agenzia adiconsum • anno 12 - n. 48 • 27 dicembre 2000
6/2000
1759 - speciale giustizia
Scheda riassuntiva del d.p.r.
n. 287 del 28 luglio 2000
on decreto presidenziale del 28 luglio
scorso, dopo oltre quattro anni, è stata
data attuazione all’art. 16 della legge n.
108 del 07 marzo 1996 relativo al riconoscimento ed alla disciplina dell’attività di
mediazione creditizia, nonché all’istituzione del
relativo albo professionale presso il Ministero del
Tesoro, esigenza, quest’ultima, prospettata già
dal Comitato Legge n. 197/1991 (comunemente
detto Comitato Antiriciclaggio) nel parere n. 15
del 16 gennaio 1995, al fine di garantire effettivamente lo svolgimento dell’attività di mediazione
creditizia ai soli soggetti iscritti nel relativo albo.
Il d.p.r in esame prevede, altresì, i requisiti per
l’iscrizione all’Albo professionale, nonché le ipotesi di sospensione e cancellazione dall’Albo medesimo.
C
1. Riserva di legge
A norma del disposto dell’art. 3, 1° comma del
d.p.r. n. 287/2000, l’attività di mediazione creditizia
è riservata ai soli soggetti iscritti all’albo professionale dei mediatori creditizi che sarà tenuto
associazione italiana
difesa consumatori
promossa dalla cisl
dall’Ufficio Italiano Cambi (U.I.C.) e pubblicato entro un anno dall’entrata in vigore del d.p.r. stesso.
Qualora l’attività in oggetto venga esercitata
da persone giuridiche, la stessa deve essere esercitata per il tramite di persone fisiche iscritte al
menzionato albo professionale.
L’art. 8 del d.p.r in esame prevede un regime
transitorio che consente agli agenti di affari in
mediazione iscritti nei ruoli di cui alla legge n. 39/
1989, operanti nei rami mutui e finanziamenti o
altri equivalenti, che abbiano fatto domanda di
iscrizione all’Albo professionale dei mediatori
creditizi, di continuare ad esercitare la loro attività fino alla data della decisione afferente la loro
domanda di iscrizione.
2. Attività di mediazione creditizia
2.1 Contenuto
L’attività di mediazione creditizia consiste nel
mettere in relazione banche o intermediari finanziari determinati con coloro che intendono ottenere concessione di finanziamenti sotto qualsiasi
forma.
Via Lancisi 25 - 00161 ROMA
tel. 064417021 - fax 0644170230
homepage: www.adiconsum.it
e-mail: [email protected]
• Reg. Tribunale di Roma: n. 350 del
9.06.88 • Sped. abb. post. comma 20/c
art.2 L.662/96 - Filiale di Roma • Stampato in proprio in dicembre 2000
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2.2 Modalità di svolgimento dell’attività
La predetta attività deve essere svolta in maniera professionale, anche se non a titolo esclusivo, ovvero abitualmente, anche nelle forme dell’attività di consulenza.
Il mediatore creditizio, anche in conformità
del disposto dell’art. 1754 cod. civ., deve svolgere
la menzionata attività senza alcun legame di collaborazione, dipendenza o rappresentanza con
alcuna delle parti messe in relazione. Al mediatore creditizio è fatto divieto di concludere contratti, nonché di effettuare per conto di banche o di
intermediari finanziari, erogazione di finanziamenti ed ogni forma di pagamento o di incasso di
denaro contante, di altri mezzi di pagamento o di
titoli di credito.
Per intermediari finanziari si intendono i soli
soggetti iscritti negli elenchi generale e speciale
di cui, rispettivamente, agli artt.106 e 107 del d.
lgs. n. 385 del 1° settembre 1993.
Per la individuazione dell’attività di concessione di finanziamento sotto qualsiasi forma si richiama la definizione contenuta nell’art. 2 del
decreto del Ministro del tesoro del 6 luglio 1994,
che fa riferimento all’attività di concessione di
crediti, ivi compreso il rilascio di garanzie sostitutive del credito e di impegni di firma. In detta
attività rientra, inoltre, ogni tipo di finanziamento
che sia connesso con: locazione finanziaria; acquisto di crediti; credito al consumo ai sensi
dell’art. 121 del Testo Unico Bancario, fatta eccezione per la forma tecnica della dilazione di pagamento; credito ipotecario; prestito su pegno; rilascio di fidejussioni, avalli, aperture di credito documentarie, accettazioni, girate ed impegni a
concedere credito.
Nello svolgimento dell’attività di mediazione
creditizia, è fatto espresso divieto ai soggetti a ciò
autorizzati di indirizzare una persona, per operazioni bancarie o finanziarie, presso un soggetto
non abilitato all’esercizio dell’attività bancaria o
finanziaria. In caso contrario, a norma dell’art. 19, 9°
comma della legge n. 108/1996, salvo che il fatto
non costituisca reato più grave, il mediatore
creditizio è punito con l’arresto fino a 2 anni ovvero
con l’ammenda da 4 a 20 milioni di lire.
Inoltre, ai sensi dell’art. 16, 6° comma della
legge n. 108/1996, qualora i mediatori creditizi
intendano pubblicizzare a mezzo stampa la loro
attività, hanno l’obbligo di indicare nella pubblicità stessa, gli estremi della loro iscrizione all’Albo
dei mediatori creditizi.
2.3 Attività estranee alla mediazione creditizia
Non integra l’attività di mediazione creditizia,
la raccolta di richieste di finanziamento effettuata sulla base di apposite convenzioni stipulate
con banche ed intermediari finanziari da parte dei
soggetti:
a) iscritti in ruoli, albi o elenchi tenuti da pubbliche autorità, ordini o consigli professionali;
b) fornitori di beni o servizi.
2.4 Trasparenza delle condizioni contrattuali e
norme in materia di antiriciclaggio
All’attività svolta dai mediatori creditizi si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni in
materia di trasparenza delle condizioni contrat-
tuali di cui agli artt. 115 e ss. del d. lgs. n. 385/1993
(obbligo della forma scritta nella redazione dei
contratti; comunicazione periodica al cliente;
pubblicità relativa ad ogni condizione economica
circa operazioni e servizi offerti; inefficacia delle
modifiche unilaterali dei contratti, se non
previamente comunicate al cliente), nonché la
disciplina del decreto legge n. 143/1991 convertito dalla legge n. 197/1991(in particolare, obblighi
di identificazione e registrazione).
3. Albo professionale dei mediatori creditizi
3.1 Istituzione
L’istituzione dell’Albo presso l’U.I.C. è sotto
l’alta vigilanza del Ministro del tesoro, del bilancio
e della programmazione economica.
