Unione Europea
Provincia di Salerno
OASI WWF
di DIECIMARE
Opuscolo illustrativo dei caratteri ambientali
e delle modalità di visita
S.r.l. unipersonale
di proprietà della
Fondazione WWF Italia
Il presente fascicolo è stato sviluppato
nell’ambito delle attività finanziate dal POR
Campania 2000-2006 al WWF Italia Onlus
WWF Italia
Responsabile Affari Generali e Beni Patrimoniali
Annibale Gatto
Responsabile Unico del Procedimento
Giorgio Calamaro
Coordinatore Territoriale Progetti POR
Fabrizio Canonico
Le attività sono state svolte dal
WWF Ricerche e Progetti S.r.l.
con il seguente gruppo di lavoro:
Responsabile
Adriano Paolella
Coordinamento
Saro Aiello, Simona Bardi, Maria Piera Padoan
Testi
Antonietta Lamberti
Grafica
Paola Venturini
Foto di copertina
Alfonso Salsano
Foto
S. Aiello, G. Bini, F. Canonico, G. Ferrara,
M. Fraissinet, L. Nesi, Panda Photo, A. Salsano,
M. Senatore, ©WWF-Canon
Si ringrazia per i contributi e la partecipazione
la Sezione Regionale Campania del WWF Italia Onlus ed in particolare il Presidente
Ornella Capezzuto, l’Assistente Giovanni
La Magna, il Direttore scientifico WWF Oasi
Antonio Canu e lo staff dell’Oasi Marco
Senatore, Gianfranco Bini, Giuseppe Senatore
OASI WWF DI DIECIMARE
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INDICE
Inquadramento Generale Paesaggio ed evoluzione dei sistemi naturali . . . . . . . . . . . . 3
Il contesto di riferimento:
caratteri sociali ed economici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
Cenni storici dall’anno 1000 ad oggi sui monti
del Parco Diecimare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
I caratteri vegetazionali e faunistici. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
Una rete in connessione: il Parco di Diecimare
nel sistema regionale campano. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
Dalla tutela alla riqualificazione naturalistica
alla gestione ordinaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
Stato di utilizzazione del sito e problematiche
connesse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
La fruizione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
I percorsi di educazione ambientale
per le Scuole e per i gruppi informali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
Le attività e i laboratori per tutti, le visite . . . . . . . . . . . . . . . . 27
Le occasioni del territorio: prodotti tipici
e saperi locali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
Schede sintetiche delle specie di flora e fauna
maggiormente rappresentative. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
Pettirosso - A. Salsano
OASI WWF DI DIECIMARE
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Valle Metelliana - A. Salsano
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Bombo - A. Salsano
INQUADRAMENTO GENERALE-PAESAGGIO
ED EVOLUZIONE DEI SISTEMI NATURALI
L’OASI WWF DEL PARCO NATURALE DIECIMARE SI TROVA sui rilievi che separano
i Monti Lattari dai Monti Picentini ed include parzialmente i rilievi di Montagnone,
Monte Caruso, Forcella della Cava, Poggio e Monte Cuculo. Il Parco è situato nel territorio dei Comuni di Cava de’ Tirreni, Mercato S. Severino e Baronissi, in Provincia di Salerno ed è circondato dai centri urbani densamente abitati dell’Agro Nocerino Sarnese e della Valle dell’Irno. L’area protetta interessa un ambiente collinare e montuoso ricoperto di boschi e in cui si aprono radure che offrono al paesaggio, alla flora e alla
fauna una importante diversificazione e ricchezza.
L’Oasi WWF di Diecimare è stata istituita come “Parco Naturale Regionale Diecimare”
con Legge Regionale n. 45 del 1980 sul versante del Comune di Cava de’ Tirreni e Baronissi (SA). In seguito con Delibera di Consiglio Comunale n. 42 del 28 settembre 1999
il Comune di Mercato S. Severino ha istituito il “Parco Naturale Comunale Diecimare”
ed ha posto sotto tutela un’area boscosa di 220 ettari, che ha contribuito a raddop-
OASI WWF DI DIECIMARE
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Funghi - A. Salsano
Ingresso Oasi WWF - F. Canonico
piare la superficie protetta del contiguo
Parco Naturale Regionale.
L’intera area è sottoposta al vincolo idrogeologico e paesaggistico.
La Legge Regionale istitutiva del Parco
prevede: “la tutela e la conservazione delle caratteristiche naturali, ambientali e paesistiche; la promozione e l’organizzazione
della fruizione turistica a fini ricreativi, didattici, scientifici e culturali; la tutela e la
valorizzazione delle specie faunistiche presenti nel territorio”.
Le finalità istitutive del Parco Naturale
Comunale Diecimare sono quelle di: “tutelare una porzione di territorio, che offre caratteristiche uniche sotto il profilo
ambientale; promuovere e diffondere,
presso la popolazione, una più consapevole sensibilità ai problemi ambientali;
ricreare e mantenere le condizioni ottimali per la tutela e l’incremento di specie animali e vegetali particolarmente
minacciate; sviluppare la ricerca scientifica; creare un centro di educazione ambientale”.
La gestione è affidata al WWF Italia Onlus in seguito a convenzione con i
Comuni di Cava de’ Tirreni e di Mercato S. Severino.
OASI WWF DI DIECIMARE
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Mercato S. Severino - L. Nesi
IL CONTESTO DI RIFERIMENTO:
CARATTERI SOCIALI ED ECONOMICI
L’OASI DI DIECIMARE SI INSERISCE IN UN CONTESTO TERRITORIALE con dinamiche socio-economiche omogenee, che non si esaurisce nell’ambito dei tre comuni
(Cava de’ Tirreni, Mercato S. Severino e Baronissi) nei quali insiste ma può riferirsi ad
un’area che comprende anche i comuni con questi confinanti (Castel San Giorgio, Fisciano, Nocera Superiore, Pellezzano e Roccapiemonte).
Il territorio nel suo complesso ha un interessante patrimonio naturalistico, paesaggistico, culturale, storico ed architettonico e si innesta nel contesto di una delle aree
metropolitane più estese d’Europa e nonostante possa contare su di una localizzazione che lo pone a ridosso di una zona (quella della costiera amalfitana) interessata da
grandi flussi turistici, appare esserne escluso. L’area di superficie complessiva di 163,413
kmq., rappresenta circa il 3,3% della superficie della provincia di Salerno e con poco
più di 160.000 residenti alla fine del 2005 incideva per il 14,7% sul totale degli abitanti
della provincia. Tra il 1971 ed il 2001 il numero complessivo di abitanti è cresciuto del
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Mercato S. Severino - L. Nesi
Cinciarella - A. Salsano
33,4%, con un tasso più elevato della media provinciale (12,1%). Particolarmente
interessati da questo sviluppo della popolazione residente sono stati il comune di Nocera Inferiore (+47,8%) e quelli
di minore dimensione (come Baronissi,
Castel San Giorgio o Pellezzano) oggetto di un processo di espansione complessiva degli insediamenti abitativi di
quest’area. Al 2004 in relazione alle classi di età della popolazione residente si evidenzia una significativa componente
giovanile: i residenti di età superiore ai
65 anni risultano meno di quelli di età
inferiore ai 14; e tale scarto è significativo nei comuni che hanno presentato la
maggiore crescita della popolazione residente, per l’insediamento di numerose coppie giovani, in sostanziale allineamento con la media provinciale.
La densità abitativa è pari a quasi quattro volte alla media della provincia
(981,3 ab./kmq., contro i 221,9 ab./kmq.
per la provincia) ed anche la disponibilità di abitazioni non occupate risulta
molto bassa (8,4% rispetto al 20,8% medio della provincia), evidenziando caratteristiche sostanzialmente “metropolitane” dell’area. Sussistono, tuttavia ampie
porzioni di territorio non urbanizzate, la
superficie agricola totale è infatti pari al 37,4% della superficie
complessiva. Nell’economia locale il comparto agricolo e zootecnico è marginale; nelle ultime rilevazioni censuarie solo il 17,4%
del territorio risultava utilizzato a fini agricoli (a fronte di una media provinciale del 39,3%) e gli occupati nel comparto primario
erano pari al 3,3% del totale (contro la media provinciale
dell’11,34%). Al 2000 sono presenti 4.201 aziende agricole, con una
contrazione complessiva nel decennio intercorrente tra le due ultime rilevazioni censuarie pari al 21,4% a cui si è accompagnata,
in controtendenza rispetto all’andamento provinciale e regionale, una contestuale diminuzione delle dimensioni medie azienda-
li. Le produzioni prevalenti sono quelle
frutticole, ortive, olivicole e vitivinicole,
mentre esigua è la presenza di produzioni di cereali e ridotta quella del frumento e degli agrumi. Tra il 1990 ed il
2000, il comparto olivicolo ha un significativo incremento sia delle aziende
(+81,7%), che delle superfici (+57,3%);
tutti gli altri comparti hanno una riduFesta delle Oasi - F. Canonico
zione complessiva sia di aziende che di
superfici impegnate oppure andamenti non omogenei.
Nel medesimo periodo, anche il comparto zootecnico presenta una riduzione sia
del numero di aziende che del numero
di capi, in alcuni casi, estremamente significative: nei comparto dell'allevamento dei bovini e dei suini si è, ad esempio,
verificata una riduzione delle aziende paMercato S. Severino - L. Nesi
ri, rispettivamente, al 63 ed al 52%.
I comparti dell’industria e dei servizi, tra il 1971 ed il 2001 presentano, in media, una costante crescita, sia delle unità locali (+112%)
che degli addetti (+95%). Risultano prevalenti le unità locali del
commercio (35,9%), soprattutto al dettaglio, con una tipica debolezza strutturale dimostrata dalle ridotte dimensioni media delle
unità locali, con numero esiguo e gli addetti impegnati sul totale
dei comparti produttivi e dei servizi (17,8%). Segue per unità locali (24,6%) il comparto delle produzioni manifatturiere, che è il più
rilevante per numero di addetti impegnati (38,5% del totale); non
significativo, rispetto ad altri sistemi, appare il peso dei servizi alle
imprese (19,7% delle unità locali e 13,5% degli addetti). La Pubblica Amministrazione, la sanità, l’istruzione e gli altri servizi pubblici,
sociali e personali, hanno un certo peso, incidendo, complessivamente per il 15,8% sulle unità locali e per il 27,1% sugli addetti.
