; l per introdurre una spiegazione: Ma era pur bella così: bruna, sfavillante negli occhi, coi capelli nerissimi e ondulati; le labbra fine, taglienti, accese. (Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal) Inoltre possono essere usati in sostituzione delle congiunzioni che normalmente introducono una subordinata o una coordinata (come perché, poiché, in quanto che ecc.) e rendere quindi il testo più sintetico e incisivo. Sono un ottimo strumento, ad esempio, per evitare di scrivere due che o due perché nella stessa frase: I matematici li chiamano primi gemelli: sono coppie di numeri primi che se ne stanno vicini, anzi quasi vicini, perché fra di loro vi è sempre un numero pari che gli impedisce di toccarsi per davvero. (Paolo Giordano, La solitudine dei numeri primi) Potremmo dire che i due punti svolgono una funzione che va oltre il testo e la sintassi, poiché servono a risvegliare l’attenzione del lettore su quello che segue e che può essere un elenco, una spiegazione o una delucidazione. È come se dicessero al lettore: guarda, da qui in poi troverai parole o frasi che ti aiuteranno a comprendere meglio il testo che precede. I due punti possono anche creare una pausa nel discorso, un momento vuoto, spesso ricco di aspettativa. Tant’è che il loro uso è frequente soprattutto nello stile giornalistico dove si cerca sempre di mantenere alta l’attenzione del lettore introducendo un pizzico di suspence. Ecco alcuni esempi: 24 Napolitano: «l’Italia sia sempre più fondata sul lavoro» (La Repubblica, 01/05/2011) Da tre o quattro anni l’universo dei massmediologi è unanime nel considerare il giornalismo un pianeta moribondo: quotidiani in crisi di vendite, testate che chiudono una dopo l’altra e un’intera generazione – quella sotto i trent’anni – che non si avvicina a un’edicola nemmeno con la pistola alla tempia. (L’Espresso, 11/04/2011) Si possono usare i due punti per due volte nello stesso periodo o nella stessa frase? I pareri, riguardo a questa questione, non sono univoci. I manuali di redazione, ma anche molte grammatiche, sconsigliano vivamente quest’uso. D’altra parte la prosa letteraria ci offre più di un esempio dei doppi due punti usati nella stessa frase. Per non parlare della letteratura scientifica, dove l’uso reiterato dei due punti svolge una funzione esplicativa (la spiegazione nella spiegazione o l’elenco all’interno della spiegazione) che risulta essere molto importante per la chiarezza e la precisione del discorso specialistico. Per quanto riguarda la nostra produzione letteraria, soprattutto per quella più sorvegliata, suggerirei di farne un uso moderato e ponderato. 1. Punti, virgole... e capoversi Fukushima come Chernobyl: l’agenzia giapponese per la sicurezza nucleare ha innalzato al livello massimo di 7 la classificazione dell’incidente alla centrale nucleare giapponese danneggiata dal terremoto e dallo tsunami dello scorso 11 marzo. (La Repubblica, 12/04/2011) Lunedì vivace manifestazione nel centro di Roma: studenti e sindacati finalmente uniti in un’unica battaglia: la difesa della Costituzione. Due punti che uccidono Dimenticarsi i due punti può rivelarsi un errore gravissimo. Porto l’esempio di un titolo di giornale online, dove qualcuno aveva omesso i due punti, rovesciando completamente il senso della frase e creando una notizia falsa: Obama sepolto con rispetto. Il titolo corretto doveva essere: Obama: sepolto con rispetto. Una piccola dimenticanza e veniamo a sapere che Obama è stato seppellito (per fortuna con rispetto). In realtà il titolo doveva riportare, in sintesi, ciò che il presidente Obama aveva riferito ai giornalisti durante una conferenza stampa: ovvero che Osama Bin Laden, dopo essere stato ucciso, era stato sepolto con rispetto. 25 1. Punti, virgole... e capoversi Il punto interrogativo e il punto esclamativo Il punto interrogativo si mette alla fine di una domanda e quello esclamativo serve per chiudere un’esclamazione. Il punto esclamativo e il punto interrogativo sono anche chiamati “marche dell’intonazione” perché sono lì per indicarci come dobbiamo intonare la frase che stiamo leggendo. Infatti la frase interrogativa va letta con tono ascendente: «Come ti chiami?» «Che cosa fai?» Mentre la frase esclamativa ha un’intonazione discendente: che spavento! vieni subito qui! ahi!, ahimè!, uffa! L’intonazione di questi due tipi di frase è davvero molto importante. Pensate che la lingua spagnola la indica addirittura all’inizio della frase, con il punto interrogativo e il punto esclamativo capovolti: ¿Cuál es tu nombre? e ¡Quién te has creído que eres! E la maiuscola? Dopo il punto interrogativo o esclamativo normalmente si ricomincia la frase con la lettera maiuscola. Se però la domanda fa parte integrante della frase, allora può essere seguita dall’iniziale minuscola. Gli autori si comportano, in questo caso, in modo molto autonomo: c’è chi usa la minuscola e chi preferisce comunque la maiuscola. “[…] mi hai sentito Paride?, e tu, Deìfobo, e voi Polite, Agatone, Eleno [...]