Luigi Tramontano
CODICI
CIVILE E PENALE
ANNOTATI CON LA GIURISPRUDENZA
PER L’ESAME DI AVVOCATO
2013
ULTIMISSIMO AGGIORNAMENTO
CEDAM
Non è possibile portare in sede d’esame libri, opuscoli, scritti ed appunti di qualsiasi specie ma unicamente i codici anche
commentati esclusivamente con la giurisprudenza, le leggi ed i decreti dello Stato (art.21 R.D. 22.01.1934 n.37)
Non è possibile portare in sede d’esame libri, opuscoli, scritti ed appunti di qualsiasi specie ma unicamente i codici anche
commentati esclusivamente con la giurisprudenza, le leggi ed i decreti dello Stato (art.21 R.D. 22.01.1934 n.37)
CODICE CIVILE
(estratto)
Non è possibile portare in sede d’esame libri, opuscoli, scritti ed appunti di qualsiasi specie ma unicamente i codici anche
commentati esclusivamente con la giurisprudenza, le leggi ed i decreti dello Stato (art.21 R.D. 22.01.1934 n.37)
Non è possibile portare in sede d’esame libri, opuscoli, scritti ed appunti di qualsiasi specie ma unicamente i codici anche
commentati esclusivamente con la giurisprudenza, le leggi ed i decreti dello Stato (art.21 R.D. 22.01.1934 n.37)
Articolo 147. DOVERI VERSO I FIGLI.
Mantenimento del figlio maggiorenne
Il dovere di mantenimento del figlio maggiorenne gravante, sotto forma di obbligo di corresponsione di
un assegno, sul genitore non convivente, cessa all’atto del conseguimento, da parte del figlio, di uno “status”
di autosufficienza economica consistente nella percezione di un reddito corrispondente alla professionalità
acquisita in relazione alle normali e concrete condizioni di mercato. Cass. civ., sez. I, 3 settembre 2013, n.
20137.
Articolo 158. SEPARAZIONE CONSENSUALE.
Accordi successivi o in vista della separazione
Le pattuizioni con cui i coniugi, in fase di separazione, si obbligano a trasferire determinati beni facenti
parte della comunione legale, successivamente o in vista della separazione stessa e al fine dichiarato di integrare la regolamentazione del relativo regime patrimoniale, configurano un contratto atipico, con propri
presupposti e finalità; esso, in particolare, acquisisce validità ed efficacia se ricorre una delle seguenti ipotesi: se assicura una maggiore vantaggiosità all’interesse protetto dalla norma; se concerne un aspetto non
preso in considerazione dell’accordo omologato e con esso compatibile, non modificandone sostanza ed
equilibri; se costituisce, di fatto, clausole meramente specificative dell’accordo stesso. Cass. civ., sez. II, 23
settembre 2013, n. 21736.
Articolo 470. ACCETTAZIONE PURA E SEMPLICE E ACCETTAZIONE
COL BENEFICIO D’INVENTARIO.
Accettazione con beneficio di inventario
In caso di accettazione con beneficio d’inventario, stante l’obbligo di amministrazione dei beni ereditari
nell’interesse dei creditori e dei legatari, l’art. 493 cod. civ. non consente all’erede beneficiato la libera disponibilità dei beni dell’asse, ma rimette al giudice la valutazione della convenienza di qualsiasi atto di alienazione, nozione, questa, da intendere in senso estensivo, essendovi ricompreso ogni atto, anche di straordinaria amministrazione, che incida sul patrimonio ereditario e non sia finalizzato alla sua conservazione e liquidazione. Cass. civ., sez. II, 25 ottobre 2013, n. 24171.
L’onere della prova dell’occultamento doloso, nell’inventario, di un bene appartenente all’eredita incombe a colui che invoca la decadenza dell’erede dal beneficio dell’inventario, dovendo la buona fede dell’erede
essere presunta fino a prova contraria. Cass. civ., sez. II, 25 ottobre 2013, n. 24171.
Articolo 553. RIDUZIONE DELLE PORZIONI DEGLI EREDI LEGITTIMI IN
CONCORSO CON LEGITTIMARI.
Sentenza di divisione ed azione di riduzione
Il coerede, convenuto nel giudizio di scioglimento della comunione ereditaria, può, dopo il passaggio in
giudicato della sentenza di divisione, esperire l’azione di riduzione della liberalità compiuta in vita dal de
cuius nei confronti di altro coerede dispensato dalla collazione, lamentando l’eccedenza della donazione ri-
Non è possibile portare in sede d’esame libri, opuscoli, scritti ed appunti di qualsiasi specie ma unicamente i codici anche
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CODICI CIVILE E PENALE ANNOTATI CON LA GIURISPRUDENZA 2013
Civile
spetto alla disponibile e chiedendo la reintegrazione della quota di riserva, con le conseguenti restituzioni.
Cass. civ., sez. II, 3 settembre 2013, n. 20143.
Alla morte del de cuius, il legittimario leso può rinunciare all’azione di riduzione delle disposizioni lesive
della sua quota di riserva, ma è necessario, a tal fine, che egli manifesti positivamente la volontà di rinunciare al suo diritto di conseguire l’integrazione spettantegli. Ove manchi una rinuncia espressa in tal senso, si
può giungere a ritenere l’esistenza di una rinuncia tacita solo in base ad un comportamento inequivoco e
concludente del soggetto interessato, che sia incompatibile con la volontà di far valere il diritto alla reintegrazione. Ma è da escludere che la mancata costituzione nel giudizio di scioglimento della comunione ereditaria
promosso da altro coerede esprima l’inequivoca volontà della parte convenuta contumace di rinunciare a far
valere, in separato giudizio, il suo diritto alla reintegrazione della quota di eredità riservatale per legge. Cass.
civ., sez. II, 3 settembre 2013, n. 20143.
Il diritto alla reintegrazione della quota, vantato da ciascun legittimario, è autonomo nei confronti
dell’analogo diritto degli altri legittimari, non essendo espressione di un’azione collettiva spettante complessivamente al gruppo dei legittimari; sicché il giudicato sull’azione di riduzione promossa vittoriosamente da
uno di essi - se non può avere l’effetto di operare direttamente la reintegrazione spettante ad altro legittimario che abbia preferito, pur essendo presente nel processo di divisione contemporaneamente promosso, rimanere per questa parte inattivo - neppure preclude a quest’ultimo di agire separatamente, nell’ordinario
termine di prescrizione, con l’azione di reintegrazione della sua quota di riserva. Cass. civ., sez. II, 3 settembre 2013, n. 20143.
Nel caso di pluralità di legittimare, ciascuno ha diritto ad una frazione della quota di riserva e non già
all’intera quota, o, comunque, ad una frazione più ampia di quella che gli spetterebbe se tutti gli altri facessero valere il loro diritto e, quindi, ciascun legittimario può ottenere soltanto la parte a lui spettante della quota
di riserva e non pure quella di coloro che sono rimasti inattivi o che hanno rinunciato all’azione di riduzione.
Cass. civ., sez. II, 3 settembre 2013, n. 20143.
Articolo 555. RIDUZIONE DELLE DONAZIONI.
Azione di riduzione delle donazioni dopo la divisione ereditaria
Il coerede convenuto nel giudizio di scioglimento della comunione ereditaria, può, dopo il passaggio in
giudicato della sentenza di divisione, esperire l’azione di riduzione delle liberalità compiute in vita del de
cuius nei confronti di altro coerede dispensato dalla collazione, lamentando l’eccedenza della donazione rispetto alla disponibile e chiedendo la reintegrazione della quota di riserva, con le conseguenti restituzioni.
Cass. civ., sez. II, 3 settembre 2013, n. 20143.
Articolo 602. TESTAMENTO OLOGRAFO.
Nullità del testamento olografo
In tema di nullità del testamento olografo, il requisito della sottoscrizione, previsto dall’art. 602 cod. civ.
distintamente dall’autografia delle disposizioni in esso contenute, ha la finalità di soddisfare l’imprescindibile
esigenza di avere l’assoluta certezza non solo della loro riferibilità al testatore, già assicurata dall’olografia,
ma anche dell’inequivocabile paternità e responsabilità del medesimo che, dopo avere redatto il testamento anche in tempi diversi - abbia disposto del suo patrimonio senza alcun ripensamento. Cass. civ., sez. VI, 1
ottobre 2013, n. 22420.
Articolo 769. DEFINIZIONE.
Generalità
Qualora il legittimario non possa aggredire la donazione di data più recente effettuata a favore di un donatario non coerede per aver accettato l’eredità senza far ricorso al beneficio di inventario, egli non può più
aggredire la donazione meno recente a favore del coerede, se non nei limiti in cui risulti dimostrata
l’insufficienza della donazione più recente a reintegrare la quota di riserva. Cass. civ., sez. II, 3 ottobre 2013,
n. 22632.
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Articolo 774. CAPACITÀ DI DONARE.
Generalità
In tema di capacità del donante e quindi di validità ed efficacia della donazione, l’incapacità naturale,
quale causa d’annullamento del negozio, è desumibile (anche) dalla (anteriore) certificazione della Commissione medica anche se chiamata a valutare la valutazione della domanda di invalidità pensionistica, proposta dal medesimo soggetto poi divenuto donante. È, così, illegittima la sentenza con cui, accertata la patologia del donante e ciò nonostante escluso (dal secondo giudice) tale presupposto di fatto senza fornire congrua motivazione sulla rilevanza probatoria ed eziologica della relativa documentazione medica prodotta,
venga dichiarata valida la donazione già annullata in primo grado. Cass. civ., sez. VI, 17 settembre 2013, n.
21148.
Articolo 794. ONERE ILLECITO O IMPOSSIBILE.
Inadempimento e azione di risoluzione
Nel giudizio di risoluzione della donazione per inadempimento dell’onere è il donatario-debitore che deve
provare la causa non imputabile dell’inadempimento, mentre il donante-creditore è tenuto unicamente ad
allegare ed indicare l’inadempimento del donatario. Nel caso di onere di assistere moralmente e materialmente il donante, l’allontanamento dalla casa di quest’ultimo non determina di per sé una causa non imputabile ai fini dell’accertamento della impossibilità della prestazione che estingue l’obbligazione, occorrendo anche la prova della diligenza impiegata in concreto per evitare che sorgesse l’ostacolo all’adempimento. Cass.
civ., sez. VI, 17 settembre 2013, n. 21208.
Articolo 1102. USO DELLA COSA COMUNE.
Generalità
L’uso del bene comune deve essere ispirato al principio di utilizzo paritario, pertanto, nel caso in cui si
tratti di bene anche solo potenzialmente produttivo di frutti, il comproprietario che estenda l’utilizzo privato a
danno degli altri è tenuto a versare loro un indennizzo. Cass. civ., sez. II, 5 settembre 2013, n. 20394.
Muro perimetrale
In tema di utilizzazione del muro perimetrale dell’edificio condominiale da parte del singolo condomino,
costituiscono uso indebito della cosa comune, alla stregua dei criteri indicati negli artt. 1102 e 1122 c.c., le
aperture praticate dal condomino nel detto muro per mettere in collegamento locali di sua esclusiva proprietà, esistenti nell’edificio condominiale, con altro immobile estraneo al condominio, in quanto tali aperture alterano la destinazione del muro, incidendo sulla sua funzione di recinzione e possono dar luogo all’acquisto di
una servitù (di passaggio) a carico della proprietà condominiale. Cass. civ., sez. II, 18 settembre 2013, n.
21395.
Nell’ipotesi di preesistenza di un varco di passaggio nel muro perimetrale dell’edificio condominiale,
l’apertura di altro e diverso varco da parte del singolo condomino non può essere ritenuta una semplice modalità di esercizio “ampliativa” della preesistente facoltà o in essa ricompresa ai sensi dell’art. 1027 c.c., ma
determina un onere nuovo e diverso a carico del fondo servente sì da porre le premesse per la costituzione
di una ulteriore servitù, imponendosi un ulteriore peso a carico delle strutture dell’edificio, escludendosi così
l’ipotesi del semplice aggravio della servitù preesistente. Cass. civ., sez. II, 18 settembre 2013, n. 21395.
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Articolo 1117. PARTI COMUNI DELL’EDIFICIO.
Supercondominio
L’amministratore del singolo condominio può porre in essere azioni cautelari a tutela dei beni comuni del
singolo condominio direttamente amministrato ma non può agire per la tutela dei beni comuni appartenenti al
supercondominio. Cass. civ., sez. II, 26 agosto 2013, n. 19558.
Articolo 1130. ATTRIBUZIONI DELL’AMMINISTRATORE.
Compenso dell’amministratore
In tema di condominio, l’attività dell’amministratore, connessa ed indispensabile allo svolgimento dei suoi
compiti istituzionali deve ritenersi compresa, quanto al suo compenso, nel corrispettivo stabilito al momento
del conferimento dell’incarico per tutta l’attività amministrativa di durata annuale e non deve, pertanto, essere
retribuita a parte. Cass. civ., sez. II, 30 settembre 2013, n. 22313.
