ISSN: 2035-9977 ANNO V – N. 2 – MARZO 2009 COPIA OMAGGIO PERIODICO DI INFORMAZIONE, POLITICA E CULTURA A CURA DEL CENTRO STUDI UMANISTICI E SCIENTIFICI ARAMONI A COLPI DI TAMBURELLO WWW.ARAMONI.IT La cultura è ribellione, forza vindice della ragione. Pietro Mancini SBADIGLI Il punto di vista degli avversari è bollato come saccente e fazioso. I benpensanti giudicano tout court vaneggianti le idee diverse dalle proprie. Quelle svilup-pate o analizzate da altre angolazioni, inutili. Ripetono, sospinti da un riflesso pavloviano, le vecchie tiritere incentra-te su visioni d’antan. Di slogan, per fortuna, non ne vengono fuori. In compenso, gli stereotipi sull’antipatia della controparte, si sprecano. La sete di verità, però, é insaziabile. Il sogno di battersi contro un discutibile “buon senso”, rimarrà una chimera. Così come la summa delle aspirazio-ni: avere, finalmente, qualcosa in cui non credere. Intanto, lievita A a dismisura il cinismo bonario e attendista. I gargarismi retorici, dolci come non mai, abbondano. Le rodo-montesche dichiarazio-ni di “vittoria”, pure. Uno sbadiglio vi (ci) seppellirà? La Calabria alle prese con la fragilità del suo territorio SFASCIUME PENDULO SUL MARE Anche a Zambrone l’inverno lascia una pesante eredità La tesi Zambrone e l’ecoturismo in “breste” IL CHOPPER NELL’ANTICA ETA’ DELLA PIETRA A ZAMBRONE L’EROSIONE DEMOGRAFICA A ZAMBRONE E DINTORNI L’evento Il Tamburello festival alla Bit milanese Contrade e spiazzi di Daffinà Golden Via Giuditta Levato VIAGGIO NELLA STORIA DI ZAMBRONE PEPPE GRILLO, SINDACO DELLA ZAMBRONE CHE CAMBIA Amarcord Devozione Il carnevale zambronese degli anni Novanta “La cena di San Nicodemo” fra fede e tradizione Esteri Ayaan Hirsi Ali Il volto della libertà SONIA OCELLO, UN ARCHITETTO ZAMBRONESE A PARIGI 1 MARZO 2009 ATTUALITA’ CRONACHE ARAMONESI Il maltempo ha arrecato gravi danni al lungomare e alla viabilità L’ELEVATA VULNERABILITA’ DEL TERRITORIO COMUNALE Anche a Zambrone un flusso di emergenze vecchie e nuove Era dal 1973 che, in Calabria, non si verificava un inverno così rigido e piovoso come quello passato. L’eredità è pesante: le frane rilevate su colline e montagne sono più di settemila; il rischio alluvione ha interessato decine di chilometri di costa in situazione di erosione e divieti di balneazione. Lo scrittore Giustino Fortunato definì la Calabria: “Uno sfasciume pendulo sul mare”. La frase fu inserita nel testo: “La questione meridionale e la riforma tributaria” del 1904. A distanza di 105 anni, la classe dirigente non ha realizzato alcun intervento risolutivo. Nel 2001 venne approvato il Piano per l’assetto idrogeologico della Calabria. Esso, però, non ha rappresentato una base conoscitiva di partenza sulla quale ri-pianificare lo sviluppo del territorio e intervenire per attutire il rischio stesso; piuttosto, il Piano è stato visto come un vincolo aggiuntivo da aggirare. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. La Calabria paga un prezzo altissimo all’uso dissennato e distorto dell’ambiente. Si è costruito ovunque e senza alcun criterio, la mancanza storica di progettualità e di strumentazioni tecniche per la gestione delle risorse idriche e ambientali, la totale carenza nella prevenzione degli incendi sono le cause principali del degrado territoriale. Per il futuro, anche i comuni dovranno invertire la rotta di marcia. L’imperativo inderogabile sarà un’attenta programmazione dell’uso del territorio sulla base delle sue caratteristiche geologiche, geomorfologiche e sismiche. In caso contrario, le emergenze che potrebbero verificarsi sono cariche di conseguenze nefande. Anche Zambrone non si sottrae alla dura legge del dissesto ambientale e l’eredità che lascia il passato inverno é sotto gli occhi di tutti. Nulla a che vedere con le terribili o drammatiche conseguenze delle frane di Cerzeto, Filadelfia, Favazzina, Rogliano, Tropea, Maierato, ma guai a sottovalutare la situazione. La strada delle “Calate” necessita di vari interventi; quella provinciale San Giovanni-Daffinà, per un certo periodo è stata chiusa al traffico. Nel medesimo tragitto di quest’ultima, le conseguenze per una frana di quasi tre anni fa sono state risolte in via “temporanea”. Il percorso DaffinàParghelia, anch’esso chiuso per un breve periodo alla circolazione. Il lungomare è crollato. La strada denominata “Cocomerara” è un colabrodo. In alcuni casi si è intervenuti con soluzioni tampone (a parte il progetto di contrasto dell’erosione costiera) in altri, ci si affida alla buona sorte. A questo punto due domande sorgono spontanee: quando si capirà che le migliaia di forestali andrebbero occupati in modo produttivo, magari per il rimboschimento delle aree a rischio? Quando si comprenderà che le attività di prevenzione e cura del territorio non possono essere considerate business ma devono rientrare in un’idea sistemica di gestione sana del territorio? Una corretta amministrazione del territorio non può che tenere in dovuto conto i rischi geologici nella programmazione dello sviluppo. E’ necessario conoscere i rischi e programmare, pertanto, gli interventi per la loro mitigazione compatibilmente con i fattori ambientali. Immagine del lungomare danneggiato Intervento legislativo Parco storico rievocativo del decennio francese in Calabria, c’è anche Zambrone Con legge numero 2 del 15 gennaio 2009 è stato istituito l’ente “Parco Storico Rievocativo del Decennio Francese in Calabria”. La proposta, elaborata dall’associazione “Gioacchino Murat Onlus” di Pizzo, era stata formulata, in seno all’assise regionale dal consigliere Antonino Borello. L’obiettivo del Parco è offrire un adeguato strumento di approfondimento culturale e di recupero dei luoghi che nel decennio 1806-1816 (passato alla storia come “Decennio francese”) hanno polarizzato in Calabria interessi, equilibri e diatribe di portata internazionale. I Comuni inclusi nell’ente sono: Pizzo, Vibo Valentia, Sant’Onofrio, Stefanaconi, Filogaso, Zambrone, Jonadi, Mileto, Filandari, Marcellinara, Stalettì, Catanzaro, Maida, Lamezia Terme, Acri, Aiello Calabro, Amantea, San Giovanni in Fiore, Corigliano, Rossano, Crotone, Palmi, Scilla, Reggio Calabria. Ai sensi dell’articolo 3 della citata legge, il Consorzio obbligatorio tra i Comuni sarà l’unico organismo deputato alla gestione di tutte le attività di competenza del Parco storico. 