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Un Dio giusto
e Salvatore
Notizie del vangelo per la salvezza eterna
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Un Dio giusto e Salvatore
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Isaia 45: 21
Vi è in ogni persona una certa conoscenza del bene e del male; certe cose
sono chiamate buone e certe altre cattive.
Ma forse non vi sono due persone che
fissano esattamente lo stesso standard sia
del bene che del male. Gli uomini non fanno
altro che fissare un livello di bene che essi
stessi pensano di raggiungere, e un livello
di male che escluda loro stessi, ed includa
altri. Per esempio, il bevitore pensa che non
vi sia un gran male nell’ubriacarsi, ma considera un grave peccato il rubare. L’uomo
avido, che forse ogni giorno inganna o
truffa qualcuno “in modo commerciale”, si
persuade pensando che “è un’abitudine
necessaria agire così in affari, e ad ogni
modo io non mi ubriaco né bestemmio
come fanno altri”. La persona dissoluta si
gloria di essere generosa e di buon cuore
verso gli altri, o, come dice “non faccio male
a nessuno se non a me stesso”. L’uomo
retto e morale, l’uomo di famiglia e gentile
si soddisfa nel fare ciò che chiama il suo
dovere e guardando attorno commisera
i peccatori manifesti; ma non considera
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mai quanti pensieri cattivi, quanti desideri
peccaminosi può aver nutrito, all’insaputa
di altri, dentro di sè; né che Dio giudica il
cuore, mentre l’uomo guarda soltano alla
condotta esteriore. Così ciascuno si congratula con se stesso del fatto che non ha
commesso qualche male, e si paragona
con qualcun altro che ha commesso il
peccato che egli pensa di essere riuscito
ad evitare.
Ora tutto questo dimostra che gli uomini
non giudicano se stessi con uno standard
fisso e regolare del giusto e dell’errato, ma
semplicemente prendono ciò che conviene
loro e condannano gli altri. Ma vi è uno
standard, a cui tutto sarà paragonato, e
secondo il quale tutto sarà giudicato, uno
standard di giustizia, e tutti coloro che non
lo raggiungono saranno condannati eternamente; e questo non è altro che la giustizia
di Dio. Quando una persona comincia
a scoprire che non è paragonando se
stesso ad altri che deve giudicarsi, ma
paragonando se stesso a Dio, allora la sua
coscienza comincia a rendersi conto di
che cos’è il peccato davanti a Dio e allora
scopre veramente di essere colpevole e
perduto; non cercherà più di giustificarsi
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cercando di trovare qualcuno peggiore di
lui, ma sarà ansioso di sapere se è possibile che Dio, davanti al quale egli si sente
condannato, possa perdonarlo o essere
clemente verso di lui.
Ora gli Scribi e i Farisei, menzionati
nell’ottavo capitolo del Vangelo di Giovanni,
erano persone molto morali e religiose e
furono molto scandalizzati quando scoprirono una povera donna sorpresa in peccato
flagrante e si indignarono contro di lei. La
giustizia e la legge di Mosè, pensavano,
esigono che ella sia segnata a dito—una
tale peccatrice non è degna di vivere. E’
un conforto e una tranquillità per il cuore
depravato dell’uomo il poter trovare una
persona peggiore di se stesso; egli pensa
che il maggior peccato di un altro scusi lui;
e mentre accusa e biasima con veemenza
l’altro egli dimentica la propria malvagità.
Così facendo si rallegra nell’iniquità.
Ma questo non è tutto; perchè non soltanto gli uomini si gloriano ed esultano
nella caduta e nella rovina di un altro, ma
non possono sopportare di vedere o di pensare a un Dio che dimostra grazia.