Quasi assenti le attività agro-industriali, (0,2% delle unità locali e
0,1% degli addetti) mettendo in luce la debolezza del sistema delle trasformazioni agricole locali.
Il settore della ricettività e della somministrazione è debole e con
una incidenza del 3,9% sulle unità locali e del 2,9% sugli addetti
non fornisce un supporto adeguato per sostenere interventi connessi al turismo ambientale e culturale. Nel 2004 le strutture ricet-
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OASI WWF DI DIECIMARE
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Mercato S. Severino - L. Nesi
tive (alberghiere e non) presenti nel contesto risultavano 23, con circa 660 posti
letto; di queste, ben 19 sono localizzate
nei comuni di Cava de’ Tirreni e di Fisciano, (86% sul totale dei posti letto). Tuttavia nel tempo questa carenza di offerta
ricettiva è stata in parte sopperita dalla
nascita di alcune strutture agrituristiche,
dove oltre alla ricettività si offrono servizi di ristorazione e degustazione di prodotti realizzati dalle aziende agricole di
cui fanno parte integrante. Nel 2003 erano presenti 9 agriturismi (6 nel comune
di Cava de’ Tirreni), con un totale di soli
57 posti letto. A queste strutture agrituristiche, fino alla metà del 2007 (Albo Regionale degli Agriturismi), se ne sono aggiunte altre 5, per un totale di 14, con la
presenza di almeno 1 struttura per comune. Nel complesso l’Oasi fa parte di
un sistema economico che presenta le
caratteristiche delle aree fortemente urbanizzate, con forte componente industriale e di servizi, nel comparto privato e, soprattutto, pubblico. Lo sviluppo di iniziative in
campo agrituristico segna tuttavia l’avvio di una attenzione a forme “sostenibili” di crescita locale, connesse alla valorizzazione del
territorio in senso turistico. Pertanto nella costruzione di un adeguato sistema di offerta locale, la definizione di servizi turistici adeguati (non solo connessi alla ricettività o all’enogastronomia, ma
anche alla fruizione del territorio ed al tempo libero in senso più
ampio) rappresenta un passaggio imprescindibile. In tal senso nella costruzione di un sistema di offerta locale e nella razionalizzazione di servizi turistici adeguati, legati alle peculiarità del contesto, l’Oasi di Diecimare può costituire fulcro per una maggiore visibilità e spinta alla qualificazione dei servizi offerti, con standard
di qualità che tengano conto degli aspetti ambientali e contemporaneamente, pur nella specificità di ciascun operatore, possano far identificare le strutture locali come appartenenti ad un unico sistema, stimolando l’attenzione non solo di gruppi isolati di
turisti “fai da te”, ma anche di operatori strutturati del settore che
potrebbero veicolare flussi più consistenti.
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Monte Caruso - F. Canonico
CENNI STORICI DALL’ANNO 1000 AD OGGI
SUI MONTI DEL PARCO DIECIMARE
IL PARCO PRENDE IL NOME DALLA PIANA DI DIECIMARE, una località occupata
da un castagneto secolare, messo a dimora dagli abitanti del vicino casale di S. Lucia
(Cava de’ Tirreni) intorno al 1770, quando si tentò di rendere coltivabile la Valle di Diecimare, dissodando il bosco esistente.
I monti del Parco Diecimare appartenevano al Monastero della SS. Trinità di Cava de’
Tirreni e al Comune di Cava de’ Tirreni, grazie alla donazione del Principe Longobardo
Gisulfo II. Sorgevano, però, lunghe e frequenti controversie fra il Comune e il monastero su come gestire la proprietà, cosicché il Regio Consiglio nel 23 Marzo del 1580
decretò che i Vescovi si avvalessero del solo diritto di pascolo, mentre ai cittadini di
Cava era concesso l’uso civico di legnare. Da una perizia dell’epoca risulta che la zona
fosse “sassosa dalla parte superiore e dalla parte inferiore coverta di piccoli faggi ed elci”. Quando, nel 1866, i beni immobili degli Enti Ecclesiastici furono trasferiti allo Stato, anche Diecimare divenne interamente proprietà demaniale.
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Macaone - A. Salsano
Castagneto - F. Canonico
Diverse sono le ipotesi dell’origine del
nome Diecimare.
I contadini, che coltivavano l’area per
conto del Monastero, erano tenuti a versare la decima, quindi l’origine del nome
“Diecimare” sembra spiegata.
Uguale l’ipotesi che vedeva la zona designata sulle cartine militari come “zona
decimale”.
Si suppone anche che a dare il nome al
posto siano stati gli abitanti del luogo
che, osservando le caratteristiche dell’ambiente, hanno dato il nome a Monte Caruso, spoglio e brullo come una testa rasata, un “carusiello”, a Poggio del Tesoro che la leggenda vuole occupato da
un fantasma che custodisce una chioccia e i suoi pulcini in oro puro, e quindi
anche a Diecimare. Percorrendo l’antico
sentiero, che conduce alla piana del castagneto, è possibile vedere in alternanza sia il mare del Golfo di Napoli che
quello di Salerno, per cui dopo aver visto “dieci volte il mare” si è giunti in cima.
Un’ulteriore ipotesi fa riferimento alla distruzione del bosco preesistente, al “decimare” il bosco per ricavarne nuove terre da coltivare.
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Orchidea vesparia - © WWF-Canon/M. Dépraz
I CARATTERI VEGETAZIONALI E FAUNISTICI
SONO STATE STIMATE CIRCA 200 specie vegetali appartenenti a 40 famiglie.
L’area è interessata da un bosco caducifoglie che si presenta dominato o caratterizzato secondo l’esposizione a sud da querce caducifoglie che perdono le foglie in inverno, da cerro (Quercus cerris) e roverella (Quercus pubescens), a nord dal faggio (Fagus sylvatica) anche a quote bassissime (ca. 400 m s.l.m.) insieme con l’agrifoglio (Ilex
aquifolium), con un ambiente di transizione dominato dal castagno (Castanea sativa).
Le essenze però non creano formazioni “pure”, cioè costituite interamente o in notevole prevalenza da una sola specie arborea, ma si presentano in associazione con frassino (Fraxinus angustifolia), orniello (Fraxinus ornus), acero campestre (Acer campestre),
carpino nero (Ostrya carpinifolia), olmo (Ulmus carpinifolia), ontano napoletano (Alnus
cordata) e pioppo tremolo (Populus tremula).
Nella Piana di Diecimare è possibile osservare un bellissimo e secolare castagneto
da frutto, solo per una piccola parte compreso nell’area protetta. Monte Caruso grazie alla sua esposizione, è ricco di macchia mediterranea e gariga, mentre le zone
meno esposte sono dominate dalla boscaglia mediterranea. La macchia costituita
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Riccio - © WWF-Canon/A. Vorauer
Rosmarino - L. Nesi
Volpe - © WWF - Canon/ V. Filonov
per lo più da sempreverdi quali il mirto
(Myrtus communis), il corbezzolo (Arbutus unedo), il leccio (Quecus ilex), il lentisco (Pistacia lentiscus), l’olivastro (Oleae
europea var. oleaster), l’erica (Erica arborea), il ginepro (Juniperus communis) e la
colorata ginestra (Spartium junceum) forma delle isole dove gli animali possono
trovare cibo e rifugio. La macchia è intervallata con la gariga ed è circondata
dalle essenze caratteristiche degli ambienti steppici meridionali: la briza (Briza maxima), l’avena (Avena fatua), il finocchio selvatico (Foenicolum vulgare), la carota selvatica (Daucus carota), l’asfodelo
bianco (Asphodelus albus), il cisto rosa
(Cistus incanus) e quello bianco (Cistus
salvifolius). Le pendici di Monte Caruso
sono, inoltre, popolate da numerose
piante aromatiche e medicinali quali il
timo (Thymus vulgaris), la ruta (Ruta graveolens), la lavanda (Lavandula angustifolia), la borragine (Borago officinalis) e il
crescione (Nasturtium officinalis). Nelle
radure è facile individuare, in primavera
inoltrata, la fioritura delle orchidee selvatiche quali la scimia (Orchis simia), la
papilionacea (Orchis papilionacea),
l’orchidea piramidale (Anacamptis pyramidalis), la vesparia (Ophrys apifera) e
l’ofride dei fuchi (Ophrys fuciflora).
Sono state censite 60 specie di uccelli di
cui 35 nidificanti. Sino ad ora è stata accertata la presenza di 23 mammiferi. Particolarmente importante risulta essere la
presenza di specie protette da Direttive
Europee e inserite in Check List Rosse
Nazionali e Regionali. D’importanza comunitaria sono: il barbagianni (Tyto alba), un silenzioso rapace notturno molto utile nelle campagne, poiché si nutre
di roditori e il cervone (Elaphe quatuorlineata) un lungo, colorato ed innocuo
serpente. Le specie inserite nel Libro Rosso della Fauna Italiana sono: tra i mammiferi, il quercino italico (Eliomys quecinus) e il moscardino (Muscardinus avellanarius), simpatici abitanti del bosco che
si nutrono di ghiande ed hanno abitudini crepuscolari; tra gli uccelli il picchio
verde (Picus viridis), con il suo classico verso a risata e il corvo imperiale (Corvus corax). Di rilevanza regionale è la presenza
dello sparviere (Accipiter nisus), rapace
che predilige la caccia nel bosco e della
beccaccia (Scolopax rusticola) svernante
in pericolo. Tra i rapaci diurni abbiamo il
gheppio (Falco tinnunculus), piccolo falco dalla sagoma inconfondibile e la poiana (Buteo buteo), che con un’apertura
Sparviere - © WWF-Canon/F. F. Hazelhoff
alare di 140 cm è uno dei rapaci più
grandi del Parco. È presente anche il falco pellegrino (Falco peregrinus), micidiale predatore, che utilizza il Parco come
terreno di caccia. Durante i periodi di
passo migratorio si possono avvistare il
nibbio bruno (Milvus migrans), il falco
pecchiaiolo (Pernis apivorus), l’albanella
reale (Circus cyaneus) e altri interessanti
rapaci. Troviamo, inoltre l’averla piccola
Sentiero natura - G. Bini
(Lanius collurio) e l’averla capirossa (Lanius senator). Nel bosco è possibile riconoscere il rumoroso verso
della ghiandaia (Garrulus glandarius) e il canto di numerosi passeriformi, della cinciarella (Parus caeruleus) abituale ospite delle cassette nido presenti nel Parco, del codibugnolo (Aegithalos caudatus) e dello scricciolo (Troglodytes troglodytes). All’inizio della primavera, durante il periodo delle migrazioni sostano specie molto rare e dalle colorate livree come il gruccione (Merops apiaster),
il rigogolo (Oriolus oriolus) e l’upupa (Upupa epops). Inoltre a maggio il verso del cuculo (Cuculus canorus) diventa il sottofondo musicale della vita del Parco. Oltre al barbagianni i rapaci notturni sono rappresentati dall’allocco (Strix aluco), dalla civetta (Athene noc-
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OASI WWF DI DIECIMARE
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Cinghiali - © WWF - Canon/C. M. Bahr
Macaone - A. Salsano
tua) e dall’assiolo (Otus scops), mentre è
incerta la presenza del gufo (Asio otus).
