PRIMA COLONNA di Ivo Vidotto Il mare nostro amico Elsa Morante DEL POPOLO mare ce vo /la .hr dit w.e ww “Orbene poi che noi fummo discesi alla nave ed al mare, per prima cosa al mare divino spingemmo la nave, e nella nera nave ponemmo albero e vele, e prese le bestie, su le facemmo salire, e noi stessi montammo angosciati versando pianto copioso. Allora dietro la nave dalla prora turchina Circe dai bei capelli, terribile dea cantatrice, a noi favorevole vento mandava che gonfia le vele, compagno eccellente. E noi dopo avere disposto lungo la nave ogni singolo attrezzo, stavamo a sedere; ed il vento e il pilota guidavan la nave. Di essa, che andava sul mare, per tutto il giorno le vele eran state distese. Il sole s’immerse e tutte le strade s’empivano d’ombra, ed essa giungeva ai confini là dove scorre con l’acque profonde l’Oceano”. Oggi, come circa trenta secoli fa, quando Omero scrisse queste righe nella sua Odissea, ci ritroviamo a nutrire gli stessi sentimenti verso il mare, verso gli oceani. Un sentimento di rispetto, di timore reverenziale, perché sul mare l’uomo non si sente sicuro, non può manifestare la propria spavalderia, perché il mare lo punirebbe. E allora è meglio tenerselo... amico. Sì, amico, perché non possiamo dirgli che faccia ciò che vuole e che non ci interessa niente, che possiamo liberamente farne a meno e che non tollereremo più i suoi “capricci”. È da tempi immemorabili che l’uomo cerca di tenerselo “amico”, con più o meno successo, perché il mare si è preso tante vite umane. Soltanto alla fine del nostro cammino terreno saremo in grado di dire quale rapporto abbiamo avuto con il mare. In un modo o nell’altro, tutti gli abitanti di questo pianeta dipendono dal mare, anche quelli che vivono sui picchi innevati delle montagne, perché pure loro mangiano di tanto in tanto del pesce, pure loro usano il sale in cucina, pure loro consumano prodotti giunti via mare. Molti hanno voluto trasformare i propri pensieri legati al mare in versi, in romanzi, in tele o sculture, in opere e sinfonie, conosciute in tutto il mondo. Ma quante poesie, romanzi e sinfonie... quotidiane sono nate in riva al mare o in barca, trasformando la nostra vita? Quanti amori sono sbocciati grazie al magico e misterioso potere che il mare esercita sul nostro spirito? Quante decisioni difficili sono state prese traendo la forza necessaria proprio fissando il mare, come a volerne “rubare” il carattere fermo, deciso, irriducibile? Tante, tantissime. Il mare lo ha sempre fatto e continuerà a farlo, a esercitare su di noi questo fascino indescrivibile. A scrivere tante storie meravigliose... Ah, io non chiederei d’essere un gabbiano né un delfino; mi accontenterei d’essere uno scorfano – ch’è il pesce più brutto del mare – pur di ritrovarmi laggiù, a scherzare in quell’acqua. An no I • n. 3 005 • Mercoledì, 15 giugno 2 2 mare Mercoledì, 15 giugno 2005 IL CASO Che beffa per la «Brodosplit» «Elka Shipping»: una matematica... greca NAVIGARE NECESSE EST «Alma» troppo lenta: denunciato l’armatore LONDRA – Quando il noto Lloyd’s List aveva pubblicato non molto tempo fa una breve notizia riguardante una causa giudiziaria intentata contro il proprietario della nave “Alma” (bandiera Saint Vincent & Grenadine, costruita nel 1983) dalla ditta che l’aveva noleggiata, sembrava si trattasse di un nuovo trucchetto per farsi pagare qualcosa. Nascosto sotto questo nome femminile, però, era ancora visibile il vecchio nome della nave: si tratta della “Dalmacija Frigo”, unità che trasportava merci congelate per la Mediteranske plovidbe di Curzola ed era stata costruita sugli scali dello stabilimento navalmeccanico di Spalato. È successo, poi, che lo scorso anno l’armatore abbia dovuto consegnare tutte le proprie navi al faccendiere francese di origine libanese, Nemr Diab, per coprire i propri debiti. Le navi sono finite poi in proprietà a una società lettone di Riga. La denuncia di cui sopra è stata sporta dalla ditta Star Chartering delle isole Cayman all’Alta Corte di Londra: sembra, infatti, che le caratteristiche della nave non corrispondessero a quelle dichiarate nel contratto di nolo. La Star Chartering contesta al prioprietario la sicurezza della nave e del carico, lo accusa di non aver curato la manutenzione dello scafo e dell’apparato propulsore, gli imputa le avarie ai motori ausiliari, poi segnala che durante la navigazione il combustibile gocciolava nella stiva; insomma, motiva questa sua denuncia con i danni subiti perché la nave non riusciva a raggiungere la velocità dichiarata nel contratto, motivo per cui i ritardi si accumulavano. Strano, perché la nave non ha mai denunciato nessun ritardo finché c’era sopra un equipaggio croato... L’autorevole rivista Fairplay ha pubblicato il 12 maggio scorso una breve notizia del seguente contenuto: le petroliere “Elka Baluni” e “Elka Bene”, costruiti nel 2002 a Spalato, sono stati venduti dall’armatore greco “European Navigation” a un altro armatore ellenico, “Top Tanker Management” per 95.20 milioni di dollari. Si tratta di due navi della portata di 45.467 tonnellate. Potrebbe sembrare una storia qualunque, una di tante, ma questo atto di compravendita diventa particolarmetne interessante se si conosce l’intera storia. Partiamo dall’inizio... La “Brodosplit” ha contrattato la costruzione di queste due navi (più una terza, la “Elka Stinice” dalle medesime caratteristiche) a Parigi nel 2000 con il noto finanziere (leggi faccendiere) francese di origini libanesi, Nemr Diab, già immischiato nel fallimento della “Croatia Line”, della “Slobodna plovidba” e ultimamente anche della “Mediteranska plovidba”. Il prezzo contrattato era di 13,5 milioni di dollari per ogni nave. A causa di un contratto redatto in maniera non proprio brillante, la “Brodosplit” decise agli inizi del 2002 di rilevare da Diab tutte e tre le navi, però a quel punto il prezzo delle navi era aumentato a 31 milioni di dollari!!! Le unità sono state comunque rilevate grazie a un mutuo ottenuto con la mediazione di Spyros Karnessis, proprietario della ditta “Elka Shipping” e uno dei partner più importanti dello stabilimento spalatino. Il cambio della guardia ai vertici della “Brodosplit”, nell’aprile del 2002, ha fatto venire a galla l’intera faccenda, e cioè La “Elka Baluni” che le tre commesse rappresentano i peggiori contratti mai stipulati dal cantiere. L’ultimo dei tre tanker è stato venduto alla compagnia greca di Karnessis per 25,5 milioni di dollari, e così la ditta “Brodosplit”, costituita proprio per far fronte a queste commesse, è rimasta senza una sola nave. La “Elka Shipping” si è avvalsa del diritto previsto dal contratto firmato con la direzione precedente, e cioè di acquisire la petroliera allo stesso prezzo pagato l’anno precedente per le altre due. Tutte e tre le unità battevano bandiera croata e avevano a bordo equipaggi croati. Erano stati conces- si in nolo per un periodo di due anni all’armatore greco, e in base al contratto questi aveva il diritto di prelazione, e non solo, ma anche il diritto, dopo due-tre anni di nolo, di richiedere tutte e tre le unità al prezzo di 25,5 milioni di dollari. Con l’acquisto di queste tre navi, la compagni greca ha potuto guadagnare la bellezza di 60 milioni di dollari, vendendo poi ciascuna di esse al prezzo di 47,6 milioni di dollari, dopo averle pagate 25,5. La “Elka Shipping”, intanto, continua a costruire le proprie navi a Spalato, mentre i contribuenti croati coprono regolarmente le perdite del cantiere... La “Elka Bene” IL CASO Immediata reazione del Ministro della Marina Multa milionaria a nave greca dopo l’attracco a Famagosta: aveva issato la bandiera del Cipro del Nord ATENE – Costas Agapitos, l’armatore greco di un cargo che batte bandiera ellenica, dovrà pagare una super-multa di 5,2 milioni di euro perché la nave di sua proprietà è entrata nei giorni scorsi nel porto di Famagosta, sulla costa orientale dell’isola di Cipro, sotto occupazione militare turca dal 1974, alzando anche la bandiera della autoproclamata Repubblica turca di Cipro del Nord (Rtcn), riconosciuta da Ankara ma non dalla comunità internazionale. Nella super-multa è compreso anche il pagamento di varie contravvenzioni per non meglio precisate “violazioni delle nor- me di sicurezza marittima”. La vicenda era stata resa nota dal quotidiano turco-cipriota Yeni Duzen, secondo cui la nave mercantile “Aegean Sun” era arrivata nel porto di Famagosta con a bordo 216 auto usate provenienti dalla Gran Bretagna. La nave – affittata da una compagnia britannica – aveva cominciato il suo viaggio a metà aprile dalla Gran Bretagna ed era arrivata il 5 maggio a Famagosta. Secondo il giornale, quando la nave stava per entrare in porto, al capitano era stato chiesto di alzare la bandiera della Rtcn per ottenere il permesso di ingresso ed egli aveva acconsentito. Sem- pre secondo il quotidiano, comunque, non era quella la prima volta che una nave greca arrivava a Famagosta, ma è stata di certo la prima volta che l’equipaggio (19 marinai più il capitano) era tutto composto da greci. La reazione del ministero della Marina mercantile greca è stata immediata. Il ministro Manolis Kefalogiannis, per “questione di interesse nazionale”, aveva ordinato di avviare subito un’indagine chiedendo le più rigorose pene previste dal Codice navale per l’azienda proprietaria della nave e per il capitano. Il ministero della Marina mercantile greca aveva inoltre chiesto immediatamente al capitano Stathis Stilianou di raggiungere un porto greco, dove è stato arrestato, e la sua licenza di navigazione ritirata, in attesa che il consiglio disciplinare del ministero della Marina deciderà sulla liceità del suo comportamento. Secondo le norme del ministero della Marina, le navi greche che non servano gli interessi nazionali non sono degne di issare la bandiera ellenica e non è loro consentito di attraccare nei porti nella zona settentrionale di Cipro, dall’estate 1974 sotto occupazione militare turca. mare 3 Mercoledì, 15 giugno 2005 NAUTICA Grandi novità a Umago e Cittanova Vivere il turismo in modo diverso di Franco Sodomaco UMAGO – Un po’ tutti oggi, pescatori sportivi e bagnanti, cercano di vivere e di godere del tempo libero in una dimensione nuova e diversa, autonoma, lontano dalla folla e dal rumore, da veri protagonisti. E così è per i subacquei, per chi ama la vela o la traina. Sempre più gente va in mare e sempre meno si accontenta di guardare dalla spiaggia, da sotto l’ombrellone. Per ognuno esiste oggi una possibilità diversa che si propone con barche grandi e piccole, come succede spesso nella società del consumismo, che ha fatto dell’automobile o della barca un elemento di consumo. La riscoperta della vela poi ha dato una autentica spinta a questo sport : relax, sicurezza, esercizio fisico, niente carburante, grandi tradizioni, hanno contribuito a riempire i marina di tutto il mondo. A tutto vantaggio della nautica nazionale e del mantenimento dei posti di lavoro. Che è importante. A Umago la nautica è nata con l’ACI La nautica, particolarmente in salute ad Umago, da oltre vent’anni rappresenta dunque un’importante alternativa al grande turismo. Uno scalo, quello di Umago, sempre pieno, sia d’estate che