CORRADO GINI Colonie e materie prime Ho davanti a me due opuscoli recenti che costituiscono due nuovi anelli di quella sottile catena con cui certa quasi-scientifica propaganda britannica cerca di avvincere l'opinione pubblica internazionale. Entrambi trattano del problema delle materie prime: l'uno, pubblicato nel gennaio 1936, è dovuto a Sir Norman AngelI ed ha per titolo Raw maierials, populaiion pressure and mar (World Peace Foundation, Boston); l'altro, dell'aprile successivo, è distribuito dall'Information Department del Royal Institute of International Affairs ed ha per titolo Ram materials and colonies, * * * Il Sig. Norman (ora Sir Norman) AngelI ebbe momenti di grande popolarità nell'immediato anteguerra. È suo il libro The Great lllusion, a study of the relation of military pouier to national advantage, che dal 1909 al 1914 rappresentò un successo librario eccezionale. T esi del libro era che la guerra non poteva ormai apportare al vincitore alcun vantaggio economico. II vincitore distrugge le popolazioni nemiche e ne confisca la ricchezza? - Esso rovina se stesso, in quanto si preclude. in tal modo, gli sbocchi commerciali. Preferisce invece di imporre una indennità di guerra? - Sarà ricchezza avvelenata. il suo pagamento non potendo che far crescere a dismisura i prezzi senza aumentare il benes.. . strazione : ecco tutto. Sono colonie. infine, che il vincitore riesce a strappare al vinto? Ma le colonie militarmente rappresentano una debolezza, economicamente non costituiscono mai un vantaggio. Onde l'autore con- cludeva alla fntilità completa, dal punto di vista economico, della conquista armata e conseguentemente della forza militare (I). Nella edizione del 1914 (2), Norrnan AngelI ci informava come, in meno di tre mesi dopo la comparsa della sua opera, egli avesse rice ... vuto comunicazioni in proposito da quattro capi di Stato. Ambasciatori invocavano i principi da lui svolti in appoggio alle loro dichiarazioni politiche. Dal 1909 al 1914, l'opera aveva avuto, in inglese, 14 nuove cdi... zioni o ristampe; e 24 edizioni straniere, pronte o in preparazione, in 22 lingue diverse, stavano conquistando il mondo intellettuale delle cinque parti del globo. Discussioni erano seguite su molti grandi giornali: l'autore aveva risposto brillantemente alle obbiezioni. Nessuna confutazione organica alla sua tesi era sorta. Cosicché Norman AngelI poteva seriamente pensare che il mondo avesse riconosciuto l'inutilità economica delle guerre e queste, secondo quanto egli auspicava. doves... sero scomparire definitivamente. come erano scomparse le guerre di religione appena il mondo fu persuaso dell'impossibilità di costringere con la forza le credenze dei popoli. sere, qualora 1'indennità sia pagata in nu- (1) Cfr.• per l'esposizione e la critica delle idee del- rnerario, o rovinare le industrie nazionali. qualora sia pagata con beni in natura. Si risolve, la guerra, con l'annessione di nuovi territori? - Questi cambieranno di ammini... I'Angell, il nostro articolo Cause apparenti delle guerre in « Politica l). 1 maggio 1919, riprodotto in Problemi sociologici della guerra. Bologna, Zanicbelli, 1921, pagg. 51 e segg . (2) London, W. Heinemann . ~17- Quand'ecco una lieve incongruenza soprav .. venire: la guerra mondiale. e, particolare ancora più sconcertante, proprio motivata, dagli Imperi centrali che la dichiaravano, con necessità di carattere economico. E, quando, qualche anno dopo, gli Stati Uniti d'America si unirono agli alleati, pochi dubitarono che considerazioni economiche aves .. sero avuto gran parte nella loro decisione, come oggi nessuno, credo, contesta che dalla guerra essi abbiano enormemente guadagnato. La crisi odierna ha ridato fiato a Sir Norman Angell, che ripresenta la sua tesi, conveniente.. mente adattata alle circostanze, nel recente opuscolo sopra citato che passiamo ad esaminare. Egli sembra riconoscere che la conversione dell' opinione pubblica, che col suo libro poteva lusingarsi di avere operato prima della guerra, non è stata molto duratura, poichè comincia il suo dire (pag. 5) osservando che comunemente si ammette, quasi senza discussione, che la guerra moderna abbia le sue radici in necessità o in .cupidigie economiche e, oggi in particolare, nel bisogno che le nazioni industriali hanno di materie prime e di sbocchi per la crescente popolazione. Scopo dell'opuscolo è di esaminare la vera essenza dei pro . . blemi delle materie prime e della popolazione (pag. 8), dimostrando che la soluzione loro non si può ricercare in una modificazione delle frontiere (pag. lO). Ecco i punti essenziali della sua tesi (cfr. particolarmente pago 11). U n'autosufficienza economica non è garanzia di prosperità, nè condizione necessaria ad un alto livello di benessere. Il problema delle materie prime non è un problema di deficit; di materie prime vi è, al contrario, sovrabbondanza, e le nazioni che le posseggono sono ben liete di poterle vendere. La difficoltà, per le altre nazioni, è solo di trovare i mezzi di pagamento necessari. Nè con la scarsezzza di materie prime ha alcun rapporto la crisi attuale. Un riassetto delle attuali frontiere, cosi da rendere ogni nazione relativamente autonoma dal punto di vista economico, costituisce una impossibilità materiale. se si vuol conservare un livello di vita civile, e, quand'anche esso riuscisse possibile, la soluzione non potrebbe durare più di qualche anno, chè le nuove invenzioni e i modificati bisogni la renderebbero ben presto inadatta. Nè vi sarebbe alcuna garanzia che essa portasse alla pace: se, ad esempio, il Trattato di Versailles venisse completamente riveduto, COSI da porre la Ger'mania nella sua posizione prebellica, nessuna garanzia di pace ne seguirebbe. chè, appunto quando la Germania era in tale posizione. la pace non fu mantenuta. Nè il problema delle materie prime, nè quello della popolazione possono essere risolti con la conquista di colonie o l'attribuzione di mandati: è un errore parlare di ( proprietà» di una colonia da parte della madre patria; in realtà la madre patria non ha su di essa nessuna proprietà; proprietari sono i privati [pagg. 1923) e il cambiamento di dipendenza politica della colonia dall'una all'altra nazione non altera -menomamente la fondamentale situazione economica (pag. 21). Lungi dall'essere necessarie o sufficienti al benessere della madre patria, le colonie o altre dipendenze territoriali spesso le sono economica.. mente dannose. in quanto introducono entro le frontiere pericolosi concorrenti alle indu .. strie nazionali, come insegna l'esperienza dell'India, delle Filippine, e della Manciuria (pagg. 26-27). In definitiva. le correnti commerciali non si dimostrano affatto legate alla dominazione politica (pagg. 21-23). Per ciò che concerne la popolazione, gli esempi delle colonie tedesche, italiane e giapponesi dimostrano come le conquiste territoriali non possano fornire uno sbocco per la popolazione sovrabbondante, la quale continua, invece, a riversarsi in altre terre economicamente più attraenti (pagg. 34-39). Quali dunque le direttive per una soluzione? Primo compito, secondo l'A., è che il Governo britannico, in accordo con l'offerta fatta da Sir Samuel Hoare, prenda l'iniziativa per una investigazione internazionale su tutta la situazione delle materie prime [pag. 43). Se l'inchiesta dovesse provare, come essa proverebbe, che la difficoltà non viene da scarsezza delle materie prime o da difficoltà alloro accesso, ma dalle barriere frapposte alla cooperazione e agli scam-bi internazionali. si sarebbe fatto un gran passo (pagg. 43-44). Senza -18pensare ad attuare una politica mondiale di libero scambio, che, anche se possibile, riuscirebbe disastrosa, si dovrebbe poi stabilire come principio fondamentale di corretta condotta internazionale e Come parte dei doveri di buon vicinato, di non modificare le tariffe doganali, e analogamente la politica monetaria che a queste è indissolubilmente connessa, senza consultare le altre nazioni, così che ogni Stato venga a proteggere i propri interessi senza danneggiare gli altrui (pag. 45). * ** L'auspicato progetto di un'inchiesta sulle materie prime, se non dal Governo britannico, viene attuato, in relazione alle colonie, dal Royal Institute of International Affairs nell'altro opuscolo sopracitato. L'Istituto si dichiara un ente non ufficiale e apolitico, diretto a promuovere e facilitare lo studio scientifico delle questioni internazionali, Il suo Information Department pubblica opuscoli diretti a fornire un esposto conciso ed obbiettivo dei fatti necessari a comprendere taluni argo... menti di attualità. t: però proibito all'Istituto di espri mere un 'opinione su un aspetto qual ... siasi dei problemi internazionali, così che le opinioni espresse in questo opuscolo, come viene dichiarato preliminarmente, con una affermazione più categorica di quella con ... tenuta in altre pubblicazioni uscite sotto gli auspici dello stesso Ente, non sono le opinioni dell'Istituto (I), Poichè, d'altra parte, manca ogni nome di autori o collaboratori o ispiratori dell'opuscolo, il lettore si trova di fronte ad una pubblicazione di cui nessuno assume la responsabilità e la sua umana curiosità di cono... scere gli autori di qualche peregrina argomen.. . razione è destinata a rimanere insoddisfatta. Gli anonimi autori concordano, in sostanza, con tutte, si può dire, le tesi esposte da Norman AngelI, per quanto sia da riconoscere che l'opuscolo del Royal Institute of International Affairs si presenta con apparenza di serietà (1) «Any opinione expressed in this publication are not, therefore, the views of the Institute a (pag . 