“UN MINUTO PER NOI” Focus formativi dei volontari del Servizio Civile Nazionale dell’Opera don Calabria progetti 2011. Casa San Benedetto Progetto: “I ragazzi sono di chi li piglia” Questo lavoro nasce all’interno del gruppo dei 16 volontari che hanno realizzato il progetto dal 2 luglio 2012 al 1 luglio 2013. Il materiale qui pubblicato è stato raccolto in occasione degli incontri mensili di formazione specifica, allorché i giovani dovevano condurre un approfondimento sui temi della pace, della fratellanza, della solidarietà, della cooperazione, della cittadinanza attiva, della Costituzione Italiana e del pensiero critico in senso generale, per dire sì alla vita contro la morte. Si è realizzato questo libretto per loro, quale prodotto a ricordo dell’esperienza vissuta, e per chi vuole conoscere un po’ di più le fondamenta del Servizio Civile Nazionale. Opera Don Calabria - Ufficio per il Servizio Civile www.serviziociviledoncalabria.it 045.8052962 / [email protected] 2 CHICO MENDES Chico Mendes, nome completo Francisco Alves Mendes Filho (Xapuri, 15 dicembre 1944 – Xapuri, 22 dicembre 1988), è stato un sindacalista, politico e ambientalista brasiliano. Biografia Raccoglitore di caucciù (seringueiro), è stato Segretario generale del Sindacato dei lavoratori rurali di Brasiléia (Sindicato dos Trabalhadores Rurais) dal 1975 e promotore della nascita del sindacato a Xapuri (1976), lega il proprio nome alla lotta contro il disboscamento della foresta amazzonica, condotta dai contadini con metodi assembleari ed utilizzando con successo la pratica dell'empate ("impedimento, stallo"). Nel 1978 è eletto vice presidente del consiglio comunale a Xapuri (l'anno seguente è presidente). Tende a trasformare il consiglio (Câmara Municipal) in un'assemblea permanente in cui partecipano tutte le componenti politiche, sociali e religiose della città, non ricevendo l'appoggio delle formazioni politiche ufficiali, incluso il proprio partito, il Movimento Democratico Brasiliano (MDB). Viene pubblicamente minacciato dai possidenti della zona e cominciano le repressioni violente degli empates, che perdono l'efficacia iniziale, e le carcerazioni extragiudiziali di centinaia di contadini per tutto il decennio successivo; in quest'anno anche Chico Mendes viene arrestato e torturato. Il sindacato dei lavoratori rurali conosce però una forte espansione diventando il maggiore dello stato di Acre. Dal 1979 con Lula, Josè Ibrahim e altri partecipa alle assemblee che porteranno alla nascita nel 1980 del Partido dos Trabalhadores (PT, Partito dei Lavoratori), un organismo che darà appoggio politico alle rivendicazioni della CUT, la federazione sindacale generale di cui faceva parte il sindacato dei lavoratori rurali. Nello stesso anno viene arrestato e processato per l'omicidio di Wilson Pinheiro, leader sindacale di un'organizzazione avversaria, ma il processo rivela la montatura dell'accusa, per la quale sono invece condannati 40 possidenti di Xapuri. Nei tre anni seguenti affronterà altri due processi per istigazione alla violenza, essendo in entrambi prosciolto per insufficienza di prove. Dal 1981, Mendes è segretario della CUT a Xapuri, carica che manterrà fino alla morte pur continuando l'attività politica nel PT; nel 1982 perde le elezioni per un seggio a deputato nel parlamento statale di Acre. Nel 1985 guida il primo congresso nazionale dei seringueiros, durante il quale viene creato il Consiglio Nazionale dei Seringueiros (CNS, Conselho Nacional do Seringueiros), che diventerà il soggetto politico e sindacale che porterà le rivendicazioni di Mendes, dei contadini e delle popolazioni indigene dell'Amazzonia all'attenzione dei media internazionali. Nel 1987 una delegazione delle Nazioni Unite verifica direttamente a Xapuri le accuse rivolte alle grosse finanziarie statunitensi che appoggiano progetti di disboscamento che causano la disoccupazione forzata dei seringueiros, l'esilio forzato dei contadini indios dell'Amazzonia ed un danno ecologico di dimensioni planetarie; in seguito a 40 giorni di campagna negli Stati Uniti, durante i quali Chico Mendes parla anche di fronte al Senato statunitense, la BID (Bank of Interamerican Development) ritira i propri investimenti in Amazzonia. Nel 1988 Mendes lavora con successo alla creazione di una "riserva estrattiva" di caucciù nel seringal Cachoeira, espropriato dallo Stato alla famiglia latifondista Alves da Silva che l'aveva a sua volta illegalmente acquisito da dei piccoli proprietari terrieri. È l'anno in cui nasce l'União Democrática Ruralista (Unione democratica rurale o UDR) un sindacato che compie in realtà azioni paramilitari in tutto lo stato, minacciando ripetutamente Chico Mendes, che denuncerà alla polizia i nomi dei suoi futuri sicari. Nel terzo congresso della CUT Mendes denuncia nuovamente i delitti della UDR, ed espone la tesi congressuale "In difesa del popolo della foresta" davanti ai 6000 delegati che lo eleggeranno segretario generale per acclamazione. 3 La morte Il 22 dicembre 1988 viene ucciso davanti alla porta di casa dai fratelli Alves da Silva, precedenti proprietari del seringal Cachoeira. Riguardo all'arresto dell'assassino e dei mandanti: nonostante fossero ben noti, furono considerati fuori dalla portata giudiziaria per le loro connessioni politiche e il loro potere economico. Forti pressioni nazionali ed internazionali riuscirono a far arrivare il caso in tribunale. Nel dicembre del 1990, Darly Alves da Silva, proprietario terriero e allevatore locale, con il quale Chico si era scontrato più volte per l'ottenimento del titolo di "reservas extractivistas" per la sua regione, ricevette una condanna a 19 anni di prigione per essere stato il mandante dell'omicidio; suo figlio, Darci, ricevette la stessa condanna per esserne stato l'esecutore materiale. L'entusiasmo iniziale fu molto, sia a livello internazionale e mediatico che regionale, ma non appena i media spostarono i loro riflettori, gli omicidi continuarono. Dagli ultimi anni del '70, delle centinaia di omicidi di capi sindacali che protestavano per i diritti della terra, l'unico per cui si investigò e che portò ad una condanna fu quello di Chico Mendes. La condanna a Darly Alves da Silva fu annullata nel febbraio del 1992 a Rio Branco dalla corte d'appello statale. Tributi Canzoni Diverse sono le canzoni dedicate a Chico Mendes: • • • • • • • Ricordati di Chico dei Nomadi, Chico Mendes dei Gang, Per la gloria di Mario Lavezzi, Cuando los angeles lloran (Quando gli angeli piangono) dei Manà, Ambush dei Sepultura, How many people di Paul McCartney Tëra dël 2000 dei Mau Mau Parchi e