Da RONCESVALLES
a LARRASOAÑA
Data
01/05
Tappa
2
Distanza
27,5 km
Abitanti
168
Regione
NAVARRA
Esteribar è un comune spagnolo di 1.454 abitanti situato nella comunità
autonoma della Navarra.
Tra le sue "frazioni" sono comprese anche Larrasoaña e Zubiri, due importanti località del
Cammino di Santiago di Compostela.
Timbro dell’Albergo di Larrasoaña
Contrariamente alle previsioni, piove abbastanza fitto. Parto alle 6:30 e la pioggia fa sembrare
ancora più buio. Cerco di infangarmi il meno possibile. Però è bello vedere tutte queste ombre che
camminano con impermeabili di tutti i colori. Anche questa è una tappa di montagna, più dolce della precedente. Passando attraverso boschi di abeti, roveri e pini si arriva all’Alto de Metzkiritz, dove
si trova una lapide in pietra che ricorda la Vergine de Roncesvalles; le guide dicono che la tradizione vuole che qui si reciti un Salve Regina. Più oltre incontro una targa commemorativa di un Pellegrino giapponese, Shingo Yamashita, morto a 64 anni nel 2002; infarto? La zona è basca, una volta
abitata dai Celtiberi. A Zubiri fotografo un ponte gotico sull’Arga e mi fermo ad un supermercato
dove mi faccio fare un ricco bocadillo8. Arrivo al termine della tappa verso mezzogiorno ma devo
aspettare che l’albergo apra alle 14. Nell’attesa... un fresco! Reincontro un tizio di Milano con il
quale avevo mangiato a Roncisvalle; è in pensione e impiega il tempo aiutando la parrocchia; prima
faceva anche il rugbysta e l’allenatore di rugby; il figlio, che ha già fatto il Cammino mesi fa’ gli
8
paninone
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manda messaggini: … “cento metri più avanti, girando a sinistra c’è un ottimo ristorantino per
pellegrini”… “sulla destra invece trovi un bar per la colazione” … e simili. L’albergo è una specie
di appartamento bilocale dove hanno sistemato, nel salone, dei letti a castello affiancati due a due.
Quindi a me capita di dormire su una specie di letto matrimoniale, con una bella bionda australiana,
ognuno nel suo sacco a pelo. Per tutta quella gente, almeno 20 persone, ci sono due lavandini, due
bagni e due docce, tutto ambisex. Le cabine per le docce sono in muratura con una tendina davanti.
Io sono ancora in fase di rodaggio e devo studiare come organizzarmi per evitare le file e fare la
doccia senza problemi. In effetti tutto si svolge con la massima discrezione e senza file.
Nel cortile dell’albergo quasi tutti si danno da fare per pulire gli scarponi dal fango raccolto durante
tutta la giornata.
Nell’albergo c’è un computer e ne approfitto per mandare un messaggio a casa, visto che non posso
ricaricare la batteria del telefonino.
Da: [email protected]
To: [email protected] <[email protected]>, : [email protected]
[email protected]>
Data: 01/05/09 18:00
Fatta un'altra tappa. Domani spero di trovare il caricabatteria. Oggi la
tappa era piu facile ma piena di fango e piovigginava. Bello vedere tutti
questi pellegrini con inpermeabili di tutti i colori. Sono arrivato a
Larrasoaña e domani vado a Pamplona. Ho prenotato in un bel ristorante di
paese il menu del pellegrino a 11 euro.
Ciao perche sta per scattarmi il computer
Papà
La sera vado a pranzo ad un ristorante per pellegrini ed al mio tavolo si siede un ragazzo australiano
che ha iniziato il Cammino a Parigi un mese fa. Poi si siedono due ragazzi slovacchi, e infine una
donna sudafricana, Corinne, che ha proposto al marito di venire a fare il Cammino, ma il marito le
ha detto …”a me non va, tu però vai pure”…. Lavora in una fabbrica di ceramica, ma non sembra
un’operaia; sembra una signora di quelle dei film inglesi con il cappellino…
Di mattina presto e con la pioggia
Pellegrini con impermeabili variopinti su campi pieni di
fango
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en El Alto del Erro
Lapide dedicata alla Madonna di Roncisvalle
EN MEMORIA DE SHINGO YAMASHITA PEREGRINO JAPONES
FALECIDO EN AGOSTO DEL 2002 A LOS 64 ANOS.
LOS AMIGO DEL CAMINO
Il Ponte a Zubiri
Il fiume Arga a Zubiri
L’altro lato del ponte sull’Arga a Zubiri
A Larrasoaña in attesa dell’apertura dell’Albergo
Comunale
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Al Ristorante per Pellegrini
Lo Slovacco ci scatta la foto
Da: [email protected]
To: [email protected]
Oggetto: RE:
Data: 01/05/09 14:09
Papino,
Sono così orgogliosa di te, non ti blocca niente, né la fatica, né la possibile solitudine, NIENTE!!
So che te l'ho detto tante volte ma sei veramente una persona incredibile, con un'intelligenza, una
determinazione ed un carattere eccezionale, spero di riuscire a trasmetterne un po' anche a questo
piccolino/a, vorrei tanto prendesse un po' delle tue doti e quelle di mamma.
Tu prega forte forte che vada tutto bene.
Ti devo chiedere due raccomandazioni. Una mia collega l'hanno chiamata per dirle che la madre era
all'ospedale, aveva avuto un infarto ed ora è in terapia intensiva...
L'atra è un 'altra mia collega che tra due lunedì subirà un’operazione molto delicata, poverina, ha
molta paura ed ogni tanto la vedo con gli occhi lucidi....
be’, fai una preghiera per queste due ragazze, sicuramente sarai
ascoltato.
Per le lingue, SEI UN FENOMENO!!!
bacetti,
Manu
Da: [email protected]
To: [email protected] <[email protected]>
Oggetto: Fw: RE:
Data: 01/05/09 18:08
Prega, spera, non disperare. Il signore e' misericordioso e ascolterà le
tue preghiere.
Padre Pio
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Da LARRASOAÑA
a PAMPLONA
Data Tappa Distanza
02/05
3
15 km
Abitanti
194.894
Regione
NAVARRA
Pamplona capoluogo della comunità autonoma della Navarra, è la città
spagnola con il più alto livello di qualità della vita.