2). In testa al volume del Prof. Carr Saunders World Population, uscito contemporaneamente sotto gli auspici dello stesso Istituto, viene solo dichiarato che le «opi... nions expressed in this bcck are therefcre purely individual e . molto maggiore di quello di Norman Angeli. Questi, infatti, lavora in gran parte su discorsi di uomini politici o su articoli di giornali o su autori generalmente di secondo o terzo rango ed ignora completamente le opere più ap- profondite sulle materie prime: l'inchiesta della Società delle Nazioni (1921) e le pubblicazioni dell'American Academy of PoliticaI and Social Science (1924) e della Brookings Ìnatitution (1930), mentre i collaboratori del Royal Institute mostrano di conoscere, insieme COn molte altre. queste fonti, per quanto le citino solo incidentalmente, apigojandone qualche notizia che si accorda con le loro direttive, La tesi, però, su cui essi particolarmente si soffermano, è che un rimaneggiarnento delle colonie, e più ancora dei mandati, non risponderebbe alle richieste delle potenze insoddisfatte: Germania, Giappone e allora (aprile 1936) Italia, Essi intendono dimostrare che il contributo di tali territori alla produzione mondiale delle materie prime è di poco momento, poichè, salvo la gomma e forse lo stagno, non vi sono materie prime importanti prodotte nelle colonie (pag. 17), Altre materie prime secondarie, come la copra e l'olio di palma, provengono bensì quasi esclusiva.. . mente dalle colonie, ma esse sono facilmente soatituibili con altri prodotti non coloniali (pag. 17), E tutti gli Stati sono ben lontani dal bastare a se stessi; tutti dipendono dall'estero per molte importanti materie prime (pag. 29), Ne la situazione risulta essenzialmente diversa per ciò che concerne i prodotti alimentari, in quanto solo la produzione colo . . niale di cacao. tè, canna da zucchero e banane assume sensibile importanza (pag. 33). D'altra parte, le restrizioni dirette (quali discriminazioni nei diritti di esportazione, restrizioni allo sfruttamento e organizzazioni monopolistiche a carattere internazionale), imposte dagli Stati coloniali all'uso delle materie prime coloniali da parte degli stranieri, non hanno attualmente nè estensione nè importanza (pag. 51). Se l'uso ne è impedito, ciò dipende sostanzialmente dalle restrizioni indirette derivanti dall'interruzione del commercio internazionale (pag. 51), di fronte al quale anche i dazi preferenziali di importazione da parte delle colonie sono di poco momento 19(pag. 36). Più volte si riconosce, però, che l'economico è solo un aspetto del problema; considerazioni di prestigio, di strategia, di psicologia sono anche importanti e devono esse pure venir tenute presenti (pagg.5 e 51). A questo riconoscimento. ripetuto sulla soglia delle conclusioni, l'animo dell'ingenuo lettore si apre alla speranza, perchè - egli pensa - se da una parte le colonie servono così degli indigeni per rendere detto passaggio giustificabile [pag. 52). Certo il lettore dovrà riconoscere che queste preoccupazioni appaio- no naturali sulla bocca di cittadini dell'lmpero britannico. il quale cosi amorevolmente si è sempre preoccupato e si preoccupa dei diritti di autodecisione delle popolazioni dell'India, dell'Egitto e della Palestina, come in passato si è preoccupato di quelli delle colonie americane, e dei Boeri, e che giammai avrebbe accettato o accetterebbe alle poco alla madre patria e questa non è particolarmente gelosa del loro sfruttamento, e se, d'altra parte, certi irrequeti scavezzacolli della politica internazionale hanno curiose ubbie sue dipendenze popolazioni di cui non risultasse inequivocabiImente il volonteroso coloniali e minacciano per esse di mettere il consenso o quanto meno la completa indiffe- mondo a soqquadro, la logica porterebbe ad renza alla sua sovranità. il vecchio genitore cede Perciò, dunque, la soluzione della cessione di sorridendo una vecchia cianfrusaglia al ca... priccioso bambino che si rjprcmette di farne chissà che cosa. I doni. invero, non hanno mai abbassato il prestigio del donatore e, fatti colonie o mandati alle nazioni insoddisfatte è scartata, e poca simpatia viene ugualmente dimostrata per la creazione di mandati inter- tempestivamente e spontaneamente, generano amicizia. Vi è, certo, il punto di vista militare, ma alcune colonie per intero. e altre in parte, rappresentano. da tale punto di vista. più pagnie autorizzate ad operare nel campo colo.. accontentarli. come una debolezza che una forza, e, per quelle che rappresentano una forza, il mantenimento dei gangli vitali varrebbe, non solo a salvaguardare la potenza del donatore, ma ad nazionali (pagg. 52-53) o di grandi com- niale per conto delle nazioni insoddisfatte (pag. 55), mentre le proposte prese in considerazione si riducono a qualche garanzia internazionale di libero accesso alle colonie sotto ]'egida della Società delle Nazioni (pagg. 55-56), o alla trasformazione delle attuali- colonie in mandati societari di tipo B accrescerla. mettendo alla sua mercè, in caso di ostilità armata, i t~rritori ceduti. (affidati, naturalmente, alle attuali potenze coloniali) (pagg. 53-54), ma non senza sostan- Senonchè il lettore ingenuo non si rende ziali compensi, quali, fra altro, una conven . . zione per il disarmo ed un mutuo sistema di conto della finezza dei sentimenti dei nostri autori. Essi vogliono evitare ai poveri illusi anche ]'amarezza di una sia pur parziale disillusione, e poi paternamente si preoccupano difesa (pag , 54), con lo scopo evidente di garantire indefinitamente lo statue qua. della sorte degli indigeni e dei loro diritti di * * * autodecisione. Colonie o mandati non potreb.. . bero fornire le. materie prime necessarie, nè Viene fatto di domandarsi se gli autori di questi opuscoli e coloro che al di qua e al di là dell'Atlantico fanno loro eco, affan- mitigare le difficoltà dei cambi nella misura che le nazioni dinamiche si imaginano,·e perderebbero molto delle loro attrattive in seguito alle garanzie che bisognerebbe pur dare agli indigeni [pag. 52) per non rendere lo sfruttamento delle risorse naturali incompatibile coi loro interessi (pag, 51). E poi conviene pensare agli oneri in cui incorrerebbero le nazioni a cui fossero accollati, con le colonie, i debiti rispettivi, senza parlare del volonteroso consenso, o quanto meno del completo disinteressamento, al passaggio, che sarebbe necessario ottenere da .parte nandosi per dissipare. come essi dicono. le illusioni altrui. non sieno invece per avventura essi stessi le vittime di gravi illusioni. Sudditi di un vasto lmpero, che è accusato davanti alla storia di avere sfruttato a vantaggio proprio le - terre occupate in nome del progresso, e vede con inquietudine sorgere nuove potenze imperialistiche. e sente per ogni dove le sue dipendenze minacciate dai malcontenti in.. terni e dalle esterne pressioni; o cittadini di giovani nazioni, a cui la dovizia delle risorse naturali e gli apporti gratuiti di forze di lavoro -20 hanno dato una prosperità materiale che costi.. tuisce la loro ragione di vita e che temono di in quanto sia possibile, di prevenirli od atte.. nuarli con equi accordi o tempestive conces- perdere; o piccoli borghesi di piccoli state- sioni. D'altra parte, la tendenziosità della loro relli senza possibilità di costituirsi una indi .. tesi è così manifesta, che, se essi possono per... suadere i cointeressati o trarre in inganno vidualità economica autonoma, che paventano di restare schiacciati nell'espansione delle gli indifferenti, riescono solo ad esasperare grandi potenze e, privi di proprio prestigio internazionale, non hanno altra speranza di coloro a cui negano giustizia e provocano in questi, per reazione, il disconoscimento anche pesar sulle sorti del mondo che attraverso di quel nucleo di verità che la loro tesi con- gli organi societari, essi si illudono di essere tiene. indipendenti e obbiettivi nell'architettare le Molti pensano che nulla abbia tanto contribuito alla scoppio della guerra mondiale quanto l'illusione, diffusa in larghi settori