Articolo 1134. GESTIONE DI INIZIATIVA INDIVIDUALE.
Differenza rispetto al rimborso del bene in comunione ordinaria
La diversa disciplina dettata dagli artt. 1110 e 1134 cod. civ. in materia di rimborso delle spese sostenute
dal partecipante per la conservazione della cosa comune, rispettivamente, nella comunione e nel condominio di edifici, che condiziona il relativo diritto, in un caso, alla mera trascuranza degli altri partecipanti e,
nell’altro caso, al diverso e più stringente presupposto dell’urgenza, trova fondamento nella considerazione
che, nella comunione, i beni comuni costituiscono l’utilità finale del diritto dei partecipanti, i quali, se non vogliono chiedere lo scioglimento, possono decidere di provvedere personalmente alla loro conservazione,
mentre nel condominio i beni predetti rappresentano utilità strumentali al godimento dei beni individuali, sicché la legge regolamenta con maggior rigore la possibilità che il singolo possa interferire nella loro amministrazione. Cass. civ., sez. VI, 2 settembre 2013, n. 20099.
Nozione di urgenza
In tema di condominio negli edifici è da ritenersi spesa urgente, rimborsabile ai sensi dell’art. 1134 c.c. al
singolo condomino che l’ha effettuata, quella riguardante interventi d’ogni genere che non possono essere
rimandati per consentire una deliberazione assembleare com’anche un provvedimento dell’amministratore
se non con pericolo di danno. In questo contesto non possono essere considerate urgenti le spese sostenute da una struttura alberghiera, ubicata in un edificio in condominio, per rendere più appetibile la vendita di
pacchetti di soggiorno. Cass. civ., sez. II, 3 settembre 2013, n. 20151.
Articolo 1176. DILIGENZA NELL’ADEMPIMENTO.
Violazione dell’obbligo del consenso informato: la responsabilità del
medico
Ai fini dell’esonero della responsabilità del medico per omessa informazione sull’intervento medicochirurgico è del tutto insufficiente la firma del prestampato richiesta a ridosso dell’operazione, tenuto conto
che da tale circostanza non può desumersi che il consenso prestato sia stato nella specie effettivamente
informato sulla base di una adeguata ed esplicita comunicazione dei contenuti dell’intervento chirurgico. È
altresì irrilevante la qualità del paziente. Quest’ultima incide, infatti, solo sulle modalità di informazione, che
deve essere adeguata al livello culturale del malato, con l’adozione di un linguaggio che tenga conto del suo
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particolare stato soggettivo e del grado delle conoscenze specifiche di cui dispone. Cass. civ., sez. III, 20
agosto 2013, n. 19220.
Articolo 1183. TEMPO DELL’ADEMPIMENTO.
Condizione sospensiva e risolutiva
Nel caso in cui le parti abbiano condizionato l’efficacia o la risoluzione di un contratto al verificarsi di un
evento senza indicare il termine entro il quale questo può utilmente avverarsi, può essere ottenuta la dichiarazione giudiziale di inefficacia del contratto stesso per il mancato avveramento della condizione sospensiva
o risolutiva, senza che ricorra l’esigenza della previa fissazione di un termine da parte del giudice, ai sensi
dell’art. 1183 c.c., allorché lo stesso giudice ritenga essere trascorso un lasso di tempo congruo entro il quale l’evento previsto dalle parti si sarebbe dovuto verificare. Cass. civ., sez. II, 8 ottobre 2013, n. 22888.
Articolo 1189. PAGAMENTO AL CREDITORE APPARENTE.
Pagamento al rappresentante apparente
Nell’ipotesi di pagamento al creditore apparente ex art. 1189 c.c., il pagamento fatto al rappresentante
apparente, al pari di quello al creditore apparente, libera il debitore di buona fede, ai sensi dell’art. 1189 c.c.,
ma a condizione che il debitore, il quale invoca il principio dell’apparenza giuridica, fornisca la prova non solo
di avere confidato senza sua colpa nella situazione apparente, ma, altresì, che il proprio erroneo convincimento sia stato determinato da un comportamento colposo del creditore che abbia fatto sorgere nel solvens
in buona fede una ragionevole presunzione sulla rispondenza alla realtà dei poteri rappresentativi
dell’accipiens. Cass. civ., sez. II, 11 settembre 2013, n. 20847.
Articolo 1218. RESPONSABILITÀ DEL DEBITORE.
Applicazioni in campo medico
Ove la responsabilità medica venga invocata a titolo contrattuale, dal punto di vista del danneggiato, la
prova del nesso causale, quale fatto costitutivo della domanda intesa a far valere la responsabilità per
l’inadempimento del rapporto curativo, si sostanzia nella dimostrazione che l’esecuzione del rapporto curativo si è inserita nella serie causale che ha condotto all’evento dannoso, rappresentato o dalla persistenza
della patologia per cui si era richiesta la prestazione o dal suo aggravamento fino anche ad un esito mortale
o dall’insorgenza di una nuova patologia che non era quella con cui il rapporto era iniziato. Cass. civ., sez.
III, 12 settembre 2013, n. 20904.
Responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e responsabilità
professionale da contatto sociale del medico
In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e di responsabilità professionale da contatto sociale del medico, ai fini del riparto dell’onere probatorio l’attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a
provare l’esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia ed allegare l’inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è
stato eziologicamente rilevante. Cass. civ., sez. III, 12 settembre 2013, n. 20904.
Responsabilità dell’istituto scolastico
L’accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissione dell’allievo a scuola, determina l’instaurazione di un vincolo negoziale dal quale sorge a carico della medesima l’obbligazione di vigila-
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re sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo per il tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica, in
tutte le sue espressioni (v. Cass., 15/2/2011, n. 3680). La scuola è pertanto tenuta a predisporre tutti gli accorgimenti all’uopo necessari, anche al fine di evitare che l’allievo procuri danno a se stesso (v. Cass.,
8/2/2012, n. 1769), sia all’interno dell’edificio che nelle pertinenze scolastiche, di cui abbia a qualsiasi titolo
la custodia, messe a disposizione per l’esecuzione della propria prestazione (v. Cass., 15/2/2011, n. 3680;
Cass., 6/11/2012, n. 19160). Cass. civ., sez. III, 4 ottobre 2013, n. 22752.
L’istituto scolastico è tenuto ad osservare obblighi di vigilanza e controllo con lo sforzo diligente adeguato alla natura della cosa e alle circostanze del caso concreto, dovendo adottare tutte le misure idonee a prevenire ed impedire la produzione di danni a terzi. È in altri termini tenuto a mantenere la condotta diligente
secondo criteri di normalità, da apprezzarsi in relazione (anche) alla sua capacità tecnico-organizzativa (cfr.,
con riferimento al medico e alla struttura ospedaliera, Cass., 13/4/2007, n. 8826). Cass. civ., sez. III, 4 ottobre 2013, n. 22752.
Articolo 1283. ANATOCISMO.
Nullità della clausola anatocistica e rideterminazione del saldo
Nei rapporti bancari in conto corrente, una volta che sia stata esclusa la validità, per mancanza dei requisiti di legge, della pattuizione di interessi ultralegali a carico del correntista, la banca non può dimostrare
l’entità del proprio credito mediante la produzione, ai sensi dell’art. 2710 c.c., dell’estratto notarile delle sue
scritture contabili dalle quali risulti il mero saldo del conto, ma ha l’onere di produrre gli estratti a partire
dall’apertura del conto; né la banca può sottrarsi all’assolvimento di tale onere invocando l’insussistenza
dell’obbligo di conservare le scritture contabili oltre 10 anni, perché non si può confondere l’onere di conservazione della documentazione contabile con quello di prova del proprio credito. Cass. civ., sez. I, 19 settembre 2013, n. 21466.
Profili generali
Una volta dichiarata la nullità della previsione negoziale di capitalizzazione trimestrale, per contrasto con
il divieto di anatocismo, gli interessi a debito del correntista debbono essere calcolati senza operare capitalizzazione alcuna. Cass. civ., sez. VI, 3 settembre 2013, n. 20172.
Articolo 1298. RAPPORTI INTERNI TRA DEBITORI O CREDITORI SOLIDALI.
Presunzione di solidarietà attiva
L’art. 1298 c.c. stabilisce una presunzione di solidarietà attiva dei cointestatari del conto corrente bancario, salvo prova contraria. L’inversione dell’onere della prova può essere fornita anche per presunzioni. Cass.
civ., sez. I, 2 agosto 2013, n. 18540.
Articolo 1351. CONTRATTO PRELIMINARE.
Inadempimento preliminare di vendita
Ove risulti provato l’inadempimento del promissario acquirente per omesso pagamento degli acconti
concordati, il contratto preliminare di compravendita deve essere dichiarato risolto, ma non possono trovare
accoglimento le domande risarcitorie avanzate nei suoi confronti, laddove legate al possesso del bene, se
l’immobile non è mai stato nella sua disponibilità. Cass. civ., sez. II, 19 settembre 2013, n. 21438.
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Articolo 1372. EFFICACIA DEL CONTRATTO.
Negozio fiduciario
La fiducia immobiliare deve essere stipulata per atto scritto “ad substantiam” ed il negozio fiduciario
comporta unicamente l’obbligo del fiduciario di trasferire, a richiesta, la proprietà del bene al fiduciante.
Cass. civ., sez. II, 25 ottobre 2013, n. 24166.
Nel “pactum fiduciae” il fiduciario è proprietario e la limitazione derivante dal “pactum” è inopponibile ai
terzi ai sensi dell’art. 1372 c.c.: in particolare, non è opponibile ai creditori del fiduciario che abbiano iscritto
ipoteca giudiziale sull’immobile in data anteriore alla trascrizione della domanda del fiduciante. Cass. civ.,
sez. II, 25 ottobre 2013, n. 24166.
Articolo 1385. CAPARRA CONFIRMATORIA.
Natura giuridica e funzione
La caparra confirmatoria di cui all’art. 1385 c.c. assume la funzione di liquidazione convenzionale del
danno da inadempimento qualora la parte non inadempiente abbia esercitato il potere di recesso conferitole
dalla legge e in tal caso, essa è legittimata a ritenere la caparra ricevuta o ad esigere il doppio di quella versata; qualora, invece, detta parte abbia preferito agire per la risoluzione o l’esecuzione del contratto, il diritto
al risarcimento del danno dovrà essere provato nell’an e nel quantum, secondo la regola generale prevista
dall’art. 1223 c.c. Cass. civ., sez. II, 1 agosto 2013, n. 18423.
Articolo 1456. CLAUSOLA RISOLUTIVA ESPRESSA.
Preliminare inadempiuto
A seguito della risoluzione ex art. 1456 c.c. di un preliminare di vendita immobiliare senza consegna anticipata del bene al promissario acquirente, costui, resosi inadempiente, non deve al promittente venditore a
titolo di risarcimento di danno emergente e relativamente al periodo intercorrente tra la data fissata per la
stipula del definitivo e quella della risoluzione, le spese e le imposte correlate al possesso del bene. Cass.
civ., sez. II, 19 settembre 2013, n. 21438.
Tolleranza del creditore
In tema di clausola risolutiva espressa, la tolleranza della parte creditrice, che si può estrinsecare tanto
in un comportamento negativo, quanto in uno positivo, non determina l’eliminazione della clausola per modificazione della disciplina contrattuale, né è sufficiente ad integrare una tacita rinuncia ad avvalersene, ove la
parte creditrice contestualmente o successivamente all’atto di tolleranza manifesti l’intenzione di avvalersi
della clausola in caso di ulteriore protrazione dell’inadempimento. Cass. civ., sez. II, 31 ottobre 2013, n.
24564.
Articolo 1470. NOZIONE.
Obblighi del venditore
In tema di compravendita, l’obbligazione (di dare) posta a carico del venditore è di risultato, in quanto
l’interesse perseguito dall’acquirente è soddisfatto con la consegna di un bene in grado di realizzare le utilità
alle quali, secondo quanto pattuito, la prestazione sia preordinata. Ne consegue che all’acquirente (creditore) sarà sufficiente allegare l’inesatto adempimento ovvero denunciare la presenza di vizi o di difetti che rendano la cosa inidonea all’uso alla quale è destinata o che ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore,
essendo a carico del venditore (debitore), in virtù del principio della riferibilità o vicinanza della prova, l’onere
di dimostrare, anche attraverso presunzioni, di avere consegnato una cosa che sia conforme alle caratteristi-
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che del tipo ordinariamente prodotto ovvero la regolarità del processo di fabbricazione o di realizzazione del
bene; ove sia stata fornita tale prova, sarà allora onere del compratore dimostrare l’esistenza di un vizio o di
un difetto intrinseco della cosa, ascrivibile al venditore. Cass. civ., sez. II, 2 settembre 2013, n. 20110.
Articolo 1477. CONSEGNA DELLA COSA.
