Educazione alla legalità, riutilizzo a fini sociali dei beni confiscati ai mafiosi. Piazza delle Vettovaglie Pisa. Anno X - N 8 - novembre 2014 Mensile politico civile dei Comitati pisani nella “Città dei Diritti” A sso cia zio ne per la Sa lva guardi a e la Val orizza zion e de lla città di Pis a http://tinyurl.com/luci-sulla-citta di Eugene J. Burkhart avvocato statunitense - Nota Introduttiva di Paolo Arduini Abbiamo messo come editoriale di questo LUCI dedicato alla scuola, cultura, educazione, il saggio di un avvocato statunitense che ha imparato mano mano a "imparare" Ivan Illich (Vienna, 4 settembre 1926 – Brema, 2 dicembre 2002 - è stato uno scrittore, storico, pedagogista e filosofo austriaco) un maestro vero e cattivo, ma maestro, che chiede di cambiare il mondo ripensandolo (un po' quello che chiede qui sotto Agostino d'Ippona, come stile di vita)... IPSE DIXIT: La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Il primo di fronte a come vanno le cose, il secondo per cambiarle Agostino di Ippona (354-430) Vipera bastarda è chi legge Illich e non capisce perché così cattivo e buono insieme?!? LA TERRA INNAMORATA In questa mattina di piena primavera la terra mi appare felice e raggiante come fosse in attesa di un amante da Pensieri/oni/ucci/acci di F.P. classe 1933 un signor nessuno di origine campagnola risposi guardandolo e, malgrado non capissi una sola delle sue parole, cominciai a sentire che tutta la confusione mentale ed emotiva mi stava abbandonando in maniera inspiegabile. In quei brevi momenti vissi l’esperienza di guardare per la prima volta e in maniera intima e personale quell’uomo, Ivan Illich, e sentii che era qualcuno nel quale avrei voluto avere fiducia. Ma non avrei avuto una conversazione diretta con lui se non molti anni dopo. Quando arrivai al CIDOC avevo ventitré anni. Dovevo iniziare il corso di giurisprudenza nell’autunno ormai prossimo, e non sapevo dove questa decisione mi avrebbe portato. Come molti studenti nordamericani presenti al CIDOC, ero arrivato carico di fosche previsioni sul mio paese. Quello, per gli Stati Uniti, era un tempo di inquietudini e di agitazione sociale. Incombeva la guerra del Vietnam; stavano iniziando le sedute pubbliche del caso Watergate; in tutta l’America Latina si impadronivano del potere dittature militari favorite e soste- SANT’ANNA & NORMALE = “ECCELLENZA” E ‘VESTI SAREBBANO “I MÈGLIOOO”?!?!.. …E SI STA BENINO!!! • Era una mattina dell’estate del 1973. Illich dirigeva il suo seminario «I limiti della crescita» a Cuernavaca, in Messico. Era seduto su un muretto che circondava la veranda della Casa Blanca, una costruzione stile vecchia fattoria, nell’area di quel luogo di apprendimento chiamato Centro de Documentación Intercultural (CIDOC). (…) Dal mio arrivo al CIDOC erano trascorse alcune settimane, nelle quali avevo tentato di inquadrare quel personaggio tanto contestato. Come molti altri, lo consideravo realmente intelligente; il suo intelletto era formidabile e sconcertante come nessun altro; era anche molto carismatico. La sua figura e la sua vivacità erano notevoli… ma non era solo un uomo di idee. Quello che aveva fatto al CIDOC era molto diverso dalle istituzioni educative che avevo conosciuto fino ad allora. Praticamente non c’era una struttura amministrativa né un personale stipendiato; tantomeno si offrivano crediti formativi o diplomi accademici. Tuttavia regnava nell’aria una specie di devozione per l’apprendimento. Forse quel luogo somigliava più all’idea originaria di ciò che dovrebbe essere un’università che alle ambizioni delle sue controparti più convenzionali. Bene, tutto ciò andava molto bene, ma io continuavo a chiedermi quale importanza potesse rivestire per i poveri. Illich era realmente interessato ad essi? Cosa proponeva di fare a vantaggio di coloro che vivevano in condizioni disperate, o per quanti soffrivano l’oppressione dei regimi militari latinoamericani? Il CIDOC era qualcosa di più di un’oasi privilegiata? Dopo aver molto pensato e conversato con altri studenti nordamericani presenti in quel momento al CIDOC, mi sentivo sicuro delle mie idee. Quella mattina ero venuto al seminario con la conclusione cui ero arrivato nella nottata, e cioè che Illich era un commediante, un uomo avviluppato nella propria intelligenza, pericolosamente poco attento ai problemi sociali così acuti in quei giorni. (…) Mentre lo osservavo, la mia indignazione cresceva e si faceva più intensa ad ogni parola che usciva dalla sua bocca. Ad un certo punto accadde qualcosa di strano: all’improvviso Illich si voltò verso di me. Per poter guardare verso dove mi ero seduto dovette girarsi un bel po’, ma non potevo essere certo che mi avesse notato, dato che ero veramente alla periferia del suo campo visivo, e inoltre non mi conosceva. Forse aveva potuto percepire la mia irritazione? Continuò a parlare e per tutto il tempo mantenne lo sguardo rivolto verso di me, come se cercasse davvero di farmi comprendere ciò che stava dicendo. Io nute dal governo statunitense, mentre a cevuto una fetta più equa del prodotto Tutto questo mi appariva dirompente. livello nazionale le proteste si scontrava- dell’economia industriale. (…) Illich Cosa si doveva fare di fronte a questi no con la violenza ufficiale. (…) Avevo sfidava queste idee. Rivoluzionando il aforismi sorprendenti e scioccanti di Ildeciso di studiare legge per lavorare per dibattito politico, argomentava che è lich: le scuole rendono stupidi, le autola giustizia sociale. Ero venuto in Messico all’interno del modo di produzione in- mobili paralizzano, la medicina fa ammasoprattutto per imparare lo spagnolo (il dustriale che si trova in realtà la radice lare? Quando lo ascoltavo mi assaliva CIDOC era conosciuto come la miglior dei nostri mali. La crescita industriale spesso la sensazione di stare imparando scuola di lingue dell’America Latina). (…) non rende più liberi, anzi, condanna la un nuovo linguaggio e, assieme a queLì c’era un luogo confacente a molte delle gente a un nuovo tipo di schiavitù. Af- sto, una nuova maniera di pensare e mie inquietudini interiori, dove studiosi e fermava che una vita dipendente dai di guardare. E come accade quando si attivisti sociali di tutto il mondo si riu- servizi e dai beni prodotti in massa impara una nuova lingua, mi sentivo frunivano per discutere sulla politica, distruggeva le condizioni necessarie strato e insicuro circa la mia capacità di sull’economia e sul cambiamento so- per una buona vita. E se qualcuno co- impadronirmene pienamente. (…) ciale. (…) Per molti di noi al CIDOC (uni- minciava ad avvertire con preoccupazio- Tornando negli Stati Uniti iniziai i miei versitari di classe media e con una eleva- ne i rischi della sovrapproduzione di beni studi universitari e non ebbi occasione di ta sensibilità sociale) Illich non fu quello (lo spreco, l’inquinamento, la saturazione vedere Illich se non undici anni più tardi, che ci aspettavamo. Non parlava con le che essi creano), Illich era già andato più ma in tutto quel tempo mi ero dedicato a parole allora in voga nella politica radica- avanti criticando un tipo di merce immate- studiare seriamente tutto ciò che aveva le, usava poco i termini della lotta di clas- riale: i servizi. Quello che tutto il mondo scritto (…) Gli argomenti contenuti in se, come ad esempio oppressori e op- considerava un beneficio indiscutibile Descolarizzare la società acquistavano pressi, e tantomeno faceva riferimento (educazione, salute, sicurezza sociale) pieno significato, e la mia esperienza alla politica dei movimenti sociali. (…) Illich lo definiva dannoso e disabilitante. personale li confermava. (…). Non lusingava mai il nostro senso di suQuell’anno mi trasferii in periorità morale, né idealizzava romanticittà (sto continuando a lacamente quelli che, negli Stati Uniti, noi vorare in questa città e nelconsideravamo emarginati (affermava lo stesso studio). Avevo che i poveri, in Nord America, consumaletto Energia ed Equità e no molto più di quello che potrebbe soavevo chiaro che non degnare la maggior parte degli abitanti dei sideravo essere un pendopaesi del cosiddetto Terzo Mondo). (…) lare (commuter), ovvero un Prima di conoscere quella di Ivan Illich, la individuo vaivén, percorlinea di pensiero politico che mi era più rendo ogni giorno grandi familiare era basata su una premessa distanze da casa al luogo abbastanza comune: la giustizia sociale di lavoro. Sentivo anche il intesa come giustizia distributiva. La bisogno di sentirmi parte maggior parte dei problemi della sodella comunità nella quale cietà si sarebbero risolti quando i suoi Street art, Buenos Aires (fonte: graffitimundo.com). Alle biciclette lavoravo. (…) segmenti più impoveriti avrebbero ri- e alla storia della mobilità, Ivan Illich ha dedicato uno dei suoi libri Segue a pag. 3 più noti “Elogio della bicicletta” N. 8 - novembre 2014 luci sulla città di Antonio F. Gimigliano e Fernando Pisello http://tinyurl.com/luci-sulla-citta II PARTE Veduta aerea del parco di Cisanello Nel numero di settembre di Luci abbiamo relazionato sul “Per- corso partecipativo” finalizzato alla realizzazione del parco di Cisanello e abbiamo espresso le nostre perplessità per quel che appariva nella riunione del 7 luglio un percorso di … spreco di denaro pubblico. E queste perplessità dobbiamo, purtroppo, confermarle a seguito dell'incontro che si è tenuto, sempre in una sala di palazzo Gambacorti, il 12 novembre e che ha visto la partecipazione di una ventina di persone. L'assessore Dario Danti ha introdotto brevemente l'incontro precisando che la Regione Toscana ha stanziato 58mila euro per la realizzazione del progetto. Il dottor Luca Corchia (del Dipartimento di Scienze Politiche della nostra Università, incaricato di 'favorire e facilitare il percorso partecipativo') ha precisato che alla suddetta cifra sono da aggiungere 12mila euro stanziati dal Comune, dei quali 5mila sono stati già destinati all'Istituto Tecnico “Santoni”, il quale si è dichiarato disponibile a rendersi 'strumento tecnico' per i partecipanti al percorso al fine di 'concretizzare idee e progetti da essi proposti'. Un altro 'strumento tecnico' si configura nella disponibilità espressa, a titolo gratuito (così pare ...) dal gruppo del dottor Fabrizio Cinelli, docente di “Strutture verdi e Paesaggio” presso il Dipartimento di Ingegneria della nostra Università, presente all'incontro. Continuano a non esserci certezze sul futuro dell'ex convento: diventerà casa dello studente e mensa universitaria? Da più di un anno l'Azienda per il Diritto allo Studio Universitario e il Comune di Pisa sono in trattativa per la locazione dell'immobile di alto valore, non solo economico, ma soprattutto artistico e culturale. In questi 12 mesi, però, circa 1500 studenti e studentesse sono rimasti fuori dalla casa dello studente, seppur idonei, sprofondati così nell'attesa di un posto alloggio che si rivela sempre più lunga. Un altro anno accademico è iniziato, tuttavia la situazione non appare certo migliore. Le domande di borsa di studio aumentano, anche a causa di una crisi economica che non solo fa diminuire i redditi ma anche i diritti, visto che oggi ogni cosa sembra essere in vendita. Eppure all'orizzonte c'è un immobile di alto valore