?” Alessandro Baricco, Omero, Iliade 26 “- O Melampo dov’è? Dov’è il vecchio cane, che stava in questo casotto? - È morto questa mattina. - Morto? Povera bestia! Era tanto buono!...” Collodi, Le avventure di Pinocchio, Cap. XXII In italiano invece, dove i punti rovesciati all’inizio di frase non esistono, spesso succede che, leggendo un’esclamativa o un’interrogativa lunga, ci salviamo all’ultimo soffio con un improvviso cambio d’intonazione per finire con tono ascendente o discendente a seconda del caso. Con moderazione Sia il punto interrogativo sia quello esclamativo non vanno usati in numero maggiore di uno se non in casi particolarissimi. Al giorno d’oggi, specialmente i messaggi postati sui social network, sono invece conditi da innumerevoli !!!!! o ???? La regola del buon scrivere parla chiaro: l’uso reiterato di punti esclamativi o interrogativi è sconsigliato nella prosa letteraria e negli scritti formali, mentre è frequente nella pubblicità o negli scritti di carattere informale: bentornata a casa, Simona!!!; potresti non svegliarmi così presto, mamma??? Consigliamo in ogni caso di usarli con moderazione. 1. Punti, virgole... e capoversi Si tratta di un espediente grafico che permette, in caso di frasi particolarmente lunghe, di arrivare preparati per l’intonazione ascendente o discendente. A volte il punto interrogativo e il punto esclamativo vengono usati insieme (?!) per esprimere sorpresa e incredulità: davvero Claudio e Valeria hanno deciso di divorziare?! Anche questo espediente grafico va usato con molta cautela. (?)(!) Nei testi scritti è possibile trovare, non di rado, un punto esclamativo o un punto interrogativo racchiusi tra parentesi. Questo impiego particolare dei due segni interpuntivi ha la funzione di commentare le parole o le frasi scritte precedentemente: l il punto di domanda (?) solitamente inserisce un dubbio (ma anche una punta d’ironia) su ciò che è stato scritto in precedenza, parola o frase; l il punto esclamativo (!), invece, si impiega stilisticamente per rimarcare un errore, per sottolineare un’incongruenza, una stupidaggine oppure l’enormità di ciò che è stato detto. Eccone due esempi: Il ministro per l’Economia ha promesso una riduzione drastica (?) della pressione fiscale. In Italia il tasso di occupazione femminile è al 48% (!) contro una media Ocse del 59%. 27 1. Punti, virgole... e capoversi I puntini di sospensione Ecco ciò che dicono le grammatiche su questo simpatico ed espressivo segno di interpunzione. I puntini di sospensione devono essere usati nel numero fisso di tre e servono a indicare: lun discorso lasciato in sospeso (per convenienza, per imbarazzo, per reticenza o per alludere a qualcosa ecc.): si tratta di una persona un po’... strana; vorrei dirti una cosa... difficile da spiegare; ci sarebbe da pagare... un obolo al funzionario; lle pause e le interruzioni nel discorso proprie del parlato: – ... allora... mi sembra di capire che... te ne vorresti proprio… andare via? l racchiusi tra parentesi tonde (...) o quadre [...] per indicare l’omissione di una parte del testo che si vuole citare. I puntini di sospensione ci piacciono molto, ammettiamolo… ci piacciono perché ci permettono di non sentirci del tutto responsabili di quello che diciamo. Ci piacciono perché non trasformano pensieri, giudizi e opinioni in sentenze inappellabili. Ci piacciono perché sono la perfetta trascrizione grafica delle pause e delle esitazioni tipiche del linguaggio parlato. Un noto giornalista e scrittore, Beppe Severgnini, sostiene che il “puntinismo” è una malattia moderna che ha colpito le generazioni dei cinquantasessantenni (la generazione politicamente, culturalmente e sessualmente sospesa – così la chiama nel suo Imperfetto manuale di lingue). E anche le generazioni tecnologiche, che scrivendo con il computer pigiano a più non posso il tasto del punto fermo per creare orde di puntini di sospensione. A dire il vero i puntini li hanno usati (con parsimonia, è vero) anche Alessandro Manzoni e perfino Dante. Ora se ne fa un uso più massiccio soltanto perché la scrittura si è fatta molto più informale e serve soprattutto per scrivere mail e post nella Rete, dove sentiamo tutti la necessità di stabilire un rapporto di complicità e di intimità con i nostri interlocutori. I puntini di sospensione sono l’arma strategicamente migliore per creare il terreno condiviso della comunicazione. Ovviamente, negli scritti più formali essi vanno usati con grande, grandissima moderazione. 28 I puntini di sospensione sono anche chiamati puntini di reticenza (dal latino RETICĒRE che significa ‘tacere’). La reticenza è una vera e propria figura retorica che consiste nel lasciare in sospeso una frase senza terminarla, lasciando immaginare al lettore la parte finale che invece viene espressa con i tre pun- Signor giudice,qui si sta parlando di un imputato… particolare,oserei dire. Lei mi capisce… Vorrei vedere che mi faceste....! Per amor del cielo! Non si scherza. Non si tratta di torto o di ragione; si tratta di forza. E quando, questa mattina, vi davo un buon parere.... eh! subito nelle furie. (Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi, Cap. II) Norme grafiche 1. I puntini di sospensione non si usano in modo anarchico, una volta due, una volta quattro: le regole della punteggiatura ne prevedono solo tre e non di più. Grandi scrittori li hanno usati anche quattro alla volta, ma si chiamavano Manzoni o Gadda, quindi… non facciamo paragoni e cerchiamo di attenerci alle regole! 2. I puntini devono essere attaccati alla parola che li precede e seguiti sempre da uno spazio vuoto, cui segue il resto del testo. Per esempio... 3. Quando i puntini sono alla fine della frase non occorre aggiun“Aspetta, è un pacco per la signora Rail, gere il punto fermo. è arrivato ieri e... 4. Dopo i tre punti si usa la maiu– Allora, Pit... scola solo quando si inizia una – ... è arrivato ieri e... nuova frase, altrimenti si conti– ... è arrivato ieri... nua con la minuscola. – ... è arrivato ieri e ha l’aria lontana, 5. Se i puntini di sospensione sono ecco. in principio di frase, si deve inizia– L’aria lontana? – Sì.” re con la lettera minuscola, come Alessandro Baricco, Castelli di rabbia si può vedere dall’esempio nel riquadro. 