2 CRONACA MARZO 2009 CRONACHE ARAMONESI Bit di Milano, febbraio 2009 Prestigiosa vetrina per l’evento clou dell’estate zambronese Ayaan Hirsi Ali IL TAMBURELLO FESTIVAL VARCA I CONFINI REGIONALI Alla Borsa di Milano anche la kermesse etno-musicale “aramonese” La Borsa internazione del turismo (Bit) è l’evento per antonomasia dedicato al mondo del turismo e si svolge ogni anno nel capoluogo lombardo all’interno dei padiglioni della Fiera. A Bit s’incontrano migliaia di operatori del settore (tour operators, catene alberghiere, giornalisti, enti nazionali e internazionali, consorzi, centri benessere e molto altro) per discutere sullo stato di salute del turismo moderno, sulla qualità dei servizi, sulla competitività nei vari mercati nazionali e internazionali. Bit è aperta oltre che agli addetti ai lavori anche agli appassionati viaggiatori e ai semplici curiosi. Il concept che guida da anni Bit è sorretto da una “formula multi-target” che coniuga il punto di vista generale di una grande manifestazione-osservatorio, con la capacità di focalizzarsi sui trend emergenti e i segmenti di mercato più interessanti, creando concrete opportunità di business. Una filosofia che oggi è ulteriormente corroborata da un approccio sempre più globale e tecnologicamente innovativo. Alla ventinovesima edizione della Bit che si è svolta da giovedì 19 a domenica 22 febbraio c’era anche uno dei pezzi pregiati dell’estate vibonese: il Tamburello festival. La manifestazione di musica e cultura etnica che si organizza a Zambrone il 18 agosto di ogni anno e che nel tempo ha acquisito credibilità e popolarità tali da consentirle di varcare i confini provinciali. Per unanime opinione di pubblico e di critica, il festival è uno dei più apprezzati della Calabria. Il fatto che per la prima volta, la Provincia abbia incluso l’evento nel novero delle iniziative che caratterizzano l’estate sulla Costa degli dei va salutato positivamente. Un dato incoraggiante che stimola gli organizzatori a proseguire un impegno che si protrae da oltre un lustro. Una manifestazione realizzata quasi interamente in regime di autofinanziamento, si affaccia, per la prima volta, su un palcoscenico importante: è un piccolo segnale che indica l’inizio per una nuova politica di promozione turistico-culturale? L’estate è vicina e le risposte non tarderanno ad arrivare. Paolo Caia IL VOLTO DELLA LIBERTA’ Ayaan Hirsi Ali nata in Somalia nel 1969, a ventidue anni viene promessa in sposa a un uomo del potente clan Osman Moussa. Durante il viaggio di nozze, giunta in Germania per uno scalo intermedio decide di scappare. Prende un treno e fugge in Olanda, dove chiede e ottiene asilo politico. Inizia a studiare all’università dove consegue la laurea in Scienze politiche. Nel 2002, in alcune apparizioni televisive esprime la sua netta condanna avverso l’Islam nei seguenti termini: “La violenza è insita nell’Islam, è un culto distruttivo e nichilista della morte”. Il 22 gennaio 2003 viene eletta al parlamento olandese nelle fila del partito liberale. Nel 2004 scrive la sceneggiatura del cortometraggio “Sottomissione” in cui si denunciano gli abusi subiti dalle donne nel mondo islamico. Il 2 novembre dello stesso anno il regista del film, Theo van Gogh, viene ucciso; da quel momento Ayaan Hirsi Ali vive sotto scorta. Dopo un’inchiesta durata appena quattro giorni le autorità olandesi le tolgono la cittadinanza. Nel 2005 il Time l’ha definita una delle cento donne più influenti del mondo. Nel 2006 si trasferisce a Washington dove lavora nell’American Enterprise Institute, uno dei più prestigiosi think tank conservatori. Nel 2007 ha scritto “Infedele” pubblicato in Italia dalla Rizzoli. 3 MARZO 2009 2 VIAGGIO NELLA STORIA DI ZAMBONE PEPPE GRILLO, SINDACO DELLA ZAMBRONE CHE CAMBIA Nel novembre del 1964, con alcuni mesi di ritardo sulla scadenza effettiva, in virtù di un provvedimento parlamentare mirato ad evitare uno dei tanti ingorghi istituzionali della nostra storia, si tennero a Zambrone le elezioni amministrative. Due le liste in competizione: quella della Dc, rappresentata dal farmacista Michele Purita e quella proposta da Peppe Grillo, composta da una coalizione civica che comprendeva, oltre ad un gruppo di coltivatori diretti, Corrado L’Andolina, collocatore comunale, Peppino De Carlo, Francesco Grillo classe 1938 e tre socialisti di San Giovanni (Peppino Russo, Diego Grillo e Nato Salamò) che facevano riferimento a Peppino Grasso, medico di Briatico, leader dei socialisti della zona. Il simbolo della lista capeggiata da Peppe Grillo era quello dell’Associazione dei coltivatori diretti, patrocinata in provincia di Catanzaro dall’onorevole democristiano Ernesto Pucci. L’emblema era costituito da tre spighe di grano appoggiate su una vanga. La battaglia fu combattuta fino all’ultimo voto ma le previsioni sembravano tutte in favore della lista Dc, sostenuta dal partito e apparentemente avvantaggiata anche dal fatto che la lista della spiga (coltivatori diretti) non presentava alcun candidato di Daffinà a causa di una serie di veti incrociati tra i probabili candidati. Contrariamente ad ogni previsione proprio Daffinà decretò la vittoria della “Spiga”. Si registrò, infatti, uno scarto di una ventina di voti che annullò il lieve vantaggio ottenuto dalla Dc a Zambrone centro mentre a San Giovanni la “Spiga” era prevalsa per soli quattro voti. A urne spoglie e accertata la vittoria, si scatenò l’entusiasmo dei sostenitori, specialmente nella frazione Daffinà che era stata determinante. Il corteo di auto raggiunse subito il paesino dove attendevano già con le bottiglie di vino e i bicchieri pronti Giacomo Taccone e Antonino Lo Tartaro, detto Krusciov per la straordinaria Giuseppe Grillo Sindaco di Zambrone dal 1964 al 1970 rassomiglianza al premier sovietico, che erano stati i grandi sostenitori della lista. Furono regalate delle spighe che la gente conservava in casa come augurio di prosperità. Ma le polemiche insorsero il giorno dopo quando sui davanzali delle finestre dei maggiori esponenti dell’altra lista furono trovati mucchietti di grano. Fu considerato uno sfottò esagerato e quasi offensivo e si scatenarono le congetture sull’autore della burla. Del misfatto venne incolpato Luigi Mazzeo, giovane sostenitore della lista vincitrice il quale tuttavia mai lo ammise, nemmeno quando le acque si furono calmate. Poi gli stessi capilista vollero sdrammatizzare