storicoculturale, che deve essere tutelato, valorizzato e reso fruibile, aspetti tanto cari alla nostra Costituzione e al codice dei BB.CC. L’eventualità che immobile sia reso in affitto a dei privati, o peggio ancora acquistato a titolo definitivo, potrebbe portare a conseguenze non edificanti. Quali tutele per i cicli pittorici e le architetture trecentesche? Siamo sicuri che i vincoli pendenti riuscirebbero ad arginare ulteriori scempi; tanto di moda al giorno d’oggi? La presenza del DSU, garantirebbe inoltre un accesso pubblico, permettendo alla collettività, pisana e non, di ammirare parte del patrimonio storico cittadino abbandonato da tanti, troppi anni. Un esito positivo della trattativa, con conseguente assegnazione all'ARDSU, vedrebbe non solo una nuova casa dello studente e una nuova mensa in un'area in estrema sofferenza, ma garantirebbe un accesso pubblico alla struttura, permettendo alla collettività, pisana e non, di poter ammirare parte del patrimonio storico cittadino abbandonato da tanti, troppi anni. Si è già percorsa la strada dei privati, e si è sempre dimostrata fallimentare, anche dal punto di vista della tutela storico-artistica. È evidente che in questo momento -in un momento in cui siamo di fronte ad un attacco generalizzato al sistema di welfare universale, attuato tramite una serie di provvedimenti che vanno a smantellare le tutele sindacali e Il dottor Corchia ha segnalato la necessità di prevedere due capitoli di spesa: 1) per una 'società di comunicazione' che curi i rapporti con la stampa (ed i media in generale) e la documentazione dello stesso processo partecipativo con strumenti sia cartacei che informatici (12mila euro); 2) per una 'sede' adeguata ad accogliere per 4/5 incontri 90 persone, il numero previsto dei partecipanti al percorso, con servizio di baby-sitting e catering (5mila euro). Nel capitolo 1) dovrebbe rientrare una spesa di circa mille euro per cartellonistica destinata al territorio del parco. In conclusione appare chiaro che dei 70mila euro complessivi (58 + 12) risultano 'delineate' spese per un totale di 22mila euro (5 + 12 + 5). Della destinazione dei rimanenti 48mila nulla è stato detto. Si è convenuto sull'opportunità di una visita/sopralluogo del territorio del parco e si è fissata la data: venerdì 21 novembre (ore 12:00, ingresso della Pubblica Assistenza di via Bargagna). Dal 1° dicembre dovrebbe essere operativa la 'stanza' assegnata al nostro percorso partecipativo nel portale “Open Toscana” della Regione. Ci piace concludere queste brevi note segnalando che molti dei presenti all'incontro hanno sottolineato la necessità di non intervenire sul 'terreno' in modo scriteriato e senza le opportune conoscenze/competenze tecniche e scientifiche. giuridiche dei lavoratori, ad ampliare la flessibilità lavorativa secondo un modello aziendalistico che privilegia il privato a svantaggio del pubblico, a distruggere la scuola, l'università e il diritto allo studio, con tagli economici più o meno lineari- è più forte che mai l'esigenza che il pubblico riprenda il suo ruolo di centralità decisionale e concretezza reale nel processo di incisione sulle vite dei cittadini; ed è, tanto più, necessario che gli enti pubblici si coordinino fra di loro, attraverso percorsi aperti e partecipati, con l'unico e il solo obiettivo di rendersi garanti dei diritti dei cittadini, venendosi incontro reciprocamente rispetto alle mutue esigenze: un modello virtuoso, che mette al centro le esigenze e le condizioni materiali delle persone e si pone come elemento di tutela nei confronti del tessuto sociale più debole e attaccato del Paese. Chiediamo quindi a questi Enti non solo di tutelare il bene in questione e i diritti fondamentali, ma anche di dare pratica concreta e corpo ai nostri principi costituzionali. Fossabanda deve andare agli studenti e alle studentesse: per la corretta interpretazione della funzione sociale della proprietà pubblica e della coesione fra gli enti pubblici stessi, per rispondere ad un bisogno reale di una fetta consistente della popolazione pisana, per ridare centralità ad un modello sociale che da troppo tempo viene smantellato e distrutto. Sinistra Per (noterella cattiva: stiamo ancora cercando di capire Per...cosa???) Pag. 2 di Antonio F. Gimigliano In questi nostri tempi grami, nella nostra società deindustrializzata ormai, nel mercato globale che vede noi italiani consumatori senza più soldi, fa piacere scovare qualche artigiano in una botteguccia ancora intento al suo lavoro. In via Napoli, a Pisa, ha sede la sartoria De Sanctis del signor Ugo. Amabile persona, abruzzese, classe 1935, nella nostra città dal 1958 per completare il servizio militare, nello stesso anno apriva la sua prima bottega in viale Giovanni Pisano. Allora centinaia erano i sarti in Pisa, ora è lui solo a difendere il 'mestiere'. Il signor Ugo, un vero artista nel taglio e nel cucito, è, altresì, valente e apprezzato musicista. Suona viola e violino ed è corista in varie e gloriose formazioni di Pisa e della sua provincia. L'arte sartoriale e la passione musicale a lui derivano, entrambe, dall'amorevole paterna scuola. Anche a Pisa promuoviamo la mobilitazione lanciata dall’Unione Inquilini contro il provvedimento del Ministro delle infrastrutture Lupi di procedere alla messa all’asta di un milione di case popolari .In questo modo il Governo avvia lo smantellamento completo della presenza di alloggi pubblici per lasciare libero spazio alla speculazione edilizia e al libero mercato, Costringendo gli assegnatari o a indebitarsi per l’acquisto di alloggi senza manutenzioni oppure alla precarietà abitativa