1. Punti, virgole... e capoversi tini. Con questo espediente lo scrittore vuole dare l’impressione di non poter o non voler proseguire, lasciando volutamente libero il lettore di trarre le sue conclusioni o di intuire i contenuti non espressi direttamente: 29 1. Punti, virgole... e capoversi Tra parentesi La regola sull’uso della punteggiatura dice che le parentesi tonde si usano per gli incisi, come le virgole e le lineette. Servono quindi a inserire, in una frase, una precisazione, una delucidazione, un commento: Intanto la buona Agnese (così si chiamava la madre di Lucia), messa in sospetto e in curiosità dalla parolina all’orecchio, e dallo sparir della figlia, era discesa a veder cosa c’era di nuovo. (Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi, Cap. II) L’Uzbekistan si allunga dalle falde occidentali del massiccio dell’Alaj (a est), che inquadrano la valle del Fergana (una fossa di sprofondamento), sino alle rive del vastissimo lago d’Aral (a ovest), residuo di un antico mare, a soli 53 m di altitudine. (da Wikipedia) Prendendo il caso di Siena (55mila abitanti), i ricercatori hanno confrontato sei importanti produttori di acqua minerale rispetto all’acqua pubblica. (La Repubblica, 21/04/2011) Molto spesso possono anche essere sostituite dalle virgole o dalle lineette, ma non sempre, perché una caratteristica delle parentesi tonde è di sottolineare una distanza più netta del contenuto dell’inciso rispetto al resto del testo. Un po’ di... etimologia Parentesi deriva (attraverso il latino PARĔNTHESIS) dal greco parénthesis, che significava ‘inserzione, interposizione’, composto di para (‘accanto’)en (‘in’)-tithénai, (‘porre’), quindi ‘inserire, frapporre’. Le parentesi tonde ci forniscono inoltre uno strumento ideale per inserire, all’interno del testo, una seconda voce narrante, creando diversi piani di narrazione che tanto possono offrire, in termini di espressività, ai nostri testi. Ne sapeva qualcosa Alessandro Manzoni, che nei Promessi Sposi utilizza questo straordinario espediente per inserire quelle annotazioni così vive e intense, che paiono venire da un secondo narratore: 30 Ho visto io più d’uno ch’era più impicciato che un pulcin nella stoppa, e non sapeva dove batter la testa, e, dopo essere stato un’ora a quattr’occhi col Un giorno, (sentite questa) lo scapestrato aveva invitato alcuni suoi amici dello stesso ,pelo, e, gozzovigliando, raccontava la storia del noce, e rideva de’ frati. (Cap. III) L’uomo onesto in faccia al malvagio, piace generalmente (non dico a tutti) immaginarselo con la fronte alta, con lo sguardo sicuro, col petto rilevato, con lo scilinguagnolo bene sciolto. (Cap. V) Ma ci sono moltissimi altri esempi, nella nostra letteratura, classica e contemporanea: Ma, fatti pochi passi, tornai indietro, e (per curiosità, via, non per altro!) con quello stesso sorriso sdegnoso e di commiserazione su le labbra, entrai nella bottega e comprai quell’opuscolo. (Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal) Barbara e la madre di Nilowfer (è egiziana, non ricordo il suo nome) mi invitano a prender un caffè al bar, e io accetto. (Sandro Veronesi, Caos Calmo) 1. Punti, virgole... e capoversi dottor Azzecca-garbugli (badate bene di non chiamarlo così!), l’ho visto, dico, ridersene. (Cap. III) L’uso delle parentesi è legato allo stile di scrittura personale, ma risente molto anche degli altri espedienti grafici che usiamo per introdurre gli incisi nel nostro testo. Se abbiamo già fatto ricorso a lineette e virgole, le parentesi possono venirci in aiuto. Un esempio per tutti: – Dirò il vero anche in questo, – proseguiva Attilio. – Da una parte, sapendo quante brighe, quante cose ha per la testa il signore zio... – (questo, soffiando, vi mise la mano, come per significare la gran fatica ch’era a farcele star tutte) – s’è fatto scrupolo di darle una briga di più. (Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi, Cap. XVIII) Norme grafiche 1. Si apre la parentesi e si scrive il testo senza inserire alcuno spazio, allo stesso modo la parentesi che chiude l’inciso va posta immediatamente dopo la fine dell’ultima parola (senza spazio). 2. Ricordate sempre di chiudere la parentesi che aprite e di non chiudere una parentesi che non avete mai aperto: le parentesi sono una coppia inseparabile. 3. I punti esclamativi o interrogativi vanno posti sempre all’interno delle parentesi: i miei hanno deciso (finalmente!) di farmi uscire stasera. Invece, gli altri segni di interpunzione (virgola, due punti, punto) vanno sempre 31 1. Punti, virgole... e capoversi dopo aver chiuso la parentesi e mai prima di aprirla: mi colse di sorpresa (era già successo), ma non per questo evitai il suo sguardo. 4. Le parentesi servono anche per racchiudere le diciture N.d.T. (nota del traduttore), N.d.A. (nota dell’autore) e simili. Le parentesi quadre si usano molto raramente. Si adoperano soprattutto per inserire un inciso all’interno delle parentesi tonde: (l’antica città [Pompei] fu distrutta da un’eruzione vulcanica) oppure, con tre puntini al loro interno [...], per segnalare che sono state omesse una o più parole o frasi in una citazione. [...] Una volta al mese, il dottor Pardon e sua moglie invitavano i Maigret a cena nella loro casa di boulevard Voltaire. Due settimane dopo, andavano loro a cena in boulevard Richard-Lenoir. Le mogli ne approfittavano per fare le cose in grande [...], mentre i mariti chiacchieravano tranquilli bevendo liquore di prugne o di lamponi. La cena era riuscita benissimo. La signora Maigret aveva preparato la faraona ripiena, e il commissario era andato in cantina a prendere una delle ultime bottiglie di Chàteauneuf-duPape [...]