Entro un anno dall’entrata in vigore del d.p.r.
n. 287/2000 l’Ufficio Italiano Cambi (U.I.C.) procede
con apposito bollettino, alla pubblicazione dell’Albo dei mediatori creditizi, dandone notizia
nella Gazzetta Ufficiale. L’Albo è diviso in due
sezioni rispettivamente per le persone fisiche e
per le persone giuridiche.
3.2 Requisiti per l’iscrizione
L’iscrizione all’Albo dei mediatori creditizi avviene mediante domanda inoltrata all’U.I.C. dai
seguenti soggetti: persone fisiche e persone giuridiche (società e stabili organizzazioni).
Persone fisiche: a norma dell’art. 4, n. 1 del d.p.r.
287/2000, possono iscriversi all’Albo i cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione Europea o
di altro Stato con il quale l’Italia abbia trattamento
di reciprocità. Tali soggetti debbono:
- avere domicilio in Italia;
- essere in possesso di diploma di scuola media
superiore ovvero debbono essere iscritti in
uno dei ruoli previsti dalla legge n. 39/1989 ;
- avere i requisiti di onorabilità previsti dal decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e
della programmazione economica n. 516/1998;
Persone giuridiche: ai sensi del n. 2 del menzionato art. 4, possono iscriversi all’Albo le società
con sede legale in Italia, nonché le stabili organizzazioni in Italia di società aventi sede legale all’estero. Tali soggetti debbono:
- prevedere nel loro oggetto sociale l’attività di
mediazione creditizia;
- avere i soci di controllo, nonché i soggetti che
svolgono funzioni di direzione, amministrazione e controllo, in possesso dei requisiti di
onorabilità di cui al predetto decreto ministeriale n. 516/1998;
- svolgere l’attività di mediazione creditizia per
il tramite di persone fisiche a loro volta iscritte
all’Albo dei mediatori creditizi.
3. 3 Procedura per l’iscrizione
A) La domanda di iscrizione presentata all’U.I.C.
da parte di persone fisiche va effettuata avvalendosi del modello UIC/MC – A al quale allegare copia
fotostatica di un documento di identità e deve
contenere i dati identificativi del richiedente (cognome, nome, comune o Stato estero di nascita,
data di nascita, sesso, codice fiscale, cittadinanza). Nella domanda debbono essere riportate anche tutte le informazioni utili relative al domicilio
in Italia, dove per domicilio deve intendersi il
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luogo in cui viene esercitata l’attività di mediazione creditizia. Debbono essere riportate, inoltre, le
informazioni circa la residenza, solo nell’ipotesi in
cui la stessa non coincida con il domicilio. Analogamente debbono essere indicati i riferimenti relativi
al domicilio fiscale, solo nel caso in cui quest’ultimo
non coincida con il domicilio in Italia.
Nella domanda di iscrizione debbono essere
altresì attestati: il possesso di diploma di scuola
media superiore, ovvero l’iscrizione in uno dei
ruoli previsti dalla legge n. 39/1989; il possesso dei
requisiti di onorabilità previsti dal decreto del
Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica n. 516/1998; l’esistenza del
trattamento di reciprocità con lo Stato non appartenente all’Unione Europea del quale la persona abbia la cittadinanza.
Da ultimo, nella domanda di iscrizione deve
essere indicata l’eventuale esistenza di decreti di
rinvio a giudizio o sentenze non passate in giudicato pronunciate nei confronti della persona richiedente l’iscrizione, relative ad uno dei delitti il
cui accertamento con sentenza definitiva comporta la perdita dei menzionati requisiti di onorabilità. Inoltre, debbono essere attestate le eventuali applicazioni, adottate con provvedimento
non definitivo, di misure di prevenzione di cui alla
legge n. 575/1965.
B) La domanda di iscrizione presentata da persone giuridiche deve essere effettuata avvalendosi del modello UIC/MC - B e deve contenere
l’indicazione della denominazione o ragione sociale ed il codice fiscale. Nella domanda debbono
essere riportate l’indirizzo della sede legale della
società (o della stabile organizzazione in Italia
della persona giuridica avente sede all’estero), il
c.a.p., il comune, il numero telefonico e di fax, il
capitale sociale (o il fondo di dotazione assegnato
dalla persona giuridica avente sede all’estero alla
stabile organizzazione presente in Italia). Per le
persone giuridiche estere è necessario indicare lo
Stato estero in cui si trova la sede legale. La domanda di iscrizione deve inoltre contenere: il
cognome, il nome, il comune o lo Stato estero di
nascita, la data di nascita, il sesso ed il codice
fiscale del legale rappresentante. Per quanto concerne la persona fisica, per il cui tramite la persona giuridica richiedente intende esercitare l’attività di mediazione creditizia, la domanda di iscrizione deve contenere il cognome, il nome ed il
codice fiscale della persona fisica menzionata. Nel
caso in cui l’attività amministrativa o il contatto
con il cliente da parte della persona giuridica,
avvengano al di fuori della sede legale (o dal luogo
dove si trova la stabile organizzazione in Italia
della società avente sede legale all’estero), la domanda di iscrizione deve indicare i dati relativi alla
sede amministrativa ed alle eventuali sedi secondarie e, in particolare, vanno indicati l’indirizzo, il
comune, il c.a.p. e la provincia di ciascuna sede
secondaria ed amministrativa.
Da ultimo, nella domanda debbono essere allegate le dichiarazioni rese e sottoscritte dai soci
della persona giuridica che esercitano il controllo
di cui all’art. 23 del Testo Unico Bancario, nonché da
tutti i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo. Tali soggetti debbono attestare nelle loro dichiarazioni, di essere in
possesso dei requisiti di onorabilità individuati nel
menzionato decreto ministeriale n. 516/1998. Nelle
dichiarazioni dei soci esercenti il richiamato controllo sulla persona giuridica richiedente, gli stessi
debbono, altresì, indicare rispettivamente la quota
di capitale sociale posseduta e la circostanza per la
quale esercitano il controllo. La sopravvenuta carenza dei requisiti di onorabilità in capo a taluno dei
soggetti che svolge funzioni di controllo, direzione
ed amministrazione della persona giuridica iscritta
all’Albo professionale, comporta la sua immediata
decadenza dalla carica rivestita, che l’organo amministrativo deve dichiarare a norma dell’art. 109
del Testo unico Bancario. Il venir meno dei requisiti
di onorabilità in capo ai soci della persona giuridica
iscritta all’Albo che esercitano il controllo di cui al
menzionato art. 23 del Testo Unico Bancario, comporta le conseguenze previste nell’art. 108 del medesimo Testo Unico (impossibilità di esercitare il
diritto di voto inerente alle azioni o quote eccedenti il limite di controllo).