Il Parco è frequentato dai mammiferi più
comuni quali la volpe (Vulpes vulpes), il
riccio (Erinaceus europaeus), il cinghiale
(Sus scrofa), la donnola (Mustela nivalis),
il ghiro (Glis glis) e la faina (Martes foina).
È stata accertata la presenza del mustiolo (Suncus etruscus), uno dei mammiferi
più piccoli al mondo. Tra gli insetti troviamo lo scarabeo rinoceronte (Oryctes
nasicornis), il cerambice della quercia (Cerambyx cerdo), la mantide religiosa (Mantis religiosa) e l’insetto stecco (Bacillus rossii).
Le farfalle sono tantissime e possiamo
facilmente riconoscere le più colorate
come il macaone (Papilio machaon) simbolo del Parco, la vanessa (Aglais urticale), il podalirio (Iphiclides podalirius) e la
cavolaia (Pieris brassicae). Tra i rettili sono
comuni il cervone (Elaphe quatuorlineata), il biacco (Coluber viridiflavus) e la natrice (Natrix natrix). Frequente è la lucertola campestre (Podarcis sicula) e la muraiola (Podarcis muralis), raro il ramarro
(Lacerta viridis).
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Castagneto - G. Ferrara
UNA RETE IN CONNESSIONE: IL PARCO DI
DIECIMARE NEL SISTEMA REGIONALE CAMPANO
I MONTI PICENTINI, UN GRUPPO MONTUOSO DELL’APPENNINO CAMPANO e i
Monti Lattari, che si protendono nel mar Tirreno formando la Penisola Sorrentina, sono due importanti parchi regionali campani. Le due vaste aree protette sono divise da
due vallate, quella del fiume Irno e la valle Metelliana (Cava de’ Tirreni) a loro volta separate dai monti su cui insiste anche il Parco Diecimare.
L’Oasi WWF del Parco Diecimare rappresenta un fondamentale nodo ecologico nella
connessione dei due complessi montuosi. I valloni profondi e incisi del versante dei
Monti Lattari favoriscono il passaggio della fauna attraverso corridoi naturali (Torrente Bonea - Vallone S. Francesco) che mettono in collegamento le due aree. L’area dei
Picentini a sua volta è strettamente connessa al sistema appenninico e tutela un complesso naturalistico di straordinaria rilevanza, poiché racchiude il bacino idrografico
più importante del mezzogiorno. Dalle sorgenti dei monti Picentini, coperti di faggi,
cerri e castagni secolari, nascono i fiumi Sele, Calore, Sabato, Picentino, Ofanto, le ac-
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Sentiero - G. Bini
Falco pellegrino - © WWF - Canon/C. M. Bahr
que dei quali sono utilizzate per dissetare Napoli, l’Irpinia, la Puglia ed il Salernitano.
L’azione di nodo sulla direttrice Picentini - Lattari è di vitale importanza specie per il Parco dei Monti Lattari che altrimenti risulterebbe isolato dall’arco
appenninico, essendo circondato da
aree densamente urbanizzate (agro-nocerino sarnese, area vesuviana, Salerno).
Al fine di valorizzare pienamente la funzione di nodo ecologico del Parco Diecimare tra i due complessi montuosi, la
perimetrazione di quest’ultimo dovrebbe essere rivista in tale ottica. Inoltre, la
creazione d’altre realtà protette, come
l’istituendo Parco Urbano d’interesse regionale della Valle del fiume Irno, possono ulteriormente sostenere il sistema
delle connessioni ecologiche, anche attraverso il recupero di ecosistemi degradati.
OASI WWF DI DIECIMARE
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Paesaggio - M. Senatore
DALLA TUTELA ALLA RIQUALIFICAZIONE
NATURALISTICA ALLA GESTIONE ORDINARIA
IL PARCO NATURALE REGIONALE DI DIECIMARE, prima area protetta della Regione Campania, è stato istituito nel territorio dei Comuni di Cava de’ Tirreni e Baronissi,
in Provincia di Salerno, con legge regionale n. 45 del 29 maggio 1980.
Tale legge regionale ha rappresentato, al momento della sua entrata in vigore, un provvedimento estremamente innovativo, specie se si considera l’inerzia legislativa del Parlamento che all’epoca ancora non era riuscito ad approvare una legge organica in materia di aree protette, nonostante fosse già auspicata nel 1920 dallo stesso Benedetto
Croce in qualità di Ministro dell’Istruzione Nazionale. La legge regionale 45/80, benché approvata in assenza di principi generali, ha affermato, per la prima volta e limitatamente al Parco Diecimare, importanti principi riguardo le finalità dell’area protetta
(art. 4), alla pianificazione della gestione, ai divieti, alle sanzioni e alla vigilanza, in seguito recepiti e perfezionati dalla legislazione statale e regionale. Inoltre, la legge 45/80
ha incaricato il Comune di Cava de’ Tirreni della gestione.
OASI WWF DI DIECIMARE
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Tuttavia, la legge regionale 45/80 per
molti anni non ha ottenuto nessun effetto sul piano operativo: il Parco di “Diecimare” è rimasto nell’incuria più assoluta, non è stato approvato alcuno strumento di regolamentazione e pianificazione, non è stata istituita la Commissione per la direzione e l’amministrazione,
tutto ciò perché la legge prevede che
ogni atto programmatorio e previsionale debba essere approvato dal Consiglio
Regionale.
Gli unici interventi di tutela e valorizzazione dell’area sono venuti dal volontariato ed in particolare dal WWF, che ha
impegnato ed impegna le proprie Guardie Ecologico-Venatorie nella vigilanza
dell’area, in una azione di repressione e
prevenzione del bracconaggio e di promozione e sviluppo dell’educazione ambientale.
Pafia - A. Salsano
A tale associazione nel 1993, con deliberazione n. 40 del 22 aprile, il Consiglio
Comunale di Cava de’ Tirreni ha affidato
la vigilanza, la tabellazione e la valorizzazione dell’area, nonché la realizzazione
e la manutenzione di strutture idonee a
favorire la fruizione dell’ambiente naturale.
Attraverso la forte azione di valorizzazione e promozione svolta dal WWF, con il
supporto del Comune di Cava de’ TirreAttività di recupero fauna - A. Salsano
ni e della Regione, il Parco di “Diecimare” in pochi anni è divenuto meta di circa 10.000 visitatori l’anno,
sono nate tre aziende agrituristiche, una rete di sentieri, un percorso didattico, un’area faunistica di circa 5 ettari dedicata al Capriolo.
In seguito ai buoni risultati conseguiti le Amministrazioni comunali confinanti hanno chiesto l’ampliamento dell’area protetta. Sia
il Comune di Mercato S. Severino (Delibera di Giunta Comunale
57/2000) che il Comune di Roccapiemonte (Delibera di Consiglio
Comunale 27/2001) hanno chiesto al
Presidente della Regione Campania di
avviare l’iter per l’ampliamento.
Nel 2000 il Comune di Mercato S. Severino, fortemente motivato, ha istituito nel
proprio demanio un Parco Comunale
Naturale denominato “Diecimare”, confinante con il Parco Regionale e, considerato il valore naturalistico dell’area, ne
ha affidato la gestione al WWF (DGC
176/2000). Dopo 15 anni di battaglie del
WWF la Regione Campania ha riconosciuto il valore del Parco Diecimare equiparandolo a quello di tutte le altre aree
protette regionali con l’approvazione della Legge Regionale Campana del
29.12.2005, n. 24 (Disposizioni per la formazione del Bilancio Annuale e Pluriennale della Regione Campania - Legge Finanziaria 2006 -). All’art. 19 è previsto il
riconoscimento di “Diecimare” ai sensi
della Legge Regionale n. 33 del 1993 (Istituzione di Aree Protette in Campania).
Cavalletta - A. Salsano
Faggeta - M. Fraissinet
OASI WWF DI DIECIMARE
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Capriolo - F. Canonico
STATO DI UTILIZZAZIONE DEL SITO
E PROBLEMATICHE CONNESSE
LE ATTIVITÀ ANTROPICHE CHE SI SVOLGONO all’interno del Parco Naturale Diecimare sono la coltivazione a ceduo dei boschi privati, la castanicoltura, la cura
del rimboschimento dell’Amministrazione Provinciale di Salerno e l’apicoltura.
L’utilizzazione attuale del sito afferisce a diverse categorie di soggetti: gli operai e i tecnici dell’Amministrazione comunale, i proprietari delle aree private e i visitatori del Parco (formati in gran parte dagli alunni delle Scuole) in numero di circa 10.000 l’anno.
La presenza di un Parco comunale e di uno regionale contribuisce allo sviluppo di tutta l’area che cerca come strada prioritaria la vocazione turistica e artigianale. Interessante è una delle attività che si sviluppa all’interno del Parco Naturale Diecimare: la
produzione di miele naturale biologico. In collaborazione con l’azienda “Sen.Api”
che ha fornito le api, le arnie e cura la gestione dell’alveare ed il confezionamento del
miele, è stato realizzato un apiario contenente circa 700.000 api che utilizzano le fioriture del Parco per produrre miele di castagno, acacia, millefiori e melata.