campi Esistono diverse strutture intitolate a Chico Mendes, tra cui molti parchi, ad esempio il Parco Chico Mendes nella frazione campigiana di San Donnino, realizzato in un'area precedentemente occupata da una discarica, uno a Giarre, uno a Pantigliate (MI), uno a Reggiolo (RE), uno a Rezzato (BS), uno a Borgaro Torinese, uno a Giulianova (TE), uno a Isola Vicentina (VI), uno a Terni, Spoleto e a Perugia, uno a Porto Torres (Sassari), uno a Riccione (RN), uno a Cusano Milanino (MI), uno a Borgo Valsugana (TN), uno a Romano di Lombardia (BG) oltre a un campo sportivo a Berceto ed un Giardino a Ravenna, uno a Castegnato (BS), uno nel centro-città di Como. A Lecco è stata posata dal WWF Lecco una targa in Piazza Manzoni. Esiste inoltre un percorso ciclabile (nonché polmone verde) che collega Mirandola (MO) con il comune di Medolla. (informazioni tratte da Wikipedia) 4 RICORDATI DI CHICO (Canzone dei Nomadi) I signori della morte hanno sì, l'albero più bello è stato abbattuto. I signori della morte non vogliono capire, non si uccide la vita, la memoria resta: così l'albero cadendo ha sparso i suoi semi e in ogni angolo del mondo nasceranno foreste. Ma salvare le foreste vuol dire salvare l'uomo, perché l'uomo non può vivere tra acciaio e cemento, non ci sarà mai pace, ma il vero amore finché l'uomo non imparerà a rispettare la vita. Per questo l'albero abbattuto non è caduto invano, cresceranno foreste e una nuova idea del uomo. Ma lunga sarà la strada e tanti gli alberi abbattuti, prima che l'idea trionfi senza che nessuno muoia, forse un giorno uomo e foresta vivranno insieme, speriamo che quel giorno ci siano ancora. Se quel giorno arriverà ricordati di un amico, ma proprio svigno se la foresta Ricordati di Chico. Se quel giorno arriverà ricordati di un amico, morto per gli indios e la foresta ricordati di Chico. Lai la la la, Lai la la la, Lai la la la, Lai la la la 5 STEVIA REBAUDIANA Non tutti sanno che lo zucchero industriale moderno non fa male solo a diabetici, arteriosclerotici o soggetti con malattie cardiovascolari, ma fa male a tutti! La dolcissima polvere bianca che in tutto il mondo si assume con una certa regolarità è, infatti, altamente tossica e la sua continua assunzione può portare danni fisici, psichici e ovviamente una forte dipendenza. La lavorazione che rende la barbabietola prodotto finale è incredibilmente “raffinata” tanto da fargli cambiare colore attraverso coloranti chimici, sottrargli sostanze vitali e vitamine. Inoltre, per far digerire questa sostanza sintetica che di naturale non ha nulla, il nostro organismo è costretto a farsi rubare massicce dosi di sali minerali per riuscire ad assimilarlo con il conseguente indebolimento del fisico. Purtroppo però la natura nociva di questa sostanza non viene dichiarata pubblicamente poichè metterebbe K.O. l'intera industria dello zucchero delle multinazionali che la producono. Esiste però in natura una pianta, la stevia, che è un vero e proprio dolcificante naturale a zero calorie. Descrizione e caratteristiche La Stevia rebaudiana è una pianta erbaceo-arbustiva perenne, di piccole dimensioni, della famiglia delle Asteraceae (Compositae), nativa delle montagne fra Paraguay e Brasile. È una pianta perenne poco resistente al gelo, nei climi più freddi è coltivata solitamente come semi-perenne. Arriva ad un'altezza di mezzo metro circa, ha fiori ermafroditi molto piccoli, numerosi, di colore biancastro, impollinati dagli insetti. La fioritura è tardo-autunnale. Ha foglie ovali, opposte. Caratteristiche e utilizzi La stevia é conosciuta da molti popoli dell'area geografica Sud-Americana da diversi millenni, oltre che per il potere dolcificante delle sue foglie, anche per le proprietà medicinali, infatti è stata correntemente usata da secoli dai popoli indigeni del sud America per le sue doti curative, ed é usata ancora oggi. In Brasile è utilizzata come rimedio della medicina popolare per il diabete. Viene coltivata estesamente e consumata in Thailandia, Israele e Cina, ed in genere in tutta l America meridionale, dove è usata da secoli come dolcificante ma soprattutto come pianta medicinale. Viene usata come dolcificante, in quanto é molto più dolce del comune saccarosio. La Coca Cola in Giappone la usa come dolcificante per la Coca Cola light (Diet Coke). I principi attivi sono lo stevioside, e il rebaudioside A. I principi dolcificanti sono in tutte le parti della pianta ma sono più disponibili e concentrati nelle foglie, che quando sono seccate (disidratate), hanno un potere dolcificante (ad effetto della miscela dei due componenti dolcificanti) da 150 a 250 volte il comune zucchero. Contrariamente allo zucchero i principi attivi non hanno alcun potere nutrizionale (zero calorie), ed essendo prodotti naturali sono relativamente stabili nel tempo ed alle alte temperature, per cui conservano perfettamente le loro caratteristiche anche in prodotti da forno o in bevande calde, diversamente da altri dolcificanti di sintesi come l'aspartame, che subisce degradazione. Senza troppi giri di parole é, pertanto, il dolcificante naturale più potente al mondo. Al contrario dello zucchero bianco raffinato è completamente naturale, e potrebbe rappresentare la soluzione ideale, soprattutto per diabetici e obesi. Le caratteristiche principali della stevia sono quanto mai sorprendenti: -non causa diabete -non contiene calorie -non altera il livello di zucchero nel sangue -non ha tossicità -essendo priva di zuccheri, non provoca carie e placca dentali -non contiene ingredienti artificiali 6 La polemica sulla stevia Il possibile uso della stevia, in Paesi diversi da quelli di origine, ha prodotto notevoli controversie e contestazioni, facendo affermare l'esistenza di una cospirazione commerciale, interessata a contrastarne l'usò, ed a favorire invece i dolcificanti artificiali. Di rilievo è il fatto che la stevia è normalmente consumata in molti Paesi, in alcuni di questi da molto tempo e senza particolari problemi. In tali Paesi è considerata meno dannosa di altri dolcificanti, come l’aspartame o l’acesulfame K, usata come estratto secco o come infuso fresco. L'uso della Stevia nei prodotti alimentari è stato in passato limitato in dato che alcuni suoi componenti, alle dosi testate, come lo steviolo e lo stevioside erano ritenuti sospetti di cancerogenicità. Nel 1999 la Commissione sugli Additivi nei Cibi dell'OMS e il Comitato Scientifico per gli Alimenti dell'Unione Europea, segnalarono la pericolosità della stevia come additivo alimentare. Conseguentemente, nel febbraio 2000 la Commissione Europea, seguendo le opinioni del Comitato