“ Cantami , o diva , dell’ erba infida i devastanti effetti , ” che infiniti addusse lutti agli umani… Dedicato ai miei figli , ai miei alunni e a tutti i giovani , affinché durante la loro vita non abbiano mai la sventura di sperimentare le dipendenze! Prof. Rinaldi Patrizia 1 Su circa 800.000 specie di piante identificate dai botanici, circa 4000 hanno proprietà psicoattive. Di queste naturalmente alcune hanno avuto e hanno un ruolo particolarmente importante: il papavero, la canapa, la coca, il tabacco, il caffè, il tè, il betel, e le numerose piante da cui si possono ricavare bevande alcoliche. La conoscenza di certe piante psicoattive è molto antica, come è provato da molti reperti archeologici. L'uso della canapa come pianta psicoattiva sembra aver avuto origine in India. Una leggenda vedica racconta che il dio Shiva cercò rifugio dal sole cocente in un boschetto di alte piante di canapa, provò a mangiarne le foglie e ne trasse tanto conforto da adottarle come suo cibo preferito. I Veda (in particolare il quarto libro, risalente al 2000-1400 a.C.) citano per la prima volta la canapa come una delle piante che "liberano dall'ansia". Nell'Odissea (VII secolo a.C.) si parla del "farmaco Nepente che dona l'oblío dei mali", probabilmente identificabile con l'oppio. Erodoto (V sec. a.C.) racconta dell'uso della canapa in un rito funebre degli Sciti: dopo la sepoltura del defunto, gli uomini si radunavano in piccole tende e buttavano semi di canapa in bracieri con pietre roventi, inalandone i vapori "con grida di gioia". Anche la produzione di bevande alcoliche per fermentazione dei cereali e dell'uva sembra perdersi nei millenni. Ci sono prove dell'uso di una birra primitiva già intorno al 6400 a.C. Forse il primo riferimento scritto a una bevanda alcolica si trova in un papiro egizio del 3700 a.C., e nel 2500 a.C. già si parla dei problemi legati al bere. Nel Codice di Hammurabi (circa 1800 a.C.) si ritrovano le prime "leggi" per regolare il commercio del vino. L'alcool di riso è citato nei più antichi testi cinesi. Intorno al 1250 gli alchimisti arabi scoprono la distillazione del vino e i primi "superalcolici". Tra questi l'aqua vitae - acqua della vita - medicina straordinaria (quasi esclusivamente riservata ai ricchi a causa dell'alto costo) che presto si diffonde in Europa. Nel 1300 il consumo del caffè si espande dall'Etiopia verso l'Arabia e l'attuale Yemen: dapprima il viene utilizzata solo come medicinale, poi diventa un tonico di uso sempre più comune, o uno stimolante che tiene desti durante le lunghe veglie rituali. A partire dal 1500 in Europa arrivano la coca e il tabacco dall'America, il caffè dall'Arabia, la cola dall'Africa e il tè dalla Cina. L'oppio e l'alcool, come abbiamo già visto, sono in uso da secoli. La nascita delle "case del caffè" come luoghi pubblici di riunione fa nascere qualche opposizione da parte delle autorità islamiche: alcuni cominciano a sostenere che anche il caffè - come il vino - è contrario al Corano...Nel 1559 Jean Nicot descrive le virtù medicinali del tabacco. Pochi anni dopo, Nicolas Monardes, nel suo libro sulle piante del Nuovo Mondo, vi dedica un lungo capitolo e lo raccomanda per 36 diverse malattie. Intorno al 1575 il Sultano in Turchia e le autorità religiose in Arabia continuano a emanare sempre più inefficaci leggi di proibizione del caffè e di chiusura dei locali pubblici in cui esso viene consumato. Verso il 1600, si lascia finalmente perdere: d'ora in poi, la gente potrà finalmente bere caffè in santa pace, mentre i governi penseranno a incassare delle belle tasse sui consumi. E' in questo periodo che il caffè arriva per la prima volta all'attenzione dei viaggiatori europei. Nel frattempo, l'uso del tabacco come farmaco è ampiamente approvato, ma il suo uso voluttuario è ancora guardato con sospetto, finché sir Walter Raleigh non introduce la moda del sigaro alla corte d'Inghilterra. In questo periodo, il tabacco arriva in Cina e in Giappone portato dai portoghesi, e in Turchia grazie agli inglesi. Si hanno le prime notizie della sua coltivazione, come pianta medicinale, in Toscana e a Roma. Siamo al 1700 quando l'uso di alcolici continua a preoccupare in America e in Inghilterra dove si bevono soprattutto liquori; molto meno nei paesi mediterranei, dove la bevanda preferita è il vino. 2 Dopo il 1757, in India, il monopolio statale dell'oppio passa sotto il controllo della famosa Compagnia delle Indie, agente della penetrazione britannica nel subcontinente, e l’oppio diventa un bene chiave nei commerci britannici in Oriente. In questo periodo, in Cina si inizia a fumare l'oppio misto al tabacco e poi - con una speciale preparazione - anche l'oppio da solo Nel 1803 Sertürner isola dall'oppio l'alcaloide principale, e dal nome del dio greco del sonno, lo chiama morfina. In questo periodo, l'uso di oppio in Inghilterra si espande notevolmente, perfino per tener tranquilli i bambini, ma, a differenza dell'uso di alcolici, non provoca ancora nessun particolare allarme sociale. Nel 1822, le Confessioni di un mangiatore d'oppio inglese di De Quincey mettono a fuoco il fenomeno (allora non era ancora un "problema") della dipendenza fisica che compare con l'uso continuativo di questa sostanza. Intorno al 1850 i lavoratori indiani immigrati in Giamaica vi importano l'uso della Cannabis. Negli USA, vari preparati di Cannabis sono ampiamente usati come farmaci. Si diffonde sempre più l'uso della siringa ipodermica per iniettare morfina. Nei testi di medicina, le indicazioni per l'oppio e la morfina sono numerosissime. La dipendenza è ben nota ma ancora non solleva particolare preoccupazione. Nel 1859 il medico italiano Paolo Mantegazza è uno dei primi a parlare entusiasticamente della coca ("Sulle virtù igieniche e medicinali della coca") come rimedio ai disturbi nervosi e sessuali. A partire dal 1863, Angelo Mariani produce il Vin Mariani alla Coca del Perù e l'Elisir Mariani (più forte). Nel 1868 in Inghilterra viene passata la "Legge sulla Farmacia", che riserva a chimici e farmacisti iscritti agli albi professionali la vendita di oppiacei. Essendo già noto il fenomeno della dipendenza, molte di queste medicine a base di oppio o morfina (mai dichiarati sull'etichetta) sono vendute come "cura" per la dipendenza dagli stessi oppiacei! In altre parole, se uno era dipendente da morfina e voleva smettere, si comprava una di queste cure miracolose e subito guariva: perché continuava a prendere morfina credendo di avere smesso. Ovviamente, non appena sospendeva la "cura" per un solo giorno, stava di nuovo male. A fine '800 la cocaina viene ampiamente elogiata da S. Freud, i cui scritti sull'argomento ("Sulla cocaina") sono stati ripubblicati di recente in molti paesi, compresa l'Italia. Carl Koller è lo scopritore (o forse riscopritore, perché è possibile che i medici Inca già le conoscessero) delle proprietà della cocaina come anestetico locale. Le bevande e gli elisir a base di coca si moltiplicano, vivamente raccomandati da molti medici e ben pubblicizzati come tonici e stimolanti. Il dott. Pemberton, farmacista, inventa la Coca-Cola: ha un discreto successo, ma dopo un po' vende la formula. L'acquirente fa uno dei grandi affari della storia, anche se nel 1903, sull'onda delle crescenti tendenze proibizionistiche, verrà spinto a eliminare la cocaina dalla formula e a sostituirla con caffeina. Siamo agli anni '60. Gli Stati Uniti, dopo aver conosciuto il boom del consumo (su prescrizione medica) di barbiturici, amfetamine e tranquillanti - fra gli adulti - passano attraverso il boom dei consumi di marijuana e allucinogeni (come l'LSD) fra i giovani. L'allarme sociale raggiunge punte di isterismo mai visto, che dagli USA rimbalza in Europa e nel resto del mondo. Negli anni '80 l’ecstasy (MDMA) fa la sua timida comparsa sul mercato delle sostanze "ricreative". Negli ultimi anni in molti paesi, tra cui la Svizzera, l'Australia, l'Olanda, il Canada si riconsidera l'uso medico dell'eroina. La Svizzera avvia un programma di uso terapeutico dell’eroina per il recupero dei tossicodipendenti: il suo programma è basato su un serio protocollo sperimentale e su rigorosi controlli. In tutto il mondo, si riconsiderano gli usi medici della Cannabis, una pianta proibita ancora prima di essere seriamente studiata. In diversi Stati nordamericani viene approvato, via referendum, l’uso di marijuana per scopi medici. In Inghilterra, Canada, Germania, e tra mille difficoltà anche in USA, si avviano studi scientifici sull’uso della Cannabis nella cura di malattie come l’AIDS e la sclerosi multipla. 3 Periodo classico Preistoria L’uomo fu costretto a combattere il dolore ed imparò a conoscere il valore terapeutico di tutto ciò che la natura gli offriva . L’uomo si circondava di piante, poiché adorava i fenomeni e gli elementi naturali come divinità. La pianta più antica e più nota usata dall’uomo è il Papavero da oppio L’oppio venne utilizzato tra Sumeri , Assiri , Babilonesi , Egiziani e Persiani. Questa droga veniva utilizzata nelle cerimonie religiose o veniva somministrata come “elisir”. Con i romani verrà utilizzato in campo medico. Medioevo Rinascimento Le droghe provenienti dall’oriente furono utilizzate da maghi e streghe per la preparazione di pozioni velenose e filtri amorosi Con la scoperta dell’America la medicina si arricchì di nuovi farmaci come la coca. Questa veniva masticata per alleviare le sensazioni di fatica. Romanticismo Dagli anni ’60 ad oggi Nel 1895 fu inventata la siringa , per questo motivo aumentò la diffusione di tali sostanze. Durante le guerre per curare i feriti veniva usata la morfina L’uso delle droghe divenne un moda tra gli “hippies” e tra i veterani della guerra di Corea e del Vietnam. Oggi la droga è diventato un grave problema sociale. 4 L'alcol etilico, o etanolo, è una sostanza ottenuta per fermentazione e/o distillazione di sostanze contenenti zuccheri o per sintesi. Le bevande quali il vino, la birra, gli aperitivi, i superalcolici sono definite bevande alcoliche in quanto contengono una determinata percentuale di alcol, espressa generalmente in gradi: il vino da pasto per esempio , ha 10/12 gradi, la birra 5, gli aperitivi 18 e i superalcolici circa 45. Anche alcuni farmaci (es. sciroppi) ed alcuni alimenti (es. dolciumi) possono contenere una percentuale di alcol. L'alcol è però una droga giuridicamente legale, accettata dalla nostra cultura che da secoli apprezza e combatte i suoi effetti. A parità di azioni insensate, l'opinione pubblica si scandalizzerà sempre maggiormente per le azioni di un drogato che per quelle di un ubriaco . L'Italia è nel mondo fra i primi produttori di vino ed alcolici ed al secondo posto per il loro consumo procapite Contrariamente a quanto avviene in altri Paesi, come ad esempio quelli nord-europei in cui il consumo dell'alcol avviene generalmente a poussèe (tipico l'assuntore del week end, che per tutto il resto della settimana non beve) con conseguenti frequentissime intossicazioni acute, in Italia non è raro trovare consumatori abituati a bere per anni quantitativi considerevoli di vino ogni giorno senza mai cadere in condizione di ubriachezza ma destinati a morire per una cirrosi epatica, conseguente al ripetuto insulto tossico sul fegato L'alcol è infatti una sostanza molto tossica per la cellula epatica, più di molte droghe illegali, tanto che in medicina dello sport si individua in un ¼ di litro di vino ai pasti la dose massima compatibile con l'esigenza di mantenere in piena efficienza la macchina umana. L'assunzione ripetuta di dosi massicce di alcol può determinare nel lungo periodo epatiti, cirrosi, arteriosclerosi, gastriti, ulcere, problemi circolatori, danni al sistema nervoso, ottundimento della memoria, crisi epilettiche, cancro allo stomaco e problemi digestivi nonchè, nei soggetti predisposti, la manifestazione di un’ un'aggressività difficilmente controllabile. Diverse ricerche scientifiche hanno determinato che esistono persone particolarmente predisposte a sviluppare abuso alcolico e dipendenza. Questa predisposizione può essere determinata da fattori genetici (e quindi ereditari) e psicosociali che faciliterebbero il manifestarsi di un rapporto di dipendenza con l'alcol. In ogni caso va ricordato che nessuno può considerarsi in modo assoluto immune dal pericolo di problemi alcolcorrelati. Il ricorso agli alcolici può essere associato, nella vita di chiunque, a momenti di maggiore vulnerabilità e, se non si ha chiaro di aver a che fare con una sostanza pericolosa, può essere più facile usarla per ottenere quegli effetti psicoattivi (euforia, socializzazione, distensione….) che normalmente si possono raggiungere senza l'uso di sostanze. I gruppi che risultano più a rischio di sviluppare dipendenza sono le donne di mezza età ed i giovani di età compresa tra i 15 ed i 24 anni. Un dato preoccupante riferito a questi ultimi è l'aumento di casi di ubriachezza ripetuta, quelli di guida in stato d’ebbrezza e con assunzione contemporanea di droghe. È importante sottolineare che spesso i problemi alcolcorrelati provocano disagio e sofferenza all’interno della famiglia. In presenza di tale problema i ruoli e le funzioni familiari spesso si modificano, la comunicazione si fa difficile o si interrompe del tutto. Aumentano le tensioni e le incomprensioni che spesso inducono la famiglia a disgregarsi ed isolarsi. I figli risentono del clima negativo che vivono in famiglia e possono manifestare il loro disagio attraverso alcuni comportamenti (difficoltà scolastiche, uso di sostanze illegali, aggressività, irrequietezza, sofferenze psicologiche).