“ Cantami , o diva ,
dell’ erba infida i devastanti effetti ,
”
che infiniti addusse lutti agli umani…
Dedicato ai miei figli , ai miei alunni e a tutti i giovani ,
affinché durante la loro vita non abbiano mai la sventura di
sperimentare le dipendenze!
Prof. Rinaldi Patrizia
1
Su circa 800.000 specie di piante identificate dai
botanici, circa 4000 hanno proprietà psicoattive. Di
queste naturalmente alcune hanno avuto e hanno
un ruolo particolarmente importante: il papavero,
la canapa, la coca, il tabacco, il caffè, il tè, il betel,
e le numerose piante da cui si possono ricavare
bevande alcoliche. La conoscenza di certe piante
psicoattive è molto antica, come è provato da molti
reperti archeologici. L'uso della canapa come pianta
psicoattiva sembra aver avuto origine in India. Una
leggenda vedica racconta che il dio Shiva cercò
rifugio dal sole cocente in un boschetto di alte
piante di canapa, provò a mangiarne le foglie e ne
trasse tanto conforto da adottarle come suo cibo
preferito. I Veda (in particolare il quarto libro, risalente al 2000-1400 a.C.) citano per la prima
volta la canapa come una delle piante che "liberano dall'ansia".
Nell'Odissea (VII secolo a.C.) si parla del "farmaco Nepente che dona l'oblío dei mali",
probabilmente identificabile con l'oppio. Erodoto (V sec. a.C.) racconta dell'uso della canapa in
un rito funebre degli Sciti: dopo la sepoltura del defunto, gli uomini si radunavano in piccole
tende e buttavano semi di canapa in bracieri con pietre roventi, inalandone i vapori "con grida
di gioia".
Anche la produzione di bevande alcoliche per fermentazione dei cereali e dell'uva sembra
perdersi nei millenni. Ci sono prove dell'uso di una birra primitiva già intorno al 6400 a.C.
Forse il primo riferimento scritto a una bevanda alcolica si trova in un papiro egizio del 3700
a.C., e nel 2500 a.C. già si parla dei problemi legati al bere. Nel Codice di Hammurabi (circa
1800 a.C.) si ritrovano le prime "leggi" per regolare il commercio del vino. L'alcool di riso è
citato nei più antichi testi cinesi.
Intorno al 1250 gli alchimisti arabi scoprono la distillazione del vino e i primi "superalcolici".
Tra questi l'aqua vitae - acqua della vita - medicina straordinaria (quasi esclusivamente
riservata ai ricchi a causa dell'alto costo) che presto si diffonde in Europa.
Nel 1300 il consumo del caffè si espande dall'Etiopia verso l'Arabia e l'attuale Yemen:
dapprima il viene utilizzata solo come medicinale, poi diventa un tonico di uso sempre più
comune, o uno stimolante che tiene desti durante le lunghe veglie rituali.
A partire dal 1500 in Europa arrivano la coca e il tabacco dall'America, il caffè dall'Arabia, la
cola dall'Africa e il tè dalla Cina. L'oppio e l'alcool, come abbiamo già visto, sono in uso da
secoli. La nascita delle "case del caffè" come luoghi pubblici di riunione fa nascere qualche
opposizione da parte delle autorità islamiche: alcuni cominciano a sostenere che anche il caffè
- come il vino - è contrario al Corano...Nel 1559 Jean Nicot descrive le virtù medicinali del
tabacco. Pochi anni dopo, Nicolas Monardes, nel suo libro sulle piante del Nuovo Mondo, vi
dedica un lungo capitolo e lo raccomanda per 36 diverse malattie.
Intorno al 1575 il Sultano in Turchia e le autorità religiose in Arabia
continuano a emanare sempre più inefficaci leggi di proibizione del caffè
e di chiusura dei locali pubblici in cui esso viene consumato. Verso il
1600, si lascia finalmente perdere: d'ora in poi, la gente potrà
finalmente bere caffè in santa pace, mentre i governi penseranno a
incassare delle belle tasse sui consumi. E' in questo periodo che il caffè
arriva per la prima volta all'attenzione dei viaggiatori europei. Nel
frattempo, l'uso del tabacco come farmaco è ampiamente approvato,
ma il suo uso voluttuario è ancora guardato con sospetto, finché sir
Walter Raleigh non introduce la moda del sigaro alla corte d'Inghilterra.
In questo periodo, il tabacco arriva in Cina e in Giappone portato dai
portoghesi, e in Turchia grazie agli inglesi. Si hanno le prime notizie
della sua coltivazione, come pianta medicinale, in Toscana e a Roma.
Siamo al 1700 quando l'uso di alcolici continua a preoccupare in America e in Inghilterra dove
si bevono soprattutto liquori; molto meno nei paesi mediterranei, dove la bevanda preferita è il
vino.
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Dopo il 1757, in India, il monopolio statale dell'oppio passa sotto il controllo della famosa
Compagnia delle Indie, agente della penetrazione britannica nel subcontinente, e l’oppio
diventa un bene chiave nei commerci britannici in Oriente. In questo periodo, in Cina si inizia a
fumare l'oppio misto al tabacco e poi - con una speciale preparazione - anche l'oppio da solo
Nel 1803 Sertürner isola dall'oppio l'alcaloide principale, e dal nome del dio greco del sonno, lo
chiama morfina. In questo periodo, l'uso di oppio in Inghilterra si espande notevolmente,
perfino per tener tranquilli i bambini, ma, a differenza dell'uso di alcolici, non provoca ancora
nessun particolare allarme sociale.
Nel 1822, le Confessioni di un mangiatore d'oppio inglese di De Quincey mettono a fuoco il
fenomeno (allora non era ancora un "problema") della dipendenza fisica che compare con l'uso
continuativo di questa sostanza.
Intorno al 1850 i lavoratori indiani immigrati in Giamaica vi importano l'uso della Cannabis.
Negli USA, vari preparati di Cannabis sono ampiamente usati come farmaci.
Si diffonde sempre più l'uso della siringa ipodermica per iniettare morfina. Nei testi di
medicina, le indicazioni per l'oppio e la morfina sono numerosissime. La dipendenza è ben nota
ma ancora non solleva particolare preoccupazione.
Nel 1859 il medico italiano Paolo Mantegazza è uno dei primi a parlare entusiasticamente della
coca ("Sulle virtù igieniche e medicinali della coca") come rimedio ai disturbi nervosi e sessuali.
A partire dal 1863, Angelo Mariani produce il Vin Mariani alla Coca del Perù e l'Elisir Mariani
(più forte).
Nel 1868 in Inghilterra viene passata la "Legge sulla Farmacia", che riserva a chimici e
farmacisti iscritti agli albi professionali la vendita di oppiacei. Essendo già noto il fenomeno
della dipendenza, molte di queste medicine a base di oppio o morfina (mai dichiarati
sull'etichetta) sono vendute come "cura" per la dipendenza dagli stessi oppiacei! In altre
parole, se uno era dipendente da morfina e voleva smettere, si comprava una di queste cure
miracolose e subito guariva: perché continuava a prendere morfina credendo di avere smesso.
Ovviamente, non appena sospendeva la "cura" per un solo giorno, stava di nuovo male.
A fine '800 la cocaina viene ampiamente elogiata da S. Freud, i
cui scritti sull'argomento ("Sulla cocaina") sono stati ripubblicati
di recente in molti paesi, compresa l'Italia. Carl Koller è lo
scopritore (o forse riscopritore, perché è possibile che i medici
Inca già le conoscessero) delle proprietà della cocaina come
anestetico locale. Le bevande e gli elisir a base di coca si
moltiplicano, vivamente raccomandati da molti medici e ben
pubblicizzati come tonici e stimolanti. Il dott. Pemberton,
farmacista, inventa la Coca-Cola: ha un discreto successo, ma
dopo un po' vende la formula. L'acquirente fa uno dei grandi
affari della storia, anche se nel 1903, sull'onda delle crescenti
tendenze proibizionistiche, verrà spinto a eliminare la cocaina
dalla formula e a sostituirla con caffeina.
Siamo agli anni '60. Gli Stati Uniti, dopo aver conosciuto il
boom del consumo (su prescrizione medica) di barbiturici,
amfetamine e tranquillanti - fra gli adulti - passano attraverso il
boom dei consumi di marijuana e allucinogeni (come l'LSD) fra i
giovani. L'allarme sociale raggiunge punte di isterismo mai
visto, che dagli USA rimbalza in Europa e nel resto del mondo.
Negli anni '80 l’ecstasy (MDMA) fa la sua timida comparsa sul mercato delle sostanze
"ricreative".
Negli ultimi anni in molti paesi, tra cui la Svizzera, l'Australia, l'Olanda, il Canada si riconsidera
l'uso medico dell'eroina. La Svizzera avvia un programma di uso terapeutico dell’eroina per il
recupero dei tossicodipendenti: il suo programma è basato su un serio protocollo sperimentale
e su rigorosi controlli. In tutto il mondo, si riconsiderano gli usi medici della Cannabis, una
pianta proibita ancora prima di essere seriamente studiata. In diversi Stati nordamericani
viene approvato, via referendum, l’uso di marijuana per scopi medici. In Inghilterra, Canada,
Germania, e tra mille difficoltà anche in USA, si avviano studi scientifici sull’uso della Cannabis
nella cura di malattie come l’AIDS e la sclerosi multipla.
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Periodo classico
Preistoria
L’uomo fu costretto a combattere il
dolore ed imparò a conoscere il
valore terapeutico di tutto ciò che
la natura gli offriva . L’uomo si
circondava di piante, poiché adorava
i fenomeni e gli elementi naturali
come divinità. La pianta più antica e
più nota usata dall’uomo è il
Papavero da oppio
L’oppio venne utilizzato tra Sumeri ,
Assiri , Babilonesi , Egiziani e
Persiani.
Questa
droga
veniva
utilizzata nelle cerimonie religiose o
veniva somministrata come “elisir”.
Con i romani verrà utilizzato in
campo medico.
Medioevo
Rinascimento
Le droghe provenienti dall’oriente
furono utilizzate da maghi e streghe
per la preparazione di pozioni
velenose e filtri amorosi
Con la scoperta dell’America la
medicina si arricchì di nuovi farmaci
come
la
coca.
Questa
veniva
masticata per alleviare le sensazioni
di fatica.
Romanticismo
Dagli anni ’60 ad oggi
Nel 1895 fu inventata la siringa , per
questo motivo aumentò la diffusione
di tali sostanze. Durante le guerre
per curare i feriti veniva usata la
morfina
L’uso delle droghe divenne un moda
tra gli “hippies” e tra i veterani della
guerra di Corea e del Vietnam. Oggi
la droga è diventato un grave
problema sociale.
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L'alcol
etilico, o etanolo, è una sostanza ottenuta per
fermentazione e/o distillazione di sostanze contenenti zuccheri o per
sintesi.
Le bevande quali il vino, la birra, gli aperitivi, i superalcolici sono
definite bevande alcoliche in quanto contengono una determinata
percentuale di alcol, espressa generalmente in gradi: il vino da pasto
per esempio , ha 10/12 gradi, la birra 5, gli aperitivi 18 e i superalcolici
circa 45.
Anche alcuni farmaci (es. sciroppi) ed alcuni alimenti (es. dolciumi)
possono contenere una percentuale di alcol.
L'alcol è però una droga giuridicamente legale, accettata dalla nostra
cultura che da secoli apprezza e combatte i suoi effetti. A parità di
azioni insensate, l'opinione pubblica si scandalizzerà sempre maggiormente per le azioni di un
drogato che per quelle di un ubriaco . L'Italia è nel mondo fra i primi produttori di vino ed
alcolici ed al secondo posto per il loro consumo procapite Contrariamente a quanto avviene in
altri Paesi, come ad esempio quelli nord-europei in cui il consumo dell'alcol avviene
generalmente a poussèe (tipico l'assuntore del week end, che per tutto il resto della settimana
non beve) con conseguenti frequentissime intossicazioni acute, in Italia non è raro trovare
consumatori abituati a bere per anni quantitativi considerevoli di vino ogni giorno senza mai
cadere in condizione di ubriachezza ma destinati a morire per una cirrosi epatica, conseguente
al ripetuto insulto tossico sul fegato
L'alcol è infatti una sostanza molto tossica per la cellula epatica, più di molte droghe illegali,
tanto che in medicina dello sport si individua in un ¼ di litro di vino ai pasti la dose massima
compatibile con l'esigenza di mantenere in piena efficienza la macchina umana. L'assunzione
ripetuta di dosi massicce di alcol può determinare nel lungo periodo epatiti, cirrosi,
arteriosclerosi, gastriti, ulcere, problemi circolatori, danni al sistema nervoso, ottundimento
della memoria, crisi epilettiche, cancro allo stomaco e problemi digestivi nonchè, nei soggetti
predisposti, la manifestazione di un’ un'aggressività difficilmente controllabile.