e ci fu uno scambio di strette di mano. Erano queste le manifestazioni di giubilo che accompagnavano e seguivano le campagne elettorali. Che differenza rispetto a quelle di oggi: l’avversario è un nemico da distruggere, la diffamazione l’arma prevalente e l’ipocrisia l’atteggiamento abituale! Viene da pensare che in quel tempo non c’erano interessi da tutelare né nemici da abbattere. Vinceva la CRONACHE ARAMONESI lista non gli individui. Il Consiglio elesse sindaco Peppe Grillo, assessori effettivi Corrado L’Andolina e Nato Salamò, assessori supplenti Peppino De Carlo e Domenico Piccolo. L’anno dopo sarebbe stata costituita la sezione socialista che fece da tramite tra l’amministrazione comunale e il ministro socialista dei Lavori pubblici Giacomo Mancini, consentendo il conseguimento di traguardi insperati. Peppe Grillo guidò l’amministrazione con polso energico e determinazione. Era un contadino vecchio stampo, intelligente e saggio. Lo distinguevano un paio di baffoni all’Umberto che curava con particolare attenzione: unico vezzo che si concedeva essendo in realtà uomo austero e religioso, assolutamente privo di retorica ma ricco di sensibilità e sinceramente compreso della sua funzione. Si lasciò guidare nell’attività amministrativa da chi, a suo dire, era in grado di arrivare dove lui, intelligente ma in possesso della sola licenza elementare, non sarebbe riuscito. L’anima vera della sua amministrazione furono in realtà l’assessore anziano Corrado L’Andolina e il segretario comunale Gaetano Callipo. Peppe Grillo, tuttavia, era uomo che teneva molto alle sue prerogative e le conservò con determinazione e fiducia in se stesso. Era un abile manovratore e conosceva bene i meccanismi della politica. Teneva al paese sopra ogni altra cosa e fu molto attivo e coraggioso. Si assunse responsabilità operative perché ne era capace e sapeva guidare l’amministrazione con polso fermo e certezza di obiettivi. La sua fu un’amministrazione che risolse problemi storici del territorio. Con lui nacque la rete idrica moderna, la rete fognaria, 4 MARZO 2009 VIAGGIO NELLA STORIA DI ZAMBRONE CRONACHE ARAMONESI Pillole di storia l’ammodernamento dell’edificio scolastico di Zambrone e della illuminazione esterna, il primo programma di fabbricazione, due lotti di alloggi popolari per i lavoratori agricoli, il complesso residenziale pubblico di via Pietro Mancini a Zambrone , di via Andrea Giannini a San Giovanni e di via Pietro Nenni a Daffinà e fu deliberato il finanziamento delle case popolari di Daffinà, oggi via Giuditta Levato. Può essere considerata, la sua, l’amministrazione della rinascita di Zambrone poiché coronava degnamente il sogno dei suoi predecessori che ne avevano gettato le basi in tempi difficilissimi. Iniziò in questo periodo lo sbaraccamento per realizzare il quale non pochi furono gli ostacoli da superare. Il maggiore successo di Peppe Grillo fu, comunque, l’aver compreso che i tempi stavano cambiando velocemente e che la politica assumeva un ruolo sempre più importante anche nell’attività amministrativa: nacque il primo gruppo politico legalmente costituito, quello socialista, che comprendeva i tre consiglieri di San Giovanni al quale si sarebbe aggiunto Francesco Grillo classe 1938 (con Peppino Russo capogruppo). Peppe Grillo seppe intelligentemente coordinarsi con le forze politiche di governo ed ottenne per il suo paese una serie di finanziamenti che non si sarebbero più ripetuti per il futuro. La popolazione sosteneva il suo impegno e assisteva incredula ai cambiamenti che si stavano realizzando sotto i suoi occhi. Quando nel 1970 la sua amministrazione ebbe termine, il paese era profondamente cambiato. Qualche vecchio zambronese che tornava dall’Argentina dichiarava candidamente di non riconoscere più il paese che aveva lasciato tanti anni prima. Di nessuna tra le amministrazioni che si sono succedute dal dopoguerra ad oggi si può dire, come per quella di Peppe Grillo: missione compiuta! Eppure il personaggio aveva i suoi limiti caratteriali. Imperioso e ostinato non concepiva una linea diversa dalla sua, specialmente nella gestione della quotidianità amministrativa. Ma era persona leale e di alta coscienza morale. Religiosissimo per convinzione e per tradizione familiare, Peppe Grillo, che aveva combattuto durante la Seconda guerra mondiale come richiamato alle armi, fu per tutta la vita un uomo solo, abituato a dialogare con se stesso più che con gli altri, ma aveva il senso delle Istituzioni come pochi e tutta la sua vita fu improntata ad un’impostazione quasi calvinista, scrupolosa e determinata. In un certo senso era un simbolo: il simbolo della Calabria povera e intelligente, che usa le sue forze per emanciparsi, la dimostrazione che siano l’intelligenza ed il buon senso a risolvere i problemi più che la cultura. Oggi, nell’era della globalizzazione, può apparire persino patetica una tale convinzione, ma siamo negli anni Sessanta, un’epoca di grandi progetti e di rilevante transizione. Personaggi come Peppe Grillo, alla guida dei comuni del Vibonese, nello stesso periodo, erano il sale e il pepe della vita politica locale. Basta ricordare Peppino Cichello (Dc) a Zungri e don Micuccio Contartese (Pci) a Rombiolo, destinati a diventare leggenda di un’epoca che, per molti versi, leggendaria lo fu davvero. Salvatore L’Andolina TANTI AUGURI Un caloroso benvenuto ai neonati Placido Grillo Riccardo Grillo Domenico Pasquale Sansone IL CHOPPER NELL’ANTICA ETA’ DELLA PIETRA A ZAMBRONE “L’archeologia preistorica e protostorica nel promontorio del Poro” è un opuscolo realizzato dall’Istituto comprensivo Don Mottola di Tropea. La ricerca è nata da un progetto didattico realizzato nell’anno scolastico 2005-2006 a cura della scuola media di Drapia. Esso contiene dati particolarmente significativi su tutta l’area che dalla Costa degli dei giunge fino in cima al Poro. Il promontorio di Tropea, infatti, è considerato uno dei territori più ricchi in termini di ritrovamenti archeologici della preistoria. Nell’area “aramonese” esistono numerose testimonianze di aggregati umani antichissimi, addirittura risalenti all’antica età della pietra. “Il chopper -è scritto nel citato testoè un primitivo strumento ottenuto scheggiando mediante percussione l’estremità di un ciottolo, al fine di ottenere un margine tagliente. Le ricerche hanno potuto dimostrare che il promontorio del Poro è una delle zone più ricche d’Italia di questi strumenti. In oltre trenta aree si sono infatti raccolti numerosi esemplari di chopper, realizzati in pietre locali come il granito, il quarzo bianco e la quarzite. Tra le località principali si ricordano: Crista di Gallo, Crista di Zungri, Torre Galli, Passo Murato, Piano di Santa Lucia, bivio di Potenzoni, Madama, Priscopio, Zambrone Scalo. Da quest’ultimo proviene un notevole numero di chopper ritenuti molto antichi, risalenti, forse, a 800mila anni fa”. Un rudimentale manufatto è rivelatore di una scoperta densa di significati: il territorio zambronese era popolato già un milione di anni fa! A tale proposito si aggiunga che nel sito é stato anche rinvenuto qualche esemplare di: “bifacciali, strumenti a forma di mandorla scheggiati su entrambe le facce che caratterizzano la cosiddetta industria “Acheuleana” della fase più evoluta del Paleolitico inferiore”. 