Le principali problematiche di conservazione dell’area concernono i fenomeni di disturbo alla fauna, di sottrazione di
habitat e di alterazione del paesaggio
che avvengono soprattutto nelle aree limitrofe e, in alcuni casi, all’interno dell’area protetta. Tutte queste problematiche in ogni modo già si riscontravano
prima dell’istituzione del Parco comunaGinestra in fiore - A. Salsano
le e ad oggi appaiono ancora presenti
ma in drastica diminuzione. I principali fattori di criticità sono:
• i rischi di incendio: tale fenomeno rappresenta un vero e proprio flagello per l’area poiché ogni estate diverse decine di ettari di bosco e macchia mediterranea sono percorse dal fuoco;
• la pressione antropica: l’abusivismo edilizio è la principale minaccia per l’ambiente lungo l’area perimetrale del Parco;
• il pascolo abusivo: è esercitato in contrasto alla normativa vigente e spesso in aree percorse dal fuoco;
• il bracconaggio: in diverse occasioni il personale del WWF è
intervenuto denunciando persone che esercitavano l’attività
venatoria in area protetta.
La localizzazione del Parco in un’area così densamente urbanizzata da una parte ne esalta il valore in termini di “Oasi da proteggere” dall’altra rende estremamente faticosa l’azione di contrasto nei
riguardi di coloro che attentano alla conservazione della natura.
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Ingresso dell’Oasi con la neve - A. Salsano
LA FRUIZIONE
I percorsi di educazione ambientale per le Scuole e per i gruppi informali
ATTRAVERSO IL GIOCO A CUI SEGUONO MOMENTI DI VERIFICA, di riflessione e
di lavoro di gruppo: è in questo modo che sono introdotte le attività di Educazione
Ambientale. Presso il Parco Diecimare (ed anche presso le scuole nell’ambito di incontri preparatori alla visita o di incontri tematici) il WWF e gli operatori di Educazione Ambientale realizzano attività didattiche con i ragazzi delle scuole elementari (diverse anche del I ciclo didattico) e medie inferiori. Per gli insegnanti sono stati realizzati corsi di aggiornamento riconosciuti dal Provveditorato agli Studi di Salerno, per
migliorare e stimolare le conoscenze dei docenti desiderosi di offrire interventi qualificati sulle problematiche ambientali (alcuni titoli: Le aree protette, Le api, Naturalmente giocando, Gli uccelli e Il birdwatching). I programmi di attività del Centro di
Educazione Ambientale WWF Parco Diecimare oltre che dal mondo della scuola, possono essere svolti da tutti coloro che avvertono il desiderio di avvicinarsi all’ambiente e approfondire il rapporto con la natura utilizzando strutture “professionali” ed avvalendosi della collaborazione di personale qualificato, sperimentando nuove tecniche educative.
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Orchidea italica - A. Salsano
Sentiero natura - F. Canonico
Le attività del CEA WWF Diecimare sono così strutturate:
• I CORSI MONOGRAFICI prevedono la realizzazione di percorsi
didattici, con numerose occasioni di approfondimento, su specifiche tematiche ambientali. Ogni corso prevede una serie di
incontri in classe, uscite di una giornata per la raccolta di dati
e materiali da analizzare poi presso il CEA dove verranno elaborate le informazioni reperite nel Parco Diecimare.
Segue un momento di verifica e di follow-up presso la scuola.
• I PROGRAMMI DEGLI INCONTRI IN CLASSE sono finalizzati alla
preparazione alla visita al Parco Diecimare. È previsto un incontro a scuola di introduzione, una visita al CEA dove si preparano i ragazzi alla conoscenza del territorio attraverso la visione di diapositive e altro materiale didattico. Alla fine vi è
l’escursione vera e propria nel Parco Diecimare.
• I CORSI DI AGGIORNAMENTO PER DOCENTI (dei quali è richiesta l’approvazione e il riconoscimento del Provveditorato agli
Studi di Salerno) sono rivolti a quegli insegnanti che vogliono
diffondere le attività di Educazione Ambientale, partecipare
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alla sperimentazione di nuove metodologie di didattica ambientale ed aggiornarsi sulle ultime esperienze maturate
nel campo del naturalismo.
Le tematiche affrontate nella programmazione del CEA WWF Parco Diecimare
sono le seguenti:
• Conoscere il territorio del Parco Diecimare: la sua collocazione geografica e
geologica nel territorio, la flora e la fauna, l’ecologia e i meccanismi naturali che
regolano la vita del Parco nell’alternarsi
delle stagioni.
Le attività riguardano: Il Parco Diecimare; I bombi e le orchidee; I rapaci del Parco Diecimare; La macchia mediterranea;
Le aree protette: ruolo e funzioni; Il capriolo: una specie da salvare; Il bosco.
• Conoscere i prodotti e le attività che
Barbagianni - © WWF-Canon/M. Harvey
caratterizzano l’area in cui ricade il Parco ed il territorio limitrofo: l’artigianato con la storica produzione di spaghi e cordami; l’agricoltura con la coltivazione della vite e dell’olivo e la relativa produzione di olio; l’apicoltura;
il castagneto; i prodotti del bosco. In ogni attività è previsto il
coinvolgimento delle persone che da sempre lavorano intorno al Parco, allevatori, contadini, artigiani e contatti diretti con
la realtà locale attraverso le visite alle fattorie ed alle aziende
artigiane.
Proponiamo l’approfondimento di temi quali: La vita del bosco; La vite e l’olivo; Le api ed il miele; La vita della fattoria.
• La Fattoria Didattica del Parco Naturale Diecimare realizzata
in armonia con la natura e le cui attività sono ecosostenibili,
conserva per le future generazioni razze animali e tradizioni
culturali legate alla vita nei campi e ne diffonde attraverso la
fruizione le caratteristiche e le conoscenze.
La Fattoria oltre a salvaguardare le razze domestiche a rischio
d’estinzione, soppiantate da altre apparentemente più produttive, mira a proteggere la componente umana, recuperare il
rapporto ideale con la natura. Le nuove tecniche di ottimizzazione delle risorse, dal punto di vista della sostenibilità delle
azioni, assicurano una equilibrata gestione naturale dell’area.
L’area della fattoria è stata oggetto di opportuni interventi sia per ospitare gli animali, sia per la visita da parte di gruppi,
scolaresche e portatori di handicap.
Il momento della visita è visto come una
immersione nel mondo della fattoria naturale, il coinvolgimento dei cinque sensi è indispensabile per la comprensione
dell’ambiente circostante, è prediletto il
contatto diretto e l’esperienza in prima
persona, per conoscere ed apprendere,
anche attraverso il gioco o una semplice carezza agli animali, come “funziona”
la natura e quali sono le sue esigenze e
le nostre priorità.
Gli ambienti ricreati sono i seguenti:
Centro visite: punto di accoglienza dei visitatori e di preparazione alla visita della
fattoria, è il cuore dell’area dal quale partono le informazioni e si raccolgono le
aspettative della visita e al quale si ritorna per il momento di verifica e approfondimento delle tematiche che più hanno colpito i visitatori.
Orto biologico: in questa parte della fattoria il visitatore può sperimentare le tecniche di agricoltura biologica applicate
all’orto di casa, rispettare l’alternarsi delle stagioni nella produzione di ortaggi e
produrre alimenti anche per gli animali
della fattoria. Fare il compost è la maniera migliore per capire i meccanismi che
portano alla formazione di nuovo terriccio fertile dagli scarti dell’orto e dal verde falciato ed apprezzare le risorse del
riciclaggio.
Area di sosta attrezzata: panche e tavoli
sotto un pergolato di vite, come tradizionalmente avviene in campagna, offrono
una piacevole sosta al visitatore e un
punto di ritrovo nel corso della visita, per
Upupa - © WWF-Canon/F. F. Hazelhoff
Paesaggio - A. Salsano
Poiana - © WWF-Canon/F. F. Hazelhoff
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Sentiero- L. Nesi
attività didattiche più impegnative.
Stagno didattico: non può mancare la zona umida, lo stagno è ideale per osservare le piante e gli insetti acquatici, analizzare in natura le rane e i diversi stadi
di sviluppo dei girini.
Aula all’aperto: fare lezione immersi nell’ambiente della fattoria, circondati dal
canto degli uccelli e dai versi degli animali è una esperienza che lascia il segno,
un viaggio nel mondo naturale.
Giardino delle farfalle: piante e fiori profumati attirano variopinte farfalle che nell’ambiente in equilibrio della fattoria, dove non si usano concimi e pesticidi chimici, trovano un rifugio ideale.
Giardino delle aromatiche: profumate essenze del giardino mediterraneo, aromi
da utilizzare in cucina e attraverso i quali fare una passeggiata lasciandosi guidare dal naso, il giardino a forma di girella è arricchito anche dalla presenza di piante aromatiche ormai cadute in disuso e da recuperare per le loro proprietà terapeutiche.
Frutteto: una delizia per il palato dei visitatori e per quello degli
animali della fattoria, sorbi, meli, ciliegi tipici della zona sono belli a vedersi, buoni ad assaggiarsi e in più necessari da conservare
per la loro tipicità.
Asini: un tempo animali che insieme all’uomo dividevano la fatica nei campi e utilizzati per il trasporto, oggi sono stati sostituiti
dalle macchine e quindi i diversi tipi di asino, selezionati in base
al lavoro, rischiano addirittura l’estinzione. Nella fattoria sono ospitati diversi esemplari, scelti osservando quei pochi che ancora sono in possesso dei contadini del posto.
Cavalli: sono ospitati nella fattoria, sia per essere utilizzati nelle attività di vigilanza del Parco, sia per conservare la tradizione dell’allevamento delle razze nostrane.
Capre: sono state selezionate due tipologie di animali, la capra cilentana e quella napoletana, da proteggere e conservare dal punto di vista genetico e da quello produttivo, di formaggi tipici.