delle loro costruzioni quasi ..scientifiche, mentre queste 'sono in realtà nulla più che l'incoercibile manifestazione delle preoccupa.. . zioni che dominano il loro subcosciente. Quan.. do gli interessi o i sentimenti loro sono seria . . mente intaccati, crolla la fragile superstruttura classi dirigenti, particolarmente in Inghilterra, che una guerra europea fosse ormai praticamente impossibile, e pochi ne sono maggior- della loro logica. E cosi si è visto Norrnan Angell, sostenitore della futilità delle guerre e dell'indifferenza della sovranità territoriale, adoratore della pace mondiale, farsi, proprio coi suoi scritti, si era tanto adoperato per far sorgere tale illusione. Se domani la pressione mentre il suo opuscolo veniva pubblicato, uno dei più accesi sostenitori delle sanzioni -economiche contro l'Italia e, se quanto i giornali riferivano è vero, uno degli apostoli più irrequieti dell'adozione di quelle sanzioni militari che avrebbero sicuramente portato ad. una conflagrazione mondiale. Se questa è l'illusione di un rumoroso, ma ristretto, gruppo di propagandisti, vi è un' altra illusione, che non è solo la loro, quella, cioè, che una propaganda siffatta contribuisca alla causa della pace. A Norrnan Angell, appunto, è stato assegnato, tempo fa, il premio N obel per la pace e il suo recente opuscolo è pubblicato dalla World Peace Foundation di Boston, che ha per iscopo di Promuovere con ogni mezzo pratico la pace e il buon volere in seno mente responsabili di Norman Angeli, che, delle nazioni tuttora insoddisfatte, diretta ad assicurarsi sbocchi demografici e rifornimenti di materie prime, dovesse portare ad una nuova conflagrazione mondiale, una grande respon.. sabilità ricadrebbe sopra questi vecchi e nuovi, palesi od anonimi, sornministratori di oppio. *** Il nucleo di verità che la tesi accennata contiene è che la completa autosufficienza economica di uno Stato non è praticamente realizzabile. Se non che, notoriamente, tale non è, nè mai fu, il programma enunciato delle na... zioni insoddisfatte, neppure nei discorsi politici intesi a galvanizzare le folle ed a cui sarebbe Iuor di luogo richiedere la precisione del linguaggio scientifico. Ma da tale ideale, ricono... sciuto praticamente irraggiungibile, ad una si.. tuazione che metta la nazione alla rnercè di uno all' umanità. Le buone intenzioni di questa o di pochi altri Stati, ci corre. Pur fallito, il brava gente possono essere ammesse, ma, in tentativo sanzionista, mostrando la possibilità che anche molti Stati si coalizzino, per ragioni fondate o per coperti interessi, contro uno solo, ha naturalmente accentuato il programma minimo dell'autosufficienza economica. Anche in questa materia, avviene degli Stati come degli individui: bastare a se stesso è, per un individuo, nella attuale società civile, impossi.. realtà, gli effetti della propaganda cbe essi favoriscono e premiano, risultano ben diversi dagli scopi dichiarati. Gonfiando un nucleo di verità fino a fargli perdere le essenziali caratteristiche del reale, sfruttando l'ingenuo quietiamo delle anime buone e delle anime pavide, essi addormentano l'opinione pubblica coi fumi delle loro utopie ed impe- bile, ma ciò non significa che sia desiderabile discono agli elementi responsabili di rendersi conto delle cause profonde che maturano gli Una condizione in cui tutta la sua esistenza dipenda esclusivamente da una o da poche squilibri fra le nazioni e di tentare seriamente, persone. Il piccolo numero degli Stati esi- -21 stenti In confronto al grande numero degli individui fa sì che sia più facile che un' eccessiva dipendenza si verifichi per una nazione che per una persona, e rende corrispondentemente maggiore l'importanza dell'autosufficienza economica nella politica economica internazionale che nell'economia -individuale. Che, come osserva l'AngelI (pag. 11), l'autosufficienza economica non basti a determinare la prosperità di una nazione. e similmente di un individuo, è certo; per quanto nulla provi la constatazione che molti Stati, i quali in misura maggiore bastano a se stessi, sono anche tra i meno prosperi. Ciò dipende invero, dal fatto che essi sono economicamente i meno evoluti; per essere probativo, il confronto dovrebbe farsi tra paesi che si trovano allo stesso stadio di evoluzione. E che l'autosufficienza economica non sia necessaria a raggiungere un alto grado di prosperità (cfr. AngelI, pago 10; R. M. C. pago 14) (1), è pure certo. L'esempio, da questi autori citato, dell'Inghilterra si presta tuttavia alla facile osservazione che essa stessa ha tanto avvertito i pericoli del sistema da ritenere necessario di assicurarsi il dominio dei mari. un programma che ovviamente non è attuabile per tutte le nazioni. Si deve anzi riconoscere senza difficoltà che, momentaneamente almeno, e Iinchè durano gli scambi normali, la divisione del lavoro è utile ed ogni sua riduzione, diretta ad accentuare l'autosufficienza economica. non può pertanto che diminuire il livello della prosperità. Se non che ogni persona di buon senso. ed anche i teorici dell'economia, da Adamo Smith in giù, ben riconoscono che la sicurezza deve andar avanti alla prosperità, o quanto meno deve essere presa in considerazione collateralmente con questa. Tra il punto di vista dell'economia classica e quello della moderna politica economica. la differenza non è di principio. ma di misura, in quanto questa insiste molto più di quella sulla sicurezza. quella concentrando la sua attenzione esclusivamente o quasi sui pericoli della guerra armata. e questa invece attribuendo importanza anche ai pericoli delle guerre e delle crisi economiche. Ciò è dovuto alla circostanza - che solo di recente si è cominciata a valu(I) R. M. C. = Raw Materials and Colonies. tare a pieno - che il lungo intervallo che va dalle guerre napoleoniche al principio del nostro secolo, durante il quale la teoria economica fu sistemata e codificata. ha presentato caratteri. da molti punti di vista. assolutamente eccezionali. Esso ha rappresentato per l'Europa un periodo di normale sviluppo, solo rare volte interrotto da brevi e. in definitiva. non profonde crisi, un periodo. quale non si incontra risalendo per molto tempo addietro e quale probabilmente non si incon-trerà per molto tempo in futuro. Ma, per il passato più remoto, sono tutt'altro che ignoti esempi di Stati ridotti a mal partito dalla loro dipendenza economica; uno dei più significativi è quello della repubblica fiorentina rovinata dalla reciaione dei rifornimenti la.. nieri che dalla Gran Bretagna alimentavauo la sua fiorente arte della lana. E, per il presente, non occorre citare il tentativo - abor.. tito per la rapida vittoria militare - delle sanzioni contro l'Italia, perchè tutta la crisi attuale è la documentazione vivente dei peri.. coli di una interdipendenza economica tra gli Stati. non garantita, nella sua continuazione. da una corrispondente interdipendenza po .. litica (1). Tutti sono d'accordo, credo, che fu la rottura della collaborazione economica internazionale a far assumere alla crisi, già iniziata in alcuni paesi. il suo carattere mondiale; ma non tutti apprezzano o sanno logicamente connettere a questa due altre verità: la prima che la gravità della crisi è derivata dalla specializzazione, che è quanto dire dalla mancanza di autosufficienza. che le economie nazionali erano venute assumendo per l'incontrollato o mal controllato regime degli scambi internazionali; la seconda che. finchè non ci sia un'autorità superstatale, è vano sperare che. in periodi di difficoltà, i singoli paesi non facciano il comodo loro. regolando la loro azione di fronte ai paesi esteri in base al vantaggio (1) Cfr., in proposito. l'articolo su Gli sviluppi della crisi mondiale. in questa stessa Rivista, II trimestre 1934, e. per maggiori sviluppi. il volume Prime linee di Patologia Economica (Milano, Ciuffrè, 1935), pagg. 572-576. e l'altro articolo I problemi della dieìribozione internazionale della popolazione e delle materie prime, in (( Rivista di Politica Economica », Anno XXVI, Fase. IV. 1936. -22proprio e non a quello del genere umano. a ripetere (1), particolarmente grave, del Ma un'autorità superstatale non esiste, nè problema dell'autosufficienza economica. E si vede per ora donde possa spuntare, e la particolarmente grave sarebbe quindi affidarne Società delle Nazioni - a parte il fatto che la soluzione, o la sorveglianza di una qualsiasi ha tanto perduto di autorità - è proprio il sua soluzione, alla Società delle Nazioni. contrario di un'organizzazione superstata]e, Sarebbe, oltre che particolarmente grave, perchè, invece di esigere. come questa deve, particolarmente ingenuo dopo la incapacità la subordinazione degli interessi dei singoli specifica che la S. d. N. ha già dimostrato Stati al vantaggio generale. tende alla subor- ad affrontare