È molto importante che in famiglia ci sia da parte dei genitori, al di là delle belle parole, un "esempio educativo" al non uso di alcol e sostanze psicoattive. L’alcol è una sostanza psicoattiva che agisce producendo modificazioni di tipo psicologico (affettivo, cognitivo e comportamentale) e induce, come gli oppiacei, fenomeni neuroadattivi. L’alcol ingerito è assorbito rapidamente attraverso lo stomaco, l’intestino tenue e il colon. Nello stomaco, la velocità di assorbimento aumenta a digiuno e anche nel caso di assunzione di bevande a più alta gradazione alcolica. 5 Soprattutto, al pari dell’eroina, del metadone e della morfina, l’alcol agisce sulle vie della gratificazione, rappresentando quindi un notevole stimolo motivazionale al consumo. L’alcol fa parte, come i barbiturici, dei depressori non selettivi del SNC, ossia di un gruppo di sostanze capaci di indurre, a dosi crescenti, alterazioni comportamentali progressive, che vanno da un effetto ansiolitico e disinibente ad uno sedativo-ipnotico, fino al coma e alla morte per depressione dei centri respiratori e cardio-circolatori cerebrali. L’alcol esplica dapprima un’azione eccitante che, con l’aumento della quantità assunta, si trasforma in depressiva . L’alcol incide poi in maniera più o meno evidente sugli organi di senso, restringe il campo visivo, disturba la visione binoculare, diminuisce la capacità di valutare correttamente i suoni, e soprattutto compromette la capacità di giudizio dissociando l’oggettivo dal soggettivo ,condizione pertanto predisponente agli incidenti. La stessa euforia determina effetti psicosomatici tali da inibire l’equilibrio psicomotorio e l’autocontrollo; si associano ad essa anche disturbi motori causati dall’iniziale accentuazione e al successivo indebolimento dei riflessi spinali, comportanti l’incertezza nei movimenti, barcollamento, fino all’incoordinazione motoria dell’ubriachezza conclamata. L’alcolismo, inoltre, provoca alterazioni metaboliche (iperuricemia e ipertrigliceridemia, ipofosfatemia), inibizione del sistema immunitario e riduzione del campo visivo. Il consumo di alcol durante la gravidanza può provocare aborti, parti prematuri, indurre un ritardato accrescimento del feto con basso peso alla nascita, malformazioni scheletriche, microcefalie e ritardo mentale. Il Piano Sanitario Nazionale 2003 – 2005 ha evidenziato e rimarcato che l’assunzione di alcolici rende i lavoratori più inclini a comportamenti ad alto rischio, per se stessi e per gli altri e rende inadeguate le condizioni psicofisiche rispetto a quanto richiesto, sotto il profilo della sicurezza, dall’attività lavorativa svolta. Il consumo di alcol ha quindi ripercussioni significative sia sul fenomeno infortunistico nel nostro paese sia sull’aumento dell’assenteismo dal lavoro per malattia, con conseguente disagio organizzativo nell’ambito aziendale e con pesanti oneri sulla produttività e di riflesso sulla collettività. L’alcol , escludendo tabacco e caffeina, è la sostanza psicoattiva più utilizzata dai giovani dell’Unione Europea. Cresce sempre più la preoccupazione per il l’aumento del livello di ubriachezza e dell’uso di alcol “come divertimento” spinto anche da una società che sta estremizzando l’idea dello status simbol e dell’immagine. Il breve excursus storico presentato nell’introduzione ha messo in luce come, negli ultimi anni, si sia spostata l’attenzione dal bere inteso come vizio o malattia, al bere come comportamento, come stile di vita, introducendo il concetto di rischio, relativamente al consumo di alcol. La terminologia corrente definisce “alcolismo” una condizione individuale caratterizzata dalla presenza di un rapporto di dipendenza dalla sostanza, che nel tempo provoca disagi a livello fisico, psichico e nelle relazioni familiari, sociali e lavorative. Il DSM IV ( Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) definisce la dipendenza come “una modalità patologica d’uso della sostanza che conduce a menomazione o a disagio clinicamente significativi”; tra i suoi indicatori, i più rilevanti risultano essere la tolleranza e l’astinenza. Non si può definire una categoria unica in cui inserire il fenomeno “alcolismo”. Esistono piuttosto più “alcolismi”, tanti quanti sono le persone che si suppone abbiano questo problema. Questo è il motivo per cui risulta difficile individuare un intervento che sia efficace per tutti i casi che si presentano. Il fenomeno, infatti, presenta molteplici aspetti psicologici, medici e sociali e solamente l’interazione tra le diverse competenze, anche attraverso un efficace lavoro di rete, può rivelarsi vincente. Si tratta pertanto di costruire, a volte con fatica e pazienza, percorsi di collaborazione che siano efficaci nelle singole situazioni .Ciò può diventare più facile se tutti ci riteniamo coinvolti in questo progetto di salute che è uno degli obiettivi prevalenti di questo opuscolo. 6 La nicotina, una delle 4000 sostanze chimiche trovate nel fumo di tabacco (sigarette, sigari, pipa…), è il principale agente che influenza il cervello. Anche i prodotti di tabacco senza fumo, come il tabacco in polvere o il tabacco da fiuto ed il tabacco di masticare, contengono molte tossine di nicotina. La nicotina, riconosciuta come una delle droghe che danno maggiore assuefazione e largamente utilizzate, è un liquido incolore che diventa marrone quando si scotta, acquisendo l'odore tipico del tabacco quando si espone all'aria. Da quando la nicotina fu identificata per la prima volta agli inizi del secolo XIX, è stata studiata estensivamente e si è dimostrato che ha numerosi effetti complessi e non anticipabili sul cervello e sul corpo. Fumare sigarette costituisce la forma predominante di assuefazione alla nicotina. La nicotina si assorbe attraverso la pelle e la mucosa della bocca e del naso o si inala attraverso i polmoni. A seconda di come s’ingerisce il tabacco, la nicotina può arrivare rapidamente a livelli molto alti nel sangue e nel cervello. Per esempio, fumare sigarette può portare ad una distribuzione rapida di nicotina per tutto il corpo, arrivando al cervello in 10 secondi dopo essere stato inalata. La nicotina dà dipendenza. La maggioranza dei fumatori utilizzano regolarmente il tabacco perché sono dipendenti dalla nicotina. L'assuefazione si caratterizza per la ricerca ed uso compulsivo delle sostanze, nonostante le conseguenze negative per la salute, e decisamente il tabacco si adatta a questa descrizione. È ben documentato che la maggioranza dei fumatori definisce il tabacco dannoso ed esprime il desiderio di ridurre o fermare il suo utilizzo, e quasi 35 milioni di essi tentano seriamente di smettere di fumare almeno una volta all’anno. Purtroppo, meno del 7% di coloro che tentano di lasciare l'abitudine da soli riescono a resistere e avere più di un anno di astensione. La maggioranza ha una ricaduta pochi giorni dopo avere smesso. D’importanza principale in relazione alla sua capacità di dare assuefazione sono le ricerche che documentano come la nicotina attivi il circuito del cervello che regola i sentimenti del piacere, conosciuti anche come le vie di gratificazione. Fumare sigarette produce una distribuzione rapida di nicotina al cervello, arrivando questa al suo livello massimo nei primi 10 secondi di inalazione. Gli effetti acuti della nicotina si dissolvono in alcuni minuti, cosa che provoca nel fumatore la necessità di una frequente ricerca della sigaretta durante il giorno per mantenere gli effetti piacevoli della droga ed evitare la sindrome di astinenza. In un periodo di 5 minuti, un fumatore abituato dà 10 tiri ad una sigaretta accesa. Pertanto, una persona che fuma circa un pacchetto e mezzo, 30 sigarette al giorno, dà al suo cervello circa 300 "colpi" giornalieri di nicotina. L'impatto dell'assuefazione alla nicotina in termini di comorbilità, mortalità e costi economici alla società è sorprendente. Una ricerca commissionata dal NIDA che annualmente realizza inchieste tra gli adolescenti negli Stati Uniti sull'uso di droghe ed atteggiamenti in relazione con queste, verificò che tra i giovani il tabacco è la sostanza maggiormente utilizzata. Il tabacco ammazza oltre 430.000 cittadini americani ogni anno - più dell’alcool, della cocaina, eroina, omicidi, suicidi, incidenti, incendi ed AIDS. Il tabagismo è la causa principale di decesso negli Stati Uniti, cosa che però potrebbe essere prevenuta. L'esposizione cronica alla nicotina dà assuefazione. Le ricerche stanno cominciando ora a documentare tutti i cambiamenti neurologici che accompagnano lo sviluppo ed il mantenimento dell'assuefazione alla nicotina. Tuttavia, le conseguenze comportamentali di questi cambiamenti sono ben documentate. Più del 90% dei fumatori che tentano di lasciare l'abitudine senza trattamento falliscono, la maggioranza ricade in una settimana. L'esposizione ripetuta alla nicotina porta ad uno sviluppo di tolleranza, condizione che richiede dosi sempre più alte di una sostanza per produrre la stessa stimolazione iniziale. Il metabolismo processa la nicotina abbastanza rapidamente, eliminandola dal corpo in poche ore. Pertanto, durante la notte i fumatori perdono questa tolleranza e spesso informano che generalmente le prime sigarette del giorno sono le più forti o le "migliori". In seguito, sviluppano una tolleranza acuta e le sigarette addizionali non hanno tanto effetto. 7 La sospensione dell'uso di nicotina è seguita da una sindrome di astinenza che può durare un mese o più ed include sintomi che rapidamente conducono le persone a rinnovare l'uso del tabacco. I sintomi di astinenza della nicotina possono cominciare poche ore dopo l'ultima sigaretta ed includono irritabilità, craving, deficit cognitivi e di attenzione, disturbi del sonno, ed aumento dell'appetito. I sintomi arrivano al loro punto massimo nei primi giorni e possono placarsi in poche settimane. Tuttavia, per alcune persone i sintomi possono durare addirittura mesi. Una componente importante ma poco considerata della sindrome di astinenza dalla nicotina è il "craving", un desiderio poderoso per la nicotina che si descrive come il maggiore ostacolo per riuscire ad avere successo nell'astensione. I livelli alti di craving per il tabacco possono durare 6 mesi o più. Per alcune persone, il fatto di sentire, annusare o guardare una sigaretta come il rito di tenere, manipolare, accendere e fumare la sigaretta, sono associati con gli effetti piacevoli del fumare e possono fare si che l'astinenza o il craving peggiorino. Mentre la gomma da masticare o i cerotti alla nicotina possono alleviare gli aspetti farmacologici dell'astinenza, spesso il craving perdurerà. Le conseguenze mediche dell'esposizione alla nicotina derivano dagli effetti della sostanza così come dalla maniera in cui la si assume. Gli effetti più dannosi dell'assuefazione alla nicotina derivano dall'uso di tabacco, cosa che causa quasi tutti i tipi di cancro. Tra i tipi di cancro causati dal tabacco troviamo principalmente il cancro al polmone, il numero uno nel causare la morte tanto tra gli uomini quanto tra le donne che fumano. L'uso di sigarette è stato associato col 90% di casi di cancro del polmone. Oltre al cancro al polmone, l'abitudine al fumo causa anche malattie polmonari come la bronchite cronica e l'enfisema e si sa che peggiora i sintomi dell'asma in adulti e bambini. Il tabagismo è associato anche col cancro della bocca, della faringe, della laringe, dell'esofago, dello stomaco, del pancreas, dei reni, e della vescica. La totalità di morti causate dal cancro è due volte maggiore tra i fumatori che tra quelli che non fumano ed i tassi per coloro che fumano molto sono quattro volte più alti che quelli di coloro che non fumano. Negli anni quaranta si dimostrò per la prima volta la relazione tra il tabagismo e le malattie cardiocircolatorie. Da quella data è rimasto ben documentato che l'abitudine al fumo aumenta sostanzialmente il rischio dei disturbi cardiaci, includendo l'apoplessia, gli attacchi al cuore, malattie vascolari, ed aneurismi. Si stima che quasi tutte le morti per disturbi cardiaci si possono attribuire al tabagismo. Nelle donne incinte l'alta dose di nicotina proveniente dall'inalazione del fumo del tabacco interferisce con la somministrazione di ossigeno al feto. La nicotina attraversa facilmente la placenta e le concentrazioni di nicotina nel feto possono essere fino al 15% più alte che nella madre. Sembra che la nicotina sia concentrata nel sangue fetale, nel liquido amniotico e nel latte materno. Si è dimostrato che un altro ingrediente del fumo di tabacco, il monossido di carbonio, inibisce la liberazione dell'ossigeno ai tessuti embrionali. La combinazione di questi fattori è responsabile del ritardo nello sviluppo che comunemente si vede nei feti e bambini delle madri che fumano. Le donne che fumano durante la gravidanza hanno maggiori probabilità di quelle che non fumano di avere un parto prematuro, ed esiste il rischio che i bambini nati a termine abbiano un basso peso neonatale. Le indagini estensive hanno mostrato che i trattamenti comportamentali e farmacologici per l'assuefazione alla nicotina funzionano. Per quelle persone decise a smettere di fumare, una combinazione di trattamenti comportamentali e farmacologici