Scientifico per gli Alimenti, ha deciso che la Stevia rebaudiana (pianta ed estratti secchi) non può essere immessa nel mercato come alimento o come additivo alimentare. Il 10 aprile del 2003 il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione che chiede di rivedere le norme di utilizzo di edulcoranti quali l’aspartame e la stevia. Nello stesso provvedimento si limita pesantemente la quantità massima di edulcoranti nelle bibite gassate. Nel 2004 durante un simposio internazionale sulla sicurezza dello stevieside é stata smentita la sua cancerogenicità, anche perché questa sostanza non verrebbe assorbita direttamente dall'intestino, ma degradata dai batteri del colon a steviolo e in gran parte eliminata con le urine. Esaminando i dati disponibili dai Paesi che ne fanno uso anche come infuso, la FAO e l’OMS hanno cosi stabilito una dose massima giornaliera di 2 mg/kg peso corporeo di steviolo. Questo limite, nello studio della FAO, ha un fattore di sicurezza 200, ossia è 200 volte inferiore alle quantità che possono essere considerate “eccessive”, e quindi influenti negativamente sulla salute. L'European Food Safety Authority (EFSA). il 14 aprile 2010 ha approvato l'uso della Stevia come Food Additivo, così come è accettato in Svizzera, c storicamente in tutti Paesi latino-americani. 7 INVICTUS 5 ottobre 2012 In occasione dell'incontro dei servizi civili mi è sembrato interessante parlare di come spesse volte per risolvere i conflitti tra persone sia necessaria una forza unificatrice ampia e positiva. Ho deciso di prendere spunto dalla vicenda del Sudafrica dove, sul finire dell'apartheid, lo sport - in particolare il rugby - è stato il motore di un grande passo verso l'integrazione tra la popolazione bianca e quella nera. Quindi ho fatto riferimento al film invictus che avevo visto proprio pochi giorni prima. L'argomento del film di Clint Eastwood ruota attorno alla nascita per intuizione del presidente Mandela, intorno al 1995 in occasione dei mondiali di rugby in Sudafrica, di una nazionale che guidata dal motto “one team, one country”, avrebbe unito il paese con lo spirito dirompente di unità e compattezza che è proprio di questo sport. Il forte legarne di amicizia stretto tra lo stesso Mandela e François Pienaar (capitano “afrikaner” quindi bianco della nazionale), è stato il primo emblematico passo verso l'integrazione tra afrikaner e neri nella nazione Sudafricana. Lo stesso arcivescovo Desmond Tutu ha definito, dopo questo evento, il Sudafrica “the rainbow nation”. È evidente che le complessità della questione Sudafricana non siano state risolte solo grazie al mondiale di rugby, ma sono stata colpita da come lo sport, strumento alla portata di tutti, sia stata la prima spinta verso un'evoluzione in senso democratico della risoluzione dei conflitti razziali. 8 LA STORIA DI UN’AMICA Durante il minuto per noi di oggi, ho deciso di raccontarvi un episodio capitato ad una mia cara amica qualche anno fa. Un qualcosa che mi ha, e ci ha segnato profondamente, e che ho ritenuto particolarmente adatto per la giornata di oggi. A. ha creduto per diverse settimane di esser rimasta incinta del suo ragazzo. L'evento non era stato assolutamente cercato, ma dovuto ad una distrazione. Come potrete facilmente immaginare, A. era sconvolta, spaventata, in balia degli eventi. Sentiva di aver perso qualsiasi controllo sulla sua vita. Un giorno decise di affidarmi le pagine del suo diario, su cui aveva scritto tutta l'angoscia provata in quei momenti, un modo per sfogarsi e per mettermi al corrente di quanto le stava accadendo. Ho ritrovato da poco quelle pagine custodite con cura, e rileggendole, mi sono trovata ad interrogarmi su cosa voglia dire essere davvero genitori. Divenirlo, è facilissimo, basta anche una piccola distrazione, ma esserlo, questo è davvero difficile. Una difficoltà che forse oggi più che mai, viene sottovalutata. Diventare padre e madre, significa mettere al mondo un altro essere vivente di cui si sarà per sempre responsabili, che dipenderà per molto tempo unicamente da noi, e che ci obbligherà a non distrarci mai più. In una comunità, la prima cosa di cui ti accorgi, è proprio questa difficoltà. Molti dei ragazzi che vi si trovano, hanno avuto problemi a livello familiare, con genitori assenti, scostanti, disturbati, inadatti, o semplicemente incapaci di fronteggiare quelle che sono le richieste di un figlio, magari già problematico. Ti rendi conto, e tocchi con mano, di come il genitore sia il mestiere più difficile del mondo, e provi paura. Paura perchè, per quanto tu possa dire, io non farei mai una cosa di questo genere, in realtà capisci, che in alcuni casi, le difficoltà si sono presentate malgrado tutto. Ti accorgi che alcuni di loro vorrebbero essere bravi genitori, ma non vi riescono per delle problematiche personali che non riescono a fronteggiare, incapaci magari di occuparsi anche solo di loro stessi. Sono molteplici e ingarbugliate le variabili che intervengono a complicare il mestiere di genitore. A. l'aveva capito, e ne era terrorizzata. Per un attimo, ha anche pensato di abortire, nel caso. Pensava di non potersi occupare, di non essere ancora in grado di allevare un bambino. Forse era vero, ma d'altro canto, ci siamo chieste: Come si può anche solo immaginare di avere il diritto di pensare di porre fine ad una vita, o qualcosa che di lì a qualche settimana lo sarebbe anche per la scienza? Come si può vivere in pace con se stessi sapendo di aver di fatto ucciso un essere umano? Voglio essere chiara su questo punto: preferisco una donna che si renda conto di non essere in grado di allevare un bambino e lo “rifiuta” pensando ad un'alternativa, piuttosto che una donna che lo tiene per poi abbandonarlo a se stesso. Ma credo anche che una donna, di fronte a questo evento, debba trovare il coraggio di lasciare che il bambino cresca dentro di lei, di farlo nascere, e poi di decidere se davvero non lo vuole, e di darlo in adozione, ci sono così tante famiglie che farebbero di tutto per avere un bambino, o di tenerlo, colte da quello che si chiama istinto materno. Ogni donna dovrebbe darsi questa possibilità e darla al proprio bambino. Il problema è che purtroppo i tabù della nostra società rendono la gravidanza una vergogna immensa per le ragazze. Certo, alcune non vorrebbero affrontare neanche quei nove mesi, ma credo che se non ci fossero da affrontare i giudizi dei proprio genitori, e quelli della società, avremmo un numero nettamente inferiore di aborti. Detto ciò, questo minuto per noi, mi è servito per fare una riflessione profonda sull'aspetto della