. (Georges Simenon, Maigret e l’informatore) Lo sapevate? Anche nelle scienze matematiche si usano le parentesi tonde, ma hanno delle regole d’utilizzo proprie che… sconfinano dai territori delle regole grammaticali! Esistono anche le parentesi graffe e angolate (quelle ad angolo ottuso, per intenderci) hanno usi molto specifici che rientrano nel linguaggio tecnico della matematica, della geometria analitica e della filologia. Ci sono poi le parentesi uncinate (o angolari) e sono a forma di angolo acuto e si usano soprattutto nell’informatica, come il linguaggio HTML, per esempio. Nella redazione dei testi servono, nella citazione di indirizzi internet, a racchiudere la URL , cioè il nome del documento da ricercare nel web, come ad esempio: < http://www.wordreference.com/it> 32 Non è sempre facile distinguere (e soprattutto usare in modo appropriato) questa coppia di segni che si differenziano soltanto per la loro lunghezza. Neppure la scrittura al computer ci aiuta, perché spesso la tastiera non prevede la possibilità di usare il trattino lungo ma solo quello breve, mentre un programma di scrittura come Word inserisce automaticamente il trattino lungo solo se si digita una particolare combinazione di tasti (un po’ macchinoso, a volte). D’altra parte, ai nostri giorni, il computer ci permette di creare dei testi che formalmente sono uguali a quelli stampati in tipografia e che quindi devono saper rispettare, alla perfezione, le regole grammaticali e grafiche della punteggiatura. Molte persone ritengono che trattino e lineetta siano la stessa cosa, ma non è proprio così. 1. Punti, virgole... e capoversi Trattini e lineette Il trattino si usa: l per unire due parole che vengono collegate tra loro occasionalmente: il volo Bologna-New Orleans; un dizionario italiano-francese; un corteo antiinceneritore; l in alcune parole composte, anche se la tendenza è di scriverle senza trattino: auto-ironia, socio-linguistica (ma anche autoironia, sociolinguistica); l nella suddivisione sillabica: pe-sca-to-re, fi-du-cia; l a fine riga, per dividere una parola (invece del trattino, soprattutto nei testi scritti a mano, si può usare anche il segno =). Attenzione! Il trattino breve non va mai usato per delimitare un inciso. I due trattini lunghi, detti lineette, si possono usare: delimitare una proposizione incidentale in sostituzione della virgola e delle parentesi: La ragazza – a detta di tutti – era la migliore ballerina della città. l per Giunsi alla scuola,– avevo io la chiave,– entrai, feci un giro per le aule aprendo i vetri come m’avevano insegnato. (Italo Calvino, L’entrata in guerra) l al posto delle virgolette, per delimitare il discorso diretto: – Dove stai andando? – chiese la ragazza al suo compagno di viaggio. – Diavolo! par morta, – disse uno di coloro: – se fosse morta davvero? (Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi, Cap. XX) 33 1. Punti, virgole... e capoversi Norme grafiche La distinzione grafica fra trattino e lineetta (breve il primo, lunga la seconda) ci dovrebbe aiutare a non cadere in confusione: 1. il trattino (-) va sempre unito alla parola e non prevede spazi: il pensiero giudaico-cristiano, la socio-linguistica, il va-e-vieni; 2. le lineette (– –), invece, richiedono uno spazio prima e uno dopo ciascuna di esse: Oggi i riferimenti tradizionali – i miti, gli dèi, le trascendenze, i valori – sono stati erosi dal disincanto del mondo. (Franco Volpi, Il Nichilismo) 3. quando l’inciso, aperto da una lineetta, termina con il punto fermo, la lineetta non va ripetuta: visitarono insieme Venezia – come in sogno immersi nelle brume novembrine. Attenti all’inglese Attenzione a non farsi influenzare dall’uso tipografico anglosassone – specialmente americano – che spesso non inserisce alcuno spazio tra la parola precedente e quella seguente la lineetta, chiamata in inglese em dash: “All four of them–Bob, Jeffrey, Jason, and Brett–did well in college.” 34 Le virgolette possono essere di diversi tipi: alte (“ ”), basse (« ») o semplici (‘ ’). LA GRAMMATICA DICE La regola, riguardo a questo segno grafico, è chiara e semplice da seguire, basta solo ricordarsi che le virgolette, di qualsiasi tipo, una volta aperte vanno sempre chiuse. Normalmente le virgolette alte e le virgolette basse si usano: lper delimitare un discorso diretto: la donna allora gli chiese: «Mi ami ancora?»; l per delimitare una citazione nella quale sono riportate le parole esatte di qualcuno: il ministro ha detto chiaramente che “il governo ha fatto tutto il possibile”; l per evidenziare una o più parole o una frase intera, oppure per sottolinearne il significato particolare (parlando si dice, infatti, “tra virgolette”): Luca è un “animale notturno”. 