Api: la fantastica società delle api domestiche, vista da un osservatorio privilegiato che ci porta ad entrare nell’alveare e ad osser-
vare i prodigiosi insetti produttori di profumato miele dalle fioriture della fattoria.
Animali da cortile: una fattoria che si rispetti non può fare a meno di animali che razzolano liberi nell’aia alla ricerca di cibo, sono state scelte le specie più rappresentative, le oche, le galline, il pavone.
Le attività e i laboratori
per tutti, le visite
Cinciarella - A. Salsano
Il Centro Visite è aperto tutti i giorni per
accogliere i visitatori, per le attività di segreteria e sorveglianza, per informazioni sull’area, per l’organizzazione delle visite. È sede dell’ufficio direzionale e punto di coordinamento per attività di promozione e diffusione di materiali e proCroco - L. Nesi
dotti locali, in più, dispone di un piccolo Museo Naturalistico. Presso il Centro Visite di Acquarola-Mercato S. Severino, di recente istituzione, è possibile partecipare alle
attività della Fattoria Didattica.
Le iniziative sono rivolte soprattutto alle ragazze ed ai ragazzi delle scuole elementari, medie inferiori e superiori, ai loro insegnanti, ma anche a ricercatori, educatori e famiglie e sono inserite in
percorsi educativi che prediligono l’immersione totale nell’ambiente naturale: raccogliere dati, osservare e studiare la natura ed
i suoi meccanismi, recuperare l’uso dei sensi per esplorare e conoscere il Parco in modo da trasformare il momento dell’uscita
(dalla casa, dalla scuola, dal quotidiano) in una esperienza ricca e
profonda.
Nel corso delle visite guidate, i gruppi apprendono informazioni sulla storia del Parco e sulla conduzione delle attività necessarie alla valorizzazione ed alla manutenzione dell’area protetta. Passeggiando nei diversi habitat - il bosco, la macchia mediterranea,
il gramineto - ci si sofferma ad osservare le caratteristiche della flora e al suo mutare nell’alternarsi delle stagioni, si impara che restando in silenzio è più facile vedere volteggiare le poiane o sorprendere il gheppio intento a cacciare, spiare la volpe che, indisturbata, procede nel suo giro alla ricerca di gustose bac-
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che…trovare tracce ed indicazioni sulla
vita degli animali che popolano il Parco.
Per agevolare i visitatori e favorire le osservazioni e gli approfondimenti sono
stati apposti, nei punti più significativi
della passeggiata, pannelli didattici tematici a colori sulla flora e la fauna del
Parco, in più i sentieri sono stati messi in
sicurezza con la realizzazione di steccati e gradini. All’interno del bosco tra Monte Caruso e Forcella della Cava è presente l’Aula nel Bosco, attrezzata con panche, cattedra e lavagna, il soffitto è costituito dalle fronde degli alberi e dal cielo, il cinguettio degli uccelli accompagna le lezioni e il fruscio del vento tra le
foglie sostituisce il suono della campanella.
Lungo il percorso di visita si incontra
Bacche di biancospino - © WWF/F. Polking
l’Area dei Bombi. I bombi, appartenenti alla famiglia delle Apidi, possono essere definiti “api buone”, vista anche
l’importante funzione che svolgono: sono ottimi impollinatori, soprattutto delle orchidee spontanee della nostra flora
ed importanti indicatori dello stato dell’ambiente.
Il Parco ospita anche l’Area Faunistica
del Capriolo. In un recinto di circa 4 etVanessa del cardo - © WWF-Canon/M. Gunther
tari sono stati immessi tre esemplari di
capriolo (Capreolus capreolus). Il capriolo è un animale piccolo, dalla corporatura snella, è un eccellente saltatore ed ha corna poco
sviluppate per potersi muovere agilmente nella boscaglia in cui
vive. Sono attivi sia di giorno che di notte ma si muovono soprattutto al crepuscolo. Amano mangiare ghiande, castagne ed erbe
e germogli che sono diffusi nel recinto. La loro alimentazione viene integrata da cereali e frutta di cui sono ghiotti.
Il Sentiero del Bosco permette di ammirare gli ultimi lembi di foresta montana e sub-montana, attraversa tratti di bosco dominati da querce, castagno, carpino, frassino, pioppo tremulo e faggio.
Il Sentiero del Falco si dirama lungo le pendici di Monte Caruso
dove è facile osservare falchi e poiane
mentre si lanciano all'inseguimento delle loro prede. Il Sentiero dei due Golfi
dopo un'irta salita consente di percorrere le creste tra Monte Caruso e Forcella
della Cava (852 m s.l.m.) da cui è possibile osservare contemporaneamente il
Golfo di Salerno e quello di Napoli. Percorrendo tale sentiero è possibile raggiungere le località di Spiano e Diecimare.
All’ingresso del Parco nei pressi del Centro Visite è situata un’Area di sosta attrezzata con panche e tavoli coperti da
un pergolato.
Attraverso le attività di Educazione Ambientale, il WWF offre ai gruppi in visita
al Parco una opportunità di recuperare
in maniera pratica, diretta e stimolante,
Arge - A. Salsano
il rapporto con la natura e l’ambiente circostante. Il Parco Diecimare èaperto tutti i giorni e tutto l’anno
dalle 9.00 alle 19.00 (chiusura visite ore 16.00 in inverno). Per le visite guidate di gruppi e scolaresche è necessaria la prenotazione
presso la segreteria del Parco: tel/fax 089562636, e-mail:
[email protected], sito internet: www.parcodiecimare.it.
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Apicoltura - A. Salsano
LE OCCASIONI DEL TERRITORIO: PRODOTTI
TIPICI E SAPERI LOCALI
UNA DELLE MAGGIORI OCCASIONI DI PROMOZIONE e valorizzazione delle risorse del territorio di Mercato S. Severino è offerta dalla Fiera 4A specializzata nel settore dell’Alimentazione, Agricoltura, Artigianato e Ambiente, è un consolidato appuntamento annuale di portata nazionale e internazionale che richiama esperti ed
operatori da tutto il mondo. Con oltre 7.000 mq, 150 espositori, e una media di 60.000
visitatori, la fiera “4A” è un’importante occasione per far conoscere e valorizzare non
solo prodotti locali e tipici, ma anche sicurezza, certificazione, rintracciabilità, conservazione dei prodotti, artigianato, novità in agricoltura e nuove tecnologie legate alla
salvaguardia dell’ambiente.
La fiera rispecchia la vocazione commerciale del territorio (l’evento fieristico fu istituito nel 1303), e conferma l’importanza mercantile del luogo nel passato: infatti, in esso si svolgevano transazioni non solo con i mercanti del circondario, ma anche con
forestieri, in particolar modo con i genovesi ed i fiorentini.
Le merci trattate erano le più diverse: da
quelle povere, come granaglie e altri prodotti agricoli, a quelle più ricche, quali
pelli, sete, panni di lana, oro e rame. Mercato S. Severino fu fino al XVIII secolo sede di pubblici uffici, come la Cancelleria
e la Dogana, e banchi di pegni per favorire il credito più di tutto.
La città, inoltre, fu sede di svariati empoLiberazione di un allocco - A. Salsano
ri per il commercio fisso, e una piazza
molto ambita per la mercatura girovaga.
Nel circondario, poi, rifiorivano le attività artigiane, ricordiamo la presenza dei
maestri di muro, intagliatori di pietre,
pipernieri, maestri ferrai e ramieri, fonditori di metalli, tessitori, tintori, maestri di cotto, fabbri lignari, aurifabri e coriari. Gli artigiani, famosi per la loro perizia, erano chiamati a lavorare non solo
Ingresso dell’Oasi WWF - L. Nesi
nello Stato di S. Severino, ma anche a Salerno, Napoli, Gaeta, Vicenza, fino alle province lombarde.
Per quanto concerne l’agricoltura sappiamo che sin dalla fine del X secolo la
città rappresentava, rispetto all’intera provincia, un centro di produzione agricola
di rilievo, attività che continua ancora
oggi e che fornisce materie prime all’industria conserviera.
Pannelli didattici - L. Nesi
Da un documento del 1286 si rileva che
Mercato S. Severino era uno dei principali fornitori, con i paesi dell’agro nocerino-sarnese, del mercato di Salerno.
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Schede sintetiche delle specie
di flora e fauna maggiormente
rappresentative
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SCHEDA 1
Faggio - Fagus sylvatica
Famiglia
Zona di origine
Distribuzione
Morfologia
Ecologia
Fagaceae
Il faggio è un genere di angiosperme (pianta che produce semi all’interno di un frutto) con specie arboM. Fraissinet
ree e arbustive originarie dell’Europa, America, Giappone e Cina.
È diffuso sulle Alpi e sugli Appennini, dove forma boschi puri (faggete)
o misti (carpini neri, aceri, cerri, frassini), nelle stazioni oltre i 1500 m
s.l.m. o in condizioni sfavorevoli si presenta come un arbusto prostrato e molto ramificato, adatto a sopportare il peso del manto nevoso
per lunghi periodi.
Ha un’altezza dai 15-20 m fino ai 30-35 m, ha una chioma massiccia,
molto ramificata e con fitto fogliame, facilmente riconoscibile a distanza perché molto arrotondata e larga, con rami della porzione apicale eretti verticali. Le foglie ovali sono disposte sul ramo in modo alterno, lucide su entrambe le facce, con margine ondulato, cigliato da
giovani. In autunno assumono una caratteristica colorazione arancio
o rosso-bruna. Fiori monoici, piccoli e verdastri, quelli maschili riuniti
in amenti tondi e penduli, lungamente picciolati, quelli femminili accoppiati in un involucro, detto “cupola”, hanno ovario triloculare, la fioritura avviene generalmente nel mese di maggio. I frutti sono grossi
acheni, trigoni, rossicci, contenuti in ricci deiscenti per 4 valve, sono
detti faggiòle o faggine. Il nome latino del genere potrebbe derivare
dal greco faghein (= mangiare) per i frutti eduli di cui i maiali sono
ghiotti.
È una pianta tipicamente mesofita, non sopporta quindi in misura eccessiva né il calore né il freddo, né l’ombra né la luce, mentre si adatta
bene a periodi di siccità; può vegetare indifferentemente sia su substrati acidi sia sub-alcalini e calcarei.
