L'occupazione delle scuole si conferma uno strumento di lotta vitale, nonostante le accuse di ministri, presidi, giornali e la conseguente (e crescente) repressione. Spesso però abbiamo visto una difficoltà nella preparazione di queste occupazioni, o una scarsa capacità di tenuta, o ancora un disorientamento degli studenti su cosa fare una volta occupata la scuola o davanti alle misure repressive
messe in atto da presidi e professori. È normale, dal momento che ogni nuova generazione deve imparare da capo come affrontare queste situazioni; c'è tuttavia un problema ulteriore: negli ultimi anni
la crisi delle strutture studentesche ha lasciato molte scuole prive di collettivi solidi e attivisti formati, e così in tanti casi si è rotta la trasmissione delle lezioni degli anni passati. Inoltre crediamo che
quelle stesse strutture studentesche abbiano avuto per troppo tempo un approccio routinario verso le
occupazioni, senza un'adeguata riflessione su cosa siano davvero, a cosa servano e come debbano
essere costruite e portate avanti. Senza pretesa di scrivere manuali, perché ogni situazione ha le proprie caratteristiche e va valutata a sé con flessibilità, proviamo a dare un contributo su alcuni punti di
base.
resta nelle solite mani.
Partiamo da un chiarimento. Fin qui abbiamo ilIl controllo
fatto che negli ultimi anni si siano viste sem-
parlato solo di occupazione, ma in realtà ci sono pre più cogestioni e sempre meno occupazioni
molte forme intermedie che modificano la nor- (di fatto un'istituzionalizzazione di questa forma
male attività scolastica.
di lotta) mostra che le amministrazioni scolastiche vogliono cancellare dalla memoria degli stuL'occupazione vera e propria è quella in cui denti l'idea di poter decidere da soli, e vogliono
l'edificio scolastico è fisicamente posto far passare invece l'idea che sempre, persino nelsotto il controllo di tutti gli studenti, o al- le mobilitazioni, dev'essere il preside ad avere
meno di una parte di essi; le lezioni sono l'ultima parola e “guai a mettere in dubbio le rebloccate e sono gli studenti a decidere chi gole”. Ma questo non è vero! Se gli studenti si
entra e cosa si fa o cosa non si fa a scuola. organizzano e si mobilitano le regole possono
L'autogestione con blocco delle lezioni è saltare. È, in sostanza, una questione di rapporti
molto simile all'occupazione, salvo per il di forza che si possono mettere in campo.
fatto che non c'è un controllo altrettanto
rigido dell'edificio (spesso i professori
possono entrare).
L'autogestione senza blocco delle lezioni è
di fatto una divisione della scuola in due
parti: in una ci sono le lezioni (o attività di
studio e ripasso), nell'altra le attività decise e gestite dagli studenti.
La cogestione, infine, è una modifica della
normale attività scolastica, pienamente
concordata con i professori e il preside, i
quali possono quindi porre le loro condizioni sulla gestione delle attività e/o decretare arbitrariamente la fine della cogestione stessa.
L'essenza di queste forme di mobilitazione è
quindi la stessa, che si articola in forme più o
meno sfumate o conflittuali: la normale attività
della scuola e la normale gestione totalmente
nelle mani dell'amministrazione scolastica vengono interrotte, gli studenti concentrano nelle
proprie mani una parte o tutta la gestione della
scuola. Nei fatti, cambia il soggetto che prende
le decisioni, una catena di comando (preside e
professori) si fa da parte e se ne afferma
un'altra (gli studenti riuniti in assemblea).