d’inverno, con un proprio valico di frontiera, reception, cambiavalute, ristorante, servizi, lavanderia, negozio di alimentari. Appena di fronte al valico marittimo, c’è dalla parte opposta del porto, la Capitaneria e a duecento metri il Il mandracchio di Cittanova miniere, serbatoi di gasolio, forni e frantoi, sorgeranno alberghi di lusso. Non si può ancora parlare di termini di realizzazione, ma il progetto non si fermerà: 49 operai sono stati già licenziati e gli altri 50 lo saranno l’anno venturo. Questo significa che dove per tanti anni si respirava cemento, domani si respirerà turismo. Ecco come dovrebbe essere l’impianto di Cittanova distributore di carburante. Da sette anni il Marina ACI, diretto da Boris Gasperini, si fregia della Bandiera blu d’Europa, per la qualità del mare e dei servizi. Lo scalo ha 520 posti barca e un centinaio a terra, e tutti sono dotati di corrente elettrica e di acqua. Umago, dove primeggia la “Istraturist” – azienda che vanta 20.000 posti letto da Canegra a Carigador – su trenta chilometri di costa, aveva bisogno di questo scalo nautico. Che comunque non sarà l’unico. Il futuro, nelle cave sommerse del cementificio Già, perché presto nelle cave sommerse dall’acqua marina dell’ex cementificio, sorgerà un altro marina. Un progetto di milioni di euro ( forse duecento) che punterà alla costruzione sia di un nuovo villaggio turistico in alberghi sia al marina. Si tratta di un progetto senza pari, perché finalizzato alla rivalutazione per scopi turistici di 200.000 metri quadrati di cave, sfruttate per oltre quarant’anni. Il bacino è stato già sommerso dall’acqua che in alcuni tratti raggiunge i sei-sette metri, e dove negli anni passati sono state allevate anche migliaia di spigole. Lo sfruttamento delle cave è stato accelerato dalla esportazione della pietra per salvare Venezia. Tutta l’area del cementifico – più di 120 ettari – è stata recintata e trasformata in area pascolo per caprioli e asini, mentre alcuni ettari sono stati piantati a oliveto. Di questi progetti tuttavia si sentirà ancora parlare. Se tutto andrà bene due chilometri e mezzo di costa, dalla Valle di Pozioi a San Pellegrino, polmone verde della città saranno finalmente valorizzati. Dove per 45 anni c’erano ci- Cittanova, bene col turismo balneare, domani anche meglio con quello nautico Un centro nautico di primissimo ordine, nella Valle di S. Antonio e S. Lucia, cambierà le sorti della nautica a Cittanova, chiaramente in meglio. Il mandracchio infatti era troppo stretto per ospitare allo stesso tempo sia i pescatori che i diportisti. Lo scalo nautico è stato progettato per operare tutto l’anno. I lavori sono iniziati alla fine di agosto dello scorso anno, e per ora non si sa bene quando si concluderanno. Il porto nautico avrà complessivamente 365 ormeggi in mare e 100 posti barca sulla terraferma per il rimessaggio dei natanti. Potrà ospitare imbarcazioni da dieci a 40 metri, dunque anche importanti, con una media di 15, 2 metri. La ditta Civitas Nova s.p.a nella quale la parte del 20 % appartiene alla Municipalità e il restante alla Nereus Marina di Zagabria, nell’ottobre del 2000 aveva ottenuto dal Governo croato la concessione della durata di 32 anni. Per la costruzione del centro nautico, saranno spesi non meno di 18 milioni di euro con finanziamenti assicurati dalla Hypo Alpe-Adria Leasing. Il marina di Cittanova avrà tutto, in base ai migliori standard mondiali, in modo da dare una spinta decisiva e importante a questa attività economica nella patria di San Pelagio. Standard ecologici, servizi in mare e a terra, sicurezza, comfort, albergo, bar, ristorante, piscina coperta, centro wellness, travel lift, distributore di carburante e quant’altro, faranno del marina un’oasi per i natanti e un paradiso per i bagnanti. In contemporanea sarà migliorato il famoso mandracchio di Cittanova, bello e suggestivo, d’estate ancora più bello e pieno di vita, che oltre a un dragaggio del fondale, coperto dalle sedimentazioni delle correnti, ha bisogno di molti ormeggi e gavitelli nuovi. Il travel-lift del marina ACI di Umago Il marina ACI di Umago; sullo sfondo l’albergo “Adriatic” 4 mare Mercoledì, 15 giugno 2005 Mercoledì, 15 giugno 2005 5 NOTIZIE Progetto «Stazione marittima» Un punto di riferimento per le navi da crociera Le due nuove gru mobili, in fase di collaudo da gennaio PORTI Terminal container Senza strade Fiume rischia il collasso «ZIM Line», nessun dramma anche se... In una situazione abbastanza tranquilla per il traffico container attraverso il porto di Fiume, la notizia di una possibile sospensione della linea da parte dell’israeliana “ZIM” può sembrare un segnale di qualcosa di negativo. Il direttore della Port Authority, Bojan Hlača, ci ha spiegato di che cosa si tratta, nonostante non ci siano né conferme né smentite sulla soppressione della linea. La compagnia israeliana sta attraversando un processo di ristrutturazione dopo che lo Stato ha ceduto la sua quota del 50 per cento lasciandola completamente in mano ai privati. Tre anni fa, quando il porto fiumano si trovava in una situazione ben diversa da quella attuale, il contratto con la “ZIM line”, rinnovato dopo oltre dieci anni di assenza, è stato vissuto come un grande evento. Attualmente la compagnia israeliana è la quarta per importanza, cioè per numero di TEU . “La ZIM resta per noi importante – dice Hlača –. La compagnia israeliana sta attraversando una sua trasformazione attuando una revisione delle linee a livello globale. Se Fiume dovesse venire cancellata dalle sue linee, sono sicuro che i container che arrivano oggi a Fiume con