Alla domanda vanno allegate, inoltre, le copie
fotostatiche dei documenti di identità dei soggetti indicati precedentemente, oltre alla copia
fotostatica del documento di identità del legale
rappresentante.
Le domande di iscrizione redatte e compilate
secondo quanto sopra esposto, debbono essere
presentate all’U.I.C. che, entro il termine di 60
giorni dalla ricezione, in virtù della documentazione prodotta e delle informazioni fornite dal
richiedente, provvede all’iscrizione oppure la nega
con provvedimento motivato, dandone comunicazione al richiedente.
Il predetto termine di 60 giorni viene sospeso
nel caso in cui l’U.I.C. chieda all’interessato ulteriori chiarimenti ed informazioni che integrino la
documentazione prodotta. Il termine riprende a
decorrere successivamente all’acquisizione da
parte dell’U.I.C. delle informazioni richieste.
Decorso il termine predetto, la domanda deve
intendersi accolta qualora l’U.I.C. non comunichi
al richiedente il provvedimento di diniego, secondo il principio del silenzio - assenso.
L’art. 8 del d.p.r. n. 287/2000 prevede che, entro
il termine di 90 giorni dalla data di entrata in vigore
dello stesso provvedimento, gli agenti di affari in
mediazione iscritti nei ruoli di cui alla legge n. 39/
1989 ed operanti nei rami mutui e finanziamenti o
altri equivalenti, comunque denominati, sono iscritti nell’Albo dei mediatori creditizi, dietro presentazione di domanda redatta secondo quanto precedentemente esposto. L’iscrizione all’Albo dei mediatori creditizi di tali soggetti comporta la loro
cancellazione dai richiamati ruoli previsti a norma
della legge n. 39/1989. Il richiamato articolo prevede altresì, nelle more dell’iscrizione all’Albo, la possibilità per i predetti agenti di affari, di continuare
a svolgere la loro attività.
I soggetti iscritti all’Albo professionale dei
mediatori creditizi debbono comunicare tempestivamente all’UIC qualunque variazione relativa
ai predetti elementi informativi forniti in sede di
iscrizione, utilizzando i modelli allegati al provvedimento del 4 agosto 2000 dell’UIC.
Lo svolgimento dell’attività di mediazione
creditizia da parte di soggetti non iscritti nel
relativo Albo professionale, è punita con la reclu-
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sione da 6 mesi a 4 anni e con la multa da 4 a 20
milioni di lire, a norma dell’art. 16, 7° comma della
legge n. 108/1996.
3.4 Sospensione e cancellazione
L’art. 6 del d.p.r in oggetto prevede i casi di
sospensione e cancellazione dall’Albo professionale, nonché le relative procedure.
La cancellazione può essere disposta per il
venir meno dei requisiti di onorabilità in capo alla
persona iscritta all’Albo professionale, nonché
per gravi violazioni degli obblighi di cui all’art. 7
del d.p.r. in esame, relativi alle disposizioni di
legge in materia di trasparenza ed antiriciclaggio.
La cancellazione è disposta con provvedimento motivato del Ministero del tesoro, del bilancio
e della programmazione economica, previa contestazione degli addebiti da parte dell’UIC. L’interessato può presentare proprie deduzioni entro
30 giorni a decorrere dall’avvenuta contestazione. La cancellazione non può essere disposta trascorso il termine di 18 mesi dalla data notificazione dell’atto di contestazione.
La cancellazione dall’Albo è disposta, altresì,
direttamente dall’UIC in caso di cessazione dell’attività di mediazione creditizia da parte dell’iscritto.
La sospensione dall’Albo professionale, può
essere disposta dal Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica in tre
diverse ipotesi:
1) in via cautelare e, per un periodo massimo di
60 giorni, a seguito della contestazione notificata
all’interessato relativa ai predetti addebiti che
siano causa di cancellazione;
2) in caso di emissione, a carico dell’iscritto
all’Albo, di un decreto di rinvio a giudizio per uno
dei delitti, il cui accertamento con sentenza irrevocabile, comporterebbe la perdita dei requisiti
di onorabilità. Detta sospensione deve essere preventivamente comunicata all’interessato da parte dell’UIC e rimane efficace fino alla emanazione
della sentenza di primo grado.
3) in caso di emissione, a carico dell’iscritto
all’Albo, di una sentenza di condanna non definitiva per uno dei delitti di cui al precedente punto
n. 2), ovvero nel caso in cui sia stata applicata,
sempre con provvedimento non definitivo, una
delle misure di prevenzione previste dalla legge
n. 575/1965 e relative modifiche. Anche in tali casi,
il provvedimento di sospensione deve essere preventivamente comunicato da parte dell’UIC all’interessato e conserva la propria efficacia fino alla
definizione del giudizio.
Nel caso in cui il richiamato giudizio si concluda con una sentenza di condanna passata in giudicato, il competente Ministero procede alla cancellazione dall’Albo del soggetto condannato.
I provvedimenti di sospensione adottati nelle
ipotesi descritte ai precedenti nn. 1) e 2), perdono efficacia nel caso in cui venga emessa
sentenza, anche non definitiva, di non luogo a
procedere, di proscioglimento, di assoluzione
o nel caso di provvedimento di revoca della
misura di prevenzione, nonché in caso di sentenza di annullamento della precedente condanna, ancorché con rinvio.
In tali ipotesi resta ferma la possibilità per il
Ministero competente, di disporre un provvedimento di sospensione cautelare.
1760 - speciale giustizia
SENTENZA GIUDICE DI PACE DI MESTRE 354/99
Difformità tra le previsioni del
contratto di viaggio e struttura
alberghiera di recepimento.
Risarcimento del danno e legittimazione ad agire.
La fattispecie
Il sig. *** stipulava nel luglio del 1997, tramite
sua moglie (che sottoscrisse l’atto), un contratto
di viaggio presso l’agenzia *** di Mestre, avente ad
oggetto un soggiorno a Rodi di due settimane alle
condizioni prescritte nel catalogo del Tour Operator Going spa, viaggio per quattro persone per
l’importo totale di £. 10.095.000. Tale importo venne integralmente versato dal sig. ***.
La sistemazione in albergo, così come previsto
dal catalogo e dal contratto sottoscritto, sarebbe
dovuta avvenire tramite due stanze doppie comunicanti, avendo altresì avuto il sig. ***, assicu-
razioni da parte della Going Viaggi che le stanze
assegnate alla sua famiglia erano due doppie comunicanti.
