CELEBRARE Unità Pastorale S. Agata - S. Ilario Lodi di Dio Altissimo Tu sei santo, Signore Dio unico, che compi meraviglie. Tu sei forte. Tu sei grande. Tu sei altissimo. Tu sei Re onnipotente, tu Padre santo, Re del cielo e della terra. Tu sei Trino e Uno, Signore Dio degli dei, Tu sei bene, ogni bene, sommo bene, Signore Dio, vivo e vero. Tu sei amore, carità. Tu sei sapienza. Tu sei umiltà. Tu sei pazienza. Tu sei bellezza. Tu sei mansuetudine Tu sei sicurezza. Tu sei quiete. Tu sei gaudio e letizia. Tu sei speranza nostra. Tu sei giustizia. Tu sei temperanza. Tu sei ogni nostra sufficiente ricchezza. Tu sei bellezza. Tu sei mansuetudine. Tu sei protettore. Tu sei custode e difensore nostro. Tu sei fortezza. Tu sei refrigerio. Tu sei speranza nostra. Tu sei fede nostra . Tu sei carità nostra. Tu sei completa dolcezza nostra. Tu sei nostra vita eterna, grande e ammirabile Signore, Dio onnipotente, misericordioso Salvatore (S.Francesco) 1I gesti della fede Li enumeriamo e li mettiamo in fila: recarsi al tempio, entrare, fare il segno della croce, battersi il petto, accogliere la Parola, stare in piedi, inginocchiarsi, adorare, benedire, spezzare il Pane, invocare il Signore. Abbiamo riflettuto sui due primi gesti concludendo che la fede è un cammino, chiede di andare verso qualcuno o qualcosa. Andare alla chiesa è andare verso qualcuno che riteniamo determinate. Il nostro cammino non stato ‘in solitario’, abbiamo ripercorso una storia che ci è stata consegnata –tradizione, chiesa, scrittura-, ma abbiamo dovuto o dovremmo varcare con libertà una soglia oltre la quale c’è l’incontro personale con il Signore. Magari occorre ‘spingere la porta’ per vederlo; è possibile che l’incontro rimetta in discussione o in secondo piano la tradizione che ci ha incamminati: ciò che importa è varcare la soglia. Varcata la soglia ci è chiesto di fare il segno di croce. 2.Fare il segno di croce Che significato ha questo gesto? Cosa ci dice di Dio? Che valore ha per il nostro camminare operosi sulle strade della vita? Approccio artistico DIO DONA AL MONDO IL CROCIFISSO Messale di Cambrai, Il trono di grazia, 1120 circa Miniatura, Biblioteca Nella miniatura di un messale di Cambrai del 1120, appare per la prima volta l’immagine del Padre che tiene in piedi la croce di Gesù. Lo Spirito santo, nella figura della colomba, collega con le sue ali il respiro della bocca del Padre e quella del Figlio. Già ai tempi del paleocristiano era apparsa, nei catini absidali delle chiese, la grande figura della Maiestas Domini: Gesù Cristo seduto sul globo del mondo , con una mano che benedice e l’altra che tiene la Sacra Scrittura. I grandi occhi di Cristo sembravano dirti. Poi col tempo si è fatta avanti la figura del Padre che teneva addosso come su di un medaglione il busto del Figlio, su cui stava posata la Colomba dello Spirito. Poi Padre e Figlio sono diventate figure identiche, ambedue sedute denti tutti. Mediante la croce Egli santifica l'uomo nella sua totalità, fin nelle ultime fibre del suo essere. Perciò lo facciamo prima della preghiera, affinché esso ci raccolga e ci metta spiritualmente in ordine; concentra in Dio pensieri, cuore e volere; dopo la preghiera affinché rimanga qui in noi quello che Dio ci ha donato. Nella tentazione, perché ci irrobustisca. Nel pericolo, perché ci protegga. Nell'atto della benedizione, perché la pienezza della vita divina penetri nell'anima e la renda feconda e consacri ogni All’interno della Messa L’Eucarestia inizia con il