può aumentare il tasso di successo del doppio di quelle che seguono trattamenti con placebo. Inoltre, smettere di fumare può avere un impatto positivo immediato nella salute della persona. Per esempio, un uomo di 35 anni che smette di fumare aumenta la sua aspettativa di vita in media di 5 anni. 8 9 La marijuana - spesso chiamata “pot” “grass” “weed” (erba, erbaccia), “mary jane” o “mj” - è una mistura verdastro-grigia di foglie, gambi, semi, e fiori della canapa - Cannabis sativa – essiccati e tagliuzzati. La maggior parte degli utilizzatori fuma marijuana in forma di sigarette fatte a mano, chiamate fra l’altro “joints” (spinelli), mentre alcuni usano pipe o pipe d’acqua (“bongs”). Sono anche diventati di moda dei sigari di marijuana (“blunts”). Per fare questi ultimi, coloro che fumano aprono i sigari con un taglio e sostituiscono il tabacco con la marijuana, spesso in combinazione con altra droga come crack o cocaina. La marijuana viene anche usata per tisane e a volta mescolata in pietanze. Il principale principio attivo nella marijuana è delta-9tetraidrocannabinolo (THC) ,che provoca gli effetti psicoattivi della droga ed è anche il principio psicoattivo dell’hashish. Gli effetti della marijuana cominciano subito dopo l’ingresso della droga nel cervello e durano da una a tre ore. Se la marijuana viene assunta attraverso il cibo o se è bevuta, gli effetti a breve termine cominciano più lentamente, di solito dopo una mezz’ora od un’ora, e durano di più, anche fino a 4 ore. Se l’utente fuma la droga, la marijuana deposita molto più THC nel sangue di quando è mangiata o bevuta. Pochi minuti dopo l’inalazione del fumo di marijuana, il cuore dell’individuo comincia a battere più rapidamente, le vie bronchiali si rilassano e si dilatano, e i vasi sanguigni negli occhi si espandono e diventano rossi. Il battito cardiaco, normalmente a 70 o 80 battiti al minuto, può aumentare da 20 a 50 battiti al minuto o, in altri casi, può perfino raddoppiarsi. Quest’ultimo effetto può essere ancora più evidente se con la marijuana vengono assunte altre droghe. Un utente di marijuana può provare delle sensazioni piacevoli, i colori e i suoni possono sembrare più intensi, e il tempo passare più lentamente. La bocca diventa asciutta e possono verificarsi improvvisamente sensazioni molto forti di fame e di sete. Le mani possono tremare o diventare fredde. Dopo un po’ l'euforia passa e poi l'utente può sentirsi sonnolento o depresso. Qualche volta l’uso della marijuana produce ansia, paura, diffidenza nei confronti degli altri o panico. L’uso della marijuana danneggia l'abilità di una persona di memorizzare eventi, richiamarli e di spostare l’attenzione da una cosa ad un’altra. Quando la marijuana viene fumata, il suo ingrediente attivo (THC) passa per tutto l’organismo, cervello incluso. È stato dimostrato che l’uso di marijuana aumenta l’incapacità di smettere di fumare tabacco. Un individuo che fuma marijuana regolarmente può essere soggetto a molti degli stessi problemi respiratori che colpiscono i fumatori di tabacco: es. tosse abituale, la produzione di catarro, una più alta frequenza di malattie respiratorie acute, un più elevato rischio d’infezioni ai polmoni ed una tendenza a soffrire di ostruzione delle vie aeree. L’abitudine di fumare marijuana può anche essere un fattore di causa per il cancro del tratto respiratorio e dei polmoni. La marijuana ha il potenziale di favorire lo sviluppo di cancro, in particolare ai polmoni e alle altre regioni del tratto respiratorio perché contiene agenti irritanti e cancerogeni. Il fumo di marijuana contiene dal 50 al 70 % di idrocarburi cancerogeni in più rispetto al fumo del tabacco. Uno studio ha indicato che il rischio che una persona subisca un infarto cardiaco entro la prima ora dopo avere fumato marijuana è quattro volte più alto del rischio normale per quel soggetto. Gli studenti che fumano marijuana ottengono voti più bassi e hanno meno probabilità di diplomarsi alla fine del liceo rispetto ai loro compagni di classe che non fumano. Gli operai che fumano marijuana hanno una probabilità più elevata di riscontrare problemi sul lavoro. Molti studi hanno associato l’abitudine di fumare la marijuana tra lavoratori con un aumento di assenze dal lavoro, ritardi, incidenti, domande per compensazione a lavoro e cambiamenti di lavoro. La depressione, l’ansia, e disturbi della personalità sono tutti associati all’uso di marijuana. La letteratura dimostra chiaramente che l’uso di marijuana ha il potenziale di provocare problemi nella vita quotidiana o di peggiorare problemi personali già esistenti. La ricerca ha inoltre dimostrato che l’uso di marijuana può avere un effetto negativo sulla memoria e sull’apprendimento, per giorni o per settimane dopo gli effetti 10 acuti dell'uso della droga. L’uso di marijuana a lungo termine può condurre a dipendenza. Sintomi d’astinenza possono rendere la cessazione dell’uso della droga difficile per fumatori di marijuana a lungo termine. Le persone che tentano di smettere provano irritabilità, difficoltà di dormire ed ansia. In test psicologici mostrano anche un aumento di aggressività che raggiunge il punto più alto circa una settimana dopo che hanno smesso di usare la droga. L'oppio è uno stupefacente ottenuto incidendo le capsule del Papaver somniferum e raccogliendone la linfa che trasuda, che poi viene lasciata rapprendere all'aria in una resina scura che viene impastata in pani di colore bruno, che emanano un odore dolciastro e hanno un sapore amaro. L'oppio è molto ricco di sostanze alcaloidi o lievemente basiche: di queste, quelle con struttura chimica fenantrenica (morfina, codeina e tebaina) sono analgesiche, costipanti ed euforizzanti, mentre quelle isochinoliniche (papaverina, noscapina, narceina) sono solo spasmolitiche. L'azione analgesica ed euforizzante, sfruttata in medicina e a scopo ricreativo dai tossicodipendenti, è dovuta soprattutto alla morfina. Vi sono diversi modi di consumare questa sostanza. Il più diffuso nei paesi occidentali è quello di scaldare una piccola pallina su una stagnola e di inalarne il fumo. Per poterlo consumare nel modo tradizionale, invece, l'oppio deve essere prima preparato facendolo fermentare e aggiungendovi nella fase finale della fermentazione un fungo, l'Aspergillus niger. Dopodiché è pronto per essere consumato, in genere fumato in apposite pipe (pipe da oppio) che ne contengono 0,25 g: un oppiomane può fumarne da 20 a 100 al giorno. In questo modo si assume il 75% della morfina contenuta nell'oppio (il resto evapora) e si eliminano una serie di altre sostanze presenti nell'oppio: il dross, il residuo dell'oppio fumato, è tossico ma molto ricco di morfina e viene in genere riutilizzato mescolandolo a tè o caffé per ottenere il tyl, una bevanda usata in Oriente, oppure viene torrefatto per poter essere fumato di nuovo. Il prodotto della torrefazione viene chiamato tinks o samsching.L'assunzione per via orale avviene masticando palline di oppio, oppure mescolato in alimenti dal sapore molto dolce, oppure con varie bevande, con piccole quantità di hashish. In alternativa può essere mescolato a tabacco, a betel o a succo di tamarindo. In Europa alcuni assumono oppio concentrato per bollitura ripetuta iniettandoselo per endovena, con gravi rischi di infezione. Il laudano (tintura di oppio) fu preparato per la prima volta da Paracelso, ma venne diffuso in ambito terapico molto più tardi da Sydenham come sedativo della tosse e per calmare diarrea e dolori colici. Attualmente però è stato sostituito in medicina da prodotti analoghi sintetici più specifici: la morfina e i suoi agonisti, insieme alla pentazocina, vengono usati in terapia del dolore per la loro spiccata azione analgesica; il metadone è usato solo nello svezzamento da eroina durante la disintossicazione; la codeina e derivati si usano come sedativi della tosse, mentre il fentanyl e suoi analoghi trovano uso in anestesia come potenti analgesici. La morfina è un alcaloide che si trova maggiormente nei pericarpi immaturi di Papaver somniferum. Viene isolato dall'oppio (il succo gommoso uscente dal pericarpo immaturo dopo un'incisione). Tramite reticulina si formano poi gli alcaloidi morfinanici dei quali fa parte la morfina. Per le sue proprietà narcotico-stupefacenti e perché provoca grave dipendenza è sottoposta alle leggi sugli stupefacenti: la dipendenza fisiologica si instaura dopo un periodo che va da una a due settimane di uso, ma per alcuni soggetti possono bastare poche dosi per creare dipendenza psicologica. Questa sostanza viene spesso somministrata ai malati terminali di cancro in quanto è un potente antidolorifico e seppur nociva all'organismo riesce a mitigare la morte dei pazienti affetti da quella terribile malattia. Le prime sperimentazioni di morfina e della più potente eroina sono spesso prive di effetti definiti "piacevoli", e a volte anzi provocano uno stato ansioso accompagnato da malessere, nausea, vomito. Se l'aspettativa è alta, la prima assunzione di morfina costituisce spesso una delusione. L'effetto è comunque in parte soggettivo e in parte dipeso dalla modalità di assunzione, dalla situazione psicologica e dall'autosuggestione. Superate le prime assunzioni la morfina può produrre una sensazione di euforia e benessere fisico generalizzato; vi è uno stato di abbassata reattività psico-fisica associata a brevi momenti di confusione e ottundimento dei sensi. Se la droga è iniettata per via endovenosa o intramuscolare si avverte il cosiddetto flash: una sensazione brevissima di intenso piacere che sale rapidamente dall'addome fino alla testa. L'esperienza del flash dipende molto da tipo di droga (morfina, eroina o simili), da come è tagliata o con cosa è 11 associata (per esempio con atropina) e dal livello di assuefazione. Con il tempo e il ripetersi delle assunzioni l'organismo sviluppa sia dipendenza sia assuefazione agli effetti; le sensazioni pseudo-piacevoli durano sempre meno e sono sempre meno intense, e il tossicomane deve aumentare gradualmente la dose per ottenere gli stessi effetti. All'inizio del consumo abituale di morfina è relativamente facile mantenere una vita normale, ma poco a poco oltre a quella psicologica si instaura la dipendenza fisica, per cui diventa sempre più difficile staccarsi dalla sostanza, e inizia a svilupparsi il bisogno di assumerne in continuazione, a qualsiasi costo, con effetti devastanti sulla socialità e sulla salute mentale. Anche se l'organismo si abitua gradualmente alla morfina e derivati, può accadere che la dose assunta (incidentalmente o intenzionalmente, o ancora per nuova assunzione dopo un periodo di astinenza prolungata, in cui l'organismo ha ridotto la tolleranza) sia troppo elevata, inducendo uno stato di intossicazione acuta che è letale se non viene curato immediatamente. La sindrome da overdose è specifica e inconfondibile, diagnosticabile dalla presenza di tre sintomi: miosi, respirazione ridotta o assente e coma. L'uso cronico induce uno stato di intossicazione la cui gravità dipende molto dal dosaggio medio assunto, dal tipo di droga, dalla sua purezza e dal modo in cui viene assunta; molto spesso, trattandosi di droghe "da strada", a questi fattori si aggiungono altre patologie dovute alla scarsa o inesistente igiene e alle sostanze mescolate alla morfina base per diluirla (in genere lattosio o mannite, ma a volte anche polvere di marmo o sostanze tossiche come stricnina, piombo o chinino), per cui può essere difficile separare gli effetti diretti dell'intossicazione da morfina da quelli secondari dello stile di vita del tossicomane. Fisicamente , i sintomi sono pelle secca e sudorazione facile, stitichezza, alterazioni dentarie, dimagrimento progressivo, problemi epatici, cuore polmonare cronico (polmone da narcotici), una serie di malattie renali, immunitarie ed allergiche. Si possono riscontrare lesioni al cervello e al sistema nervoso centrale e periferico; compaiono alterazioni della vista (miosi estrema, nistagmo, atrofia del nervo ottico fino alla cecità) e dell'udito. Dal punto di vista comportamentale e psichico il soggetto è ansioso, irrequieto, ha scarso appetito. L'attività sessuale è ridotta o assente. Il carattere si modifica profondamente: il consumatore abituale diventa apatico, indifferente, privo di iniziativa: è interessato principalmente alla droga. Tutti gli impegni, di qualunque genere, finiscono per essere trascurati, come anche l'affettività. Vengono colpite anche le funzioni intellettive: la memoria e l'attenzione si indeboliscono, l'ideazione è rallentata e possono comparire allucinazioni, psicosi e tendenze suicide. Oltre a questo, devono essere menzionate le conseguenze della modalità di assunzione: l'usare siringhe non sterili e già usate da altri, il diluire le dosi con acqua non pura e a volte il praticarsi iniezioni attraverso i vestiti porta a una grande incidenza di ascessi, flemmoni, tromboflebiti; è altissima fra i tossicodipendenti l'incidenza di AIDS e di epatite B e C. Altre conseguenze gravi vengono dalla mancanza di controllo: gli incidenti automobilistici sono più frequenti e gravi, come anche i comportamenti violenti e irresponsabili. L'eroina è una droga illegale che dà rapidamente assuefazione. Allo stesso tempo è l'oppiaceo più abusato e quello ad azione più rapida. L'eroina si ricava dalla morfina, e si estrae dai semi di certe varietà di papaveri. In genere si vende