visto che il loro alloggio sarebbe comprato da un privato, che se lo è aggiudicato al prezzo d’asta e di mercato. Il Governo dichiara una vera e propria guerra a tutte e tutti coloro che oggi non riescono a vedere garantito il diritto all’abitare e non tiene conto degli effetti sul milione di famiglie che vivono in case popolari e tantomeno delle 650.000 famiglie collocate nelle graduatorie comunali e alle 70.000 famiglie che ogni anno subiscono una sentenza di sfratto nel 90% dei casi per morosità . Anche a Pisa rilanciamo con forza la campagna nazionale per chiedere a Regioni e Comuni di rigettare il decreto e chiede in particolare alle Regioni di chiedere l’incostituzionalità della norma che ha generato il decreto. Abbiamo scelto così la giornata di oggi, anche da un punto di vista simbolico, per presentare l’esposto che verrà inviato alla Corte dei Conti per quanto concerne la “svendita” della Mattonaia, un edificio comunale realizzato con fondi per l’edilizia sociale e mai utilizzato, che l’amministrazione Filippeschi vuole portare a termine con l’imminente pubblicazione di un bando che prevede lo scambio di questo immobile per alcune opere pubbliche. La Mattonaia in questi decenni ha rappresentato a nostro avviso uno degli esempi più evidenti di cosa significhi “cattiva amministrazione”: alloggi pubblici e fondi a destinazione commerciale lasciati a deperire e all’abbandono, con conseguente perdita di valore. Una meravigliosa piazza pubblica nel centro storico interdetta agli abitanti del quartiere e non fruibile. Migliaia di euro spesi inutilmente per rendere inaccessibile questo spazio utilizzato e devastato dai piccioni. Riteniamo che sia venuto il momento di chiedere conto a chi in questi mesi ha permesso questo scempio e ora prova a svendere un patrimonio pubblico, ovvero di tutte le cittadine e i cittadini. Ribadiamo la nostra contrarietà al bando di vendita che l’amministrazione vuole pubblicare nelle prossime settimane, dopo continui rinvii, e ci auguriamo che questa nostra voce per un immediato riutilizzo a fini sociali e produttivi venga raccolto, senza proseguire per una strada che non segue l’interesse pubblico. Municipio dei Beni Comuni N. 8 - luci sulla città novembre 2014 http://tinyurl.com/luci-sulla-citta Pag. 3 da Il Tirreno del 25 ottobre 2014 Nel CdA del DSU del 29 settembre, sono stati approvati, con il voto contrario delle rappresentanze studentesche, tagli ai servizi essenziali (ristorazione, residenze, benefici), che si preannunciano come il primo momento di una manovra più complessiva di razionalizzazione che vedrà altri passaggi nei prossimi mesi. La situazione del Diritto allo Studio continua ad essere delle peggiori: dal piano nazionale, con la notizia dei 150 milioni di euro inseriti nella Legge di Stabilità, che andrebbero a diminuire ancora il finanziamento nazionale, e la recentissima notizia del fatto che, sempre nella Legge di Stabilità, si ridurrebbero così tanto le risorse economiche da erogare alle Regioni tramite il FIS (Fondo Integrativo Statale) da garantire una copertura, secondo le prime proiezioni, soltanto del 50% delle borse erogate fino ad oggi - solo 60 mila contro le 130 mila di adesso - fino al disinvestimento della Regione Toscana in termini economici e politici, ci troviamo di fronte ad un attacco che non sembra fermarsi. Come studenti e lavoratori, riteniamo inaccettabile che, in una fase sociale ed economica di forte crisi, in cui, tra l'altro, dal monitoraggio delle domande di borsa di studio emerge un aumento drastico (quasi il 18% su scala regionale) delle richieste stesse, si tagli sui servizi essenziali. L'aumento delle domande di borsa di studio segnala un aggravarsi della crisi e un impoverimento delle fasce sociali più deboli e in difficoltà. Come studenti e lavoratori riteniamo che la misura sia ormai colma. Il DSU scarica anni di politiche aziendali privatistiche sugli studenti e sui lavoratori (vedi l'ultimo caso della prevista ristrutturazione di mensa Martiri con l'allestimento di improbabili e costose tensostrutture) comprimendo i servizi e aumentando i carichi di lavoro dei lavoratori della mensa, i quali da anni ormai soffrono di un'intollerabile carenza d'organico; nel frattempo gli stipendi d'oro della dirigenza dell'Azienda subiscono solo ritocchi estetici. Servono investimenti nei settori che di fatto garantiscono, in termini politici, l'erogazione di welfare e di servizi da parte dell'Azienda: l'aumento delle assunzioni del personale che lavora nell'Azienda, in maniera particolare nel settore della ristorazione; investimenti sull'edilizia studentesca, questione che tiene banco e terrà banco in maniera profonda all'interno della sede pisana. Riteniamo infine che sia necessario oggi che la Regione Toscana e quindi il suo assessorato competente si assuma la responsabilità di investire nel Diritto allo Studio, in modo da non rendere l'ARDSU il gestore di risorse che sono razionalizzate e che non bastano a sopperire all'emergenzialità che stiamo affrontando da molto tempo: oggi più che mai si sente l'esigenza di investimenti economici mirati e il bisogno di andare in direzione nettamente diversa da quella che si prospetta di qui ai prossimi mesi. In ultimo segnaliamo che lavoratori e studenti risultano totalmente all'oscuro dei piani di ristrutturazione aziendale che dovranno adeguare servizi e organizzazione del lavoro agli annunciati tagli; su questo esigiamo chiarezza! Rappresentanti sindacali RSU Pisa Sinistra Per... da pag 1 E. J. Burkhart Oltre ai lavori di Illich studiavo alcuni dei critici più sagaci della società industriale: Lewis