1. Punti, virgole... e capoversi Le virgolette Le virgolette semplici, dette anche apici, si usano spesso per indicare il significato di una parola: heart, in inglese, significa ‘cuore’; la parola diatriba significa ‘scritto o discorso polemico’ oppure ‘litigio, alterco’. Le virgolette alte e basse, usate per le citazioni, si rivelano uno strumento comunicativo di grande effetto, poiché introducono nel testo scritto (ma anche in quello parlato, quando usiamo l’espressione “tra virgolette”) una sorta di molteplicità di pensiero. Tramite queste piccole virgole appese in alto possiamo riportare citazioni di pensieri altrui – condividendoli o prendendone le distanze – come in una “polifonia” (come la chiama Bice Mortara Garavelli) che trasforma un testo monodico in un coro di voci chiamate in causa da chi scrive. Questo segno apparentemente leggiadro può – se dimenticato, o peggio, se aggiunto inopportunamente – causare veri e propri incidenti diplomatici: ne sanno qualcosa i giornalisti, che a volte ne fanno un uso davvero improprio. Ho letto ultimamente su una pagina di giornale: In Giappone arrivano gli esperti da tutto il mondo: «Fukushima come Chernobyl». Poi, andando a leggere l’articolo, trovo che le virgolette sono misteriosamente sparite e non si sa più chi, o se qualcuno, abbia veramente pronunciato quelle parole. 35 1. Punti, virgole... e capoversi Tra virgolette Le virgolette servono anche per prendere le distanze da una parola o da una frase che lo scrivente inserisce in un testo e, pur essendo sua, la “cita” per farci sapere che la riporta con ironia o con sarcasmo. Spesso però vengono usate con esagerazione, e si ha l’impressione che chi scrive non abbia il coraggio di esprimere il suo pensiero con sincerità e coraggio e piuttosto abbia bisogno di nascondersi dietro a un segno che vuole dirci: “qui lo dico e qui lo nego”. Quando parliamo per segnalare che quello che stiamo dicendo è posto tra virgolette, ci affidiamo a un tipo di intonazione particolare, molto ironica oppure avvertiamo il nostro interlocutore dicendo “tra virgolette” e accompagnando spesso questa espressione con il – tanto criticato – gesto che le disegna nell’aria con entrambe le mani: Il cantante Michael Jackson continuerà sempre a “essere vivo”, grazie all’amore incondizionato dei suoi milioni di fan. Norme grafiche 1. Non ci deve essere spazio alcuno tra le virgolette di apertura e il testo che segue, neppure tra il testo e le virgolette di chiusura: “Va’ tu al tempio di Atena” le disse. (Alessandro Baricco, Omero, Iliade) 2. Il punto fermo va messo subito dopo le virgolette. “Chi è là nel buio? Cosa cercate?”. (Alessandro Baricco, Omero, Iliade) Sergenti Le virgolette basse («») vengono chiamate anche “a sergente” o “caporali”, perché ricordano i gradi militari. 36 Questo spazio è dedicato al discorso diretto, ossia a quegli strumenti linguistici ed espedienti grafici che ci permettono di inserire, all’interno di un testo scritto, la riproduzione fedele (o presunta tale) di ciò che viene detto o è stato detto, da altri o dal narratore stesso. La lingua italiana ci offre, a questo scopo, diverse possibilità che possiamo usare a seconda del nostro gusto e del modo in cui è strutturato un testo. Se sfogliamo i libri vediamo che ogni casa editrice adotta generalmente una modalità, tra quelle disponibili, per distinguere il discorso diretto. I segni grafici che si possono impiegare per segnalare che all’interno della narrazione si introduce un discorso parlato sono: l le virgolette alte “ ”, precedute dai due punti; l le virgolette basse « », precedute dai due punti; l la lineetta – , senza i due punti. 1. Punti, virgole... e capoversi Il discorso diretto Le difficoltà maggiori nel riportare il discorso diretto riguardano l’uso della punteggiatura, la presenza o meno di spazi e il mantenimento dell’uniformità nel loro eventuale impiego. Esempi con virgolette alte: Risposi:“Sono cose che capitano il giorno prima”. “Il giorno prima di che?” “Il giorno prima della felicità”. (Erri De Luca, Il giorno prima della felicità) L’uomo abbassò lo sguardo. Poi disse piano: “Io sono Ulisse. Vengo da Itaca, e lì, un giorno, tornerò”. (Alessandro Baricco, Omero, Iliade) Esempi con virgolette basse: «Oh», diss’io lui, «se l’altro non ti ficchi / li denti a dosso, non ti sia fatica / a dir chi è, pria che di qui si spicchi». (Dante, Inferno, c. XXX, vv. 34 segg.) «E chi dovrebbe sposare, secondo te?» domandò con una certa irritazione. «Ma suo cugino, l’avvocato Rosello» rispose la vecchia fermandosi a scrutarlo in faccia. «Perché proprio lui?».(Leonardo Sciascia, A ciascuno il suo) Esempi con le lineette: Uscendo dallo stabilimento, Jerry mi raggiunse tutto fiero. – L’ho baciata, – mi disse. Era entrato nella cabina di lei, esigendo un bacio d’addio; lei non vole- 37 1. Punti, virgole... e capoversi va, ma dopo una breve lotta gli era riuscito di baciarla sulla bocca. – Il più è fatto, ora, – disse Ostero. (Italo Calvino, L’entrata in guerra) – Misericordia! cos’ha, signor padrone? – Niente, niente, – rispose don Abbondio, lasciandosi andar tutto ansante sul suo seggiolone. (Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi, Cap. I) Norme grafiche Le virgolette alte e basse 1. Le virgolette servono a distinguere il discorso parlato da quello narrato. Quindi non possono mai sostituire la punteggiatura di un testo: significa che, nel caso di incisi, verranno a sommarsi alle virgole dell’inciso e non a sostituirle. Si scriverà quindi: «Non ne posso più», disse la donna, «del tuo stupido egoismo» e non: «Non ne posso più» disse la donna «del tuo stupido egoismo». 2. Se le virgolette chiudono la frase, il punto deve essere messo dopo le virgolette: «È una giornata bellissima», disse Anna, «vorrei visitare il castello». 3. Quando il discorso diretto termina con un punto interrogativo, esclamativo o con i puntini di sospensione, essi devono rimanere all’interno delle virgolette proprio perché sono elementi strettamente legati all’intonazione del testo. Mentre il punto che chiude il discorso diretto andrà subito dopo le virgolette: “Chi è là nel buio? Cosa cercate?”