Fondata da Pompeo nel 75 a.C. come accampamento militare, con il tempo crebbe e divenne la Cottè do Pumpiu da cui deriva il nome. Ebbe un
periodo di splendore nell'epoca imperiale di Roma, ma subì poi diverse
invasioni barbariche che la distrussero. Pamplona presenta un grande
contrasto tra la città moderna, con grandi viali e molto verde, e la città
medioevale, con i suoi vicoli, piazzette e monumenti antichi. E tuttavia, a
differenza di altre città che tengono separate la città antica e quella moderna, a Pamplona tradizione e modernità si coniugano in maniera ammirevole nelle stesse zone. Questo è particolarmente evidente nella zona
delle lunghe mura, ricostruite nei secoli XVI e XVIII, che abbracciano la
città correndo in parte lungo il fiume Arga. Costeggiandole si passa attraverso bei giardini moderni e grandi viali, e si incontrano anche i monumenti più antichi della città, il tutto tenuto insieme in straordinaria armonia. La città, un tempo interamente cinta da mura, si estende oggi nella
valle del fiume Arga, e forma con i municipi vicini un continuum urbano
che ospita 250.000 abitanti, la metà della popolazione della Comunità
Autonoma della Navarra.Los Sanfermines
sono le feste che Pamplona celebra tra il 6
e il 14 luglio in onore di San Firmino di
Amiens, copatrono di Navarra e patrono
della diocesi di Pamplona. Le feste cominciano con il lancio del chupinazo (razzo) dal balcone del consiglio della città a
mezzogiorno del 6 luglio e finiscono a
mezzanotte del 14 luglio. Una delle attività più famose del Sanfermines è
l'Encierro, la famosa corsa dei tori, lasciati liberi di correre tra la folla; la corsa ha termine nell'arena delle corride.
Le corse avvengono tra il 7 e il 14 di luglio e cominciano alle otto, con
una durata media di tre, quattro minuti.
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Parto presto da Larrasoaña e arrivo verso mezzogiorno a Pamplona. L’albergo apre alle 14. Allora
mi cerco un posto per riposarmi. Vicino c’è un piazza con giardini e panchine e su un lato della
piazza un mercatino d’antiquariato. C’è una bella macchina da scrivere antica, uguale a quella che
Babbo mi portò dall’Ufficio dove era in soffitta. Io la smontai tutta per pulirla, oliarla e farla funzionare più facilmente, ma non fui capace di rimontarla, così alla fine fu buttata. Avevo forse 15
anni. Ancora la rimpiango. Al mercatino c’erano tanti oggetti interessanti, ma come li avrei portati?
Mentre sto su una panchina a riposarmi, si avvicina una donna; mi chiede se sono italiano, come
funzionano gli alberghi per pellegrini e tante altre informazioni, credo, per poter iniziare il Cammino. Però il fatto che nello stesso ambiente non ci fosse distinzione tra uomini e donne, non le piace
molto. Forse farà il Cammino, ma utilizzerà alberghi tradizionali. E' un'italiana che vive in Germania, a Trevemunde, città dello Schleswig-Holstein, dove fa il medico di agopuntura e medicine naturali. Nel pomeriggio me la ritrovo nell'albergo, già ambientata. L'albergo è in un'antica grande
chiesa dove nelle navate laterali con apposite pannellature sono state ricavate delle camerate su due
piani, mentre quella centrale è stata attrezzata a salone per mostre. Nell'albergo ci sono lavatrici e
essiccatrici, ed io approfitto per fare il bucato. Metto tutti i miei panni e poi mi rivolgo ad una donna, se mi dice come farla funzionare: ne sa meno di me. Mi rivolgo ad un'altra: stesso risultato. Ma
allora non esistono più le donne di una volta? Mi rivolgo allora all'hospitalera9 e finalmente la lavatrice parte. Mentre attendo che i miei cicli finiscano, mi tocca dare informazioni e istruzioni a un
sacco di altre donne che devono usare la lavatrice e non sanno come fare! Al termine trasferisco tutto nell'asciugatrice; ripeto e pago il ciclo due volte, ma con scarso risultato. Alla fine stendo su uno
stendino. Mi vesto e vado a visitare la città. La Cattedrale è grande e abbastanza bella. Alle 18 c'è
un matrimonio. Molte donne sono vestite con abiti che sembrano da sposa ma di colori vari, non
bianchi. Tra gli invitati ci sono dei giocatori di uno sport che si fa in Spagna sbattendo contro un
apposito muro una pallina mediante un attrezzo ricurvo di vimini. Forse lo sposo è un giocatore.
Lungo il Cammino
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Il Rio Arga
Addetta all’ostello
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Un pellegrino nei pressi di Pamplona
Il ponte medievale della Maddalena sul Fiume Arga
Il Fiume Arga
Le mura di Pamplona
La piazza accanto all’Albergue
Il nostro albergo ricavato da una chiesa
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Reparto lavatrici dell’Albergue de Peregrinos
La Cattedrale di Pamplona
Strada Mercaderes (Chiesa di S. Cernin)
Il Palazzo dell’Ayuntamento
Biblioteca generale
Monumento a San Francesco
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Piazza del Municipio
Plaza del Castillo
Plaza del Castillo
Plaza del Castillo
Plaza de las Merindades
Aquavox (Strada di S. Agustin)
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Interno della Cattedrale
I paggetti di un matrimonio
Lo Sposo con la Madre
La Sposa con il Padre
Timbro dell’Albergo
La Sposa con il Padre
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Da PAMPLONA
a PUENTE LA REINA
Data
03/05
Tappa
4
Distanza
23,5 km
Abitanti
2.630
Regione
NAVARRA
Il nome di Puente la Reina proviene dal ponte romanico sul fiume Arga che fu fatto
costruire nel secolo XI per un'anonima regina di Navarra.