Mumford, E. F. Schumacher e Peter Maurin. (…) Anche se nessuno degli autori che io stimavo come i più profondi proponeva piani di azione specifica, e ciascuno metteva l’accento su tematiche fra loro diverse (per esempio, Illich parlava di convivialità), era chiaro che esisteva fra loro un consenso sulle caratteristiche generali di una società desiderabile. Avrebbe dovuto essere di piccola scala, più decentrata, con un minor numero di oggetti, e oggetti riparabili e durevoli; una società in armonia con la natura e con una relazione di integrazione fra la campagna e la città; in equilibrio fra il lavoro intellettuale e il lavoro manuale; una società in cui prevalessero l’aiuto reciproco e l’autosufficienza, e in cui l’ozio e la ricreazione arricchissero la vita comunitaria. Mi aveva ispirato in particolare un’esortazione di Peter Maurin che invitava a costruire la nuova società a partire dallo scheletro della vecchia (cfr. Gneuhs, 1988). Non era un appello a fare una rivoluzione nel senso corrente della parola, ma un invito provocatorio rivolto a ciascuna persona perché vivesse nella propria vita il cambiamento che desiderava vedere sul piano sociale. Pensai che questo approccio, personale e a partire dal basso, potesse conciliarsi perfettamente con il lavoro giuridico che avevo scelto. (…) Unico fra i critici delle società industriali, Illich aveva iniziato la sua analisi concentrandosi sul settore dei servizi. Partendo dalla Chiesa come istituzione, si era interessato dell’educazione e poi della medicina. In maniera sempre più profonda e più chiara aveva mostrato che i servizi sono prodotti del modo industriale di produzione tanto quanto le merci. E, cosa ancora più sorprendente, le sue argomentazioni si incentravano sul fatto che, così come la sovrapproduzione di beni provoca effetti dannosi per la società, altrettanto fanno i servizi. Entrambi conducono a ciò che Illich chiamava la contro-produttività paradossale, lo sconcertante fenomeno di una istituzione o di un’agenzia che ostacola il raggiungimento dell’obbiettivo stesso che intendeva realizzare. Come esempio di ciò prendiamo le scuole, che generano studenti indolenti e passivi; o le pratiche mediche che fanno ammalare la gente e alimentano stili di vita e ambienti poco salutari. In realtà non compresi la portata di tutto ciò se non qualche tempo dopo aver iniziato il mio esercizio di avvocato. Oltre ad essere un avvocato abilitato per le cause civili, mi trovai proprio nel centro del mondo dei servizi sociali, dato il tipo di lavoro che svolgevo. Battagliavo regolarmente con le grandi istituzioni della società moderna e i loro agenti: assistenti sociali, medici, terapeuti, maestri, poliziotti, avvocati e amministratori di ogni genere. Man mano che progredivo nella conoscenza del funzionamento di tali sistemi, cominciavo a riconoscerne certe caratteristiche. La prima di queste caratteristiche: ogni sistema opera come un business (così funziona, ad esempio, il mio ufficio legale), procurando guadagni e prestigio a coloro che ne fanno parte. Al di là dei nobili ideali sui quali si fonda ogni sistema, raramente qualcuno opererebbe mettendo a rischio la propria sicurezza e la propria posizione dentro il sistema. La seconda: come qualsiasi altro genere di affari, i sistemi dei servizi hanno bisogno di nicchie di mercato. In questo caso, i consumatori sono i clienti potenziali dei servizi che vengono offerti. Grazie all’esperienza e al supporto istituzionale, spesso agendo con le migliori intenzioni, i fornitori dei servizi imparano a considerare le Ndr. “Geniali, ironici, tenaci”, ci divertiremo a sentire le loro vocine che invitano a prendere le offerte di qualche compagnia telefonica, ci divertiremo a incazzarci quanto basta per man- darli a quel paese, ci divertiremo a invitarli a levarsi dalle scatole e andare in … Uruguay, purché ci lascino in pace… i nostri figli, nipoti, cugini, prodotti da una scuola di m. per una società di m…. da Il Tirreno del 23 ottobre 2014 Ndr. Niente da dire: si divertono, i ragazzi!!! Da piazza Santa Maria Novella a Firenze a piazza dei Cavalieri a Pisa, da Erasmus a Scuole di Eccellenza, stesse modalità, esaltate dai giornali come esuberanza giovanile… ma almeno facciamola finita di scandalizzarci quando “esagerano”, di blaterare sui femminicidi quando il femminicidio e l’ominicidio sono quotidiani e costanti, ma non si può dire… da Il Tirreno del 20 ottobre 2014 Ndr. Fiumi di birra??? E i fiumi di scemenze, coglionerie, castrazioni, che ci stanno dietro? Credete davvero che siano i Carabinieri a doversene e potersene occupare? Gli stessi che se prendono uno sdraiato per strada, a “bivaccare” secondo le ultime genialate comunali, gli persone come qualcuno che è carente, e pertanto ha bisogno di ciò che essi offrono. La polizia cerca e trova criminali e persone da proteggere; gli assistenti sociali classificano sempre più famiglie e persone minorenni come in situazione ‘di rischio’; i medici diagnosticano a un maggior numero di pazienti la necessità di analisi e trattamenti costosi. Tutto ciò è buono per gli affari. Ed è anche più insidioso perché le istituzioni dei servizi si appropriano di ciò che le persone stesse potrebbero fare da sole o con l’aiuto reciproco (o potrebbero smettere di fare) e si sostituiscono ad esse creando una relazione di dipendenza. La gente perde la propria capacità di curarsi, di apprendere, di soffrire, di consolarsi, di risolvere le dispute senza assistenza professionale. In questa maniera, mentre sempre più gente perde la fiducia in se stessa e l’indipendenza, ci sarà un maggior vantaggio per l’economia. Dopo un