adeguatamente il problema (2). dinaaione del vantaggio generale aH'interesse Doppiamente ingenuo poi affidarle la sorvedi alcuni Stati (nominativamente Inghilterra glianza delle attuali colonie trasformate in e Francia) che hanno saputo assicurarsi negli mandati di tipo B, sui quali tutti i suoi poteri consistono nel chiedere spiegazioni intorno organi _societari posizioni di preminenza al rapporto presentato dalla potenza mandacome ben sa ognuno che della Società delle Nazioni abbia anche una superficiale espe- taria. Non credo che tali progetti abbiano alcuna rienza. Ciò spiega perchè Inghilterra e Francia si trovino sempre concordi, come avvenne probabilità di essere presi sul serio. Essi st~nno appunto nell'inchiesta sulle materie prime solo ad attestare come la necessità di provvedi.. . del 1921. nell'opporsi sistematicamente ad menti internazionali per risolvere il problema ogni proposta che possa conferire alla Società delle materie prime sia ormai universalmente delle Nazioni attribuzioni superstatali (I). riconosciuta. Nè si tratta di Un problema soprattutto Onde deleterio programma è quello, patrocinato nei due opuscoli sullodati e in tanti potenziale, come si vorrebbe far credere altri superficiali scritti e discorsi dell'ora (R.M.C., pago 51), in quanto oggi gli stranieri presente, di ripristinare la collaborazione e gli non siano posti in sensibili condizioni di in.. . scambi internazionali senza una garanzia ferio rità nello sfruttamento o nell'acquisto superstatale, Saremmo sicuri di ricadere (al delle materie prime coloniali. Che oggi, per molte materie prime, Cl SIa sorgere di nUOVe difficoltà) in una crisi forse Una crisi di sbocchi, anziché una crisi di depiù grave dell'attuale. Peggio poi se la collaborazione fosse ripristinata sotto l'egida della ficit come si avverò nell'immediato dopo Società delle Nazioni, chè dovremmo temere guerra, e che quindi i produttori siano preoc . . che la ripresa fosse rallentata e la ricaduta cupati della loro vendita, è vero. Ma essi, affrettata e aggravata da una considerazione in molti casi, vogliono poi venderle a prezzi preponderante degli interessi di due nazioni di monopolio, oppure i prezzi risultano grache indubbiamente furono grandi e che lo vati da dazi all' esportazione. E poco vale l'ossono tuttora, ma che vengono e per il servare che tali prezzi o dazi non discriminano tra consumatori locali e stranieri (R.M.C., vantaggio dell'umanità è bene che vengano cedendo terreno di fronte a stirpi demogra- pago 46). Alle volte il consumo locale è traficamente più vigorose. *** Il problema delle materie prime è un aspetto particolare. ma, per ragioni che non starò qui (I) Cfr. L'enquéte de la S. d. N. sur la cuestion des matières premières et des denrées olimentaires, « Metron », Val. II, n. 1~2, 1922" dove il testo dell'inchiesta è corredato di abbondanti note e di un'appendice che mettono in luce l'attitudine che hanno preso, in tale occasione, gli organi della S. d. N. e in particolare i rappresentanti di tal une nazioni, (1) Cfr. l' articolo Il problema delle materie Prime in «( Rivista di Politica Economica )), An. XXII, fase. XII, 1932 e Patologia Economica. cit., pagg. 163 et segg. (2) In occasione dell'inchiesta del 1921. Vedi, per la inconcludenza delle conclusioni raggiunte dagli organi societari, la citata pubblicazione in « Metron », Val. II, n. 1~2, 1922, o anche il Rapport sur certains aspecìs du tnoblème des maìières tnemières (contenant en annexe les documento sur la matière presentée à la Section par M. le Prof. C. Gìni) , presentato dalla SECTION EcoNOMIQUE della COMMISSION ECONOMIQUE ET FINAN~ CIÈRE PROVISOIRE. SOCIÉTÉ DES NATIONS, Doc. C. 51, M. 18, 1922, -23~ scurabile di fronte allo straniero, cosicchè questo in pratica sopporta tutto l'onere della maggiorazjone del prezzo. In ogni modo, qualunque sia la parte del consumo locale, l'osservazione assume diversa portata quando dal punto di vista individuale si passa a censidcrerc il punto di vista nazionale; poichè, se il gravame della maggiorazione del prezzo si divide allora tra consumatori nazionali e stranieri, il maggior ricavato va però per intero ai produttori o al fisco del paese, cosi che in ogni caso l'economia del paese produttore. sotto questo aspetto, ne guadagna e quella degli altri paesi ne perde (I). Anche il dire che la questione delle materie prime abbia poco a che fare con la crisi attuale è inesatto, e anzi doppiamente inesatto. t: certo, infatti, che le coalizioni di produzione e di vendita, che comprendono ormai una parte ragguardevole delle materie prime industriali ed alimentari. da una parte contribuirono a preparare il terreno alla crisi e, dall'altra, l'aggravarono impedendo o ritardando l'azione delle forze riequilibratrici (2). Non è il caso di seguire la dettagliata discussione che, nel!'opuscolo del Royal Institute of lnternational Affairs si fa sulla libertà di accesso alle materie prime nelle colonie o nei mandati. La discussione, non solo è, in più di un punto, lacunosa, come abbiamo detto o diremo (3), ma è, soprattutto, non rispondente al fine di dare un'immagine precisa della situazione dei vari territori. Poco serve infatti allo scopo il mettere in luce che i diritti preferenziali di entrata o quelli di uscita si applicano solo a certi territori. e che pure soltanto ad alcuni territori. uguali o diversi dai primi, si applicano le restrizioni allo sfruttamento. e ancora in alcuni territori soltanto, uguali o diversi dai primi e dai secondi, sono organizzate coalizioni di produttori a portata internazionale. Quello che sarebbe stato interessante mettere in -luce. è se e quali sono i paesi in cui non esistono nè diritti preferenziali di entrata o di uscita, nè restrizioni allo sfruttamento, nè coalizioni di portata internazionale. nè {punto importante che l'opuscolo completamente trascura) divieti o restrizioni all'immigrazione. chè non è facile sfruttare le materie prime di un territorio senza potervi mettere piede od importare personale adatto e fidato. Certo sarebbe risultato che ben pochi paesi, e forse nessuno, si trova in tali condizioni; e, se qualcheduno in tali condizioni si trova, si tratta, si può starne certi. di un territorio sitibondo di mano d'opera e di capitali, ma pronto, d'altronde, a cambiare di politica appena tale situazione venga a cessare. Più obbiettivi o meno sempjicisti di Sir Normann AngelI (conviene render loro, su questo punto, giustizia), gli autori dell' opuscolo, d'altra parte, debitamente riconoscono [pag. 41) che, anche quando nessuna restrizione vi sia. una preferenza del commercio di una colonia o di un mandato a dirigersi verso la metropoli può risultare dalla comunanza di linguaggio e di. moneta, dalla nazionalità del personale amministrativo e spesso dalla nazionalità della maggioranza della popolazione immigrata nel paese, alle quali circostanze noi aggiungeremo quelle. (1) Resta naturalmente, in ogni caso, per il paese pure importanti. delle più attive e comode produttore, il danno che deriva dalla minore vendita. comunicazioni con la madre patria, dei riforUn esame delle ipotesi in cui il gettito lordo di un nimenti da questa inviati al personale della dazio all'esportazione, non -avente carattere disc-iamministrazione e delle guarnigioni, della minativo, riesce vantaggioso o può invece riuscire danpreferenza della popolazione per la moda della noso allo Stato che lo impone, è fatto nella Appendice l al nostro scritto La revisione del processo contro il tnomadre patria, de! prestigio che presso gli tezionismo, in « Atti del I Congresso Nazionale di Chi. indigeni ha tutto ciò che proviene dalla namica Pura ed Applicata ll, (Roma, 3-6 giugno 1923) e zione dominante. in ( Economia) (giugno e luglio l 923), riprodotto in Quando certi fenomeni rappresentano la « Scritti di Politica Economica» n ...9, dal Circolo di Studi risultante di un complicato groviglio di fattori, Economici di Trieste, 1923. (2) Cfr. Patologia Economica, cit., pagg. 559, 560, assai più che un esame analitico. il quale, inevi562, 573. tabilmente, di tutti i fattori non può tener (3) Particolarmente per la mancata considerazione dei conto e, tanto meno, può misurare gli effetti dazi all'esportazione aventi carattere non discriminadi ciascuno. vale una misura sintetica a base tivo (dr. sopra, pago 22) e dei divieti o restrizioni alstatistica. Nel nostro caso, essa deve dirci se, l'immigrazione (cfr. sotto, in questa stessa pagina). -24per effetto di tutti i fattori sopra esposti, e, eventualmente, di altri, pondera bili o imponderabili, le correnti commerciali di una colonia o di un mandato hanno tendenza a dirigersi di preferenza verso il rispettivo paese dominante. Sia Norman AngelI che gli anonimi autori del secondo opuscolo, ricorrono anche a tale misura; ma, manifestamente inesperti in fatto di metodi statistici, adottano