. “Andatevene via immediatamente. Tutti!”, disse sdegnato. “Cerchi qualcuno da mandare nell’accampamento troiano, a spiare le loro mosse? Non ti sarà facile trovarlo…” (Alessandro Baricco, Omero, Iliade) La lineetta 1. La lineetta che chiude una battuta si mette soltanto se poi continua la narrazione: – Il più è fatto, ora, – disse Ostero. (Italo Calvino, L’entrata in guerra) 2. Tra la lineetta e le parole, prima e dopo di essa, va sempre lo spazio: – Guarda chi sta arrivando! – esclamò; 3. Se dopo il discorso diretto segue la narrazione, prima della lineetta va la virgola, o meglio: parola-virgola-spazio-lineetta: – Niente, niente, – rispose don Abbondio. (Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi, Cap. I) 38 Ho capito; – disse allora ridendo e grattandosi la parrucca, – si vede che quella vocina me la sono figurata io. Rimettiamoci a lavorare. (Collodi, Le avventure di Pinocchio, I) Il discorso diretto vale anche per i discorsi pensati o immaginati dal narratore o da uno dei personaggi. In questo caso di norma si usano le virgolette alte, ma può anche accadere di vederlo, nei libri, racchiuso tra virgolette basse o tra apici. Ovviamente sia in un caso che nell’altro il discorso “pensato” dovrà distinguersi da quello parlato usando segni interpuntivi del discorso diretto diversi tra loro. Ecco qualche esempio: «Quanto mi costerà tutto ciò?», pensavo tra me e me, «Una fortuna, di sicuro!». «Senti senti» disse: ma sollevato, quasi divertito. Il postino pensò ‘niente corna’. Domandò «E che è,una minaccia?». (Leonardo Sciascia, A ciascuno il suo) Pensai:“E se la baciassi?”. Invece la guardai negli occhi e dissi: «Hai mai letto Proust?» 1. Punti, virgole... e capoversi Il discorso diretto “pensato” 39 1. Punti, virgole... e capoversi Grassetto, corsivo e sottolineato Da quando usiamo il computer per redigere i nostri scritti (pubblici e privati), non dobbiamo soltanto preoccuparci di strutturare bene il nostro testo nei suoi contenuti e di saperlo formulare al meglio dal punto di vista linguistico e grammaticale; siamo anche tenuti a occuparci della sua realizzazione grafica. Per fare ciò esistono diversi strumenti, come la scelta del carattere e dell’interlinea o il ricorso al grassetto, al corsivo e alla sottolineatura. Un tempo gli unici a conoscere i segreti per la resa grafica di un testo erano i tipografi; ai nostri giorni i programmi di videoscrittura ci hanno messo a disposizione di mouse tutti gli strumenti adatti allo scopo. Ma ciò non significa che i nostri testi ne traggano sempre giovamento. Il grassetto – detto anche neretto –, il corsivo e il sottolineato sono le principali tecniche grafiche per mettere in evidenza una parola o una frase in un testo. A volte li usiamo un po’ a caso, pensando che siano soltanto degli “abbellimenti” grafici e ignorando il fatto che esistono regole ferree anche per il loro utilizzo. Vanno infatti usati con discernimento e soprattutto con parsimonia. La leggibilità di una pagina non aumenta se si adorna il testo – in modo creativo e personale – di grassetti, sottolineature e corsivi. Al contrario, un eccesso di messa in rilievo può disorientare e confondere il lettore. Come sempre vale la regola della chiarezza e della sobrietà: alla chiarezza di contenuti e di struttura deve corrispondere la chiarezza della presentazione grafica. Istruzioni per l’uso 40 Innanzitutto diciamo subito che è bene scrivere un testo in tondo (ovvero con il carattere normale). Poi, in caso di bisogno, possiamo fare ricorso a questi espedienti grafici: l Il grassetto, chiamato anche neretto, serve a mettere in evidenza una parola o una frase. Va usato con grande cautela. Si scrivono normalmente in grassetto: i titoli, i sottotitoli e le informazioni che devono immediatamente balzare agli occhi del lettore (una data importante per una riunione, una somma da pagare, la parola-chiave intorno alla quale è stato costruito il nostro ragionamento). Un testo è bello e leggibile anche senza parole evidenziate in grassetto! l Il corsivo viene utilizzato per i termini tecnici, per le parole latine e le parole straniere sentite ancora come estranee all’italiano (mission, no-fly zone ecc.) Quando pubblichiamo un’intervista, è buona norma scrivere le domande in grassetto (o in grassetto corsivo). Alcuni editori preferiscono invece usare il semplice corsivo. Questi espedienti grafici servono sia per rendere l’idea di un testo a “due voci”, sia per agevolare la lettura individuando con immediatezza quali sono le domande e quali le risposte. “La vita è bella” a parte, a quale dei film per i quali ha scritto la colonna sonora è più legato o ricorda con maggiore nostalgia? La nostalgia è variabile, di mese in mese, e rischia di farti vivere con la testa girata all’indietro. La nostalgia è la vigilia del capolinea. Va tenuta a bada. Preferisco pensare a oggi, anzi, a domani: “La conquête”, un film di Xavier Durringer che ho musicato di recente, in uscita a maggio in Francia e la mia prossima opera da concerto: “Viaggi di Ulisse”. (Intervista a Nicola Piovani, MicroMega, 4 aprile 2011) Una riga vuota è, invece, d’obbligo tra la risposta e la nuova domanda. 