Diverse ricerche scientifiche hanno determinato che esistono persone particolarmente
predisposte a sviluppare abuso alcolico e dipendenza. Questa predisposizione può essere
determinata da fattori genetici (e quindi ereditari) e psicosociali che faciliterebbero il
manifestarsi di un rapporto di dipendenza con l'alcol. In ogni caso va ricordato che nessuno
può considerarsi in modo assoluto immune dal pericolo di problemi alcolcorrelati. Il ricorso agli
alcolici può essere associato, nella vita di chiunque, a momenti di maggiore vulnerabilità e, se
non si ha chiaro di aver a che fare con una sostanza pericolosa, può essere più facile usarla per
ottenere quegli effetti psicoattivi (euforia, socializzazione, distensione….) che normalmente si
possono raggiungere senza l'uso di sostanze. I gruppi che risultano più a rischio di sviluppare
dipendenza sono le donne di mezza età ed i giovani di età compresa tra i 15 ed i 24 anni. Un
dato preoccupante riferito a questi ultimi è l'aumento di casi di ubriachezza ripetuta, quelli di
guida in stato d’ebbrezza e con assunzione contemporanea di droghe. È importante sottolineare
che spesso i problemi alcolcorrelati provocano disagio e sofferenza all’interno della famiglia. In
presenza di tale problema i ruoli e le funzioni familiari spesso si modificano, la comunicazione
si fa difficile o si interrompe del tutto. Aumentano le tensioni e le incomprensioni che spesso
inducono la famiglia a disgregarsi ed isolarsi. I figli risentono del clima negativo che vivono in
famiglia e possono manifestare il loro disagio attraverso alcuni comportamenti (difficoltà
scolastiche, uso di sostanze illegali, aggressività, irrequietezza, sofferenze psicologiche).È
molto importante che in famiglia ci sia da parte dei genitori, al di là delle belle parole, un
"esempio educativo" al non uso di alcol e sostanze psicoattive.
L’alcol è una sostanza psicoattiva che agisce producendo modificazioni di tipo psicologico
(affettivo, cognitivo e comportamentale) e induce, come gli oppiacei, fenomeni neuroadattivi.
L’alcol ingerito è assorbito rapidamente attraverso lo stomaco, l’intestino tenue e il colon.
Nello stomaco, la velocità di assorbimento aumenta a digiuno e anche nel caso di assunzione di
bevande a più alta gradazione alcolica.
5
Soprattutto, al pari dell’eroina, del metadone e della morfina, l’alcol agisce sulle vie della
gratificazione, rappresentando quindi un notevole stimolo motivazionale al consumo. L’alcol fa
parte, come i barbiturici, dei depressori non selettivi del SNC, ossia di un gruppo di sostanze
capaci di indurre, a dosi crescenti, alterazioni comportamentali progressive, che vanno da un
effetto ansiolitico e disinibente ad uno sedativo-ipnotico, fino al coma e alla morte per
depressione dei centri respiratori e cardio-circolatori cerebrali. L’alcol esplica dapprima
un’azione eccitante che, con l’aumento della quantità assunta, si trasforma in depressiva .
L’alcol incide poi in maniera più o meno evidente sugli organi di senso, restringe il campo
visivo, disturba la visione binoculare, diminuisce la capacità di valutare correttamente i suoni,
e soprattutto compromette la capacità di giudizio dissociando l’oggettivo dal soggettivo
,condizione pertanto predisponente agli incidenti.
La stessa euforia determina effetti psicosomatici tali da inibire l’equilibrio psicomotorio e
l’autocontrollo; si associano ad essa anche disturbi motori causati dall’iniziale accentuazione e
al successivo indebolimento dei riflessi spinali, comportanti l’incertezza nei movimenti,
barcollamento, fino all’incoordinazione motoria dell’ubriachezza conclamata.
L’alcolismo, inoltre, provoca alterazioni metaboliche (iperuricemia e ipertrigliceridemia,
ipofosfatemia), inibizione del sistema immunitario e riduzione del campo visivo.
Il consumo di alcol durante la gravidanza può provocare aborti, parti prematuri, indurre un
ritardato accrescimento del feto con basso peso alla nascita, malformazioni scheletriche,
microcefalie e ritardo mentale. Il Piano Sanitario Nazionale 2003 – 2005 ha evidenziato e
rimarcato che l’assunzione di alcolici rende i lavoratori più inclini a comportamenti ad alto
rischio, per se stessi e per gli altri e rende inadeguate le condizioni psicofisiche rispetto a
quanto richiesto, sotto il profilo della sicurezza, dall’attività lavorativa svolta. Il consumo di
alcol ha quindi ripercussioni significative sia sul fenomeno infortunistico nel nostro paese sia
sull’aumento dell’assenteismo dal lavoro per malattia, con conseguente disagio organizzativo
nell’ambito aziendale e con pesanti oneri sulla produttività e di riflesso sulla collettività. L’alcol
, escludendo tabacco e caffeina, è la sostanza psicoattiva più utilizzata dai giovani dell’Unione
Europea. Cresce sempre più la preoccupazione per il l’aumento del livello di ubriachezza e
dell’uso di alcol “come divertimento” spinto anche da una società che sta estremizzando l’idea
dello status simbol e dell’immagine. Il breve excursus storico presentato nell’introduzione ha
messo in luce come, negli ultimi anni, si sia spostata l’attenzione dal bere inteso come vizio o
malattia, al bere come comportamento, come stile di vita, introducendo il concetto di rischio,
relativamente al consumo di alcol. La terminologia corrente definisce “alcolismo” una
condizione individuale caratterizzata dalla presenza di un rapporto di dipendenza dalla
sostanza, che nel tempo provoca disagi a livello fisico, psichico e nelle relazioni familiari, sociali
e lavorative. Il DSM IV ( Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) definisce la
dipendenza come “una modalità patologica d’uso della sostanza che conduce a menomazione o
a disagio clinicamente significativi”; tra i suoi indicatori, i più rilevanti risultano essere la
tolleranza e l’astinenza. Non si può definire una categoria unica in cui inserire il fenomeno
“alcolismo”. Esistono piuttosto più “alcolismi”, tanti quanti sono le persone che si suppone
abbiano questo problema. Questo è il motivo per cui risulta difficile individuare un intervento
che sia efficace per tutti i casi che si presentano. Il fenomeno, infatti, presenta molteplici
aspetti psicologici, medici e sociali e
solamente l’interazione tra le diverse
competenze, anche attraverso un
efficace lavoro di rete, può rivelarsi
vincente.
Si
tratta
pertanto
di
costruire, a volte con fatica e pazienza,
percorsi di collaborazione che siano
efficaci nelle singole situazioni .Ciò può
diventare più facile se tutti ci riteniamo
coinvolti in questo progetto di salute
che è uno degli obiettivi prevalenti di
questo opuscolo.
6
La nicotina, una delle 4000 sostanze chimiche trovate nel fumo di tabacco
(sigarette, sigari, pipa…), è il principale agente che influenza il cervello. Anche i
prodotti di tabacco senza fumo, come il tabacco in polvere o il tabacco da fiuto
ed il tabacco di masticare, contengono molte tossine di nicotina. La nicotina,
riconosciuta come una delle droghe che danno maggiore assuefazione e
largamente utilizzate, è un liquido incolore che diventa marrone quando si
scotta, acquisendo l'odore tipico del tabacco quando si espone all'aria. Da
quando la nicotina fu identificata per la prima volta agli inizi del secolo XIX, è
stata studiata estensivamente e si è dimostrato che ha numerosi effetti
complessi e non anticipabili sul cervello e sul corpo.
Fumare sigarette costituisce la forma predominante di assuefazione alla nicotina. La nicotina si
assorbe attraverso la pelle e la mucosa della bocca e del naso o si inala attraverso i polmoni. A
seconda di come s’ingerisce il tabacco, la nicotina può arrivare rapidamente a livelli molto alti
nel sangue e nel cervello. Per esempio, fumare sigarette può portare ad una distribuzione
rapida di nicotina per tutto il corpo, arrivando al cervello in 10 secondi dopo essere stato
inalata.
La nicotina dà dipendenza. La maggioranza dei fumatori utilizzano regolarmente il tabacco
perché sono dipendenti dalla nicotina. L'assuefazione si caratterizza per la ricerca ed uso
compulsivo delle sostanze, nonostante le conseguenze negative per la salute, e decisamente il
tabacco si adatta a questa descrizione. È ben documentato che la maggioranza dei fumatori
definisce il tabacco dannoso ed esprime il desiderio di ridurre o fermare il suo utilizzo, e quasi
35 milioni di essi tentano seriamente di smettere di fumare almeno una volta all’anno.
Purtroppo, meno del 7% di coloro che tentano di lasciare l'abitudine da soli riescono a resistere
e avere più di un anno di astensione. La maggioranza ha una ricaduta pochi giorni dopo avere
smesso. D’importanza principale in relazione alla sua capacità di dare assuefazione sono le
ricerche che documentano come la nicotina attivi il circuito del cervello che regola i sentimenti
del piacere, conosciuti anche come le vie di gratificazione. Fumare sigarette produce una
distribuzione rapida di nicotina al cervello, arrivando questa al suo livello massimo nei primi 10
secondi di inalazione. Gli effetti acuti della nicotina si dissolvono in alcuni minuti, cosa che
provoca nel fumatore la necessità di una frequente ricerca della sigaretta durante il giorno per
mantenere gli effetti piacevoli della droga ed evitare la sindrome di astinenza.
In un
periodo di 5 minuti, un fumatore abituato dà 10 tiri ad una sigaretta accesa. Pertanto, una
persona che fuma circa un pacchetto e mezzo, 30 sigarette al giorno, dà al suo cervello circa
300 "colpi" giornalieri di nicotina.
L'impatto dell'assuefazione alla nicotina in termini di comorbilità, mortalità e costi economici
alla società è sorprendente. Una ricerca commissionata dal NIDA che annualmente realizza
inchieste tra gli adolescenti negli Stati Uniti sull'uso di droghe ed atteggiamenti in relazione con
queste, verificò che tra i giovani il tabacco è la sostanza maggiormente utilizzata. Il tabacco
ammazza oltre 430.000 cittadini americani ogni anno - più dell’alcool, della cocaina, eroina,
omicidi, suicidi, incidenti, incendi ed AIDS. Il tabagismo è la causa principale di decesso negli
Stati Uniti, cosa che però potrebbe essere prevenuta. L'esposizione cronica alla nicotina dà
assuefazione. Le ricerche stanno cominciando ora a documentare tutti i cambiamenti
neurologici che accompagnano lo sviluppo ed il mantenimento dell'assuefazione alla nicotina.
Tuttavia, le conseguenze comportamentali di questi cambiamenti sono ben documentate. Più
del 90% dei fumatori che tentano di lasciare l'abitudine senza trattamento falliscono, la
maggioranza ricade in una settimana.
L'esposizione ripetuta alla nicotina porta ad uno sviluppo di tolleranza, condizione che
richiede dosi sempre più alte di una sostanza per produrre la stessa stimolazione iniziale. Il
metabolismo processa la nicotina abbastanza rapidamente, eliminandola dal corpo in poche
ore.
Pertanto, durante la notte i fumatori perdono questa tolleranza e spesso informano che
generalmente le prime sigarette del giorno sono le più forti o le "migliori". In seguito,
sviluppano una tolleranza acuta e le sigarette addizionali non hanno tanto effetto.
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La sospensione dell'uso di nicotina è seguita da una sindrome di astinenza che può durare un
mese o più ed include sintomi che rapidamente conducono le persone a rinnovare l'uso del
tabacco. I sintomi di astinenza della nicotina possono cominciare poche ore dopo l'ultima
sigaretta ed includono irritabilità, craving, deficit cognitivi e di attenzione, disturbi del sonno,
ed aumento dell'appetito. I sintomi arrivano al loro punto massimo nei primi giorni e possono
placarsi in poche settimane. Tuttavia, per alcune persone i sintomi possono durare addirittura
mesi.
Una componente importante ma poco considerata della sindrome di astinenza dalla nicotina è il
"craving", un desiderio poderoso per la nicotina che si descrive come il maggiore ostacolo per
riuscire ad avere successo nell'astensione. I livelli alti di craving per il tabacco possono durare
6 mesi o più. Per alcune persone, il fatto di sentire, annusare o guardare una sigaretta come il
rito di tenere, manipolare, accendere e fumare la sigaretta, sono associati con gli effetti
piacevoli del fumare e possono fare si che l'astinenza o il craving peggiorino. Mentre la gomma
da masticare o i cerotti alla nicotina possono alleviare gli aspetti farmacologici dell'astinenza,
spesso il craving perdurerà.