Saragozza (Zaragoza) è una città di 682.283 abitanti, capoluogo della regione Aragona. È la quinta città spagnola per numero di abitanti e la quarta per sviluppo economico. È posta nella zona nord-orientale della Spagna, a circa 300 km da Madrid,
Barcellona, Bilbao, Valencia e Tolosa, per cui si trova al centro di un importante nodo di comunicazioni. È affacciata sulla riva destra dell'Ebro e al centro di una vasta
depressione, un tempo desertica, ma ora abbastanza fertile grazie ad alcune canalizzazioni d'irrigazione che suppliscono alla scarsa piovosità della zona, una delle più
basse della Spagna con una media di 323 mm. di pioggia all'anno. È sede arcivescovile e universitaria.
Fondata come colonia nel (25 a.C.) dall'imperatore Cesare Augusto con il nome di
Caesaraugusta. Fu uno dei centri più importanti della Hispania Tarraconensis, una
delle tre (poi quattro) Province in cui i Romani divisero la Spagna. Alla caduta
dell'Impero romano d'Occidente fu occupata dai Visigoti. Fu tra le prime città spagnole a convertirsi al Cristianesimo e nel 713 venne conquistata dagli Arabi che la
fecero capitale (Saraqusta) di un principato rivale di Cordoba, Toledo e Merida. Fu
riconquistata nel 1118 dai cristiani, ebbe un periodo di grande prosperità divenendo
capitale del Regno d'Aragona. Durante la guerra napoleonica sostenne due assedi da
parte delle truppe francesi nel 1808 e 1809
Fra i monumenti più importanti di Saragozza si possono citare il Foro romano, la Torre del Trovador, torre del mitico personaggio raccontato da García Gutiérrez nel 1836
e immortalato da Giuseppe Verdi nell'opera lirica "Il trovatore", la basilica di Nostra
Signora del Pilar, uno dei più famosi santuari di Spagna ritenuta la più antica chiesa
mariana della cristianità fondata, secondo la tradizione, da Giacomo il Maggiore dopo
che Maria madre di Gesù, ancora vivente a Gerusalemme, gli era apparsa non in spirito ma nel suo corpo, seduta su un Pilar (pilar). L'attuale chiesa è un edificio di proporzioni gigantesche dotato di grande cupola centrale, altre dieci cupole minori e
quattro campanili; fu eretta a partire dal 1681. All'interno cappelle e volte decorate da
affreschi di noti artisti, di marmi, bronzi e argenti e nella Santa Capilla, cappella barocca a forma di tempietto ellittico, la piccola statua lignea della Madonna del XIV
secolo vestita di paramenti preziosi posta su una colonna di alabastro.
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Invece di fare questa tappa prevista dal programma, ho deciso di andare a Zaragoza, dove ero stato
nel 1960 con la Crociera Aerea dell’Accademia. A quel tempo mi colpì il fatto che accanto a molte
lapidi del sacrario dei caduti italiani nella Guerra Civile spagnola, ci fossero delle cartoline, probabilmente spedite da parenti che non avevano la possibilità di portare fiori, essendo il viaggio troppo
lungo e costoso.
Inoltre, avendo letto il libro “Il Miracolo”10 di Messori, volevo visitare la Basilica del Pilar.
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Il miracolo di Calanda. Accaduto nel secolo XVII allo zoppo Manuel Juan Pellicer in Calanda (Saragozza), grazie
all'intercessione della Vergine del Pilar; si tratta con sicurezza di uno dei prodigi meglio documentati di tutta la storia. I
libri parrocchiali conservano i dati biografici del giovane e della sua famiglia: battezzato il 25-III-1617 e confermato il
2-VI-1618, fu il secondo di otto fratelli, figli di Miguel Pellicer Maya e di María Blasco. Le dichiarazioni dei testimone
del processo permettono di ricostruire con dettaglio la storia completa: a diciannove anni lascia i suoi genitori per andare a lavorare con suo zio, Jaime Blasco, a Castellón. Cade da un carro, carico di grano, che gli passa con una ruota sulla
gamba destra. Ricoverato nell'Ospedale Reale di Valencia, come consta nel suo registro, stette solo cinque giorni, perché vuole andare all'ospedale della Grazia di Saragozza. Il suo viaggio dura fino ad ottobre. Nella sala di chirurgia
dell'Ospedale gli amputa la gamba il chirurgo Estanga, dietro consultazione col chirurgo M. Beltrán ed aiutato dal chirurgo D. Millaruelo.
Dopo la convalescenza, provvisto di gamba di legno e stampella, vive di lavori di mano occasionali e soprattutto delle
elemosine che raccoglie di fronte alla Basilica del Pilar. Nel marzo del 1640 ritorna a Calanda. Esce qualche volta per i
paesi vicini su una giumenta per raccogliere elemosine e sacche di pane. Giovedì 29 marzo caricò nove carichi di sterco,
aiutato da una sua sorella. Stanco, dopo essersi tolto la gamba di legno in presenza dei suoi genitori e di alcuni vicini, si
corica alle dieci di sera in un giaciglio estemporaneo nella stanza dei suoi genitori, poiché la sua era stata occupata da
un soldato di passaggio. Quando dopo un po’ entrano i suoi genitori, vedono che dalla coperta emergono due gambe; risvegliano Miguel da un sonno profondo, nel quale sognava di trovarsi nella cappella del Pilar, e di ungersi il moncherino della gamba con l'olio delle lampade votive, così come aveva fatto durante la convalescenza.
Già quella notte si sparse la notizia nel vicinato, ed il giorno dopo il vicario, Jusepe Herrero, celebrò nella parrocchia
una messa di ringraziamento, confessando e comunicando Miguel. Il 2 aprile vengono da Mazaleón il suo curato, M.
Seguer ed il notaio Miguel Andreu che compilò verbali dell'evento che si conservano col protocollo di tutto l'anno 1640
nell'ufficio del sindaco di Saragozza. Il 25 aprile arriva Miguel coi suoi genitori a Saragozza per rendere grazie alla
Vergine del Pilar al cui intercessione si attribuisce la guarigione. Portano con sé una dichiarazione compilata dal rappresentante della giustizia di Calanda, Martín Corellano, che il consiglio comunale del Pilar invia al conte-duca il 30 di aprile. In sessione dell’8 maggio il capitolo e consiglio di Saragozza sollecita l'arcivescovo a dichiarare miracolosa la
guarigione.