le sue navi continuerebberoo a venire con altre compagnie. I container provenienti dall’Estremo Oriente troveranno la strada per arrivare a Fiume”. Anche se dovesse succedere, la soppressione della linea non sarà un evento drammatico per il porto fiumano. Il direttore dell’Autorità di porto, Bojan Hlača, sulle prospettive di sviluppo Il traffico passeggeri non è oggi il punto di forza del porto fiumano, però anche in questo segmento si vuole compiere qualche passo importante. Alcuni mesi fa la Port Authority ha allestito sulla diga foranea uno scalo improvvisato per accogliere le navi da crociera, e già in questa stagione turistica sono previsti 18 arrivi. Non si tratta di mega cruiser, ma di navi lunghe un centinaio di metri e 300 passeggeri. “Questo ci incoraggia – afferma il direttore Bojan Hlača – nel portare a termine il progetto della futura stazione marittima. Oggi è importante, anche se in condizioni veramente improvvisate, creare l’abitudine nelle compagnie. Abbiamo appena aperto le offerte pervenute nell’ambito della gara d’appalto per la costruzione del ponte, largo 12 metri, alla base del Mololongo, e abbiamo appena ottenuto la licenza edilizia Servizio di Lucio Vidotto A metà maggio c’è stato un giorno in cui il terminal in Brajdica ha smaltito circa mille container. In quello stesso giorno 400 autotreni sono entrati e usciti dal porto intersecando in alcuni punti il già problematico traffico cittadino. Non ci sono state conseguenze, ma un giorno o l’altro, se la movimentazione dovesse crescere ulteriormente, l’ipotesi del collasso totale potrebbe davvero realizzarsi. La crescita delle merci negli ultimi due anni è tale da determinare la necessità di accelerare i tempi del completamento della rete stradale a Fiume e nel suo entroterra. Assieme al direttore dell’Autorità portuale Bojan Hlača abbiamo voluto fare il punto sul progetto “Fiume gateway”, finanziato in parte dalla Banca Mondiale e in parte dallo Stato. All’inizio di quest’anno, il sindaco Vojko Obersnel aveva espresso tutto il suo disap- punto per la riduzione dei finanziamenti previsti per la costruzione oppure per l’ampliamento di alcune viabili di particolare importanza per la città. Se il programma dell’azienda “Hrvatske ceste” dovesse seguire il suo programma di stanziamenti, nel 2005 potrebbero slittare l’apertura della tangenziale tra Orehovica e Sv. Kuzam verso Križišće, la D404 che partendo dal Delta vi si dovrebbe allacciare nel futuro raccordo di Draga, mentre la D403, tra il raccordo di Valscurigne e il bacino portuale fiumano non è ancora nemmeno nei piani. Su questo tema, come sul rilancio del traffico passeggeri, ci ha parlato Bojan Hlača il quale, fin dall’inizio del progetto “Fiume gateway”, gestisce i 55 milioni di dollari del credito della Banca Mondiale. Finora ne sono stati spesi 9 per l’ammodernamento e ristrutturazione del porto. “Tra due-tre settimane termineranno i lavori al Molo Vienna dopo di che si interverrà sui 250 metri di Molo Zagabria per terminare in Molo Praga dopo lo smantellamento dei magazzini dismessi. Da gennaio sono in fase di collaudo due gru mobili che saranno utilizzate proprio in questa zona che diventerà un terminal multifunzionale che sostituirà completamente le strutture in Delta e Porto Baross. Anche qui si attende il rilascio delle licenze edilizie per lo smantellamento di strutture che non vengono più utilizzate e che dovrebbero lasciare spazio a quello che chiamiamo ‘eaterfront’, cioè quello sbocco sul mare negato ai fiumani. Nel frattempo si sta ancora cercando il modo migliore per rivitalizzare questa zona, che assumerà un carattere turistico e ricreativo. Sono state 29 le case di progettazione di quattro continenti a rispondere al concorso internazionale per il progetto ideale dell’as- setto in Delta e Porto Baross con il marina, centro d’affari e contenuti sportivi e ricreativi. È stata fatta una selezione di sei candidati ai quali si chiederà di formulare entro la fine dell’anno un’offerta concreta. Se nel corso del 2008 dovrebbero essere pronti il nuovo terminal tra i moli Vienna, Zagabria e Praga, la stazione marittima e il marina con tutti i contenuti collaterali, contemporaneamente dovrebbero essere operative anche le vie di comunicazione stradali. Oggi si lavora a Pećine dove si sta scavando la galleria che conduce al Plumbum e al costruendo centro commerciale. Da qui la D404 proseguirà fino a Draga dove si allaccerà alla tangenziale. I container, quindi, cioè circa l’ 80 per cento del loro numero complessivo, troveranno lungo la D404 la via più veloce per proseguire verso l’entroterra. Il rimanente 20 per cen- to viene smistato con la ferrovia.Il terminal multifunzionale che sorgerà tra Žabica e la stazione ferroviaria, potrebbe non trovare pronti gli sbocchi stradali. Anche se per le rinfuse e i carichi generali il rapporto fra trasporto su rotaia o su strada è inverso rispetto ai container, l’aumento della movimentazione rappresenta una seria minaccia per il traffico cittadino. “La costruzione del terminal senza la viabile D403, posso dirlo, non ha senso. Noi cercheremo di influire, nell’ambito delle nostre possibilità, sull’azienda delle Strade croate. Di quel che ne so, risulta che si stiano preparando i presupposti per la fase di progettazione. Per il porto di Fiume – sostiene Hlača – questa strada è di fondamentale importanza. Per le altre strade dell’entroterra non me la sento di esprimermi in quanto sono sicuramente fuori dalle mie competenze”. Una portacontainer della “ZIM Line” mentre approda al terminal in Brajdica Il direttore dell’Autorità portuale