vita e della responsabilità, e credo fermamente che si dovrebbe fare molto di più in termini di politiche sociali per affiancare la famiglia anche prima che questa si costituisca. Diventare genitori è difficilissimo anche quando lo si è voluto e cercato, molte donne soffrono di depressione post-partum e devono affrontare l'intero calvario da sole, sorrette dai mariti spiazzati almeno quanto loro, e avrebbero diritto a qualcosa “in più” (un qualcosa in grado di aiutarle, sostenerle nel lungo e tortuoso percorso di essere madri e padri. In Italia siamo troppo arretrati sulle politiche di sostegno alla famiglia, e sono sicura che questo sostegno, concesso fin da subito, possa essere la chiave per evitare di 9 trovarsi poi a dover fronteggiare crisi familiari conclamate che portano all'allontanamento, spesso definitivo, dei minori dalle loro case, con traumi psicologici a volte indelebili, per i ragazzi, tanto quanto per i genitori. Come sempre la prevenzione è la chiave di tutto, chissà perchè questo è il concetto che facciamo più fatica a comprendere, da sempre. 10 L’INNO ALLA VITA UN INSEGNAMENTO, UN SUGGERIMENTO, UNA GUIDA, UN PASSAGGIO DEL TESTIMONE... … che 7 anni fa veniva dato a me e ai miei amici da parte di due genitori che avevano appena subito la perdita della loro figlia, nonchè la mia più cara amica, ultima speranza di due genitori che non avevano più parole... così attraverso Madre Teresa hanno voluto trasmetterci l'importanza di questa vita e di come non sia giusto sprecarla così e di come in un secondo possa scapparti/sfuggirti dalle mani.... Mi ha fatto capire quanto importante sia la vita e come in un attimo può sfuggirti di mano, solo in quel momento di sofferenza mi sono fermata per la prima volta a pensare a cosa sia veramente la vita e di quanto sia un peccato sprecarla, non coglierla dal punto di vista più bello, di non riuscire a vederla come opportunità che ci viene data: una sorta di regalo. Per questo cercare di viverla a pieno cercando di vedere il lato migliore delle cose, anche quelle più banali. Io ho sempre pensato che la vita fosse come un foglio bianco che ci viene consegnato nel momento in cui nasciamo.... Sta a noi poi la decisione... come vederla, come viverla, cosa apprezzare, che strada prendere, STA A NOI RENDERLA BELLA E SPECIALE... LA VITA È COME LA VOGLIAMO VEDERE! Questo, secondo me, è il messaggio che dobbiamo cercare di far passare in primis a noi per poi riuscire a trasmetterlo ai nostri ragazzi attraverso gesti, parole, la presenza fisica, il divertimento. Farli reagire anche se tutto sembra perduto, brutto, buio, insopportabile, invivibile... senza via d'uscita... NO.. c'e sempre una via d'uscita... basta avere la volontà di vederla.... L’INNO ALLA VITA La vita è opportunità: coglila La vita è bellezza: ammirala La vita è beatitudine: assaporala La vita è un sogno: fanne una realtà La vita è una sfida: affrontala La vita è un dovere: compilo La vita è un gioco: giocalo La vita è preziosa: abbine cura La vita è un amore: godine La vita è un mistero: scoprilo La vita è tristezza: superala La vita è un inno: cantalo La vita è una lotta: combattila La vita è un'avventura: corrila La vita è felicità: meritala 11 BANSKY Parlando di artisti contemporanei, fuori dall'ordinario, con forti messaggi comunicati attraverso la propria arte, non si può non imbattersi in Banksy, forza irriverente e sfacciata della street art. Si sa di lui che è cresciuto a Bristol, luogo in cui appaiono le sue prime opere, tra il 1974 e il 1975, ma la sua vera identità è tenuta nascosta, sono le sue opere a parlare per lui. Le sue opere sono a sfondo satirico e riguardano argomenti come la politica, la cultura, l'etica trasmettendo messaggi di pace anticapitalistici e anticostituzionali; i suoi soggetti sono spesso animali come ratti e scimmie ma anche persone come bambini, poliziotti, soldati e anziani. Ha sparso per tutta Londra degli stencil di topi, i famosi Rats: curiosamente anagrammando la parola rat si può ottenere art ("arte"). Per sua stessa ammissione, si tratta di una coincidenza. Il soggetto dei topi è stato scelto in quanto odiati, cacciati e perseguitati, eppure capaci di mettere in ginocchio intere civiltà. “Se sei piccolo, insignificante e poco amato allora i topi sono il modello definitivo da seguire”. Nell'agosto del 2005 Banksy ha realizzato dei murales sulla barriera di separazione israeliana, costruita dal governo israeliano nei territori della Cisgiordania (soprattutto a Betlemme, Ramallah e Abu Dis), combinando varie tecniche. Le caratteristiche di questi murales sono veri e propri squarci nel muro che permettono di “vedere” cosa c'è dall'altra parte. Nel 2007 è ritornato a Betlemme per effettuare ulteriori murales. Il significato dei suoi stencil, ma soprattutto il modo poeticamente ironico con cui viene sempre espresso, fa sì che il messaggio penetri nelle coscienze rendendole sensibili a tematiche di cui non si parla mai abbastanza. Il muro è la sua tela, il suo pubblico è la gente che passa per caso passeggiando per la città, la sua arte è per tutti. In un periodo dove l'importante sembra solo l'apparenza ed essere riconosciuti per il proprio aspetto, a discapito delle idee, delle convinzioni personali o ciò che davvero scuote gli animi delle persone, Bansky fa esattamente il contrario, rifugge la fama, rimane anonimo e fa parlare attraverso la sua arte il suo pensiero e le proprie idee. «Alcune persone diventano dei poliziotti perché vogliono far diventare il mondo un posto migliore. Alcune diventano vandali perché vogliono far diventare il mondo un posto migliore da vedere». 