L'occupazione di una scuola porta con sé insomma un embrionale dualismo di potere. È quindi
evidente che più avanzata è la forma di lotta
(verso l'occupazione) più si mostra che gli
studenti organizzati possono decidere cosa accade a scuola; viceversa, più la lotta è istituzionalizzata (verso la cogestione) meno si contesta chi normalmente gestisce la scuola e più
Proprio per questo però bisogna stare attenti a
dare una prova di forza che sia tale e non si trasformi in una prova di debolezza. A un'occupazione bisogna arrivare preparati e con il consenso della maggioranza degli studenti. Bisogna discutere in assemblea non solo dell'inizio della
lotta e decidere le attività, ma ogni giorno l'assemblea si deve riunire per discutere delle novità, dei modi di svolgimento delle attività, insomma di come portare materialmente avanti l'occupazione; infine tutte le decisioni discusse vanno
ratificare con votazione democratica al termine
dell'assemblea. Questo non solo perché ognuno
(a parte i fascisti, i quali devono essere allontanati, poiché parteciperebbero all'assemblea solo
per provocare, sabotare e aggredirne i membri)
deve poter dire la propria, ma perché solo una
decisione discussa puntualmente e condivisa
sarà poi sostenuta con forza da tutti gli studenti.
Altrimenti, e qui arriviamo alla “prova di debolezza”, ci si ritrova in qualche decina di
“sopravvissuti” e si deve sbaraccare tutto. Infine, le decisioni prese devono essere rispettate
da tutti e, nonostante la buona volontà dei singoli, l'assemblea deve garantire un servizio
d'ordine fatto dagli stessi studenti, che sia identificabile e che si attenga alle indicazioni
dell'assemblea: il servizio d'ordine permette anzitutto di controllare che non ci siano infiltrati
nella scuola e, come si dice sopra, garantisce
che le decisioni dell'assemblea vengano rispettate da tutti.
Chiariamo un punto
importante, che spesso causa problemi fra
gli studenti che non
sanno come affrontare la questione: il rapporto con i lavoratori.
Sicuramente un'occupazione che abbia con
sé l'appoggio e la collaborazione dei lavoratori della scuola, docenti e personale Ata, è
più forte. Tuttavia questo non vuol dire mettersi
in coda ai professori che vogliono indebolire
(cogestione) o reprimere la lotta. Il punto è
molto semplice e parte da una domanda: i lavoratori vogliono rafforzare o indebolire la lotta?
Nel primo caso allora devono partecipare alle
assemblee con gli studenti, discutere con loro
da pari a pari e attenersi alle decisioni prese tutti insieme, uniti in unico fronte. Nel secondo
caso invece, se la forza degli studenti è sufficiente, non ci si deve piegare.
Bisogna comunque capire a cosa serve un'occupazione, altrimenti si rischia di fare ragionamenti a vuoto.
Se si sta facendo, ad esempio, una lotta nella
scuola per ottenere degli obiettivi precisi (come
può essere l'istituzione di corsi di recupero accessibili a tutti gli studenti, o la concessione di
un'aula per le riunioni del collettivo, o altro ancora) allora in questo caso l'occupazione può
servire come utile strumento di pressione fino
alla realizzazione degli obiettivi stessi, o almeno fino a che non si decida di cambiare forma
di lotta. Inoltre, se un problema tocca più scuole, come può essere ad esempio la necessità di
far partire il riscaldamento due ore prima, per
non morire di freddo la prima ora, allora dovrebbero esserci a livello cittadino, o locale, occupazioni in tutte le scuole, coordinate attraverso assemblee di delegati eletti nelle varie scuole, in modo da avere un confronto il più democratico possibile fra le singole realtà e portare
avanti, uniti e quindi più forti, la lotta.
La maggior parte delle occupazioni comunque le vediamo
nascere in collegamento a movimenti
nazionali, o legate a
battaglie molto più
ampie (contro una riforma, contro l'austerity, ecc.). In questo
caso servirebbe un
coordinamento nazionale di delegati delle varie
scuole o città: tuttavia, per piegare il governo di
un paese di solito le mobilitazioni studentesche
da sole non bastano, ma hanno bisogno dell'appoggio dei lavoratori in lotta. In questo si esprime la forza, ma anche il limite del movimento
studentesco: si possono creare, certo, un disagio e una pressione anche molto forti, ma queste cose da sole non bastano a fermare la produzione di un intero paese (come invece posso fare i lavoratori in sciopero generale), né gli studenti da soli posso prendere in mano aziende,
fabbriche, ospedali, ferrovie, telecomunicazioni, sottraendoli alla classe dominante.