Grazia—che significa completo e gratuito
perdono di ogni peccato, di ogni male
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senza che Dio richieda o si aspetti nulla
dalla persona così perdonata—è un principio così opposto a tutti i pensieri e alle
vie dell’uomo, così al di sopra dell’uomo
che egli lo detesta; sovente il suo cuore in
segreto chiama questo ingiustizia. L’uomo
non agisce in questo modo, e non ama
pensare che Dio lo faccia. E’ molto umiliante essere costretti a riconoscere che
dipendiamo interamente dalla grazia per
essere salvati; e che non abbiamo fatto
nulla nè potremo fare mai nulla che ci
abbia reso o che ci renderà degli oggetti
degni di grazia; ma che la nostra miseria,
il nostro peccato e la nostra rovina sono
l’unico diritto che abbiamo per ottenere
grazia. Gli Scribi e i Farisei non riuscivano
a capire questo; e non volendo riconoscere
che erano anch’essi peccatori, cercavano
di mettere in perplessità Gesù: se Egli
assolveva la donna avrebbero detto che
era ingiusto, se la condannava, avrebbero
potuto dire che non era misericordioso.
“Tali persone devono essere lapidate”, essi
dicono; “ma tu cosa dici?”
In verità, la sentenza era giusta, la prova
della colpevolezza della donna era indubbia e la legge era chiara; ma chi doveva
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mettere in esecuzione la legge? L’uomo può
facilmente condannare, ma chi ha il diritto
di esecuzione? “Chi è senza peccato…
getti per primo la pietra contro di lei”. Chi
poteva dire di essere “senza peccato”? E
se nessuno di loro poteva affermare: ‘io
sono senza peccato’, allora non vi era nessuno di loro che non fosse sotto la stessa
sentenza della donna, cioè la morte, perchè “il salario del peccato è la morte”.
Qui, dunque, vi era una situazione singolare—l’accusata e i suoi accusatori
ugualmente implicati nello stesso stato
di rovina—tutti criminali. Non è che tali
dovrebbero essere lapidati, ma tutti dovrebbero essere lapidati. Dal più anziano fino
all’ultimo, tutti erano convinti peccatori.
Avete pensato a questo—che voi e tutto
il mondo siete colpevoli davanti a Dio? Non
si tratta dell’ammontare del vostro peccato
nella considerazione dell’uomo ma potete
voi dire di essere “senza peccato” davanti
a Dio? Se non potete, allora la morte è
la vostra sentenza. “L’anima che pecca,
morrà”. E in questa triste condizione che
cosa avete fatto? Forse la stessa cosa che
fecero gli Scribi e i Farisei, quando furono
convinti dalla loro propria coscienza—
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lasciarono la presenza della sola Persona
che poteva pronunciare il perdono. Adamo
nel giardino aveva fatto la stessa cosa; andò
a nascondersi da Dio quando comprese di
essere colpevole; si allontanò dal suo unico
Amico proprio quando aveva più bisogno
del Suo aiuto. E così avviene ancora.
L’uomo ha paura dell’unica Persona che
è pronta a perdonare. Potreste essere in
grado di persuadervi che non siete poi così
cattivo; potreste trovare altri chiaramente
peggiori; ma pensate di non essere affatto
un peccatore? Qual’è il pensiero di Dio a
vostro riguardo? Non dice forse anche la
vostra coscienza: ‘non sono del tutto senza
peccato’? Ebbene, allora, la morte è la
sentenza. Dio non può mentire. E’ la Sua
sentenza. E se avessimo solo udito che Dio
è giusto non potrebbe esservi speranza.
Ma Egli è “un Dio giusto e Salvatore”. Egli
ha condannato, e ha anche il potere di
mettere in esecuzione; la sola questione
che rimane è: può Egli perdonare?
“E Gesù fu lasciato solo, e la donna che
stava in piedi nel mezzo”. Ella si teneva
in piedi davanti a Colui che poteva dire:
‘sono senza peccato’, e che quindi poteva
gettare la pietra. Ella era sola con Colui
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che riconosceva come Signore, e quale
sarebbe stata la Sua sentenza? La legge
l’aveva già condannata; avrebbe Egli fatto
l’esecuzione? Quale momento di intensa
ansietà dev’essere stato per lei! Come
tutti gli oggetti circostanti devono essere
stati senza importanza ai suoi occhi! Ella
era sola con Colui che aveva il potere di
vita e di morte. Tutto dipendeva dalla Sua
parola. Che cosa avrebbe detto? L’uomo
non aveva osato gettare la pietra; ora
che cosa avrebbe fatto Dio? “Neanch’io ti
condanno: va e non peccare più”.