1. Punti, virgole... e capoversi Lo sapevate? e mai per quelle ormai entrate a far parte della nostra lingua (computer, film, sport ecc.). In corsivo vanno anche quelle parole straniere o latine che sono percepite come tecniche o specialistiche (de iure, ad maiora, default ecc.). Web e internet vanno sempre scritte in tondo. Dal momento che il corsivo deve essere usato per i termini tecnici o specialistici all’interno di contesti non tecnici o specialistici, è ovvio che quando ci troviamo in ambito tecnico non avremo bisogno di ricorrere al corsivo e potremo lasciare le parole in tondo. Il corsivo serve anche per le citazioni, i titoli di libri, gli articoli e le composizioni musicali. Inoltre, come il grassetto, può essere utilizzato con valore enfatico, per evidenziare alcune parole all’interno di un testo, ma è consigliabile usare questa modalità con grande parsimonia. l Il sottolineato corrisponde al corsivo. Se si usa l’uno è bene evitare l’altro in uno stesso testo. Inoltre, visto che sono equivalenti, non si dovrebbero usare mai le due funzioni, corsivo e sottolineato, insieme; potremo allora scrivere esempio o esempio, ma mai esempio. Nel web Un testo scritto per il web necessita di attenzione particolare sia alla scelta del font (il carattere tipografico) sia alla sua formattazione. Questo perché la lettura 41 1. Punti, virgole... e capoversi a video risulta più faticosa di quella su carta. Il lettore si sofferma più brevemente sui testi e ha bisogno di essere guidato nella lettura, per questo può essere utile mettere in evidenza le parole o le frasi sulle quali vogliamo attirare l’attenzione e attorno alle quali abbiamo costruito il nostro testo. A questo scopo l’utilizzo del grassetto risulta molto efficace per facilitare la lettura di una pagina. Inoltre esso focalizza l’attenzione dei motori di ricerca su ciò che vogliamo evidenziare, aiutandoci a strutturare un buon ipertesto. I motori di ricerca, infatti, spesso utilizzano quelle marcate in grassetto come parole-chiave che identificano il contenuto della pagina. Il sottolineato nel web si inserisce invece per indicare il collegamento a un link (per esempio: www.accademiadellacrusca.it). In tutti gli altri casi, è inopportuno, genera confusione proprio perché è ormai associato all’idea di collegamento ipertestuale. Il carattere tipografico Quando scriviamo al computer è importante saper scegliere il carattere tipografico con cui redigere il nostro lavoro. Il carattere tipografico è chiamato anche, all’inglese, font e può aiutare a rendere più leggibile e comprensibile il nostro testo. Esistono due tipi di caratteri (o font): 1. i caratteri con le grazie (detti anche romani o serif ), caratterizzati da piccole appendici orizzontali, come il Times New Roman o il Bodoni, per intendersi; 2. i caratteri senza grazie (detti anche bastoni o sans serif ), come l’Helvetica o il Verdana. I programmi di video-scrittura mettono a disposizione tanti tipi di carattere e spesso siamo tentati di usare i caratteri più stravaganti (vedi l’irresistibile successo del Comic Sans SM). D’altra parte, se la carta stampata usa soprattutto font “istituzionali” come il Times New Roman e l’Helvetica, qualcosa vorrà dire: si tratta infatti di caratteri sobri ed eleganti, che offrono un elevato livello di leggibilità e che rendono bene graficamente anche quando vengono declinati al grassetto, corsivo e sottolineato. POTRESTI TROVARE INTERESSANTE ANCHE: Cap. 7. La lingua nel web 42 A sillabare si inizia presto, fin dalla scuola primaria. Eppure ci rimane spesso una sensazione di insicurezza quando, arrivati a fine riga, ci troviamo di fronte alla spezzatura di un vocabolo, soprattutto quando si tratta di parole più complesse di quelle che usiamo normalmente. La scuola opera una forte censura nei confronti delle sillabazioni errate e, giustamente, non ammette giustificazioni di fronte a una s lasciata a fine rigo (ad esempio ris-torante). Si scrive sempre meno a mano e quindi i problemi della suddivisione in sillabe e spezzatura delle parole dovrebbero essere meno frequenti. Invece, purtroppo, i programmi di scrittura che usiamo non sono sempre perfetti: a volte si rifiutano (per ignoranza) di suddividere una parola e la rimandano tutta intera alla riga successiva; altre volte si permettono di spezzare le parole in modi non in linea con le regole della lingua italiana. Vale la pena, dunque, rispolverare le care vecchie regole sulla divisione sillabica: l una vocale o un dittongo iniziali di parola seguiti da una sola consonante, costituiscono una sola sillaba: a-mo-re, au-tun-no, u-li-vo, e-sem-pio; l le consonanti semplici (che non sono raddoppiate o unite ad altre consonanti) fanno sillaba con la vocale che segue: li-mo-ne, vo-la-re, pa-re-re; lle consonanti doppie si dividono sempre tra due sillabe: mam-ma, sas-so, ferro, al-le-gro. Così anche il gruppo -cq(u)-: ac-qua, nac-que, ac-qui-sto; l i gruppi di due o tre consonanti che possiamo trovare anche in principio di parola (br, cr, tr, gr oppure bl, cl ecc.) non si dividono e fanno sillaba con la vocale seguente: a-bra-si-vo, sa-cro, ma-gro, te-a-tro, o-blò, eu-cli-de-o, a-tle-ta; 1. Punti, virgole... e capoversi Sil-la-ba-re Per esempio Le norme che abbiamo fin qui elencato vanno applicate anche alle parole composte con i prefissi di origine latina dis, sub, super, trans. Dunque, secondo la regola, la parola transatlantico si dividerà in tran-sa-tlan-ti-co e non in trans-a-tlan-ti-co; allo stesso modo distrofia, disonore, subaffittare, superattico saranno sillabate rispettivamente di-stro-fia, di-so-no-re, su-baf-fit-ta-re, su-pe-rat-ti-co. Nel tempo, infatti, l’uso quotidiano della lingua, che non è qualcosa di cristallizzato ma, come abbiamo già avuto modo di dire, un “essere” vivo in continua evoluzione, ha attenuato in questi composti, fino a perderla, la distinzione fra il prefisso e la parola base. C’è però chi sente ancora fortemente la presenza dell’antico prefisso latino ed è per questo motivo che la sillabazione di parole come superattico o trasportare è spesso oggetto di appassionati scambi di idee fra studiosi e cultori della materia nei forum di prestigiosi siti web interamente dedicati alla grammatica italiana. 