sotto forma di polvere bianca o marrone, o come sostanza nera, appiccicosa, che comunemente è conosciuta con il nome di "gomma" o "catrame nero" (black tar heroine). Benché l'eroina di maggiore purezza stia diventando più comune, la maggior parte dell'eroina che si vende per strada è mischiata o "tagliata" con altre droghe o con sostanze come lo zucchero, l'amido, il latte in polvere o il chinino. L'eroina venduta per strada può essere tagliata anche con stricnina o altri veleni. Poiché gli utilizzatori d’eroina non conoscono la forza reale della droga o il suo vero contenuto, sono a rischio d’overdose o di morte ad ogni dose. L'eroina inoltre presenta particolari problemi dovuti alla trasmissione di HIV ed altre malattie infettive, trasmesse condividendo gli aghi o con altre modalità. Generalmente l'eroina s’inietta, s’inala o aspira, o si fuma. Nella maggioranza dei casi un tossicodipendente s’inietta eroina fino a quattro volte al giorno. Poco dopo l'iniezione, o l'inalazione, l'eroina arriva dal sangue al cervello. Nel cervello, l'eroina si trasforma in morfina e rapidamente si lega coi recettori degli oppioidi. Tipicamente i tossicodipendenti affermano di sentire un'ondata di sensazioni gradevoli, un "rush". L'intensità del "rush" è in funzione della quantità di droga che si è presa e della rapidità con cui la droga 12 entra nel cervello e si lega coi recettori naturali degli oppioidi. L'eroina crea immediata dipendenza perché va al cervello molto rapidamente. Con l'eroina, generalmente il "rush" è accompagnato da un accaloramento della pelle, secchezza della bocca ed una sensazione di pesantezza nelle estremità che può essere accompagnata da nausea, vomito ed un prurito severo. Dopo gli effetti iniziali, generalmente i tossicodipendenti saranno sonnolenti per varie ore. La funzione mentale si offusca per l'effetto dell'eroina nel sistema nervoso centrale. La funzione cardiaca diminuisce. Anche la respirazione diminuisce enormemente, a volte fino al punto di causare la morte. L'overdose d’eroina è particolarmente rischiosa per strada dove non può determinarsi con certezza la quantità e la purezza della droga. Uno degli effetti più dannosi dell'eroina è il rapido instaurarsi di dipendenza (“addiction”). L'addiction è una malattia cronica con ricadute, caratterizzata da ricerca e uso compulsivo di droghe e da cambiamenti neurochimici e molecolari nel cervello. Una volta che diventano dipendenti, lo scopo principale nella vita dell’eroinomane diventa la ricerca e l’uso della droga. Le droghe cambiano letteralmente il cervello. La dipendenza fisica si sviluppa con dosi più elevate di tale sostanza. Con la dipendenza fisica, il corpo si adatta alla presenza della droga ed i sintomi d’astinenza cominciano se l'uso diminuisce bruscamente. La sindrome d’astinenza può presentarsi in poche ore dall’ultima volta che si è usata la droga. I sintomi dell'astinenza includono inquietudine, dolore a muscoli ed ossa, insonnia, diarrea, vomito, brividi con pelle d’oca (cold turkey), e tremori negli arti inferiori. Le conseguenze mediche dell'uso cronico d’eroina includono vene cicatrizzate o collassate, infezioni batteriche nei vasi sanguigni, ascessi, foruncoli ed altre infezioni dei tessuti, e malattie epatiche o renali. Le complicazioni dei polmoni (includendo vari tipi di polmonite e tubercolosi) possono derivare dalla già precaria salute del tossicodipendente come dagli effetti depressivi dell'eroina sulla respirazione. Molti degli additivi che si trovano nell'eroina che si vende per strada possono includere sostanze che non si dissolvono facilmente e che ostruiscono i vasi sanguigni che vanno ai polmoni, al fegato, ai reni o al cervello. Questo può causare un'infezione o la morte di piccoli gruppi di cellule negli organi vitali. Le reazioni immuni a questi ed altri agenti inquinanti possono causare artrite o diversi problemi reumatologici. Ovviamente condividere i fluidi o la siringa d’iniezione può condurre alle conseguenze più gravi dell'abuso dell'eroina, le infezioni con epatite B e C, HIV ed una varietà di altri virus trasmessi attraverso il sangue che i drogati possono passare dopo ai loro partner sessuali ed ai loro figli. La cocaina è una sostanza stimolante che dà dipendenza e che colpisce direttamente il cervello. La cocaina è stata chiamata “la droga degli anni ottanta e novanta” a causa del suo uso tanto di moda in quegli anni. Tuttavia, la cocaina non è una droga nuova. In realtà, è una delle droghe più antiche. La sostanza chimica pura, il cloridrato di cocaina, si utilizza da più di 100 anni, mentre le foglie della coca si sono masticate per migliaia d’anni. A metà del diciannovesimo secolo, si estrasse per la prima volta la cocaina pura dalla foglia della pianta “Erythroxylon” che cresce principalmente in Perù e Bolivia. Agli inizi del ventesimo secolo, la cocaina divenne l'ingrediente principale nella maggioranza dei tonici ed “elisir” che furono creati come cura per trattare numerose malattie. Ci sono essenzialmente due forme chimiche della cocaina: il sale cloridrato e i cristalli di cocaina ("freebase"). Il sale cloridrato, o la forma in polvere della cocaina, si dissolve nell'acqua, e quando si utilizza, può essere assunta per via endovenosa, o inalata. Il "freebase" si riferisce ad un composto che non è stato neutralizzato con acido per produrre sale cloridrato. La forma "freebase" della cocaina si può fumare. Solitamente la cocaina si vende per strada sotto forma di polvere bianca, fine e cristallina che si conosce come "coke" o coca, "C", "snow" (neve), "flake" (fiocco), o "blow" (soffio). Generalmente i trafficanti la mescolano con altre sostanze, come maizena, talco e/o zucchero; o con certe droghe come la procaina, un anestetico locale di composizione chimica simile; o con altri stimolanti, come le amfetamine. 13 “Crack” è il nome in gergo che viene dato ai cristalli di cocaina ottenuti processando la cocaina in polvere per trasformarla in una sostanza che si possa fumare. Il termine "“crack”" si riferisce al suono scricchiolante che si ascolta quando si fuma questo miscuglio. Gli effetti della cocaina si presentano quasi immediatamente dopo il suo utilizzo e spariscono nel giro di minuti od ore. Generalmente quelli che usano la cocaina in piccole quantità, fino a 100 mg., si sentono euforici, energici, ciarlieri e più vigili mentalmente, particolarmente in relazione alle sensazioni della vista, dell'udito e del tatto. Ancora, la cocaina può diminuire temporaneamente i desideri di mangiare e dormire. Alcuni assuntori ritengono che la droga li aiuti a realizzare alcuni compiti fisici ed intellettuali in maniera più rapida; tuttavia, ad altri produce l'effetto opposto. Gli effetti fisiologici di breve termine che produce la cocaina sono: contrazione dei vasi sanguigni, dilatazione delle pupille, e aumento nella temperatura corporea, del ritmo cardiaco e della tensione arteriosa. L’utilizzo in forti quantità può portare anche ad un comportamento più stravagante, trasgressivo e violento. Gli assuntori possono sperimentare tremori, vertigini, spasmi muscolari, paranoia e, se la dose è eccessiva, una reazione tossica molto simile all'avvelenamento per amfetamina. Alcuni utilizzatori affermano che si sentono inquieti, irritabili e soffrono d’ansia. In alcune rare occasioni, la morte istantanea può avvenire quando si usa per la prima volta la cocaina. Le morti causate dalla cocaina normalmente dipendono da arresto cardiaco o convulsioni seguite da arresto respiratorio. La cocaina è una droga che dà forte dipendenza. Una volta che un individuo prova la cocaina gli è molto difficile predire o controllare in che modo continuerà ad usarla. Quando la cocaina è utilizzata ripetutamente ed in dosi crescenti, può condurre ad uno stato d’irritabilità, inquietudine e paranoia. Questo può causare episodi di psicosi paranoide in cui l'individuo perde il senso della realtà e soffre d’allucinazioni uditive. C'è una quantità enorme di complicazioni mediche associate con l'abuso di cocaina. Tra le più frequenti si trovano i problemi cardiovascolari, come irregolarità nel battito cardiaco ed attacchi di cuore; i problemi respiratori che causano dolori del petto e arresti respiratori; gli effetti neurologici che producono le embolie, convulsioni e mal di testa; le complicazioni gastrointestinali che causano dolori addominali e nausee. Le reazioni avverse all'uso della cocaina dipendono dalle modalità di assunzione. Per esempio, quando s’inala regolarmente si può avere perdita del senso dell'olfatto, emorragie nasali, problemi di deglutizione, raucedine e irritazione generale del setto nasale, cosa che può produrre una condizione cronica d’infiammazione e secrezione del naso. Quando s’ingerisce la cocaina può causare cancrena negli intestini perché riduce il flusso del sangue. Inoltre, le persone che se la iniettano, hanno tracce di punture o "tracks", solitamente negli avambracci. Ancora, coloro che l'assumono per via endovenosa possono sperimentare reazioni allergiche, alla droga o ad alcune delle componenti che si aggregano alla cocaina nel taglio, ed a volte queste reazioni possono provocare la morte. La cocaina tende a ridurre il consumo d’alimenti, pertanto, l'uso abituale causa perdita d’appetito, di peso e malnutrizione. I consumatori abituali di cocaina, in particolare coloro che se la iniettano, hanno un rischio maggiore di contrarre malattie infettive, come quella del virus HIV o dell’AIDS, e l'epatite. Infatti, l'uso di droghe illecite, incluso il "“crack”", è diventato uno dei principali fattori di rischio per nuovi casi di infezione da HIV. 14 LSD è il nome con cui viene indica la dietilamide dell' acido lisergico 25, sintetizzata per la prima volta da Albert Hofmann nel 1938. L' LSD si presenta come una polvere bianca inodore e insapore, e viene solitamente preso per via orale. Gli effetti sono molto variabili e la durata è da 5 a 12 ore circa. L' LSD viene commercializzato (illegalmente) su cartoncini dalle dimensioni di 1x0,8 cm circa e sono contenuti circa 100-200 Mg. Raramente è commercializzato anche dissolto in liquido (100Mg), oppure in un gel colorato conosciuto con il nome di "windowpane". Tipicamente gli effetti di LSD cominciano da 30 a 90 minuti dopo la sua ingestione e possono durare fino a 12 ore. I consumatori chiamano le esperienze con l’LSD, e con le altre sostanze allucinogene, "trips" (viaggi) e le esperienze avverse e acute vengono chiamate "bad trips” (viaggi cattivi). Anche se la maggior parte dei trips con l’LSD includono sia aspetti piacevoli che sgradevoli, gli effetti della droga sono imprevedibili e possono variare con la quantità ingerita, la personalità dell'utente, il suo umore, le sue aspettative e l’ambiente. Gli assuntori di LSD possono provare degli effetti fisiologici, quali l’aumento della pressione sanguigna e del battito cardiaco, le vertigini, la perdita dell’appetito, la bocca asciutta, la sudorazione, la nausea, l’intirizzimento e i tremori; ma gli effetti più notevoli di questa droga riguardano le emozioni e i sensi. Le emozioni dell'utente possono oscillare rapidamente per tutta una gamma dalla paura all'euforia, con delle transizioni così rapide che l'utente può avere la sensazione di provare molte emozioni simultaneamente. L’LSD ha anche effetti drammatici sui sensi. I colori, gli odori, i suoni e le altre sensazioni sembrano essere estremamente intensificati. In certi casi le percezioni sensorie possono mescolarsi, in un fenomeno noto come la sinestesia nel quale la persona sembra udire o sentire i colori e vedere i suoni. Le allucinazioni distorcono o trasformano le forme e i movimenti; possono anche generare la percezione che il tempo passi molto lentamente o che il corpo stia cambiando forma. In alcuni “trips” l’individuo può provare delle sensazioni che sono piacevoli, che stimolano la mente e producono un senso di esaltazione della capacità di comprendere. I cattivi viaggi i “bad trips”, invece, possono includere pensieri terrificanti, l'ansia e la disperazione da vero incubo, con la paura della follia, della morte o della perdita di controllo. Gli assuntori di LSD sviluppano rapidamente un elevato grado di tolleranza per gli effetti della droga: dopo l’uso ripetuto si ha bisogno di dosi crescenti per produrre gli stessi effetti. Alcuni ex utilizzatori di LSD riportano esperienze conosciute in gergo come "flashbacks " e definite nel mondo medico con la sigla "HPPD" (disturbo persistente della percezione da allucinogeno). Questi episodi sono ritorni periodici spontanei, ripetuti, e talvolta continui, delle distorsioni sensoriali originariamente prodotte dall’LSD. Questa condizione è tipicamente persistente e in alcuni casi rimane immutata per anni anche dopo che le persone hanno smesso di usare la droga. Le droghe dissociative come la PCP (la fenciclidina) e la ketamina, inizialmente sviluppate come anestetici generali utilizzati in chirurgia, distorcono le percezioni visive e sonore e producono sensazioni di distacco – appunto la dissociazione - dall'ambiente e da se stessi. Questi effetti d’alterazioni mentali non costituiscono delle allucinazioni. Pertanto la PCP e la ketamina sono più propriamente denominate "anestetici dissociativi." Le droghe dissociative producono i loro effetti come conseguenza delle loro capacità di alterare la distribuzione del neurotrasmettitore glutamato per tutto il cervello. Il