La notizia si diffonde per tutta la Spagna. Il 5 giugno incomincia il processo arcivescovile. Durante il processo il consiglio comunale del Pilar contribuisce al sostentamento di Miguel ed i suoi genitori, conservando ancora il suo archivio le
ricevute di queste spese. Culmina il processo con la sentenza di 27-IV-1641, celebrata con festeggiamenti e fuochi di artificio nella piazza del Pilar. Del Processo e Sentenza si conserva nell'archivio del Pilar duplicato notarile. Il suo testo,
pubblicato parzialmente nel 1808, lo è stato integralmente nel 1829, 1872, 1894, 1940, 1970 e 1974.)
Osservazioni di un ortopedico. L. Cugola - U.O. Chirurgia della mano, Policlinico Verona; www.giot.it/Articoli/2000/vol300/122art.pdf
Ma quali sono i risvolti di interesse ortopedico che si evincono dall’evento di Calanda?
Dai documenti riportanti le testimonianze sull’aspetto della gamba reimpiantata e sull’evoluzione clinica, si nota un parallelismo con la clinica che si obiettivizza, oggi, nei reimpianti di arto. Risulta che la gamba “rispuntata” a Juan fosse
proprio la sua, cioè quella stessa che due anni prima gli era stata amputata. Lo testimoniano: a) i segni di un morso di
cane al polpaccio, b) di una cicatrice alla caviglia, esito di asportazione di una cisti; c) delle cicatrici dovute a graffi di
spine; d) la dismetria (era più corta di circa 4 cm): parti di osso e sostanza molle erano andati perduti per la necrosi.
È logico supporre che la gamba amputata si sia conservata così com’era al momento dell’intervento chirurgico, perché
già mummificata. Al momento dell’amputazione la gamba era in uno stato di gangrena secca: i chirurghi, testimoniando, la definiscono “gangrenada” e “negra”. Lo stato di gangrena secca di un arto non dà luogo a odore fetido come, invece, la gangrena umida. I testimoni avrebbero, presumibilmente, accennato all’odore, se presente, in quanto rimane
una caratteristica indelebile del processo di colliquazione. Si deduce che il trauma abbia provocato una lesione vascola-
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Quindi parto con il mio zaino e vado alla stazione degli autobus per prendere l’autobus per Saragozza delle 7:15. La stazione è una vera stazione tipo treno. Quando l’autobus arriva, all’ingresso
della stazione l’autista deve digitare il codice ed il numero dei passeggeri trasportati; la sbarra si alza ed egli va al “binario” assegnatogli; su una grande colonna accanto c’è uno schermo con
l’indicazione degli orari e delle destinazioni. Due ore di viaggio durante le quali si vede molta polizia stradale. Una pattuglia ferma anche il nostro autobus: si avvicina un poliziotto impeccabile e
sorridente che dice all’autista che prevenire è meglio che reprimere e lo fa soffiare in una macchinetta attraverso un bocchino che l’autista ha con sé, forse in dotazione all’autobus. Lo stesso bocchino l’ho visto in un albergue, in dotazione all’hostelero: negli albergue, se si dovesse presentare
un pellegrino alticcio o drogato, gli viene messo il timbro di presentazione, se vuole, ma non viene
fatto entrare. Questi spagnoli mi hanno dato l’impressione di fare seriamente il proprio lavoro, poliziotti, scopini, giardinieri...
La stazione degli autobus di Saragozza è situata sotto quella del treno ed è organizzata come quella
di Pamplona. La città è magnifica. Nella parte nuova in periferia si vedono bei palazzi, ponti modernissimi strallati lucenti, costruzioni architettoniche che attirano l’attenzione. La parte vecchia è
ricca di monumenti, chiese, fontane, statue; c’è pure una statua di Augusto che richiama quella di
Roma a Via dei Fori Imperiali. Sul grande piazzale davanti la Basilica del Pilar hanno messo una
grande fontana moderna armonizzandola con tutte le costruzione d’epoca circostanti. La Basilica è
grandiosa e bellissima. All’interno c’è una targa che ricorda il famoso miracolo.
Dietro l’altare c’è la Cappella del Pilar, dove viene conservato il Pilar, cioè un pilastro sul quale è posta una piccola statua della Madonna. Il Pilar è addobbato con un panno ricamato che viene cambiato
ogni giorno a mezzogiorno.
Accese candele per i miei raccomandati, con l’autobus vado al Sacrare impedendo l’afflusso sanguigno a valle con una rapida disidratazione anche per il clima caldo secco sfavorevole
all’azione della flora e fauna cadaverica e quindi il subentrare di una mummificazione.
Cronaca del post-operatorio!
La descrizione dei testimoni è di una gamba di colorito violaceo che, dopo 3 giorni riacquista il colorito normale.
È quello che notiamo nei reimpianti (soprattutto delle estremità inferiori) quando il segmento amputato rimane in stato
ischemico per più ore (8-10) e la conservazione non è stata a bassa temperatura. Le dita dei piede di Juan erano, nei
primi giorni dal miracolo, incurvate e contratte. Come a dire: erano in atteggiamento di griffe; sia perché così dovevano
essere all’atto dell’amputazione (presumendo l’insorgenza di una sindrome di Volkmann sul compartimento posteriore
della gamba, prima della necrosi o perché, necrotizzandosi, le estremità tendono, per l’azione prevalente dei flessori, ad
assumere un atteggiamento in flessione), sia perché, come ci capita, nei reimpianti, la tenorrafia dei flessori ed estensori
comporta una prevalenza dei primi mantenendo le dita in atteggiamento di flessione. Altro elemento riferito dagli Atti è
di una caviglia più grossa, cioè gonfia, ovviamente da interpretarsi come esito di edema per il rallentamento dei circolo
in assenza della innervazione simpatica vasale. La plegia vasale, comportando stasi del circolo sanguigno, è causa di
trasudazione di linfa quindi presenza di edema più visibile nelle parti declivi dell’arto. Avevano notato, ancora, come il
polpaccio fosse più piccolo. È da interpretarsi in relazione al silenzio funzionale della muscolatura per due anni ed alla
conseguente ipertrofia della sura controlaterale per aver sostenuto un carico maggiore in quel lasso di tempo.