5 MARZO 2009 ZAMBRONESI NEL MONDO SONIA OCELLO UN ARCHITETTO ZAMBRONESE A PARIGI Sonia Ocello è nata a Zambrone dove ha frequentato le scuole elementari e la prima media. Figlia del dottore Michele Ocello, per oltre trent’ anni medico al servizio della comunità di Zambrone, si è poi trasferita a Vibo Valentia dove ha proseguito gli studi diplomandosi al Liceo classico “Michele Morelli”. Si è laureata con il massimo dei voti in Architettura all’Università di Reggio Calabria. Qualche anno prima aveva conseguito il diploma di pianoforte al Conservatorio “Francesco Cilea” di Vibo Valentia. Vincitrice di una borsa di studi post lauream, nel 1997 ha lasciato la nativa Calabria per la Francia dove vive e lavora. In collaborazione col Dastec (Dipartimento arte scienza e tecnica delle costruzioni) dell’Università di Reggio Calabria e la Scuola di Architettura di Belleville a Parigi, ha realizzato una tesi di ricerca sul tema “Musica e Architettura” seguita dai professori Rosario Giuffrè e Laurent Salomon per la Francia. Contemporaneamente ha frequentato la Scuola di Architettura “La Défense” a Parigi dove ha conseguito un diploma di specializzazione in “Acustica architettonica e urbana”. Dopo avere lavorato presso vari studi di architettura a Parigi (tra cui Scau che ha realizzato “Les routes de France” a Parigi) occupa oggi un posto di responsabilità in seno ad una società d’ingegneria multinazionale, denominata “Coplan ingenierie”. E’ la responsabile parigina della filiale “Bred amo” che opera nel settore della programmazione architettonica nazionale sia in Francia che all’estero. Interviene quasi esclusivamente per committenze pubbliche: regioni, università, ospedali, ministeri, per la realizzazione di differenti progetti. Il suo ruolo coniuga svariati aspetti: relazionali, tecnici, Sonia Ocello organizzativi e manageriali; il tutto, contemperato da quello primario di moglie e mamma di due bambine. Sonia Ocello non ha mai reciso i legami con la sua terra d’origine e il contributo offerto a Cronache Aramonesi, di seguito riportato, ne costituisce la riprova. Tale testimonianza è tratta dalla rivista parigina dello scorso mese di gennaio, “Coplan contact -La lettre d’information du goupe Coplan ingénierie” scritta di pugno da Sonia Ocello, coniugata Monvoisin. Se una donna conosce bene il proprio lavoro s’impone in maniera naturale. Tuttavia non è sempre semplice per una donna imporsi in un campo tradizionalmente maschile, come quello delle Costruzioni. Bisogna formarsi un carattere forte, appoggiandosi, ovviamente, su solide competenze. A volte mi sono ritrovata di fronte persone che hanno cercato di mettermi in difficoltà. Ma queste azioni, talvolta del tutto gratuite, non sono venute sempre e solo da uomini: spesso ho avuto delle cattive sorprese proprio da altre donne (punta di gelosia tipicamente femminile?). Fortunatamente si è trattato di rare esperienze. La maggior parte delle volte, mi si riserva un’accoglienza cortese che CRONACHE ARAMONESI mi permette di sentirmi perfettamente a mio agio: credo che una donna abbia connaturate capacità rassicuranti. In più, lavorando essenzialmente con committenze pubbliche, si tratta spesso di dovere mettere d’accordo diversi interlocutori ed… è ben noto che noi donne sappiamo essere più convincenti! La sfida più dura che ho dovuto rilevare? Non è stata tanto il fatto di essere una donna in un universo maggioritariamente maschile, ma piuttosto d’impormi in quanto straniera in Francia. Soprattutto all’inizio della mia ricerca lavorativa. Alcuni francesi pensano, a torto, che gli stranieri non siano capaci, per esempio, di assicurare degli scambi verbali importanti o di redigere alla perfezione atti nella loro lingua (e nel mio lavoro si tratta di cose estremamente importanti). Credo, in quanto donna, di apportare grazie a questo lavoro, da un lato, un aiuto concreto nella realizzazione delle diverse missioni (perché noi donne siamo più metodiche e coscienziose) dall’altro un tocco di femminilità nelle relazioni con i committenti, perché gli scambi si effettuano sempre su un tono di cortesia e rispetto. La proporzione ideale uomo/donna in questo campo lavorativo sarebbe 60/40. Non bisogna dimenticare che è un lavoro che obbliga spesso a trasferte (in Francia ma anche all’estero) da conciliare con la vita di famiglia e che genera, a volte, situazioni di tensione. Personalmente, credo che le mentalità siano sufficientemente evolute: Verna Cook, la prima donna ad essere ammessa all’Esa (Scuola speciale di architettura) all’inizio del Ventesimo secolo, sarebbe stata felicissima di vedere conferire ad una donna, Zaha Haid, il “premio Pritzker” di architettura del 2004. Resta, tuttavia, ancora del cammino da fare: i posti di alta responsabilità nel campo delle progettazioni di opere pubbliche, in particolare, restano ancora troppo spesso una prerogativa maschile! Sonia Ocello 6 MARZO 2009 STATISTICHE DEMOGRAFICHE Dati Istat sulla popolazione, elaborazione grafica di Valerio Colaci EROSIONE DEMOGRAFICA A ZAMBRONE, SULLA COSTA DEGLI DEI E SUL PORO «Ma guarda intorno a te, che dono t’hanno fatto, t’hanno inventato il mare…». Cantava così, qualche anno fa, Mimmo Modugno in uno dei suoi successi, ripreso in questi mesi da un noto gruppo musicale, narrante la storia di un uomo salvato sull’orlo del suicidio. Che gran bel dono il mare. Metafora dell’infinito, esso da sempre incarna l’idea di libertà e, soprattutto, di