12 IL CIELO SOPRA BERLINO Mantova, 5 aprile 2013 Angelo ha 12 anni e lontano dai genitori trascorre i tre anni di medie in un Collegio, andando a casa solo nei fine settimana con un sorriso enorme sulle labbra. Ma una situazione diversa lo aspetta a casa. Il padre molto spesso lo picchia anche senza motivazioni, la madre incapace di fermare il marito, piange ogni volta senza reagire, sottomessa dalla figura maschile. Ogni domenica Angelo torna in collegio e non viene mai accompagnato dai genitori all'interno della struttura, ma lasciato e salutato all'angolo della strada del Collegio. Sull'ambito scolastico non va bene anzi, i voti.sono bassi e il comportamento pessimo, combinando sempre disastri. Un giorno, durante le lezioni, Angelo entra nel laboratorio di Scienze e usando spago e scheletro di plastica, lo fa penzolare fuori dalla finestra dell'aula sottostante, spaventando la classe e specialmente la Professoressa che, essendo debole di cuore, fa un infarto. Nemmeno l'arrivo dell'ambulanza riesce a salvarla. Dopo questo episodio il ragazzo viene mandato in una comunità, situata in mezzo alla campagna sperduta nel nulla. Al suo arrivo a riceverlo c'è Padre Costantino che fungeva anche da educatore, aiutato dalla cuoca Maria. All'interno della comunità ci sono altri tre ragazzi: Nicola, Luca e Mara con cui Angelo avrà un rapporto di amore e odio. Anche qui non riesce a comportarsi bene e arrabbiato per essere finito all'interno di quella struttura continua a disturbare e fare disastri. Il prete però non ci fa molto caso, ma si limita a sorridergli e dirgli che deve essere felice, continuando con i ragazzi le attività di tutti i giorni. Una sera di fine estate Padre Costantino fa guardare ai ragazzi un film dal titolo "Il Cielo Sopra Berlino", dove si parla di angeli invisibili che scendono sulla Terra per ascoltare i pensieri della gente, i loro sogni, i desideri e le paure. E a furia di ascoltarli gli viene una gran voglia di averceli pure loro, quei desideri, quei sogni. E pure le PAURE. Angelo, guardando il film, sente il cuore gonfiarsi e le lacrime in arrivo. Il film lo fa sentire diverso, pensa alla sua vita, ai genitori, al perchè è in quella comunità, alla Professoressa della sua scuola scomparsa, sentendo addosso un peso enorme. Pensa ai genitori che non lo vogliono a Casa dal giorno in cui è nato, un figlio forse non voluto o forse nato per errore, troppo cattivo, violento e cinico per volerlo con sè. Il giorno che Angelo torna a casa per vedere i suoi genitori accompagnato da Padre Costantino, suona ma nessuno gli apre la porta, pur sentendo che il papà e la mamma sono in casa, allora viene immediatamente portato via dal Prete. Pensa a come può diventare un bravo ragazzo, argomento che lo impauriva molto. Per questa paura Angelo era diventato ciò che ora è, quel ragazzo superficiale e violento. Con il passare dei giorni nella comunità si motiva ad affrontare la sua più grande paura e mano a mano cambia e solo lì, in quella Casa, diventa un bravo ragazzo senza mai essere picchiato o insultato, come spesso capitava a casa. Riesce a prendere la Licenza di Scuola Media a pieni voti e si sente fiero di sè per aver finalmente capito cosa doveva affrontare ed essere diventato un bravo ragazzo con paure ed emozioni, potendo sorridere e piangere per i sentimenti che solo ora riusciva a provare. Padre Costantino gli ha restituito ciò da cui Angelo stava scappando, LA VITA. 13 LA LEZIONE DI MALALA di Elisa Kidanè, missionaria comboniana “Dateci penne per scrivere, prima che qualcuno metta armi nelle nostre mani”. Sono parole di Malala Yousafzai, una ragazzina pakistana di 14 anni, che incarna da sola tutto il dolore e tutta la speranza del mondo. Da sola riesce a far paura a uomini retrogradi e violenti. Da sola fa quello che neppure le associazioni umanitarie più solide riescono a fare. La sua denuncia chiara, forte e senza distinguo ha talmente spaventato i talebani che hanno cercato di zittirla, per sempre. A 11 anni decide di usare un blog, non per descrivere frivolezze e amenità, ma per raccontare di diritti negati a lei e a tante sue coetanee, solo perché donne. Racconta di scuole femminili chiuse o addirittura distrutte, fa appelli, supplica di aiutare le donne del suo paese perché riescano a far fronte alla cultura ancestrale che le vuole relegare, annullare. Parla, scrive, racconta. Troppo. La minacciano, lei continua a scrivere, la avvisano che farà una brutta fine, lei continua a denunciare, le fanno sapere che non avranno pietà se continua a parlare e lei con un sorriso disarmante va avanti nella sua ostinata e solitaria battaglia: non alimentare il potere della forza bruta che ovunque si nutre di silenzi, omertà e paure. E, infatti, i detentori di questo potere reagiscono. Brutalmente. Programmano nei minimi dettagli l'agguato. Le sparano mentre torna da scuola su uno scassato autobus. Ora è in fin di vita. Mentre scrivo si sta facendo di tutto per salvarla. La piccola Malala continua la sua battaglia contro il mostro Golia. Spero davvero che ce la faccia. Per ognuno di noi. Eh sì! Perché a questo siamo arrivati, ad avere bisogno di bambini e bambine martiri per difendere il nostro domani. Un altro su mille: lqbal, un ragazzino, anche lui pakistano, appena dodicenne. Aveva dato prova di sapere da che parte stare in una società che umilia e soffoca l'infanzia. Venne ucciso nel 1992 per aver denunciato i soprusi che subivano lui e altri bambini, resi schiavi e obbligati a lavorare in fatiscenti fabbriche di tappeti venduti poi in tutto il mondo. Ucciso mentre correva in bicicletta, gustando l'ebbrezza della vita che gli veniva incontro. Per lui non ci fu altro futuro che l'impatto sul selciato e l'oblio del suo coraggio. Purtroppo lqbal e Malala sono solo la punta d'iceberg delle nefandezze di cui il nostro mondo è capace, ma anche l'iceberg di storie di bambini e bambine che cercano di insegnarci qualcosa. Noi adulti facciamo proclami e costosi programmi a lunghissima scadenza su obiettivi irrealizzabili. Malala ne ha uno solo e lo grida ai quattro venti: “Dateci penne per scrivere, prima che qualcuno metta armi nelle nostre mani”. Proprio nei giorni dell'agguato a Malala, una notizia assurda si è aggiunta a ingolfare le incongruenze di questo nostro mondo di adulti. Il premio Nobel 2012 per la pace assegnato all'Unione europea. Ipocrita la motivazione. L'Ue «ha contribuito a trasformare la maggior parte dell'Europa da un continente di guerra in un continente di pace». Certo, ora le guerre vengono combattute per procura e altrove. Sorvoliamo sul commercio mai in crisi delle armi, sul sostegno sfacciato ai dittatori di turno, sulle leggi disumane verso gli immigrati... Quel premio l'avrebbero dovuto assegnare a bambini e bambine come lqbal e Malala. Penso alla mia Africa: “Dateci penne per scrivere, prima che qualcuno metta armi nelle nostre mani”. Come vorrei che a gridare questo monito fossimo noi adulti, noi società civile, noi uomini e donne che riempiamo blog e facebook di troppe parole che non hanno senso. Dateci penne... Dateci scuole, dateci libri per alimentare la nostra mente, per capire che una società, un paese, una nazione si costruiscono attraverso il dialogo, l'istruzione. Ci sono ancora troppe nazioni, in 14 Africa e ovunque, che insegnano ai loro giovani l'arte della guerra invece che quella del dialogo, l'arte di uccidere, non quella di costruire. Mi diventa più chiaro quanto sia urgente accogliere il grido di Malala: dovremmo usarlo come apertura di ogni nostro giornale, di ogni mezzo di comunicazione, farne un grido di protesta, di avvertimento, di pericolo, di sfida. Abolire le armi, inondare il mondo di libri, quaderni, penne. Il diritto allo studio non può essere solo uno degli obiettivi del millennio: dovrebbe essere l'unico obiettivo che da solo aiuterebbe a raggiungere tutti gli altri. E lo sanno troppo bene tutti: governi africani, Onu, stati occidentali, associazioni. Lo sanno anche i misogini che una donna istruita è un ostacolo all'avanzare di una mentalità medievale, lo sanno i governi che l'istruzione è la leva che scardina i troni dei dittatori. Grazie Malala. Scusaci se abbiamo avuto bisogno del coraggio inaudito di te, bambina, per capire il valore dell'impegno personale, del coraggio di sfidare una società misogina, con il tuo sorriso disarmante di adolescente, e il coraggio di una leonessa. 