Tale è tuttora il messaggio di grazia
per il peccatore perduto, pronunciato dal
Giudice stesso. Ma il messaggio è rivolto
soltanto al peccatore perduto che si tiene
consapevolmente convinto davanti al
Giudice. I giusti Farisei non l’udirono. Essi
erano convinti in realtà, ma non volevano
confessare il loro peccato; e cercavano di
liberarsi delle loro convinzioni, di seppellirle
in qualche buona opera a modo loro e non
volevano mettersi sotto la stessa condanna
della donna colpevole, la quale ricevette
questa benedetta parola di pace. E così
è ancora. Se desiderate avere il pieno
e libero perdono di Dio, dovete prima
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occupare il posto di un peccatore colpevole.
Essere solo con Gesù, consapevolmente
autocondannato. Non avere nessun altro in
cui confidare, nessun altro a cui paragonarvi.
Non fare proponimenti di emendamento,
non cercare di migliorare prima di venire
a Lui; ma essere condotti a Lui dai vostri
propri peccati, tenervi nella posizione di
condanna, e davanti alla Persona stessa
che ha la potestà di condannare. Far si
che proprio la vostra colpa sia il motivo di
essere solo con Lui.
E il Signore non le diede un perdono
condizionale. Non disse: ‘Neanch’io ti condannerò se tu non peccherai più’. No, Egli
le dà prima pieno e completo perdono,
sapendo che questo l’avrebbe resa in
grado di evitare il peccato in futuro. Se desiderate avere potestà sopra i vostri peccati,
dovete prima saperli tutti perdonati da Dio
mediante Cristo. Ma se cercate di sopraffare il vostro male prima di conoscere il
perdono di Dio, non otterrete nè una cosa
nè l’altra. Mediante la fede in Gesù dovete
essere gratuitamente giustificati da ogni
cosa, prima di essere discolpato davanti
a Dio. Ora, vi sono alcuni che hanno veramente creduto in Gesù ma che non vedono
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questo chiaramente, e cercano di ottenere
la pace mediante santità di vita, o mediante
i frutti dello Spirito, invece di riconoscere
prima di essere peccatori perduti perdonati
pienamente e gratuitamente e poi lasciare
che la loro vita e la loro condotta sia guidata dalla conoscenza di quel perdono, e
dall’amore di Dio che la conoscenza della
Sua misericordia deve necessariamente
creare. Incominciate con: “Neanch’io ti condanno”. La vostra pace provenga dalla fede
nel sangue della Sua croce, mediante il
quale Egli ha fatto pace. La conoscenza e
l’estimazione che Dio ha del vostro peccato
è molto più profonda della vostra, ma Egli
ha provveduto il sangue del Suo Figlio.
Egli dice che quel sangue purifica da ogni
peccato. Più io vedo e conosco il mio peccato, più apprezzerò quel sangue prezioso
mediante il quale esso è tolto; e più sarò
ansioso di non rattristare il cuore di Colui
che, nel Suo proprio amore, ha provveduto
un tale meraviglioso sacrificio per regolare
i miei peccati. Perciò, più profondamente
conosco la mia propria colpa, più sicura
sarà la mia pace, perché maggiore sarà il
mio apprezzamento del sangue mediante
cui pace è stata fatta.
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Possiate voi conoscere la pace e la
gioia di avere tutti i vostri peccati perdonati mediante la fede nel sangue di Gesù
e la conseguente vittoria sopra il potere
di quegli stessi peccati che vi avevano
imprigionato.
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J.N. Darby.
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