prosperità. Ma, simbolo di prosperità, e dono, è anche la montagna, con la sua aria fresca, ristoro della canicola estiva, i paesaggi mozzafiato, i prodotti agroalimentari e le specialità tipiche. E, la prosperità, dacché mondo è tale, è sinonimo di alta consistenza abitativa. Mare e monti uguale doni, uguale prosperità, uguale alta consistenza abitativa. Equazione che, guardando ai dati demografici, non sembra funzionare sulla costa degli Dei e sul Poro, in cui la suddetta ricade (esclusa Pizzo che non rientra nell’area). Qui, “i doni” non sembrano arrestare ciò che si presenta quasi come un “suicidio demografico”. Certo, ci sono aree in provincia, come le Serre, dove il calo generale è più marcato. Ma questo non può confortare. Complessivamente, il Poro perde 11.107 abitanti (il 22,5% dei 60.296 del 1911). Ad avere la peggio è la zona montana, che registra il top abitativo (27.879 residenti) sempre nel 1911, dei quali, a gennaio 2008 ne perde 6.303 (-28,6%). Va un po’ meglio per i comuni prettamente costieri, che attualmente raggiungono i 27.513 residenti (36.633 con Pizzo), solo, si fa per dire, il 15,2% in meno dei 32.721 dell’anagrafe nel 1951. Una percentuale con la quale collima perfettamente quella di Zambrone, che nel 1921 raggiungeva il suo record di 2.129 iscritti, dei quali ha perso, appunto, il 15,3%, attestandosi oggi sui 1.846, con un dato che, dagli ultimi decenni, sembra essere in una lieve, quasi impercettibile, ascesa. Anche Briatico segue l’andamento dell’area marina, perdendo, dalla cima del ’51 (4.826 residenti) il 15,4% (-742). C’è da stupirsi su come, avendo a disposizione tutto affinché la popolazione cresca, questa, al contrario, è in picchiata a briglia sciolta verso il basso. E di brutto in certi casi. Sul Poro, infatti, troviamo “realtà” come Zaccanopoli che, dal top del ’21 (2.462 abitanti) ha subito un tracollo del 66,2%, arrivando, sempre in discesa, agli attuali 835, e Spilinga, patria di sua maestà la “‘nduja” (oggi 1.539 residenti), che ha più che dimezzato (-53,1%), la popolazione di 3.280 abitanti vantata sempre nel ’21. Avere CRONACHE ARAMONESI avuto il picco nel 1921 sembra sia stata una maledizione e, anche Drapia, dei 4.390 iscritti di quell’anno, ne ha decurtato il 50,4% (costantemente al ribasso). Di questo passo, tra non molto, chiamarle “realtà” sarà eresia. Ma, a mare, le cose non vanno meglio, se Parghelia, unico centro marino con il minimo storico proprio nel 2008, dal 1901 (2.860 unità), è scesa del 52,1% (1.371 abitanti), tenendo testa a Joppolo (2.134 iscritti, -49,6% dei 4.236 del ‘21) e Nicotera, con gli attuali 6.456 abitanti, contro i 10.816 del 1911 (- 40,3%). Non deve fare grande onore contendersi il record negativo. Percorrendo qualche chilometro, da Nicotera arriviamo a Limbadi, per le cui strade, nel 1921, camminavano 5.388 persone. Ora sono più sgombere, visto che all’appello ne mancano 1.664 (-30,9%). Con il 22,2% in meno, poi, troviamo Filandari, che censisce 1.896 iscritti (-541 dal ’51). Tengono, invece, Rombiolo (4.799 abitanti, appena lo 0,6% in meno dal 1991), San Calogero, che dai .4.777 iscritti del ’91 ha sacrificato il 3,2% (oggi sono 4.626) e Zungri, che perde il 9,5% (2.084 abitanti, contro i 2.283 del’21). Certo, sempre perdita è. Ma, almeno, le cifre spaventano meno. Come, poco spavento desta il dato della perla del Tirreno, Tropea che, rispetto al 1951 (6.953 residenti), sacrifica un misero 1,7% e si porta a 6.835, mantenendo pressoché costante questo dato dal 1971 ad oggi. Chiude l’indagine Ricadi che, guadagnando ben 123 unità nel corso del 2007, è l’unico della provincia di Vibo, con Ionadi, a segnare il massimo nel 2008, dato che rispetto al minimo del 1861 c’è stato un incremento di 2.299 nuovi residenti (+48%). Valerio Colaci 7 RICORRENZE MARZO 2009 CRONACHE ARAMONESI Devozione DAFFINA’ E IL SUO CULTO, FRA TRADIZIONE E FEDE Il rito de “La cena di San Nicodemo” La chiesa di Daffinà è l’edificio più antico che insiste sul territorio di Zambrone. La sua origine si deve collocare intorno al 1600. Tra il 1972 e il 1973 a causa della devastante alluvione abbattutasi sul territorio, l’edificio ecclesiale subì gravi danni che furono riparati dopo la metà degli anni Ottanta. L’amministrazione comunale dell’epoca, sorretta dalla Sovrintendenza regionale alle Belle arti, fu l’artefice di tali importanti ristrutturazioni. Attualmente, la chiesa, risulta bisognevole di vari interventi, ma mantiene intatto il suo fascino. Una curiosità legata alla parrocchia di Daffinà è la sua particolare festa patronale. In tale occasione, insieme al panino é distribuito un piatto di riso e ceci. La tradizione è molto antica e risale all’epoca in cui esisteva nella zona un feudo che aveva il nome del santo. L’abate Francesco Casuscelli nativo del luogo e parroco di Daffinà coltivò il lotto per parecchi anni. Fu lui a decidere che venisse offerta “La cena di San Nicodemo”. Durante la vigilia della festa patronale, i daffinesi cucinavano nella canonica il riso con i ceci e il giorno successivo lo offrivano a quanti ne facevano richiesta. Improvvisamente, l’abate interruppe la tradizione. Non si conoscono i motivi, ma si sa bene ciò che accadde successivamente. La notte della festa del santo uno dei maiali di proprietà dell’abate morì e lui stesso si ammalò gravemente. Le circostanze vennero ricondotte alla espressa disapprovazione del patrono per la soppressione della tradizione che venne così immediatamente ripristinata. Anche lo scorso 12 marzo, il rito ha seguito il suo naturale svolgimento. I solenni festeggiamenti sono stati organizzati dal comitato composto da Carlo Muggeri e Giacomo Grillo; mentre, il riso con i ceci è stato cucinato nei locali di Marco Lo Tartaro. Don Nicola Berardi ha officiato i riti religiosi. Festività di San Nicodemo, il rito della benedizione dei panini e del riso con i ceci CARNEVALE Gianni Rodari Carro allegorico sfilato durante il passato Carnevale Carnevale in filastrocca, con la maschera sulla bocca, con la maschera sugli occhi, con le toppe sui ginocchi: sono le toppe d’Arlecchino, vestito di carta, poverino. Pulcinella è grosso e bianco, e Pierrot fa il saltimbanco. Pantalon dei Bisognosi “Colombina,” dice, “mi sposi?” Gianduia lecca un cioccolatino e non ne da niente a Meneghino, mentre Gioppino col suo randello mena botte a Stenterello. Per fortuna il dottor Balanzone gli fa