15 LA STORIA DI SIMONA Simona Atzori nasce a Milano il giorno 18 giugno 1974 da genitori di origini sarde. È nota al grande pubblico per essere una ballerina e pittrice straordinaria, nel vero senso letterale della parola. Simona è nata priva degli arti superiori, nonostante ciò, ha saputo fare del proprio handicap un elemento di unicità in campo artistico: potenziando e concentrandosi sull'uso degli arti inferiori ha dedicato tutte le sue energie alla pittura e alla danza, discipline nelle quali il suo talento eccelle in modo oggettivo. Si avvicina alla pittura fin da piccolissima, all'età di quattro anni, e prosegue il suo percorso come autodidatta. Nel 1983, all'età di nove anni, entra a far parte della VDMFK (Vereinigung der Mund - und Fussmalenden Kiinstler in aller Welt, e. V. - Associazione mondiale di artisti che dipingono con bocca o piedi). Nel 2001 consegue la laurea in “arti visuali” presso la University of Western Ontario, in Canada. Oltre all'Italia, i suoi dipinti trovano spazio nelle gallerie di tutto il mondo, dalla Svizzera all'Austria, dal Portogallo alla Cina. Dal 2008 una sua mostra permanente è presente nella città di London, in Ontario (Canada). Inizia a danzare all'età di sei anni, seguendo le prime lezioni. Coltiva questa passione negli anni, fino ad arrivare nel 2000 ad esibirsi in un luogo unico, che prima di allora non aveva mai visto al suo interno un'attività artistica di questo tipo, una Chiesa: Simona è in questo contesto Ambasciatrice per la Danza del Grande Giubileo. Nell'edizione del 2003 del Pescara Dance Festival, balla su una coreografia di Paolo Lando, al fianco dell'etoile Marco Pierin. In occasione delle Paralimpiadi invernali del 2006 che si svolgono a Torino, viene invitata a danzare nella cerimonia di apertura. Nel 2002 viene istituito il premio d'arte che porta il suo nome. Tale premio è stato conferito negli anni a diversi nomi noti della danza, tra i quali ne ricordiamo due di grande spicco: Carla Fracci e Roberto Bolle. Nel corso della sua carriera di artista ha avuto modo di donare a Giovanni Paolo II un ritratto del Santo Padre da lei realizzato. Nel 2005 il grande giornalista Candido Cannavò, ex direttore de "La Gazzetta dello Sport" pubblica il libro “E li chiamano disabili” (Storie di vite difficili coraggiose stupende, con prefazione di Walter Veltroni). Nel libro vengono narrate sedici storie di uomini e donne che hanno avuto il coraggio della non-rassegnazione; tra queste c'è anche quella di Simona Atzori. Una bellissima immagine che la ritrae mentre danza nella penombra, viene scelta come copertina del libro. Insieme alla Fondazione Fontana presta in prima persona il suo operato per aiutare a creare in Kenya un aiuto per il sistema educativo. Dotata di una vitalità e di un temperamento di straordinaria positività, Simona Atzori lavora anche come formatrice, conducendo incontri motivazionali per studenti o dipendenti di grandi aziende. Con il suo esempio e i suoi risultati, ma soprattutto grazie al suo atteggiamento verso la vita, riesce a trasmettere efficacemente agli altri il giusto messaggio per affrontare un miglioramento personale. Nel 2011 esce il suo libro “Cosa ti manca per essere felice?”. 16 EVE Dato che in questi mesi si è parlato molto del calendario maya e dell'imminente fine del mondo fissata per il 21/12/2012, abbiamo pensato di costruirci su una storia con un progetto educativo di fondo. La protagonista di questa storia si chiama Eve ed è una ragazzina sudamericana adottata da una famiglia di Verona, che grazie alla sua intraprendenza e curiosità decide insieme ad altri suoi compagni di classe di seguire il suo professore in questa ricerca di indizi a proposito della fine del mondo. Per fare questo ci siamo inventati dei collegamenti tra la città di Verona e una città Maya. La cosa sorprendente, però, è che durante queste ricerche Eve e i suoi compagni vivono delle esperienze molto forti, che noi abbiamo chiamato “momenti Paradiso”, che cambiano il loro modo di vedere la realtà e in particolare la fine del mondo. Essa non viene più vista come un evento catastrofico, ma come un nuovo inizio. I ragazzi, dapprima spaventati all'idea che tutto potesse finire, cambiano visione grazie alla Fede che li aiuta a vedere la fine come un nuovo inizio: un qualcosa di cui noi stiamo avendo solo un piccolo assaggio; il nome Eve infatti non è stato scelto a caso, bensì ha il significato di “Vigilia”! Cioè anticipazione di quel mondo che ci sarà dopo e in cui sarà tutto talmente bello e intriso di luce, quella di Dio, che non spaventa più l'idea di un'ipotetica fine. Ovviamente per poter parlare di tutto questo ci siamo documentati, abbiamo letto un bel po' di libri tra cui "le cronache di Narnia" e "l'addio alla Terra delle Ombre" di Lewis, avvalendoci anche degli scritti di s. Giovanni Calabria e della Bibbia. 