Le occupazioni studentesche di scuole e università sono quindi una forma di lotta utile, ma
non decisiva. Vanno usate, ma occorre tener
presente che serve un livello diverso e più alto
di scontro per vincere definitivamente. In concreto posso occupare contro una missione militare, o contro una riforma, farò sentire in questo
modo il dissenso, metterò certo pressione al governo e creerò l'occasione di una generalizzazione del conflitto, ma sarà solo con la forza
del movimento operaio che si schiera con gli
studenti che si potranno davvero cambiare le
cose. Fra l'altro una scuola occupata può anche
essere un'ottima base per organizzare altre forme di lotta fuori dalla scuola stessa.
C'è infine un altro elemento, decisivo. Le scuole occupate sono uno spazio fondamentale di
formazione politica. Tutto ciò che abbiamo
scritto fino a qui dovrebbe diventare patrimonio
degli studenti in lotta e dovrebbe essere argomento di discussione nelle assemblee. Le assemblee, i gruppi di lavoro e di approfondimento sono un patrimonio immenso in un'occupazione: a scuola si parla di ciò che viene taciuto
durante le normali lezioni. Discussioni di attualità, discussioni su lotte in altri paesi, sulla Grecia, sulla Siria e l'Egitto, discussioni sul '68/'69,
sulla resistenza e sull'antifascismo, discussioni
sulla crisi del capitalismo, sulle idee rivoluzionarie o sulle lotte operaie: questi e tanti altri temi sono ciò che serve per uscire da un'occupazione diversi da come ci si è entrati. Anche per
questo quando si organizza un'occupazione è
necessario pensare ad un piano di discussioni,
proiezioni, assemblee, letture che possa riempire la durata della mobilitazione. Non abbiamo
nulla contro i tornei di calcetto o pallavolo, anzi... tuttavia solo curando la discussione politica
ci si potrà chiarire le idee su come proseguire
nella lotta, e soprattutto alla fine dell'occupazione non ci si saluterà solo rimandando tutto
all'occupazione dell'anno successivo, ma resterà una scuola pronta a reagire quando è necessario, con più esperienza, e una fascia di studenti, magari organizzati in un collettivo, che
potranno monitorare la situazione nella scuola,
proporre assemblee, tenere informati tutti gli
studenti e, quando necessario, far ripartire le
lotte su una base più avanzata e con le idee più
chiare.
Questi pochi punti che abbiamo trattato sono in
parte tradizioni storiche del movimento studentesco italiano (che si sono parzialmente perse
nella routinarietà e che è necessario recuperare
in questi anni) e in parte invece sono punti di
forza di movimenti studenteschi di altri paesi,
che in Italia devono ancora trovare una traduzione. A nostra volta li abbiamo conosciuti attraverso un lavoro di discussione e formazione
che cerchiamo di sviluppare il più continuativamente possibile: è proprio in questo che crediamo sia racchiusa l'utilità di una struttura studentesca.
I nostri collettivi sono impegnati in prima linea
a sostenere le occupazioni che si andranno a
sviluppare nel prossimo periodo. Interveniamo
portando avanti le idee abbozzate in quest'opuscolo, con l'obiettivo di creare un coordinamento sempre più forte che unisca in un solo fronte
tutti gli studenti in lotta del paese. Per rafforzare le mobilitazioni, e per far tesoro dell'esperienza e metterla a disposizione di chi comincia
ora a lottare per i propri diritti.
Costruisci con noi il Coordinamento Sempre in Lotta,
mobilitati nella tua scuola, fonda un collettivo e
discuti con i tuoi compagni!
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