una bella medicazione, poi lo consola: “E’ Carnevale, e ogni scherzo per oggi vale.” ZAMBRONE, MASCHERE E CARRI PER L’EVENTO CARNASCIALESCO Martedì 24 febbraio si sono chiusi i riti della tradizione carnascialesca. Ai due carri realizzati nella frazione di San Giovanni, si è aggiunto quello costruito dalla comunità di Daffinacello che ha partecipato pure alla prestigiosa manifestazione miletese. L’allegria ha contagiato l’intera popolazione zambronese e l’irrefrenabile desiderio di letizia ha preso il sopravvento. I carri sono sfilati sia nel capoluogo che per le vie delle frazioni. A Zambrone sono stati offerti agli astanti i dolciumi tipici del carnevale. Una sfilata di mascherine e uno spettacolo di musici, prestigiatori, clown e trampolieri ha allietato il freddo pomeriggio carnevalesco. Nella domenica precedente lo spirito festivo si era impadronito delle vie di San Giovanni. L’evento carnascialesco ha coinvolto molte famiglie del posto e si è espresso nelle sue forme più tradizionali: capovolgimento della realtà, luogo del ridere, regno dello scherno, esternazione della materialità. 8 MARZO 2009 FESTIVITA’ IL CARNEVALE ZAMBRONESE NEGLI ANNI NOVANTA CARNEVALE CALABRESE Nelle piazze in ogni via/ c’è un’allegra compagnia /che vestita in modo strano canta, balla e fa baccano./ Mascherine mascherine siete buffe ma carine/ con i vostri nasi rossi/fatti male, storti o grossi/ con i costumi che indossate /con gli scherzi che vi fate/ voi portate l’allegri/ e che la festa abbia il via! Le festività collegate ai rituali carnevaleschi sono passate da poco. Proprio per questa ragione risulta utile proporre, sull’argomento, qualche riflessione. Il carnevale è la festa più amata dai bambini e diverte anche gli adulti. Ma a Zambrone, lo spirito di questa ricorrenza burlona è sentito sempre allo stesso modo? Come non ricordare la gioia fanciullesca di inventare, disegnare e costruire la propria mascherina, magari con l’ausilio delle maestre di scuola. Gli ingredienti essenziali erano: fantasia, colori e semplicità. Ogni bambino almeno una volta ha ritagliato la propria maschera da un cartoncino che era stato la confezione dei biscotti per la colazione. Tutti hanno imparato che su di uno spesso strato di colla vinilica i coriandoli si appiccicano a meraviglia. Era fantastico stropicciare la carta crespa come per formare dei ventagli e abbellire colletti, polsi o per definire i bordi della maschera fai da te. Insomma colori a go-go e l’artista che c’è in ogni bambino non aveva freni. Il lavoro duro spettava però sempre alla mamma. Come perché? Chi confezionava il vestitino di carnevale? Le mamme, che sembravano sarte affermate: calzamaglia verde, smanicato raso con gonnellino a zig-zag, cappellino di carta a forma di barchetta rovesciata, copriscarponcini di panno pinzati con spillatrice e Peter Pan era pronto a volare per l’isola che non c’è! E che dire delle gonnelline di paglia su tutine nere? CRONACHE ARAMONESI La maschera di Giangurgolo (Foto scaricata dal web) Una generosa manciata di trucco in viso e la tribù africana è all’erta da attacchi nemici. I bambini erano molto motivati anche dalle premiazioni per il costume più bello che avvenivano in Piazza otto marzo al termine della manifestazione. Il carnevale era proprio una gioia per grandi e piccini; gli adulti si divertivano ad organizzare le sfilate dei carri: c’era una vera e propria sfida e competizione. Ad esempio tra infermiere e medici matti sul furgone bianco e il trattore dei boscaioli armati di cappellino di lana e camicia a quadri. Ricordate poi l’anno (più o meno verso la metà degli anni Novanta) in cui si scontrarono le majorette del Circolo 2000 e i personaggi della Walt Disney dell’ Arci? Bei tempi! E come ciliegina sulla torta i ragazzi ed i bambini del gruppo folkloristico di Zambrone erano ben lieti di animare e arricchire le strade del paese con balli, canti e scenette comiche rigorosamente in dialetto. Ed ora cosa rimane del carnevale zambronese anni ’90? Senz’altro un bellissimo ricordo, specie guardando le nuove mascherine commerciali, stilisticamente perfette ma senz’anima e senza cuore. Il febbraio zambronese non è più in preda ad una pioggia di coriandoli e stelle filanti. A gioirne, però, sono soltanto gli operatori ecologici. Laura Grillo Durante il ‘600, epoca della cosiddetta “Commedia dell’arte”, al centro della vita sociale e culturale vi era il teatro. Attraverso le maschere gli autori potevano esprimere il proprio pensiero, burlandosi degli aspetti della società a loro poco congeniali. Basti pensare a Pulcinella, Arlecchino, Colombina, Pantalone, tutte rappresentative di una determinata classe sociale e con un particolare carattere. Tra queste maschere, divenne famosa anche quella della Calabria, Giangurgolo, capitano di origine spagnola. La maschera di Giangurgolo è nata dal desiderio di mettere in ridicolo gli arroganti signorotti calabresi che imitavano gli atteggiamenti insolenti degli ufficiali spagnoli. Infatti Giangurgolo apparentemente è un nobile principe ricco che incute rispetto e timore, in realtà si rivela fifone, vanitoso e bugiardo. Nelle rappresentazioni teatrali viene sempre deriso dalle donne a cui fa la corte per via dei suoi modi sgraziati, del naso grosso e della voce stridula. Di questa simpatica maschera, che sui palcoscenici dei teatri seicenteschi divertì il pubblico rappresentando la realtà regionale e dialettale calabrese, oggi sembra rimanere solo un ricordo. A differenza di Giangurgolo, i dolci tradizionali calabresi ogni anno accompagnano il carnevale locale. Un’arte tramandata di generazione in generazione; freschi, fatti a mano, essi venivano esposti nel passato come un mezzo di saluto, rappresentavano la vita rurale contadina, il rispetto per la famiglia, il popolo calabrese. Tra i più diffusi dolci di Carnevale vi é la “pignolata” al miele che si presenta come un assemblato tra vari pallini di pasta fritti coperti di miele e le “chiacchiere”, prodotte con ingredienti naturali come farina ed olio, fritti e ricoperti di zucchero. Alessandra Pepè 9 MARZO 2009 LA TESI CRONACHE ARAMONESI ANTONIO VARRA’ PRESENTA LA SUA IDEA: L’ECOTURISMO IN “BRESTE” Una tesi di laurea dedicata a Zambrone Più precisamente a quello che rappresenta e, soprattutto, potrebbe rappresentare la sua principale risorsa: il turismo. L’idea é di Antonio Varrà, laureatosi recentemente