Contrariamente a quanto previsto nel catalogo, al suo arrivo a Rodi il sig. *** ed i suoi familiari
si videro assegnare una stanza doppia per quattro persone (!), in cui il terzo letto era posizionato
su un soppalco ricavato, ed il quarto letto era non
solo di piccole dimensioni, ma era altresì posto a
fianco del letto matrimoniale.
Alle immediate rimostranze dell’attore, gli addetti del villaggio di ricezione sistemarono il sig.
*** e la sua famiglia in due stanze doppie, ma solo
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per la prima settimana di soggiorno in quanto,
per mancanza di disponibilità di camere, per la
seconda settimana la sistemazione sarebbe stata
quella originariamente loro attribuita.
A ciò si aggiunga che i responsabili del villaggio
rappresentavano immediatamente al sig. *** che
il prezzo della prima settimana sarebbe stato
superiore a quello originariamente pattuito, e
precisamente pari a £.1.000.000, il cui pagamento
fu però impedito dalla circostanza che nel villaggio non veniva accettato il pagamento con carte
di credito. Tale importo fu successivamente pagato dalla Going spa.
A causa di tali gravi disagi subiti nel corso della
vacanza, il sig. *** riteneva di convenire in giudizio
innanzi al giudice di pace di Mestre il Tour Operator Going spa, al fine di essere ristorato dei danni
subiti, a causa della vacanza rovinata.
Si costituiva in giudizio la Going spa contestando integralmente le affermazioni e richieste
attoree, deducendo che il contratto sottoscritto
dal sig. *** per il tramite di sua moglie, indicava
chiaramente che il tipo di sistemazione richiesto
dall’attore consisteva in una camera quadrupla,
ed il prezzo pagato rispondeva effettivamente a
tale previsione.
La convenuta eccepiva altresì carenza di legittimazione attiva del sig. ***, in quanto il contratto
era stato sottoscritto dalla di lui moglie.
La decisione
Dalle risultanze istruttorie e dai documenti
depositati dalle parti in giudizio, risultava che il
prezziario della Going non faceva alcun riferimento ad una stanza quadrupla con l’aggiunta
di letto bensì ad una camera doppia, prevedendo il catalogo unicamente una riduzione di
prezzo per il terzo e quarto letto in camere
comunicanti.
Il Giudice adito riscontrava quindi che chiaramente la sistemazione riservata alla famiglia *** fu
totalmente diversa da quella ipotizzata in contratto e nel catalogo viaggi in quanto avvenuta in
una camera quadrupla, e più precisamente in una
stanza doppia con l’aggiunta di due letti, mentre
nel catalogo Going spa non vi era alcun riferimento all’esistenza di alcuna camera quadrupla.
La situazione in cui si venne a trovare la famiglia
dell’attore risultò quindi gravemente pregiudizievole, anche per le modalità (prolungate discussioni
e litigi) con cui il sig. *** riuscì, in loco, ad ottenere
una nuova e diversa sistemazione unicamente per
la prima settimana. L’inesistenza della previsione di
una sistemazione in camere quadruple veniva confermata altresì da una telefonata alla Going spa
effettuata dalla titolare dell’agenzia di viaggio alla
presenza della moglie del sig. ***, in occasione della
quale l’impiegato Going confermò che la sistemazione era quella di due stanze comunicanti e non
quella effettivamente riservata alla famiglia *** al
momento dell’arrivo a Rodi.
Né il giudice adito riteneva di dover dare alcun
rilievo al “foglio notizie” (ovvero un promemoria
interno alla società, contenente taluni caratteri
del viaggio, ma solo a fini di organizzazione interna), non rivestendo alcun carattere obbligatorio
per l’attore (non essendo stato da lui mai sottoscritto), ed in ogni caso di emissione successiva
alla stipula del contratto di viaggio.
Il Giudice di Pace riconosceva quindi il diritto al
risarcimento del danno patrimoniale subito a favore dell’attore, a causa del soggiorno in una sola
stanza per una settimana, dichiarando quindi l’inadempimento del Tour Operator al contratto sottoscritto, risarcimento equitativamente determinato nella somma di £.1.050.000, pari alla somma
pro quota, pagata per la seconda settimana.
Riteneva altresì di riconoscere anche il risarcimento non patrimoniale “da vacanza rovinata”,
equitativamente determinato in £.1.500.000, a causa della pessima sistemazione ricevuta e per le
discussioni sorte in loco, vicende che hanno impedito di godere nel miglior modo possibile il
periodo di riposo previsto.
Il giudice decideva anche sull’eccezione di carenza di legittimazione attiva del sig.***, attore
nella controversia, ad agire anche in nome della di
lui moglie, firmataria in proprio del contratto, e
dei figli minorenni (nell’atto introduttivo del giudizio non si dichiarava espressamente di agire
anche per essi!) affermando che, essendo l’attore
costituito l’unico legittimato ad agire, il risarcimento del danno doveva essere limitato alla quota di sua competenza.
NOTE DI COMMENTO
La sentenza in epigrafe affronta l’attualissimo
problema del c.d. “risarcimento danni da vacanza
rovinata”, la cui disciplina risulta dal testo del D.lgs
17 marzo 1995 n°111, emanato in attuazione della
direttiva n. 90/314/CEE, concernente i viaggi e le
vacanze tutto compreso.
Come si può chiaramente rilevare dalla fattispecie suesposta, l’oggetto della controversia è
consistito in una “non coincidenza” tra il contenuto delle clausole contrattuali, l’opuscolo informativo del Tuor Operator e le effettive caratteristiche del soggiorno riscontrate dall’attore. Da
tale difformità scaturisce chiaramente la domanda attorea concernente la richiesta di risarcimento dei danni, patrimoniali e non, subiti in conseguenza dell’inadempimento contrattuale del Tour
Operator.
Rileviamo che in base alla nuova normativa,
l’opuscolo informativo assume un ruolo maggiormente vincolante nei confronti dell’imprenditore turistico (art. 9, comma II), non potendo più
essere considerato semplice foglio illustrativo,
ma reale contenuto dell’accordo. Questa è la ragione per cui le caratteristiche degli aspetti essenziali delle prestazioni oggetto di contratto
devono essere esposti in modo chiaro e preciso:
l’utente tramite il depliant deve essere posto in
condizione di conoscere effettivamente, esattamente e da subito, tutti gli aspetti essenziali delle
prestazioni.
Inquadrando la controversia de quo in un più
ampio discorso a tutela del consumatore, e
soffermandoci brevemente sugli elementi del
contratto di vendita contenuti nell’art. 7,
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evidenziamo alcune clausole a diretta ed immediata tutela del consumatore-viaggiatore.