glutamato è coinvolto nella percezione del dolore, nelle risposte all'ambiente e nella memoria. La PCP, sviluppata negli anni cinquanta come anestetico endovenoso per la chirurgia, è classificata come anestetico dissociativo: I suoi effetti sedativi ed anestetici producono uno stato simile ad una ‘trance’, e i pazienti provano l’esperienza di essere "fuori del corpo" e distaccati dal loro ambiente. La PCP fu usata in medicina veterinaria ma il suo uso umano non è mai stato approvato a causa di problemi emersi durante gli studi clinici, inclusi il delirio e l'agitazione estrema provata da pazienti quando si svegliavano dall’anestesia. Negli anni sessanta la PCP in forma di pastiglia divenne largamente abusata, ma l’impennata del suo uso illecito diminuì rapidamente quando gli assuntori diventarono insoddisfatti per la lunga attesa fra l’assunzione della droga e gli effetti e per l’imprevedibile e spesso violento comportamento 15 associato al suo uso. La PCP in polvere - nota come “ozone," "rocket fuel," "love boat," "hog," "embalming fluid," o "superweed"– è comparsa negli anni settanta. Nella sua forma in polvere, la droga viene sparsa sulla marijuana, sul tabacco, o sul prezzemolo e poi fumata, e in questo caso gli effetti si sentono rapidamente. A volte i consumatori assumono PCP sniffandone la polvere o ingoiandola in forma di tavoletta. A dosi basse (5 mg o meno), gli effetti fisici della PCP includono la respirazione poco profonda e rapida, un aumento della pressione sanguigna e del battito cardiaco ed un aumento della temperatura corporea. A dosaggi di 10 mg e superiori, la droga provoca alterazioni pericolose nella pressione del sangue, il battito cardiaco e il respiro, spesso accompagnate dalla nausea, la visione confusa, vertigine e una consapevolezza ridotta del dolore. Le contrazioni muscolari possono provocare movimenti non coordinati e delle posture bizzarre. In casi gravi, le contrazioni muscolari possono dare luogo a frattura ossea o a insufficienza renale. Dosaggi molto elevati della PCP possono provocare convulsioni, coma, ipertermia e morte. Gli effetti della PCP sono imprevedibili. Tipicamente si sentono pochi minuti dopo l'ingestione e durano per diverse ore. Alcuni utilizzatori segnalano di avere sentito gli effetti della droga anche per più giorni. Un dato episodio di assunzione della droga può produrre sensazioni di distacco dalla realtà, incluse le distorsioni dello spazio, del tempo e dell’immagine corporea, mentre un altro episodio di assunzione della stessa droga può produrre allucinazioni, panico e paura. In alcuni casi sono riferite sensazioni di invulnerabilità e anche di forza fisica quasi sovrumana. Gli assuntori della PCP possono diventare gravemente disorientati, violenti o suicidi. L’uso ripetuto della PCP può dare luogo a dipendenza. Studi recenti indicherebbero che tale uso ripetuto o prolungato della PCP possa provocare una sindrome d’astinenza alla sospensione del suo uso. I sintomi quali la perdita della memoria e la depressione possono persistere anche per un anno dopo che un utilizzatore cronico smette di assumere la PCP. La Ketamina ("K", "Special K" e "Valium per gatto") è un anestetico dissociativo che è stato sviluppato nel 1963 per sostituire la PCP ed è di uso corrente in anestesia umana e nella medicina veterinaria. Una grande parte della ketamina venduta sulla strada proviene in maniera illecita dagli ambulatori dei veterinari. Anche se la sostanza è fabbricata come liquido iniettabile, la ketamina generalmente viene evaporata per produrre una polvere da sniffare o delle pastiglie. La struttura chimica della Ketamina e il suo meccanismo d’azione sono simili a quelli della PCP, ed anche i suoi effetti sono simili. Tuttavia la ketamina è molto meno potente della PCP e agisce per molto meno tempo. Gli utilizzatori segnalano sensazioni che variano dall’impressione piacevole di galleggiare all’illusione di essere separati dal corpo. Alcune delle esperienze della ketamina comportano una sensazione terrificante di distacco sensoriale che viene descritta come una esperienza di essere vicini alla morte. Queste esperienze, analoghe ai “bad trips” (“cattivi viaggi") del’LSD, vengono chiamate "K-hole" Ecstasy Composto semisintetico, generalmente commercializzato in pillole o capsule raramente in polvere. Gli effetti sono soggettivi e risentono molto dell’ambiente in cui viene assunta la sostanza. In genere vengono descritti come una sensazione di “giustezza”, l’universo è bello e buono, pace e gioia diffusa, il quotidiano si trasforma in affascinante e interessante. Sintonia con l’altro, rimozione delle barriere emotive e comunicative, facilità di parola. Intensificazione delle percezioni sensoriali. Provoca un sensibile aumento della pressione sanguigna; sono stati segnalati disturbi e aggravamenti dello stato di salute in persone con asma, diabete, epilessia, psicosi. L’ecstasy viene consumata per lo più in discoteca. Qui il tempo scorre veloce, ci si muove molto e si perdono molti liquidi; si rischia molto, in special modo se si consuma contemporaneamente anche alcol. La forma in cui l’ecstasy viene venduta non consente di identificare correttamente il dosaggio: il contenuto di una pillola è verificabile solo in laboratorio. In alcuni casi si sono riscontrati tagli di LSD, anfetamine, morfina. Gli effetti dei tagli sono molto diversi e imprevedibili. Alcuni consumatori giunti al culmine degli effetti della prima pastiglia, ingeriscono un’ altra metà dose per prolungare l’esperienza; superare questa quantità può provocare: tachicardia, sudorazione eccessiva, capogiri, irrequietezza, svenimenti, crampi, attacchi di panico. L’ecstasy spesso aumenta di molto i rischi di danneggiare il sistema nervoso. Alcuni consumatori riferiscono di forti depressioni dopo l’esperienza, con casi di pulsioni aggressive verso gli altri o contro se, fino ad arrivare, in 16 qualche caso, al suicidio. Si segnala spesso un calo di resistenza alle malattie, soprattutto nei casi di uso assiduo. Ciò in relazione allo stato di stress psicofisico e all’eccessivo affaticamento, alla disattenzione nei confronti dello stato fisico e dell’alimentazione. In alcuni casi il desiderio di vivere in un mondo a parte può portare a consumare dosi massicce di ecstasy, come di altre droghe, oltre ai limiti imposti. I rapporti umani, compresi quelli sessuali, sono facilitati e desiderati, il pericolo di infezioni assolutamente non avvertito, i rapporti non protetti con sconosciuti non sono percepiti come pericolosi. Amfetamine .Sostanze stimolanti che, a causa della loro proprietà di ridurre l’appetito, sono presenti in molti farmaci contro l’obesità e la bulimia . Sono presenti sul mercato illegale sotto forma di pasticche o, più raramente, in polvere; in questo secondo caso l’assunzione avviene via endovena (modalità che presenta maggiori rischi) o sniffata. Molto spesso le amfetamine sono presenti come sostanze da taglio in compresenza di LSD o di Ecstasy, in molte occasioni sono spacciate come ecstasy o acidi (LSD). I consumatori avvertono aumento della capacità di attenzione e di vigilanza, abolizione della necessità di dormire, scomparsa di appetito e della stanchezza, facilità di parola, sensazione di potenza. Se assunta per via endovenosa: violenta sensazione di calore, sensazione di onnipotenza, logorrea , iperattività fisica. Dopo l’effetto di esaltazione, segue una sensazione di spossatezza, irritabilità, depressione; la tentazione di prendere un’altra dose è molto forte, se si cede a tale spinta si corre il rischio posticipare la fase depressiva ritrovandosela però amplificata. Inizia quindi una spirale fatta di aumenti di dosaggi, manie varie e di persecuzione, ossessioni dovute anche alla mancanza di sonno che danno al dipendente da amfetamina un classico aspetto trasandato, allucinato e schizzato. Dosi eccessive possono provocare coma , febbre, convulsioni; l’overdose può portare alla morte. Socialmente chi assume amfetamina è spesso incapace di valutare correttamente le proprie capacità e i risultati delle proprie azioni: il comportamento diviene violento, viene azzerata la capacità autocritica e spesso si arriva all’isolamento e alla paranoia. L’ uso di amfetamine in contesti ricreativi è molto pericoloso per l’imprevedibilità delle reazioni e dell’intensità degli effetti. La mescolanza con l’alcol è, per esperienza di chi ha provato, disastrosa: il comportamento diviene solitamente aggressivo e violento, il desiderio di parlare continuamente non facilita la socialità con gli altri. Le Metossiamfetamine .Tra gli allucinogeni di origine naturale, la mescalina e' sicuramente la sostanza meno attiva. Negli anni '60, l'interesse sorto in ambito psichiatrico intorno alla mescalina diede un forte impulso alle ricerche chimiche e farmacologiche tese a potenziare gli effetti del principio attivo del peyote. Nascevano cosi' le metossiamfetamine. Le prime metossiamfetamine hanno conosciuto una grandissima diffusione nel movimento hippy, soprattutto tra gli hippies di quello che era il centro mondiale della produzione di nuove sostanze psicoattive e dell'esplorazione dei loro effetti, San Francisco. Una tra queste, la 2,5-Dimetossi-4-metilamfetamina (DOM), cento volte piu' potente della mescalina, era stata soprannominata STP, abbreviazione di serenita', tranquillita', pace, ma anche chiaro riferimento ad un noto additivo della benzina usato per dare piu' potenza al motore. E’ una droga che attiva fortemente determinati sistemi nel cervello. La Metamfetamina è collegata strettamente chimicamente all'anfetamina, ma i suoi effetti sul sistema nervoso centrale sono più grandi. Entrambe le droghe hanno alcuni usi medici, soprattutto nel trattamento dell'obesità, ma il loro uso terapeutico è limitato. Col tempo, la metamfetamina sembra causare i livelli ridotti di dopamina, che possono provocare i sintomi come quelli della malattia del Parkinson, un disordine severo del movimento. Può essere assunta oralmente o per via nasale (snorting la polvere), tramite l'iniezione endovenosa e fumando. Subito dopo l ‘assunzione, l'utente di metamfetamina avverte sensazioni intense, denominate “ sbalzi” o " flash," soltanto per alcuni minuti , descritte come estremamente piacevoli. L'uso orale o intranasale produce euforia ( high), ma non sbalzi. Gli utenti possono diventare rapidamente dipendenti ,aumentando la frequenza e le dosi. Le azioni sul sistema nervoso centrale (SNC) che derivano dalla presa persino degli importi piccoli della sostanza includono l'attività fisica 17 aumentata, l'appetito diminuito, la respirazione aumentata, l'ipertemia ed euforia. Altri effetti sul SNC sono l'irritabilità, l'insonnia, la confusione, i tremiti, le convulsioni, l'ansia, la paranoia e l’ aggressività. L'ipertemia e le convulsioni possono provocare la morte. A lungo termine la Metamfetamina è responsabile dell’ aumento della frequenza cardiaca e della pressione sanguigna e può danneggiare irreversibilmente i vasi sanguigni nel cervello.Altri effetti sono i problemi respiratori, il battito cardiaco irregolare , il collasso e la morte . Ice .Altra sostanza appartenete alle droghe di sintesi chimica che ricorda, per il suo aspetto a piccoli cristalli, il sale da cucina. Sciolta in bevande alcoliche,o talvolta fumata in pipe come il crack. Questa sostanza tende ad alzare al massimo il livello di attenzione e abbassa i freni inibitori. Viene anche detta droga da videogame in quanto spesso utilizzata in queste situazioni. Letteralmente significa “ghiaccio” dall’aspetto dei cristalli che si fumano come il crack, ma è più tossico di quest’ultimo. E’ un particolare tipo di anfetamina scoperta nel 1893 in Giappone (dove si chiama “SHABU”, nome diffuso anche in Italia). In America è arrivato negli anni ottanta e lo considerano già la droga del futuro. Può anche essere masticato. E’ un fortissimo stimolante del sistema nervoso che fa sentire eccitati, euforici, quasi invulnerabili, e i suoi effetti durano dalle 8 alle 24 ore. Scatena aggressività, allucinazioni, depressione e porta a disturbi renali. E’ facile diventarne dipendenti. Gli inalanti sono sostanze volatili che producono vapori chimici che possono essere inspirate per provocare un effetto psicoattivo o uno stato di alterazione mentale. Nonostante anche altre sostanze possano essere inalate, il termine “inalanti" si usa per descrivere una varietà di sostanze la cui caratteristica comune fondamentale è che vengono assunte pressoché esclusivamente per inalazione. Questa definizione abbraccia un'ampia gamma di prodotti chimici differenti che possono avere diversi effetti farmacologici. Come risultato, è difficile riuscire ad avere una classificazione precisa degli inalanti. Un sistema di classificazione nomina quattro categorie generali d’inalanti-solventi volatili, aerosol, gas e nitriti, basandosi sulla forma in cui spesso si trovano questi nei prodotti, che possono essere domestici, industriali e medici. Benché le sostanze chimiche che si trovano negli inalanti possano produrre vari effetti farmacologici, la maggioranza degli inalanti produce un'euforia rapida che assomiglia all'intossicazione alcolica, caratterizzata da un'eccitazione iniziale, seguita poi da sonnolenza, disinibizione, stordimento ed agitazione. Se s’inalasse sufficiente quantità, quasi tutti i solventi e gas produrrebbero anestesia, una diminuzione della sensibilità percettiva e uno stato di incoscienza. Le sostanze chimiche contenute nei solventi, nei gas e negli aerosol possono produrre una varietà di altri effetti durante o poco dopo il loro uso. Questi effetti sono dovuti all'intossicazione da inalanti e possono includere aggressività, apatia, deterioramento cognitivo, e il non poter funzionare appropriatamente nel lavoro o in situazioni sociali. Altri possibili effetti sono la nausea, sonnolenza, balbuzie, letargo, riflessi rallentati, debolezza muscolare generale e stupore. Per esempio, le indagini dimostrano che il toluene può produrre mal di testa, euforia, sensazione di barcollamento, ed inabilità nel coordinare i movimenti. L'esposizione ad alta dose può causare confusione e delirio. Altri effetti collaterali comuni sono nausea e vomito. Molte persone manifestano una forte necessità di continuare ad utilizzare inalanti, specialmente quelle che li hanno utilizzati per periodi molto lunghi. L'abuso prolungato di inalanti può causare un utilizzo compulsivo e portare ad un lieve caso di sindrome di astinenza. Altri sintomi osservati in persone che hanno abusato di inalanti per lungo tempo, sono perdita di peso, debolezza muscolare, disorientamento, mancanza di attenzione e coordinazione, irritabilità e depressione. Coloro che abusano d’inalanti corrono il rischio di soffrire di tutta una serie di conseguenze mediche devastanti. L'inalazione prolungata di composti chimici altamente concentrati che si trovano nei solventi o aerosol può indurre aritmia che può provocare un arresto cardiaco e la morte in pochi minuti. Questa sindrome, conosciuta come "morte istantanea per inalazione", può essere provocata anche da una singola assunzione di inalanti. La morte immediata per inalazione si associa principalmente con l'abuso del butano, propano e le sostanze chimiche degli aerosol. 