Certificato di agibilità
La consegna del certificato di abitabilità dell’immobile oggetto del contratto, ove questo sia un appartamento da adibire ad abitazione, pur non costituendo di per sé condizione di validità della compravendita, integra un’obbligazione incombente sul venditore ai sensi dell’art. 1477 c.c., attenendo ad un requisito essenziale della cosa venduta, in quanto incidente sulla possibilità di adibire legittimamente la stessa all’uso contrattualmente previsto. Cass. civ., sez. II, 11 ottobre 2013, n. 23157.
Articolo 1538. VENDITA A CORPO.
Preliminare di vendita a corpo
Poiché il contratto preliminare è regolato non solo dalle sue clausole, ma anche dalle norme integrative della
disciplina del contratto, tra le quali quella dell’art. 1538 c.c., è legittimo il rifiuto della stipulazione del contratto
definitivo da parte del promittente compratore che pretenda la riduzione del prezzo opponendo, con fondamento o, comunque, senza colpa, che la misura reale del bene è inferiore ad un ventesimo rispetto a quella
indicata nel contratto. Cass. civ., sez. II, 5 settembre 2013, n. 20393.
Articolo 1552. NOZIONE.
Permuta di cosa futura
Integra gli estremi della permuta di cosa presente con una cosa futura il contratto avente ad oggetto il
trasferimento della proprietà di un’area fabbricabile in cambio di parti dell’edificio da costruire sulla stessa
superficie a cura e con i mezzi del cessionario, e ciò tutte le volte in cui sia proprio il risultato traslativo, consistente nell’attribuzione di una determinata opera, ad essere assunto come oggetto del contratto e come
termine di scambio, mentre l’obbligo di erigere il fabbricato sia destinato a collocarsi su di un piano accessorio e strumentale, configurandosi, appunto, l’obbligo del permutante costruttore non come prestazione del
risultato di un’opera, ma come trasferimento della proprietà di cose future. Cass. civ., sez. II, 25 ottobre
2013, n. 24172.
Articolo 1669. ROVINA E DIFETTI DI COSE IMMOBILI.
Azione di responsabilità
L’azione di responsabilità per rovina e difetti di cose immobili, prevista dall’art. 1669 cod. civ., può essere
esercitata non solo dal committente contro l’appaltatore, ma anche dall’acquirente contro il venditore che
abbia costruito l’immobile sotto la propria responsabilità, allorché lo stesso venditore abbia assunto, nei confronti dei terzi e degli stessi acquirenti, una posizione di diretta responsabilità nella costruzione dell’opera, e
sempre che si tratti di gravi difetti, i quali, al di fuori dell’ipotesi di rovina o di evidente pericolo di rovina, pur
senza influire sulla stabilità dell’edificio, pregiudichino o menomino in modo rilevante il normale godimento, la
funzionalità o l’abitabilità del medesimo. Cass. civ., sez. II, 6 novembre 2013, n. 25015.
Vizi di costruzione
Ai fini del computo dei termini annuali posti dall’art. 1669 c.c. - il primo di decadenza per effettuare la
“denunzia” ed il secondo, che dalla denunzia stessa prende a decorrere, di prescrizione per promuovere
Non è possibile portare in sede d’esame libri, opuscoli, scritti ed appunti di qualsiasi specie ma unicamente i codici anche
commentati esclusivamente con la giurisprudenza, le leggi ed i decreti dello Stato (art.21 R.D. 22.01.1934 n.37)
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l’azione -, deve aversi riguardo alla “scoperta” del vizio, che si identifica con la conoscenza sia della gravità
dei difetti sia del collegamento causale di essi con l’attività progettuale e costruttiva espletata. Cass. civ.,
sez. II, 9 settembre 2013, n. 20644.
Ai fini della responsabilità dell’appaltatore ex art. 1669 c.c., costituiscono gravi difetti dell’edificio non solo
quelli incidenti sulla struttura e sulla funzionalità dell’opus, ma anche i vizi costruttivi che menomano apprezzabilmente il normale godimento della cosa o impediscono che questa fornisca l’utilità cui è destinata, come
il crollo o il disfacimento del rivestimento esterno dell’edificio, ovvero il distacco dell’intonaco, che, pur non
alterando le strutture portanti dell’edificio, alteri, per la notevole estensione delle superfici interessate, il normale godimento dell’immobile e la sua funzione economica. Cass. civ., sez. II, 9 settembre 2013, n. 20644.
La nozione di grave difetto di costruzione, infatti, ricomprendendo ogni deficienza o alterazione che vada
ad intaccare in modo significativo sia la funzionalità dell’opera che la sua normale utilizzazione, è riferibile
anche alle parti comuni di un edificio in condominio e, quindi, anche ai viali di accesso pedonali. Cass. civ.,
sez. II, 9 settembre 2013, n. 20644.
Articolo 1803. NOZIONE.
Generalità
Il comodante che agisce per la restituzione della cosa nei confronti del comodatario non deve provare il
diritto di proprietà, avendo soltanto l’onere di dimostrarne la consegna e il rifiuto di restituzione, mentre spetta al convenuto dimostrare un titolo diverso per il suo godimento. Cass. civ., sez. III, 5 settembre 2013, n.
20371.
Chiunque abbia la disponibilità di fatto di una cosa, in base a titolo non contrario a norme di ordine pubblico, può validamente concederla in locazione, comodato, o costituirvi altro rapporto obbligatorio ed è, in
conseguenza, legittimato a richiederne la restituzione allorché il rapporto venga a cessare. Cass. civ., sez.
III, 5 settembre 2013, n. 20371.
Una volta provata la disponibilità di un bene e la sua concessione ad altro soggetto, spetta a quest’ultimo
dimostrare di avere valido titolo da opporre per poterne continuare la detenzione. Cass. civ., sez. III, 5 settembre 2013, n. 20371.
Articolo 1809. RESTITUZIONE.
Condizioni per la restituzione
Chiunque abbia la disponibilità di fatto di una cosa, in base a titolo non contrario a norme di ordine pubblico, può validamente concederla in locazione, comodato, o costituirvi altro rapporto obbligatorio ed è, in
conseguenza, legittimato a richiederne la restituzione allorché il rapporto venga a cessare. Pertanto il comodante che agisce per la restituzione della cosa nei confronti del comodatario non deve provare il diritto di
proprietà, avendo soltanto l’onere di dimostrarne la consegna e il rifiuto di restituzione mentre spetta al convenuto dimostrare un titolo diverso per il suo godimento. Cass. civ., sez. III, 5 settembre 2013, n. 20371.
Articolo 1825. INTERESSI.
Nullità della clausola anatocistica e rideterminazione del saldo
Nei rapporti bancari in conto corrente, una volta che sia stata esclusa la validità, per mancanza dei requisiti di legge, della pattuizione di interessi ultralegali a carico del correntista, la banca non può dimostrare
l’entità del proprio credito mediante la produzione, ai sensi dell’art. 2710 c.c., dell’estratto notarile delle sue
scritture contabili dalle quali risulti il mero saldo del conto, ma ha l’onere di produrre gli estratti a partire
dall’apertura del conto; né la banca può sottrarsi all’assolvimento di tale onere invocando l’insussistenza
dell’obbligo di conservare le scritture contabili oltre 10 anni, perché non si può confondere l’onere di conservazione della documentazione contabile con quello di prova del proprio credito. Cass. civ., sez. I, 19 settembre 2013, n. 21466.
Non è possibile portare in sede d’esame libri, opuscoli, scritti ed appunti di qualsiasi specie ma unicamente i codici anche
commentati esclusivamente con la giurisprudenza, le leggi ed i decreti dello Stato (art.21 R.D. 22.01.1934 n.37)
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CODICI CIVILE E PENALE ANNOTATI CON LA GIURISPRUDENZA 2013
Civile
Articolo 1963. DIVIETO DEL PATTO COMMISSORIO.
Generalità
Il divieto del patto commissorio si estende a qualsiasi negozio che venga impiegato per conseguire il risultato concreto, vietato dall’ordinamento, della illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del
creditore, accettando preventivamente il trasferimento della proprietà di un suo bene quale conseguenza
della mancata estinzione di un suo debito. Cass. civ., sez. II, 30 settembre 2013, n. 22314.
Articolo 2043. RISARCIMENTO PER FATTO ILLECITO.
Liquidazione del danno non patrimoniale subito dai congiunti a causa
di fatto illecito
La liquidazione del danno non patrimoniale, subito dai congiunti in conseguenza dell’uccisione del familiare, deve tener conto dell’intensità del relativo vincolo, della situazione di convivenza e di ogni ulteriore utile
circostanza, quali la consistenza più o meno ampia dello stesso nucleo familiare e l’intensità del relativo vincolo, le abitudini di vita, la situazione di convivenza. Ne deriva che la morte di un fratello mai conosciuto dagli
altri congiunti rappresenta morte di uno sconosciuto con la conseguenza che il danno da perdita di rapporto
parentale assume dimensione virtuale e non reale. Cass. civ., sez. III, 22 ottobre 2013, n. 23917.
Articolo 2051. DANNO CAGIONATO DA COSA IN CUSTODIA.
Prova del rapporto causale tra la cosa in custodia ed il danno
In tema di responsabilità extracontrattuale ai sensi dell’art. 2051 c.c., al fine di provare il rapporto causale tra la cosa in custodia ed il danno, l’attore parte lesa deve allegare un elemento estrinseco o intrinseco
come fatto costitutivo idoneo a radicare il nesso eziologico, senza però poter modificare nel corso del giudizio la allegazione iniziale; per contro, il custode, per liberarsi della presunzione di responsabilità per il danno
cagionato dalla cosa, deve provare il caso fortuito tale da prevenire lo evento dannoso o da ridurne le conseguenze. Cass. civ., sez. III, 2 settembre 2013, n. 20055.
Articolo 2059. DANNI NON PATRIMONIALI.
Danno, biologico, morale, alla vita di relazione, esistenziale
Il danno non patrimoniale è categoria generale non suscettibile di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate: in particolare, non è ammissibile nel nostro ordinamento l’autonoma categoria di danno
esistenziale, inteso quale pregiudizio alle attività non remunerative della persona. Cass. civ., sez. II, 21 giugno 2013, n. 15707.
Il danno biologico, il danno morale ed il danno alla vita di relazione rispondono a prospettive diverse di
valutazione del medesimo evento lesivo, in quanto un determinato evento può causare, nella persona della
vittima come in quelle dei familiari, un danno alla salute medicalmente accertabile, un dolore interiore ed
un’alterazione della vita quotidiana. Ciò non significa che il giudice di merito sia tenuto, in via automatica,
alla liquidazione separata di tutte queste singole poste di danno, ma si traduce nell’obbligo di tenere presente i diversi aspetti della fattispecie dannosa, evitando duplicazioni ma anche “vuoti” risarcitori; quanto al danno da lesione del rapporto parentale, il giudice dovrà accertare, con onere della prova a carico dei familiari,
se a seguito del fatto lesivo si sia determinato nei superstiti uno sconvolgimento delle normali abitudini tale
da imporre scelte di vita radicalmente diverse. Cass. civ., sez. III, 22 agosto 2013, n. 19402.
Le Sezioni Unite non hanno mai predicato un principio di diritto volto alla soppressione per assorbimento, ipso facto, del danno morale nel danno biologico, avendo esse viceversa indicato al giudice del merito
soltanto la necessità di evitare, attraverso una rigorosa analisi dell’evidenza probatoria, duplicazioni risarcitorie. Una indiretta quanto significativa indicazione in tal senso potrebbe essere rinvenuta nel disposto dell’art.
612-bis del codice penale, che, sotto la rubrica “Atti persecutori”, dispone che sia “punito con la reclusione
Non è possibile portare in sede d’esame libri, opuscoli, scritti ed appunti di qualsiasi specie ma unicamente i codici anche
commentati esclusivamente con la giurisprudenza, le leggi ed i decreti dello Stato (art.21 R.D. 22.01.1934 n.37)
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da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare
un perdurante e grave stato di ansia o di paura, ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva, ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”. Sembrano efficacemente scolpiti, in questa disposizione
di legge per quanto destinata ad operare in un ristretto territorio del diritto penale – i due autentici momenti
essenziali della sofferenza dell’individuo: il dolore interiore, e la significativa alterazione della vita quotidiana.
Si tratta, quindi, di danni diversi e quindi in astratto entrambi risarcibili, ma solo se rigorosamente provati caso per caso. Cass. civ., sez. III, 3 ottobre 2013, n. 22585.
Il danno biologico, quello morale e quello dinamico-relazionale altrimenti definibile “esistenziale”, costituiscono pregiudizi non patrimoniali ontologicamente diversi e tutti risarcibili. Tuttavia, pur non essendo ammissibile, nel nostro ordinamento, l’autonoma categoria di “danno esistenziale”, quel che rileva, ai fini risarcitori, è che, ove si siano verificati pregiudizi scaturenti dalla lesione di interessi della persona di rango costituzionale, ovvero derivanti da fatti-reato, essi non siano stati già oggetto di apprezzamento e di liquidazione da
parte del giudice del merito, a nulla rilevando che quest’ultimo li liquidi sotto la voce di danno non patrimoniale oppure li faccia rientrare secondo la tradizione passata sotto la etichetta “danno esistenziale”. Cass. civ.,
sez. III, 11 ottobre 2013, n. 23147.