certo tempo mi resi conto del gioco. Quando la gente mi chiedeva: «Come va il lavoro?», io rispondevo: «Sempre meglio: le famiglie si separano e così abbiamo una gran quantità di cause di divorzio e di casi di delinquenza giovanile; gli arresti crescono, quindi mi ritrovo diecine di cause penali; gli incidenti stradali e gli infortuni sul lavoro prosperano, così il mio portafoglio è sempre più gonfio! Gli affari vanno bene!». In un modo malsano tutti noi che partecipiamo all’economia dei servizi ingrassiamo sulla decomposizione della società, praticando il cannibalismo sociale. In Lavoro ombra e Il genere e il sesso, Illich spiega questo fenomeno come il prodotto ovvio di un’economia snaturata. Esaminando l’origine storica della società moderna, Illich segnala, nelle due opere citate, che tutte le società precedenti alla nostra avevano imposto dei limiti all’attività economica, incorporandola solidamente nell’ordito sociale. (…) L’economia ha dimostrato di essere una forza incontenibile, capace di smantellare, pezzo dopo intimano di alzarsi e levarsi di c.o, e quando quello dice loro “posso morire???”, restano esterrefatti di paura perché esce fuori dagli schemi loro insegnati, è fuori, è irrecuperabile, li mette in crisi anche quando tornano a casa, da mogli, figli, nonni “irreggimentati”, non bivaccanti ma sperduti… pezzo, le società tradizionali. Le molteplici e varie modalità e risorse possedute dalla gente per entrare in relazione e per vivere furono rimpiazzate da una vita dipendente dalle merci (sia beni che servizi) e dal lavoro salariato. Ormai non abbiamo più una società, abbiamo un’economia, disse Illich. (…) Illich contrapponeva all’economico quei modi pre-moderni di vivere che definiva di sussistenza o vernacolari. Proponeva una ‘sussistenza moderna’ quale alternativa all’economia per rompere col vincolo monetario, ma io mi chiedevo dove poter trovare degli esempi. (…) Proprio nel periodo in cui mi scontravo con queste domande e disperavo di poter trovare risposte, una mattina trovai nella mia corrispondenza un opuscolo sulla cui prima pagina c’era una foto di Ivan Illich. L’informazione, che avevo ricevuto grazie al mio lavoro con le famiglie che avevano figli non scolarizzati, annunciava un seminario di una settimana al Maine Summer Institute, con la partecipazione di Ivan Illich e vari suoi colleghi. Organizzato da un suo amico e patrocinato dall’università del Maine, il seminario era centrato sul tema: «La storia dell’uomo economico». Fu lì che per la prima volta ebbi un contatto personale con Illich e potei conoscere in maniera più ravvicinata il suo modo di vivere. Questo avvenne nel luglio del 1984. segue a pag 4 N. 8 - novembre 2014 luci sulla città http://tinyurl.com/luci-sulla-citta Pag. 4 GLI INDIRIZZI PER I VOSTRI INTERVENTI, FOTO E… La riunione si svolse in un collegio privato di livello signorile e aveva lo stesso spirito e la stessa atmosfera energizzante che si respirava al CIDOC. Tutti i partecipanti, inclusi i conferenzieri, erano alloggiati nei dormitori e pranzavano alla mensa della scuola; mi venne da pensare a una specie di accampamento gitano. Lì c’erano questi ‘viandanti’, Illich e i suoi amici (sembrava sempre circondato da amici, non da discepoli), che venivano da luoghi diversi e distanti per ritrovarsi, in una specie di riunione festosa. Si sentivano battute sul ‘circo volante di Illich’ o sulla ‘compagnia ambulante’. L’allegria di Illich alla presenza dei suoi amici era evidente, ricambiata da ciascuno di loro ed amplificata dalla natura transitoria dell’evento. E in questo clima si svolgevano le conversazioni, la maggior parte delle quali si teneva al bar, come appendice al pasto. (…) Subito mi resi conto che quelle conversazioni erano il vero cuore della conferenza, mentre le relazioni programmate erano solo degli ottimi complementi. Lì venni a sapere che il CIDOC aveva chiuso le porte nel 1976 e che Illich stava insegnando in un’università tedesca. Rimasi paralizzato. Avevo di fronte a me uno dei più famosi critici dell’educazione e dei trasporti ad alta velocità, che stava tenendo lezioni in un’università e volava intorno al mondo in aerei a reazione. Come giudicare questo? Allora Illich era un ipocrita? Con mia sorpresa, questo aspetto della sua vita fu quello che mi offrì la risposta ai dilemmi che mi avevano inquietato, e potei cogliere una prospettiva profonda che offriva un percorso di vita in mezzo all’economia industriale. Illich non era un ipocrita, e neppure un purista o un puritano. Non era ingenuo e cercava di dare senso alle realtà della sua vita e del suo tempo. Il triste è che non c’è via di fuga dall’economia industriale, non c’è modo di vivere al di fuori di essa. Come evitare, ad esempio, di farsi trasportare con le automobili, quando l’ambiente sociale e fisico è stato trasformato in funzione di queste? Illich sembrava dire: «Affrontiamo la realtà senza ingannarci pretendendo di non vedere le condizioni umilianti nelle quali viviamo. Siamo intrappolati in molti modi. È necessario rendersi conto di ciò che questo stile di vita sta producendo su tutti noi. Non dobbiamo lasciarci sedurre dai suoi promotori; è necessario conservare la capacità di riconoscere (e soffrire) gli orrori della vita moderna». Ma Illich non invitava alla disperazione o alla rassegnazione. Credeva nell’esistenza di strade che potessero sottrarci, almeno in una certa misura, all’economia, secondo le circostanze specifiche della vita di ciascuno. Era una questione complicata, senza regole prefissate o misure facili. Non la trasformò in un pretesto per alimentare una superiorità morale. Si trattava