18 Anche l'abuso di inalanti può causare la morte nelle seguenti maniere: • Asfissia - da inalazioni ripetute che portano ad alte concentrazioni di fumi inalati che sostituiscono l'ossigeno disponibile nei polmoni; • Soffocamento - bloccando l'entrata di aria nei polmoni quando si inalano i vapori da una borsa di plastica messa sulla testa. • Soffocamento da vomito - inalando il vomito prodotto dopo avere usato inalanti • Ferita mortale - per incidenti, includendo le morti per incidenti automobilistici causati da intossicazione. Gli effetti neurotossici dell'abuso prolungato di inalanti includono sindromi neurologiche che riflettono danni del cervello in zone che includono il controllo cognitivo, motorio, visivo ed uditivo. Le anormalità cognitive possono andare da un lieve deterioramento fino ad una demenza severa. Altri effetti possono includere difficoltà nel coordinare i movimenti, spasticità e perdita di sensibilità dell’udito e della vista. Gli inalanti sono molto tossici anche per altri organi. L'esposizione cronica può produrre danni significativi al cuore, polmoni, fegato e reni. Benché alcuni dei danni prodotti dagli inalanti al sistema nervoso, come a quello di altri organi, possono essere più o meno reversibili quando cessa l'abuso degli inalanti, molte altre sindromi causate dall'abuso ripetuto o prolungato sono irreversibili. L'abuso degli inalanti anche durante la gravidanza può aumentare il rischio per i bambini di soffrire di qualche deterioramento nel loro sviluppo. Anabolizzanti sintetici del testosterone, fondamentale ormone naturale maschile prodotto dai testicoli e responsabile della mascolinizzazione e dello sviluppo dei tessuti durante l’età adolescenziale e adulta del maschio. Durante gli ultimi 50 anni sono stati utilizzati per il trattamento di molte e varie disfunzioni, ma è vasto il loro uso per fini "sportivi" sia da parte di praticanti di alto livello che da frequentatori di palestre di culturismo e body-building. Determinano aumento della massa muscolare e della forza, capacità di sostenere sforzi intensi e di lunga durata senza cedimenti fisici, consapevolezza di essere robusti e muscolosi. Gli steroidi anabolizzanti vengono assunti secondo "cicli" di utilizzo della durata media di otto settimane; le modalità di assunzione variano però considerevolmente. Sebbene la grande maggioranza di tecnici, atleti e medici ammetta che gli steroidi migliorano le prestazioni fisiche, l’entità dei vantaggi e i fattori che li influenzano non sono ancora completamente chiari. In ogni caso non esiste una documentazione sufficiente circa i livelli di frequenza, durata e intensità degli allenamenti da accompagnare all’assunzione di steroidi, perchè si abbiano i risultati desiderati. I rischi variano secondo il tipo di steroidi usati, il dosaggio, l’età di inizio e l’eventuale assunzione di altri farmaci. A livello fisico i problemi meglio documentati riguardano il fegato e l’apparato riproduttivo. Grossi sospetti si hanno relativamente a problemi cerebrospinali, immunitari, cardiaci e alla prostata. Si hanno effetti evidenti sull’apparato riproduttivo maschile: l’assunzione di questi derivati del testosterone comporta infatti una riduzione del testosterone prodotto autonomamente dall’organismo. Il nostro corpo può arrivare addirittura a sospenderne la produzione; tutto ciò può provocare la riduzione delle dimensioni dei testicoli, del numero e della motilità degli spermatozoi. Nelle donne l’uso di steroidi è associato a un processo di mascolinizzazione: si hanno così irregolarità mestruali, abbassamento della voce, riduzione del seno, perdita dei capelli, aumento dell’acne e dei peli corporei. L’impiego di steroidi negli adolescenti che non hanno terminato la crescita può comportare un arresto di quest’ultima. Il testosterone, infatti, provoca la saldatura delle cartilagini e quindi permette le crescita delle ossa; una sua diminuzione comporta il fatto di rimanere più bassi di statura. Negli utilizzatori di steroidi sono stati osservati anche disturbi psicologici: turbe psichiche, comportamenti aggressivi, cambiamenti dell’umore e squilibri simili a quelli prodotti dalle anfetamine. E’ probabile che gli steroidi possano causare una dipendenza fisica, anche se sono ancora pochi i casi con evidenti sintomi di astinenza. Fidarsi del fatto che tali sostanze non abbiano mai fatto male ad amici o conoscenti che li usano è una leggerezza che può costare caro: gli effetti tossici, infatti, non sono subito evidenti, ma possono impiegare anni a manifestarsi. 19 .Derivati L’esperienza maturata in ambito clinico ha rafforzato la concezione secondo cui la dipendenza patologica non deriva esclusivamente dall’assunzione di sostanze psicoattive, ma può associarsi anche ad attività , in genere socialmente accettate , che non implicano alcun uso di sostanze. La pressione di mode culturali , che dettano legge sugli stili di vita e di consumo,l’impulsività, che rappresenta un aspetto strutturale della vita psichica degli adolescenti, li spinge a raggiungere la massima gratificazione nel più breve tempo possibile. Questo giustifica , in un certo senso, il feeling naturale che i giovani sviluppano nei confronti delle tecnologie della comunicazione. Dipendenza da internet (IAD) . Rappresenta una modalità di espressione di un disagio, attraverso un nuovo prodotto tecnologico. L’individuo ha difficoltà nel controllare il bisogno di collegarsi alla rete, che diventa il contenitore di tutte le ansie e le frustrazioni del soggetto. I ragazzi italiani fanno un uso di internet soprattutto tradizionale, per cercare informazioni, “navigare attraverso i motori di ricerca per cercare informazioni, scaricare documenti, comunicare con la posta elettronica”. I giovani non sembrerebbero dunque rappresentare “una generazione guidata da internet”, infatti i ragazzi se hanno bisogno di comunicare si attaccano al cellulare , soprattutto per mandare sms. I nostri adolescenti sarebbero allora i rappresentanti della cosiddetta ‘mobile generation ’ poiché utilizzano in misura massiccia il cellulare per soddisfare la propria voglia di comunicare. La dipendenza da Internet o Internet addiction è in realtà un termine piuttosto vasto che copre un'ampia varietà di comportamenti e problemi di controllo degli impulsi. Inoltre la dipendenza da internet e la dipendenza dal computer sono ormai inscindibilmente legate e a volte si usa il termine di dipendenza online per indicare il fenomeno nel suo complesso. Secondo Kimberly Young, che ha fondato il Center for Online Addiction statunitense, sono stati infatti riconosciuti 5 tipi specifici di dipendenza online: 1. Dipendenza cibersessuale (o dal sesso virtuale): gli individui che ne soffrono sono di solito dediti allo scaricamento, all'utilizzo e al commercio di materiale pornografico online, o sono coinvolti in chat-room per soli adulti . 2. Dipendenza ciber-relazionale (o dalle relazioni virtuali): gli individui che ne sono affetti diventano troppo coinvolti in relazioni online o possono intraprendere un adulterio virtuale. Gli amici online diventano rapidamente più importanti per l'individuo, spesso a scapito dei rapporti nella realtà con la famiglia e gli amici. In molti casi questo conduce all'instabilità coniugale o della famiglia. 3. Net Gaming: la dipendenza dai giochi in rete comprende una vasta categoria di comportamenti, compreso il gioco d'azzardo patologico, i videogame, lo shopping compulsivo e il commercio online compulsivo. In particolare, gli individui utilizzeranno i casinò virtuali, i giochi interattivi, i siti delle case d'asta o le scommesse su Internet, soltanto per perdere importi eccessivi di denaro, arrivando perfino ad interrompere altri doveri relativi all'impiego o rapporti significativi. 4. Sovraccarico cognitivo: la ricchezza dei dati disponibili sul World Wide Web ha creato un nuovo tipo di comportamento compulsivo per quanto riguarda la navigazione e l'utilizzo dei database sul Web. Gli individui trascorreranno sempre maggiori quantità di tempo nella ricerca e nell'organizzazione di dati dal Web. A questo comportamento sono tipicamente associate le tendenze compulsive-ossessive ed una riduzione del rendimento lavorativo. 5. Gioco al computer: negli anni '80 giochi quali il Solitario e il campo minato furono programmati nei calcolatori ed i ricercatori scoprirono che il gioco ossessivo sul computer era diventato un problema nelle strutture organizzate, dato che gli impiegati trascorrevano la maggior parte del giorno a giocare piuttosto che a lavorare. Questi giochi non sono interattivi né giocati in rete. 20 Possiamo individuare 4 categorie di elementi che contribuiscono all’insorgere di psicopatologie legate all’uso di Internet: • • • • • le psicopatologie preesistenti. In più del 50% dei casi la IAD può essere indotta da alcuni tipi di disturbi psichici preesistenti. I fattori di rischio includono una storia di dipendenza multipla, condizioni psicopatologiche come depressione, disturbo ossessivocompulsivo, disturbo bipolare, compulsione sessuale, gioco d'azzardo patologico, o fattori situazionali, come sindrome da burnout, contrasto coniugale o abuso infantile. le condotte a rischio (“eccessivo consumo”, riduzione delle esperienze di vita e di relazione “reali”,ecc); eventi di vita sfavorevoli (problemi lavorativi, familiari, ecc: “internet come valvola di sfogo”); le potenzialità psicopatologiche proprie della rete (anonimato e sentimenti di onnipotenza che possono degenerare in: pedofilia, sesso virtuale, creazione di false identità, gioco d’azzardo, ecc). Dipendenza da cellulare I soggetti dipendenti dal cellulare non abbandonano mai il loro telefonino, lo utilizzano come mediatore per entrare in rapporto con l’altro, avvertono ansia se non è carico, adducendo come giustificazione del loro comportamento la comodità dello strumento o motivi di sicurezza. Con esso esprimono un forte bisogno di appartenenza e un desiderio di riconoscimento da parte dell’altro. Questo tipo di apparecchio, sembra essere stato concepito più per sedare l’ansia di separazione all’interno del nucleo familiare che per la sua semplice valenza funzionale. L’abitudine all’uso di questo tipo di apparecchi fin dalla più tenera età, come sottolinea una ricerca svolta in Inghilterra, ha rilevato un aumento preoccupante di telefonino-dipendenti tra i minorenni. Usare il cellulare per mandare messaggi è diventato un modo per dimostrare la propria presenza, il proprio affetto, anche se mittente e destinatario sono distanti. Un'arma a doppio taglio: i dati raccolti da alcuni studiosi hanno permesso di registrare l'esistenza di vari strati della popolazione afflitti da patologie psichiatriche imputabili alla diffusione incontrollabile dei cellulari, assurti da semplici status symbol a fondamento dell'identità psicologica individuale. Tra i disturbi causati dall'abuso dei telefonini vi sono: disagio mentale, ansia e persino allucinazioni. La casistica contiene episodi allarmanti, come quello di una giovane ragazza di 15 anni che, pur avendo spento il telefono, continua a sentirne costantemente la suoneria. Altri soffrono di vere e proprie dipendenze da tecnologia. In alcuni casi i giovani sono colpiti da stati confusionali e depressione transitoria ogni volta che non possono utilizzare un cellulare. La dipendenza riesce ad influenzare negativamente il rendimento scolastico, visto che il ricorso al telefonino sembra essere un diversivo assai popolare per combattere il tedio dei banchi di scuola. Il gioco d’azzardo patologico ( GAP ) Il gioco patologico è ossessivo ed invasivo; in questi casi l’uomo non gioca ma è giocato dal suo stesso gioco. L’adulto dipendente dal gioco d’azzardo comincia a mostrare un comportamento a rischio fin dall’adolescenza o preadolescenza. Il gioco d'azzardo patologico è un disturbo del comportamento che, anche se rientra tuttora nella categoria diagnostica dei disturbi ossessivo-compulsivi, ha in realtà una grande attinenza con la tossicodipendenza, tanto da rientrare nell'area delle cosiddette "dipendenze senza sostanze". Il giocatore patologico, infatti, mostra una crescente dipendenza nei confronti del gioco d'azzardo, aumentando la frequenza delle giocate, il tempo passato a giocare, la somma spesa nel tentativo di recuperare le perdite, investendo più delle proprie possibilità economiche e trascurando i normali impegni della vita per dedicarsi al gioco. È eccessivamente assorbito dal gioco d’azzardo (per esempio, il soggetto è continuamente intento a rivivere esperienze trascorse di gioco, a valutare o pianificare la prossima impresa di gioco, a escogitare i modi per procurarsi denaro con cui giocare). 