27-28 ottobre 2003 NEPHIRD UN PROGETTO CENTRATO SULLA PARTECIPAZIONE PER DARE VISIBILITA’ AI DIRITTI/BISOGNI DELLE PERSONE CON MALATTIE RARE Gaia Marsico Resarch group on Rights/Ethics in Medicine NEPHIRD… …un approccio interdisciplinare, aperto, internazionale… non strettamente tecnico ma GLOBALE…che ha evidenziato: Il bisogno di linguaggi nuovi/condivisi/inclusivi La quasi inesistente cultura delle malattie rare….(e in letteratura??) La necessità di dare visibilità a questo universo L’utilità di un approccio narrativo….perché dalle ‘storie raccontate’ emergono i PROBLEMI, i BISOGNI, l’INCERTEZZA……. La bioetica è fortemente esposta a essere un'area ambigua, un esercizio formale…lontano dai problemi reali e dalle storie delle persone. Come i diritti umani anche la bioetica è parte di una cultura dove le dichiarazioni troppo spesso sollevano dagli impegni Il sistema sanitario, nelle sue diverse aree, nonostante il gran discutere di etica, è area a rischio rispetto ai diritti piuttosto che esserne la situazione di applicazione avanzata e personalizzata sui bisogni. …risulta sempre più evidente che la medicina e la sanità sono guidate dai parametri e dalle logiche dell’economia, logiche e parametri che inevitabilemtne vanno contro ai principi largamante condivisi quali equità, giustizia, benessere del paziente. L’ idea di fondo che accompagnarci è questa: sempre deve la salute è un’ espressione dei fondamentali, un indicatore di diritto diritti uno dei beni su cui si gioca la democrazia e la giustizia La sanità/medicina è indubbiamente un indicatore di diritto, democrazia, equità, che ci rende evidente quanto una società include nel proprio progetto di giustizia sociale. Diritto/i Avvicinato ad aggettivi diversi… nella maggioranza evocanti scenari di NEGAZIONE questa parola è forse il filo conduttore più evidente, un buon indicatore delle tante anime (contraddittorie, controverse, eterogenee, tradizionali, innovative, soddisfatte, interroganti) di cui è fatto il mondo della sanità-medicina nella società attuale. Diritti dovuti e disattesi, clandestini, calpestati, emergenti, violati, rubati; di maggioranze, di minoranze; di sesso o genere; di età e di razza; del Nord e del Sud; con radici socioeconomiche, o culturali, o politiche, o tecniche Un impegno che possiamo assumerci in questa logica può essere quello di mettere in rete: bisogni, domande, potenzialità, risorse, dati, conoscenze, perché ognuno di questi costituisce un indicatore di sanità pubblica. Per capire quanti bisogni siano ancora inevasi proprio le persone coinvolte nelle problematiche di certe patologie (nel nostro caso le malattie rare) devono prendere la parola e ‘raccontare’ quali problemi incontrano, quali servizi non funzionano, di quali informazioni necessitano. Le illusioni che hanno permesso alle professioni di arrogarsi il ruolo di arbitri dei bisogni sono ormai sempre più evidenti al senso comune. I metodi seguiti nel settore dei servizi sono spesso percepiti per ciò che in effetti sono: coperte di Linus, tranquillanti, rituali, che celano alla massa dei fornitori-consumatori l'antinomia tra l'ideale in nome del quale viene fornito il servizio e la realtà che da questo stesso servizio viene creata. (Ivan Illich da “Per una storia dei bisogni”) Il mondo medico da alcuni anni è segnato in modo forte dalla richiesta di evidence based medicine, linee-guida, appropriatezza. MA è importante chiedersi, in tutto questo ‘gioco’, quale ruolo, quali spazi sono offerti alla popolazione e alle persone interessate da condizioni particolari tali da renderle più fragili. In tempi che vedono il tentativo crescente di "medicalizzare" la società - invaderla, occuparla, renderla dipendente dai saperi, dalle tecnologie, dai mercati della salute - possiamo chiederci quale reale spazio e quale ruolo (al di là del moltiplicarsi di discussioni su etica, autonomia e consenso informato), possano avere le persone, a parte quello sempre più consolidato di consumatrici/ori. Forse è possibile capovolgere le regole del gioco. Forse è possibile immaginare che la gente possa riappropriarsi di un territorio/sapere – la medicina - che si dimostra così poco competente nell'aspetto piu' critico e trascurato della salute, quello della comunicazione (dei rischi, dei dati, delle incertezze) e della democrazia delle conoscenze. E’ importante includere tra i nostri obiettivi quello di trasformare l'epidemiologia, e le aree della diagnosi, della ricerca, della prevenzione, discipline di numeri e quantità, in sguardi e culture dell'attenzione, dell'accoglienza, della comprensione condivisa a partire dalla vita e dai problemi concreti e quotidiani delle persone. Ancora…Ivan Illich…invitava a "demedicalizzare" e "descolarizzare", non per negare, ma piuttosto per permettere la riappropriazione di saperi da parte di tutte quelle persone che fino ad allora ne erano state l’oggetto. SPROFESSIONALIZZAZIONE della medicina non vuol dire negazione degli esperti in guarigione, della competenza, della critica reciproca o del controllo