segno della croce. Mentre lo tracciamo invochiamo la Trinità. Tutti e contemporaneamente ci sentiamo inseriti nella sfera dell’intimità di cui gode Gesù. Facendo insieme questi gesti, ci riconosciamo eletti, chiamati, battezzati, destinati alla gloria. Ove è possibile facciamo la processione d’ingresso. La croce precede tutti. Siamo discepoli di un Crocifisso. Collochiamo la croce in presbiterio. Che sia in bella evidenza in modo che tutti e contemporaneamente volgiamo lo sguardo al Crocifisso (Gv 19,37). Al Vangelo ci segniamo, con il pollice della mano destra, la fronte, la bocca, il petto. La Parola della croce deve permeare pensieri, parole, affetti. Attraversa e vivifica ogni nostra dimensione. La liturgia ci narra la Passione. Poi chi presiede scopre lentamente la croce. Svela l’amore di Dio. Veglia Pasquale, aspersione con l’acqua Nella grande veglia di Pasqua, colui che presiede benedice l’acqua, creatura di Dio. Traccia su di essa il segno della croce. Con quest’acqua si aspergerà il popolo nella benedizione delle case, nei riti d’ingresso delle domeniche… Verrà così rappresentato al vivo quel flusso di vita che esce dal costato di Cristo (Ez 47,1; Gv 19,34). L’acqua verrà posta nell’acquasantiera. Ogni fedele, entrando nell’aula per la celebrazione o anche per la preghiera personale, po-trà far memoria del suo Battesimo. FACENDO SI IMPARA Ci chiediamo: So pregare distintamente il Padre, il Figlio e lo Spirito santo? Il mio rapporto con il Signore Gesù è un porta di accesso a Dio? So imparare dalla sua preghiera? Segandomi con il segno della croce riconosco di ‘essere sepolto con Cristo’ per risorgere con lui? Salvezza universale Secondo il NT, la croce è riconciliazione operata da Dio. Abbatte i muri, provoca la pace. Fa superare ogni discriminazione (Ef 2,14-22). Dopo la croce non esiste più maledizione, ma solo benevolenza e benedizione (Gal 3,8-14). C’è un filone della storia in cui la croce, il crocifisso, conservano que-sta valenza salvifica, universale. Cirillo di Gerusalemme (+386) parla del segno della croce tracciato oltre che sulla fronte, sulle cose. Lo vede come “difesa”, come “distintivo dei fedeli”, come “terrore dei demoni”. All’inizio nelle chiese non compare la croce. Si tende a celarla. Si pone davanti agli occhi l’ancora. Poi compare nei mosaici la croce gemmata e, in seguito, l’albero della vita. Nel 602 il Concilio trullano ordina di rappresentare direttamente la crocifissione. Nei secoli XII e XIII la croce viene ad abitare in chiesa. Ritta sopra la trave che attraversa l’arco trionfale, tra l’altare e l’inizio della navata, sembra riunire oltre che tutti gli elementi del tempio, il mondo intero. Gesù ha gli occhi aperti. Poggia i piedi su di uno scanno; ha il corpo solenne, vestito di abiti sacerdotali. Dal XIII secolo si passa dal Crocifisso trionfante al Cristo sofferente. La croce compare nelle vesti dei celebranti, negli spazi; è dominante nelle vie crucis, nelle rappresentazioni sacre. Segno di divisione? C’è però un altro filone storico assai ambiguo da interpretare. La croce appare: ● nelle monete e negli scudi imperiali a partire dalla “svolta” di Costantino (313 d.C.); ● sul carroccio ai tempi della Lega Lombarda; ● sui mantelli e sulle tende dei crociati (a partire dal 1095)… Pare allora che il Crocifisso stia da una parte (politica, geografica, etnica), sia segno di un’identità o di una cultura. Pare che Gesù si ponga contro qualcuno. C’è poi una zona grigia; la croce diventa