Le conseguenze mediche dell'esposizione alla nicotina derivano dagli effetti della sostanza così
come dalla maniera in cui la si assume. Gli effetti più dannosi dell'assuefazione alla nicotina
derivano dall'uso di tabacco, cosa che causa quasi tutti i tipi di cancro. Tra i tipi di cancro
causati dal tabacco troviamo principalmente il cancro al polmone, il numero uno nel causare la
morte tanto tra gli uomini quanto tra le donne che fumano. L'uso di sigarette è stato associato
col 90% di casi di cancro del polmone.
Oltre al cancro al polmone, l'abitudine al fumo causa anche malattie polmonari come la
bronchite cronica e l'enfisema e si sa che peggiora i sintomi dell'asma in adulti e bambini. Il
tabagismo è associato anche col cancro della bocca, della faringe, della laringe, dell'esofago,
dello stomaco, del pancreas, dei reni, e della vescica. La totalità di morti causate dal cancro è
due volte maggiore tra i fumatori che tra quelli che non fumano ed i tassi per coloro che
fumano molto sono quattro volte più alti che quelli di coloro che non fumano. Negli anni
quaranta si dimostrò per la prima volta la relazione tra il tabagismo e le malattie
cardiocircolatorie. Da quella data è rimasto ben documentato che l'abitudine al fumo aumenta
sostanzialmente il rischio dei disturbi cardiaci, includendo l'apoplessia, gli attacchi al cuore,
malattie vascolari, ed aneurismi. Si stima che quasi tutte le morti per disturbi cardiaci si
possono attribuire al tabagismo. Nelle donne incinte l'alta dose di nicotina proveniente
dall'inalazione del fumo del tabacco interferisce con la somministrazione di ossigeno al feto. La
nicotina attraversa facilmente la placenta e le concentrazioni di nicotina nel feto possono
essere fino al 15% più alte che nella madre. Sembra che
la nicotina sia concentrata nel sangue fetale, nel liquido
amniotico e nel latte materno. Si è dimostrato che un altro
ingrediente del fumo di tabacco, il monossido di carbonio,
inibisce la liberazione dell'ossigeno ai tessuti embrionali.
La combinazione di questi fattori è responsabile del ritardo
nello sviluppo che comunemente si vede nei feti e bambini
delle madri che fumano.
Le donne che fumano durante la gravidanza hanno
maggiori probabilità di quelle che non fumano di avere un
parto prematuro, ed esiste il rischio che i bambini nati a
termine abbiano un basso peso neonatale. Le indagini
estensive
hanno
mostrato
che
i
trattamenti
comportamentali e farmacologici per l'assuefazione alla
nicotina funzionano. Per quelle persone decise a smettere
di
fumare,
una
combinazione
di
trattamenti
comportamentali e farmacologici può aumentare il tasso di
successo del doppio di quelle che seguono trattamenti con
placebo. Inoltre, smettere di fumare può avere un impatto
positivo immediato nella salute della persona. Per
esempio, un uomo di 35 anni che smette di fumare
aumenta la sua aspettativa di vita in media di 5 anni.
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La marijuana - spesso chiamata “pot” “grass” “weed” (erba,
erbaccia), “mary jane” o “mj” - è una mistura verdastro-grigia di foglie,
gambi, semi, e fiori della canapa - Cannabis sativa – essiccati e
tagliuzzati. La maggior parte degli utilizzatori fuma marijuana in forma
di sigarette fatte a mano, chiamate fra l’altro “joints” (spinelli), mentre
alcuni usano pipe o pipe d’acqua (“bongs”). Sono anche diventati di
moda dei sigari di marijuana (“blunts”). Per fare questi ultimi, coloro che
fumano aprono i sigari con un taglio e sostituiscono il tabacco con la
marijuana, spesso in combinazione con altra droga come crack o
cocaina. La marijuana viene anche usata per tisane e a volta mescolata
in pietanze. Il principale principio attivo nella marijuana è delta-9tetraidrocannabinolo (THC) ,che provoca gli effetti psicoattivi della droga ed è anche il
principio psicoattivo dell’hashish. Gli effetti della marijuana cominciano subito dopo l’ingresso
della droga nel cervello e durano da una a tre ore. Se la marijuana viene assunta attraverso il
cibo o se è bevuta, gli effetti a breve termine cominciano più lentamente, di solito dopo una
mezz’ora od un’ora, e durano di più, anche fino a 4 ore. Se l’utente fuma la droga, la
marijuana deposita molto più THC nel sangue di quando è mangiata o bevuta. Pochi minuti
dopo l’inalazione del fumo di marijuana, il cuore dell’individuo comincia a battere più
rapidamente, le vie bronchiali si rilassano e si dilatano, e i vasi sanguigni negli occhi si
espandono e diventano rossi. Il battito cardiaco, normalmente a 70 o 80 battiti al minuto, può
aumentare da 20 a 50 battiti al minuto o, in altri casi, può perfino raddoppiarsi. Quest’ultimo
effetto può essere ancora più evidente se con la marijuana vengono assunte altre droghe. Un
utente di marijuana può provare delle sensazioni piacevoli, i colori e i suoni possono sembrare
più intensi, e il tempo passare più lentamente. La bocca diventa asciutta e possono verificarsi
improvvisamente sensazioni molto forti di fame e di sete. Le mani possono tremare o diventare
fredde. Dopo un po’ l'euforia passa e poi l'utente può sentirsi sonnolento o depresso. Qualche
volta l’uso della marijuana produce ansia, paura, diffidenza nei confronti degli altri o panico.
L’uso della marijuana danneggia l'abilità di una persona di memorizzare eventi, richiamarli e di
spostare l’attenzione da una cosa ad un’altra. Quando la marijuana viene fumata, il suo
ingrediente attivo (THC) passa per tutto l’organismo, cervello incluso. È stato dimostrato che
l’uso di marijuana aumenta l’incapacità di smettere di fumare tabacco. Un individuo che fuma
marijuana regolarmente può essere soggetto a molti degli stessi problemi respiratori che
colpiscono i fumatori di tabacco: es. tosse abituale, la produzione di catarro, una più alta
frequenza di malattie respiratorie acute, un più elevato rischio d’infezioni ai polmoni ed una
tendenza a soffrire di ostruzione delle vie aeree. L’abitudine di fumare marijuana può anche
essere un fattore di causa per il cancro del tratto respiratorio e dei polmoni. La marijuana ha il
potenziale di favorire lo sviluppo di cancro, in particolare ai polmoni e alle altre regioni del
tratto respiratorio perché contiene agenti irritanti e cancerogeni. Il fumo di marijuana contiene
dal 50 al 70 % di idrocarburi cancerogeni in più rispetto al fumo del tabacco. Uno studio ha
indicato che il rischio che una persona subisca un infarto cardiaco entro la prima ora dopo
avere fumato marijuana è quattro volte più alto del rischio normale per quel soggetto. Gli
studenti che fumano marijuana ottengono voti più bassi e hanno meno probabilità di
diplomarsi alla fine del liceo rispetto ai loro compagni di classe che non fumano. Gli operai che
fumano marijuana hanno una probabilità più elevata di riscontrare problemi sul lavoro. Molti
studi hanno associato l’abitudine di fumare la marijuana tra lavoratori con un aumento di
assenze
dal
lavoro,
ritardi,
incidenti,
domande
per
compensazione a lavoro e cambiamenti di lavoro. La
depressione, l’ansia, e disturbi della personalità sono tutti
associati all’uso di marijuana. La letteratura dimostra
chiaramente che l’uso di marijuana ha il potenziale di provocare
problemi nella vita quotidiana o di peggiorare problemi
personali già esistenti. La ricerca ha inoltre dimostrato che l’uso
di marijuana può avere un effetto negativo sulla memoria e
sull’apprendimento, per giorni o per settimane dopo gli effetti
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acuti dell'uso della droga. L’uso di marijuana a lungo termine può condurre a dipendenza.
Sintomi d’astinenza possono rendere la cessazione dell’uso della droga difficile per fumatori di
marijuana a lungo termine. Le persone che tentano di smettere provano irritabilità, difficoltà di
dormire ed ansia. In test psicologici mostrano anche un aumento di aggressività che raggiunge
il punto più alto circa una settimana dopo che hanno smesso di usare la droga.
L'oppio è uno stupefacente ottenuto incidendo le capsule del
Papaver somniferum e raccogliendone la linfa che trasuda, che poi
viene lasciata rapprendere all'aria in una resina scura che viene
impastata in pani di colore bruno, che emanano un odore dolciastro e
hanno un sapore amaro. L'oppio è molto ricco di sostanze alcaloidi o
lievemente basiche: di queste, quelle con struttura chimica
fenantrenica (morfina, codeina e tebaina) sono analgesiche, costipanti
ed euforizzanti, mentre quelle isochinoliniche (papaverina, noscapina,
narceina) sono solo spasmolitiche. L'azione analgesica ed euforizzante,
sfruttata in medicina e a scopo ricreativo dai tossicodipendenti, è
dovuta soprattutto alla morfina. Vi sono diversi modi di consumare questa sostanza. Il più
diffuso nei paesi occidentali è quello di scaldare una piccola pallina su una stagnola e di
inalarne il fumo. Per poterlo consumare nel modo tradizionale, invece, l'oppio deve essere
prima preparato facendolo fermentare e aggiungendovi nella fase finale della fermentazione un
fungo, l'Aspergillus niger. Dopodiché è pronto per essere consumato, in genere fumato in
apposite pipe (pipe da oppio) che ne contengono 0,25 g: un oppiomane può fumarne da 20 a
100 al giorno. In questo modo si assume il 75% della morfina contenuta nell'oppio (il resto
evapora) e si eliminano una serie di altre sostanze presenti nell'oppio: il dross, il residuo
dell'oppio fumato, è tossico ma molto ricco di morfina e viene in genere riutilizzato
mescolandolo a tè o caffé per ottenere il tyl, una bevanda usata in Oriente, oppure viene
torrefatto per poter essere fumato di nuovo. Il prodotto della torrefazione viene chiamato tinks
o samsching.L'assunzione per via orale avviene masticando palline di oppio, oppure mescolato
in alimenti dal sapore molto dolce, oppure con varie bevande, con piccole quantità di hashish.
In alternativa può essere mescolato a tabacco, a betel o a succo di tamarindo. In Europa alcuni
assumono oppio concentrato per bollitura ripetuta iniettandoselo per endovena, con gravi rischi
di infezione. Il laudano (tintura di oppio) fu preparato per la prima volta da Paracelso, ma
venne diffuso in ambito terapico molto più tardi da Sydenham come sedativo della tosse e per
calmare diarrea e dolori colici. Attualmente però è stato sostituito in medicina da prodotti
analoghi sintetici più specifici: la morfina e i suoi agonisti, insieme alla pentazocina, vengono
usati in terapia del dolore per la loro spiccata azione analgesica; il metadone è usato solo nello
svezzamento da eroina durante la disintossicazione; la codeina e derivati si usano come
sedativi della tosse, mentre il fentanyl e suoi analoghi trovano uso in anestesia come potenti
analgesici.