di Fiume, Bojan Hlača per la prima fase dell’edificio della stazione marittima. Nel frattempo si stanno svolgendo le attività preliminari per il risanamento della diga foranea e delle rampe. Per queste fasi prevediamo di spendere circa 9 milioni di dollari”. La costruzione del nuovo ponte dovrebbe avere inizio entro alcuni mesi e durerà circa sei mesi. Per l’edificio ci vorrà circa un anno e mezzo dalla firma del contratto con l’azienda appaltatrice, il tutto in concomitanza con la fine dell’opera di risanamento della costa. “Sto guardando con grande ottimismo allo sviluppo del traffico passeggeri – aggiunge Bojan Hlača – senza attendere miracoli da un giorno all’altro. Noi abbiamo oggi il compito di creare le condizioni per accogliere le navi da crociera, anche per ciò che riguarda le navi da crociera più grandi che per problemi di... profondità potremmo sempre ospitare a Buccari, nella zona dell’ex cokeria, qualora ce ne fosse bisogno. L’elemento più importante è comunque l’offerta turistica di Fiume e della regione. La città sta crescendo in questo senso e i turisti, grazie all’impegno delle Comunità turistiche e delle agenzie, arrivano in numero sempre maggiore”. Bojan Hlača paragona la situazione nel traffico passeggeri a quella che si è avuta in tempi non lontanissimi nel terminal container: “Anche lì abbiamo creato le condizioni e poi i risultati non si sono fatti attendere a lungo”. Dai miseri 7.000 container manipolati nel ’99 oggi siamo arrivati a un numero dieci volte maggiore di unità TEU con tendenza alla crescita, e il terminal comincia a essere... stretto. 6 mare Mercoledì, 15 giugno 2005 ECOLOGIA Prevenzione degli incidenti e controllo dell’Adriatico Slovenia, Croazia e Italia: unite per un piano comune IL PESCE Le impronte di San Pietro su un pesce prelibato Il Pesce San Pietro è un pesce dalla forma bizzarra, alto e molto appiattito sui fianchi. Il muso coriaceo sembra avere una sorta di corazza e i bordi del corpo sono ricoperti da placche spinose; la bocca è molto ampia e protrattile. La prima pinna dorsale possiede lunghi filamenti. Placche spinose ben sviluppate sono spesso presenti alla base delle pinne dorsali e anale. Le pinne pettorali sono piccole, mentre le ventrali sono molto grandi. La colorazione è grigio-dorata, scuro sul dorso con riflessi argentei sul ventre e giallastri sui fianchi; sui fianchi si trova anche una macchia circolare bluastra. Può raggiungere dimensioni eccezionali di 60 cm, ma è più comune da 30 a 40 cm. Vive isolato o in piccoli gruppi su fondali fangosi o tra la Posidonia. Il profilo appiattito gli consente di avvicinarsi alle prede senza essere visto. Non è un buon nuotatore, ma è furbo. Si muove a scatti utilizzando la bocca protrattile come rapido strumento di cattura. È comune in tutto il Mediterraneo fino a 300 metri di profondità, più conosciuto in Adriatico; i giovani stazionano in acque relativamente poco profonde ( 70-150 m), mentre gli adulti in acque più profonde. Si pesca con reti da traino, da posta e palamiti. Con la rete a strascico vengono catturati individui tra 3 e 60 cm di lunghezza. Il mare, al pari della montagna e del bosco, è grande ispiratore della immaginazione umana e dell’arte. La leggenda del pesce San Pietro racconta che un giorno, sulle rive del mare, il grande Santo fu fermato da alcuni increduli che presero a schernirlo. “Tu saresti San Pietro? – gli dissero –. Ma vattene!”. Allora San Pietro si ricordò di essere stato il più famoso pescatore di Galilea, mise una mano nell’acqua e ne tirò fuori un pesce, che subito dopo liberò. Da quel giorno, per gratitudine, il pesce San Pietro reca, su ognuno dei suoi fianchi, l’impronta digitale del grande Santo. Secondo un’altra leggenda, il Santo in questione, un po’ scapestrato ma fortunato, ne pescò uno che in bocca aveva una moneta d’oro, fatalità quella che gli serviva per passare un “posto di blocco” romano. Non contento gli lasciò anche le impronte delle dita... due macchie nere ai lati e il suo nome.... di Andrea Cvitan La salvaguardia dell’Adriatico e delle sue coste è l’obiettivo principale attorno al quale i tre stati, Croazia, Slovenia e Italia si sono accordati. Consapevole della necessità di avviare iniziative concrete, la commissione mista italo-croato-slovena per la tutela delle acque e della costa dell’Adriatico si è riunita il mese scorso a Portorose per stilare un piano comune per la prevenzione degli incidenti in mare e per trovare misure concrete nella lotta comune contro l’inquinamento. La commissione costituita a livello di Ministero dell’Ambiente e degli Esteri, oltre ad approvare il Piano per la prevenzione degli incidenti, che sarà sottoscritto in novembre a Portorose, durante l’incontro dei Paesi firmatari della Convenzione di Barcellona, ha incaricato un gruppo di lavoro di preparare un documento che riassuma la specificità dell’Adriatico. Questo documento comune dei tre stati sarà una sorta di “vademecum” per le istituzioni dell’Unione europea che stanno scrivendo la strategia di tutela di tutti i mari del Vecchio continente. Nell’incontro si è discusso anche di altre problematiche importanti per l’ecosistema, come quello delle acque di zavorra. Roma, Lubiana e Zagabria cercheranno un accordo per armonizzare i procedimenti di tutela e controllo. Come noto, le acque di zavorra sono quelle contenute nelle stive delle petroliere e che, in quanto provengono da altri mari, contengono microorganismi e specie biologiche alloctone che potrebbero arrecare danni irreversibili all’ecosistema, e in particolare al patrimonio ittico del mare Adriatico. La tutela