L’arto di Juan risultava più corto di alcuni centimetri. Anche nei nostri reimpianti, generalmente, l’arto riattaccato
è più corto per la recentazione dei monconi. Eppure, poi, l’arto del giovane si era riallungato senza l’ausilio dei
fissatori esterni! Anche la cicatrice della gamba ha lo stesso aspetto delle nostre gambe reimpiantate: “un circolo rosso
dove il pezzo di gamba si era unito all’altro”.
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rio degli Italiani11 che, nonostante gli orari ufficializzati con targa del Ministero della Difesa Italiano, non è visitabile.
Mi ripropongo, appena tornato a Roma, di andare a sporgere denuncia per interruzione di pubblico
servizio, dal momento che il Ministero della Difesa ha organizzato il servizio e ha senz'altro stanziato fondi per pagare gli addetti. Però, tornato a Roma, ho pensato: "fosse solo questo, quello che
non funziona...".
Riprendo l’autobus per Pamplona e a Pamplona l’autobus per Puente la Reina. Durante tutto il percorso di ritorno penso a come poter andare da Pamplona a Puente la Reina, dal momento che è tardi,
che negli orari della linea automobilistica non ci sono altre corse. Penso che dovrò prendere un tas11
Il 3 maggio 1942, alla presenza dell'ambasciatore italiano a Madrid e delle maggiori autorità civili, militari e religiose
della città, fu posta la prima pietra della costruzione, che prevedeva una torre ossario con annessa una chiesa e un convento. Nella pietra fu sigillata una pergamena con le parole: "Regnando Vittorio Emanuele III, mentre l'Italia combatte
contro i nemici del diritto e della Fede, sotto gli auspici di Mussolini e Franco, con la benedizione del Romano Pontefice Pio XII, quest'opera di pace secondo la tradizione dei padri per la diffusione della religione e la memoria dei legionari italiani caduti in Spagna si costruisce con romana grandezza. Il giorno 3 maggio 1942". Ma mancava poco alla caduta del regime in Italia e alla sospensione dei lavori. Alla fine della guerra il nuovo governo democratico italiano si trovò di fronte all'incongruenza di dover finanziare un'opera non terminata del regime fascista celebrante la memoria di
caduti per Mussolini; venne allora deciso di dedicare l'opera "a tutti gli italiani caduti in Spagna appartenenti a tutti i
partiti" e di reperire i fondi per ultimare la torre, ridotta a 42 metri, vendendo la parte del convento già costruita ed il
terreno circostante ai padri cappuccini per la somma di 1.000.000 di pesetas. La torre fu inaugurata il 13 giugno 1945,
mentre il 25 luglio dello stesso anno fu consacrata la chiesa. Sopra l'arco principale della cripta venne posta la lapide:
"L'Italia a tutti i suoi caduti in Spagna", mentre in un altro lato della stessa un'altra lapide ricorda: "In questa torre ossario sono ricordati 4.183 italiani caduti in terra di Spagna nella guerra del 1936-1939". Tra loro sono compresi 526 soldati delle Brigate internazionali accorsi per difendere la libertà e la democrazia spagnola. Il recupero ed il trasporto delle
2.876 salme dei caduti del Ctv fu agevolato dal fatto che, se anche erano disseminati in numerosi cimiteri, al momento
dell'inumazione i padri cappuccini incaricati delle sepolture avevano deposto nella fossa una bottiglia contenente l'indicazione di nome, grado, reparto e data della morte. Notevoli difficoltà sorsero nell'individuare le tombe dei brigatisti,
definiti "rinnegati" dai fascisti, che in molti casi erano rimasti abbandonati sul luogo della morte o, se fucilati dopo la
cattura, interrati in anonime fosse comuni; inoltre gli incaricati dal Commissariato onoranze caduti del recupero di queste salme non furono agevolati dalle autorità spagnole. Molti brigatisti giacevano in tombe anonime avendo, come disse
la Pasionaria, "la terra di Spagna come sudario"; infatti, su circa 600 morti, furono solo 22 le salme di antifascisti riconosciute e sepolte nella torre ossario. Tutti gli anni, il 2 novembre, viene celebrata una messa in suffragio dei caduti
mentre, in particolari occasioni, delegazioni delle associazioni d'arma delle due parti si recano al Sacrario per rendere
loro omaggio con la deposizione di corone di fiori.
Le Medaglie d'Oro al V.M. concesse a combattenti di Spagna distintisi per atti di eroismo, furono complessivamente
152. Di esse 3 premiarono la memoria di militari spagnoli aviatori. 137 costituiscono riconoscimenti alla memoria di aviatori, fanti, arditi, artiglieri, camicie nere, carristi. 12 furono assegnate a viventi (oggi anch'essi tutti scomparsi), superstiti di straordinarie imprese. 33 di queste ricompense furono attribuite a legionari provenienti dalla M.V.S.N. (30
Caduti e 3 sopravvissuti). Negli appositi albi del Ministero Difesa e nei fogli matricolari, com'è noto, tali decorazioni,
come ogni altra al V.M. guadagnate in Spagna dai mobilitati dalle Legioni CC.NN sono state depennate e il loro ricordo scalpellato sulle pietre tombali nel Sacrario di San Antonio de los Italianos in Saragozza. Ma il Gruppo Medaglie
d'Oro e l'Istituto del Nastro Azzurro, tutori del valore e dell'onore dei soldati italiani, continuano a conservare nel dovuto rilievo i nomi dei proscritti. Le vedove ed i figli continuano a portarne sul petto le insegne sfidando l'incriminazione a
norma delle leggi vigenti.
Le medaglie rimasero però intatte sulle tombe di Saragozza. Ma la burocrazia era in agguato: nel 1982, dopo 37 anni,
qualcuno al Ministero della Difesa si accorse che il decreto del '45 non era stato applicato al sacrario di Saragozza. Un
maresciallo dell'esercito fu mandato a Saragozza per completare l'applicazione del decreto, in quel mausoleo dove riposavano insieme i caduti italiani, di entrambe le parti. Le targhe tombali vennero rimosse. Le associazioni d'arma protestarono, ma nessuno in Italia prestò loro ascolto. Nel novembre del '91 ex-combattenti ottantenni decorati al valor militare decisero di rendere giustizia ai loro commilitoni ripristinando nel mausoleo le targhe affisse ai loculi. Non è stato
un atto ufficiale, ma i vertici del Ministero della Difesa erano informati e non hanno frapposto ostacoli.