La morfina è un alcaloide che si trova maggiormente nei pericarpi immaturi di Papaver
somniferum. Viene isolato dall'oppio (il succo gommoso uscente dal pericarpo immaturo dopo
un'incisione). Tramite reticulina si formano poi gli alcaloidi morfinanici dei quali fa parte la
morfina. Per le sue proprietà narcotico-stupefacenti e perché provoca grave dipendenza
è sottoposta alle leggi sugli stupefacenti: la dipendenza fisiologica si instaura dopo un periodo
che va da una a due settimane di uso, ma per alcuni soggetti possono bastare poche dosi per
creare dipendenza psicologica. Questa sostanza viene spesso somministrata ai malati terminali
di cancro in quanto è un potente antidolorifico e seppur nociva all'organismo riesce a mitigare
la morte dei pazienti affetti da quella terribile malattia. Le prime sperimentazioni di morfina e
della più potente eroina sono spesso prive di effetti definiti "piacevoli", e a volte anzi
provocano uno stato ansioso accompagnato da malessere, nausea, vomito. Se l'aspettativa è
alta, la prima assunzione di morfina costituisce spesso una delusione. L'effetto è comunque in
parte soggettivo e in parte dipeso dalla modalità di assunzione, dalla situazione psicologica e
dall'autosuggestione. Superate le prime assunzioni la morfina può produrre una sensazione di
euforia e benessere fisico generalizzato; vi è uno stato di abbassata reattività psico-fisica
associata a brevi momenti di confusione e ottundimento dei sensi. Se la droga è iniettata per
via endovenosa o intramuscolare si avverte il cosiddetto flash: una sensazione brevissima di
intenso piacere che sale rapidamente dall'addome fino alla testa. L'esperienza del flash
dipende molto da tipo di droga (morfina, eroina o simili), da come è tagliata o con cosa è
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associata (per esempio con atropina) e dal livello di assuefazione. Con il tempo e il ripetersi
delle assunzioni l'organismo sviluppa sia dipendenza sia assuefazione agli effetti; le
sensazioni pseudo-piacevoli durano sempre meno e sono sempre meno intense, e il
tossicomane deve aumentare gradualmente la dose per ottenere gli stessi effetti. All'inizio del
consumo abituale di morfina è relativamente facile mantenere una vita normale, ma poco a
poco oltre a quella psicologica si instaura la dipendenza fisica, per cui diventa sempre più
difficile staccarsi dalla sostanza, e inizia a svilupparsi il bisogno di assumerne in continuazione,
a qualsiasi costo, con effetti devastanti sulla socialità e sulla salute mentale. Anche se
l'organismo si abitua gradualmente alla morfina e derivati, può accadere che la dose assunta
(incidentalmente o intenzionalmente, o ancora per nuova assunzione dopo un periodo di
astinenza prolungata, in cui l'organismo ha ridotto la tolleranza) sia troppo elevata, inducendo
uno stato di intossicazione acuta che è letale se non viene curato immediatamente. La
sindrome da overdose è specifica e inconfondibile, diagnosticabile dalla presenza di tre
sintomi: miosi, respirazione ridotta o assente e coma. L'uso cronico induce uno stato di
intossicazione la cui gravità dipende molto dal dosaggio medio assunto, dal tipo di droga, dalla
sua purezza e dal modo in cui viene assunta; molto spesso, trattandosi di droghe "da strada",
a questi fattori si aggiungono altre patologie dovute alla scarsa o inesistente igiene e alle
sostanze mescolate alla morfina base per diluirla (in genere lattosio o mannite, ma a volte
anche polvere di marmo o sostanze tossiche come stricnina, piombo o chinino), per cui può
essere difficile separare gli effetti diretti dell'intossicazione da morfina da quelli secondari dello
stile di vita del tossicomane. Fisicamente , i sintomi sono pelle secca e sudorazione facile,
stitichezza, alterazioni dentarie, dimagrimento progressivo, problemi epatici, cuore polmonare
cronico (polmone da narcotici), una serie di malattie renali, immunitarie ed allergiche. Si
possono riscontrare lesioni al cervello e al sistema nervoso centrale e periferico; compaiono
alterazioni della vista (miosi estrema, nistagmo, atrofia del nervo ottico fino alla cecità) e
dell'udito. Dal punto di vista comportamentale e psichico il soggetto è ansioso, irrequieto, ha
scarso appetito. L'attività sessuale è ridotta o assente. Il carattere si modifica profondamente:
il consumatore abituale diventa apatico, indifferente, privo di iniziativa: è interessato
principalmente alla droga. Tutti gli impegni, di qualunque genere, finiscono per essere
trascurati, come anche l'affettività. Vengono colpite anche le funzioni intellettive: la memoria e
l'attenzione si indeboliscono, l'ideazione è rallentata e possono comparire allucinazioni, psicosi
e tendenze suicide. Oltre a questo, devono essere menzionate le conseguenze della modalità di
assunzione: l'usare siringhe non sterili e già usate da altri, il diluire le dosi con acqua non pura
e a volte il praticarsi iniezioni attraverso i vestiti porta a una grande incidenza di ascessi,
flemmoni, tromboflebiti; è altissima fra i tossicodipendenti l'incidenza di AIDS e di epatite B e
C. Altre conseguenze gravi vengono dalla mancanza di controllo: gli incidenti automobilistici
sono più frequenti e gravi, come anche i comportamenti violenti e irresponsabili.
L'eroina è una droga illegale che dà rapidamente
assuefazione. Allo stesso tempo è l'oppiaceo più abusato
e quello ad azione più rapida. L'eroina si ricava dalla
morfina, e si estrae dai semi di certe varietà di papaveri. In
genere si vende sotto forma di polvere bianca o marrone, o
come sostanza nera, appiccicosa, che comunemente è
conosciuta con il nome di "gomma" o "catrame nero" (black
tar heroine). Benché l'eroina di maggiore purezza stia
diventando più comune, la maggior parte dell'eroina che si
vende per strada è mischiata o "tagliata" con altre droghe
o con sostanze come lo zucchero, l'amido, il latte in polvere
o il chinino. L'eroina venduta per strada può essere tagliata anche con stricnina o altri veleni.
Poiché gli utilizzatori d’eroina non conoscono la forza reale della droga o il suo vero contenuto,
sono a rischio d’overdose o di morte ad ogni dose. L'eroina inoltre presenta particolari
problemi dovuti alla trasmissione di HIV ed altre malattie infettive, trasmesse condividendo gli
aghi o con altre modalità. Generalmente l'eroina s’inietta, s’inala o aspira, o si fuma. Nella
maggioranza dei casi un tossicodipendente s’inietta eroina fino a quattro volte al giorno. Poco
dopo l'iniezione, o l'inalazione, l'eroina arriva dal sangue al cervello. Nel cervello, l'eroina si
trasforma in morfina e rapidamente si lega coi recettori degli oppioidi. Tipicamente i
tossicodipendenti affermano di sentire un'ondata di sensazioni gradevoli, un "rush". L'intensità
del "rush" è in funzione della quantità di droga che si è presa e della rapidità con cui la droga
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entra nel cervello e si lega coi recettori naturali degli oppioidi. L'eroina crea immediata
dipendenza perché va al cervello molto rapidamente. Con l'eroina, generalmente il "rush" è
accompagnato da un accaloramento della pelle, secchezza della bocca ed una sensazione di
pesantezza nelle estremità che può essere accompagnata da nausea,
vomito ed un prurito severo. Dopo gli effetti iniziali, generalmente i
tossicodipendenti saranno sonnolenti per varie ore. La funzione
mentale si offusca per l'effetto dell'eroina nel sistema nervoso
centrale. La funzione cardiaca diminuisce. Anche la respirazione
diminuisce enormemente, a volte fino al punto di causare la morte.
L'overdose d’eroina è particolarmente rischiosa per strada dove non
può determinarsi con certezza la quantità e la purezza della droga.
Uno degli effetti più dannosi dell'eroina è il rapido instaurarsi di dipendenza (“addiction”).
L'addiction è una malattia cronica con ricadute, caratterizzata da ricerca e uso compulsivo di
droghe e da cambiamenti neurochimici e molecolari nel cervello. Una volta che diventano
dipendenti, lo scopo principale nella vita dell’eroinomane diventa la ricerca e l’uso della droga.
Le droghe cambiano letteralmente il cervello. La dipendenza fisica si sviluppa con dosi più
elevate di tale sostanza. Con la dipendenza fisica, il corpo si adatta alla presenza della droga
ed i sintomi d’astinenza cominciano se l'uso diminuisce bruscamente. La sindrome
d’astinenza può presentarsi in poche ore dall’ultima volta che si è usata la droga. I sintomi
dell'astinenza includono inquietudine, dolore a muscoli ed ossa, insonnia, diarrea, vomito,
brividi con pelle d’oca (cold turkey), e tremori negli arti inferiori. Le conseguenze mediche
dell'uso cronico d’eroina includono vene cicatrizzate o collassate, infezioni batteriche nei vasi
sanguigni, ascessi, foruncoli ed altre infezioni dei tessuti, e malattie epatiche o renali. Le
complicazioni dei polmoni (includendo vari tipi di polmonite e tubercolosi) possono derivare
dalla già precaria salute del tossicodipendente come dagli effetti depressivi dell'eroina sulla
respirazione. Molti degli additivi che si trovano nell'eroina che si vende per strada possono
includere sostanze che non si dissolvono facilmente e che ostruiscono i vasi sanguigni che
vanno ai polmoni, al fegato, ai reni o al cervello. Questo può causare un'infezione o la morte di
piccoli gruppi di cellule negli organi vitali. Le reazioni immuni a questi ed altri agenti inquinanti
possono causare artrite o diversi problemi reumatologici. Ovviamente condividere i fluidi o la
siringa d’iniezione può condurre alle conseguenze più gravi dell'abuso dell'eroina, le infezioni
con epatite B e C, HIV ed una varietà di altri virus trasmessi attraverso il sangue che i drogati
possono passare dopo ai loro partner sessuali ed ai loro figli.
La cocaina è una sostanza stimolante che dà dipendenza e che
colpisce direttamente il cervello. La cocaina è stata chiamata “la droga
degli anni ottanta e novanta” a causa del suo uso tanto di moda in
quegli anni. Tuttavia, la cocaina non è una droga nuova. In realtà, è
una delle droghe più antiche. La sostanza chimica pura, il cloridrato di
cocaina, si utilizza da più di 100 anni, mentre le foglie della coca si
sono masticate per migliaia d’anni. A metà del diciannovesimo secolo,
si estrasse per la prima volta la cocaina pura dalla foglia della pianta
“Erythroxylon” che cresce principalmente in Perù e Bolivia. Agli inizi
del ventesimo secolo, la cocaina divenne l'ingrediente principale nella
maggioranza dei tonici ed “elisir” che furono creati come cura per
trattare numerose malattie. Ci sono essenzialmente due forme chimiche della cocaina: il sale
cloridrato e i cristalli di cocaina ("freebase"). Il sale cloridrato, o la forma in polvere della
cocaina, si dissolve nell'acqua, e quando si utilizza, può essere assunta per via endovenosa, o
inalata. Il "freebase" si riferisce ad un composto che non è stato neutralizzato con acido per
produrre sale cloridrato. La forma "freebase" della cocaina si può fumare. Solitamente la
cocaina si vende per strada sotto forma di polvere bianca, fine e cristallina che si conosce
come "coke" o coca, "C", "snow" (neve), "flake" (fiocco), o "blow" (soffio). Generalmente i
trafficanti la mescolano con altre sostanze, come maizena, talco e/o zucchero; o con certe
droghe come la procaina, un anestetico locale di composizione chimica simile; o con altri
stimolanti, come le amfetamine.
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“Crack” è il nome in gergo che viene dato ai cristalli di cocaina
ottenuti processando la cocaina in polvere per trasformarla in una
sostanza che si possa fumare. Il termine "“crack”" si riferisce al
suono scricchiolante che si ascolta quando si fuma questo
miscuglio. Gli effetti della cocaina si presentano quasi
immediatamente dopo il suo utilizzo e spariscono nel giro di minuti
od ore. Generalmente quelli che usano la cocaina in piccole
quantità, fino a 100 mg., si sentono euforici, energici, ciarlieri e
più vigili mentalmente, particolarmente in relazione alle sensazioni
della vista, dell'udito e del tatto. Ancora, la cocaina può diminuire
temporaneamente i desideri di mangiare e dormire. Alcuni assuntori ritengono che la droga li
aiuti a realizzare alcuni compiti fisici ed intellettuali in maniera più rapida; tuttavia, ad altri
produce l'effetto opposto. Gli effetti fisiologici di breve termine che produce la cocaina sono:
contrazione dei vasi sanguigni, dilatazione delle pupille, e aumento nella temperatura
corporea, del ritmo cardiaco e della tensione arteriosa. L’utilizzo in forti quantità può portare
anche ad un comportamento più stravagante, trasgressivo e violento. Gli assuntori possono
sperimentare tremori, vertigini, spasmi muscolari, paranoia e, se la dose è eccessiva, una
reazione tossica molto simile all'avvelenamento per amfetamina. Alcuni utilizzatori affermano
che si sentono inquieti, irritabili e soffrono d’ansia. In alcune rare occasioni, la morte
istantanea può avvenire quando si usa per la prima volta la cocaina. Le morti causate dalla
cocaina normalmente dipendono da arresto cardiaco o convulsioni seguite da arresto
respiratorio. La cocaina è una droga che dà forte dipendenza. Una volta che un individuo
prova la cocaina gli è molto difficile predire o controllare in che modo continuerà ad usarla.