di atti di resistenza o di rinuncia, quando questi erano possibili. Illich stesso visse una vita modesta e disciplinata; fissò i limiti delle sue entrate economiche e trovò il modo per situarsi ai margini della vita universitaria, senza coinvolgersi nel gioco dei titoli accademici, senza far parte di commissioni o di consigli universitari e senza cercare di ottenere una posizione permanente in queste strutture. Ma (cosa ancora più importante) Illich seppe utilizzare l’ineludibile ambito dell’economia per promuovere il suo opposto: la vita vernacolare. O conviviale. Col proprio denaro aiutò amici che facevano un lavoro prezioso. Fece uso della cattedra per approfondire la sua critica della società industriale ed esplorare percorsi per trascenderla. Sembrava inoltre che possedesse un fiuto privilegiato per individuare nicchie e fessurazioni nell’ordine costituito, per aprire spazi nei quali poter stimolare, in compagnia di amici e studenti, una certa gioia di vivere, un sentimento di fratellanza, di libertà e di empatia. Ritornai dal Maine rinnovato; mi ero reso conto che non dovevo rinunciare al mio lavoro; semplicemente potevo dedicargli meno tempo. Cominciai a riorganizzare la mia settimana per ridurre a quattro i giorni lavorativi, liberando tempo per lo studio e la lettura, e per integrarmi più attivamente nella mia comunità. Non dovevo disfarmi della mia auto, ma utilizzare la bicicletta per recarmi al lavoro. Ero cosciente di non poter praticare l’autosufficienza alimentare, ma potevo arricchire ed ampliare il nostro orto di casa. Più tardi, quando avemmo figli, non ci risultò difficile prendere la decisione di non scolarizzarli. (…) A partire dal 1998 tornai a visitare Illich tutti gli anni, spesso più di una volta all’anno. La maggior parte dei nostri incontri si svolsero alla Pennsylvania State University in occasione dei suoi corsi autunnali (…) La chiave dell’atmosfera di ospitalità e di festosità che vissi nel corso di quelle visite era il riflesso dell’amicizia di Illich nei confronti dei suoi invitatI. Egli fu per tutti noi l’amico più devoto, uno che coltivò l’arte dell’amicizia nella sua espressione più alta – assieme alle abitudini del cuore che la rendono possibile. Però la sua non fu mai un’amicizia escludente o esclusiva. Ci ricordava sempre che l’amicizia fra due persone deve essere aperta ad una terza persona: l’estraneo che ci sorprende suonando alla porta. (…) Ad un certo punto giunsi alla conclusione che il modo migliore per capire Illich sarebbe stato lo studio dettagliato della miriade di ostacoli che si oppongono all’amicizia nel mondo di oggi. Le forme di rinuncia e di resi- Lunghezza consigliata: 30 righe (max 3000 caratteri), da inoltrare entro il 10 del mese Nel prossimo numero si parlerà di: CHI VUOLE SOSTENERE IL GIORNALE PUÒ VERSARE IL PROPRIO CONTRIBUTO SUL C/C PT N. 62181920 INTESTATO A: ASSOCIAZIONE PER LA SALVAGUARDIA E LA VALORIZZAZIONE DELLA CITTÀ DI PISA – VIA DON MINZONI, 206 – 56011 CALCI -PI. Per LUCI, inviate una mail o telefonate a: [email protected] tel. 329-0232942 c/o Paolo Arduini per i COMITATI inviate una mail o telefonate a: SAN FRANCESCO [email protected] TEL. 380 6817842 SANT’ ANTONIO [email protected] TEL. 328 6950819 [email protected] TEL. 329 0232942 SAN MARTINO Proseguendo la nostra analisi sul bilancio preventivo comunale ci siamo apprestati a leggere la parte relativa alla tassa cosiddetta TASI (acronimo di “Tassa sui Servizi Indivisibili”; è la nuova tassa annuale sui servizi istituita con la Legge di stabilità). L’impressione ad una prima lettura, è positiva si intuisce, infatti, nel documento dell’amministrazione comunale, la volontà di correggere le impostazioni peggiori della tassa stessa e quindi cercare di favorirne la progressività. Il meccanismo studiato tuttavia non è esente da rischi di distorsività ovvero in esso esiste la possibilità che non venga raggiunto l’obiettivo prefissato di una maggiore equità. Nel meccanismo studiato per le aliquote si assume una concezione non sempre è veritiera: solo chi ha un nucleo familiare composto da almeno quattro persone si trova in condizioni di necessità di ricevere un sostegno economico attraverso delle detrazioni sulla tassa stessa. Oggi, casomai, l’evoluzione della realtà sociale italiana e supponiamo anche calcesana, ci consegna un quadro complessivo dove sempre più spesso la vera povertà si addensa anche nei nuclei familiari composti da un unico genitore (spesso si tratta di una donna disoccupata con licenza media inferiore) con un unico figlio (vedi “False partenze. Rapporto sulla povertà e l’esclusione sociale in Italia”, Caritas 2014). La proposta che con questo scritto vogliamo rivolgere alla Giunta e al Consiglio Comunale è di vagliare d’ora in poi per tutte le categorie di tassazione la possibilità di differenziare l’importo della stessa in ragione della situazione reddituale della famiglia anagrafica del soggetto passivo. Un esempio di questo potrebbe essere l’utilizzo per tutti i contribuenti del modello ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente), tra l’altro già utilizzato per la definizione dei contributi dei cittadini ad altri servizi comunali quali la mensa scolastica o la retta del servizio educativo alla primissima infanzia. Non ne parla nessuno sui media, perciò è bene informare in proposito. Mentre in Italia “esperti” vari (turpe genía degli economisti, “analisti” politici, “opinionisti”, etc.), politici professionisti, giornalai e televisionai, impazzano sui media a fare terrorismo – “uscire dall’euro è una follia [?!]”, “l’Europa [ossia l’Ue] è una conquista