SCHEDA 2
Castagno - Castanea sativa
Famiglia
Zona di origine
Distribuzione
Morfologia
Ecologia
Fagaceae
Originaria dell’Asia Minore, questa
pianta fu introdotta in Europa Occidentale dai Romani.
G. Ferrara
È una pianta un tempo molto coltivata, e anche se oggi è prevalentemente di interesse forestale, mantiene una certa importanza economica nell’Europa Mediterranea. Il castagno è presente nelle regioni montuose temperate ed è coltivato fra
i 300 e i 1000-1200 m s.l.m., secondo la latitudine della zona d'impianto.
È un albero longevo, alto in media dai 15 ai 20 metri, capace però di
raggiungere notevoli dimensioni anche di 30-35 m e 6-8 m di circonferenza. Il fusto eretto e robusto, per lo più tozzo, si ramifica presto a
costituire una cima vigorosa, ampia ed espansa, la cui impalcatura
consta di pochi rami potenti, sinuosi, eretto-espansi, talvolta quasi orizzontali. Il fusto ed i rami presentano, nei primi anni, una corteccia liscia, brillante, di colore bruno-rossastro, che col tempo diviene grigio.
Dopo i 10-15 anni, la corteccia si presenta di color grigio-bruno con
profonde screpolature in senso longitudinale. Le foglie sono caduche
e disposte alternamente, la forma è ellittico-lanceolata, sono dentate
ai bordi, con apice acuminato e base leggermente cuneata, misurano
da 8 a 20 cm in lunghezza e da 3 a 6 cm in larghezza. La loro consistenza è piuttosto tenace, quasi coriacea. Il castagno, ha infiorescenze (amenti) formati da fiori unisessuali, monoici e poligami, portati sulla vegetazione dell'anno che, quindi, si evolvono solo a foliazione completa; i fiori staminiferi o maschili sono portati in infiorescenze lunghe
da 10 a 20 cm; i fiori pistilliferi o femminili, meno numerosi, solitari o
aggregati in numero di 2-3 fino a 7, sono localizzati alla base delle infiorescenze staminifere e sono protetti da un involucro verde, squamoso, destinato a costituire la cupola, comunemente detta riccio, dapprima verde, quindi giallo-marrone a maturità. Le condizioni climatiche
primaverili possono anticipare o posticipare la fioritura che avviene, in
genere, fra inizio giugno e metà luglio in funzione della latitudine e,
come detto, delle condizioni stagionali. Il frutto, commestibile, noto
come castagna, è incluso in un riccio spinoso, botanicamente è un
achenio. Ogni pianta produce mediamente 20-30 kg di castagne.
Sebbene sia una pianta amante del sole pieno, vegeta meglio in posizioni esposte a nord nord-est poiché meno soggette a periodi siccitosi estivi e con minori escursioni termiche.
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SCHEDA 3
Biancospino - Crataegus monogyna
Famiglia
Zona di origine
Distribuzione
Morfologia
Ecologia
Rosaceae
Europa, Asia temperata.
Cresce dal piano fino alla media montagna
in tutta l’Europa, dal Mediterraneo fino alla
Scandinavia.
Si presenta sotto forma di arbusto tipicamente spinoso, provvisto di foglie coriacee, ma
© WWF/F. Polking
può, in alcuni casi, raggiungere anche un’altezza di 8-10 metri e presentarsi come un vero e proprio albero. Le foglie di questa pianta sono generalmente ovoidali o romboidali, con
margine semplicemente dentellato o inciso da 3-7 lobi poco profondi. Sono provviste di picciolo e presentano la pagina superiore color
verde chiaro e lucida, mentre quella inferiore è verde-grigiastra, glabra
o leggermente pelosa. I fiori ermafroditi sono bianchi, dal tenue profumo e appaiono in aprile e maggio raccolti in corimbi terminali (piccoli ombrelli) eretti. I petali sono cinque. Il nettare, prodotto in gran
quantità, è raccolto in prevalenza da mosche, coleotteri e imenotteri.
Gli organi femminili del fiore maturano prima di quelli maschili.
I frutti, falsi perché derivano non dall’accrescimento dell’ovario, ma da
quello del ricettacolo fiorale, sono piccoli pomi di forma tondeggiante, rossi, quando diventano maturi, coronati all’apice dai residui del calice; contengono un solo seme osseo. I frutti sono insipidi e farinosi e
sono assai apprezzati dai passeracei, merli, tordi e cornacchie.
Vegeta per lo più isolato o a piccoli gruppi avendo una preferenza per
i suoli calcarei e le zone in pieno sole, anche se vegeta bene in tutti i tipi di terreno. Lo troviamo nelle radure, al limitare del bosco ma anche
nel piano dominato delle foreste ad alto fusto. È coltivato nei parchi e
nei giardini come pianta ornamentale. Spesso si trova nelle siepi lungo le strade di campagna.
SCHEDA 4
Sorbo comune - Sorbus domestica
Famiglia
Zona di origine
Distribuzione
Morfologia
Ecologia
Rosaceae
Pianta originaria dell’Europa meridionale, dell’Asia occidentale e di alcuni areali dell’Africa settentrionale.
È presente in tutta Italia dalla pianura fino a 600-800 m d’altitudine, si trova nei boschi montani di latifoglie preferenzialmente su substrato calcareo.
Albero alto fino a 13 metri, molto longevo; i rami sono grigio tomentosi poi glabri, con gemma quasi glabra e vischiosa. Foglie alterne imparipennate, composte, lunghe fino a 20 cm, con 6-10 paia di foglioline ovali o lanceolate sessili, dentate ai margini, acute all’apice, sopra
glauche e tomentose sotto.
Fiori ermafroditi numerosi, in corimbi ramosi e tomentosi; calice a cinque lacinie triangolari acute; corolle a cinque petali (5-7 mm) bianchi
rotondeggianti; stami 20; stili 5 comiati alla base. Il frutto è un pomo
subgloboso o piriforme lungo da 2 a 4 centimetri, di colore giallo-rossastro e punteggiato, quindi bruno a maturità; la polpa è verdognola
dolce, con endocarpo membranaceo e semi angolosi bruni.
I frutti maturano in autunno e sono molto ricercati dalla fauna selvatica, sono commestibili, di sapore acidulo, ricchi di acido malico e vitamina C, se ammezziti diventano dolci, con polpa farinosa molle.
Il sorbo prospera su qualsiasi tipo di terreno, non richiede di cure particolari e non ha preferenze per l’esposizione.
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SCHEDA 5
Agrifoglio - Ilex aquifolium
Famiglia
Zona di origine
Distribuzione
Morfologia
Ecologia
Aquifoliaceae
Europa centro-occidentale, Africa, Asia.
Europa atlantica, porzioni occidentali e centrali del bacino mediterraneo, Prealpi settentrionali e meridionali, Europa sud-orientale
e Africa nord-occidentale. Nell’Europa centrale è più abbondante nelle pianure settentrionali; sulle Alpi raggiunge i 1800 m.
Albero o arbusto dioico alto fino a 10 m, ha chioma piramidale, corteccia liscia grigia e rami verdastri, spontaneo in Italia, dal fogliame
verde scuro lucente, decorativo, con varietà variegate di bianco, crema
o giallo, e frutti che offrono un decorativo contrasto con il colore delle
foglie, che sono alterne o sparse, ovali o ellittiche, coriacee, persistenti,
a margine spinoso nei rami più bassi delle giovani piante, intero nelle
piante adulte, fiori piccoli riuniti in fascetti ascellari, con 4 petali di colore bianco o rosato, unisessuali, quelli maschili hanno 4 stami quelli
femminili un pistillo con ovario supero sormontato da 4 stimmi quasi sessili, durante l'inverno portano drupe globose di colore rosso vivo
lucente a maturazione, contenenti 2-4 semi.
Gradisce posizioni ombreggiate o di sottobosco, terreno acido o semiacido, fertile e ricco di humus. Vegeta nelle faggete, negli abieti-faggeti e nei querco-carpineti, solitamente nello strato arbustivo, mentre all’aperto assume in genere portamento arboreo.
SCHEDA 6
Cerro - Quercus cerris
Famiglia
Distribuzione
Morfologia
Ecologia
Fagaceae
L’areale del cerro si estende a gran parte dell’Europa centro meridionale ed orientale, presente in quasi tutta Italia (eccetto la Sardegna), si trova di frequente soprattutto negli
Appennini dove forma boschi puri (cerrete) o
misti.
Panda Photo / C. Trezza
Grande e scuro albero caducifoglie, a rapida
crescita, può raggiungere i 35 m di altezza e diametri del tronco che
possono superare il metro.
Ha tronco dritto e slanciato, che in bosco, si diparte in rami nel terzo
superiore, con branche robuste, le più basse orizzontali e corte, poi
ascendenti e sinuose, che formano una chioma dapprima ovale, poi
globosa e mediamente densa. La corteccia brunastra è fessurata e ruvida. Le foglie sono alterne, con margini lobati, ruvide, verde scuro e lucide sulla pagina superiore. La base è provvista di stipole.
I fiori sono monoici, i maschili in amenti cilindrici penduli (lunghi 8 cm),
i femminili singoli o in gruppi da 2 a 5, racchiusi in un involucro di squame, accrescente nel frutto e formante la cupola. Il frutto è un achenio
(ghianda) che matura nel secondo anno dalla fioritura di forma ovato-allungato (sino a 3 cm), solitario o a gruppi di 2-4 con brevissimo
peduncolo presenta una cupola con squame lunghe e flessuose. Fiorisce da aprile a maggio.
Non disdegna terreni argilloso-compatti, anche calcarei, però l’optimum
è rappresentato da suoli di origine vulcanica a reazione sub-acida; suoli anche decalcificati purché contengano basi, profondi e freschi. Specie eliofila, occupa la fascia di vegetazione compresa tra i boschi collinari, dominati da roverella e carpino e le faggete montane. Sporadico in Italia settentrionale, diffuso in vaste cerrete ad alto fusto in Italia
centrale e meridionale. Il legno, di colore roseo è duro, simile a quello
della rovere, ma di pregio minore; è usato per le traverse ferroviarie previa impregnazione e per doghe da botte oppure come legna da ardere essendo un buon combustibile.