17 IL CASO LOCALE: GIANNI FAÈ Gianni Faè nacque a Sant'Andrea di Badia Calavena (VR) nel 1921. Si diplomò alla Farnesina di Roma nel 1940, successivamente dovette interrompere gli studi universitari a causa della guerra che lo portò a combattere come sottotenente in Jugoslavia. Sopravvissuto al campo di prigionia in Germania e superata la guerra, decise di tornare nel paese natio e di sostenere il concorso pubblico, per poter così esercitare la professione di maestro nella piccola cittadina di Sant'Andrea. Nel 1950 riuscì ad ottenere la cattedra cominciando così “un'avventura” didattica che potrò la piccola scuola elementare, e il metodo adottato dal maestro, alla popolarità. Il primo problema che Faè si ritrivò ad affrontare fu quello della frequenza scolastica, la voglia di studiare era molto scarsa e i ragazzi erano molto indisciplinati. Durante le ore di scienze, il maestro insegnava loro come lavarsi e le regole base del galateo, era importante imparare a comportarsi nella società odierna, anche perchè per cambiare il proprio status bisognava uscire dal paese e sapere confrontarsi con una società che stava rapidamente rivoluzionandosi. Il metodo utilizzato “dall'insegnante rivoluzionario” consisteva principalmente sul metodo “learning by doing” dove si impara sperimentando concretamente le cose, meno teoria più pratica. Appena era possibile, le lezioni venivano svolte all'aperto facendo fare ai bambini delle passeggiate dove i ragazzi dovevano raccogliere ciò che li colpiva, il giorno seguente ciò che era stato raccolto veniva esposto trasformando la classe in un piccolo museo di fiori, sassi, frutta, legni ecc. Le problematiche climatiche erano comunque molto influenti sulle giornate dei ragazzi, infatti durante l'inverno le temperature erano motto rigide e il riscaldamento all'interno della classe consisteva in una piccola stufa che a malapena riusciva a riscaldare il piccolo locale. Per molti anni la legna che occorreva per scaldarsi la portava il maestro stesso che la donava con piacere per poter rendere più piacevoli le sue lezioni e per regalare un clima accogliente ai bambini. I metodi di Gianni Faè erano da una parte ritenuti moderni e accattivanti ma anche fortemente criticati e ritenuti blasfemi. Nonostante tutte queste critiche la voglia di insegnare non diminuì, infatti durante il 1953 partì il progetto del giornalino di classe chiamato “Piccole Dolomiti” dove i ragazzi iniziarono le prime incisioni su linoleum per il giornalino, e a rappresentare le poesie di Sinisgalli. Inviarono a Sinisgalli le incisioni che dovevano essere pubblicate sulla rivista della “Finmeccanica” e su “Verona Fedele”. L'ingegnere rimase talmente colpito dalle incisioni dei ragazzi che donò loro una somma di denaro che fu utilizzata per acquistare una piccola stamperia munita di pressa, di una scatola di caratteri, un rullo e l'inchiostro, quindi si passò a produrre il giornalino da manoscritto a stampato. II maestro cercò di adattare il giornalino a tutte le materie scolastiche, i ragazzi non dovevano più rimanere immobili durante le lezioni, ma erano attivi, erano i protagonisti e i creatori di un giornale, imparavano a fare da soli, a muoversi, aiutarsi, si sentivano impegnati e regolarmente uno alla volta tenevano direttamente loro la lezione. Per non restare indietro con il programma fu proposto di stampare il giornalino al pomeriggio, la proposta fu ben accolta dai bambini che alle volte "scappavano" dai lavori familiari nei campi per poter “lavorare” alla stampa del giornale. Nel 1955 il maestro con la piccola squadra di giornalisti fecero circa 30 incisioni e illustrarono le poesie dei più grandi poeti italiani, da Sinisgalli a Saba a Quasimodo a Ungaretti. 18 Dell'insegnante e del suo metodo si parlò sui giornali e si allestì addirittura una mostra a Roma con le incisioni. Per un po' S. Andrea divenne famosa grazie alla scuola e al suo carismatico insegnante. II poeta e premio nobel Salvatore Quasimodo venne a S. Andrea per vedere con i suoi occhi il lavoro dei ragazzi e per conoscere il maestro. Restano di questo avvenimento le foto e una dedica poetica di Quasimodo. Durante i primi anni Settanta abbandonò il sentiero didattico per dedicarsi al suo comune, Badia Calavena in Verona; fu infatti eletto sindaco e contribuì enormemente alla crescita economica-culturale della piccola cittadina. Continuò comunque a mantenere vivo il suo interesse per gli avvenimenti locali e la storia della Lessinia. L'attività di giornalista proseguì, al punto che il maestro diventò direttore di redazione di “Vita Veronese” e direttore della casa editrice Corey. Gianni Faè, iI poeta della Lessinia, appassionato storico e ricercatore, impegnato fino alla fine nella divulgazione della storia della lingua e dell'arte Cimbra, mori prematuramente nel 1983, il suo ricordo comunque rimane vivo tuttora e in sua memoria iI comune di Badia intitolò nel 1993 una via a suo nome. 19 UGO DE CENSI Da un discorso di padre Ugo De Censi: “Cari ragazzi, siate sempre buoni, ottimisti e attenti. Se amerete non vi mancherà nulla. Il segreto della felicità è amare: regala le tue cose, il tuo tempo, perdona… Non preoccuparti mai di te ma degli altri. Allora vi assicuro che se amerete non vi mancherà nulla” P. Ugo Ugo De Censi (Polaggia di Berbenno, 26 gennaio 1924) è un presbitero e missionario italiano, membro dei salesiani e fondatore dell'Operazione Mato Grosso. Biografia Secondo di 6 figli, dall'età di 9 anni venne messo assieme al fratello Ferruccio nel collegio del paese accanto, dall'altra sponda del fiume Adda. Con l'appoggio del fratello (che aveva la stessa intenzione) scelse di diventare un salesiano. Nel 1940 suo padre Vincenzo partì in guerra, sua madre Orsola morì. A causa della spondilite tubercolare fu costretto per diversi anni in ospedale, ed alcuni sacerdoti temettero che non sarebbe riuscito a prendere i voti. Durante un pellegrinaggio a Lourdes gli si rimarginarono le ferite. Concluse gli studi laureandosi in teologia ed in scienze politiche; venne ordinato sacerdote l'8 marzo 1951. La missione Una tappa molto importante della sua vita fu la casa-salesiana di Arese in provincia di Milano. Ad Arese i salesiani gestivano il locale Riformatorio, e don Ugo vi operò per quasi 20 anni. Nel 1965 partecipò a Roma al XIX capitolo generale dei salesiani dove incontrò Padre Pedro Melesi inviato come rappresentante dei salesiani dell'America Latina. Padre Pedro era missionario a Poxoreo [Brasile] precisamente nello stato del Mato Grosso. Don Ugo fu colpito dalla sofferenza e dalla miseria che Padre Pedro gli raccontò circa il Brasile; gli promise d'aiutarlo. Padre Pedro fu invitato a soggiornare durante l'estate alla casa di montagna della Casa Salesiana di Arese: parlò con i giovani, ivi ospiti, fu ascoltato .. durante l'inverno dopo l'incontro col missionario, Don Ugo, con altri due salesiani, raccolsero fondi e gente per andare nell'estate successiva a dare un po' d'aiuto a Padre Pedro. nella sua Missione nell'America Latina. Nell'estate del 1967 ci fu la prima spedizione concretizzata con la costruzione di un centro giovanile a Poxoreo. Le richieste aumentarono e molti altri ragazzi si unirono alla causa di Don Ugo, nacque così l'Operazione Mato Grosso. 