criteri erronei che non permettono alcuna conclusione. Questi ultimi autori si basano, infatti, sopra la percentuale che una potenza coloniale o mandataria rappresenta sopra il commercio del ter- ritorio dipendente; ed arrivano alla conclusione che, nelle colonie, le importazioni arrivano predominantemente dalla madre patria, ma che tale non è sempre il caso per i mandati (cfr. pagg. 38, 41, 45). Non diversamente, o peggio, fa l'Angeli. Considerando i domini britannici dell'Australia e del Canadà, egli trova chc all'Australia spetta, sulle esportazioni dalla Gran Bretagna, una porzione più piccola che ai paesi scandinavi, e che il Canadà (qui, anzi, egli considera solo i valori assoluti) importa meno dalla Gran Bretagna che dagli Stati Uniti (pagg. 22-23). La fallacia di tali procedimenti è ovvia. Vi è proprio da meravigliarsi se la percentuale, che sulle importa- zioni del Ruanda-Urundi spetta al Belgio, malgrado la sua posizione di potenza manda- taria, rimane inferiore a quella della Gran Bretagna, quando l'ammontare complessivo delle esportazioni belghe è minore del terzo del rispettivo ammontare delle esportazioni Si considerino, ad esempio, due colonie contigue dipendenti da due paesi che, data la distanza, non si possano considerare, dal punto di vista geografico, in condizioni sensi.. . bilmente diverse. Tali, ad esempio, la Costa d'Avorio e la Costa d'Oro, colonie, rispettivamente, della Francia e della Gran Bretagna. Esaminiamo, ora, quali sono percentuale, che, sulle importazioni qui consi- derate della Costa d'Oro, spetta alla Gran Bretagna, è maggiore, e di quanto, della percentuale che alla Gran Bretagna spetta sulle importazioni qui considerate della Costa d'Avorio? In altre parole, quale è il valore della differenza - -IOG --- - IOG lAG ------) + IOF JAG + lAF' E, analogamente, possiamo domandarci: la percentuale, che. sulle esportazioni qui considerate della Gran Bretagna, spetta alla Costa d'Oro, è maggiore, e di quanto, della percentuale che alla Costa d'Oro spetta sulle importazioni qui considerate dalla Francia? Qual'è, in altre parole, il valore dclla differenza IOF I~~-~~D~ ? britanniche? o se i paesi sca.ndinavi importano dalla vicina Inghilterra più di quanto importa l'Australia collocata agli antipodi? o se il Canadà importa dai contigui Stati Uniti più che dalla lontana madre patria? Quello che converrebbe sapere è se il Ruanda-Urundi importerebbe meno dal Belgio e più dalla le importazioni delle due colonie dalle madri patrie rispettive. Avremo così quattro dati: 1° importazione della Costa d'Oro della Gran Bretagna (lOG); 2° importazione della Costa d'Oro dalla F raneia (IOF); 3° importazione della Costa di Avorio dalla Gran Bretagna (lAG); 4° importazione della Costa d'Avorio dalla Francia (lAF). Ora noi dobbiamo domandarci: la Se noi prendiamo una media (e ragioni tecniche, che qui non è il caso di spiegare. consigliano di prendere la media geometrica) delle due differenze, otteniamo un buon indice della prefe- Bretagna dipendessero, ma, rispettivamente. renza del comme-rcio delle due colonie considerate verso la rispettiva madre patria. Tale indice raggiungerebbe unità nel caso di pre... ferenza assoluta, in cui ognuna delle due colonie facesse tutte le importazioni qui con- dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti d'Ame- siderate dalla madre patria e nessuna dalla rica. Una risposta rigorosa a tale questione, naturalmente, non può darsi; ma la ricerca si può, in molti casi, impostare in modo che una risposta attendibile ne scaturisce. madre patria del paese contiguo, e scendercbbe, invece, allo zero nel caso in cui ciascuna Gran Bretagna e, analogamente. il Canadà meno dalla Gran Bretagna e, più dagli Stati Uniti, qualora, non dal Belgio o dalla Gran r delle due colonie importasse, indifferentemente, dall'uno o dall'altro dei due paesi do- -25minanti (1). Nel nostro caso, l'indice risulta = 0,62 per il 1913, = 0,64 per il 1927 e = 0,73 per il 1932 (2). Da oltre un quindicennio, io ho intrapreso e sto dirigendo pazienti ricerche in questo senso per tutti i paesi per cui confronti sono possibili e plausibili (3). Già sono state considerate oltre 130 coppie di paesi, sia per il periodo prebellico (1913), sia, nel dopo guerra, per il 1926 (o 1927) e per il 1932, ed ora si stanno eseguendo i calcoli per i più recenti dati del 1934 (4). Non è il caso di esporre tutti i suggestivi risultati. Limitandomi a qualche dato preliminare sull'argomento che qui ci occupa, dirò che furono esaminate le relazioni di una sessantina di coppie di colonie con le rispettive metropoli e furono divise (1) Cfr.• per questo metodo, la nostra memoria Indici di omofilia e di rassomiglianza e loro relazioni col coefficiente di correlazione e con gli indici di attrazione, in « Atti del R. Istituto Veneto di Scienze. Lettere ed Arti », Anno Accad. 1914-15, Tomo LXXIV, Parte Il, pagg. 601-602. (2) Un altro metodo per rendersi conto della preterenza commerciale che una colonia ha verso la metropoli in confronto all'attitudine dimostrata da un paese contiguo, consiste nel calcolare quale è la percentuale che alla metropoli spetta sulle importazioni della colonia e su quelle del paese contiguo. Per esempio, alla Gran Bretagna, nel 1932, spettava il 59,2 % delle importazioni della Costa d'Oro e il 17,9 % delle importazioni della Costa d'Avorio: la differenza (41,3 %) può assumersi come un indice della preferenza che la Costa d'Oro, in confronto alla Costa d'Avorio, ha verso la Gran Bretagna. Analogamente, la preferenza, che la Costa d'Avorio, in confronto alla Costa d'Oro, ha verso la F rancia, può essere desunta dalla differenza ( = 43,0 %) tra la percentuale (44,7 %), che alla Francia spettava nello stesso anno sulle importazioni della Costa d'Avorio. e la percentuale (l ,7 %) che le spettava sulle importazioni della Costa d'Oro. Questo metodo ha il vantaggio che può essere applicato in casi in cui il metodo esposto nel testo non è applicabile, in quanto si tratti di misurare la preferenza di una o di due colonie od ex-colonie verso la comune madre patria (esempio: Canadà e Stati Uniti, oppure Australia e Nuova ZeN landa verso la Gran Bretagna) e ad esso perciò abbiamo pure fatto ricorso nelle nostre ricerche; ma, d'altra parte. non va esente da inconvenienti su cui non è il caso qui di intrattenersi. (3) Di tali ricerche ho dato una prima notizia in (i Genue », VoI. Il, n. 1-2, pagg. 201-202. (4) Per il 1913. i dati sono stati raccolti e le elaborazioni sono state eseguite dal Dott. O .TERRACINA; per il 1926 (o 1927) e per il 1932, dal Dott. A. DE VITA, che ora sta lavorando intorno ai dati del J934. in tre gruppi, di cui il primo costituito da colonie presso cui la madre patria non gode di nessun trattamento preferenziale. un secondo, in cui una delle due colonie accorda un tratta- mento preferenziale aiia madre patria, ed un terzo, in cui un trattamento preferenziale per la madre patria vige per entrambe le colonie. La media dei valori degli indici calcolati risulta, nel 1926, per il primo gruppo 0,58, per il secondo 0,76 e per il terzo 0,82, e valori analoghi si ottengono per il 1932. Come era da attendersi, il valore degli indici cresce passando dal primo gruppo di colonie Senza trattamento preferenziale al secondo e terzo gruppo con trattamento preferenziale in una o in entrambe le colonie. Ma, quello che per noi è più importante, si è che l'indice, elevatissimo nel secondo e terzo gruppo, risulta, in ogni modo, elevato anche nel gruppo primo. Si pensi. infatti, che indici consimili con cui si misura la rassomiglianza tra genitori e figli. non raggiungono, in generale, il valore di 0,5; mentre questo valore, nella nostra ricerca, viene oltrepassato anche nel primo gruppo. Cosicchè possiamo ben concludere che, quando i calcoli statistici vengano impostati in modo rigoroso, essi mostrano incontrovertibilmente che l"antico adagio Trade fol/ows the Flag è perfettamente giustificato anche per territori che non accordano, in linea di diritto, aiia madre patria alcun trattamento preferenziale. Si osserva che il vantaggio che le colonie offrono come sbocco alle esportazioni della madre patria non può essere che temporaneo .in quanto esse, per pagare i beni importati, devono sviluppare le loro industrie e diventano così (soprattutto se dotate di masse lavoratrici a basso tenore di vita) pericolose concorrenti per la madre patria. Ne farebbe esperienza la Gran Bretagna con i'india. gli Stati Uniti d'America con le Filippine, il Giappone con la Manciuria (cfr. N. Angejl, pago 25). L'osservazione non è nuova e se ne era anzi voluto concludere che il sistema colo- niale dei Bianchi distrugge se stesso (I). Riservandomi di illustrare più innanzi il significato (l) Cfr. R. MUKERJEE. Le migrazioni asiatiche. Roma, « Comitato italiano per lo studio dei problem i