delle acque non può comunque prescindere da una più ampia politica ambientale – è la posizione della Commissione, che ha ribadito il ruolo delle amministrazioni comunali e portuali. In questo contesto, la Slovenia ha in progetto la realizzazione del depuratore delle acque per la costa slovena che sarà realizzato nel quadro del progetto internazionale “Camp”, sottoscritto due anni fa dal governo e da otto comuni della costa e del Carso e che si riferisce alla protezione dell’ambiente marino e costiero, al controllo dell’inquinamento a alla tutela della biodiversità del mare. Nel 2006, la Commissione mista croato-italo-slovena sarà presieduta da Zagabria. «Georgy Sedov», il veliero più grande del mondo Il “Sedov” è il veliero più grande del mondo. La nave è stata varata nel 1921, in Germania, con un altro nome ovvero “Magdalene Vinnen” che era il nome della moglie dell’armatore. Attualmente è adibito a nave-scuola ed è persino entrato nel “Guinness Book of Record”. Il veliero veniva impiegato per il commercio tra Europa, Sud America, Australia, Sud-est Asiatico, e Oceania. Nel 1936 la proprietà della nave passò alla “Norddeutcher Lloyd”, una compagnia navale con sede a Brema, che impiegò l’imbarcazione come nave-scuola con il nome “Kommodore Johnsen”, ma anche per il trasporto di merci. Durante la seconda guerra mondiale (1939-45) la nave operò nel Mar Baltico con la bandiera della Marina Militare tedesca. Alla fine della guerra la grande imbarcazione passò all’Unione Sovietica come risarcimento danni bellici. Con i russi il veliero fu ribattezzato con il nome di un grande esploratore artico “Georgy Sedov” e utilizzato dalla Marina Militare dell’URSS per l’addestramento degli ufficiali. Nel 1966 il vascello è trasferito sotto la giurisdizione del Ministero della Pesca. Dal 1975 al 1981 sono effettuati alcuni lavori di restauro per l’installazione di nuove cabine e nuovi strumenti di comunicazione e di controllo della navigazione. Nel 1991 il “Sedov” cambia giurisdizione e passa sotto quella della “Murmansk State Technical University”. Le dimensione della nave a quattro alberi sono: lunghezza 117 metri, larghezza 14, dislocamento 3.476 tonnellate, superficie velica totale 4.150 metri. Grazie alla sola spinta del vento può raggiungere i 18 nodi di velocità. Tra il 1961 ed il 98 ha effettuato 55 crociere di addestramento percorrendo quasi 300 mila miglia. La sede attuale della nave si trova a Murmansk essa naviga abitualmente nel mar Baltico e nel Nord Atlantico e accoglie a bordo anche passeggeri paganti. mare 7 Mercoledì, 15 giugno 2005 CLIMA Preoccupante aumento delle temperature Mediterraneo, mare sempre più caldo È un piccolo grande mare il nostro Mediterraneo. Piccolo nelle sue dimensioni geografiche, ma grande per l’importanza che ha avuto nella storia della nostra civiltà e per la ricchezza ambientale e biologica. Ancora oggi il Mediterraneo è un crocevia di molte e diverse culture mentre la notevole diversità di specie di fauna e flora marina costituisce una peculiarità che lo differenzia da altri mari come, ad esempio, il Mare del Nord. Tuttavia, questo enorme patrimonio naturalistico è oggi fortemente minacciato. A parte il solito problema dell’inquinamento, un altro dato preoccupante sta emergendo da studi scientifici effettuati recentemente da scienziati spagnoli. Secondo questo studio la temperatura del nostro mare, nell’arco di dieci anni (19932003), è aumentata cinque volte di più rispetto ad altri mari e oceani del pianeta. Se per gli altri mari si è avuto un aumento della temperatura dell’acqua di 0,15 gradi per il Mediterraneo, invece, si è registrato un aumento della temperatura superficiale di 0,75 gradi. Non solo, anche il livello dell’acqua che normalmente aumentava di sei millimetri all’anno ora non sale più. La ricerca è stata effettuata da scienziati del “Laboratorio di Geodesia spaziale” dell’Università spagnola Anche il plancton si muove? Il plancton è l’insieme di microrganismi animali e vegetali, unicellulari e pluricellulari, che vivono sospesi nelle acque del mare ma anche nelle acque dolci di fiumi e di laghi. La parte di plancton costituita da organismi vegetali è detta “fitoplancton” mentre quella costituita da organismi animali viene chiamata “zooplancton”. Questi piccoli organismi non sono in grado di produrre un movimento proprio e si lasciano quindi trasportare dalle correnti, da qui il nome plancton che in greco significa appunto “ciò che è vagante” o “vagabondare”. La presenza del plancton nel mare è fondamentale in quanto costituisce l’alimento per molti animali marini. Un nuovo studio, come riporta la rivista “Science”, condotto da un gruppo scienziati israeliani, americani e tedeschi coordinato da Amatzia Genin dell’Hebrew University di Gerusalemme ha po- tuto acquisire nuove informazioni sulle complesse dinamiche che portano alla formazione degli aggregati di fitoplancton. In passato non esistevano mezzi tecnici per poter osservare in mare i movimenti dei microrganismi che costituiscono il plancton, ora invece, un sistema di elaborazioni di immagini acustiche in 3D ha permesso agli scienziati di ricostruire i movimenti di centinaia di migliaia di individui che formano gli aggregati di fitoplancton. Si è così scoperto che questi microscopici organismi sfuggono alle correnti verticali grazie a velocissimi spostamenti che consentono loro di mantenere la loro posizione in profondità. Gli scienziati hanno così trovato una conferma al fatto che effettivamente i microrganismi si lascino trasportare dalle correnti, ma questi movimenti grazie all’interazione dei