La corteccia è pregiata perché contiene un’elevata percentuale di tannino; questa sostanza ha la capacità di conciare le pelli, ammorbidendole e impedendone la putrefazione.
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SCHEDA 7
Orchidea italica - Orchis italica
Famiglia
Zona di origine
Distribuzione
Morfologia
Ecologia
Orchidaceae
Europa mediterranea.
In Italia è diffusa sulla penisola ed in Sicilia,
ma manca in Sardegna. Si trova nell’area del
Mediterraneo e del Medio Oriente.
È una delle piú diffuse orchidee selvatiche in
Italia, nota volgarmente come “uomo nudo”.
A. Salsano
Deve il nome comune alla forma del labello
del fiore che sembra imitare il corpo di un uomo, compreso il sesso; ma
questa sola caratterizzazione potrebbe portare a confonderla con la
Orchis simia. La pianta è alta da 20 a 50 cm, ma può eccezionalmente arrivare anche ad 80 cm.
L'apparato radicale è costituito da due rizotuberi di forma ovoidale,
che possono talvolta essere suddivisi in due lobi secondari.
Le foglie basali, disposte a rosetta, lunghe circa 10 cm, hanno forma
ovata, margini fortemente ondulati e sono talvolta maculate.
L'infiorescenza è densa; i fiori sono rosei con evidenti linee viola, ripiegati a formare un elmo con il labello punteggiato di viola, trilobato,
con lobo medio a sua volta trilobato. Lo sperone è corto.
I fiori sbocciano tra marzo e maggio.
Preferisce i prati aridi o i boschi luminosi e non supera mai la quota di
1000 metri sul livello del mare.
SCHEDA 8
Ofride Apifera - Ophrys apifera
Famiglia
Zona di origine
Distribuzione
Morfologia
Ecologia
Specie simili
Orchidaceae
Regione mediterranea.
Presente e comune in tutta la regione mediterranea.
© WWF-Canon / M. Dépraz
Pianta che raggiunge i 50 cm di altezza, con foglie basali lancelolate, riunite in rosetta, e di altre più strette, minori, che avvolgono lo stelo. Il numero di fiori varia generalmente tra 2 e 9; ed hanno petali rosa o bianchi ed un labello (tepalo modificato) che ricorda il corpo di una vespa o ape. Esso mima le femmine
di questi insetti ed attrae i maschi che ne effettuano inconsapevolmente l’impollinazione. Nonostante questo particolare adattamento si autoimpollina molto spesso.
Comune nella regione mediterranea, vive in habitat luminosi e caldi
dal livello del mare fin sui rilievi ma si spinge fino alla Gran Bretagna.
Altre specie del genere Ophrys, che vivono nello stesso ambiente.
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SCHEDA 9
Barbagianni - Tyto alba
Ordine
Famiglia
Distribuzione
Morfologia
Ecologia
Strigiformi
Titonidi
È molto diffuso in tutta l’Europa centrale e
meridionale, in Asia Minore, in Arabia, in gran
parte dell’Africa compreso il Madagascar, in
India, in Indocina, parte dell’arcipelago malese, in Nuova Guinea, Australia, America set© WWF-Canon / M. Harvey
tentrionale, centrale e meridionale. In Italia è
comunissimo, stazionario ed erratico.
Il barbagianni raggiunge una lunghezza tra i 34 ed i 40 cm ed un’apertura alare di quasi un metro. È caratterizzato da un disco facciale a
cuore e orecchie prive di ciuffo. Le parti superiori sono di colore fulvodorato macchiettate di nero e bianco, mentre quelle inferiori sono di
colore bianco o fulvo. Di colore bianco è anche il grande disco facciale cuoriforme, mentre gli occhi sono neri ed il becco bianco-rossiccio.
Nelle femmine, di solito di dimensioni maggiori, i colori sono più cupi.
È un uccello stazionario nel vero senso della parola, ed in genere non
intraprende neanche brevi escursioni. Non ha nemici e non teme l’uomo.
Di notte percorre le campagne con un volo ondulato e leggero radente al suolo. Quando vola emette un grido rauco e spiacevole. Il periodo riproduttivo coincide con i mesi di aprile e maggio, ma a volte nidifica anche ad ottobre e novembre. Non costruisce un nido, si limita
a deporre le uova in un luogo riparato e ben nascosto. La covata può
contare da 3 fino a 9 uova, allungate, ruvide ed opache che la femmina cova per circa quaranta giorni.
Il barbagianni esce di notte e occasionalmente anche di giorno a caccia di piccoli mammiferi ed uccelletti, in particolare si ciba di topi, ratti, toporagni, talpe e di grossi insetti. Nelle città cattura spesso le allodole, gli usignoli, i tordi ed i fringuelli che si trovano nelle gabbie fuori
dalle finestre. Deglutisce la preda intera, e le ossa e le altre parti indigeribili sono rigurgitate sotto forma di piccoli ammassi sferoidali dette
borre. In Italia un tempo era diffuso in tutte le zone coltivate, ora si avvista più di frequente nei centri abitati.
SCHEDA 10
Moscardino - Muscardinus avellanarius
Ordine
Famiglia
Distribuzione
Rodentia
Myoxidae
La sua diffusione geografica spazia
dall’Asia Minore fino a tutta l’Europa
Panda Photo / V. Giannotti
con esclusione delle regioni più settentrionali.
Morfologia Questo piccolo roditore, chiamato anche nocciolino, ha dimensioni
corporee piuttosto ridotte molto simili a quelle di un topo. Il corpo è
lungo in media 6-8 cm lunghezza questa che si raddoppia se si considera anche la coda. Il colore del mantello varia dal fulvo al marrone
ad eccezione dell'addome color crema. La testa è più tozza rispetto al
topo, le orecchie sono rotonde e gli occhi molto grandi. I lunghi baffi
(vibrisse) incorniciano il naso prominente e le lunghe e robuste dita
prensili lo rendono un abile arrampicatore. Il peso si aggira intorno ai
15 grammi, ma raddoppia poco prima del letargo per l’aumento delle riserve corporee.
Ecologia Grazie agli arti molto forti, il moscardino si arrampica con estrema facilità e spesso predilige gli spostamenti di albero in albero attraverso
rami contigui piuttosto che il nudo suolo dove sarebbe facile preda.
Come la maggior parte dei roditori ha abitudini prevalentemente notturne e crepuscolari preferendo riposare durante il giorno al riparo del
nido costruito sugli alberi. La caduta in letargo avviene con i primi freddi e in altre parole tra ottobre e marzo mentre il risveglio è con l'avvento
della primavera. Tra maggio e settembre si ha anche la stagione riproduttiva: dopo una gestazione media di 25 giorni, la femmina di moscardino partorisce da 3 a 6 piccoli ciechi e sordi che svezzerà in 2 mesi circa: la maturità sessuale dei nuovi nati sarà raggiunta solo dopo
l’ibernazione. La durata media della vita è di circa 3 anni. Ha alimentazione prevalentemente vegetariana basata su componenti molto
nutrienti quali fiori e frutti, ma si nutre anche di insetti trovandoli sulla vegetazione arbustiva ed arborea. La specie è predata da rettili,
mammiferi carnivori e occasionalmente da rapaci notturni, corvidi e
scoiattoli.
Cause di minaccia È minacciato dalla distruzione ed alterazione del bosco in particolare dello strato arbustivo, e dalla generale frammentazione dell’habitat che lo espone, data la sua scarsa mobilità, a rischio di estinzione
locale.
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SCHEDA 11
Mustiolo - Suncus etruscus
Ordine
Famiglia
Distribuzione
Insectivora
Soricidae
In Europa ha una distribuzione circummediterranea. È presente in tutPanda Photo / R. Ragno
ta l’Italia, anche nelle isole. La sua
distribuzione extraeuropea comprende l’Africa settentrionale e buona
parte del sud-est asiatico.
Morfologia È l’insettivoro più piccolo che si conosce (uno dei più piccoli mammiferi del mondo e il più piccolo in Europa) con una lunghezza del corpo
che va da 3,6 a 5,3 cm. Ha un aspetto esile (pesa da 1 a 3 g) con il muso appuntito, le orecchie sporgenti, gli occhi piccoli e le zampe piccole
e gracili. La coda è lunga circa la metà del corpo (da 2,1 a 3 cm) ed è ricoperta da 2 tipi di pelo: alcuni sottili, corti e compatti e altri lunghi e
sparsi. La pelliccia è generalmente grigia, con la regione dorsale che
tende al marrone e quella ventrale ad un grigio più chiaro. Sembra che
esista un lieve dimorfismo sessuale, per il quale i maschi sono leggermente più piccoli delle femmine.
Ecologia È attivo sia di giorno che di notte e alterna fasi di attività con quelle di
riposo, cacciando lombrichi, insetti, artropodi ed altri invertebrati di
dimensioni uguali o maggiori delle sue. Ha un metabolismo molto elevato che lo costringe a cercare continuamente cibo, infatti, muore se
resta più di 12 ore senza cibo. Il periodo di riproduzione va da marzoaprile fino a settembre-ottobre. La cura dei piccoli (in media da 2 a 4)
nei primi giorni di vita è a carico di entrambi i sessi. Fino all’apertura
degli orifizi auricolari i genitori trasportano i piccoli in bocca, in seguito formano le caratteristiche carovane, nelle quali la madre conduce i
piccoli che sono attaccati l’uno all’altro per la coda. Comunicano per
mezzo di suoni, dei “ronron” sia forti sia deboli. Emettono un lieve suono già nel primo giorno di vita e suoni più forti durante la notte.
I suoi principali nemici in natura sono i piccoli carnivori e gli uccelli rapaci, soprattutto quelli notturni come l’allocco e la civetta. Sono animali innocui e utili all’uomo soprattutto nel campo dell’agricoltura. In
natura vive dai 12 ai 18 mesi.
Cause di minaccia La perdita di habitat, la loro frammentazione e gli incendi, possono
rappresentare una seria minaccia per la specie.