Danno da perdita di chance
In caso di violazione, da parte dell’ente pubblico/datore di lavoro, dell’obbligo di predeterminare i criteri di
selezione degli impiegati necessari per il riconoscimento e l’attribuzione della qualifica superiore, incombe
sul singolo dipendente non promosso ed attore in giudizio per il risarcimento del danno da perdita della possibilità di promozione (c.d. perdita di chance), l’onere di provare - alla stregua dei principi generali in tema di
responsabilità contrattuale - il nesso di causalità tra il detto inadempimento datoriale ed il danno, ossia la
concreta sussistenza della probabilità di ottenere la qualifica superiore. Cass. civ., S.U., 23 settembre 2013,
n. 21678.
Il lavoratore/creditore che voglia ottenere i danni derivanti dalla perdita di chance ha l’onere di provare,
pur se solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, la realizzazione in concreto dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile dev’essere conseguenza immediata e diretta. È, in altre parole, necessaria l’allegazione e la prova di quegli elementi di fatto idonei a far ritenere che il regolare svolgimento della procedura selettiva avrebbe comportato una concreta, effettiva e non ipotetica probabilità di conseguire la promozione, in forza della quale
probabilità si giustifica l’interesse stesso del lavoratore alla pronuncia di illegittimità della procedura selettiva,
altrimenti insussistente. Cass. civ., S.U., 23 settembre 2013, n. 21678.
Articolo 2598. ATTI DI CONCORRENZA SLEALE.
Storno dei dipendenti
Lo storno dei dipendenti deve ritenersi vietato come atto di concorrenza sleale, ai sensi dell’art. 2598 n.
3 c.c., allorché sia attuato non solo con la consapevolezza nell’agente dell’idoneità dell’atto a danneggiare
l’altrui impresa, ma altresì con la precisa intenzione di conseguire tale risultato (animus nocendi), la quale va
ritenuta sussistente ogni volta che, in base agli accertamenti compiuti dal giudice del merito ed insindacabili
in sede di legittimità se adeguatamente motivati, lo storno dei dipendenti sia posto in essere con modalità tali
da non potersi giustificare alla luce dei principi di correttezza professionale, se non supponendo nell’autore
l’intento di danneggiare l’organizzazione e la struttura produttiva dell’imprenditore concorrente. Cass. civ.,
sez. I, 4 settembre 2013, n. 20228.
L’animus nocendi necessario ad integrare atto di concorrenza sleale sub specie di storno di dipendenti
ricorre laddove l’atto illecito venga attuato con lo specifico scopo di danneggiare l’altrui azienda avuto riguardo a determinati elementi quali: a) la quantità del soggetti stornati, b) la portata dell’organizzazione complessiva dell’impresa concorrente; c) la posizione che i dipendenti stornati rivestivano all’interno dell’azienda
concorrente; d) la scarsa fungibilità dei dipendenti; e) la rapidità dello storno; f) il parallelismo con l’iniziativa
economica del concorrente stornante. Cass. civ., sez. I, 4 settembre 2013, n. 20228.
Non è possibile portare in sede d’esame libri, opuscoli, scritti ed appunti di qualsiasi specie ma unicamente i codici anche
commentati esclusivamente con la giurisprudenza, le leggi ed i decreti dello Stato (art.21 R.D. 22.01.1934 n.37)
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CODICI CIVILE E PENALE ANNOTATI CON LA GIURISPRUDENZA 2013
Civile
Articolo 2932. ESECUZIONE SPECIFICA DELL’OBBLIGO DI CONCLUDERE UN CONTRATTO.
Vizi e difformità del bene promesso in vendita
Poiché il contratto preliminare è regolato non solo dalle sue clausole, ma anche dalle norme integrative
della disciplina del contratto, tra le quali quella dell’art. 1538 c.c., è legittimo il rifiuto della stipulazione del
contratto definitivo da parte del promittente compratore che pretenda la riduzione del prezzo opponendo, con
fondamento o, comunque, senza colpa, che la misura reale del bene è inferiore ad un ventesimo rispetto a
quella indicata nel contratto. Cass. civ., sez. II, 5 settembre 2013, n. 20393.
Costituiscono causa di risoluzione per inadempimento di un contratto preliminare di compravendita la
sussistenza di carenze igienico-sanitarie per violazione di norme urbanistiche, con conseguente rifiuto della
licenza di abitabilità, non potendosi ritenere superato l’obbligo di garanzia incombente sul promittente venditore ex art. 1497 c.c. dalla pattuizione negoziale di una clausola di stile secondo cui il bene viene alienato
“nello stato di fatto e di diritto” in cui si trova. Cass. civ., sez. II, 17 settembre 2013, n. 21189.
Ove risulti provato l’inadempimento del promissario acquirente per omesso pagamento degli acconti
concordati, il contratto preliminare di compravendita deve essere dichiarato risolto, ma non possono trovare
accoglimento le domande risarcitorie avanzate nei suoi confronti, laddove legate al possesso del bene, se
l’immobile non è mai stato nella sua disponibilità. Cass. civ., sez. II, 19 settembre 2013, n. 21438.
Articolo 2944. INTERRUZIONE PER EFFETTO DI RICONOSCIMENTO.
Rinuncia alla prescrizione
Mentre il riconoscimento dell’altrui diritto che valga ad interrompere la prescrizione (art. 2944 c.c.), costituisce una dichiarazione di scienza, la rinuncia alla prescrizione, invece, integra un atto negoziale caratterizzato dalla manifestazione della volontà di dismettere definitivamente il proprio diritto alla liberazione di un
obbligo. Cass. civ., sez. II, 1 agosto 2013, n. 18425.
Il soggetto che riconosca l’altrui diritto compie una dichiarazione di scienza, e non un atto negoziale dagli
effetti esclusivamente interruttivi della prescrizione stessa, avente ad oggetto il diritto della controparte; per
contro, il diverso istituto della rinuncia alla prescrizione è caratterizzato dalla manifestazione di una volontà
negoziale con effetto definitivamente dismissivo e avente ad oggetto il proprio diritto alla liberazione
dall’obbligo di adempimento: ne consegue che al riconoscimento non si applicano le regole proprie dei negozi giuridici dettate in tema di volontà e di rappresentanza. Cass. civ., sez. II, 1 agosto 2013, n. 18425.
Non è possibile portare in sede d’esame libri, opuscoli, scritti ed appunti di qualsiasi specie ma unicamente i codici anche
commentati esclusivamente con la giurisprudenza, le leggi ed i decreti dello Stato (art.21 R.D. 22.01.1934 n.37)
CODICE PENALE
(estratto)
Non è possibile portare in sede d’esame libri, opuscoli, scritti ed appunti di qualsiasi specie ma unicamente i codici anche
commentati esclusivamente con la giurisprudenza, le leggi ed i decreti dello Stato (art.21 R.D. 22.01.1934 n.37)
Non è possibile portare in sede d’esame libri, opuscoli, scritti ed appunti di qualsiasi specie ma unicamente i codici anche
commentati esclusivamente con la giurisprudenza, le leggi ed i decreti dello Stato (art.21 R.D. 22.01.1934 n.37)
Articolo 8. DELITTO POLITICO COMMESSO ALL’ESTERO.
Richiesta di procedimento e giurisdizione
La natura permanente del reato associativo, la struttura organizzativa che lo caratterizza e la stabilità del
vincolo che avvince i vari partecipi nel perseguimento di un comune programma impongono, in assenza di
elementi che dimostrino il contrario, di considerare unitariamente i vari momenti operativi, anche se attuati su
territori diversi, di non parcellizzarli e di ritenere che il fatto-reato sia lo stesso e che la partecipazione di un
soggetto ad un sodalizio criminoso che ha diramazioni e centri operativi in varie parti del mondo acquista
rilevanza ai fini della giurisdizione se uno o più dei centri sia operante in Italia, dovendo in tal caso il reato
ritenersi interamente punibile secondo la legge italiana e ad opera dell’Autorità giudiziaria dello Stato (riconosciuta, nella specie, la giurisdizione del giudice italiano in ordine ad una serie di esportazioni in Germania
di prodotti alcolici fraudolentemente indicati come esportati in Albania al fine di evadere le accise su tali produzioni). Cass. pen., sez. fer., 3 settembre 2013, n. 36719.
Articolo 40. RAPPORTO DI CAUSALITÀ.
Generalità
Perché possa parlarsi di causa sopravvenuta idonea ad escludere il rapporto di causalità (o la sua interruzione) si deve trattare di un percorso causale ricollegato all’azione (od all’omissione) dell’agente, ma completamente atipico, di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale; di un evento che non si verifica se
non in casi del tutto imprevedibili, a seguito della causa presupposta. Siffatti connotati devono pertanto ravvisarsi nel caso di un percorso causale atipico; di una linea di sviluppo della condotta del tutto anomala, oggettivamente imprevedibile in astratto e imprevedibile per l’agente che non può anticipatamente rappresentarla come conseguente alla sua azione od omissione (quest’ultimo versante riguarda l’elemento soggettivo
ma il problema, dal punto di vista dell’elemento oggettivo del reato, si pone in termini analoghi). Cass. pen.,
sez. IV, 22 ottobre 2013, n. 43168.
Chi è titolare di una posizione di garanzia deve poter prevedere e prevenire le altrui imprudenze ed avventatezze e conseguentemente uniformare la propria condotta ai comuni canoni di accortezza (Confermata
nella specie la condanna al rappresentante legale di una onlus per la morte per annegamento di un minore).
Cass. pen., sez. IV, 22 ottobre 2013, n. 43168.
Nesso causale e colpa medica
La successiva condotta, costituente colpa medica, pur se grave (nel caso di specie la decisione di dimettere il paziente in fin di vita), ove non abbia le caratteristiche dell’imprevedibilità ed inopinabilità (nel senso di
estemporaneità, integrante fatto atipico), non interrompe il nesso di causalità. Cass. pen., sez. VI, 30 agosto
2013, n. 35828.
Reato commissivo mediante omissione
La responsabilità penale per reato omissivo improprio (o reato commissivo mediante omissione) presuppone la titolarità di una posizione di garanzia nei confronti del bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice violata, dalla quale deriva l’obbligo di attivarsi per la salvaguardia di quel bene; obbligo che si attualizza
in ragione del perfezionarsi della c.d. situazione tipica. In presenza di tali condizioni la semplice inerzia assume significato di violazione dell’obbligo giuridico (di attivarsi per impedire l’evento) e l’esistenza di una relazione causale tra omissione ed evento apre il campo all’ascrizione penale, secondo la previsione dell’art.
40 cpv. cod. pen. Cass. pen., sez. IV, 5 settembre 2013, n. 36399.
Non è possibile portare in sede d’esame libri, opuscoli, scritti ed appunti di qualsiasi specie ma unicamente i codici anche
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CODICI CIVILE E PENALE ANNOTATI CON LA GIURISPRUDENZA 2013
Penale
Quando il garante non impedisce la verificazione di un evento “naturalisticamente inteso”, tipico rispetto
alla corrispondente fattispecie di natura commissiva, la responsabilità penale che ne consegue ha forma
monosoggettiva, quando il mancato impedimento concerna l’altrui condotta criminosa lo schema giuridico
che si prospetta è, invece, quello del concorso di persone nel reato. La responsabilità del garante omettente
trae origine dal combinato disposto agli artt. 40 cpv. e 110 cod. pen. Cass. pen., sez. IV, 5 settembre 2013,
n. 36399.
Articolo 52. DIFESA LEGITTIMA.
Presupposti della scriminante
In tema di legittima difesa requisito indispensabile è dell’attualità del pericolo, consistente in una concreta minaccia già in corso di attuazione nel momento della reazione ovvero in una minaccia od offesa imminenti, tali da far sorgere nel soggetto reagente la percezione di una situazione di pericolo incombente, con
conseguente necessità di difesa, ovvero la ragionevole opinione di trovarsi in siffatta situazione di necessità
di difesa, protraendosi l’attualità del pericolo sino a quando l’azione dell’aggressore diretta alla lesione del
bene, o ragionevolmente ritenuta tale, non si esaurisca. Ne consegue che non è configurabile la scriminante
in esame quando l’agente interviene in una colluttazione già sedata. Cass. pen., sez. V, 10 ottobre 2013, n.
41879.
Articolo 61. CIRCOSTANZE AGGRAVANTI COMUNI.
Abuso di autorità dell’istruttore di arti marziali che ha rapporti con i
suoi allievi al di fuori della palestra
Vi è abuso di autorità ex art. 61 n. 11 c.p. se l’istruttore di arti marziali non si limita ad approfittare della
minore età delle sue plurime vittime, ma si avvale oggettivamente nei confronti delle parti offese della sua
posizione apicale nel gruppo che si è costituito attorno alla sua attività di istruttore, non assumendo peraltro
incidenza che la condotta criminosa sia stata posta in essere o meno durante le ore delle lezioni e proprio in
palestra. Cass. pen., sez. III, 10 settembre 2013, n. 37135.