Quando la cocaina è utilizzata ripetutamente ed in dosi crescenti, può condurre ad uno stato
d’irritabilità, inquietudine e paranoia. Questo può causare episodi di psicosi paranoide in cui
l'individuo perde il senso della realtà e soffre d’allucinazioni uditive. C'è una quantità enorme
di complicazioni mediche associate con l'abuso di cocaina. Tra le più frequenti si trovano i
problemi cardiovascolari, come irregolarità nel battito cardiaco ed attacchi di cuore; i problemi
respiratori che causano dolori del petto e arresti respiratori; gli effetti neurologici che
producono le embolie, convulsioni e mal di testa; le complicazioni gastrointestinali che causano
dolori addominali e nausee. Le reazioni avverse all'uso della cocaina dipendono dalle modalità
di assunzione. Per esempio, quando s’inala regolarmente si può avere perdita del senso
dell'olfatto, emorragie nasali, problemi di deglutizione, raucedine e irritazione generale del
setto nasale, cosa che può produrre una condizione cronica d’infiammazione e secrezione del
naso. Quando s’ingerisce la cocaina può causare cancrena negli intestini perché riduce il flusso
del sangue. Inoltre, le persone che se la iniettano, hanno tracce di punture o "tracks",
solitamente negli avambracci. Ancora, coloro che l'assumono per via endovenosa possono
sperimentare reazioni allergiche, alla droga o ad alcune delle componenti che si aggregano alla
cocaina nel taglio, ed a volte queste reazioni possono provocare la morte. La cocaina tende a
ridurre il consumo d’alimenti, pertanto, l'uso abituale causa perdita d’appetito, di peso e
malnutrizione.
I consumatori abituali di cocaina, in particolare coloro che se la iniettano, hanno un rischio
maggiore di contrarre malattie infettive, come quella del virus HIV o dell’AIDS, e l'epatite.
Infatti, l'uso di droghe illecite, incluso il "“crack”", è diventato uno dei principali fattori di
rischio per nuovi casi di infezione da HIV.
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LSD è il nome con cui viene indica la dietilamide dell' acido
lisergico 25, sintetizzata per la prima volta da Albert Hofmann nel
1938. L' LSD si presenta come una polvere bianca inodore e
insapore, e viene solitamente preso per via orale. Gli effetti sono
molto variabili e la durata è da 5 a 12 ore circa. L' LSD viene
commercializzato (illegalmente) su cartoncini dalle dimensioni di
1x0,8 cm circa e sono contenuti circa 100-200 Mg. Raramente è
commercializzato anche dissolto in liquido (100Mg), oppure in un
gel colorato conosciuto con il nome di "windowpane".
Tipicamente gli effetti di LSD cominciano da 30 a 90 minuti dopo la sua ingestione e possono
durare fino a 12 ore. I consumatori chiamano le esperienze con l’LSD, e con le altre sostanze
allucinogene, "trips" (viaggi) e le esperienze avverse e acute vengono chiamate "bad trips”
(viaggi cattivi). Anche se la maggior parte dei trips con l’LSD includono sia aspetti piacevoli che
sgradevoli, gli effetti della droga sono imprevedibili e possono variare con la quantità ingerita,
la personalità dell'utente, il suo umore, le sue aspettative e l’ambiente. Gli assuntori di LSD
possono provare degli effetti fisiologici, quali l’aumento della pressione sanguigna e del battito
cardiaco, le vertigini, la perdita dell’appetito, la bocca asciutta, la sudorazione, la nausea,
l’intirizzimento e i tremori; ma gli effetti più notevoli di questa droga riguardano le emozioni e i
sensi. Le emozioni dell'utente possono oscillare rapidamente per tutta una gamma dalla paura
all'euforia, con delle transizioni così rapide che l'utente può avere la sensazione di provare
molte emozioni simultaneamente. L’LSD ha anche effetti drammatici sui sensi. I colori, gli
odori, i suoni e le altre sensazioni sembrano essere estremamente intensificati. In certi casi le
percezioni sensorie possono mescolarsi, in un fenomeno noto come la sinestesia nel quale la
persona sembra udire o sentire i colori e vedere i suoni. Le allucinazioni distorcono o
trasformano le forme e i movimenti; possono anche generare la percezione che il tempo passi
molto lentamente o che il corpo stia cambiando forma. In alcuni “trips” l’individuo può provare
delle sensazioni che sono piacevoli, che stimolano la mente e producono un senso di
esaltazione della capacità di comprendere. I cattivi viaggi i “bad trips”, invece, possono
includere pensieri terrificanti, l'ansia e la disperazione da vero incubo, con la paura della follia,
della morte o della perdita di controllo. Gli assuntori di LSD sviluppano rapidamente un
elevato grado di tolleranza per gli effetti della droga: dopo l’uso ripetuto si ha bisogno di
dosi crescenti per produrre gli stessi effetti. Alcuni ex utilizzatori di LSD riportano esperienze
conosciute in gergo come "flashbacks " e definite nel mondo medico con la sigla "HPPD"
(disturbo persistente della percezione da allucinogeno). Questi episodi sono ritorni periodici
spontanei, ripetuti, e talvolta continui, delle distorsioni sensoriali originariamente prodotte
dall’LSD. Questa condizione è tipicamente persistente e in alcuni casi rimane immutata per
anni anche dopo che le persone hanno smesso di usare la droga.
Le droghe dissociative come la PCP (la fenciclidina) e la ketamina, inizialmente
sviluppate come anestetici generali utilizzati in chirurgia, distorcono le percezioni visive e
sonore e producono sensazioni di distacco – appunto la dissociazione - dall'ambiente e da se
stessi. Questi effetti d’alterazioni mentali non costituiscono delle allucinazioni. Pertanto la PCP
e la ketamina sono più propriamente denominate "anestetici dissociativi." Le droghe
dissociative producono i loro effetti come conseguenza delle loro capacità di alterare la
distribuzione del neurotrasmettitore glutamato per tutto il cervello. Il glutamato è coinvolto
nella percezione del dolore, nelle risposte all'ambiente e nella memoria.
La PCP, sviluppata negli anni cinquanta come anestetico endovenoso per la chirurgia, è
classificata come anestetico dissociativo: I suoi effetti sedativi ed anestetici producono uno
stato simile ad una ‘trance’, e i pazienti provano l’esperienza di essere "fuori del corpo" e
distaccati dal loro ambiente. La PCP fu usata in medicina veterinaria ma il suo uso umano non
è mai stato approvato a causa di problemi emersi durante gli studi clinici, inclusi il delirio e
l'agitazione estrema provata da pazienti quando si svegliavano dall’anestesia. Negli anni
sessanta la PCP in forma di pastiglia divenne largamente abusata, ma l’impennata del suo uso
illecito diminuì rapidamente quando gli assuntori diventarono insoddisfatti per la lunga attesa
fra l’assunzione della droga e gli effetti e per l’imprevedibile e spesso violento comportamento
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associato al suo uso. La PCP in polvere - nota come “ozone," "rocket fuel," "love boat," "hog,"
"embalming fluid," o "superweed"– è comparsa negli anni settanta. Nella sua forma in polvere,
la droga viene sparsa sulla marijuana, sul tabacco, o sul prezzemolo e poi fumata, e in questo
caso gli effetti si sentono rapidamente. A volte i consumatori assumono PCP sniffandone la
polvere o ingoiandola in forma di tavoletta. A dosi basse (5 mg o meno), gli effetti fisici della
PCP includono la respirazione poco profonda e rapida, un aumento della pressione sanguigna e
del battito cardiaco ed un aumento della temperatura corporea. A dosaggi di 10 mg e
superiori, la droga provoca alterazioni pericolose nella pressione del sangue, il battito cardiaco
e il respiro, spesso accompagnate dalla nausea, la visione confusa, vertigine e una
consapevolezza ridotta del dolore. Le contrazioni muscolari possono provocare movimenti non
coordinati e delle posture bizzarre. In casi gravi, le contrazioni muscolari possono dare luogo a
frattura ossea o a insufficienza renale. Dosaggi molto elevati della PCP possono provocare
convulsioni, coma, ipertermia e morte. Gli effetti della PCP sono imprevedibili. Tipicamente si
sentono pochi minuti dopo l'ingestione e durano per diverse ore. Alcuni utilizzatori segnalano di
avere sentito gli effetti della droga anche per più giorni. Un dato episodio di assunzione della
droga può produrre sensazioni di distacco dalla realtà, incluse le distorsioni dello spazio, del
tempo e dell’immagine corporea, mentre un altro episodio di assunzione della stessa droga può
produrre allucinazioni, panico e paura. In alcuni casi sono riferite sensazioni di invulnerabilità e
anche di forza fisica quasi sovrumana. Gli assuntori della PCP possono diventare gravemente
disorientati, violenti o suicidi. L’uso ripetuto della PCP può dare luogo a dipendenza. Studi
recenti indicherebbero che tale uso ripetuto o prolungato della PCP possa provocare una
sindrome d’astinenza alla sospensione del suo uso. I sintomi quali la perdita della memoria e la
depressione possono persistere anche per un anno dopo che un utilizzatore cronico smette di
assumere la PCP.
La Ketamina ("K", "Special K" e "Valium per gatto") è un anestetico dissociativo che è stato
sviluppato nel 1963 per sostituire la PCP ed è di uso corrente in anestesia umana e nella
medicina veterinaria. Una grande parte della ketamina venduta sulla strada proviene in
maniera illecita dagli ambulatori dei veterinari. Anche se la sostanza è fabbricata come liquido
iniettabile, la ketamina generalmente viene evaporata per produrre una polvere da sniffare o
delle pastiglie. La struttura chimica della Ketamina e il suo meccanismo d’azione sono simili a
quelli della PCP, ed anche i suoi effetti sono simili. Tuttavia la ketamina è molto meno potente
della PCP e agisce per molto meno tempo. Gli utilizzatori segnalano sensazioni che variano
dall’impressione piacevole di galleggiare all’illusione di essere separati dal corpo. Alcune delle
esperienze della ketamina comportano una sensazione terrificante di distacco sensoriale che
viene descritta come una esperienza di essere vicini alla morte. Queste esperienze, analoghe ai
“bad trips” (“cattivi viaggi") del’LSD, vengono chiamate "K-hole"
Ecstasy Composto semisintetico, generalmente commercializzato
in pillole o capsule raramente in polvere. Gli effetti sono soggettivi e
risentono molto dell’ambiente in cui viene assunta la sostanza. In
genere vengono descritti come una sensazione di “giustezza”,
l’universo è bello e buono, pace e gioia diffusa, il quotidiano si
trasforma in affascinante e interessante.
Sintonia con l’altro, rimozione delle barriere emotive e
comunicative, facilità di parola. Intensificazione delle percezioni
sensoriali. Provoca un sensibile aumento della pressione sanguigna;
sono stati segnalati disturbi e aggravamenti dello stato di salute in persone con asma, diabete,
epilessia, psicosi. L’ecstasy viene consumata per lo più in discoteca. Qui il tempo scorre veloce,
ci si muove molto e si perdono molti liquidi; si rischia molto, in special modo se si consuma
contemporaneamente anche alcol. La forma in cui l’ecstasy viene venduta non consente di
identificare correttamente il dosaggio: il contenuto di una pillola è verificabile solo in
laboratorio. In alcuni casi si sono riscontrati tagli di LSD, anfetamine, morfina. Gli effetti dei
tagli sono molto diversi e imprevedibili. Alcuni consumatori giunti al culmine degli effetti della
prima pastiglia, ingeriscono un’ altra metà dose per prolungare l’esperienza; superare questa
quantità può provocare: tachicardia, sudorazione eccessiva, capogiri, irrequietezza,
svenimenti, crampi, attacchi di panico. L’ecstasy spesso aumenta di molto i rischi di
danneggiare il sistema nervoso. Alcuni consumatori riferiscono di forti depressioni dopo
l’esperienza, con casi di pulsioni aggressive verso gli altri o contro se, fino ad arrivare, in
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qualche caso, al suicidio. Si segnala spesso un calo di resistenza alle malattie, soprattutto nei
casi di uso assiduo. Ciò in relazione allo stato di stress psicofisico e all’eccessivo affaticamento,
alla disattenzione nei confronti dello stato fisico e dell’alimentazione. In alcuni casi il desiderio
di vivere in un mondo a parte può portare a consumare dosi massicce di ecstasy, come di altre
droghe, oltre ai limiti imposti. I rapporti umani, compresi quelli sessuali, sono facilitati e
desiderati, il pericolo di infezioni assolutamente non avvertito, i rapporti non protetti con
sconosciuti non sono percepiti come pericolosi.
Amfetamine .Sostanze stimolanti che, a causa della loro proprietà di ridurre l’appetito,
sono presenti in molti farmaci contro l’obesità e la bulimia . Sono presenti sul mercato illegale
sotto forma di pasticche o, più raramente, in polvere; in questo secondo caso l’assunzione
avviene via endovena (modalità che presenta maggiori rischi) o sniffata. Molto spesso le
amfetamine sono presenti come sostanze da taglio in compresenza di LSD o di Ecstasy, in
molte occasioni sono spacciate come ecstasy o acidi (LSD). I consumatori avvertono aumento
della capacità di attenzione e di vigilanza, abolizione della necessità di dormire, scomparsa di
appetito e della stanchezza, facilità di parola, sensazione di potenza.