Alla lettera b) del citato articolo, viene previsto
tra gli elementi, il numero telefonico dell’organizzatore e del venditore e le relative autorizzazioni
all’esercizio commerciale di chi sottoscrive il contratto: la rilevanza di un tale elemento, a prima
vista di scarsa importanza, si apprezza in tutti i
casi in cui il turista arrivi in un paese straniero e, a
causa di un qualsiasi contrattempo, non trovi
nessun incaricato all’aeroporto, o nel caso in cui
giunto all’albergo non trovi alcuna prenotazione
a proprio nome, trovandosi così in una condizione di panico.
Ulteriore previsione di notevole importanza
risulta quella contenuta nella lettera c) dell’art. 7:
si prevede infatti che all’interno del contratto
debbano risultare, oltre alle spese di vendita del
pacchetto (e nella fattispecie in esame, ricordiamo che dal contratto risultava un prezzo “proporzionato” alla prenotazione di due camere doppie
comunicanti), gli altri oneri posti a carico del
viaggiatore.
Ulteriore vantaggio per il turista è rappresentato dalla previsione relativa alla sistemazione in albergo (lett. h)), che spesso ha comportato il ricorso del viaggiatore alla tutela
giudiziaria: tuttavia, dalla proposta della Commissione che richiedeva l’indicazione dell’indirizzo dell’albergo, si è passati, sia nella direttiva
che nel decreto di attuazione, alla mera indicazione dell’ubicazione.
Nella stesso ottica di trasparenza contrattuale
si muove la clausola relativa agli spostamenti
escursionistici dal luogo ove è stato fissato il
soggiorno: infatti, una più dettagliata esposizione dell’itinerario è sicuramente utile a risolvere i
conflitti che spesso sorgono nel caso in cui, all’indomani della partenza, vengano fatte variazioni
che alterino sostanzialmente il programma, andando ad incidere direttamente sul rapporto contrattuale. Ovviamente dovrà trattarsi di notevoli
ed importanti modificazioni di percorso, come
nel caso di soppressione di scali nelle crociere o di
escursioni programmate.
A differenza di quanto affermato da parte convenuta (cfr. ut supra) il Giudice di Pace, con giusto
ragionamento logico-giuridico, ha ritenuto vincolanti tra le parti sia il contratto sottoscritto sia
l’opuscolo informativo sottoposto all’attenzione
dei clienti al momento della stipula del contratto,
non attribuendo (in virtù del principio di buona
fede contrattuale ed affidamento dei terzi) alcun
rilievo al contenuto del c.d. “foglio notizie” depositato da parte convenuta, atto essenzialmente
interno all’organizzazione del T.O. nei rapporti
con l’agenzia di viaggio e con le strutture alberghiere, mai sottoposto all’attenzione dell’attore,
né da questo sottoscritto per accettazione.
A conferma della decisione accolta dal giudicante, si rileva quanto segue: ove intervengano,
dopo la partenza, modifiche alle previsioni contrattuali ed alle caratteristiche del viaggio prenotato, l’organizzatore, nel caso in cui una parte
essenziale dei servizi previsti non possa essere
adempiuta, dovrà predisporre adeguate soluzioni alternative, senza alcun limite all’adozione delle stesse.
Ricordiamo altresì, che a specifica tutela del
consumatore si prevede, salvo il diritto al risarcimento dei danni ulteriori, da un lato il diritto
del viaggiatore ad essere rimborsato della differenza tra le prestazioni previste e quelle effettivamente svolte, dall’altro ove non sia possibile alcuna soluzione alternativa, ovvero il
consumatore non la accetti per giustificati
motivi, il diritto del consumatore ad essere
fornito di un mezzo di trasporto equivalente,
per il ritorno al luogo di partenza o ad altro
luogo convenuto.
Brevemente sui punti testé esposti, si sottolinea che l’essenzialità delle modifiche dovrà essere valutata in termini rigorosamente oggettivi,
in relazione alla gravità dell’inadempimento; ulteriormente precisando tali previsioni, si noti
che il legislatore ha introdotto il concetto di
“trasporto equivalente”, locuzione da interpretarsi in relazione alla concreta realtà del momento e del tipo di mezzo utilizzato: se si tratterà di
trasporto aereo, ci si riferirà al tipo di volo e di
aeromobile, ritenendo rilevante se nel caso si
trattava di volo charter o di linea.
Le norme dagli artt. 14 a 18 del D.lgs 111/95
disciplinano espressamente la responsabilità
degli operatori turistici, prevedendo in caso di
mancato o inesatto adempimento delle obbligazioni assunte dall’organizzatore e dal venditore (cfr. ut supra la fattispecie di causa), il
risarcimento dei danni a favore del viaggiatore
secondo le loro rispettive responsabilità, se
non provano che l’impossibilità delle prestazioni deriva da causa a loro non imputabile: nel
caso in cui si avvalessero della collaborazione
di terzi per l’esecuzione delle prestazioni contrattuali, saranno comunque tenuti al risarcimento del danno subito dal consumatore, salvo il diritto di rivalsa nei confronti di costoro.
Ultimo punto da analizzare riguarda l’eccezione di carenza di legittimazione attiva del sig.
***, attore procedente, eccezione sollevata da
parte convenuta, in relazione alla richiesta di
risarcimento danni anche in favore della di lui
moglie e dei figli minori.
Sul punto si devono condividere le motivazioni contenute nella sentenza de quo, ove si limita
la pretesa risarcitoria unicamente alla quota-parte spettante al sig. *** attore costituito.
Infatti risulta chiaramente dai fatti di causa
che non il sig. *** era stato il firmatario del
contratto, ma la di lui moglie sigr.ra ***: da ciò
si evince che, in base al principio contenuto
nell’art. 81 c.p.c., secondo cui nessuno può far
valere nel processo un diritto altrui in nome
proprio fuori dei casi previsti dalla legge
(legittimatio ad causam) la sig.ra *** avrebbe
dovuto promuovere il giudizio congiuntamente al sig. ***, suo marito; nè nell’atto introduttivo
del giudizio vi era alcun riferimento all’esercizio dell’azione in nome e per conto dei figli
minori.
Giustamente, il giudicante ha dichiarato
inammissibile la domanda, nella parte in cui
l’attore, chiedeva il risarcimento dei danni subiti anche per la consorte e per i figli minori.
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Avv. Cristiano Iurilli
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1761 - speciale giustizia
AUTORITÀ GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
Provvedimenti del 25
febbraio e del 2 marzo 2000
i dati trattati in tema di solvibilità e di stato
di insolvenza di un’impresa rientrano nella nozione
di dati relativi allo svolgimento di attività economiche
provvedimenti del 25 febbraio e del 2 marzo
2000 dell’Autorità Garante per la protezione
dei dati personali vanno esaminati congiuntamente: infatti entrambi attengono alla
problematica dell’individuazione dei dati relativi allo svolgimento di attività economiche che
possono essere comunicati a terzi senza il consenso dell’interessato.