Articolo 89. VIZIO PARZIALE DI MENTE.
Compatibilità con il dolo
Il vizio parziale di mente (art. 89 c.p.) deve valutarsi logicamente compatibile con il dolo, non essendovi
contrasto fra la seminfermità mentale ed il ritenere provato il dolo. La coscienza e la volontà, pur diminuite,
non sono inconciliabili con il vizio parziale di mente, perché sussiste piena autonomia concettuale tra la diminuente, che attiene alla sfera psichica del soggetto al momento della formazione della sua volontà, e
l’intensità del dolo, che riguarda il momento nel quale la volontà si esteriorizza e persegue l’obiettivo avuto di
mira dal soggetto agente (per cui, nel caso di un reato commesso da persona seminferma di mente deve
essere in ogni caso oggetto di ricognizione e verifica la sussistenza dell’elemento psicologico del commesso
reato, compatibile - come detto - con il vizio parziale di mente, atteso che anche nella condizione di imputabilità diminuita residua pur sempre la capacità di intendere e di volere, la cui contrazione può assumere possibile rilievo nei reati a dolo specifico, ma non in quelli connotati da dolo generico, come il reato di evasione).
Cass. pen., sez. VI, 4 ottobre 2013, n. 41083.
Articolo 110. PENA PER COLORO CHE CONCORRONO NEL REATO.
Istigazione
Ai fini della prova del contributo dato da un soggetto nella commissione di un reato, compreso quello che
si manifesta nella forma della condotta di istigazione, occorre che il giudice di merito dia conto degli elementi
Non è possibile portare in sede d’esame libri, opuscoli, scritti ed appunti di qualsiasi specie ma unicamente i codici anche
commentati esclusivamente con la giurisprudenza, le leggi ed i decreti dello Stato (art.21 R.D. 22.01.1934 n.37)
Penale
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fattuali dai quali ricavare l’esistenza di una reale partecipazione nella fase ideativa o preparatoria del reato,
precisando sotto quale forma essa si sia concretamente manifestata, in rapporto di causalità efficiente con le
attività poste in essere dagli altri concorrenti, non potendosi confondere l’atipicità della condotta criminosa
concorsuale, pur prevista dall’art. 110 cod. pen., con l’indifferenza probatoria circa le forme concrete del suo
manifestarsi nella realtà. Con riferimento alla forma della istigazione, occorre che il soggetto cui tale condotta
è addebitata faccia sorgere in altri il proposito criminoso ovvero soltanto lo rafforzi. Cass. pen., sez. VI, 20
settembre 2013, n. 39030.
Articolo 240. CONFISCA.
Confisca facoltativa
La confisca facoltativa prevista dall’art. 240, comma 1, c.p., è legittimamente adottata quando sia dimostrata la concreta relazione di asservimento tra la cosa e il reato, dovendo la prima essere collegata al secondo non già da un rapporto di mera occasionalità bensì da uno stretto nesso strumentale, rivelatore
dell’effettiva probabilità del ripetersi di un’attività punibile nel senso che possa formularsi una positiva prognosi sulla pericolosità sociale dell’imputato derivante dal mantenimento in suo possesso della cosa. (In applicazione del principio la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di applicazione della pena che aveva
disposto la confisca di autovettura utilizzata per i reati di furto e di resistenza a pubblico ufficiale sul presupposto della sola affermazione della “necessaria pertinenzialità” della cosa rispetto ai reati commessi “tenuto
conto delle modalità del fatto”). Cass. pen., sez. fer., 22 agosto 2013, n. 35519.
Articolo 314. PECULATO.
Casistica
Risponde del reato di peculato e falso ideologico l’ispettore di polizia municipale che utilizza i buoni benzina, posseduti per ragioni d’ufficio, per rifornire il carburante della propria autovettura, redigendo successivamente una relazione falsa. Cass. pen., sez. VI, 30 luglio 2013, n. 33130.
Anche un atto proveniente da un pubblico ufficiale con i dati poteri fidefacienti, pur laddove non abbia di
per sé una specifica funzione probatoria per quanto riguarda il suo particolare contenuto, una tale funzione
la riveste comunque per i suoi profili descrittivi: ciò ricorre quanto alla data ed ai dati di protocollazione.
Cass. pen., sez. VI, 30 luglio 2013, n. 33130.
Insussistenza del reato
Non sussiste il delitto di peculato in assenza di intrinseco rilievo economico dell’oggetto
dell’appropriazione e di concreta incidenza di quest’ultima sulla funzionalità dell’ufficio o del servizio. (In applicazione del suesposto principio, viene esclusa l’integrazione del delitto di peculato in capo ad un agente di
polizia giudiziaria che, avendo per ragioni del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di
un “pass” per disabili rilasciato a persona poi deceduta, se ne appropriava). Cass. pen., sez. VI, 18 ottobre
2013, n. 42836.
Peculato dell’appaltatore
In tema di appalto pubblico di servizi, non è configurabile il delitto di peculato (ma eventualmente altre
fattispecie delittuose) nella condotta di indebita gestione e destinazione, da parte dell’appaltatore, di somme
di provenienza pubblica, la cui ricezione costituisca il pagamento, da parte dell’appaltante soggetto pubblico,
del corrispettivo per l’attività di fornitura di un servizio pattuito. In tal caso, infatti, il denaro perde la propria
caratteristica di altruità all’atto della corresponsione all’appaltatore, che ne può pertanto disporre in autonomia. Cass. pen., sez. VI, 8 ottobre 2013, n. 41579.
Non è possibile portare in sede d’esame libri, opuscoli, scritti ed appunti di qualsiasi specie ma unicamente i codici anche
commentati esclusivamente con la giurisprudenza, le leggi ed i decreti dello Stato (art.21 R.D. 22.01.1934 n.37)
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CODICI CIVILE E PENALE ANNOTATI CON LA GIURISPRUDENZA 2013
Penale
Peculato d’uso
La condotta del pubblico agente che, utilizzando illegittimamente per fini personali il telefono assegnatogli per ragioni di ufficio, produce un apprezzabile danno al patrimonio della pubblica amministrazione o di
terzi o una concreta lesione alla funzionalità dell’ufficio, è sussumibile nel delitto di peculato d’uso di cui
all’art. 314 c.p., comma 2. Cass. pen., S.U. 2 maggio 2013, n. 19054.
Rapporti con il reato di truffa
L’elemento discretivo tra il delitto di peculato e quello di truffa aggravata, ai sensi dell’art. 61 n. 9, cod.
pen., va individuato con riferimento alle modalità del possesso del denaro o d’altra cosa mobile altrui, oggetto di appropriazione, ricorrendo la prima figura quando il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio
se ne appropri avendone già il possesso o comunque la disponibilità per ragione del suo ufficio o servizio, e
ravvisandosi invece la seconda ipotesi quando il soggetto attivo, non avendo tale possesso, se lo procuri
fraudolentemente, facendo ricorso ad artifici o raggiri per appropriarsi del bene. In altri termini, nel peculato il
possesso del bene trova origine nella ragione di ufficio e preesiste all’illecita conversione in profitto
dell’agente, mentre nella truffa l’acquisto del possesso consegue all’azione del colpevole, consistente
nell’induzione in errore mediante artifici o raggiri. Ne consegue che, quando gli artifici vengano posti in essere non per conseguire il possesso della res, ma per occultarne l’illecito impossessamento, ovvero per assicurarsi l’impunità, sussiste il delitto di peculato e non quello di truffa aggravata. Cass. pen., sez. VI, 8 ottobre
2013, n. 41599.
316-ter. INDEBITA PERCEZIONE DI EROGAZIONI A DANNO DELLO
STATO.
Natura e applicabilità del reato
La fattispecie di cui all’art. 316-ter c.p. ha natura di reato di pericolo, essendo tale fattispecie integrata
con la mera violazione di prescrizioni volte ad evitare la adozione di sistemi che possano nascondere comportamenti fraudolenti a prescindere dalla prova di condotte di tal genere, che, se sussistenti, consentirebbero di ravvisare ulteriori figure criminose. (In applicazione di questo principio, correttamente il giudice di merito
ha ritenuto che il conseguimento di pubbliche erogazioni sulla scorta di fatture falsamente quietanzate realizzava a pieno il fatto di reato di cui all’art. 316 ter c.p., sia perchè si trattava di un meccanismo artificioso
attraverso il quale il ricorrente otteneva un finanziamento sulla base di attività non realmente esplicate sia
perché il sistema adoperato non consentiva di verificare che le somme erogate dalla Regione fossero integralmente destinate alla realizzazione dell’opera prevista). Cass. pen., sez. VI, 21 agosto 2013, n. 35220.
Articolo 319. CORRUZIONE PER UN ATTO CONTRARIO AI DOVERI
D’UFFICIO.
Corruzione propria e impropria
In tema di corruzione propria sono atti contrari ai doveri di ufficio non solo quelli illeciti, siccome vietati da
atti imperativi o illegittimi, perché dettati da norme giuridiche, riguardanti la loro validità ed efficacia, ma anche quelli che, pur formalmente regolari, prescindono per consapevole volontà del pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio dall’osservanza dei doveri istituzionali, espressi in norme di qualsiasi livello, compresi quelli di correttezza e di imparzialità, con la conseguenza che ai fini della distinzione fra corruzione
propria ed impropria, nella prima il pubblico ufficiale, violando anche il solo dovere di correttezza, connota
l’atto di contenuto privatistico, così perseguendo esclusivamente o prevalentemente l’interesse del privato
corruttore; nella seconda, invece, il pubblico ufficiale, che accetta una retribuzione per l’unico atto reso possibile dalle sue attribuzioni, viola soltanto il dovere di correttezza. Cass. pen., sez. VI, 10 ottobre 2013, n.
41898.
Non è possibile portare in sede d’esame libri, opuscoli, scritti ed appunti di qualsiasi specie ma unicamente i codici anche
commentati esclusivamente con la giurisprudenza, le leggi ed i decreti dello Stato (art.21 R.D. 22.01.1934 n.37)
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Articolo 323. ABUSO D’UFFICIO.
Abuso d’ufficio del sindaco
Non commettono il reato di abuso di ufficio il Sindaco e l’ex Sindaco che parcheggiano le proprie autovetture su strada pubblica, ove vige un divieto di transito, non impedendo comunque il passaggio pedonale.
(Secondo la ricostruzione del G.u.p., avallata dalla Suprema Corte, la natura pubblica della traversa, ove
vigeva un divieto di transito, ma non anche un divieto di sosta, ne consente comunque la fruizione, per finalità di sosta, a tutti gli utenti della strada, non risultandone impedito l’accesso). Cass. pen., sez. VI, 18 ottobre
2013, n. 42849.
Mera illegittimità dell’atto amministrativo
Ai fini della configurazione del reato di abuso d’ufficio è necessaria un’attenta valutazione e motivazione
circa la relazione tra il danno del privato e l’interesse pubblico complessivo, atteso che la mera illegittimità
degli atti amministrativi non è di per sè significativa della configurazione del reato, quando sussiste l’effettivo
e non strumentale fine primario di perseguimento di un interesse pubblico. Cass. pen., sez. II, 26 luglio 2013,
n. 32649.
Articolo 328. RIFIUTO DI ATTI D’UFFICIO. OMISSIONE.
Casistica
L’obbligo di provvedere in ordine all’apposizione in loco di adeguati segnali di pericolo incombe
sull’ufficio tecnico comunale: si tratta di misure di cautela e prudenza tanto più rilevanti per fronteggiare il
pericolo, quanto più lunghi si prospettano i tempi di predisposizione del progetto per le opere di manutenzione, la sua approvazione e la successiva esecuzione dei lavori. Risponde, pertanto, di rifiuto di atti d’ufficio il
responsabile dell’ufficio tecnico che non si attiva per predisporre la segnaletica informativa circa lo stato di
dissesto di una strada. Cass. pen., sez. VI, 31 luglio 2013, n. 33235.
Articolo 337. RESISTENZA A UN PUBBLICO UFFICIALE.
Natura giuridica
Il reato di cui all’art. 337 c.p. consiste nell’opposizione al pubblico ufficiale mentre questi compie un atto
del proprio ufficio, atto che deve avere una propria specificità e deve poter essere individuato come tale, non
potendosi identificare genericamente nell’attività comunque riconducibile alla pubblica funzione esercitata.
Correlativamente, non ogni forma di contestazione personale, seppur minacciosa, rivolta al pubblico ufficiale,
che non sia riferita all’atto che questi sta compiendo, comporta la commissione del reato di resistenza secondo la sua configurazione normativa tipica. Cass. pen., sez. VI, 5 settembre 2013, n. 36367.