della popolazione", 1936, pagg. 121, 266 e 268. -26storico di questo fenomeno, basterà qui l'osser... vare che, anche quando la concorrenza si è manifestata, resta una sensibile preferenza per la madre patria; spesso questa dura per secoli dopo che la colonia se ne è staccata, talvolta cruentemente. Consideriamo, ad esempio, pro.. prio l'India inglese. Se, col metodo sopradescritto, si confrontano le Importazioni della India inglese e delle Indie orientali olandesi dalle rispettive metropoli. l'indice accusa una preferenza di 0,75 nel 1913, di 0,61 nel 1926, di 0,66 nel 1932; calcoli analoghi, eseguiti per le'importazioni dell'India inglese e dell'Indocina dalla Gran Bretagna e dalla Francia, danno indici ancora più elevati: rispettivamente 0,81, 0,85, 0,86. E, se si considerano Brasile e Argentina, Brasile e Uruguay nei rispetti del Portogallo e della Spagua, Stati Uniti d'America e Messico nei rispetti della Gran Bretagna e della Spagna, si riscontra che ancor oggi questi paesi preferiscono, più o meno nettamente, importare dall'antica madre patria. Gli indici risultano rispettivamente, nel 1932 : 0,78, 0,28, 0,09. Come per l'India, cosi per i Domini, per i quali i calcoli si possono eseguire, spiccata risulta la preferenza verso la madre patria, di modo che ingiustificato e ingannevole procedimento appare quello, quasi sempre seguito nell'opuscolo del Royal Institute of International Affairs, di mettere questi e quella da parte al fine di giudicare dell'autosufficienza dell' Impero britannico, basandosi sopra l'autonomia politica che loro è stata formalmente riconosciuta, nel 193 I, dallo Statuto di Westminster. Se, come risulta dimostrato, la dipendenza politica di nn territorio influisce decisamente sui traffici a favore della metropoli, è da attendersi che un trasferimento di colonie o mandati debba avvantaggiare i nuovi aggiudicatari. Quando poi le potenze coloniali abbiano imperi sproporzionati alla loro capacità economica e demografica di sfruttamento, avviene che le loro risorse coloniali sieno inadeguatamente esplorate e le note inadeguatamente utilizzate. Dette potenze sono allora indotte ad adottare una politica restrittiva verso lo sfruttamento straniero, la quale accentua vieppiù tale situa.. zione, come gli anonimi collaboratori dell'Istituto [ondinese, citando I'Hauser, osservano a proposito dell'Impero coloniale francese (pagina 48), senza però ricordare gli autori i quali sostengono che altrettanto avvenga per l'Impero britannico (1). In tal caso, dal trasferimento in parola è da attendersi, non solo un vantaggio per i nuovi aggiudicatari, ma altresì un progresso, nella esplorazione e nella utilizzazione, che ridonda ad incremento dell'economia mondiale e dell'economia locale. Ritorneremo più innanzi su questo punto. Ora vien fatto di domandarci: quando tante parti delle colonie e mandati non sono adeguatamente esplorate od adeguatamente sfruttate, a che vale' la dimostrazione, su cui cosi sottilmente si industriano i nostri anonimi autori, che colonie e mandati forniscono solo una piccola parte delle materie prime e delle derrate alimentari prodotte nel mondo? Ben ho notato che, a parte l'accennata puntata contro la Francia (pag. 47), più volte (pagg. 22, 26) i nostri autori avanzano, nel corso della discussione, una riserva circa la possibilità di future scoperte o di sviluppi nella produzione delle materie prime coloniali;' ma la portata di tale riserva viene poi completamente dimen.. ticata nelle conclusioni sulla futilità economica dei trasferimenti di colonie e mandati (pagg. 51 e 52). ** * T resferirnenti territoriali diretti a placare il malcontento delle potenze insoddisfatte non potrebbero in ogni modo evitare la guerra - Norman Angeli sostiene; ma, come mai allora è lecito domandarsi - può egli, e come mai possono gli anonimi collaboratori del Royal Institute of Intcrnetional Affairs, sperare di evitarla con i panniceHi caldi di una parità di trattamento, da parte delle potenze coloniali, affidata a norme di buona creanza internazionale o ,garantita dalla Società delle Nazioni, quando, da una parte, la parità legale di trattamento, ammesso pure che fosse sinceramente introdotta, non escluderebbe - come risulta dimostrato la preferenza dei commerci verso la metropoli, e, dall'altra, le nazioni insoddisfatte hanno (1) Cfr., per tutti, R. MUKERJEE, op. cit., ad esempio, a pagg. 57 e 60 per ciò che concerne in particolare l'Africa centrale e meridionale e l'Australia. -27dichiarato ormai su tutti i toni che non hanno alcuna fiducia nella efficienza ed imparzialità della Società delle Nazioni? Che trasferimenti territoriali possano oggi giovare alla causa della pace pare, però, evidente, nè le cause della guerra mondiale forniscono alcun serio argomento in con- trario. La condizione prebellica di supremazia, entro l'Impero austro-ungarico, da parte dei Tedeschi ed Ungheresi sulle altre naziomalità malcontente e spalleggiate dalle affini nazioni finitime. ha provocato la guerra mon- diale, quando le nazionalità dominate, crescendo di numero e di potenza, divennero maggioranza e fu chiaro che esse e i conna- zionali di oltre frontiera non avrebbero più potuto essere tenuti in soggezione con mezzi pacifici. La sconfitta degli Imperi centrali portò, in Europa e nelle colonie, ad una redistribu- declinano, o popoli che si sviluppano più o meno rapidamente. o popoli che declinano più o meno rapidamente, periodiche rcdistribuzioni territoriali saranno inevitabili (1). Uno statue qua perpetuo è un assurdo. Tentare di mantenerlo a forza è un'impresa disperata: è come volere arrestare la vita. come voler arrestare il sole. È un' impresa disperata non solo, ma pericolosa. Non vi sono che due soluzioni: o i popoli che declinano o si sviluppano più lentamente fanno posto, con adeguate e tempestive concessioni. ai popoli che si sviluppano più rapidamente; o questi ultimi tentano. e di solito in definitiva riescono. a farsi posto da sè. Chi creda alla possibilità della prima soluzione, come vi crede o credeva W. S. Thompson (di cui, tra parentesi, Sir Norman Angeli, riporta ripetutamente dei passi, ma dimentica di riportare le conclusioni) (2), zione territoriale, in cui le maggiori potenze vincitrici non seppero contenere le loro cupidi- gie, creando, tra i loro possedimenti e quelli dei loro antichi nemici e di taluni antichi alleati, una sproporzione che non trova rispondenza nella rispettiva capacità economica e demografica e nella rispettiva potenza militare. Onde una revisione - non tale che riconduca alla situazione prebellica (come il Norman Angeli prospetta in una deliziosa argomentazione, di cui non ho voluto privare il lettore) (l), ma che corregga gli eccessi di una pace mal congegnata - risulta indispensabile al ristabilimento dell' equilibrio mondiale. Che una redistribuzione territoriale, la quale soddisfi oggi le esigenze di una relativa autosufficienza, abbia probabilità di diventare, a pochi anni di distanza, iniqua ed impraticabile. a causa di sopravvenute invenzioni e di modificati bisogni (come Norman Angeli sostiene. pagg. Il e 13. e come i suoi concitta- dini del Royal Inetitute of Intcrnationel Affairs ripetono, pago 58), è certo esagerato; ma che, ad intervalli più o meno lunghi, una redistribuzione territoriale, pacifica o violenta, si renda necessaria, appare evidente ad ognuno che rifletta sulla evoluzione dei popoli. Finchè ci saranno al mondo popoli che si sviluppano in numero, in cultura. in forza militare, in potenza economica, in prestigio politico, e popoli che (I) Cfr. sopra, pago 17. (1) Circa la impossibilità di pratica attuazione o la non rispondenza di altre soluzioni, vedi il citato articolo l problemi della distribuzione internazionale della popolazione e delle materie prime, che costituisce un rapporto preparato a richiesta della Commissione Nazionale Italiana per la Cooperazione Intellettuale in vista delle riunioni che la Conferenza permanente di alti studi internazionali ha indetto per il 1936 e 1937 per trattare di tale argomento. (2) Ritengo pertanto opportuno rimediare alla dimenticanza di Sir Normann AngelI, tanto più che il Thompson, studioso americano di problemi della popolazione, è uno dei pochi autori di qualche serietà che egli cita in appoggio alla sua tesi. L'opera deI THOMPSON, pubblicata nel 1929 (Knopi, New York), ha per titolo Danger Srote in World Populaìion. Vediamo qual genere di appoggio le sue conclusioni portino alla tesi dell'AngelI. « lo credo - scrive il Thompson che guerre di -espansione non possano essere evitate in un prossimo avvenire a meno che non sia profondamente modificato il tradizionale comportamento nazionalista ed imperialistico delle grandi potenze che detengono territori non utilizzati» {pag. 299). E, prima.. trattando de « I _popoli che posseggono territori non utilizzati l), così si