Con riferimento alle pronunce succitate,
l’aspetto più interessante da segnalare ci sembra
essere il progressivo affermarsi di un orientamento – che, come sottolineato dallo stesso Garante, va ormai consolidandosi - secondo cui le
informazioni relative alla solvibilità o allo stato di
insolvenza di un’impresa (oppure ai crediti o ai
debiti riferiti a quest’ultima), rientrano nella nozione di dati relativi allo svolgimento di attività
economiche, la cui utilizzazione e comunicazione
ad uno o più soggetti diversi dall’interessato, può
avvenire anche senza il consenso di quest’ultimo
(ai sensi degli artt.12, comma 1, lett. f) e 20, comma
1, lett. e) della legge n. 675/ 1996).
Se però tale impostazione non determina particolari problemi applicativi in relazione alla fattispecie che ha dato origine al provvedimento del
25 febbraio, meno condivisibile risulta - ad avviso
di chi scrive - l’applicazione del principio in esame
all’ipotesi di divulgazione di dati inerenti le condizioni finanziarie di un’impresa (persona fisica o
persona giuridica) o di un libero professionista.
Nel primo caso infatti la società ricorrente
lamentava l’avvenuta segnalazione - da parte dell’ente creditizio soggetto attivo del rapporto alla centrale dei rischi gestita dalla Banca d’Italia,
di un credito in sofferenza (successivamente sanata con un accordo transattivo tra le parti). Poiché tale segnalazione è obbligatoria per legge (in
base agli artt. 53, 1° co., lett. b); 67, 1° co., lett. b) e
107, 2° co. del testo unico n. 385 del 1993 e a varie
deliberazioni del C.I.C.R.), in casi come questo si
rende superflua per gli istituti di credito l’acquisizione del preventivo consenso dell’interessato;
inoltre lo stesso Garante per la privacy aveva già
dichiarato inammissibile un ricorso che aveva per
oggetto la richiesta di ottenere la cancellazione di
tali dati dalla centrale rischi della Banca d’Italia (v.
provv. del 9 gennaio 1999).
Per completezza d’informazione occorre anche richiamare l’attenzione sulla crescente
I
profilerazione registrata in questi anni, di “centrali
rischi” realizzate da soggetti non istituzionali, soprattutto per le attività di credito al consumo. In
casi come questi infatti l’Autorità subordina la liceità
della comunicazione dei dati personali inerenti ai
finanziamenti richiesti dagli interessati a sistemi di
rilevazione del rischio creditizio gestiti da privati,
alla necessaria manifestazione del consenso informato mediante sottoscrizione di apposita clausola
da inserire nei relativi contratti (v. Relazione per il
1999 sull’attività svolta e sullo stato di attuazione
della legge n.675/1996 dell’Aut. Gar. per la protez.
dei dati personali; 2.6.3, pgg. 51 ss.). Non si ricade
infatti nell’ambito di applicazione dell’art. 27 l. n.
675, che consente la comunicazione e la diffusione
di dati personali senza il consenso dell’interessato
qualora il destinatario sia un soggetto pubblico
(non economico) e i dati siano necessari allo svolgimento delle funzioni istituzionali di quest’ultimo.
La vicenda da cui originava il secondo provvedimento in esame invece può essere riassunta in
questi termini: il titolare del trattamento, tramite
il proprio avvocato, comunicava ad un terzo - una
società statunitense - dati inerenti alla precaria
situazione economica (nei quali si evidenziava in
particolare uno stato di insolvenza) della società
ricorrente, creditrice nei confronti della società
terza del saldo di una fornitura di merci, diffidandola dall’eseguire il pagamento in questione ed
invitandola a soddisfare prima il proprio assisitito
(che sarebbe stato, a sua volta, creditore di una
certa somma nei confronti della società cui i dati
personali si riferivano).
Detto ricorso, con il quale la società presunta
inadempiente si opponeva al trattamento e alla
diffusione di propri dati personali (lamentando
anche la loro non veridicità), è stato ritenuto
infondato dall’Authority per la protezione dei dati
personali: ad avviso di detto Garante infatti, anche
le informazioni relative alla situazione finanziaria
di un’impresa (anche individuale) o di un libero
professionista, vanno ricomprese nel novero di
quei dati relativi lo svolgimento di attività economiche per il cui trattamento o per la cui comunicazione (che avvengano nel rispetto della normativa relativa il segreto aziendale e industriale) il
titolare è esonerato – ai sensi degli artt.12, comma
1, lett. f) e 20, comma 1, lett. e) cit. – dall’acquisizione del preventivo consenso dell’interessato.
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Tale interpretazione del disposto dei due articoli succitati - in applicazione della quale è stato
ritenuto legittimo il comportamento del titolare
del trattamento dei dati nel caso de quo - appare
però eccessivamente estensiva. Infatti come riportato dallo stesso Garante (nel parere reso all’Autorità garante della concorrenza e del mercato il 16 febbraio 1999) l’iter parlamentare della
legge 675 evidenzia che le motivazioni dell’esimente dal consenso di cui agli artt.12, comma 1,
lett. f) e 20, comma 1, lett. e) cit., vanno rinvenute
nella necessità di “bilanciare” l’inclusione delle
persone giuridiche nell’ambito di applicazione
della legge e di non frapporre ostacoli alla raccolta ed al trattamento dei dati abitualmente utilizzati nelle prassi aziendali, che spesso contengono
giudizi o valutazioni anche parziali sulle attività
economiche di altri soggetti.
Viceversa deve ritenersi che il legislatore abbia
inteso assoggettare alla disciplina del consenso
informato quelle prassi aziendali che consistono
nella comunicazione di tali giudizi o di tali valutazioni a destinatari diversi dall’interessato, determinati o - a maggior ragione – indeterminati (c.d.
diffusione); assai più pregiudizievole per l’interessato può risultare infatti la divulgazione di tali
dati rispetto al loro semplice trattamento1.