Ove si intenda qualificare il reato di resistenza come reato di pericolo indiretto, in ragione della “anticipata” tutela accordata dalla norma incriminatrice alla legittima azione del pubblico ufficiale, la fattispecie concreta non può essere ricostruita e sussunta in una prospettiva di pericolo presunto, occorrendo che la violenza e la minaccia (elementi costitutivi della materialità del reato) siano reali e connotino in termini di effettività causale la loro idoneità a coartare o ad ostacolare l’agire del pubblico ufficiale, in tal modo esprimendosi
il finalismo lesivo (dolo specifico) del contegno (di violenza o minaccia) del soggetto agente. Cass. pen., sez.
VI, 5 settembre 2013, n. 36367.
Articolo 349. VIOLAZIONE DI SIGILLI.
Casistica
Il cartello, indicante che il veicolo é sottoposto a fermo bloccato sulla carenatura con spago sigillato con
il piombo non può essere equiparato ai sigilli la cui violazione è punita dall’art. 349 c.p.. Infatti, l’art. 213
Non è possibile portare in sede d’esame libri, opuscoli, scritti ed appunti di qualsiasi specie ma unicamente i codici anche
commentati esclusivamente con la giurisprudenza, le leggi ed i decreti dello Stato (art.21 R.D. 22.01.1934 n.37)
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C.d.S., applicabile nel caso di specie, prevede, all’ultimo periodo del comma 2, che il veicolo sottoposto a
sequestro amministrativo deve recare segnalazione visibile dello stato di sequestro con le modalità stabilite
nel regolamento e che di ciò è fatta menzione nel verbale di contestazione della violazione. Tale disposizione trova attuazione nel D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, art. 394, comma 9, (Regolamento di esecuzione e
di attuazione del nuovo codice della strada), a norma del quale la segnalazione dello stato di sequestro del
veicolo, ai sensi dell’art. 213 C.d.S., è realizzata con l’apposizione di uno o più fogli adesivi sulla parte anteriore o sul vetro parabrezza, recanti l’iscrizione “veicolo sottoposto sequestro” e con l’indicazione degli estremi del provvedimento che lo ha disposto. L’apposizione di sigilli costituisce un elemento ulteriore e meramente eventuale, perché, come previsto dal precedente comma 5 dello stesso articolo, essi sono apposti
alle cose sequestrate solo “se è necessario”. Nel caso in esame, dunque, il cartello apposto sul ciclomotore
non avrebbe potuto essere ritenuto equivalente ai sigilli, che rappresentano un vincolo distinto ed ulteriore
rispetto a quello rappresentato dal cartello di segnalazione. Cass. pen., sez. III, 20 settembre 2013, n.
38892.
Articolo 358. NOZIONE DELLA PERSONA INCARICATA DI UN PUBBLICO SERVIZIO.
Portalettere
La qualifica di pubblico ufficiale - ai sensi dell’art. 357 c.p., come novellato dalle leggi n. 86 del 1990 e n.
181 del 1992 deve essere riconosciuta a quei soggetti che, pubblici dipendenti o “semplici privati”, quale che
sia la loro posizione soggettiva, possono e debbono, nell’ambito di una potestà regolata dal diritto pubblico,
esercitare, indipendentemente da formali investiture, poteri autoritativi, deliberativi o certificativi, disgiuntamente e non cumulativamente considerati. Tale principio non può che essere riferito anche all’incaricato di
pubblico servizio. (Nel caso di specie, la Corte ha riconosciuto la qualifica di incaricato di pubblico servizio in
capo ad un portalettere, condannato per il delitto di peculato in quanto, avendo la disponibilità, per ragioni
del proprio servizio, di pacchi contro assegni, si appropriava dei relativi bollettini di spedizione e dei rispettivi
importi, spettanti ai legittimi creditori). Cass. pen., sez. VI, 26 agosto 2013, n. 35512.
Articolo 361. OMESSA DENUNCIA DI REATO DA PARTE DEL PUBBLICO UFFICIALE.
Concorso commissivo mediante omissione
La condotta omissiva di pubblici ufficiali consistente nella mancata opposizione alle azioni delittuose in e
nella successiva omessa denuncia di fatti penalmente perseguibili, è giuridicamente apprezzabile sotto il
profilo concausale della produzione degli eventi, e, come tale, equivale a concorso morale nel cagionarli,
stante l’imperatività dell’obbligo giuridico inadempiuto. Cass. pen., sez. I, 22 ottobre 2013, n. 43273.
Diverso dalla omessa denuncia di reato di cui all’art. 361 cod. pen. è il concorso nel reato per non averlo
impedito pur avendone l’obbligo, previsto dall’art. 40 cod. pen. in quanto, nel primo caso il pubblico ufficiale
omette o ritarda di denunciare un reato di cui sia venuto a conoscenza; nel secondo caso invece egli non
omette la semplice notizia, ma omette il doveroso comportamento positivo (impedimento del reato) che poteva materialmente attuare e che invece non ha attuato, concorrendo così al compimento del reato stesso.
Cass. pen., sez. I, 22 ottobre 2013, n. 43273.
Articolo 385. EVASIONE.
Oggetto della tutela penale nel reato di evasione
Oggetto della tutela penale nel reato di evasione è il rispetto dovuto all’autorità delle decisioni giudiziarie
sul presupposto di un legittimo stato di arresto o di detenzione del soggetto attivo, sicché deve ritenersi violata la norma incriminatrice ogni qual volta il cautelato sfugga ai controlli di polizia, che devono avere il carattere della prontezza e della non aleatorietà. (Si esclude, nel caso di specie, la configurabilità del reato a carico dell’imputato, che si era recato alla Autorità di p.s. per motivi attinenti al suo stato di detenzione domicilia-
Non è possibile portare in sede d’esame libri, opuscoli, scritti ed appunti di qualsiasi specie ma unicamente i codici anche
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re, dal momento che rivolgendosi alla stessa autorità, tenuta alla sua vigilanza, non si era sottratto allo stato
di restrizione, cui era sottoposto). Cass. pen., sez. VI, 25 ottobre 2013, n. 43791.
Articolo 416. ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE.
Elemento oggettivo
Allorché una Onlus, regolarmente costituita ed operante, non dia corso ad alcuna elargizione benefica in
favore di soggetti bisognosi, ma si occupi unicamente di rimborsare spese asseritamente sostenute dai volontari che vi operano, può configurarsi, a carico dei beneficiari dei rimborsi e degli organismi dirigenti della
organizzazione il reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di plurime truffe. La natura degli elementi materiali del reato di truffa (artifici e raggiro e ingiusto profitto) può e deve essere provata
alla luce delle risultanze degli atti di indagine e delle condotte concretamente poste in essere dagli agenti in
relazione allo scopo dichiarato delle stesse. Cass. pen., sez. fer., 27 agosto 2013, n. 35849.
Articolo 416-bis. ASSOCIAZIONI DI TIPO MAFIOSO ANCHE STRANIERE.
Concorso esterno in associazione per delinquere di stampo mafioso
Non è configurabile, per ciò solo, il reato di concorso esterno in associazione per delinquere di stampo
mafioso a carico dell’imputato per aver rivelato ad esponenti di consorterie delinquenziali segreti di ufficio.
Per l’integrazione del reato, infatti occorre che possa ragionevolmente ritenersi - sia pure in via gravemente
indiziaria, in termini, dunque, di apprezzabile probabilità di colpevolezza - che l’illecita attività di rivelazione di
notizie riservate possa configurarsi come contributo reale ed efficiente in favore del sodalizio mafioso e non
già a beneficio di singoli esponenti malavitosi. Cass. pen., sez. V, 18 settembre 2013, n. 38387.
Articolo 443. COMMERCIO O SOMMINISTRAZIONE DI MEDICINALI
GUASTI.
Generalità
Il semplice acquisto di principio attivo posto in vendita illegittimamente da una società in frode di un brevetto industriale non configura un concorso nel reato, ma costituisce consapevolezza dell’illecita provenienza
della sostanza (e quindi della sussistenza del reato-presupposto) configurando l’elemento soggettivo necessario per una condanna per ricettazione. Cass. pen., sez. fer., 29 agosto 2013, n. 39187.
Ai fini della sussistenza del reato di cui all’art. 443 c.p., per medicinale deve intendersi qualsiasi sostanza o composizione dotata di proprietà curative o profilattiche delle malattie umane, destinata ad essere
somministrata all’uomo per effettuare una diagnosi medica oppure per ripristinare, correggere o modificare
funzioni organiche dell’individuo. (Nella specie risultava che il medicinale, allestito dal ricorrente sotto la forma di preparato galenico magistrale, pur non potendo configurarsi come tale per l’evidente inapplicabilità alla
fattispecie concreta della cosiddetta eccezione galenica, derivava dallo sconfezionamento di specialità medicinali, che venivano sminuzzate in mortaio e mescolate con additivi; la miscela così ottenuta veniva poi
inserita in capsule sprovviste di pellicole protettive, nelle quali non risultava garantita una costante percentuale di principio attivo e di eccipienti. Tali metodiche, sia con riferimento alla capsule derivanti dal suddetto
sconfezionamento di medicinali a base di Finasteride, sia con riguardo a quelle altre confezionate utilizzando
il principio attivo acquistato da una ditta, sono state considerate idonee ad integrare l’elemento materiale del
delitto di cui all’art. 443 cod. pen.). Cass. pen., sez. VI, 23 settembre 2013, n. 39187.
Il reato di cui all’art. 443 c.p. è un reato di pericolo presunto, nell’ambito del quale non è necessario accertare in concreto la pericolosità del farmaco per la pubblica incolumità, essendo ritenuta sufficiente, ai fini
dell’integrazione della fattispecie delittuosa, la condotta di porre in commercio o somministrare un farmaco
imperfetto, la cui composizione non corrisponda a quella dichiarata ed autorizzata. Cass. pen., sez. VI, 23
settembre 2013, n. 39187.
Non è possibile portare in sede d’esame libri, opuscoli, scritti ed appunti di qualsiasi specie ma unicamente i codici anche
commentati esclusivamente con la giurisprudenza, le leggi ed i decreti dello Stato (art.21 R.D. 22.01.1934 n.37)
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La preparazione galenica magistrale, per essere tale, deve avvenire estemporaneamente, per unità e
con ricetta medica. Scopo dell’eccezione galenica è, appunto, quello di consentire al farmacista di preparare
e vendere al paziente un medicinale con diverso dosaggio o con diverso eccipiente rispetto a quello del medicinale posto in vendita dal titolare del brevetto e ciò solo nei casi in cui il paziente necessiti di tale diverso
dosaggio o sia allergico all’eccipiente utilizzato per il medicinale commercializzato dal titolare del brevetto.
Cass. pen., sez. VI, 23 settembre 2013, n. 39187.
Articolo 474. INTRODUZIONE NELLO STATO E COMMERCIO DI PRODOTTI CON SEGNI FALSI.
Ricettazione di prodotti contraffatti
Il reato di falsificazione di cui all’art. 474 c.p. configura una fattispecie di pericolo contro la fede pubblica
per la cui integrazione è sufficiente anche la sola attitudine della falsificazione ad ingenerare confusione, con
riferimento non solo al momento dell’acquisto, ma anche a quello della successiva utilizzazione del prodotto
contraddistinto dal marchio contraffatto e non può parlarsi di reato impossibile laddove la contraffazione sia
grossolana o anche ove le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità ragionevole che i clienti
vengano tratti in inganno. Ne consegue che deve ritenersi così integrato anche il presupposto per la contestazione della ricezione di tale bene di provenienza illecita a titolo di ricettazione. Cass. pen., sez. II, 11 ottobre 2013, n. 43105.
Il delitto di ricettazione è configurabile anche nell’ipotesi di acquisto o ricezione, al fine di profitto, di cose
con segni contraffatti nella consapevolezza dell’avvenuta contraffazione, atteso che la cosa nella quale il
falso segno è impresso - e che con questo viene a costituire un’unica entità - è provento della condotta delittuosa di falsificazione prevista e punita dall’art. 473 c.p. Cass. pen., sez. II, 11 ottobre 2013, n. 43105.
Articolo 476. FALSITÀ MATERIALE COMMESSA DAL PUBBLICO UFFICIALE IN ATTI PUBBLICI.
Falso in atto pubblico
Sussiste il reato di falso ogni qual volta si intervenga con modifiche su di un atto già definitivamente formato, pur quando l’intento dell’agente sia quello di renderne il contenuto conforme al vero. Se così è, ne deriva che la coscienza e la volontà di operare un tale intervento non può non equivalere a quella di realizzare
una diretta, effettiva e riconoscibile lesione proprio del bene giuridico protetto dalla norma, a nulla rilevando
che, per mero errore di diritto circa la effettiva portata della norma medesima, di ditta lesione il soggetto possa non avere piena consapevolezza. Cass. pen., sez. V, 11 settembre 2013, n. 37314.
Articolo 479. FALSITÀ IDEOLOGICA COMMESSA DAL PUBBLICO UFFICIALE IN ATTI PUBBLICI.