21 Ha bisogno di giocare somme di denaro sempre maggiori per raggiungere lo stato di eccitazione desiderato. Ha ripetutamente tentato di ridurre, controllare o interrompere il gioco d’azzardo, ma senza successo . È irrequieto o irritabile quando tenta di ridurre o interrompere il gioco d’azzardo. Gioca d’azzardo per sfuggire problemi o per alleviare un umore disforico (per esempio, sentimenti di impotenza, colpa, ansia, depressione). Dopo aver perso al gioco, spesso torna un altro giorno per giocare ancora (rincorrendo le proprie perdite). Mente ai membri della propria famiglia, al terapeuta, o ad altri per occultare l’entità del proprio coinvolgimento nel gioco d’azzardo. Ha commesso azioni illegali come falsificazione, frode, furto o appropriazione indebita per finanziare il gioco d’azzardo. Ha messo a repentaglio o perso una relazione significativa, il lavoro, oppure opportunità scolastiche o di carriera per il gioco d’azzardo. Fa affidamento sugli altri per reperire il denaro per alleviare una situazione economica disperata causata dal gioco (una “operazione di salvataggio”). Nell’era multimediale il giocatore d’azzardo cambia faccia: mentre prima era facilmente individuabile, “segregato” nei luoghi a lui deputati, ora chiunque sia in possesso di un computer, di un collegamento a internet e di una carta di credito può essere un giocatore compulsivo. Il gioco on-line è estremamente pericoloso proprio perché, dalla solitudine della propria casa, il giocatore non ha freni, né inibitori né di tipo pratico: ha infatti 24 ore su 24 la possibilità di accedere al gioco senza incorrere nello sguardo giudicante degli altri. Viene in questo modo a mancare anche la funzione socializzante del gioco, che diviene un rituale solitario, e, facilmente, una compulsione. Anche qui, come nelle altre net-patologie, si crea un circolo vizioso in cui il soggetto rimane incastrato, trascurando quelli che sono i rapporti sociali e familiari. Dipendenza da videogiochi Una delle prime conseguenze negative legate all’uso protratto nel tempo dei videogiochi e per lunghi periodi durante le giornate è quello della Videomania (o videoabuso) , un comportamento incontrollato. Un altro atteggiamento preoccupante è la video-fissazione, ossia la prolungata esposizione ad un Videogame senza pause e completamente assorbiti dal gioco in silenzio e, spesso, in una stanza poco illuminata. Accanto all’ossessione per il Videogioco, possono affiancarsi altri disturbi quali una stato di agitazione, presenza di sonni con contenuti propri delle tematiche del videogames. In un importante sondaggio su tredicimila ragazzi, tra i 13 e i 18 anni , è risultato che le nuove forme di dipendenza sono quelle che minacciano di più il mondo giovanile. Tra i fattori di protezione in ruolo primario spetta alla famiglia. In generale è lo stile educativo messo in atto dai genitori che influenza maggiormente le condotte dei ragazzi. Lo stile più protettivo risulta essere quello autorevole , caratterizzato sia da una adeguata supervisione del comportamento dei figli, attraverso regole esplicite di cui si richiede il rispetto, sia da una costante apertura al dialogo. Un’altra agenzia educativa è la scuola .Fondamentali da questo punto di vista sono la soddisfazione per l’esperienza scolastica, il benessere a scuola ed il successo scolastico. i ragazzi che vivono la scuola come un’esperienza positiva ed utile per la loro vita presente e futura , che riportano buoni risultati, sono maggiormente protetti dal coinvolgimento di comportamenti a rischio. Infine anche la comunità, sia a livello locale che globale, può svolgere un ruolo di protezione. In generale, il ricorso a comportamenti problematici è di regola minore in quelle comunità che considerano gli adolescenti principalmente una risorsa , a cui fare appello ed a cui richiedere impegno e responsabilità rispetto a quelle che considerano l’adolescente come un problema ed una fonte di disagio. In una ricerca degli operatori del SERT intitolata "Il cielo in una stanza" si apprende che il primo sintomo di dipendenza è la mancanza di voglia di uscire con la propria dolce metà o con gli amici, il lasciar perdere gli studi, e l'insonnia. In generale i dipendenti da videogame soffrono di ipereccitabilità e per i soggetti predisposti vi è anche il rischio epilessia. Per i minori, invece, l'esposizione ai videogiochi ma anche alla televisione viene associata sempre più alla riduzione del movimento, dei rapporti sociali e della creatività. Ma soprattutto si parla di rischio epilessia ( tra i minori infatti l'incidenza del problema risulta in aumento). La 22 fotosensibilità, cioè la particolare sensibilità alla rapida successione di stimoli luminosi diversi, si manifesta più facilmente durante l'infanzia e l'adolescenza, quando maggiore è anche il tempo trascorso davanti ai videogiochi. A causare il problema spesso sarebbe proprio lo schermo televisivo, usato, per esempio, nell'uso delle diffusissime console videoludiche. I genitori dovrebbero tenere al riparo i figli da possibili rischi, aumentando la distanza dalla tv, che non deve essere inferiore a 3 metri. Meno rischiosi invece gli schermi che garantiscono un refresh da 100 hz o quelli a cristalli liquidi. L’attività ludica include aspetti psicologici, educativi e sociali di fondamentale importanza, poiché stimola la formazione della personalità, l’apprendimento di regole e l’integrazione sociale. Essa consente alla mente di imparare e perfezionare abilità mentali quali l’immaginazione, la percezione sensoriale, la capacità di distinguere realtà e finzione, la capacità di confrontarsi e comunicare, l’assunzione di ruoli, ponendosi come uno strumento in grado di motivare anche nel corso di tradizionali apprendimenti scolastici. Oggi il gioco è, sempre più spesso, costituito dal “videogioco” che rappresenta un’irresistibile possibilità in grado di rispondere al “bisogno ludico” sia negli adulti che nei bambini e nei ragazzi. In tal modo, rispondendo alle richieste di una sana e naturale passione, la tecnologia moderna è entrata ormai da tempo nel mondo del gioco, non sempre però nel rispetto delle esigenze educative sociali, divenendo talvolta uno strumento di abuso o una fonte di modelli sociali negativi e perfino patologici. Da un po’ di anni, gran parte del tempo libero destinato alle attività ludiche è stato conquistato dall’attrazione esercitata dalle nuove possibilità tecnologiche dei videogiochi, che sono divenuti uno dei passatempi preferiti, capaci di appassionare il pubblico di ogni età, sia maschile che femminile. Insieme alla passione per il videogioco si sono manifestati e moltiplicati ben presto i rischi per la salute psicofisica connessi al loro utilizzo spropositato o alla proposta, da parte delle industrie del tempo libero, di tipologie di videogioco diseducative e dannose. Tuttavia è importante sottolineare che il videogioco, rappresentando una evoluzione tecnologica di diverse forme di gioco, possiede potenzialmente degli effetti positivi che possono essere sintetizzati come segue: • rappresenta uno stimolo, in quanto “gioco sensomotorio”, ad alcune abilità manuali e di percezione; • può stimolare la comprensione dei compiti da svolgere, sostenendo anche le forme induttive di pensiero; • può abituare a gestire gli obiettivi, individuando dei sottoobiettivi; • può favorire l’allenamento dell’autocontrollo e della gestione delle emozioni connesse all’esercizio di un compito; • può sviluppare diversi aspetti della personalità, quali l’abilità di prendere decisioni velocemente, di affrontare difficoltà e di prendere iniziative; • può favorire apprendimenti specifici su alcune tematiche, su conoscenze relative a terminologie tecniche e a modalità procedurali relative ad ambiti specifici a cui si riferiscono le competizioni giocate. Una testimonianza delle opportunità di utilizzare i videogiochi a scopo educativo è rappresentata dai software informatici sviluppati da alcune aziende specializzate, i quali prevedono programmi di videogiochi per sostenere l’apprendimento anche in presenza di disturbi specifici, quali dislessie, discalculie o deficit sensoriali. Il videogioco, infatti, ha un potere motivante molto forte ed una capacità di catturare e mantenere l’attenzione, utilizzando contemporaneamente anche più canali sensoriali di stimolazione. Le potenzialità del videogiochi, quindi, devono far riflettere sul fatto che, spesso, non è questo strumento di gioco ad essere nocivo di per se stesso, ma il suo utilizzo incondizionato e spropositato. Una delle prime conseguenze negative legate all’uso protratto nel tempo dei videogiochi e per lunghi periodi durante le giornate è quello della videomania (o videoabuso), un comportamento incontrollato dal punto di vista quantitativo che rappresenta spesso l’anticamera di altri tipi di effetti nocivi da videogiochi. Insieme al videoabuso, come accade nell’abuso televisivo che ha con esso molti elementi di somiglianza, spesso compare un corteo di condotte disturbate tra le quali spicca la sedentarietà, all’origine di problematiche fisiche di sovrappeso. Un altro atteggiamento negativo osservabile nell’uso coatto dei videogiochi è quello definito “videofissazione”, ossia la prolungata esposizione ad 23 un videogame, senza pause e completamente assorbiti dal gioco in silenzio e, spesso, in una stanza poco illuminata. Questo atteggiamento, come quello simile della “telefissazione”, è in grado di facilitare la caduta delle barriere razionali che aiutano a filtrare i contenuti dei videogiochi, giudicando i comportamenti virtuali paragonandoli a quelli che possono essere tradotti in comportamenti reali secondo le regole. Il tempo speso a giocare virtualmente, crescendo sproporzionatamente, finisce per togliere spazi, oltre che ad ogni attività fisica, anche alle attività connesse all’apprendimento scolastico che, se svolte, vengono praticate velocemente, con scarsa applicazione e con una stanchezza mentale (e spesso visiva) che consente risultati con precoci evidenti ricadute negative sul rendimento scolastico. D’altro canto un rapporto disturbato con il videogioco finisce per sostituire facilmente e completamente ogni altro tipo di relazione sociale, favorendo uno stato di isolamento e di individualismo che dispone all’introversione, limita l’apprendimento di utili abilità sociali, creando spesso problemi anche nei rapporti con i familiari. Nei bambini e ragazzi con videomania o videodipendenza uno dei comportamenti che compare frequentemente è quello di litigare ripetutamente con fratelli, sorelle e altri coetanei per aggiudicarsi più tempo davanti al videogiochi. Negli adulti videodipendenti, un numero in crescita, il tempo passato a giocare virtualmente è invece motivo di problematiche di coppia e familiari, legate alle accuse dei coniugi di essere trascurati o al venir meno, da parte del videogioco-dipendente, alle proprie responsabilità familiari. L’attivazione psicologica e l’ossessione del videogioco possono produrre anche uno stato di agitazione quando non si ha la possibilità di giocare ed uno stato di insonnia o un sonno agitato in cui compaiono sogni legati ai temi proposti dai videogiochi. Il quadro clinico della videodipendenza si delinea in modo completo proprio quando non si riesce più a controllare volontariamente il proprio comportamento in rapporto all’uso del videogame che spesso si associa anche ad una ricerca compulsiva di videogiochi sempre nuovi e alla moda, problema che negli adulti può produrre una vera e propria “sindrome da shoppping” specifica e nei ragazzi a delle continue e assillanti richieste di acquisto nei confronti dei genitori. La prima regola è quantitativa e riguarda il tempo impiegato nell’uso del videogioco, al quale si consiglia di non rivolgere una pratica quotidiana stabile e comunque mai superiore ad un’ora circa. Nel caso dei bambini le regole sul tempo da dedicare ai giochi devono divenire abitudini supervisionate dagli adulti, con pochissime e brevi eccezioni, soprattutto nei giorni festivi in cui è più facile perdere il controllo del tempo speso a giocare virtualmente. Una seconda regola riguarda la qualità del consumo, ossia la necessità di effettuare, come buona abitudine, delle brevi e frequenti pause da fare almeno ogni dieci minuti circa. Nel corso di tali pause si consigliano le buone regole delle “sicurezza nell’uso dei videoterminali”, ossia quelle che propongono di proiettare lo sguardo su oggetti distanti almeno sei metri al fine di riposare i muscoli oculari che sono costantemente contratti nel corso del gioco. La terza regola concerne la necessità di trascorrere solo una parte del tempo libero giocando ai videogames, lasciando spazio anche ad altre attività “reali” e “sociali”, come lo sport e gli incontri con amici. In tal modo, si prevengono sia i problemi legati alla sedentarietà che l’isolamento sociale. Dipendenza dal cibo . Qualcuno ha scelto il cibo come semplice momento di soddisfazione dei propri sensi. A livello del cervello sono elaborati segnali tramite l’attività dei neurotrasmettitori : monoamine e neuropeptidi. Del primo gruppo sono note la noradrenalina, che stimola l’assunzione del cibo, in particolare dei carboidrati, la serotonina, che induce senso di sazietà e la dopamina il cui ruolo è importante nell’equilibrio tra soddisfazione e desiderio di cibo e si pensa inoltre che stimoli l’assunzione di cibi proteici. Ampiamente diffusi sono i peptidi oppioidi, che vengono liberati in seguito a situazioni di stress fisico e mentale facendo aumentare il turn-over della serotonina e quindi stimolando l’assunzione di cibo. Nelle situazioni normali, mangiare è un’azione modulata dal ciclico alternarsi di fame e sazietà: la fame si sviluppa lentamente e periodicamente e, se non si è nelle condizioni di soddisfarlo, il desiderio di cibo aumenta, ma non ci sono condizionamenti delle attività in atto né compaiono segnali di stress o di bramosia ossessiva. 