ciondolo, amuleto, porta-fortuna. Vademecum liturgico Ezio Gazzotti sullo stesso trono, con in mezzo la Colomba. Poi ancora Padre, Figlio e Spirito santo sono diventati tre figure identiche, tre figure in forma umana, solennemente assise in trono. E poi … finalmente ecco il Trono di Grazia : Dio dona al mondo il Crocifisso. Che bello sarebbe seguire la metamorfosi di queste singole figure lungo i secoli seguenti! Quante trasformazioni nella figura del Padre! Talvolta è apparso Giudice che rimprovera, talvolta papà che piange, talvolta si è alzato in piedi, quasi lui stesso crocifisso, talvolta tiene tra le braccia il cadavere del Figlio ancora sanguinante. Talvolta sembra sollevare da terra il Figlio morto per farlo sedere alla sua destra, talvolta in questa operazione appare anche Maria che lo aiuta a sollevare il Figlio. Lo stesso percorso potremmo farlo descrivendo la figura del Figlio nel suo supremo atto d’amore. Fissiamo i nostri occhi su questo segno di croce del Messale di Cambrai. Mostra come Dio, in se stesso amore oblativo, si sia manifestato nella storia con la donazione del Figlio, fatto uomo in Gesù, a sua volta capace di autodonazione. Nel messale, sotto la miniatura, c’è scritto: Te igitur clementissime pater, - “Padre clementissimo, noi quindi, ti supplichiamo e ti chiediamo per Gesù Cristo tuo Figlio e nostro Signore, di accettare questi doni…” Siamo alla consacrazione, ossia alla ripresentazione sacramentale dell’atto di offerta di Gesù sigillato nel mistero pasquale, partecipato ai fedeli. SEGNO DI MORTE, SEGNO DI VITA Come compiere il gesto del segno della croce? Tanti i contesti in cui questo avviene: in casa, in chiesa, nella comunità che celebra, in famiglia L’ALBERO DELLA VITA Per la singola persona “Quando fai il segno della croce, fallo bene. Non così affrettato, rattrappito, tale che nessuno capisce che cosa debba significare. No, un segno della croce giusto, cioè lento, ampio, dalla fronte al petto, da una spalla all'altra... Ti avvolge tutto, corpo e anima, ti raccoglie, ti consacra, ti santifica. Perché? Perché è il segno della totalità ed è il segno della redenzione. Sulla croce nostro Signore ci ha re- L’albero della vita è un tema iconografico antico, presente in diversi mondi culturali mitici e religiosi. In ambito cristiano occidentale e medievale conosce due ANONIMO, Crocifisso, (sec. XVII) chiesa di Sant’Ilario Cremona celebri versioni non solo temporalmente conseguenti. Si tratta del mosaico pavimentale della cattedrale di Otranto (sec. XII) che nella parte preponderante raffigura il peccato originale, in forma capovolta e bipartita. In cima i progenitori che col peccato scelsero morte e non vita, generando separazione nell’umanità: da un lato il male e dall’altro il bene. Da quella ‘radice’ posta in alto discese la condanna. Il secondo esempio è rappresentato dalla tavola di Pacino di Buonaguida (1305-1319) ispirata all’opuscolo di San Bonaventura da Bagnoregio intitolato Lignum Vitae. Pacino colloca a terra la narrazione di Genesi 2-3 (creazione e peccato) al centro della quale s’erge il monticello del calvario dal quale si diparte l’albero della vita che in realtà è la croce di Cristo. I rami portano la raffigurazione di 12 meditazioni della vita di Cristo. In cima all’albero sta la Gerusalemme del cielo con Cristo e la Vergine in gloria. La sintesi è chiara: al peccato dei primogenitori risponde l’offerta obbediente che Cristo fa di sé al Padre. Il credente entrando ‘con la riflessione orante’ nel mistero ne diventa