Casistica
Il delitto di falso ideologico in un atto pubblico a contenuto dispositivo ricorre nel caso in cui la falsità della
conclusione dispositiva assunta dal giudice dipenda, non dalla invalidità delle argomentazioni, ma dalla falsità delle premesse fattuali - dalle quali tali argomentazioni muovono - nella cui parte descrittiva, che costituisce presupposto necessario alle susseguenti determinazioni, si afferma volutamente l’esistenza di una situazione di fatto contraria al vero (fattispecie relativa ad un avvocato indagato per il reato di associazione per
delinquere finalizzata alla commissione di vari delitti di falsità ideologica in certificati e di falso per induzione
commessi mediante l’intestazione di cause civili, aventi a oggetto prestazioni, a nome di persone decedute o
ignare. L’accusa, in particolare, era quella di aver indotto al falso ideologico i collegi giudicanti che avevano
deciso le cause sulla base di false prospettazioni e di conseguenza avevano attestato, a propria volta, il falso). Cass. pen., sez. fer., 29 agosto 2013, n. 39192.
Non è possibile portare in sede d’esame libri, opuscoli, scritti ed appunti di qualsiasi specie ma unicamente i codici anche
commentati esclusivamente con la giurisprudenza, le leggi ed i decreti dello Stato (art.21 R.D. 22.01.1934 n.37)
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Falso per induzione
La sentenza è un atto pubblico formato dal pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, produttivo
di autonomi effetti e che essa si risolve nella statuizione del diritto della parte attrice a conseguire dallo Stato
delle elargizioni in denaro a vario titolo. In altri termini, il giudice/p.u. viene tratto in inganno su un presupposto di fatto che, se vero, avrebbe legittimato la sua decisione. (Nella specie, un avvocato era indagato per il
reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di vari delitti di falsità ideologica in certificati e di falso per induzione nonché di truffa aggravata ai danni dell’INPS commessi, nella sua qualità, mediante l’intestazione di cause civili aventi ad oggetto prestazioni, interessi, rivalutazioni o equo indennizzo, a nome di persone decedute o ignare, incamerando indebitamente le somme liquidate. L’accusa, in particolare, é
quella di avere indotto, o tentato di indurre al falso ideologico i collegi giudicanti che avevano deciso le cause
sulla base delle false prospettazioni della parte attrice e, di conseguenza, avevano attestato, a propria volta,
il falso). Cass. pen., sez. VI, 23 settembre 2013, n. 39192.
Articolo 515. FRODE NELL’ESERCIZIO DEL COMMERCIO.
Tentativo
Il tentativo di frode nell’esercizio del commercio non richiede, ai fini della sua configurabilità, l’effettiva
messa in vendita del prodotto, essendo sufficiente l’accertamento della destinazione alla vendita del prodotto
diverso per origine, provenienza, qualità o quantità da quelle dichiarate o pattuite. Cass. pen., sez. III, 9 ottobre 2013, n. 41699.
Articolo 581. PERCOSSE.
Generalità
Il termine percuotere non è assunto nell’art. 581 cod. pen. nel solo significato di battere, colpire, picchiare, ma anche in quello più lato, comprensivo di ogni violenta manomissione dell’altrui persona fisica, con la
conseguenza che in tale ambito previsionale rientra anche la spinta, la quale si concreta in un’energia fisica
esercitata con violenza e direttamente sulla persona. (Nella fattispecie, la Corte di Cassazione esclude la
configurazione del reato di percosse a carico dell’imputato che aveva chiuso la porta che dava accesso agli
uffici dei giudici di pace, nonostante la resistenza opposta dalla persona offesa. Infatti, la scelta legittima di
chiudere la porta da parte dell’imputato, cui la persona offesa aveva deciso di opporsi, determina, nella prospettiva dell’agente, sul piano oggettivo, prima ancora che su quello soggettivo, la radicale inidoneità della
condotta a provocare una sensazione dolorosa). Cass. pen., sez. V, 20 settembre 2013, n. 38960.
Articolo 582. LESIONE PERSONALE.
Elemento psicologico
Sussiste il dolo eventuale e non la colpa cosciente qualora l’agente non solo si sia rappresentato il concreto rischio del verificarsi dell’evento ma lo abbia anche accettato, nel senso che si sia determinato ad agire
anche a costo di cagionarlo. (nella specie, la Corte di Cassazione conferma la condanna per lesioni personali, con l’aggravante di una malattia superiore ai 40 giorni, dell’imputato resosi responsabile del lancio di un
sasso contro una vettura in corsa provocando ripercussioni sull’automobilista alla guida. La Corte esclude la
configurabilità di aberratio ictus plurilesiva, che ha come presupposto indefettibile che l’evento diverso da
quello voluto – ossia le lesioni subite dall’automobilista, in questo caso – non sia imputabile al soggetto agente nemmeno a titolo di dolo eventuale). Cass. pen., sez. V, 30 settembre 2013, n. 40334.
Non è possibile portare in sede d’esame libri, opuscoli, scritti ed appunti di qualsiasi specie ma unicamente i codici anche
commentati esclusivamente con la giurisprudenza, le leggi ed i decreti dello Stato (art.21 R.D. 22.01.1934 n.37)
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Articolo 595. DIFFAMAZIONE.
Diritto di critica
La scriminante del diritto di critica non può essere limitata a quella politica ma può riguardare, altresì,
l’esercizio della giurisdizione ovvero un’attività scientifica o, ancora, un provvedimento sportivo o, infine, la
diffusione di trasmissioni televisive o radiofoniche, purché non trasmodi in attacchi personali, con i quali
s’intenda esclusivamente colpire la sfera privata dell’offeso e non sconfini nella lesione della reputazione
dell’avversario. Cass. pen., sez. V, 20 settembre 2013, n. 38971.
Limite della continenza
In tema di diffamazione, il contesto nel quale la condotta diffamatoria si colloca può e deve essere valutato seppure ai limitati fini del giudizio di stretta riferibilità delle espressioni potenzialmente diffamatorie al
comportamento del soggetto passivo oggetto di critica, pur non potendo in alcun modo scriminare l’uso di
espressioni che si risolvano nella denigrazione della persona di quest’ultimo in quanto tale, atteso che anche
l’efficacia scriminante dell’esercizio del diritto di critica è soggetta al limite della continenza del linguaggio
utilizzato. (Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha rilevato che all’interno di una associazione privata
la normale dialettica tra i componenti della medesima in merito alla sua gestione possa assumere toni polemici, soprattutto nei confronti di chi ricopra in seno alla stessa ruoli apicali. Ne consegue dunque che censure eventualmente offensive dell’altrui reputazione - e che in un ambito diverso potrebbero non essere ritenute altrettanto accettabili - vanno considerate espressione del legittimo esercizio del diritto di critica se oggettivamente riferite allo svolgimento della vita associativa e qualora non trasmodanti, per l’appunto, nella gratuita denigrazione della persona cui sono destinate). Cass. pen., sez. V, 3 luglio 2013, n. 28685.
Articolo 599. RITORSIONE E PROVOCAZIONE.
“Perché non ti spari?”: esclusione del carattere offensivo dell’espressione
L’assunto sull’inapplicabilità alle ingiurie, via telefono o via e-mail, della causa di non punibilità per ritorsione e provocazione non trova sostegno nella speciale causa di non punibilità della “ritorsione” prevista
dall’art. 599, comma 1, cod. pen., posto che la previsione normativa non pone alcun limite in relazione al
mezzo con il quale le condotte ingiuriose sono realizzate. Cass. pen., sez. V, 24 settembre 2013, n. 39467.
Articolo 600-ter. PORNOGRAFIA MINORILE.
Presupposti di sussistenza
Ai fini della sussistenza del delitto di distribuzione o divulgazione di materiale pornografico realizzato
mediante lo sfruttamento di minori degli anni diciotto (art. 600-ter c.p., comma 3) occorre che il materiale sia
inserito in un sito accessibile a tutti al di fuori di un canale privilegiato o sia, comunque, propagato ad un numero indeterminato di destinatari. Inoltre, per la integrazione dell’elemento oggettivo del reato, occorre che i
files di cui si compone il materiale vietato siano interamente scaricati e visionabili nonchè lasciati nella cartella dei files destinati alla condivisione. Cass. pen., sez. III, 29 ottobre 2013, n. 44190.
Tentativo (inconfigurabilità)
Ai fini della configurabilità del tentativo nel reato di cui all’art. 600-ter comma 1 c.p., occorre l’esistenza di
una organizzazione anche embrionale e di una condotta potenzialmente diffusiva. Ne consegue che tale circostanza non può rilevarsi per il semplice fatto della disponibilità, da parte di un soggetto di un PC mediante
il quale è possibile la diffusione di immagini verso terzi e/o la condivisione con terze persone. Cass. pen.,
sez. III, 10 ottobre 2013, n. 41776.
Non è possibile portare in sede d’esame libri, opuscoli, scritti ed appunti di qualsiasi specie ma unicamente i codici anche
commentati esclusivamente con la giurisprudenza, le leggi ed i decreti dello Stato (art.21 R.D. 22.01.1934 n.37)
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Articolo 609-bis. VIOLENZA SESSUALE.
Generalità
Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 609-bis cod. pen. non è necessaria una violenza che
ponga il soggetto passivo nell’impossibilità di opporre una resistenza, essendo sufficiente che l’azione si
compia in modo insidiosamente rapido, tanto da superare la volontà contraria del soggetto passivo. Cass.
pen., sez. III, 18 settembre 2013, n. 38326.
In tema di violenza sessuale l’elemento oggettivo consiste sia nella violenza fisica in senso stretto, sia
nella intimidazione psicologica che sia in grado di provocare la coazione della vittima a subire gli atti sessuali, sia anche nel compimento di atti di libidine subdoli e repentini, compiuti senza accertarsi del consenso della persona destinataria o comunque prevenendo la manifestazione di dissenso. (Nella specie, la Suprema
Corte ha confermato la condanna al docente universitario che aveva costretto alcuni suoi allievi a subire atti
sessuali, con violenza e minaccia consistita nell’affermare che se avessero assecondato la sua richiesta avrebbe reso loro più semplice il superamento degli esami universitari, lasciando intendere che, in caso contrario, avrebbero patito un male ingiusto). Cass. pen., sez. III, 18 settembre 2013, n. 38326.
Ai fini dell’accertamento della diminuente del fatto di minore gravità prevista dall’art. 609-bis, comma 3,
c.p. deve farsi riferimento, oltre che alla materialità del fatto, a tutte le modalità che hanno caratterizzato la
condotta criminosa, nonché al danno arrecato alla parte lesa, anche e soprattutto in considerazione dell’età
della stessa o di altre condizioni psichiche in cui versi. Ne consegue che la pluralità degli abusi sessuali,
compiuti anche durante la gravidanza ed in prossimità del parto, in un incalzante contesto di sopraffazione e
di pieno annullamento della libertà di autodeterminazione della moglie, ostano alla ravvisabilità della diminuente del fatto di minore gravità. Cass. pen., sez. III, 8 ottobre 2013, n. 41486.
Violenza sessuale a danno di persona minorata
L’induzione ad un atto sessuale mediante abuso delle condizioni di inferiorità psichica si sostanzia
nell’approfittare e strumentalizzare tali condizioni per accedere alla sfera intima della sessualità della persona, che a causa della sua vulnerabilità, connessa all’infermità psichica, viene ad essere utilizzata quale mezzo per soddisfare le voglie sessuali dell’autore del reato, per cui lo stesso “fruisce” del corpo della persona la
quale, per effetto di tali comportamenti, da soggetto di una relazione sessuale, viene ridotta al rango di “oggetto” dell’atto sessuale o di più atti sessuali. Cass. pen., sez. III, 9 settembre 2013, n. 36896.
Articolo 609-sexies. IGNORANZA DELL’ETÀ DELLA PERSONA OFFESA.
Atti sessuali con minorenne
Qualora gli strumenti conoscitivi e di apprezzamento di cui il soggetto attivo dispone lascino residuare il
dubbio circa l’effettiva età - maggiore o minore dei quattordici anni - del partner, detto soggetto, al fine di non
incorrere in responsabilità penali, deve necessariamente astenersi dal rapporto sessuale: giacché operare in
situazione di dubbio circa un elemento costitutivo dell’illecito (o un presupposto del fatto) - lungi dall’integrare
una ipotesi di ignoranza inevitabile - equivale ad un atteggiamento psicologico di colpa, se non, addirittura, di
cosiddetto dolo eventuale. Cass. pen., sez. III, 2 ottobre 2013, n. 40748.
L’ignoranza dell’età della persona offesa, da parte del soggetto agente, scrimina la condotta laddove la
stessa sia inevitabile, cioè laddove non si fondi soltanto, od essenzialmente, sulla dichiarazione della vittima
di avere un’età superiore a quella effettiva essendo richiesto, a chi si accinga al compimento di atti sessuali
con un soggetto che appare di giovane età, un “impegno conoscitivo” proporzionale alla presenza dei valori
in gioco. Cass. pen., sez. III, 18 ottobre 2013, n. 42873.
Articolo 609-octies. VIOLENZA SESSUALE DI GRUPPO.