Quindi va dato atto al Garante della privacy di
essersi sforzato di limitare il più possibile le ipotesi in cui i dati personali possono essere comunicati e diffusi perché concernenti lo svolgimento di
attività economiche, restringendo la portata dell’espressione utilizzata negli artt.12, comma 1,
lett. f) e 20, comma 1, lett. e) cit. - e quindi
l’equipollenza del suddetto presupposto al consenso - ai soli casi di attività svolte dall’interessato
nell’esercizio delle proprie attività professionali o
comunque produttive. Questo nel timore che
un’interpretazione che si riferisca al dato economico “tout court” (e quindi, ad es., anche all’informazione personale a sfondo economico che riguardi attività puramente domestiche o familiari
di una persona) possa condurre all’aggiramento
di molte disposizioni della disciplina in materia di
tutela dei dati personali (v. ancora parere del 16
febbraio 1999, cit.).
Tuttavia sembra che nel caso in oggetto la
tutela accordata al titolare del trattamento sia
stata eccessiva e sproporzionata rispetto al diritto alla tutela dei dati personali del ricorrente; si
auspica quindi che il Garante per la privacy
riconsideri il proprio orientamento in casi analoghi a quello passato in rassegna.
Avv. Stefano Cascino
1
l’interpretazione che si va delineando è anche in contrasto con la ratio cui s’è ispirata l’Autorità nel
dichiarare lecita la comunicazione alle centrali rischi private dei dati personali inerenti a finanziamenti
richiesti dagli interessati, purchè autorizzata per iscritto dall’affidato: v. i provvedimenti del 9 gennaio
e del 29 settembre 1999.
1762 - speciale giustizia
AUTORITÀ GARANTE PER LA PROTEZIONE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO
Pubblicità ingannevole
e comparativa: le ultime
pronunce dell'Autorità
PROMOZIONE TELEVISIVA PRODOTTI ALIMENTARI
Provvedimento n. 8821 del 25.10.2000
La vicenda: a seguito di richiesta di intervento
da parte di un consumatore, veniva segnalata la
presunta ingannevolezza di un messaggio pubblicitario diffuso sull’emittente televisiva
Teletutto, volto a promuovere il prodotto
“Yougurgelato”. Nella richiesta di intervento si
lamentava la presunta ingannevolezza del messaggio con riguardo all’affermazione che il prodotto sarebbe “il più venduto in Italia”.
Nel messaggio pubblicitario infatti comparivano due vaschette, una di gelato ed una di yogurt,
che successivamente si sovrapponevano dando
vita alla vaschetta su cui compariva la scritta
“Yougurgelato”.
Una voce fuori campo, illustrando il prodotto,
affermava che lo yogurt, dal gusto inconfondibile,
era ricco di fermenti lattici vivi, e che a questo si
aggiungeva il gelato, fresco e gustoso; nel frattempo comparivano le scritte “nutriente, sano e
leggero”, ed ancora “il gelato di yogurt che ha i
fermenti lattici vivi”.
Lo spot si concludeva affermando appunto
che era il più venduto in Italia, con la precisazione
che il prodotto era messo in commercio dalla
Centrale del latte di Brescia.
Le risultanze istruttorie: la Centrale del latte di
Brescia, a seguito di comunicazione di inizio del
procedimento, rilevava nei suoi scritti difensivi,
che l’affermazione “il più venduto in Italia” doveva
essere analizzata considerando quanto detto precedentemente nello spot, in cui si asseriva la natura
esclusiva di yogurt di gelato, prodotto senza eguali
sul mercato. Si sosteneva che seppure fossero
numerose le imprese che producevano e
commercializzavano gelato allo yogurt, si doveva
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distinguere tra “gelati di yogurt” e “gelati allo
yogurt”: il prodotto in esame doveva essere definito come “gelato di yogurt”, in virtù delle macchine
usate, della miscela e dei metodi di lavorazione.
Da ciò, la Centrale deduceva che il mercato da
prendere in considerazione era quello dei “gelati
di yogurt”, escludendo quindi oltre i gelati tradizionali, anche i gelati allo yogurt.
La Centrale, sulla base della determinazione
dei punti vendita del prodotto, presentava una
stima di incidenza sul mercato pari a circa il 40%
del mercato nazionale.
Il provvedimento dell’Autorità: si deve subito
precisare che, stante la diffusione televisiva del
messaggio, è stato richiesto il parere dell’Autorità
per la Garanzia nelle comunicazioni che, dalle
risultanze istruttorie, ha desunto come i dati forniti dall’operatore pubblicitario, fossero supportati
da dati oggettivi, da cui si ricavava che la Centrale
del latte di Brescia deteneva una quota di maggioranza relativa del mercato di riferimento.
Da quanto sopra esposto, anche alla luce delle
valutazioni espresse dall’Autorità garante nelle
comunicazioni, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, ha ritenuto il messaggio
pubblicitario in esame, non costituente un’ipotesi di pubblicità ingannevole.
PUBBLICITA’ INGANNEVOLE ED INTERNET
Provvedimento n. 8823 del 25.10.2000
La vicenda: con richiesta di intervento da parte di un concorrente, in data 18.4.2000 si segnalava
la presunta ingannevolezza di un messaggio diffuso dalla società Portnet Italia nel sito Internet
all’indirizzo www. Portnet.it, con riferimento alla
sezione relativa al porto di Taranto, ove erano
descritte alcune informazioni e gli indirizzi di
alcune agenzie marittime.
Si deve premettere che Portnet è una rete
telematica interportuale gestita dal consorzio
Portnet Italia, estesa ad alcuni porti italiani, tra cui
Taranto. Tramite questa rete è possibile consultare una serie di informazioni sullo stato operativo
dei porti, sulle strutture, sulle previsioni di partenza ed arrivo delle navi, sui servizi offerti.
Il dubbio sulla presunta ingannevolezza del
messaggio pubblicitario trasmesso via Internet
riguardava la pagina dedicata al porto di Taranto,
e nella specie, la sezione relativa alle agenzie
marittime in esso operanti. Si lamentava infatti
che il messaggio lasciava intendere, in base all’affermazione “gli indirizzi ed i numeri di telefono di
tutte le ditte che formano l’indotto”, che l’elenco
delle agenzie marittime contenuto nel messaggio fosse completo, mentre in realtà non comprendeva nominativi ed indirizzi di altre agenzie,
anch’esse operanti nel porto di Taranto.
Nella richiesta di intervento si evidenziava anche la non riconoscibilità del messaggio come
pubblicitario, in quanto all’apparenza sembrava
avere finalità informative, mentre nella realtà aveva finalità di promozione dell’attività delle agenzie marittime indicate nel messaggio.
Le risultanze istruttorie: all’avvio del procedimento, l’Autorità Garante della Concorrenza e del
Mercato richiedeva all’operatore pubblicitario se
l’inserimento solo di alcune agenzie fosse stato
frutto di un’autonoma iniziativa della Portnet Italia, o se invece fosse stato frutto di accordi intercorsi tra la stessa Portnet e le agenzie di cui sopra.