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sì, che potrebbe costarmi 20-30 euro; una cifra enorme rispetto al costo medio degli alberghi o dei
ristoranti. Arrivato a Pamplona trovo che dopo un po' c''è un autobus di un'altra autolinea, che sembra messo proprio per me e mi costa ben un euro e venti (come sia possibile non lo so..., ma penso
di star viaggiando con la Fortuna). A Puente la Reina l’Albergo ufficiale, dei Padri Reparadores, è
completo. Allora con lo zaino in spalla e la mia collezione di vesciche vado alla ricerca di un altro
albergo che è in campagna, dall’altra parte della città. Arrivo, e al bar ci sono due marchigiani che
stanno cercando di intrattenere tutti, convinti forse che il marchigiano sia lingua internazionale
compresa da tutti. Inoltre parlano un marchigiano brutto, quello di Ascoli Piceno, non bello e armonioso come quello di Ancona. Quasi tutti annuiscono, sorridono e non se li filano.
Uno dei tanti monumenti
Monumento ad Augusto
Iglesia San Juan de los Panetes, con torre inclinata
Piazza della Basilica; a sinistra, la Basilica del Pilar
Invece di fare la tappa sono andato a Saragozza, ma il timbro dell’Albergo lo metto ugualmente,
almeno per ricordo. Una bella camminata l'ho fatta ugualmente, per visitare Saragozza a piedi; e poi
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anche per andare alla ricerca dell'albergo, a Puente la Reina, dopo aver trovato che il primo era
completo.
La piazza della Basilica, antico e moderno
Targa, all’interno della Basilica, commemorativa del
Miracolo di Calanda
Nella nicchia a destra il Pilar con sopra una statuetta
della Madonna
Il Pilar
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Interno della Basilica
Una via di Saragozza
La storia della fondsazione di Saragozza
L’Ebro, biondo come il Tevere
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La Puerta del Carmen
Il Sacrario “L’Italia ai suoi Caduti in Spagna”
Interno della Chiesa di S.Antonio, dei Cappuccini cui
è affidata la custodia del Sacrario
La Torre-Sacrario
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Da PUENTE LA REINA
a ESTELLA
Data
04/05
Tappa
5
Distanza
22 km
Abitanti
13.024
Regione
NAVARRA
Estella è un comune della Navarra. Situata a 426 metri di altitudine la cittadina si trova lungo il fiume Ega, fra le propaggini dei Monti Cantabrici e
dei Pirenei occidentali che la cingono e la proteggono dai venti.
Il suo nome, secondo la tradizione, deriva dalla visione che alcuni pastori
ebbero di una pioggia di stelle cadenti che li stupì e li indusse a portarsi in
un luogo dove trovarono una statua della Madonna del Puy. Era il 1085 e
il borgo aveva allora il nome latino di Gebalda che i Romani avevano dato
ad un loro insediamento in quel posto. Il nome Estella, molto probabilmente le venne dato dai pellegrini che transitavano di qui verso il santuario di Santiago de Compostela, fu accettato nella lingua castigliana per la
sua somiglianza con "estrella", cioè stella, che ricorda il miracolo delle
stelle. La città, favorita dall'essere una località importante del Camino divenne un attivo centro commerciale che attirò molte persone dai villaggi e
dalle campagne vicine e anche franchi ed ebrei dalla Francia. Questi vi
impiantarono le loro attività commerciali e di servizio per i pellegrini.
Nel XII secolo Estella iniziò la costruzione delle chiese romaniche che la
fanno oggi chiamare la "Toledo del Nord" per i suoi monumenti e la "capitale dell'arte romanica navarra". La città raggiunse l'apice della sua prosperità nel XIII secolo quando esistevano una borsa di cambio e ben sei
ospizi per i pellegrini che vi facevano sosta in attesa di proseguire in direzione del Monasterio de
Nuestra Señora la Real. In seguito la città decadde
a causa delle continue lotte fra la Castiglia e la Navarra e di una disastrosa inondazione. Nel 1512
cadde nelle mani di Ferdinando II di Aragona e fu
ridotta ad essere un'oscura cittadina di provincia.
La riscoperta del Camino di Santiago degli ultimi
decenni l'ha tolta dall'oblio facendola divenire un
centro turistico d'interesse storico ed artistico.
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Dopo aver sistemato le mie vesciche, parto di prima mattina. Fuori dell’albergo ci sono 4 strade:
quale sarà quella giusta? Aspetto che escano i due marchigiani e mi aggrego a loro. Camminerebbero come ossessi se a Mauro, uno dei due, non facesse male il collo del piede per aver stretto lo scarpone da trekking, il giorno prima, fino in cima. L’altro si è allenato in montagna, prima di partire,
portando uno zaino da 19 kg e camminando a 6 m/km!
Usciamo da Puente La Reina attraverso un famoso antico ponte e vediamo che avanti e dietro a noi
ci sono altri pellegrini. Tutti i bar e i negozi sono chiusi, quindi ci fermiamo per colazione a Cirauqui, due ore dopo. Ci sono anche altre persone davanti la panetteria a farsi fare panini; tra queste,
due coreane, una delle quali perde la giacca a vento. Chiamo :”Corea!” . Quelle mi guardano con aria interrogativa e io indico la giacca. Da allora, quando ci incontriamo, è come se ci conoscessimo.
Dopo un’altra ora ci fermiamo a Lorca per scattare qualche foto e bere ad una bella fontana. Benché
sia un paese di 125 abitanti, ha delle belle case con grandi stemmi in pietra appiccicati sulle facciate.
Dopo ancora un’ora passiamo per Villatuerta, dove riprendo la Chiesa parrocchiale de la Asuncion,
del XIII sec.; usciti dal paese incontriamo dopo circa mezz’ora, un piccolo monumento in memoria
di una pellegrina canadese morta in un incidente stradale nel 2002.