Concorso in violenza sessuale di gruppo
Il delitto di cui all’art. 609-octies c.p. costituisce una fattispecie autonoma di reato necessariamente plurisoggettivo proprio, consistente nella “partecipazione, da parte di più persone riunite, ad atti di violenza ses-
Non è possibile portare in sede d’esame libri, opuscoli, scritti ed appunti di qualsiasi specie ma unicamente i codici anche
commentati esclusivamente con la giurisprudenza, le leggi ed i decreti dello Stato (art.21 R.D. 22.01.1934 n.37)
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CODICI CIVILE E PENALE ANNOTATI CON LA GIURISPRUDENZA 2013
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suale di cui all’art. 609-bis c.p.”, in cui la pluralità di agenti è richiesta come elemento costitutivo. Nel caso in
cui il contributo sia stato prestato da un complice non presente nel corso dell’esecuzione del delitto, esso
deve essere qualificato come concorso eventuale ex art. 110 c.p. nel reato di cui all’art. 609-octies c.p. (Sulla
scorta di tale principio, la Corte esclude che vi sia stato un contributo nella violenza di gruppo da parte
dell’imputato il quale, dopo aver partecipato alla fase iniziale dell’aggressione - sfondamento dei vetri
dell’auto ove si trovavano le vittime e percosse in danno dei medesimi - si allontanava dal luogo prima che
venisse consumata la violenza sessuale). Cass. pen., sez. III, 30 luglio 2013, n. 32928.
615-ter. ACCESSO ABUSIVO AD UN SISTEMA INFORMATICO O TELEMATICO.
Locus commissi delicti: è quello dove si trova il server
La fattispecie di cui all’art. 615-ter c.p. si perfeziona nel momento in cui il soggetto agente entra nel sistema informatico altrui, o vi permane, in violazione del domicilio informatico, sia se vi si introduca invito domino, sia se vi si trattenga in trasgressione delle specifiche regole di condotta imposte. Il delitto può ritenersi,
conseguentemente, consumato solo se il soggetto agente, colloquiando con il sistema altrui, ne abbia oltrepassato le barriere protettive o, introdottosi con un titolo abilitativo valido, vi permanga oltre i limiti di validità
di tale titolo; solo con l’aggiramento del dissenso del dominus loci è leso l’interesse protetto dalla norma.
Cass. pen., sez. I, 27 settembre 2013, n. 40303.
L’accesso abusivo di cui all’art. 615-ter avviene nel luogo in cui viene effettivamente superata la protezione informatica e vi è l’introduzione nel sistema e, quindi, là dove è materialmente situato il sistema informatico (server) violato, l’elaboratore che controlla le credenziali di autenticazione del cliente. Cass. pen.,
sez. I, 27 settembre 2013, n. 40303.
Articolo 625. CIRCOSTANZE AGGRAVANTI.
Violenza sulle cose e mezzo fraudolento
L’aggravante dell’uso di mezzo fraudolento di cui all’art. 625, comma primo, n. 2 c.p., delinea una condotta, posta in essere nel corso dell’iter criminoso, dotata di marcata efficienza offensiva e caratterizzata da
insidiosità, astuzia, scaltrezza, volta a sorprendere la contraria volontà del detentore ed a vanificare le difese
che questi ha apprestato a difesa della cosa. Tale insidiosa e rimarcata efficienza offensiva non si configura
nel mero occultamento sulla persona o nella borsa di merce esposta in un esercizio di vendita a self-service,
trattandosi di banale, ordinario accorgimento che non vulnera in modo apprezzabile le difese apprestate a
difesa del bene. Cass. pen., S.U., 30 settembre 2013, n. 40354.
Il bene giuridico protetto dal reato di furto è costituito non solo dalla proprietà e dai diritti reali e personali
di godimento, ma anche dal possesso, inteso nella peculiare accezione propria della fattispecie, costituito da
una detenzione qualificata, cioè da una autonoma relazione di fatto con la cosa, che implica il potere di utilizzarla, gestirla o disporne. Tale relazione di fatto con il bene non ne richiede necessariamente la diretta,
fisica disponibilità e si può configurare anche in assenza di un titolo giuridico, nonché quando si costituisce
in modo clandestino o illecito. Ne discende che, in caso di furto di una cosa esistente in un esercizio commerciale, persona offesa legittimata alla proposizione della querela è anche il responsabile dell’esercizio
stesso, quando abbia l’autonomo potere di custodire, gestire, alienare la merce. Cass. pen., S.U., 30 settembre 2013, n. 40354.
Articolo 628. RAPINA.
Furto programmato e rapina impropria
Sussiste il necessario rapporto di causa ad effetto tra il reato di furto inizialmente programmato e quelli di
rapina impropria (e resistenza), commessi successivamente, poiché è del tutto prevedibile che un compartecipe possa trascendere ad atti di violenza o minaccia nei confronti della parte lesa o di terzi, per assicurarsi il
profitto del furto, o comunque guadagnare l’impunità. (Nel caso di specie, viene condannato per il reato di
Non è possibile portare in sede d’esame libri, opuscoli, scritti ed appunti di qualsiasi specie ma unicamente i codici anche
commentati esclusivamente con la giurisprudenza, le leggi ed i decreti dello Stato (art.21 R.D. 22.01.1934 n.37)
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rapina impropria il concorrente incaricato di operare da palo all’esterno dell’esercizio commerciale derubato
dai complici). Cass. pen., sez. II, 26 luglio 2013, n. 32644.
Articolo 635. DANNEGGIAMENTO.
Danneggiamento di un portone scolastico
Commette il reato di cui all’art. 635, aggravato ai sensi del secondo comma n. 3, colui che danneggia un
portone scolastico. La circostanza che l’istituto scolastico il cui portone è stato danneggiato sia o meno un
ente privato, non fa venir meno la funzione di edificio destinato all’uso pubblico, in quanto lo svolgimento di
attività scolastica anche da parte di tali istituti concorre a definire il sistema nazionale di istruzione, a norma
dell’art. 1, legge 10 marzo 2000 n. 62. Cass. pen., sez. II, 28 ottobre 2013, n. 43921.
Articolo 640. TRUFFA.
Elementi costitutivi
Ai fini della configurabilità del delitto di truffa, l’atto di disposizione patrimoniale, quale elemento costitutivo implicito della fattispecie incriminatrice, consiste in un atto volontario, causativo di un ingiusto profitto altrui a proprio danno e determinato dall’errore indotto da una condotta artificiosa. Ne consegue che lo stesso
non deve necessariamente qualificarsi in termini di atto negoziale, ovvero di atto giuridico in senso stretto,
ma può essere integrato anche da un permesso o assenso, dalla mera tolleranza o da una “traditio”, da un
atto materiale o da un fatto omissivo, dovendosi ritenere sufficiente la sua idoneità a produrre un danno.
Cass. pen., sez. II, 30 agosto 2013, n. 35807.
Articolo 643. CIRCONVENZIONE DI PERSONE INCAPACI.
Diritto di querela
Il soggetto passivo del delitto di circonvenzione di incapace (art. 643 cod. pen.), titolare del diritto di querela nei casi previsti dall’art. 649 cod. pen., comma 2 (fatti commessi a danno di congiunti), è soltanto
l’incapace - ossia il soggetto che abbia subito la circonvenzione - quale portatore dell’interesse tutelato dalla
norma incriminatrice, e non anche il terzo che abbia subito danni in conseguenza degli atti dispositivi posti in
essere dall’incapace medesimo; il terzo, infatti, riveste solo la qualità di persona danneggiata dal reato ed è
pertanto, come tale, legittimato solamente ad esercitare l’azione civile ai sensi dell’art. 2043 cod. civ. Pertanto, qualora la “denunzia-querela” dalla quale ha tratto origine il procedimento penale e che ha portato al sequestro preventivo sia stata presentata da soggetti diversi dalla persona offesa, l’atto in questione non integra, per difetto di legittimazione dei proponenti, una valida querela, con la conseguenza che deve essere
annullato il provvedimento di sequestro preventivo, con la correlativa restituzione dei beni all’avente diritto.
Cass. pen., sez. II, 3 maggio 2013, n. 19180.
Articolo 646. APPROPRIAZIONE INDEBITA.
Casistica
Non integra il reato di appropriazione indebita la condotta del dipendente di un’agenzia assicurativa che,
nel certificare l’avvenuta risoluzione contrattuale su domanda del cliente, utilizza indebitamente il timbro della
società. Cass. pen., sez. II, 18 luglio 2013, n. 30847.
Non è possibile portare in sede d’esame libri, opuscoli, scritti ed appunti di qualsiasi specie ma unicamente i codici anche
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Articolo 648. RICETTAZIONE.
Mero sospetto della provenienza delittuosa del bene
In tema di ricettazione, al di fuori dei casi di dimostrazione della specifica consapevolezza della provenienza delittuosa, colui che riceve beni nell’ambito di un rapporto familiare o nell’ambito di rapporti obbligazionari (anche da obbligazioni naturali tutelate ai sensi dell’art. 2034 cod. civ.) con la consapevolezza non
della illecita provenienza dei beni ma solo della qualità criminale del suo congiunto – debitore, che ne abbia
il possesso, per ciò solo non può versare nella condizione di dolo eventuale di ricettazione. Ne consegue
che laddove ricorra, difatti, una condizione di mero sospetto della provenienza delittuosa dei beni è escluso il
dolo di ricettazione. Cass. pen., sez. VI, 30 luglio 2013, n. 33131.
Possesso di un’arma trovata senza matricola abrasa
Il reato presupposto del delitto di ricettazione può alternativamente riguardare un furto o altro delitto contro il patrimonio oppure la detenzione di un’arma trovata senza matricola abrasa ma non denunciata alle
competenti autorità. Cass. pen., sez. I, 19 settembre 2013, n. 38699.
Articolo 648-bis. RICICLAGGIO.
Elemento soggettivo
Nel delitto di riciclaggio il dolo è generico e consiste nella mera e semplice consapevolezza di sostituire,
o trasferire denaro proveniente da delitto non colposo. Cass. pen., sez. II, 27 settembre 2013, n. 40084.
Presupposti
Per ipotizzare il delitto di riciclaggio è necessario che la condotta di trasferimento o sostituzione del denaro o di “oscuramento” della relativa origine, riguardi somme in sé provenienti da delitto. Cass. pen., sez. II,
8 ottobre 2013, n. 41499.
Articolo 650. INOSSERVANZA DEI PROVVEDIMENTI DELL’AUTORITÀ.
Generalità
L’integrazione del reato di cui all’art. 650 c.p., implica che l’inosservanza abbia ad oggetto “un ordine
specifico impartito ad un soggetto determinato, in occasione di eventi o circostanze tali da far ritenere necessario che proprio quel soggetto ponga in essere una certa condotta, ovvero si astenga da una certa condotta; e ciò per ragioni di sicurezza o di ordine pubblico, o di igiene o di giustizia; che l’inosservanza riguardi
un provvedimento adottato in relazione a situazioni non prefigurate da alcuna specifica previsione normativa
che comporti una specifica ed autonoma sanzione”. (In applicazione del suesposto principio la Cassazione
afferma che l’inosservanza di un’ordinanza del sindaco che fa divieto di somministrazione e consumo per
strada di bevande in vetro e lattina in determinate ore non può integrare il reato di cui all’art. 650 c.p.. in
quanto tale ordinanza difetta dei necessari presupposti della contingibilità e urgenza e tende per il suo contenuto a collocarsi nell’ambito dei regolamenti in materia di polizia urbana, commercio e somministrazione di
alimenti e bevande). Cass. pen., sez. fer., 30 ottobre 2013, n. 44238.
Non è possibile portare in sede d’esame libri, opuscoli, scritti ed appunti di qualsiasi specie ma unicamente i codici anche
commentati esclusivamente con la giurisprudenza, le leggi ed i decreti dello Stato (art.21 R.D. 22.01.1934 n.37)
Penale
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Articolo 659. DISTURBO DELLE OCCUPAZIONI O DEL RIPOSO DELLE
PERSONE.
Casistica
Non sussiste la responsabilità per il reato di cui all’art. 659 c.p. nei confronti di un agente di polizia che,
pur a conoscenza di ordinanza sindacale che imponeva la progressiva riduzione delle emissioni sonore sino
alla cessazione dei rumori ad una determinata ora e pur se i residenti della zona gliene facevano richiesta,
ometteva di intervenire per far cessare i rumori provenienti da una serata danzante, allorquando emerga
chiaramente la difficoltà, in ragione del gran numero di persone presenti e del particolare contesto della festa, di gestire l’ordine pubblico in caso di intervento delle forze dell’ordine, essendo pochissime le unità delle
forze presenti. Cass. pen., sez. VI, 26 giugno 2013, n. 27905.
Non è possibile portare in sede d’esame libri, opuscoli, scritti ed appunti di qualsiasi specie ma unicamente i codici anche
commentati esclusivamente con la giurisprudenza, le leggi ed i decreti dello Stato (art.21 R.D. 22.01.1934 n.37)
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