a Cosenza, presso l’Università degli studi della Calabria, facoltà di Economia, corso di Scienze turistiche. La tesi, “Ecoturismo “in breste” fra borghi e architetture di terra a Zambrone e nel Poro”, ha avuto quale suo relatore Rosario Chimirri, ordinario di Storia dell’architettura e dell’urbanistica. Il lavoro del neolaureato zambronese è sviluppato in quattro capitoli. Il primo dal titolo “Ecoturismo” è suddiviso in due parti: l’analisi generale dell’attuale realtà turistica che precede la disamina sul turismo sostenibile ed ecocompatibile. Il secondo capitolo “Architettura di terra” è, invece, suddiviso in tre parti dedicate, rispettivamente, al paesaggio naturale e antropico, all’origine dell’architettura di terra e, infine, alle case di terra nel mondo. Il terzo capitolo “La realtà calabrese”, si sofferma sull’analisi della diffusione di questa architettura in Calabria e specificamente nell’area del Vibonese e di Zambrone sottolineando la mancanza di tutela e l’abbandono strutturale del bene in questione. Il quarto, dal titolo “Un progetto di valorizzazione turistica” approfondisce la relazione tra ecoturismo e le case di fango. In sostanza, l’idea di Antonio Varrà è semplice e accattivante: le sorti del turismo sono strettamente legate al territorio e la tutela di quest’ultimo è il modo migliore per svilupparne le potenzialità. E’ questa la chiave di volta di un’efficace politica di promozio- Costruzione in “breste” a Daffinà -ne turistica . Il lavoro, naturalmente, è supportato da dati oggettivi inoppugnabili, analizzati in profondità e con rigore scientifico. Il riferimento costante della ricerca è Zambrone, il cui territorio è incastonato tra le bellezze marine della Costa degli dei e quelle montane del Poro. Un omaggio che il giovane autore ha voluto rendere al suo comune d’origine, nel quale vive e lavora. Curiosa e interessante l’indagine sulla architettura “in breste” (materiale composto da terra “assicata” al sole) usate nello scorso secolo anche per ricostruire le abitazioni a seguito dei terremoti del 1905 e del 1908. Testimonianze tangibili sono tuttora visibili a Daffinà, piccola frazione di Zambrone, dove esistono alcune delle strutture originali. L’utilizzo di materiali locali e non inquinanti, la creazione di strutture adeguate e calibrate secondo le esigenze della collettività sono i pilastri di un habitat intrinsecamente razionale. Una lezione che il giovane ricercatore attualizza, proiettandola, specificamente, nella realtà zambronese, anche se non mancano osservazioni attente su centri abitati del Vibonese dove è facile riscontrare questo metodo architettonico. In un passo essenziale della sua tesi Antonio Varrà ha scritto: “Il turismo può innescare un processo d’arricchimento ma, se non adeguatamente organizzato e soprattutto progettato può rivelarsi un boomerang con effetti molto negativi. Da qui nasce l’esigenza di stabilire limiti precisi e di attuare progetti di sviluppo turistico adeguati. Viene così introdotto -conclude il neo laureato- il termine di “turismo sostenibile”, che si traduce anche nel mantenimento e recupero della solidarietà tra le diverse generazioni delle comunità ospitanti, affinché la monocultura turistica non disgreghi i valori locali, troncando il passaggio dell’eredità culturale da una generazione all’altra”. Qualche settimana fa monsignor Vincenzo Rimedio ha affermato: “In Calabria è carente la cultura ecologica di rispetto della natura. La nostra è una regione espropriata di una coscienza collettiva orientata al bene comune”. La tesi di Antonio Varrà rappresenta un prezioso contributo per un’inversione culturale tanto urgente quanto auspicabile. Corrado L’Andolina 10 MARZO 2009 IDEA AMBIENTALISTA CRONACHE ARAMONESI TURISMO SOSTENIBILE ED ECOCOMPATIBILE ANCHE A ZAMBRONE Il Comune di Zambrone si estende su circa quindici chilometri quadrati di superficie ad un’altitudine che varia da zero a cinquecento metri sul livello del mare con una costa di circa sette chilometri ritenuta tra le più suggestive della provincia di Vibo Valentia. Lo sviluppo turistico ha interessato in modo significativo la zona costiera come la maggior I dei comuni limitrofi e più in parte generale la Calabria facendola diventare una meta balneare internazionale, grazie anche alla vicinanza di Tropea definita: “La perla del Tirreno”. Questo sviluppo ha portato inizialmente molto ottimismo nella popolazione che vedeva nel turismo una risorsa; ma la realtà dei grandi tours operators europei ha fatto sì che questa speranza si limitasse a soli quattro, cinque mesi all’anno e sicuramente, con tutte le peculiarità di un turismo prettamente di massa, con la mancanza di un’equa distribuzione del reddito. Infatti, solitamente, la maggior parte della gente occupa ruoli marginali nella gestione di queste strutture, limitandosi a lavorare come giardiniere, manutentore, cameriere o bagnino, senza alcun coinvolgimento in attività dirigenziali. A ciò si aggiunga la perdita di valori e tradizioni antiche e il fatto che il territorio zambronese si trova in una delle province considerate fra quelle con il più alto tasso di migrazione e disoccupazione, con uno dei più bassi livelli di qualità della vita in Italia, ma nello stesso tempo, almeno riguardo il tratto costiero, con la più alta densità di villaggi turistici della nazione. Si tratta di dati che in un sistema economico sostenibile non sarebbero compatibili l’uno con l’altro. L’obiettivo della tesi: “Ecoturismo “in breste” fra borghi Panoramica della marina di Zambrone e architetture di terra a Zambrone e nel Poro” è di creare un circuito alternativo in chiave sostenibile della località in questione, puntando su una rivalutazione delle tradizioni che spaziano da quelle materiali a quelle immateriali, come la musica ed altre peculiarità locali, in una compartecipazione di fenomeni. Lo studio ha avuto quale sua centralità l’analisi tecnica del turismo sostenibile più in sintonia con le nuove linee guida globali che il mondo si prepara ad affrontare. Infatti con il termine turismo s’intende quell’attività di escursione e/o viaggio che l’uomo compie a fini istruttivi, di svago o di vacanza. Oggi il turismo è un fenomeno in forte espansione, occupa un ruolo di primo piano ed è considerata la principale attività economica del globo. Sposta oltre cinque miliardi di persone ogni anno e occupa milioni