partecipe e gli viene dischiusa la vita eterna. Vengono in mente i testi della liturgia della veglia pasquale: È veramente cosa buona e giusta esprimere con il canto l'esultanza dello spirito, e inneggiare al Dio invisibile, Padre onnipotente, e al suo unico Figlio, Gesù Cristo nostro Signore. Egli ha pagato per noi all'eterno Padre il debito di Adamo, e con il sangue sparso per la nostra salvezza ha cancellato la condanna della colpa antica. Questa è la vera Pasqua, … Questa è la notte in cui Cristo, spezzando i vincoli della morte, risorge vincitore dal sepolcro. O immensità del tuo amore per noi! O inestimabile segno di bontà: per riscattare lo schiavo, hai sacrificato il tuo Figlio! Davvero era necessario il peccato di Adamo, che è stato distrutto con la morte del Cristo. Felice colpa, che meritò di avere un così grande redentore! La croce di sant’Ilario è costituita dal patibolo in forma di tronchi intrecciati, alludendo all’albero della vita e della conoscenza del bene e del male di Genesi (capp. 2-3), e del nuovo albero che Cristo Signore ha strasformato in albero di salvezza, ma si differenzia perché conclude con il pellicano che nutre i piccoli. Perciò la sintesi non è più soltanto pasquale quale tensione alla gloria eterna bensì eucaristica: nella celebrazione dell’Eucaristia -sacrifico della croce- e nella refezione al sacramento del Corpo e Sangue di Cristo, il credente partecipa della salvezza in attesa della gloria eterna. Questa croce, infatti, obbedisce chiaramente agli indirizzi didascalici post tridentini. (Dennis Feudatari) Percorso biblico Ezio Gazzotti IL SEGNO, LA CROCE, IL CROCIFISSO Gesù viene condannato alla croce. Gli si riserva il più tremendo dei supplizi, quello previsto per gli schiavi e i ribelli. Paolo è colui che fornisce di questo evento una singolare interpretazione. Certo la croce è follia. Ma per i credenti è sapienza, potenza di Dio (1Cor 1,24-25) e gloria per i discepoli (Gal 6,14). L’Evangelo è parola della croce (1Cor 1,17ss); Paolo non pone in rilievo l’atrocità dei dolori. Mette l’accento su colui che viene crocifisso e il “per noi” di questa morte (1Cor 1,13). Ci fornisce quindi un criterio che dovrà restare fondamentale: la crocifissione va narrata; non si può mai distaccare l’oggetto (la croce) dalla parola. Il gesto della mano Scrive Tertulliano (+220): “Se ci mettiamo in cammino, se usciamo ed entriamo, se ci vestiamo, se ci laviamo o andiamo a tavola, a letto, se ci poniamo a sedere, in queste e in tutte le nostre azioni ci segniamo con il segno della croce”. Si tratta di un gesto familiare, semplice, piccolo sulla fronte, la parte più esposta della persona. Si fa memoria dell’evento della morte, dell’avvenuta Iniziazione Cristiana. Infatti con il segno della croce veniva sigillato colui che era ammesso al catecumenato. Il segno della croce con il crisma veniva dato dal vescovo sulla fronte del neofita. Invocazione della Trinità A partire dal secolo XVI, entra in uso il grande segno della croce. Il dito medio della mano destra tocca la fronte, poi il petto, poi le spalle. Mentre all’inizio si pronunciava solo il nome del Cristo, si passa poi all’invocazione della Trinità. Si assumono le parole del Vangelo di Matteo (Mt 28,19): “Nel nome del Padre, del figlio, dello Spirito Santo”. Anche in questo caso si fa memoria del Battesimo. Tramite il Battesimo siamo entrati in intima unione con il Padre tramite Gesù ed in forza dello spirito. Siamo stati eletti, chiamati, predestinati, divinizzati.