20 La partenza Per dieci anni Don Ugo seguì i ragazzi dell'Operazione Mato Grosso in Italia e in Missione. Li seguiva personalmente, aiutandoli nella spola tra l'Italia e l'America Latina. Nel 1976 partì anche lui. Andò a Chacas (Ancash-Perù), un paesino della Prelatura territoriale di Huarí a 3400 m d’altezza, nella Cordillera Blanca a circa 600 km da Lima, nella povera e isolata valle dei Conchucos. Desiderava solo di stare povero tra i poveri. Poi le evidenti necessità della gente lo hanno costretto a dare vita al grande complesso che oggi c’è a Chacas. Le scuole Nel 1979 aprì la scuola d'intaglio del legno all'insegna di Don Bosco, fin dall’inizio ha funzionato come un internato gratuito, dove gli alunni ricevono istruzione, formazione professionale, vitto e alloggio. Gli allievi vengono accolti, dopo essere stati scelti tra molti candidati, in considerazione della povertà della famiglia e della bontà del ragazzo. La scuola dura 5 anni, secondo quanto previsto dai programmi delle scuole superiori. Il governo ha riconosciuto questi studi e alla fine rilascia agli alunni la qualifica professionale d'intagliatori del legno. Alla fine del 2007 i Tallers sono molti e contengono circa 800 ragazzi. Visto la buona uscita del progetto Don Ugo creò altre scuole ma di stampo femminile, oggigiorno 400 ragazze sono ospitate in questi centri di formazione. Gli oratori Oltre alle scuole d'intaglio Padre Ugo creò anche degli oratori delle Ande per riuscire ad accogliere tutti i ragazzi che non trovavano posto nelle scuole e per dar loro un aiuto concreto (la maggior parte dei bambini non aveva nemmeno le scarpe). Lo stesso Padre Ugo diceva: « Le nostre parrocchie raccolgono oggi con l’oratorio circa 15.000 ragazzi. Un fiume di ragazzi formato da tanti ruscelli, che scende cantando dalla Cordillera. » Con gli oratori e le scuole di formazione Padre Ugo creò anche sei istituti pedagogici sempre a nome di Don Bosco. Costruì inoltre un seminario che nel 2007 conta una quarantina di chierici. L'ospedale e le opere recenti Con l'aiuto dei volontari-missionari costruì anche un ospedale, visto che in Perù non esiste un'assistenza sanitaria gratuita e le cure ed i medicinali sono molto costosi. Dal 1994 esiste un ospedale dedicato a Mama Ashu ovvero Madonna Assunta. I fondi per la costruzione dell'ospedale, come per la maggior parte delle altre costruzioni, sono stati raccolti dall'O.M.G. e si sono concretizzati con l'aiuto gratuito delle persone. Grazie alle donazioni della diocesi milanese portò a termine una casa di riposo per anziani a Pomallucay, inaugurata dal cardinale Martini. Attualmente Padre Ugo sta costruendo case per bambini abbandonati e orfani, molte delle quali già terminate. Rapporti con i salesiani I suoi rapporti con i salesiani (l'Istituto religioso cui egli appartiene) non sono sempre stati buoni, in particolare negli anni settanta, mentre la lontananza dall'Italia li ha comunque un po' allentati. Nonostante tutto l'istituto ha generalmente visto in lui un punto di riferimento (anche se alcune volte i sacerdoti temevano che Padre Ugo si accollasse troppe responsabilità), tanto che - ma solo nel 1992 - gli consentirono ufficialmente di seguire la sua organizzazione con la formula Absentia a Domo Ratione Apostolatus ovvero Assenza dalla Casa Religiosa per Motivazioni Apostoliche[1]. (informazioni tratte da Wikipedia) 21 22 Il Servizio Civile Nazionale Cos'è Il Servizio Civile Nazionale (S.C.N.) è stato istituito dalla L. 64/2001, per favorire la realizzazione dei principi costituzionali di difesa della patria con attività non militari e non violente, di solidarietà sociale, per promuovere la solidarietà e la cooperazione, a livello nazionale ed internazionale, con particolare riguardo alla tutela dei diritti sociali, ai servizi alla persona ed all’educazione alla pace tra i popoli, per partecipare alla salvaguardia e tutela del patrimonio storico artistico ed ambientale. Il Servizio dura 12 mesi per un impegno settimanale di 30 ore distribuite su 5 o 6 giorni. Ai volontari è corrisposto un compenso di 433,80 Euro mensili netti direttamente accreditati dall’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile su conto corrente. Legislazione Tutta la legislazione e la normativa vigente riguardante il Servizio Civile Nazionale è riportata nel sito www.serviziocivile.gov.it Come partecipare I volontari scelgono il progetto sul sito del SCN o dell’Ente e presentano la loro candidatura direttamente alla sede presso la quale intendono prestare servizio. La selezione è affidata agli Enti ed avviene per titoli e colloquio. Requisiti per partecipare Possono partecipare al S.C.N. i/le cittadini/e italiani/e che abbiano compiuto il diciottesimo e non superato il ventinovesimo anno di età, nonché i cittadini che hanno già espletato il servizio militare. Formazione La L. 64/2001 attribuisce molta importanza all'aspetto della formazione dei volontari, intesa come aspetto centrale del Servizio Civile, nella doppia valenza di abilitazione al servizio e di educazione ai valori della solidarietà, della pace e della non violenza. I giovani che scelgono di partecipare al S.C.N. devono, attraverso la formazione generale e specifica, essere in grado di verificare e maturare le proprie motivazioni. L'Opera don Calabria e il Servizio Civile L’Opera don Calabria, uno dei primi Enti convenzionati per il servizio civile degli Obiettori di Coscienza, propone ora ai giovani l’esperienza del Nuovo S.C.N. come spazio di maturazione, partecipazione e cittadinanza attiva, attraverso l’impegno in progetti sociali nelle sue Case filiali in Italia e all’estero. Il S.C.N. offre l’occasione per una forte proposta valoriale e un percorso formativo attraverso l’esperienza del servizio alla persona e ai più poveri, della gratuità e della vita come dono, della condivisione dell’impegno per il bene comune. Con l’Opera don Calabria si può trovare l’opportunità di impegnarsi in progetti di solidarietà nel campo delle povertà e del disagio sociale: minori, malati, anziani, diversamente abili, immigrati, tossicodipendenti, persone nell’area della malattia psichica, del carcere...; in case famiglia, strutture di accoglienza, centri di formazione, parrocchie, servizi vari di prevenzione, recupero e reinserimento... Riferimenti: Opera Don Calabria - Ufficio per il Servizio Civile www.serviziociviledoncalabria.it / 045.8052962 / [email protected] 23 A nome dell’Ufficio Servizio Civile dell’Opera Don Calabria si ringraziano gli Operatori Locali di Progetto: Ermanno Anselmi, Daniele Armani, Serena Barbi, Giacomo Brusco, Marcella Carpene, Gianpaolo Passarelli, Antonella Simone, Elisa Zoni, Alberto Tosetti. Inoltre si ringraziano di cuore tutti/e quelle persone che a vario titolo hanno favorito questo fondamentale istituto della Repubblica. Opuscolo stampato da Centro di Cultura e Spiritualità Calabriana Novembre 2013 24