era espresso: ({ Nella attuale distribuzione della superficie terrestre, la Gran Bretagna controlla la maggior parte dei territori occorrenti ai popoli sovraffollati. Poichè una gran parte di questi possedimenti non può essere colonizzata dal popolo britannico, appare sempre più irragionevole ai popoli sovraffollati della terra che essi ne debbano restare esclusi. Noi dobbiamo pertanto attenderci il costituirsi di un crescente risentimento contro la Gran Bretagna da parte di questi PON poli ed una crescente insistenza da parte loro per che essa abbandoni ciò che non può colonizzare a popoli -28è autorizzato a sperare in una pace perrnanente; chi non ci crede deve riconoscere, di buono o di mal grado, la necessità, quanto meno nelle condizioni presenti, di perioche lo possono colonizzare ed utilizzare. Questo appare un inevitabile sviluppo della-odierna situazione mon-' diale. Esso può venire ignorato solo con grande pericolo. non solo della Gran Bretagna. ma di tutto il mondo civilizzato. - Come potenza coloniale seconda solo alla Gran Bretagna. la Francia è certa di incorrere nelle stesse inimicizie da parte di popoli che. bisognosi di alcuni dei territori che essa detiene. sono impediti di colonizzarli e sfruttarli. È di cognizione comune che i Francesi da gran tempo hanno cessato di essere un popolo colonizzatore e che ci sono poche prospettive che essi possano colonizzare per un lungo periodo avvenire i territori della massima parte delle loro colonie, se pure potranno farlo mai. Non solo, invero, i Francesi non hanno coloni da espatriare. ma essi non hanno capitali per sviluppare più di una piccola porzione dell'area delle loro colonie. Questi fatti sono ben noti e certo non può suscitare sorpresa se Italiani e Tedeschi, e forse altri popoli. manifestano risentimento per essere mantenuti entro le loro frontiere nazionali piuttosto ristrette, mentre codesti territori giacciono oziosi nelle mani dei Francesi» {pagg. 290-291). E più sotto, parlando de (( La politica di forza e la sua follia» seriveva « il meglio che esse (Gran Bretagna e Francia) possano sperare dal mantenere ad ogni costo lo statue quo è un'altra guerra con le nazioni che stanno arrivando alla fase espansiva delle loro vita j} {pag. 317). Credo sia difficile trovare un'antitesi più netta di quella che esiste tra queste conclusioni e la tesi di Norman AngelI. II Thompson non rinuncia però alla speranza di modificere pacificamente lo status quo ed ecco le proposte che egli fa a tale scopo. Le nazioni che sentono acuta la necessità di maggiori risorse preparino una documentazione esauriente della loro situazione e la mettano a disposizione di tutti gli altri popoli. La questione sia discussa. dapprima a titolo privato, in una riunione internazionale di persone che si interessano alla questione. Infine, un ente internazionale ufficialmente costituito esamini le pretese delle nazioni che abbisognano di maggior territorio (cfr. pagine 320-325). Egli non ci dice come si dovrebbe comportare 1'ente internazionale quando le domande, riconosciute giustificate, di territorio superassero le disponibilità, nè quando parecchie domande ugualmente giustificate avessero per oggetto lo stesso territorio, nè di quali mezzi disporrebbe l'ente internazionale per far osservare le sue decisioni. Forse egli pensa che di questi mezzi non vi sarebbe bisogno, in quanto presuppone un fermo proposito da parte delle potenze coloniali di far concessioni ai popoli sovraffollati quando sia chiaramente dimostrato che tali concessioni sono necessarie per assicurare la giustizia e mantenere la pace {pag. 325). Tutte le proposte, dirette a mantenere la pace dando diche guerre di redistribuzione (I). .Ciò non significa però che tutte le guerre sieno inevitahili, nè che, pur delle inevitabili, non si possa ritardare lo scoppio. attenuare la gravità o circoscrivere gli effetti. E nulla giova a tale risultato più di una conoscenza approfondita dei fattori latenti che determinano gli squilibri internazionali. Persino dei terremoti, inevitabili e imprevedibili, la scienza è riuscita a ridurre grandemente le conse.. guenze disastrose. * * * Uno tra i riconoscimenti contenuti nelj'opuscolo del Royal Institute of International Affairs va ritenuto e sviluppato, il riconoscimento che il problema delle colonie non è un problema puramente economico. Non è un problema puramente economico perchè il fenomeno dell'espansione dei popoli non è un problema puramente, e neppure lO direi fondamentalmente, economico. t: un problema connesso con la loro naturale evoluzione. Come gli individui, così le nazioni, giunte ad un certo stadio del loro sviluppo, hanno un prepotente bisogno di estrinsecare la loro personalità, di affermare sul mondo esterno la loro volontà di dominio, di ripro.. durre in altri la loro vita, di risuscitare in altri il loro pensiero. Il problema dell'autosufficienza economica non è che una manifestazione di tale bisogno e, ad un tempo, la condi.. zione per una sua più completa soddisfazione. Non tutti gli individui, e similmente non tutti i popoli, hanno la sorte di arrivare a tale stadio. Debolezza intrinseca, fisica o psichica, o sern .. plicemente avverse circostanze, troncano tal volta prima della maturità una giovane vita, e tale altra obbligano una personalità, che pure w soddisfazione alle esigenze dei popoli che si sviluppano, meritano rispetto, ma solo una completa inesperienza deI funzionamento degli enti internazionali può spiegare la fiducia del Thompson nella praticabilità del suo progetto. (I) Questa è la tesi che ho svolto, ancora nel 1915, nello studio su I fattori latenti delle guerre, (in « Rivista Italiana di Sociologia l), gennaio..febbraio, 1915), ripro.. dotto in Problemi sociologi della guerra, op. cito pagg. 1w50) e richiamato poi ripetutamente in parecchi dei miei scritti successivi. A poco a poco, molti se ne sono persuasi e molti se ne verranno persuadendo. ~29 possiede talune doti eminenti, a subire l'altrui dominio e talvolta a contribuire con le sue doti ad estenderlo. Cosi, fra i popoli, molti perdono la loro personalità prima di arrivare allo stadio di nazione, ed altri vi arrivano numericamente deboli o psichicamente passivi. per modo che la loro missione storica si limiterà a rimanere spettatori neutrali. o a collaborare all'altrui espansione e talvolta a subirla. Vi è proprio da meravigliarsi (cfr. Norman AngelI, pagg. 14-15, R.M.C. pago II) se Svizzera, Paesi scandinavi e Cecoslovacchia si comportano diversamente dall'Italia, dalla Germania, dal Giappone e dalla Polonia di fronte al problema dell'autosufficienza e dell'espansione? L'Europa ci fornisce. con codesti, altri esempi di piccoli Stati, talvolta cospicui per alte qualità individuali e per elevatissimo livello di civiltà, ma destinati a non avere alcun peso sulla storia politica mondiale ed a contribuire con i loro emigranti a dare incremento alle altre nazioni. e l'Asia ci porge, a sua volta. esempi di giovani popolazioni, pure altamente dotate dal punto di vista individuale, ma destinate. per mancanza di solidarietà o di spinta volitiva, a subire il dominio altrui. Meglio adatte, o più fortunate, le altre nazioni entrano nella fase espansiva, acquistano, come si dice, coscienza coloniale. Talvolta l'espansione. tempestiva ma eccessiva, non è destinata a resistere all'urto delle popolazioni che sopravvengono nella competizione: fu il caso del Portogallo e della Spagna; tale altra, contrastata. essa ha modo di realizzarsi solo dopo che la nazione ha disperso a vantaggio altrui molte delle sue forze: è il caso del!'Italia; altra volta, infine, l'impulso alla colonizzazione si accende. o si riaccende. per reazione a subite costrizioni. quando espan ... sione non rappresenta più una necessità fìsio.. logica, ma rappresenta più che mai una necessità psicologica: fu il caso per la Francia dopo il 1870 ed è il caso oggi per la Germania. Presso alcuni popoli l'espansione si verifica disordinatamente sotto la spinta dell'interesse individuale e r attuazione di mercati eccezionalmente promettenti: ne escono domini di singolare splendore, ma più brillanti che solidi, come avvenne per le antiche città greche, per Genova, per la Gran Bretagna; presso altri, l'espansione si svolge contenuta r e diretta da un conscio potere centrale e dà luogo ad organismi altrettanto gloriosi, ma più armonici e duraturi, come fu il caso per Roma e Venezia (1). L'espansione può assumere varie motivazioni in corrispondenza con i sentimenti e gli ideali prevalenti nell'epoca. Vi fu un periodo in cui la motivazione era religiosa, e si ebbero le Crociate; nell'epoca moderna, quando la nota economica dominava nel concerto della vita nazionale, la motivazione fu prevalentemente economica : oggi, in cui altri ideali si fanno strada nella coscienza dei popoli, considerazioni demografiche