La Portnet Italia, dopo aver spiegato la natura
della propria attività, finalizzata a creare un più
efficiente servizio marittimo, si difendeva affermando che nell’elaborazione delle informazioni
necessarie al raggiungimento del proprio scopo,
era praticamente impossibile immaginare di poter redigere un elenco di imprese operanti nel
settore marittimo tale da poterlo considerare
esaustivo: a maggior ragione, la parte relativa alle
ditte operanti nel porto non poteva essere
esaustiva, stante l’ampiezza della materia.
Il provvedimento dell’Autorità: si deve anche
in tal sede premettere che, poiché il messaggio in
oggetto risultava essere stato diffuso tramite
Internet, è stato richiesto il parere dell’Autorità
per le Garanzie nelle comunicazioni, che ha ritenuto il messaggio pubblicitario costituente una
fattispecie di pubblicità ingannevole, in quanto:
a) la parte del sito contenente l’elenco delle agenzie marittime doveva considerarsi come messaggio pubblicitario diffuso allo scopo di promuovere la prestazione di servizi offerti dalle
ditte in esso contenute;
b) la stessa Portnet Italia riconosceva che nel sito
Internet vi erano inserite informazioni a titolo
gratuito in cui erano presenti solo le ragioni
sociali delle imprese del settore, mentre nel
caso del porto di Taranto, erano compresi gli
indirizzi, i numeri di telefono ed il logo di ogni
impresa: da ciò si deduceva che tale inserimento non fosse avvenuto gratuitamente, ma
a pagamento;
c) il messaggio pubblicitario si presentava come
semplice informazione oggettiva, senza alcuna connotazione promozionale (come effettivamente invece risultava), potendo quindi trarre in inganno il consumatore circa la sua reale
natura pubblicitaria;
d) Il messaggio risulta altresì ingannevole sotto il
profilo della mancata informazione circa la
non esaustività delle informazioni contenute,
e traendo così in inganno i suoi destinatari in
ordine alle imprese effettivamente presenti
nel porto di Taranto.
Conformemente a quanto ritenuto dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, l’Autorità Garante delle Concorrenza e del Mercato ritenendo che il messaggio della Portnet Italia fosse
idoneo ad indurre in errore i destinatari del servizio, con contestuale pregiudizio economico per i
concorrenti, ne ha vietato l’ulteriore diffusione.
PUBBLICITA’ PRODOTTI ALIMENTARI
Provvedimento n. 8884 del 9.11.2000
La vicenda: con richiesta di intervento del
6.7.2000 la Confartigianato, in qualità di associazione di concorrenti, segnalava la presunta ingannevolezza dei messaggi riportati nelle confezioni
di tre diverse paste artigianali, prodotte e distribuite con i marchi: Dalla Costa, Rustica e Pastificio
San Rocco.
Si lamentava che sulle suddette confezioni,
attraverso la dizione “lavorazione artigianale” e
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“specialità artigiane”, il messaggio lasciava intendere che i prodotti fossero realizzati tramite processi produttivi artigianali, mentre, al contrario,
avrebbero avuto caratteri e metodi produttivi di
tipo industriale, anche sotto il profilo della preparazione in serie.
Le risultanze istruttorie: i resistenti, a seguito
di comunicazione di inizio del procedimento, rilevavano che la produzione di paste alimentari deve
necessariamente avvenire in serie, in quanto la
pasta non può esistere come pezzo singolo, ma
come molteplicità di pezzi. Da ciò si deduceva che
le modalità di produzione in serie del prodotto
non potevano costituire discrimine tra produzione artigianale ed industriale, in quanto gli elementi probanti la natura artigianale o industriale,
dovevano essere ricercati piuttosto nel sistema
di produzione, nei volumi produttivi, ovvero nella
disponibilità dell’azienda a produrre più formati e
specialità, anche se in volumi ridotti.
I resistenti procedevano poi ad illustrare le
loro aziende, al fine di dimostrarne il loro carattere artigianale e familiare, i processi produttivi non
industriali, i quantitativi ridotti di prodotto posto
sul mercato, il numero limitato di dipendenti.
Il provvedimento dell’Autorità: investita della
controversia, l’AGCM rilevava preliminarmente
come il vanto di artigianalità di un prodotto prescinda dalla qualificazione normativa dell’impresa produttrice, ai sensi della legge 443/1985, in
quanto la valutazione del messaggio pubblicitario deve dipendere esclusivamente dall’incidenza
e dalla valorizzazione dell’apporto umano al ciclo
produttivo, eventualmente legato all’utilizzo di
metodi ed utensili tradizionali.
Dalle risultanze istruttorie, emergeva che tutte le società resistenti realizzavano la propria
produzione attraverso procedure diversificate e
caratterizzate dalla significatività dell’apporto
umano.
Le fasi di lavorazione risultavano infatti effettuate manualmente, e/o sotto il controllo diretto
del personale addetto, con un limitato apporto di
procedure automatizzate, necessarie nei casi di
produzione industriale in serie. Risultava significativa anche la modesta quantità di pasta prodotta,
rispetto ai quantitativi di produzioni industriali.
Da quanto esposto, l’AGCM riteneva che tali
messaggi pubblicitari non costituissero pubblicità ingannevole.
Avv. Cristiano Iurilli
sommario:
SPECIALE A CURA DEL CENTRO GIURIDICO ADICONSUM
Responsabile nazionale: Paola Moreschini
Coordinatori nazionali: Alessandro Palmigiano e Anna Campisi
Collaboratori: Stefano Cascino, Cristina Castiello,
Domenico Formichelli, Cristiano Iurilli, Antonella Scano
1759 - speciale giustizia
Scheda riassuntiva del d.p.r. n. 287 del 28 luglio 2000
1760 - speciale giustizia
Sentenza Giudice di pace di Mestre 354/99
Difformità tra le previsioni del contratto di viaggio e struttura
alberghiera di recepimento-Risarcimento del danno e legittimazione ad agire
1761 - speciale giustizia
Autorità garante per la protezione dei dati personali
Provvedimenti del 25 febbraio e del 2 marzo 2000
i dati trattati in tema di solvibilità e di stato di insolvenza di un’impresa
rientrano nella nozione di dati relativi allo svolgimento di attività economiche
1762 - speciale giustizia
Autorità garante per la protezione della concorrenza
e del mercato - Pubblicità ingannevole e comparativa:
le ultime pronunce dell'Autorità
Direttore: Paolo Landi • Direttore Responsabile: Francesco Casula • Redazione ed Amministrazione: Adiconsum, Via Lancisi 25
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140.000 • Versamento: su c.c. postale n. 64675002 • Stampato in proprio
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