di lavoratori, uno ogni quindici occupati in tutto il mondo. Si tratta, inoltre, di un fenomeno destinato a crescere nei prossimi decenni in modo esponenziale, favorito dallo sviluppo dei trasporti e delle comunicazioni. Bisogna, però, considerare che il turismo, soprattutto quello di massa e di lusso ha avuto ed ha tuttora effetti molto negativi su ambienti, culture, società ed economie. Il vero detonatore della rivoluzione turistica è stata la classe lavoratrice dei Paesi industrializzati che, negli anni Ottanta, ha abbandonato le solite località turisti- -che vicino casa. Talvolta ha cominciato a varcare i confini dei rispettivi stati per recarsi in “paradisi tropicali”, lontani dai luoghi di partenza migliaia di chilometri. Questa tipologia di turismo è devastante per le aree di destinazione; senza una programmazione razionale, infatti, vengono “spalancate” le porte al così detto turismo di massa. Bisogna sottolineare che l’industria turistica è fortemente concentrata nelle mani di pochi grandi operatori e, anche se esistono migliaia di piccole agenzie, queste ripropongono per lo più i pacchetti creati dai “grandi”. Il turismo può innescare un processo di arricchimento ma, se non adeguatamente organizzato e soprattutto progettato, può rivelarsi un boomerang con effetti molto negativi. Da qui nasce l’esigenza di stabilire limiti precisi e di attuare progetti di sviluppo turistico adeguati. Viene così introdotto il termine “turismo sostenibile”, creato secondo principi che sono dello sviluppo sostenibile, auspicati nel 1997 dalla Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo nel rapporto Our Common Future, noto come “Relazione Brundtland”. I principi sono gli stessi: attingere alle risorse del presente tenendo conto del futuro. Antonio Varrà 11 MARZO 2009 RUBRICA CRONACHE ARAMONESI Continua il percorso finalizzato alla conoscenza delle figure storiche e degli eventi ai quali sono dedicate le vie di Daffinà. Periodico indipendente d'informazione, politica e cultura GIUDITTA LEVATO Editore Centro Studi Umanistici e Scientifici Aramoni Lavoratrice combattiva e coraggiosa Nella seconda metà degli anni ‘40 del secolo scorso, l’Italia è letteralmente spaccata in due: la Repubblica di Salò al Nord e l’Italia meridionale in mano agli Alleati, guidata dal governo Badoglio. Al Sud imperava, ancora, il latifondo, già anello debole della politica italiana all’indomani dell’Unità d’Italia. Un coraggioso ministro dell’Agricoltura, Fausto Gullo, calabrese e appartenente al Partito comunista italiano, decise di invertire la rotta. Tra le colline del Marchesato e le montagne della Sila, per i contadini organizzatisi in varie cooperative, sembrò giunto il momento della riscossa. In tali circostanze, Giuditta Levato fonda la cooperativa e la lega dei braccianti di Calabricata (oggi frazione di Sellia Marina) importante strumento di lotta contro le baronie latifondiste del posto, ponendosi, così, alla testa del movimento di emancipazione contadina e guadagnandosi la stima e l’affetto dei compaesani. Il 17 settembre 1946 il latifondo viene occupato, le terre inaridite vengono messe a coltura: si avvera un sogno secolare. Ma i latifondisti non si rassegnano e creano scompiglio, pressioni e violenze per cacciare i contadini dalle terre occupate. Giuditta Levato non si intimidisce e prosegue la sua battaglia. Il 28 novembre 1946 le lavoratrici del posto, avvisate dal sopraggiungere di una mandria di buoi appartenenti all’agrario Pietro Mazza sulle terre già seminate dalla cooperativa di Calabricata: “Accorsero per scacciarvi i buoi e salvare le loro semine dalla distruzione”. Viene subito organizzata una pacifica manifestazione di protesta, alla testa del corteo si pone Giuditta Levato. In questo contesto é dato l’ordine di sparare: Giuditta Levato e il figlioletto che portava in grembo muoiono da lì a poco. E’ evidente e profondo il significato civile conferito CRONACHE ARAMONESI Registrazione presso il Tribunale di Vibo Valentia al N. 2 del 18 luglio 2005 Direttore responsabile G. Raffaele Lopreiato Progetto grafico di Stefano Simoncini Studio fotografico Franco Alleva Hanno collaborato in redazione Caia Paolo, L’Andolina Corrado Antonio, L’Andolina Salvatore Immagine di Giuditta Levato con i suoi due figli dalla locale amministrazione del 1983 con l’intestazione di una pubblica via alla sfortunata lavoratrice calabrese. La decisione, infatti, rappresenta il doveroso riconoscimento ad una figura umana che é l’emblema stesso della voglia di riscatto sociale dei calabresi, prima martire del diritto alla giustizia sociale; donna orgogliosa, caparbia, testarda, legata alla famiglia, simbolo di femminilità, forza, determinazione, impegnata in una lotta difficile contro l’arroganza di uomini protervi ed ottusi. La tragedia di Giuditta Levato, madre di due figli in tenera età e morta a soli 31 anni, da sempre smuove le coscienze della gente onesta ed é divenuta, nel tempo, l’esempio più fulgido della lotta dei calabresi laboriosi e tenaci per un futuro diverso e migliore del presente. Dopo la guerra, per arginare il movimento di proteste che molti storici hanno definito “la resistenza del Sud”, la ridistribuzione delle terre prosegue, ma in tono minore. Per volontà governativa, le cooperative fra le masse povere e contadine del Sud vengono quasi eliminate e i terreni assegnati ai singoli braccianti. Ma il sangue continua a scorrere nelle campagne meridionali. Fino all’eccidio di Fragolò, a Melissa, nella provincia di Crotone, nel ’49. Fatto che ebbe risonanza nazionale e dette una svolta alla definitiva assegnazione della terra nel Meridione d’Italia. Angela Mazzitelli Redazione Viale A. Gramsci n. 3 89867 San Giovanni di Zambrone (VV) Tel. e fax 0963-392483 [email protected] Responsabile trattamento dei dati (D.Lgs. 196/2003) Corrado Antonio L’Andolina Stampa Tipolitografia Grafica Cosentina di Caputo & C. Snc Via Bottego, 7; tel. 0984-21383 Cosenza (Cs) Chiuso in redazione il 20 marzo 2009 CRONACHE ARAMONESI TARIFFE DI ABBONAMENTO Il giornale verrà pubblicato con cadenza periodica. Le tariffe di abbonamento sono le seguenti: -Abbonamento ordinario € 15,00 -Abbonamento socio sostenitore € 100,00 Il versamento potrà essere effettuato direttamente alla redazione o sul conto corrente postale Naz IT Cech 78 Cin B Abi 07601 Cab 04400 N° conto 86358801 Iban IT78B076010440086358801 12