24 La dipendenza da cibo (food addiction) ha un percorso diverso: il desiderio (craving) di cibo spinge a mangiare; dopo aver mangiato segue una fase di soddisfazione durante la quale si percepisce piacere, energia e si ha un aumento dell’attività. Quando il desiderio ricompare, esso si sviluppa velocemente fino a sintomi di astinenza, che condizionano la vita quotidiana del soggetto. In queste condizioni la dopamina subisce un turn-over più rapido abbassando il grado di soddisfazione che deriva dall’assunzione di cibo. La periodicità con cui si presenta di nuovo il craving dipende dalla durata dei livelli di dopamina e serotonina e solitamente varia da pochi minuti a qualche ora. Il cioccolato è uno degli alimenti più irresistibili e desiderati; tanto per intenderci l’80% degli italiani lo considera il dolce più buono in assoluto. Qual è il segreto del suo successo? Spesso come risposta vengono riportate argomentazioni neurofisiologiche ineccepibili: gli zuccheri semplici che contiene innalzano i livelli di serotonina determinando buonumore, il magnesio migliora le capacità di reazione dell’organismo. La verità è che queste sostanze chimiche non sono in grado di determinare processi di dipendenza chimicofarmacologica nemmeno se assunte in grandi quantità. Si tratta di una dipendenza di tipo psicologico scatenata da particolari processi: 1. Il consumo di cioccolato viene generalmente associato a occasioni di festa e riproduce la sensazione data da momenti positivi di emozionalità familiare; 2. Il cioccolato rappresenta la conciliazione di opposti: può essere solido e liquido, chiaro e scuro, dolce e amaro. La sua capacità di riunire in sé le contrapposizioni dà l’idea di un di un piacere completo e quindi più gratificante; 3. Abbraccia significati materni di protezione, ma al tempo stesso impulsi atavici come la necessità di mordere e trarne soddisfazione. Coinvolge sfere inconsce sensoriali molto forti: per questo quando si gusta un cioccolatino si ha l’impressione di staccare da tutto il resto! Una posizione di riguardo, nell’assuefazione da cibo, è occupata dal cioccolato in tutte le sue forme, al punto di parlare di “cioccolatismo”. I “cioccolatisti” ne mangiano grandi quantità senza controllo per migliorare l’umore, per vincere la depressione: l’aroma, il sapore e la consistenza certamente aiutano, ma spesso vivono un forte senso di colpa dopo averlo consumato. C’è da chiedersi se contiene sostanze che interagiscono con l’organismo ;è infatti oggetto di bramosia soprattutto di donne e i picchi corrispondenti al periodo premestruale, suggeriscono un’implicazione ormonale. In alcuni casi il cioccolato è capace di dare una vera e propria dipendenza, definita come una totale incapacità di resistere a una o più razioni: il “cioccotossico” non riesce a fermarsi una volta che ha cominciato la tavoletta, e la quantità che consuma, secondo tutti quelli che lo circondano, è di gran lunga superiore alla media pro capite. Non si può praticamente parlare di astinenza, perché i veri abusatori di cioccolato non smettono mai di mangiarne, non fanno nessuna differenza tra l’estate e l’inverno. La media di cioccolato consumato arriva così a essere quattro o cinque volte superiore a quella del resto della popolazione, fino a toccare punte di 800/1000 gr. alla settimana. Il cioccolato viene consumato prevalentemente dopo cena, come ultimo e spesso unico piacere di una giornata faticosa, o per calmare l’irritabilità, dare nuova energia e migliorare il tono dell’umore e viene maggiormente ricercato dalle donne nel periodo che precede il ciclo mestruale . Il cioccolato contiene importanti sostanze psicoattive: accanto alle più conosciute teobromina e caffeina, eccitanti e stimolanti del respiro e dell’attività cardiaca, troviamo fenilalanina e tiroxina che sono precursori di dopamina e noradrenalina, importanti mediatori del sistema nervoso centrale. La presenza di tali sostanze potrebbe spiegare l’efficacia del cioccolato nel contrastare stati di ansietà e di depressione e nell’indurre sensazioni di piacere, benessere fisico e psichico ed una aumentata capacità lavorativa. 25 I repentini cambiamenti che si sono prodotti nella realtà sociale nelle ultime decadi includono elementi non sempre facili da identificare, capaci di "ferire" i bambini e gli adolescenti più di quanto non accadesse alla metà del secolo scorso. Tra questi appaiono più evidenti l’instabilità della famiglia, la riduzione degli spazi per relazioni interpersonali non strumentali, l’esposizione a un clima di disattenzione e in qualche caso di violenza in cui i bambini si trovano a crescere, la crisi delle ideologie politiche e delle fedi religiose con un impoverimento della percezione del futuro.Proprio in relazione a queste nuove problematiche sociali e ambientali, a dover interessare il medico, che per primo viene a contatto con il nucleo familiare e con le difficoltà dei bambini e degli adolescenti, non devono essere soltanto le forme di disagio conclamate e riconducibili a evidenti psicopatologie, ma soprattutto le situazioni di confine, spesso subcliniche e non facilmente diagnosticabili. Nel nostro tempo si manifestano nuove ed inconsuete forme di disagio, che in altre epoche erano rese latenti da fattori socio-culturalie dinamiche relazionali differenti. SINDROME DA DEFICIT DELLA PERCEZIONE DELLE GRATIFICAZIONI • impulsività • suscettibilità alla noia • intolleranza alla frustrazione dell’attesa nei confronti di obiettivi progettuali • temperamento con ricerca del nuovo e dello straordinario (novelty seeking) • aspettativa di forte impatto emozionale (Cloninger 1987) • propensione alla trasgressione • esposizione al rischio e ai comportamenti illegali (shop-lifting) (jumping) aggregazione a gruppi di pari devianti Una diffusa condizione diagnosticabile già nel bambino tra i tre e i sei anni, che può accompagnare tutta l’età evolutiva, persistendo sino alla prima giovinezza, è quella caratterizzata da un deficit della percezione delle gratificazioni (Blum et al., 2000), o meglio, l’incapacità a dilazionare la fruizione delle gratificazioni stesse:è la stessa condizione temperamentale che conduce un certo tipo di preadolescenti e adolescenti a ricercare un forte impatto emozionale al di fuori delle esperienze quotidiane: a coinvolgersi nelle varie forme di gioco d’azzardo (sale giochi, video games), a familiarizzare con materiale cinematografico del genere "horror", a esporsi al rischio del contatto con aggregazioni quali le sette e i culti o in altri casi a sviluppare dipendenza dal computer e da internet (Griffiths and Hunt, 1998; Hunter, 1998; Shapira et al., 2000). SINDROME DA DEFICIT DELLA PERCEZIONE DELLE GRATIFICAZIONI • impulsività • suscettibilità alla noia • intolleranza alla frustrazione dell’attesa nei confronti di obiettivi progettuali. • temperamento con ricerca del nuovo e dello straordinario (novelty seeking) • aspettativa di forte impatto emozionale (Cloninger 1987) • propensione alla trasgressione • esposizione al rischio e ai comportamenti illegali (shop-lifting) (jumping) aggregazione a gruppi di pari devianti Appare anche chiaro come proprio questi adolescenti siano i più vulnerabili per la facilità a sperimentare e a rimanere impigliati nell’abuso di alcool e nell’impiego di sostanze. 26 SINDROME ETICA • svogliato e disinteressato • irritabile e inconsistente • non sa appassionarsi ad alcuna attività anche ricreazionale • vago atteggiamento oppositivo nei confronti degli adulti • disponibile ai compromessi per la copertura delle esigenze consumistiche • aperto a esperienze di opposta valenza sul piano morale Questi soggetti, dal canto loro, possono mostrare notevoli difficoltà delle relazioni interpersonali, con forme di comunicazione povera, ristretta all’aggredire e al dipendere. In una famiglia spesso tutta polarizzata sul denaro, a qualunque ceto sociale appartenga, e propensa a svalutare la cultura e la scuola, se non come ambiti che consentono uno stato socio-economico più avanzato, , la mancanza di riferimenti valoriali e di fondamenti per la progettualità della persona conduce a una dispercezione del futuro che, anch’essa, può indurre nell’adolescente disforia e malumore, senso di inadeguatezza e disillusione precoce. DEFICIT D’ATTENZIONE CON IPERATTIVITA’ • Scarsa capacità di concentrarsi e di attenzione • Impulsività • Comportamento ipercinetico • Difficoltà dell’apprendimento • Difficoltà a portare a termine un compito assegnato Importante diviene una diagnosi precoce che verifichi, da parte del medico, se le problematiche dell’attenzione sono confinate alla scuola e quindi meno preoccupanti, o presenti in più settori, quali il gioco, lo sport e l’ambiente domestico. DISORDINE DELLA CONDOTTA • Partecipa a risse ed è aggressivo • Utilizza armi o oggetti analoghi che possono produrre seri danni • Fugge di casa e rimane a dormire fuori casa • Mente sistematicamente • É portato a rubare • É crudele con le persone e con gli animali • Distrugge o brucia oggetti che non gli appartengono • É trasgressivo a scuola A costituire quadri sub-clinici di disagio, si devono anche considerare le forme non conclamate dei disturbi dell’alimentazione; condizioni che, senza presentare i criteri diagnostici della vera e propria anoressia e bulimia, appaiono indurre notevoli alterazioni della qualità dell’alimentazione. SINDROME DA PROBLEMATICO ADATTAMENTO SOCIALE • Difficoltà di adattamento al nuovo • Timidezza estrema • Temperamento: dipendente dalla gratificazione • Sensibilità emotiva eccessiva • Senso di inadeguatezza e ansia • Disistima • Tendenza a isolarsi • Ansia da separazione • Disturbi psicosomatici Non è raro imbattersi in condizioni che, in relazione al venir meno delle connotazioni del genere maschile e femminile culturalmente accettate sino a qualche anno fa, presentino, indipendente da una omosessualità vera e propria, difficoltà alla identificazione con il proprio genere e alla interazione con l’altro sesso. 27 IL RUOLO DEL MEDICO • Prevenzione Si deve essere consapevoli delle opportunità della prevenzione che sia attuata precocemente: sin dalla gravidanza, infatti, l’evitare le condizioni di stress, la astensione dal fumo di tabacco e dagli alcoolici, un buon livello di accettazione del bambino da parte dei genitori possono evitare condizioni difficili presenti già alla nascita. • Counseling Il medico può promuovere e divulgare per le famiglie quella strategia pedagogica che è stata definita "authoritativeness" (Steinberg et al., 1992): un insieme di adeguata supervisione, profonda accettazione, e gratificazione dell’autonomia psicologica nei confronti dei figli, che si è visto facilitare una solida strutturazione della personalità, lo sviluppo di un comportamento adeguato e di buone performance scolastiche. E ancora il medico potrà suggerire ai genitori di coinvolgersi intensamente nelle vite dei figli, non in modo intrusivo e invadente, ma con la condivisione di sogni , progetti e difficoltà: in questo modo è stato dimostrato che si facilita la strutturazione del senso di appartenenza degli adolescenti. • Screening precoce E’ importante che il medico possa intuire precocemente l’esordio delle condizioni di difficoltà psichica e comportamentale di cui si è parlato, non confondendo le forme sub-cliniche di disagio con le normali turbolenze dell’adolescenza. • Aiuto a contattare i Servizi Specialistici Una volta identificate tali condizioni per tempo sarà sempre il medico a evitare l’allarme ingiustificato, le drammatizzazioni e i sensi di colpa dei famigliari, accompagnando, o verso cambiamenti del clima relazionale e degli atteggianti educativi, o attraverso la rete dei Servizi di terapia familiare, di psicoterapia individuale o di neuropsichiatria infantile 28