e di prestigio vengono spesso fatte valere accanto e sopra alle considerazioni economiche. Ma, in fondo. tutte queste non sono che motivazioni, che è quanto dire giustificazioni razionali di incoercibili impulsi. Onde non vi è da sorprendersi se spesso il risultato non corrisponde poi alla motivazione. Certamente è vero che spesso lo sfruttamento economico e lo sbocco demografico, che venivano assegnati, come scopi immediati, ad una colonia, non si verificarono. o non si verificarono cosi immediatamente come ci si aspettava. Ma, a questo proposito. conviene pur ricordare che la colonizzazione è molte volte operazione lenta, la quale dà i suoi frutti solo nei secoli. Ond'è che l'argomento contro l'utilità delle colonie come sbocchi demografici, che Norman AngelI trae dal numero limitato di emigranti che finora si diressero alle colonie italiane dell'Africa settentrionale e alle colonie giapponesi. o che nell'anteguerra si erano diretti alle colonie tedesche. è atto ad impressionare solo chi non è famigliare con la storia della colonizzazione. A parte la circostanza che queste terre, fra le ultime rimaste libere. non potevano naturalmente essere quelle di più immediato rendimento, si può osservare che le co ... lonizzazioni, che si dimostrarono durature, esigettero sempre un lungo stadio di preparazione e lenti, assidui, progressivi investimenti di capitali, che, altrimenti, non si può far (1) Sia permesso rinviare il lettore al nostro articolo. che è tuttora e forse più che mai di attualità. su Il problema demografico dell'Inghilterra. in (t Politica », ottobre 1926. riprodotto in « Annali di Economia dell'Università Bocconi »Vol. III. 1927. -30fìorire una civiltà in un paese non attrezzato o attrezzato per una forma di civiltà radicalmente diversa. E, così, secoli ci vollero per che i Giapponesi colonizzassero Hokkaido e secoli pure per che le due Americhe divenissero un ambiente 'attraente e fruttuoso per la immigrazione europea. Nè convince l'obbiezione della latitudine tropicale di quasi tutte le colonie, su cui, nel sostenere la stessa tesi dell'Angeli, insistono gli autori dell'opuscolo londinese (cfr. R.M.C. pagg. 13-14), sia perchè in realtà non tutte le colonie sono nei tropici, sia perchè l'altitudine può correggere la latitudine (tale è il caso per l'Etiopia) dando luogo ad un clima adatto ai Bianchi, come è provato dalla esperienza di tanti paesi della America tropicale. Non di rado una colonia, pur non corrispondendo, o non corrispondendo immediatamente. alle aspettative, soddisfa in altro modo i bisogni dell'espansione. Così. in passato. parecchie dipendenze inglesi e così, nel recente conRitto etiopico, la T ripolitania hanno assunto una funzione strategica che non era inizialmente preveduta. Nè sorprende che talune colonie o dipendenze, come le Filippine e la Manciuria, siano state esplicitamente desiderate per ragioni diverse dalle economiche, sia che la loro occupazione servisse direttamente, dal punto di vista strategico e politico, ad assicurare la espansione alla madre patria, sia che servisse ad assicurarla indirettamente, salvaguardando da un'espansione di nazioni concorrenti. Conviene. anche osservare che, come la motivazione della colonizzazione resta sotto la influenza della ideologia generale del tempo, cosi le sue direttive e i suoi effetti inevitabilmente dipendono dal carattere, dalle esigenze e dagli ideali particolari della nazione colonizzatrice. Una nazione, come la Gran Bretagna, può rivolgere la sua attività soprattutto a sviluppare e sfruttare economicamente le sue colonie, curando di farne una fonte di ricchezza per l'Impero; ed un'altra, come la Francia. può preoccuparsi, in prima linea, della loro organizzazione militare, al fine di integrare l'esercito metropolitano; ed una altra. ancora. come l'Italia, può avere a cuore, anzitutto, di rinnovare il prestigio di una tradizione gloriosa di civilizzazione, senza scopi immediati di lucro o di contingenti militari. In ogni caso, però, la colonizzazione adempie a una missione di civiltà. Anche quando non ha lo scopo, essa ha sempre il risultato di mettere popolazioni più o meno arretrate in contatto con forme amministrative, culturali, militari, economiche più evolute. Il passaggio è talvolta brusco e può importare sacrifici ingenti ed anche un momentaneo regresso nelle condizioni demografiche ed economiche degli indigeni; ma, a lunga scadenza, la superiorità della civiltà della nazione colonizzatrice non manca di far sentire i suoi effetti, manifestandosi in un elevamento" del tenore di vita e in forme più evolute di organizzazione e di cultura. Quando si presentano condizioni adatte, l'elevamento del tenore di vita è tanto più rapido quanto più intensa è l'utilizzazione delle risorse della colonia. Ecco perchè non appare fondata la caritatevole preoccupazione degli autori _britannici, i quali, come fu ricordato (l), desiderano proteggere le popolazioni locali da un temuto sfruttamento delle risorse naturali, che potrebbe seguire alla cessione delle colonie alle potenze dinamiche: al contrario, da tale più intenso sfruttamento vi sarebbe ragionevolmente da attendersi un più rapido elevamento del tenore di vita degli indigeni. Che il progressivo sviluppo economico, politico, culturale della colonia venga, in corso di tempo. a far cessare la ragione del suo stato di soggezione e finisca col determinare il suo distacco dalla madre patria, può essere, ed anzi in generale è, in disaccordo coi desideri e coi fini particolari di questa. ma è in perfetto accordo con le finalità più elevate a cui l'istituto della colonizzazione risponde nell'evoluzione dei popoli. Quale miglior prova, invero, della utilità della colonizzazione se non quella che la colonia venga elevata al rango di Stato indipendente e possa prendere posto l da pari a pari, fra le unità politiche di cultura più elevata? Lungi dal giustificare la tesi sopra ricordata che il regime capitalista distrugge se stesso (2), tale elevamento dimostra che detto (I) Cfr. sopra, pago 19. (2) Cft., per tale tesi. MUKERJEE, op. cit., pagg. 121, 266 e 268 e, per la cri tica la nostra introduzione, pre- -31 regime adempie veramente ad una missione civilizzatrice. Nè è da meravigliarsi che la missione si compia indipendentemente dal desiderio delle nazioni che ne sono lo strumento, e talvolta contro tale desiderio, poiché lo studio approfondito delle società rivela esempi numerosi di meccanismi di regolazione che si attuano all'insaputa o a malgrado dei propositi dei singoli (I). La colonizzazione deve in realtà concepirsi come una parte del meccanismo naturale di regolazione, con cui la natura provvede a trasmettere la civiltà, dalle popolazioni che sono al!' apogeo del loro sviluppo, a popolazioni più arretrate, in modo che queste possano compiere a loro volta il proprio ciclo. traendo profitto delle conquiste culturali delle popolazioni che le precedettero. Tra popolazioni non separate da grandi distanze geografiche. da gravi contrasti climatici, da soverchi squilibri di cultura o differenze di razza, il meccanismo è fornito essenzialmente dalla penetrazione, nelle classi basse della popolazione più evoluta, di individui della popolazione meno evoluta. che, assimilati. salgono poi gradualmente i successivi gradini della scala somessa al volume. su l problemi della distribuzione internazionale della popolazione e delle materie prime, pagin. XXXIX. (l) Cfr. Patologia Economica, cit.. pagg. 508-509, 732-733. ciale, penetrazione a cui spesso fa riscontro Una controcorrente. generalmente di minore importanza. di elementi della popolazione più evoluta che vanno a rinforzare le classi elevate della popolazione meno evoluta (l). Tra popolazioni' troppo lontane o troppo diverse per clima. razza. cultura, la prima corrente non esiste o non ha importanza, e la trasmissione della civiltà viene affidata essenzialmente alla seconda corrente, la quale però difficilmente potrebbe raggiungere il suo scopo, se non fosse appoggiata da una dominazione politica che permette la organizzazione militare e amministrativa e facilita l'assimilazione economica. Noi siamo tanto abituati a meraviglierei dì fronte ai complicati congegni ed ai delicati istinti, con cui la natura, spesso sacrificando l'individuo, provvede ad assicurare la propagazio ne del seme nelle specie animali e vegetali, che non dobbiamo al postutto restare sorpresi se, sfruttando l'impulso all'espansione dei popoli, qualche cosa essa ha fatto anche per assicurare la propagazione del seme culturale della nostra umanità. (l) Cfr. Le basi scientifiche della politica della popolazione (J931, presso l'Istituto di Statistica della R. Università di Roma), pagg. 264-265; Nascita, evoluzione e morte delle nazioni, (Roma. Biblioteca del « Metron », 1930), pagg. 48-49. e i precedenti lavori citati in.quest'ultima opera.