microrganismi avvengono solo in senso orizzontale. di Alicante che da alcuni anni collabora con la Nasa e per lo studio sono stati utilizzati dei satelliti che fanno parte del progetto “Ocean surface topograpy”. Per il momento gli scienziati non sono in grado di stabilire le cause di tale significativo aumento. Tra le possibili cause il tanto discusso “effetto serra” causato dalle attività umane. Comunque questo aumento di temperatura non è uguale per tutti i mari del Mediterraneo, per le acque spagnole ad esempio l’aumento è stato piuttosto contenuto mentre per il Mar Nero e per l’Adriatico l’innalzamento della temperatura è stato maggiormente significativo: rispettivamente 0,94 e 0,87 gradi centigradi. Nel complesso però la situazione resta abbastanza preoccupante soprattutto se confrontata con gli anni ottanta, quando l’aumento della temperatura dell’acqua superficiale del Mediterraneo era di soli 0,3 gradi ogni dieci anni. Fra dieci anni infatti si prevede l’aumento di un grado. La situazione quindi va tenuta sotto controllo perché il Mediterraneo è un mare importante ed è particolarmente sensibile ai vari tipi di inquinamento e proprio per questo ben si presta a studi che riguardano problematiche ambientali. INIZIATIVE Il «santuario» delle biodiversità In occasione della Giornata Mondiale degli Oceani è stata presentata la proposta del WWf per la creazione di sei aree protette d’alto mare, sostenuta anche da molti enti e istituzioni di ricerca internazionali. Infatti le aree a maggiore interesse biologico si trovano solitamente a ridosso del limite delle acque territoriali o nelle acque internazionali, ma non sono sottoposte a sistemi di protezione della stessa efficacia di quelli utilizzati per le acque costiere dei parchi marini. L’unica eccezione, attualmente, è il Santuario dei Cetacei che si trova nel Mar Ligure, sottoposto a tutela dall’Italia, dalla Francia e dal Principato di Monaco. Tra le aree proposte, due riguardano direttamente l’Italia: si tratta del Santuario delle Pelagie, nel canale di Sicilia, zona di ripascimento invernale delle balenottere, e della zona di mare a largo di S. Maria di Leuca, nel Mar Ionio, dove esistono colonie di coralli bianchi. La proposta del WWF è stata portata a Montecatini il 13 giugno, in occasione dell’incontro per la Convenzione sulla Biodiversità. 8 mare Mercoledì, 15 giugno 2005 SPORT La vela e il vapore (1) Suez, campane a morto per i velieri Nell’ultima settimana di maggio si daranno battaglia a Spalato nomi importanti della vela mondiale di Giacomo Scotti N ell’autunno del 1868 Pola è teatro di un grosso avvenimento. Un gran folla accorre sulle rive del porto per ammirare la fregata “Donau” da 2000 tonnellate di registro lordo e con 350 uomini d’equipaggio. È un ermafrodito, un veliero dotato anche di motore; fra alberi e vele spunta il fumaiolo. Con a bordo un gruppo di diplomatici ed esperti commerciali, compreso un ammiraglio, inizia un viaggio intorno al mondo. Eccetto gli ufficiali superiori, gli uomini d’equipaggio sono marinai delle isole e delle coste dell’Adriatico orientale. La nave lascia Pola nel settembre per farvi ritorno trenta mesi dopo, il 10 marzo 1871, dopo aver circumnavigato il globo. Il marinaio Matteo Politeo, da Cittavecchia sull’isola di Lesina, tiene un proprio diario del viaggio che rientra fra le imprese più notevoli della naviga- zione oceanica. Quello della “Donau” è il primo di numerosi “viaggi di missione” voluti dal viceammiraglio Wilhelm von Tegetthoff che nel febbraio 1868 è stato nominato comandante della Marina austriaca. D’ora in poi, ha deciso, queste missioni vanno organizzate almeno una volta all’anno, solcando tutti i mari. La nave in missione deve ospitare, oltre all’equipaggio, i neodiplomati dell’Accademia navale, i cadetti di Marina. L’inaugurazione di Suez Nel 1869, mentre la “Doneu” raggiunge Bangkok, i porti cinesi e giapponesi, avviene un altro fatto di rilievo, anzi straordinario: il 17 novembre viene inaugurato il canale di Suez. Il mondo è entusiasta, in Istria ed a Trieste i popolani cantano: “I marineri che vanno in Egitto Per i velieri il canale di Suez era... off limits L’ingegnere capo del cantiere di Suez era Antonio Lukovich o che bel sito che vanno a veder”. Il grande musicista italiano Giuseppe Verdi compone l’Aida per celebrare l’avvenimento. L’imperatore austriaco Francesco Giuseppe si presenta ai festeggiamenti con una squadra navale guidata dalla corvetta “Hengoland”, varata nell’Arsenale di Pola il 23 dicembre 1867. Sia fra i marinai della corvetta che fra i costruttori del canale, il veneto-istriano, il ciakavo e il serbocroato sono le lingue predominanti. Dalmati e istriani, infatti, sono quasi tutti gli uomini dell’equipaggio e qualche migliaio di dipendenti della “Compagnie Universelle du Canal Marittime de Suez” fondata dall’ing. Ferdinand de Lesseps. Quasi tutti si stabiliranno per sempre a Port Said, a Port Fuad, ad Alessandria e Suez, guadagnandosi da vivere come capitani e piloti, agenti marittimi e marinai, impiegati e operai portuali, dedicandosi al commercio e persino all’agricoltura. Uno dei principali collaboratori di Lesseps è l’ingegnere Antonio Lukovich, nato nel 1815 a Perzagno di Cattaro, laureatosi a Padova, perfezionatosi nelle università austriache. Nel 1850, quattro anni prima che Lesseps ottenesse la prima concessione per la costruzione del canale, il Lukovich si è trasferito ad Alessandria d’Egitto dove ha messo a punto i progetti per la costruzione della chiesa ortodossa di San Spiridione e di numerosi palazzi, ha partecipato alla costruzione della fortezza