Se assunta per via endovenosa: violenta sensazione di calore, sensazione di onnipotenza,
logorrea , iperattività fisica. Dopo l’effetto di esaltazione, segue una sensazione di spossatezza,
irritabilità, depressione; la tentazione di prendere un’altra dose è molto forte, se si cede a tale
spinta si corre il rischio posticipare la fase depressiva ritrovandosela però amplificata.
Inizia quindi una spirale fatta di aumenti di dosaggi, manie varie e di persecuzione, ossessioni
dovute anche alla mancanza di sonno che danno al dipendente da amfetamina un classico
aspetto trasandato, allucinato e schizzato. Dosi eccessive possono provocare coma , febbre,
convulsioni; l’overdose può portare alla morte. Socialmente chi assume amfetamina è spesso
incapace di valutare correttamente le proprie capacità e i
risultati delle proprie azioni: il comportamento diviene
violento, viene azzerata la capacità autocritica e spesso si
arriva all’isolamento e alla paranoia. L’ uso di amfetamine in
contesti ricreativi è molto pericoloso per l’imprevedibilità delle
reazioni e dell’intensità degli effetti. La mescolanza con l’alcol
è, per esperienza di chi ha provato, disastrosa: il
comportamento diviene solitamente aggressivo e violento, il
desiderio di parlare continuamente non facilita la socialità con gli altri.
Le Metossiamfetamine .Tra gli allucinogeni di origine naturale, la
mescalina e' sicuramente la sostanza meno attiva. Negli anni '60,
l'interesse sorto in ambito psichiatrico intorno alla mescalina diede un
forte impulso alle ricerche chimiche e farmacologiche tese a potenziare
gli effetti del principio attivo del peyote. Nascevano cosi' le
metossiamfetamine. Le prime metossiamfetamine hanno conosciuto una
grandissima diffusione nel movimento hippy, soprattutto tra gli hippies di
quello che era il centro mondiale della produzione di nuove sostanze
psicoattive e dell'esplorazione dei loro effetti, San Francisco. Una tra
queste, la 2,5-Dimetossi-4-metilamfetamina (DOM), cento volte piu' potente della mescalina,
era stata soprannominata STP, abbreviazione di serenita', tranquillita', pace, ma anche chiaro
riferimento ad un noto additivo della benzina usato per dare piu' potenza al motore. E’ una
droga che attiva fortemente determinati sistemi nel cervello. La Metamfetamina è collegata
strettamente chimicamente all'anfetamina, ma i suoi effetti sul sistema nervoso centrale sono
più grandi. Entrambe le droghe hanno alcuni usi medici, soprattutto nel trattamento
dell'obesità, ma il loro uso terapeutico è limitato. Col tempo, la metamfetamina sembra
causare i livelli ridotti di dopamina, che possono provocare i sintomi come quelli della malattia
del Parkinson, un disordine severo del movimento. Può essere assunta oralmente o per via
nasale (snorting la polvere), tramite l'iniezione endovenosa e fumando. Subito dopo l
‘assunzione, l'utente di metamfetamina avverte sensazioni intense, denominate “ sbalzi” o "
flash," soltanto per alcuni minuti , descritte come estremamente piacevoli. L'uso orale o
intranasale produce euforia ( high), ma non sbalzi. Gli utenti possono diventare rapidamente
dipendenti ,aumentando la frequenza e le dosi. Le azioni sul sistema nervoso centrale (SNC)
che derivano dalla presa persino degli importi piccoli della sostanza includono l'attività fisica
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aumentata, l'appetito diminuito, la respirazione aumentata, l'ipertemia ed euforia. Altri effetti
sul SNC sono l'irritabilità, l'insonnia, la confusione, i tremiti, le convulsioni, l'ansia, la paranoia
e l’ aggressività. L'ipertemia e le convulsioni possono provocare la morte. A lungo termine la
Metamfetamina è responsabile dell’ aumento della frequenza cardiaca e della pressione
sanguigna e può danneggiare irreversibilmente i vasi sanguigni nel cervello.Altri effetti sono i
problemi respiratori, il battito cardiaco irregolare , il collasso e la morte .
Ice .Altra sostanza appartenete alle droghe di sintesi chimica che
ricorda, per il suo aspetto a piccoli cristalli, il sale da cucina. Sciolta in
bevande alcoliche,o talvolta fumata in pipe come il crack. Questa
sostanza tende ad alzare al massimo il livello di attenzione e abbassa i
freni inibitori. Viene anche detta droga da videogame in quanto spesso
utilizzata in queste situazioni. Letteralmente significa “ghiaccio”
dall’aspetto dei cristalli che si fumano come il crack, ma è più tossico
di quest’ultimo. E’ un particolare tipo di anfetamina scoperta nel 1893
in Giappone (dove si chiama “SHABU”, nome diffuso anche in Italia).
In America è arrivato negli anni ottanta e lo considerano già la droga del futuro. Può anche
essere masticato. E’ un fortissimo stimolante del sistema nervoso che fa sentire eccitati,
euforici, quasi invulnerabili, e i suoi effetti durano dalle 8 alle 24 ore. Scatena aggressività,
allucinazioni, depressione e porta a disturbi renali. E’ facile diventarne dipendenti.
Gli inalanti sono sostanze volatili che producono vapori chimici che possono essere
inspirate per provocare un effetto psicoattivo o uno stato di alterazione mentale. Nonostante
anche altre sostanze possano essere inalate, il termine “inalanti" si usa per descrivere una
varietà di sostanze la cui caratteristica comune fondamentale è che vengono assunte
pressoché esclusivamente per inalazione. Questa definizione abbraccia un'ampia gamma di
prodotti chimici differenti che possono avere diversi effetti farmacologici. Come risultato, è
difficile riuscire ad avere una classificazione precisa degli inalanti. Un sistema di classificazione
nomina quattro categorie generali d’inalanti-solventi volatili, aerosol, gas e nitriti, basandosi
sulla forma in cui spesso si trovano questi nei prodotti, che possono essere domestici,
industriali e medici. Benché le sostanze chimiche che si trovano negli inalanti possano
produrre vari effetti farmacologici, la maggioranza degli inalanti produce un'euforia rapida che
assomiglia all'intossicazione alcolica, caratterizzata da un'eccitazione iniziale, seguita poi da
sonnolenza, disinibizione, stordimento ed agitazione. Se s’inalasse sufficiente quantità, quasi
tutti i solventi e gas produrrebbero anestesia, una diminuzione della sensibilità percettiva e
uno stato di incoscienza. Le sostanze chimiche contenute nei solventi, nei gas e negli aerosol
possono produrre una varietà di altri effetti durante o poco dopo il loro uso. Questi effetti sono
dovuti all'intossicazione da inalanti e possono includere aggressività, apatia, deterioramento
cognitivo, e il non poter funzionare appropriatamente nel lavoro o in situazioni sociali. Altri
possibili effetti sono la nausea, sonnolenza, balbuzie, letargo, riflessi rallentati, debolezza
muscolare generale e stupore. Per esempio, le indagini dimostrano che il toluene può produrre
mal di testa, euforia, sensazione di barcollamento, ed inabilità nel coordinare i movimenti.
L'esposizione ad alta dose può causare confusione e delirio. Altri effetti
collaterali comuni sono nausea e vomito. Molte persone manifestano una
forte necessità di continuare ad utilizzare inalanti, specialmente quelle
che li hanno utilizzati per periodi molto lunghi. L'abuso prolungato di
inalanti può causare un utilizzo compulsivo e portare ad un lieve caso
di sindrome di astinenza. Altri sintomi osservati in persone che hanno
abusato di inalanti per lungo tempo, sono perdita di peso, debolezza
muscolare, disorientamento, mancanza di attenzione e coordinazione,
irritabilità e depressione. Coloro che abusano d’inalanti corrono il rischio
di soffrire di tutta una serie di conseguenze mediche devastanti.
L'inalazione prolungata di composti chimici altamente concentrati che si
trovano nei solventi o aerosol può indurre aritmia che può provocare un
arresto cardiaco e la morte in pochi minuti.
Questa sindrome, conosciuta come "morte istantanea per inalazione",
può essere provocata anche da una singola assunzione di inalanti. La
morte immediata per inalazione si associa principalmente con l'abuso del
butano, propano e le sostanze chimiche degli aerosol.
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Anche l'abuso di inalanti può causare la morte nelle seguenti maniere:
• Asfissia - da inalazioni ripetute che portano ad alte concentrazioni di fumi inalati che
sostituiscono l'ossigeno disponibile nei polmoni;
• Soffocamento - bloccando l'entrata di aria nei polmoni quando si inalano i vapori da una
borsa di plastica messa sulla testa.
• Soffocamento da vomito - inalando il vomito prodotto dopo avere usato inalanti
• Ferita mortale - per incidenti, includendo le morti per incidenti automobilistici causati da
intossicazione.
Gli effetti neurotossici dell'abuso prolungato di inalanti includono sindromi neurologiche che
riflettono danni del cervello in zone che includono il controllo cognitivo, motorio, visivo ed
uditivo. Le anormalità cognitive possono andare da un lieve deterioramento fino ad una
demenza severa. Altri effetti possono includere difficoltà nel coordinare i movimenti, spasticità
e perdita di sensibilità dell’udito e della vista. Gli inalanti sono molto tossici anche per altri
organi. L'esposizione cronica può produrre danni significativi al cuore, polmoni, fegato e reni.
Benché alcuni dei danni prodotti dagli inalanti al sistema nervoso, come a quello di altri organi,
possono essere più o meno reversibili quando cessa l'abuso degli inalanti, molte altre sindromi
causate dall'abuso ripetuto o prolungato sono irreversibili. L'abuso degli inalanti anche durante
la gravidanza può aumentare il rischio per i bambini di soffrire di qualche deterioramento nel
loro sviluppo.
Anabolizzanti
sintetici
del
testosterone,
fondamentale ormone naturale maschile prodotto dai testicoli e
responsabile della mascolinizzazione e dello sviluppo dei tessuti
durante l’età adolescenziale e adulta del maschio. Durante gli
ultimi 50 anni sono stati utilizzati per il trattamento di molte e
varie disfunzioni, ma è vasto il loro uso per fini "sportivi" sia da
parte di praticanti di alto livello che da frequentatori di palestre di
culturismo e body-building. Determinano aumento della massa
muscolare e della forza, capacità di sostenere sforzi intensi e di
lunga durata senza cedimenti fisici, consapevolezza di essere robusti e muscolosi. Gli steroidi
anabolizzanti vengono assunti secondo "cicli" di utilizzo della durata media di otto settimane;
le modalità di assunzione variano però considerevolmente. Sebbene la grande maggioranza di
tecnici, atleti e medici ammetta che gli steroidi migliorano le prestazioni fisiche, l’entità dei
vantaggi e i fattori che li influenzano non sono ancora completamente chiari. In ogni caso non
esiste una documentazione sufficiente circa i livelli di frequenza, durata e intensità degli
allenamenti da accompagnare all’assunzione di steroidi, perchè si abbiano i risultati desiderati.
I rischi variano secondo il tipo di steroidi usati, il dosaggio, l’età di inizio e l’eventuale
assunzione di altri farmaci. A livello fisico i problemi meglio documentati riguardano il fegato e
l’apparato riproduttivo. Grossi sospetti si hanno relativamente a problemi cerebrospinali,
immunitari, cardiaci e alla prostata. Si hanno effetti evidenti sull’apparato riproduttivo
maschile: l’assunzione di questi derivati del testosterone comporta infatti una riduzione del
testosterone prodotto autonomamente dall’organismo. Il nostro corpo può arrivare addirittura
a sospenderne la produzione; tutto ciò può provocare la riduzione delle dimensioni dei testicoli,
del numero e della motilità degli spermatozoi. Nelle donne l’uso di steroidi è associato a un
processo di mascolinizzazione: si hanno così irregolarità mestruali, abbassamento della voce,
riduzione del seno, perdita dei capelli, aumento dell’acne e dei peli corporei. L’impiego di
steroidi negli adolescenti che non hanno terminato la crescita può comportare un arresto di
quest’ultima. Il testosterone, infatti, provoca la saldatura delle cartilagini e quindi permette le
crescita delle ossa; una sua diminuzione comporta il fatto di rimanere più bassi di statura.
Negli utilizzatori di steroidi sono stati osservati anche disturbi psicologici: turbe psichiche,
comportamenti aggressivi, cambiamenti dell’umore e squilibri simili a quelli prodotti dalle
anfetamine. E’ probabile che gli steroidi possano causare una dipendenza fisica, anche se
sono ancora pochi i casi con evidenti sintomi di astinenza.
Fidarsi del fatto che tali sostanze non abbiano mai fatto male ad amici o conoscenti che li
usano è una leggerezza che può costare caro: gli effetti tossici, infatti, non sono subito
evidenti, ma possono impiegare anni a manifestarsi.