43 1. Punti, virgole... e capoversi Lo sapevate? Le regole della suddivisione in sillabe sono state codificate ufficialmente soltanto nel 1969 dall’Ente Nazionale Italiano di Unificazione (norma UNI 6461-97). L’UNI è un’associazione privata senza fine di lucro, con sede a Milano, fondata nel 1921 e riconosciuta dallo Stato e dall’Unione Europea, che studia, elabora, approva e pubblica le norme tecniche – le cosiddette “norme UNI” – in tutti i settori industriali, commerciali e del terziario. li gruppi di due o tre consonanti che invece non troviamo mai in principio di parola (come bd, bs, cm, cn, dm ecc.) si dividono e la prima consonante va con la vocale precedente, mentre l’altra o le altre con la vocale della sillaba seguente: car-ta, cal-do, san-to, om-brel-lo, im-por-to, a-rit-me-ti-ca, sub-do-lo; l la s seguita da una o più consonanti fa sillaba con le consonanti seguenti: pa-sto-re, e-sco, mo-stro; l digrammi e trigrammi non si dividono mai: pu-gno, la-scia, pe-sce, fo-glio; l i dittonghi e i trittonghi non si dividono mai: pio-ve, pie-de, pau-sa, a-iuo-la; l le vocali in iato si dividono in due sillabe diverse: vi-a-le, ma-e-stro, pa-e-se. Se, nonostante le regole, doveste trovarvi in difficoltà nella spezzatura di una parola, vi consigliamo di consultare un buon dizionario, dove accanto al lemma viene normalmente riportata anche la sua suddivisione in sillabe. L’apostrofo in fin di riga? L’apostrofo in fin di riga è ammesso e spesso usato nei giornali. In genere, però, si preferisce andare a capo prima o dopo l’apostrofo. Per esempio, stiamo scrivendo la frase: andrò dall’amico di Alice. Se ci troviamo in fin di riga proprio dopo dall’, dall’amico si potrà dividere in dal-l’amico o dall’a-mico. Evitiamo sempre di conservare la sillaba (dallo-amico): non rispetta l’uso normale della lingua e, quando riportiamo frasi altrui, non corrisponde sicuramente alla volontà stilistica dell’autore. L’Accademia della Crusca consiglia 44 I linguisti dell’Accademia della Crusca consigliano, per evitare di incorrere in spiacevoli errori, di intervenire nella divisione delle parole solo quando è strettamente indispensabile. Buona norma è anche quella di evitare di lasciare, in fondo o all’inizio del rigo, spezzoni di parola troppo brevi, composti magari da un’unica sillaba se non addirittura da un’unica vocale. Capita spesso, quando scriviamo, di dover inserire un elenco, anche breve, all’interno di un testo. Gli elenchi sono molto utili perché ci permettono di “fare ordine” nelle cose che abbiamo da dire. Un elenco aiuta il lettore a comprendere anche testi complessi e articolati, perché presenta le enumerazioni di parole o frasi sotto forma di una lista. Anche gli elenchi hanno le loro convenzioni, che ne regolano l’uso. Ci sono tre tipi di elenchi: l gli elenchi che non esprimono un senso ordinato e progressivo e vengono segnalati con un trattino o con un pallino (come nel nostro caso) oppure con un altro segno grafico tra quelli a disposizione nella video-scrittura; l gli elenchi che si inseriscono in un testo e sono preceduti da una frase che termina con i due punti (stile testo); l gli elenchi che invece costituiscono un periodo autonomo e completo, e le voci vengono considerate come elementi indipendenti (stile elenco). Questo elenco non è mai preceduto dai due punti. 1. Punti, virgole... e capoversi Gli elenchi Negli elenchi stile testo si devono rispettare le seguenti regole: 1. si usa l’iniziale minuscola se la voce prosegue la frase introduttiva che di solito termina con due punti; 2. ogni voce dell’elenco termina con un punto e virgola o una virgola (a seconda della lunghezza e della composizione della frase); 3. l’ultima voce si deve sempre chiudere con un punto fermo. Anche gli elenchi stile elenco hanno le loro convenzioni. a) Per ogni elemento dell’elenco si usa l’iniziale maiuscola. b) Ogni frase dell’elenco finisce con un punto. c) Se però le voci dell’elenco sono una lista di parole non organizzate in frasi, il punto non si inserisce. Ecco un esempio di lista “stile elenco” con il punto: a) Riflettere bene sull’argomento prescelto prima di scrivere. b) Costruire la struttura del testo (o scaletta). c) Scrivere il titolo di ciascun paragrafo. E un esempio di lista stile elenco senza punto: Memorandum per l’aspirante scrittore. a) Pensieri trasparenti b) Cuore libero c) Umiltà 45 1. Punti, virgole... e capoversi 46 Quando vogliamo inserire un secondo elenco all’interno di un elenco (in questo caso il secondo si chiamerà elenco di secondo grado) è bene usare una numerazione diversa: lettere per il primo e numeri per il secondo o viceversa. Prima di scrivere è bene: 1. procurarsi il materiale necessario: a) quaderno per appunti b) penne e matite (ben appuntate) c) un computer (meglio se portatile); 2. controllare di avere sulla scrivania un vocabolario della lingua italiana e un dizionario dei sinonimi e dei contrari; 3. acquistare un manuale affidabile di grammatica della lingua italiana. Cifre o lettere? Negli elenchi che vogliono esprimere un senso ordinato e progressivo si possono usare, a piacere, cifre arabe (1, 2, 3), cifre romane (I, II, III), lettere dell’alfabeto minuscole (a, b, c) o maiuscole (A, B, C). Il numero o la lettera possono essere seguiti da un punto o da una parentesi che chiude: 1. oppure 1), a. oppure ancora a).