all’imboccatura del porto ed alla ricostruzione dello stesso porto. Dal 1854 al 1869 ha fatto parte della commissione internazionale di esperti per stabilire il tracciato del canale, ed ha collaborato alla sua costruzione. Ora è tra i personaggi festeggiati alla corte del viceré Ismail, quel viceré col quale avrà una contesa (la illustrerà lo stesso Lukovich nell’opuscolo “La lotta per il diritto nella patria dei Faraoni”), per cui sarà costretto a tornarsene in Dalmazia. Qui, fra l’altro, legherà il suo nome alla regolazione della foce del fiume Neretva. Si spegnerà a Venezia nel 1880. Quale rivoluzione porterà nelle navi e nella navigazione la nuova via d’acqua? Quali ne saranno le conseguenze per armatori, capitani e marinai dell’Adriatico? Non sta forse per suonare la campana a morto per la vela? Troppe domande, ma giustificate. All’ultima possiamo subito rispondere, precisando che il Canale di Suez discrimina la vela; non viene consentito il passaggio ai velieri, per cui chi è diretto all’Asia deve continuare a doppiare il Capo di Buona Speranza, cioè a compiere il periplo dell’Africa. I velieri, a lungo andare, non saranno sconfitti dal piroscafo, ma dal Canale. A lungo andare, diciamo, perché le vie che portano alle Americhe e al Nord Europa sono sempre quelle, per piroscafi e velieri in libera concorrenza; e poiché i commerci sono fiorenti anche nel Nord del nostro continente e nel Nuovo Mondo, i velieri servono ancor. Anzi, senza di loro si farebbe ben poco, i piroscafi non sono poi tanti. Infine, a parte il privilegio concesso ai piroscafi dell’esclusivo passaggio attraverso la nuova via d’acqua che taglia l’istmo fra la Africa e l’Asia, questo canale ha fatto nuovamente del Mediterraneo una “area mondiale” e si ha quindi un incremento generale della Marina mercantile in tutti gli Stati rivieraschi. A questo punto dobbiamo spendere due parole su Trieste e sulle iniziative del suo ceto mercantile. Fin dal 1866 ci sono stati tentativi di inserirsi nel giuoco d’affari aperto dai lavori per il taglio dell’istmo di Suez: un progetto per una spedizione commerciale in Estremo Oriente i cui preparativi sono stati promossi dal noto Tegetthoff; piani commerciali e coloniali legati alla presenza sull’effimero trono imperiale messicano dell’arciduca Massimiliano (poi fucilato nel 1867). È un momento di vera e propria Weltpolitik, di una politica mondiale del capitale “autenticamente triestino”. Il collegamento ferroviario con Vienna lungo la direttrice nord-sud e lo spostamento delle linee marittime da Venezia nel 1866 stabilizzano l’inserimento del porto giuliano nell’orbita centro-europea e danubiana; Trieste diventa il principale scalo di rifornimento per i prodotti mediterranei e di oltremare, oltre che porto di esportazione; si apre l’epoca delle grandi case di spedizione. Sempre in gara fumaioli e vele L’Adriatico diventa la via più breve fra l’Europa centro-danubiana e le regioni afro-asiatiche a sud e a est di Suez. I piroscafi aumentano? Bene. Il guaio è, semmai, che non aumentano più in fretta; e non riusciranno a colmare i vuoti lasciati via via dai velieri. Per ora sappiamo che il grosso della flotta mercantile adriatica è formato dai velieri e c’è per tutti molto lavoro; i patiti della vela non si spaventano, anzi prendono slancio. Ancor prima dell’inaugurazione del Canale di Suez, ma quando la sua costruzione è ormai terminata, nel 1868, le persone più danarose di Ragusa; con alla testa il dr. Ivan Rubricius, hanno costituito un Comitato promotore per la fondazione di una “Associazione Marittima Ragusea” che prende a funzionare il 24 aprile 1869 con l’acquisto di due grandi velieri: “Raguseo Primo” e “Raguseo Secondo”, costruiti nello squero dei fratelli Schiavon a Fiume. Nello statuto sociale si eviden- Il viceammiraglio Wilhelm von Tegetthoff zia l’intento di acquistare esclusivamente “velieri di lungo corso non inferiori alle cinquecento tonnellate di portata”. Sempre nel 1869 è nata una “Associazione Marittima Istriana” per la costruzione, l’acquisto e la vendita di velieri “e piroscafi”, per la navigazione “marittima e fluviale” con sede a Capodistria. Nell’iniziativa investono i loro capitali i massimi esponenti della borghesia istriana e alcuni triestini. Prima della fine dell’anno, l’Associazione è proprietaria di cinque velieri da lungo corso. Lussino, sempre nel 1869, ha raggiunto il massimo della sua potenza, gli armatori dell’isola possiedono centoventisette velieri di lungo corso e grande cabotaggio per un totale di 73.870 tonnellate. L’anno 1870 comincia ancora sotto il segno della vela con un’impresa eccezionale. Non ne è protagonista un legno mercantile, ma la gloria va pur sempre ai patiti delle bianche vele gonfiate dal vento: il raguseo Nicola Primoraz a bordo della barca a vela “The City of Ragusa” (lunga poco più di sei metri, larga un metro e alta ottantasei centimetri) attraversa l’Atlantico in navigazione solitaria da Liverpool a New York in novantadue giorni e torna da New York a Liverpool in trentotto giorni, stavolta in compagnia di un inglese e del suo cane, vincendo una scommessa di mille sterline. (1 e continua) Anno 1 / n. 3 15 giugno 2005 “LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina IN PIÙ, supplementi a cura di Errol Superina, progetto editoriale di Silvio Forza edizione: MARE [email protected] Redattore esecutivo: Ivo Vidotto / Art director: Daria Vlahov Horvat Redattore grafico: Dean Cernecca / Collaboratori: Lucio Vidotto, Franco Sodomaco, Danilo Prestint, Giacomo Scotti, Andrea Cvitan Foto: Lucio Vidotto, Franco Sodomaco, Goran Žiković