pubblico critica reciproca o del controllo pubblico: significa combattere la mistificazione,il dominio transnazionale di un'unica ortodossia. Sprofessionalizzare la medicina non significa rifiutare lo stanziamento di denaro pubblico per scopi di 'cura’: significa non volere che questo denaro venga speso per prescrizione e decisione dei membri della corporazione anziché sotto il controllo dei consumatori. (Ivan Illich da “Per una storia dei bisogni” La medicina (non sempre, ma troppo spesso) parla del nascere, vivere, morire, ammalarsi, sperare, sperimentare, guarire, attraverso parole/lingue che rimandano ai prodigi della tecnica, al mercato/supermercato, alla ragione/razionalità, all’autorità, al potere, all’economia, alla scelta, alla rassicurazione, alla neutralità (che equivale spesso al maschile)… …e che poco o niente invece evocano l’incertezza, la paura, le emozioni, le differenze (di genere, ma anche di culture-sensibilitàtradizioni). è bene tenere presente, come una sorta di promemoria, che osservare il linguaggio non è mai superfluo perché i meccanismi quotidiani di potere, di esclusione, di negazione di vissutiemozioni-paure-incertezze passano anche attraverso le parole, i silenzi, i gesti. La medicina/sanità è un indicatore di diritto L’informazione e la partecipazione, possono essere scelte come OSSERVATORI della permeabilità o meno della medicina… All’etica e al/i diritto/i la razionalità pura e la oggettività informativa non sono garanzia di autonomia di scelta, in contesti dove le variabili che contano appartengono ad universi che fanno parte del vivere e che, tuttavia, i linguaggi ‘neutri’ della medicina tendono ad escludere: dolore, rispetto, paura, incertezza, fine/morte. Per eccesso di zelo (forse non solo per questo) oggi incontriamo moduli informativi lunghissimi e dettagliati che suscitano non poche perplessità: è chiaro tuttavia che tutto questo non trova una corrispondenza nei bisogni reali di comprensione e partecipazione delle/dei pazienti/cittadine/i. Anzi, le frequenti situazioni di overdose informativa generano confusione e spesso, al di là delle intenzioni apparentidichiarate, lasciano immutata la situazione di asimmetria di ‘saperepotere’ tra medico e paziente. (Associazioni/C.A.B.) Pazienti/Cittadini/Associazioni Norme ???????????????? Deont/giuridiche Informazione ? Medici sperim./clinici Linguaggio/i Comunicazione Informato? = Incertezze Trasparenza AUTONOMIA Diritti MMG Potere/i Mercato ……………….. Rapporto/i Medicina-Società Ci sono popolazioni/persone che vedono continuamente violato il diritto a linguaggi specifici e non generici, centrati sui reali bisogniaspettative che spesso non coincidono con quelli costruiti socialmente. persone affette da disagio mentale, bambini, grandi anziani, persone alla fine della vita (terminali, nel linguaggio cui ormai siamo tutte/tutti abituati). Il linguaggio è monocorde, indifferenziato, non centrato sulla persona, sempre lo stesso. Immaginare una ‘sperimentazione di linguaggi’ ……….contro la pretesa di avere moduli e formule standard uguali per tutte/i, va contro l’assurda pretesa di costruire linguaggi neutri fuori dal contesto, contro l’idea che sia troppo complicato usare il linguaggio inclusivo-quotidiano. Informare comporta di fatto un gioco di incroci di punti di vista, ed un ascolto/lettura non solo dei fatti e dei dati, ma un esercizio di ricollocazione della informazione stessa nel suo contesto di origine e nello stesso tempo in quella degli interlocutori. Che i rappresentanti dei familiari e della società civile abbiano qualcosa a che fare con la logica dell'informazione indipendente? La ricerca (= la medicina) dovrebbe partire dai bisogni inevasi (senza risposta), interrogarsi su come affrontarli e cercare risposte. In realtà la ricerca (= la medicina) si muove in un ambito spesso poco trasparente oscillando tra la rigidità delle regole formali, l’ambiguità dei veri obiettivi e il trionfalismo di ‘facili promesse’. “The knowledge, expertise, and resources of the involved community are often key to successfull research” (Macaulay AC Commanda LE Freeman WL Gibson N McCabe ML Robbins CM Twohig PL, “Participatory research maximises community and lay involvement . North American Primary Care Research Group”, BMJ 1999 Sep 18 ; 319 (7212 ) :774 – 8 http://easi.negrisud.it/etica Database di letteratura internazionale su ‘etica e sperimentazione’ Risorse: documenti scaricabili suddivisi per problemi/popolazioni Mailing list Link Comitati Etici La domanda-augurio: ottenere un significativo grado di autonomia-consapevolezza della cittadinanza circa il senso complessivo delle scelte nella ricerca e nella pratica. L'obiettivo, è costruire terreni di incontro e di confronto affinché la società scientifica si trovi di fronte cittadini/e che siano davvero interlocutori forti, in grado di chiedere alla medicina (= ricerca) di dichiarare apertamente i propri scopi, le proprie incertezze, i propri fallimenti, i propri progetti e di mettere al centro i bisogni/diritti della gente.