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.Derivati
L’esperienza maturata in ambito clinico ha rafforzato la concezione secondo cui la dipendenza
patologica non deriva esclusivamente dall’assunzione di sostanze psicoattive, ma può
associarsi anche ad attività , in genere socialmente accettate , che non implicano alcun uso di
sostanze. La pressione di mode culturali , che dettano legge sugli stili di vita e di
consumo,l’impulsività, che rappresenta un aspetto strutturale della vita psichica degli
adolescenti, li spinge a raggiungere la massima gratificazione nel più breve tempo possibile.
Questo giustifica , in un certo senso, il feeling naturale che i giovani sviluppano nei confronti
delle tecnologie della comunicazione.
Dipendenza da internet (IAD) . Rappresenta una modalità
di espressione di un disagio, attraverso un nuovo prodotto
tecnologico. L’individuo ha difficoltà nel controllare il bisogno di
collegarsi alla rete, che diventa il contenitore di tutte le ansie e le
frustrazioni del soggetto. I ragazzi italiani fanno un uso di internet
soprattutto tradizionale, per cercare informazioni, “navigare
attraverso i motori di ricerca per cercare informazioni, scaricare
documenti, comunicare con la posta elettronica”. I giovani non
sembrerebbero dunque rappresentare “una generazione guidata da
internet”, infatti i ragazzi se hanno bisogno di comunicare si
attaccano al cellulare , soprattutto per mandare sms. I nostri
adolescenti sarebbero allora i rappresentanti della cosiddetta ‘mobile generation ’ poiché
utilizzano in misura massiccia il cellulare per soddisfare la propria voglia di comunicare.
La dipendenza da Internet o Internet addiction è in realtà un termine piuttosto vasto che copre
un'ampia varietà di comportamenti e problemi di controllo degli impulsi. Inoltre la dipendenza
da internet e la dipendenza dal computer sono ormai inscindibilmente legate e a volte si usa il
termine di dipendenza online per indicare il fenomeno nel suo complesso.
Secondo Kimberly Young, che ha fondato il Center for Online Addiction statunitense, sono stati
infatti riconosciuti 5 tipi specifici di dipendenza online:
1. Dipendenza cibersessuale (o dal sesso virtuale): gli individui che ne soffrono sono di
solito dediti allo scaricamento, all'utilizzo e al commercio di materiale pornografico online, o
sono coinvolti in chat-room per soli adulti .
2. Dipendenza ciber-relazionale (o dalle relazioni virtuali): gli individui che ne sono affetti
diventano troppo coinvolti in relazioni online o possono intraprendere un adulterio virtuale.
Gli amici online diventano rapidamente più importanti per l'individuo, spesso a scapito dei
rapporti nella realtà con la famiglia e gli amici. In molti casi questo conduce all'instabilità
coniugale o della famiglia.
3. Net Gaming: la dipendenza dai giochi in rete comprende una vasta categoria di
comportamenti, compreso il gioco d'azzardo patologico, i videogame, lo shopping
compulsivo e il commercio online compulsivo. In particolare, gli individui utilizzeranno i
casinò virtuali, i giochi interattivi, i siti delle case d'asta o le scommesse su Internet,
soltanto per perdere importi eccessivi di denaro, arrivando perfino ad interrompere altri
doveri relativi all'impiego o rapporti significativi.
4. Sovraccarico cognitivo: la ricchezza dei dati disponibili sul World Wide Web ha creato un
nuovo tipo di comportamento compulsivo per quanto riguarda la navigazione e l'utilizzo dei
database sul Web. Gli individui trascorreranno sempre maggiori quantità di tempo nella
ricerca e nell'organizzazione di dati dal Web. A questo comportamento sono tipicamente
associate le tendenze compulsive-ossessive ed una riduzione del rendimento lavorativo.
5. Gioco al computer: negli anni '80 giochi quali il Solitario e il campo minato furono
programmati nei calcolatori ed i ricercatori scoprirono che il gioco ossessivo sul computer
era diventato un problema nelle strutture organizzate, dato che gli impiegati trascorrevano
la maggior parte del giorno a giocare piuttosto che a lavorare. Questi giochi non sono
interattivi né giocati in rete.
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Possiamo individuare 4 categorie di elementi che contribuiscono all’insorgere di psicopatologie
legate all’uso di Internet:
•
•
•
•
•
le psicopatologie preesistenti. In più del 50% dei casi la IAD può essere indotta da
alcuni tipi di disturbi psichici preesistenti. I fattori di rischio includono una storia di
dipendenza multipla, condizioni psicopatologiche come depressione, disturbo ossessivocompulsivo, disturbo bipolare, compulsione sessuale, gioco d'azzardo patologico, o fattori
situazionali, come sindrome da burnout, contrasto coniugale o abuso infantile.
le condotte a rischio (“eccessivo consumo”, riduzione delle esperienze di vita e di
relazione “reali”,ecc);
eventi di vita sfavorevoli (problemi lavorativi, familiari, ecc: “internet come valvola di
sfogo”);
le potenzialità psicopatologiche proprie della rete (anonimato e sentimenti di
onnipotenza che possono degenerare in: pedofilia, sesso virtuale, creazione di false
identità, gioco d’azzardo, ecc).
Dipendenza da cellulare
I soggetti dipendenti dal cellulare non abbandonano mai il loro telefonino, lo
utilizzano come mediatore per entrare in rapporto con l’altro, avvertono
ansia se non è carico, adducendo come giustificazione del loro
comportamento la comodità dello strumento o motivi di sicurezza. Con esso
esprimono un forte bisogno di appartenenza e un desiderio di riconoscimento
da parte dell’altro. Questo tipo di apparecchio, sembra essere stato
concepito più per sedare l’ansia di separazione all’interno del nucleo familiare
che per la sua semplice valenza funzionale. L’abitudine all’uso di questo tipo
di apparecchi fin dalla più tenera età, come sottolinea una ricerca svolta
in Inghilterra, ha rilevato un aumento preoccupante di telefonino-dipendenti tra i minorenni.
Usare il cellulare per mandare messaggi è diventato un modo per dimostrare la propria
presenza, il proprio affetto, anche se mittente e destinatario sono distanti. Un'arma a doppio
taglio: i dati raccolti da alcuni studiosi hanno permesso di registrare l'esistenza di vari strati
della popolazione afflitti da patologie psichiatriche imputabili alla diffusione incontrollabile dei
cellulari, assurti da semplici status symbol a fondamento dell'identità psicologica individuale.
Tra i disturbi causati dall'abuso dei telefonini vi sono: disagio mentale, ansia e persino
allucinazioni. La casistica contiene episodi allarmanti, come quello di una giovane ragazza di 15
anni che, pur avendo spento il telefono, continua a sentirne costantemente la suoneria. Altri
soffrono di vere e proprie dipendenze da tecnologia.
In alcuni casi i giovani sono colpiti da stati confusionali e depressione transitoria ogni volta che
non possono utilizzare un cellulare. La dipendenza riesce ad influenzare negativamente il
rendimento scolastico, visto che il ricorso al telefonino sembra essere un diversivo assai
popolare per combattere il tedio dei banchi di scuola.
Il gioco d’azzardo patologico ( GAP )
Il gioco patologico è ossessivo ed invasivo; in questi casi l’uomo non
gioca ma è giocato dal suo stesso gioco. L’adulto dipendente dal
gioco d’azzardo comincia a mostrare un comportamento a rischio fin
dall’adolescenza o preadolescenza. Il gioco d'azzardo patologico è
un disturbo del comportamento che, anche se rientra tuttora nella
categoria diagnostica dei disturbi ossessivo-compulsivi, ha in realtà
una grande attinenza con la tossicodipendenza, tanto da rientrare
nell'area delle cosiddette "dipendenze senza sostanze".
Il giocatore patologico, infatti, mostra una crescente dipendenza nei confronti del gioco
d'azzardo, aumentando la frequenza delle giocate, il tempo passato a giocare, la somma spesa
nel tentativo di recuperare le perdite, investendo più delle proprie possibilità economiche e
trascurando i normali impegni della vita per dedicarsi al gioco. È eccessivamente assorbito dal
gioco d’azzardo (per esempio, il soggetto è continuamente intento a rivivere esperienze
trascorse di gioco, a valutare o pianificare la prossima impresa di gioco, a escogitare i modi per
procurarsi denaro con cui giocare).
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Ha bisogno di giocare somme di denaro sempre maggiori per raggiungere lo stato di
eccitazione desiderato.
Ha ripetutamente tentato di ridurre, controllare o interrompere il gioco d’azzardo, ma senza
successo .
È irrequieto o irritabile quando tenta di ridurre o interrompere il gioco d’azzardo.
Gioca d’azzardo per sfuggire problemi o per alleviare un umore disforico (per esempio,
sentimenti di impotenza, colpa, ansia, depressione).
Dopo aver perso al gioco, spesso torna un altro giorno per giocare ancora (rincorrendo le
proprie perdite).
Mente ai membri della propria famiglia, al terapeuta, o ad altri per occultare l’entità del proprio
coinvolgimento nel gioco d’azzardo.
Ha commesso azioni illegali come falsificazione, frode, furto o appropriazione indebita per
finanziare il gioco d’azzardo.
Ha messo a repentaglio o perso una relazione significativa, il lavoro, oppure opportunità
scolastiche o di carriera per il gioco d’azzardo.
Fa affidamento sugli altri per reperire il denaro per alleviare una situazione economica
disperata causata dal gioco (una “operazione di salvataggio”).
Nell’era multimediale il giocatore d’azzardo cambia faccia: mentre prima era facilmente
individuabile, “segregato” nei luoghi a lui deputati, ora chiunque sia in possesso di un
computer, di un collegamento a internet e di una carta di credito può essere un giocatore
compulsivo. Il gioco on-line è estremamente pericoloso proprio perché, dalla solitudine della
propria casa, il giocatore non ha freni, né inibitori né di tipo pratico: ha infatti 24 ore su 24 la
possibilità di accedere al gioco senza incorrere nello sguardo giudicante degli altri. Viene in
questo modo a mancare anche la funzione socializzante del gioco, che diviene un rituale
solitario, e, facilmente, una compulsione. Anche qui, come nelle altre net-patologie, si crea un
circolo vizioso in cui il soggetto rimane incastrato, trascurando quelli che sono i rapporti sociali
e familiari.
Dipendenza da videogiochi
Una delle prime conseguenze negative legate all’uso protratto nel tempo
dei videogiochi e per lunghi periodi durante le giornate è quello della
Videomania (o videoabuso) , un comportamento incontrollato. Un altro
atteggiamento preoccupante è la video-fissazione, ossia la prolungata
esposizione ad un Videogame senza pause e completamente assorbiti dal
gioco in silenzio e, spesso, in una stanza poco illuminata. Accanto all’ossessione per il
Videogioco, possono affiancarsi altri disturbi quali una stato di agitazione, presenza di sonni
con contenuti propri delle tematiche del videogames. In un importante sondaggio su tredicimila
ragazzi, tra i 13 e i 18 anni , è risultato che le nuove forme di dipendenza sono quelle che
minacciano di più il mondo giovanile. Tra i fattori di protezione in ruolo primario spetta alla
famiglia. In generale è lo stile educativo messo in atto dai genitori che influenza
maggiormente le condotte dei ragazzi. Lo stile più protettivo risulta essere quello autorevole ,
caratterizzato sia da una adeguata supervisione del comportamento dei figli, attraverso regole
esplicite di cui si richiede il rispetto, sia da una costante apertura al dialogo. Un’altra agenzia
educativa è la scuola .Fondamentali da questo punto di vista sono la soddisfazione per
l’esperienza scolastica, il benessere a scuola ed il successo scolastico. i ragazzi che vivono la
scuola come un’esperienza positiva ed utile per la loro vita presente e futura , che riportano
buoni risultati, sono maggiormente protetti dal coinvolgimento di comportamenti a rischio.
Infine anche la comunità, sia a livello locale che globale, può svolgere un ruolo di protezione.
In generale, il ricorso a comportamenti problematici è di regola minore in quelle comunità che
considerano gli adolescenti principalmente una risorsa , a cui fare appello ed a cui richiedere
impegno e responsabilità rispetto a quelle che considerano l’adolescente come un problema ed
una fonte di disagio. In una ricerca degli operatori del SERT intitolata "Il cielo in una stanza" si
apprende che il primo sintomo di dipendenza è la mancanza di voglia di uscire con la propria
dolce metà o con gli amici, il lasciar perdere gli studi, e l'insonnia. In generale i dipendenti da
videogame soffrono di ipereccitabilità e per i soggetti predisposti vi è anche il rischio epilessia.