Verso mezzogiorno arriviamo ad Estella; io metto lo zaino in fila mentre i due marchigiani proseguono con l’intenzione di fare altri 20km. Nonostante l’impedimento di Mauro, abbiamo “pedalato”
a più non posso. Io reggevo bene il ritmo ed ero quasi tentato di proseguire con loro, ma penso
d’aver fatto bene a fermarmi e rispettare la mia tabella.
Nella strada principale, vicino all’Albergo, c’è un pronto soccorso dedicato ai pellegrini: vesciche,
tendiniti, strappi, stiramenti... Io invece cerco una farmacia per comprare cerotti.
Nel pomeriggio visito la città, gli antichi ponti, l’antica Chiesa di San Pedro, di fronte alla quale c’è
una macchinetta distributrice di bibite; metto un euro per avere una Coca, ma quella non mi dà niente; già cominciavo a pensare che mi avesse fregato, perché nonostante scosse spinte e pugni, non mi
dava la mia Coca. Alla fine gli do un cazzottone e un calcio, e quella (forse pensando: “ma che maniere!...”) mi scarica il mio barattolo. Questa è la dimostrazione che con garbo e con le buone maniere si ottiene tutto.
Vado anche all’Ufficio del Turismo per prendere cartine e opuscoli, che in genere leggo e poi, con
dispiacere, butto per non appesantire il mio zaino.
La sera vado a cena in un ristorante dove è esposta la solita lavagnetta nera con il menù per pellegrini. Il costo indicato è un po’ ambiguo ma tento ugualmente la sorte. Invece faccio un’ottima cena
in un bel ristorantino al prezzo solito e con un piccolo abatjour di abbellimento del tavolo.
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L’albergo a Puente La Reina
Ponte romanico dell’XI sec. sul Fiume Arga
In Cammino, verso Cirauqui
A Cirauqui, alcuni Pellegrini che hanno fatto spesa
nel negozio a sinistra: i due Marchigiani con me, due
coreane sul muretto
All’uscita da Ciraqui
A Lorca
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A Villatuerta
IN MEMORIA DE
MARY CATHERINE KIMPTON
PEREGRINE CANADIENSE
LA CUAL MURIÒ TRAGICAMENTE
AQUI EN ESTE LUGAR A LAS 4 PM
DEL DIA 2 DE JUNIO DE 2002.
PUEDA ELLA CAMINAR SIEMPRE
SOBRE LOS CAMPOS DE ORO
Tutte le ripe dei sentieri fiorite
Io con i due Pellegrini marchigiani
Io con i due Pellegrini marchigiani
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All’ingresso di Estella; Chiesa del Santo Sepulcro
Davanti l’Albergo, in attesa dell’apertura
Pellegrini davanti l’albergo in attesa di entrare
Panni stesi fuori delle finestre dell’albergo
L’Ayuntamento
Palacio de los Reyes de Navarra
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La via principale di Estella
La Chiesa di San Pedro con tre navate gotiche
Sul Rio Ega
Il Rio Ega
La via dell’Albergo
Il muro di divisione tra il cortile dell’albergo e la
parte lavatoio
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Da ESTELLA
a LOS ARCOS
Data
05/05
Tappa
6
Distanza
21 km
Abitanti
1.286
Regione
NAVARRA
Situata ai piedi di una collina di gessi, sulle rive del fiume Odrón, Los Arcos è
l'erede dell'antica località romana di Curnonium.
Los Arcos sperimentò una forte crescita grazie alla
Via Lattea, in primo luogo, ed alla sua posizione di
crocevia di strade.
Timbro dell’Albergo
Alle 6:30 mi incammino verso Los Arcos; solo21 km., ma comincio subito a perdere il Cammino,
che viene indicato dalle solite frecce gialle, ma in questa tappa ce ne sono in abbondanza, probabilmente aggiunte da proprietari di campeggi, alberghi, bar per far passare il flusso dei pellegrini nei
pressi del proprio locale o campeggio. Ritrovo subito la strada perché in lontananza si vede il grandioso complesso del Monastero di Santa Maria la Real, verso cui mi dirigo perché nelle vicinanze
c’è una famosa fonte che versa vino. Mentre arrivo, vedo le due coreane che già ripartono: evidentemente non si sono perse come me, e forse le indicazioni erano confuse solo per me. La fonte si
trova all’esterno di una grande cantina dove lavorano e imbottigliano il vino. La fonte non versa
proprio niente; sono imbroglioni, ma mica fessi; in questa maniera hanno ottenuto di essere citati su
tutte le guide turistiche e qualcuno, non con lo zaino ma con la macchina, qualche cartone di bottiglie ogni tanto glielo comprerà pure.
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Riparto da Irache e subito dopo mi riperdo nuovamente. Perdo forse un’ora di tempo cercando di
rintracciare il Cammino, ma non passa un cane cui chiedere informazioni. Finalmente rincorro un
tizio che si rivela essere un boliviano venuto in Spagna per lavoro; non sa niente del Cammino ma
con le scarse informazioni che mi dà, riesco a rintracciare nuovamente la strada giusta. Il primo paese che incontro e Villamayor de Monjardin dove riprendo la Chiesa di San Andres, romanica con
torre barocca. Percorro 12 km di campagna senza una casa, una fontana o una persona nei campi.
La campagna è curata e verdeggiante ma non si vede un contadino. Il cammino è su una buona pista
in terra battuta con tanti fiori sui bordi. Cammino solitario ma molto bello. Arrivo finalmente a Los
Arcos, ma come al solito bisogna aspettare che l’Albergo apra.
Poi vado a comprare qualcosa da mangiare e faccio una prima visita del paese, dove c’è una bellissima chiesa, Santa Maria. Alle 18 il parroco fa funzionare un registratore che illustra i vari particolari della chiesa mentre automaticamente vengono illuminati da un faro. Per essere un paese così
piccolo, mi stupisco che abbia una chiesa così grande e bella e questi automatismi per dare informazioni storiche e artistiche. Bello è anche il coro ed il chiostro.