SCHEDA 12
Sparviere - Accipiter nisus
Ordine
Famiglia
Distribuzione
Falconiformi
Accipitridi
È presente in tutta l’Europa, l’Africa settentrionale ed in Asia. In Italia si può avvistare quasi dappertutto.
Morfologia Lo sparviere è lungo circa 35 cm con un’apertura alare che non supera gli 80 cm. La fem© WWF-Canon / F. F. Hazelhoff
mina è di maggiori dimensioni, ha il dorso
marrone scuro ed è marrone nelle parti anteriori. Il maschio ha il dorso grigio ardesia e le parti anteriori rossicce. La coda è molto lunga e
tagliata ad angolo retto, le ali sono corte, larghe e arrotondate. I due
sessi presentano fitte barre grigio-marrone sul petto. Zampe e tarsi sono gialli, molto allungati. Anche l’iride è gialla. I giovani sono maggiormente grigi e bianchi in misura minore: sulla gola e sulla parte anteriore del collo presentano delle striature longitudinali, mentre il ventre e le cosce sono segnati da macchie trasversali.
Ecologia Predilige i boschi e le foreste, specialmente di conifere. Rispetto all’Astore può occupare boschi meno estesi e meno maturi. Normalmente, si
tiene nascosto nel folto degli alberi, uscendone solo per scagliarsi sulla vittima, che non ha avuto il tempo di accorgersi della sua presenza.
In volo caccia tenendosi vicinissimo al suolo, rasentando siepi ed arbusti e cambiando repentinamente direzione per sorprendere la preda, sulla quale si lancia perpendicolarmente con la velocità della folgore. Lo Sparviere si nutre di uccellini e piccoli mammiferi, roditori in
particolare. Saltuariamente caccia insetti e piccoli rettili. Il becco ricurvo non è un’arma, ma uno strumento con cui il rapace spezza e sminuzza l’animale catturato.
Tra febbraio e marzo maschi e femmine insieme costruiscono un robusto nido, preferibilmente nel fitto della vegetazione, con un diametro di circa 40 cm. La femmina depone da 4 a 6 uova che cova per 4
settimane, senza l’aiuto del coniuge. Infatti, il maschio durante
l’allevamento si limita a catturare le prede per rifornire la femmina che
nutre i piccoli; per tale motivo la morte di uno dei due porta inevitabilmente alla perdita della covata. I giovani lasciano il nido a 24-30 giorni, divenendo del tutto indipendenti dopo un altro mese trascorso ancora con i genitori.
Cause di minaccia Disboscamento, alterazione dell’habitat, bracconaggio.
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SCHEDA 13
Picchio Verde - Picus viridis
Ordine
Famiglia
Distribuzione
Piciformi
Picidi
In Italia è stanziale. Frequenta boschi cedui, terreni coltivati.
Panda Photo / M. Bonora
Morfologia Testa grossa con becco largo e allungato, corpo tozzo, zampe corte con quattro dita munite di unghie
robuste. Il nome viridis si riferisce alla colorazione verde del suo piumaggio che è più scura nelle parti superiori e più chiara nelle inferiori.
La testa è verde chiaro con cappuccio rosso, mustacchi neri (centralmente rossi nel maschio) e lati del capo anch’essi neri. È lungo circa 32
cm e pesa da 180 a 220 grammi. A volte lo si sente “tambureggiare” sui
tronchi, ma non lo fa spesso. Il suo canto ricorda la risata; si sente specialmente in primavera, nel periodo dell’accoppiamento, e in autunno.
Ecologia Il cibo preferito da questa specie sono le formiche, che cattura grazie
ad una lingua appiccicosa di circa 10 centimetri con una punta mobile che gli permette di scovarle anche negli angoli e anfratti più nascosti e nelle gallerie scavate nel legno con il becco. In autunno si nutre anche di bacche e ghiande che accumula nel nido. Utilizza le zampe puntellandosi con la coda per spostarsi lungo i tronchi e martella
continuamente con il becco. Nidifica nelle cavità di vecchi alberi dove
il maschio, a partire dal mese di marzo, scava un nido spazioso. La femmina vi depone da 5 a 8 uova che si schiudono dopo due settimane.
Vive nei castagneti, nei frutteti, nei boschi di montagna e rivieraschi,
su vecchi alberi isolati in mezzo ai campi. È specie particolarmente protetta.
Cause di minaccia Il legame di questa specie con gli alberi, tanto da essere soprannominati “chirurgo dell’albero”, perché in grado di liberarli da parassiti, rende le popolazioni vulnerabili agli incendi boschivi e ai tagli a ceduo in
quanto vengono privati dei siti di nidificazione e di nutrimento.
SCHEDA 14
Gheppio - Falco tinnunculus L.
Ordine
Famiglia
Distribuzione
Accipitriformes
Falconidae
È uno dei rapaci più diffusi nell’Europa centrale.
M. Fraissinet
Morfologia Come tutti i falconiformi, il gheppio
è dotato di 15 vertebre nel collo che gli permettono di girare il capo di
180° e di osservare appollaiato su un albero una preda fino a 220 gradi senza doversi muovere. La corporatura dei gheppi (lunghezza e apertura alare) varia in base alla sottospecie e al sesso. Nella sottospecie
presente in Europa (Falco tinnunculus), i maschi hanno un’apertura
alare di 74 cm, le femmine di 78. Normalmente un gheppio maschio
pesa sui 200 grammi, una femmina 20 grammi in più. Il peso delle femmine varia a seconda del periodo: nel periodo di deposizione delle uova arrivano a pesare anche 300 grammi.
Ecologia I gheppi mostrano più di altre specie un acceso dimorfismo sessuale.
La caratteristica più notevole è che i maschi hanno la testa di colore
grigio chiaro, le femmine invece sono uniformemente di colore rosso
mattone. I maschi hanno le ali di colore rossastro e sono caratterizzati da alcune macchie scure a volte dalla forma di asterisco. Il fondoschiena e la coda - il cosiddetto fascio - è di colore completamente grigio chiaro con un trattino nero finale e una bordatura bianca. La parte inferiore è di color crema chiaro con strisce o macchie marroncine.
La parte inferiore del ventre è invece totalmente bianca. La femmina
adulta è bordata di scuro sulla schiena. A differenza del maschio anche il fascio è marrone e mostra inoltre diverse strisce laterali e un determinato legame finale. Anche la parte inferiore è più scura che nel
maschio e mostra una pezzatura più forte. I piccoli assomigliano nel
piumaggio alle femmine. In entrambi i sessi la coda è arrotondata, poiché le penne della coda sono più corte di quelle mediane. Negli uccelli adulti le punte delle ali raggiungono la fine della coda. Le zampe sono giallo chiare, gli artigli sono neri. Il gheppio è caratterizzato da un
volo particolare. A differenza di altri rapaci, sbatte le ali frequentemente, ma la caratteristica più evidente è il cosiddetto volo a “Spirito Santo” durante il quale si mantiene totalmente fermo in aria, con piccoli
battiti delle ali e tenendo la coda aperta a ventaglio, sfruttando il vento per mantenersi stabile e osservare il suolo in cerca di prede.
Cause di minaccia Il bracconaggio e la cattura o detenzione illegale di nidiacei e adulti,
l’impatto con gli autoveicoli, cavi sospesi ed elettrodotti, l’avvelenamento
da topicidi e pesticidi assimilati attraverso l’ingestione delle loro prede.
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SCHEDA 15
Cervone -Elaphe Quatuorlineata
Ordine
Famiglia
Distribuzione
Squamata
Colubridae
È diffuso dall’Europa sudorientale all’Asia Minore. In Italia è frequente nelle zone centro-meridionali.
Morfologia Il cervone è uno dei più grandi serpenti italiani, infatti, seppur di regola raggiunge al massimo i 160-170 cm, può raggiungere anche i 250
cm. La corporatura è robusta e la colorazione è giallastra o marrone
chiaro, con le quattro caratteristiche linee scure che partendo dalla testa percorrono longitudinalmente tutto il corpo (da cui il nome scientifico). La testa è larga, con occhi grandi e pupilla tonda.
Ecologia È un serpente diurno, terricolo, sebbene a volte possa trovarsi su arbusti, è poco veloce e buon nuotatore. Trascorre il periodo invernale in
gallerie di roditori abbandonate, da solo o in gruppi di 4-7 esemplari,
spesso in compagnia di saettoni. Gli accoppiamenti (che durano dalle 3 alle 5 ore) avvengono in genere in aprile e giugno. Dopo circa 4050 giorni la femmina depone alla base di arbusti, o in buche nel terreno, o nei muretti a secco o in fenditure della roccia, 3-18 uova con guscio biancastro e molle che s’indurisce leggermente a contatto con
l’aria. Talvolta la femmina protegge le uova tra le spire del suo corpo
per 3-5 giorni, altre volte le ricopre con la sua exuvia. Dopo circa 45-60
giorni dalle uova escono i piccoli, lunghi dai 30 ai 40 cm che mutano
nell’arco dei primi 7 giorni.
Si nutre di piccoli mammiferi (arvicole, topi, toporagni, conigli, donnole, scoiattoli, ed altri fino alle dimensioni di un ratto) che soffoca tra le
spire, nidiacei di uccelli (fino alle dimensioni di un piccione), uova (che
inghiotte intere e poi rompe con i muscoli del tronco) e qualche lucertola. Predilige la macchia mediterranea, il limitare di boschi, i boschi
radi e soleggiati o in genere i luoghi con vegetazione sparsa, le sassaie, i muretti a secco e gli edifici abbandonati. L’Elaphe quatuorlineata
svolge un ruolo importantissimo nell’equilibrio ecologico naturale, eliminando in un anno, oltre 3000 grammi di roditori.
Cause di minaccia Il cervone risente fortemente del disboscamento e della riduzione delle aree coltivate; tali interventi dell’uomo riducono il principale habitat delle prede naturali di questa specie e le sue possibilità di rifugiarsi
dai predatori. La progressiva rarefazione andrebbe inoltre ricercata negli effetti di accumulo dei pesticidi da essi ingeriti attraverso le prede.
Pubblicazione cofinanziata dalla Misura 1.9 - POR Campania 2000-2006 “Recupero,
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