irrinunciabile”, “sarebbe la rovina dell’Italia”[?!], etc. –, mentre il governo ordina in tv spot pro-Ue (falsi come monete di legno: un’orchestra di musicisti di diverse nazionalità che suona l’«Inno alla gioia» di Beethoven -Schiller, che c….avolo c’entra con l’Ue?), mentre lo stesso Napolitano si lancia a fare propaganda pro-Ue, e Renzi & Co. procede nelle sue chiacchiere su “parole dure” con la Merkel e l’Ue, e nell’ossequienza nei fatti all’Ue-Bce – si apprende da: http://americanfreepress.net/?p=12418#sthash.xQO6HWUr.ajIN2p9j.dpuf (la fonte non è stata smentita) che lo Stato ungherese ha cacciato il Fondo monetario internazionale e non dà un soldo all’Ue-Bce, alla connessa banda di grande capitale transnazionale, speculazione finanziaria & delinquenti vari i banksters (da bank+gangsters) –, chiudendo con l’euro, riacquistando la propria sovranità monetaria ed emettendo la propria moneta. Certo, la gestione (il governo) dello Stato ungherese, sotto il primo ministro Viktor Orbán, è malfamata su tutti i media: un governo di destra, anzi di estrema destra, illiberale, autoritario, etc. E pare che sia davvero cosí. Ma resta il fatto che l’Ungheria ha ordinato alla «Troika» (Fmi-Ue-Bce) di abbandonare il paese e ora è fuori dai «vincoli» europei, «debito pubblico» compreso. l’Ue si permette lo stesso di calcolare il «debito» ungherese, considerato il piú alto di Europa, ma è un “debito fantasma”: l’Ungheria non lo “onora”, non fa nulla per ridurlo. L’Ungheria è andata in rovina per questo? Per niente! Pensare in primo luogo a tutelarsi è stato efficace. L’Ue vorrebbe costringere la popolazione ungherese a svenarsi per pagare gli interessi sul «debito» e il «debito» stesso, ma questo in Ungheria non avviene piú – pur con il governo di destra che sia –, mentre è posto come “esigenza” primaria in Italia. E gli italiani ci cascano, andando dietro al partito unico – Pd-FI-Ncd, e appendici varie – e all’ineffabile Renzi, le sue bamboccie-ministre, i suoi ministri-loschi-figuri, sotto l’avallo del tetro Napolitano. Al contrario, gli ungheresi non ci cascano piú, come già gli svizzeri a suo tempo (che non hanno aderito a Ue-Bce-euro), come poi gli islandesi (che hanno mandato la «Troika» al diavolo), come in parte anche gli inglesi. Del resto, in Ungheria si è determinata una maggioranza di destra (il partito Fidesz) e imposto un governo di destra (di Orbán) precisamente perché i governi di sinistra avevano affondato il paese con spese crescenti senza positiva ricaduta interna e l’avevano svenduto agli «organismi internazionali» ed «europei». L’economia ungherese, già vacillante per il pesante debito, ha ricuperato, basandosi su investimenti interni e per l’interno, con aumento dell’occupazione. Viene rilevato nel link indicato – anch’esso, si noti ancora, senz’altro di destra – che «l’unico passo che rimane da fare per distruggere completamente il potere dei bancksters in Ungheria è di attuare un sistema di baratto per lo scambio con l’estero […] come esiste oggi in Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, i cosiddetti B.r.i.c.s., una coalizione economica internazionale». E allora? Si deve attendere che anche in Italia cresca una destra “altra” rispetto a quella esistente in combutta con la sinistra piddina (se ancora il Pd può essere detto “sinistra”, anche se “di sistema”), con il codazzo di “sinistri” che farneticano su “riformare” l’Ue , oppure si riuscirà a creare e imporre soluzioni diverse e migliori? Perché, comunque, l’uscita dall’euro, la ripresa della sovranità (ma non solo monetaria …), la messa in discussione del «debito sovrano», sono ineludibili, se si vuole salvare il paese e il popolo dal piú completo dissolvimento. dal sito fiorentino www.nea-polis.org Associazione Calci Terra Comune stenza che ispirò, e che successivamente chiamò askesis, non erano altro che un nuovo tipo di ascetismo; pratiche che sono la condizione necessaria per la fioritura dell’amicizia nei nostri attuali panorami desolati (…). Quando ripercorro con la memoria gli anni trascorsi da quel giorno in cui mi rivedo seduto sulle scale della veranda della Casa Blanca, mi invade un immenso sentimento di gratitudine. In quale misura fui benedetto! Come potrei ripagare Illich per quello che mi ha dato? Ma so che lui avrebbe voluto che fossi più preciso nell’uso delle parole. L’amicizia non può essere valutata economicamente, né può figurare in un bilancio economico. L’unico modo in cui spero di poter mostrare la mia gratitudine è sforzarmi di essere per gli altri quel tipo di amico che Illich è stato per me. La versione completa di questo articolo – titolo originale Il cammino dell’amicizia – è su Ripensare il mondo con Ivan Illich (testo a cura di Gustavo Esteva, tradotto da Aldo Zanchetta e Maria Adele Cozzi per la casa editrice Hermatena). Il libro, qui anticipato in esclusiva, è da ottobre nelle librerie. Per approfondire il pensiero di Ivan Illich suggeriamo di sfogliare questa sezione del sito Kanankil.it, curato da Aldo Zanchetta, autore anche dell’articolo L’archeologo della modernità, dedicato a Illich. direttore responsabile GIUSEPPE REA redazione e collaboratori: P. Arduini, M. Nelli Baudino, A. F. Gimigliano, F. Pisello, E. Galoppini, I. Alfano, M. Monforte redazione, amministrazione, sede legale: via Don Minzoni, 206 – 56011 Calci -PI. Registraz. presso Tribunale di Pisa n. 11/04 del Registro della Stampa stampato presso LITOGRAFIA VARO via Lenin 155/C S. Martino Ulmiano 56010 San Giuliano Terme (Pisa) Foto di M. Nelli e A. F. Gimigliano Grafica a cura di MARTA NELLI gli articoli non firmati sono di esclusiva responsabilità redazionale