Nel pomeriggio bighellono nel cortile dell’Albergo, osservando gli altri pellegrini; c’è un grassone
cui si sono scuciti i calzoni e tenta di ricucirli, c’è una ragazza che non so se stia facendo ginnastica
o yoga, c’è un ragazzo neozelandese che fa il pediluvio in un catino di tela che suppongo sia ripiegabile. Questo ragazzo dal sorriso simpatico l’ho incontrato spesso durante il Cammino e sembra
sempre che mi voglia parlare, ma mi dice solo “Buongiorno” in italiano.
Nella bacheca dell’Albergo c’è un foglio in ricordo di un australiano morto in un incidente automobilistico causato da un 26enne ubriaco. Si chiamava Antonio Lequerica, di 50 anni, e stava partendo
per la Spagna per iniziare il suo Cammino.
La sera sono andato al ristorante nella piazza principale del paese a al mio tavolo si sono seduti una
tedesca ed una olandese che parlavano tedesco fra loro, ed un francese; abbiamo fatto una bella
conversazione: ognuno parlava senza che gli altri capissero.... Qualcosa però l’ho capita: secondo il
francese, se la guerra dei cent’anni12 fosse stata vinta dagli inglesi, ora tutta l’Europa sarebbe inglese, ma tutti parlerebbero francese, perché alla Corte inglese si parlava francese.
Quando avrò tempo, e se mi ricorderò, approfondirò l’argomento.
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Causa immediata della guerra fu la pretesa di Edoardo III re d’Inghilterra e duca d’Aquitania, della dinastia dei Plantageneti, di succedere sul trono di Francia alla morte di Carlo IV (1328), del ramo primogenito dei Capetingi. Affermando di esserne il legittimo erede per parte della madre Isabella (sorella di Carlo IV, figlia di Filippo IV il Bello), Edoardo III contendeva la corona a Filippo di Valois, figlio di Carlo di Valois, fratello di Filippo IV, che venne incoronato re di Francia con il nome di Filippo VI.
La ragione reale della lotta risiedeva però nel controllo che i re inglesi esercitavano su vaste zone della Francia sulla base di antichi diritti feudali e di acquisizioni matrimoniali. Ciò rappresentava un’evidente minaccia per la monarchia
francese, che infatti tra il XII e il XIII secolo aveva tentato a più riprese di imporre la propria autorità su quei territori.
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Monastero di Irache
Monastero di Irache
Fontana del vino vicino il Monastero di Irache
Chiesa di San Andrés a Villamayor de Monjardin
Il Cammino verso Los Arcos
Il Cammino verso Los Arcos
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La Chiesa di Santa Maria a Los Arcos
panoramica della “città”
Interno della Chiesa di Santa Maria
Interno della Chiesa di Santa Maria
IN MEMORIA
DE
ANTONIO LEQUERICA
(ANTON – TONI – LEQ)
Townswille australia
19/10/58 – 25/5/08
Tony iba a empezar su camino el Domingo 29 de Junio de 2008
Un amigo cercano de aquellas personas privilegiadas que lo
conocia...
Toni tenia talento, era leal, generoso y comprometido
cavaliero
Que vivia con amabilitad ed integritad....
Toni esté contigo mientras tu caminas
...Viajero Caminante!
bacheca dell’albergo
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CODEX CALISTINO13
Libro V
EL QUE NO ENGAÑA A LOS PEREGRINOS
NI EN LA PLAZA, NI EN NEGOCIO,
NI EN EL CAMBIO, NI EN EL HOSPEDAJE,
NI EN LOS CIDADOS MEDIOS FRAUDOLENTOS,
SINO QUE SE PORTA CON ELLOS DEBIDAMENTE,
OBTENDRÀ EN EL FUTURO
EL PREMIO DEL SEÑOR
piazza principale de Los Arcos
chiostro della Chiesa di Santa Maria
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Conosciuto soprattutto con il nome di Codex Calixtinus, il Liber Sancti Jacobi (Libro di San Giacomo) è un insieme di testi in gloria di san Giacomo maggiore e del suo culto compostellano.
I testi sono di varia datazione e provenienza, indicati come composti all'inizio del XII secolo, ma la redazione del codice si situa attorno al 1260.
Il Liber contiene, in 5 libri e un'appendice, testi di vario genere collegati alla figura di san Giacomo maggiore e al pellegrinaggio a Compostela, ed è
praticamente la sintesi del corpus dottrinario, ideologico e liturgico su cui si fondò il culto dell'apostolo.
Culto particolarmente importante e divenuto in quell'epoca di forte rilevanza politica, se si tiene conto che il corpo dell'apostolo Giacomo era l'unico a
non essere deposto a Roma, e che per questa presenza il culto apostolico faceva di Compostela, ascesa a sede arcivescovile nel 1121, una sorta di sede
apostolica, nel momento in cui la presenza dei papi a Roma si faceva più vacillante.
La paternità del Liber Sancti Jacobi è attribuita dalla tradizione, testimoniata in una bolla aggiunta in appendice al codice stesso, a papa Callisto II ed
è questa la ragione per cui il codice che lo contiene venne detto Calixtinus.
Erano, quelli, tempi in cui non si andava troppo per il sottile, nelle falsificazioni di documenti che dovevano essere ufficiali e solenni e fondare poteri,
possessi e giurisdizioni: basti ricordare, per tutti, la Donazione di Costantino e lo Pseudo-Isidoro.
La bolla, attribuita ad Innocenzo II, era falsa anch'essa, ma serviva ad anticipare la datazione dell'opera (conferendole così maggiore autorità), ad incardinare il culto compostellano nell'orizzonte politico dei duchi di Borgogna, alla cui famiglia apparteneva Callisto II, e degli ambienti cluniacensi,
la cui potenza stava crescendo all'epoca in Francia e non solo, e, apparentemente, ad accreditare in Aymeric Picaud', chierico compostellano o di Vézelay (abbazia benedettina che stava passando ai cluniacensi, appunto), il chierico indicato come suo responsabile e depositario presso la cattedrale di
Santiago.
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interno: cappella di sinistra
interno
l’ultima cena
l’organo
il coro
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Da RONCESVALLES a LARRASOAÑA