Per i minori, invece, l'esposizione ai videogiochi ma anche alla televisione viene associata
sempre più alla riduzione del movimento, dei rapporti sociali e della creatività. Ma soprattutto
si parla di rischio epilessia ( tra i minori infatti l'incidenza del problema risulta in aumento). La
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fotosensibilità, cioè la particolare sensibilità alla rapida successione di stimoli luminosi
diversi, si manifesta più facilmente durante l'infanzia e l'adolescenza, quando maggiore è
anche il tempo trascorso davanti ai videogiochi. A causare il problema spesso sarebbe proprio
lo schermo televisivo, usato, per esempio, nell'uso delle diffusissime console videoludiche. I
genitori
dovrebbero tenere al riparo i figli da possibili rischi,
aumentando la distanza dalla tv, che non deve essere inferiore a 3
metri. Meno rischiosi invece gli schermi che garantiscono un refresh da
100 hz o quelli a cristalli liquidi. L’attività ludica include aspetti
psicologici, educativi e sociali di fondamentale importanza, poiché
stimola la formazione della personalità, l’apprendimento di regole e
l’integrazione sociale. Essa consente alla mente di imparare e
perfezionare abilità mentali quali l’immaginazione, la percezione
sensoriale, la capacità di distinguere realtà e finzione, la capacità di
confrontarsi e comunicare, l’assunzione di ruoli, ponendosi come uno
strumento in grado di motivare anche nel corso di tradizionali
apprendimenti scolastici. Oggi il gioco è, sempre più spesso, costituito dal “videogioco” che
rappresenta un’irresistibile possibilità in grado di rispondere al “bisogno ludico” sia negli adulti
che nei bambini e nei ragazzi. In tal modo, rispondendo alle richieste di una sana e naturale
passione, la tecnologia moderna è entrata ormai da tempo nel mondo del gioco, non sempre
però nel rispetto delle esigenze educative sociali, divenendo talvolta uno strumento di abuso o
una fonte di modelli sociali negativi e perfino patologici. Da un po’ di anni, gran parte del
tempo libero destinato alle attività ludiche è stato conquistato dall’attrazione esercitata dalle
nuove possibilità tecnologiche dei videogiochi, che sono divenuti uno dei passatempi preferiti,
capaci di appassionare il pubblico di ogni età, sia maschile che femminile. Insieme alla
passione per il videogioco si sono manifestati e moltiplicati ben presto i rischi per la salute
psicofisica connessi al loro utilizzo spropositato o alla proposta, da parte delle industrie del
tempo libero, di tipologie di videogioco diseducative e dannose. Tuttavia è importante
sottolineare che il videogioco, rappresentando una evoluzione tecnologica di diverse forme di
gioco, possiede potenzialmente degli effetti positivi che possono essere sintetizzati come
segue:
• rappresenta uno stimolo, in quanto “gioco sensomotorio”, ad alcune abilità manuali e di
percezione;
• può stimolare la comprensione dei compiti da svolgere, sostenendo anche le forme
induttive di pensiero;
• può abituare a gestire gli obiettivi, individuando dei sottoobiettivi;
• può favorire l’allenamento dell’autocontrollo e della gestione delle emozioni connesse
all’esercizio di un compito;
• può sviluppare diversi aspetti della personalità, quali l’abilità di prendere decisioni
velocemente, di affrontare difficoltà e di prendere iniziative;
• può favorire apprendimenti specifici su alcune tematiche, su conoscenze relative a
terminologie tecniche e a modalità procedurali relative ad ambiti specifici a cui si riferiscono
le competizioni giocate.
Una testimonianza delle opportunità di utilizzare i videogiochi a scopo educativo è
rappresentata dai software informatici sviluppati da alcune aziende specializzate, i quali
prevedono programmi di videogiochi per sostenere l’apprendimento anche in presenza di
disturbi specifici, quali dislessie, discalculie o deficit sensoriali.
Il videogioco, infatti, ha un potere motivante molto forte ed una capacità di catturare e
mantenere l’attenzione, utilizzando contemporaneamente anche più canali sensoriali di
stimolazione. Le potenzialità del videogiochi, quindi, devono far riflettere sul fatto che, spesso,
non è questo strumento di gioco ad essere nocivo di per se stesso, ma il suo utilizzo
incondizionato e spropositato. Una delle prime conseguenze negative legate all’uso protratto
nel tempo dei videogiochi e per lunghi periodi durante le giornate è quello della videomania
(o videoabuso), un comportamento incontrollato dal punto di vista quantitativo che
rappresenta spesso l’anticamera di altri tipi di effetti nocivi da videogiochi. Insieme al
videoabuso, come accade nell’abuso televisivo che ha con esso molti elementi di somiglianza,
spesso compare un corteo di condotte disturbate tra le quali spicca la sedentarietà, all’origine
di problematiche fisiche di sovrappeso. Un altro atteggiamento negativo osservabile nell’uso
coatto dei videogiochi è quello definito “videofissazione”, ossia la prolungata esposizione ad
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un videogame, senza pause e completamente assorbiti dal gioco in silenzio e, spesso, in una
stanza poco illuminata. Questo atteggiamento, come quello
simile della “telefissazione”, è in grado di facilitare la caduta
delle barriere razionali che aiutano a filtrare i contenuti dei
videogiochi, giudicando i comportamenti virtuali paragonandoli a
quelli che possono essere tradotti in comportamenti reali
secondo le regole. Il tempo speso a giocare virtualmente,
crescendo sproporzionatamente, finisce per togliere spazi, oltre
che ad ogni attività fisica, anche alle attività connesse
all’apprendimento scolastico che, se svolte, vengono praticate
velocemente, con scarsa applicazione e con una stanchezza
mentale (e spesso visiva) che consente risultati con precoci evidenti ricadute negative sul
rendimento scolastico. D’altro canto un rapporto disturbato con il videogioco finisce per
sostituire facilmente e completamente ogni altro tipo di relazione sociale, favorendo uno stato
di isolamento e di individualismo che dispone all’introversione, limita l’apprendimento di utili
abilità sociali, creando spesso problemi anche nei rapporti con i familiari. Nei bambini e ragazzi
con videomania o videodipendenza uno dei comportamenti che compare frequentemente è
quello di litigare ripetutamente con fratelli, sorelle e altri coetanei per aggiudicarsi più tempo
davanti al videogiochi. Negli adulti videodipendenti, un numero in crescita, il tempo passato a
giocare virtualmente è invece motivo di problematiche di coppia e familiari, legate alle accuse
dei coniugi di essere trascurati o al venir meno, da parte del videogioco-dipendente, alle
proprie responsabilità familiari. L’attivazione psicologica e l’ossessione del videogioco possono
produrre anche uno stato di agitazione quando non si ha la possibilità di giocare ed uno stato
di insonnia o un sonno agitato in cui compaiono sogni legati ai temi proposti dai videogiochi. Il
quadro clinico della videodipendenza si delinea in modo completo proprio quando non si riesce
più a controllare volontariamente il proprio comportamento in rapporto all’uso del videogame
che spesso si associa anche ad una ricerca compulsiva di videogiochi sempre nuovi e alla
moda, problema che negli adulti può produrre una vera e propria “sindrome da shoppping”
specifica e nei ragazzi a delle continue e assillanti richieste di acquisto nei confronti dei
genitori. La prima regola è quantitativa e riguarda il tempo impiegato nell’uso del videogioco,
al quale si consiglia di non rivolgere una pratica quotidiana stabile e comunque mai superiore
ad un’ora circa. Nel caso dei bambini le regole sul tempo da dedicare ai giochi devono divenire
abitudini supervisionate dagli adulti, con pochissime e brevi eccezioni, soprattutto nei giorni
festivi in cui è più facile perdere il controllo del tempo speso a giocare virtualmente. Una
seconda regola riguarda la qualità del consumo, ossia la necessità di effettuare, come buona
abitudine, delle brevi e frequenti pause da fare almeno ogni dieci minuti circa. Nel corso di tali
pause si consigliano le buone regole delle “sicurezza nell’uso dei videoterminali”, ossia quelle
che propongono di proiettare lo sguardo su oggetti distanti almeno sei metri al fine di riposare
i muscoli oculari che sono costantemente contratti nel corso del gioco. La terza regola
concerne la necessità di trascorrere solo una parte del tempo libero giocando ai videogames,
lasciando spazio anche ad altre attività “reali” e “sociali”, come lo sport e gli incontri con amici.
In tal modo, si prevengono sia i problemi legati alla sedentarietà che l’isolamento sociale.
Dipendenza dal cibo . Qualcuno ha scelto il cibo come
semplice momento di soddisfazione dei propri sensi. A livello del
cervello sono elaborati
segnali tramite l’attività dei
neurotrasmettitori : monoamine e neuropeptidi. Del primo gruppo
sono note la noradrenalina, che stimola l’assunzione del cibo, in
particolare dei carboidrati, la serotonina, che induce senso di
sazietà e la dopamina il cui ruolo è importante nell’equilibrio tra
soddisfazione e desiderio di cibo e si pensa inoltre che stimoli
l’assunzione di cibi proteici. Ampiamente diffusi sono i peptidi
oppioidi, che vengono liberati in seguito a situazioni di stress
fisico e mentale facendo aumentare il turn-over della serotonina e
quindi stimolando l’assunzione di cibo. Nelle situazioni normali, mangiare è un’azione modulata
dal ciclico alternarsi di fame e sazietà: la fame si sviluppa lentamente e periodicamente e, se
non si è nelle condizioni di soddisfarlo, il desiderio di cibo aumenta, ma non ci sono
condizionamenti delle attività in atto né compaiono segnali di stress o di bramosia ossessiva.
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La dipendenza da cibo (food addiction) ha un percorso diverso: il desiderio (craving) di cibo
spinge a mangiare; dopo aver mangiato segue una fase di soddisfazione durante la quale si
percepisce piacere, energia e si ha un aumento dell’attività. Quando il desiderio ricompare,
esso si sviluppa velocemente fino a sintomi di astinenza, che condizionano la vita quotidiana
del soggetto. In queste condizioni la dopamina subisce un turn-over più rapido abbassando il
grado di soddisfazione che deriva dall’assunzione di cibo. La periodicità con cui si presenta di
nuovo il craving dipende dalla durata dei livelli di dopamina e serotonina e solitamente varia da
pochi minuti a qualche ora. Il cioccolato è uno degli alimenti più irresistibili e desiderati; tanto
per intenderci l’80% degli italiani lo considera il dolce più buono in
assoluto. Qual è il segreto del suo successo? Spesso come risposta
vengono riportate argomentazioni neurofisiologiche ineccepibili: gli
zuccheri semplici che contiene innalzano i livelli di serotonina
determinando buonumore, il magnesio migliora le capacità di
reazione dell’organismo. La verità è che queste sostanze chimiche
non sono in grado di determinare processi di dipendenza chimicofarmacologica nemmeno se assunte in grandi quantità.
Si tratta di una dipendenza di tipo psicologico scatenata da particolari processi:
1. Il consumo di cioccolato viene generalmente associato a occasioni di festa e riproduce la
sensazione data da momenti positivi di emozionalità familiare;
2. Il cioccolato rappresenta la conciliazione di opposti: può essere solido e liquido, chiaro e
scuro, dolce e amaro. La sua capacità di riunire in sé le contrapposizioni dà l’idea di un
di un piacere completo e quindi più gratificante;
3. Abbraccia significati materni di protezione, ma al tempo stesso impulsi atavici come la
necessità di mordere e trarne soddisfazione. Coinvolge sfere inconsce sensoriali molto
forti: per questo quando si gusta un cioccolatino si ha l’impressione di staccare da tutto
il resto!
Una posizione di riguardo, nell’assuefazione da cibo, è occupata dal cioccolato in tutte le sue
forme, al punto di parlare di “cioccolatismo”. I “cioccolatisti” ne mangiano grandi quantità
senza controllo per migliorare l’umore, per vincere la depressione: l’aroma, il sapore e la
consistenza certamente aiutano, ma spesso vivono un forte senso di colpa dopo averlo
consumato. C’è da chiedersi se contiene sostanze che interagiscono con l’organismo ;è infatti
oggetto di bramosia soprattutto di donne e i picchi corrispondenti al periodo premestruale,
suggeriscono un’implicazione ormonale. In alcuni casi il cioccolato è capace di dare una vera e
propria dipendenza, definita come una totale incapacità di resistere a una o più razioni: il
“cioccotossico” non riesce a fermarsi una volta che ha cominciato la tavoletta, e la quantità che
consuma, secondo tutti quelli che lo circondano, è di gran lunga superiore alla media pro
capite. Non si può praticamente parlare di astinenza, perché i veri abusatori di cioccolato non
smettono mai di mangiarne, non fanno nessuna differenza tra l’estate e l’inverno. La media di
cioccolato consumato arriva così a essere quattro o cinque volte superiore a quella del resto
della popolazione, fino a toccare punte di 800/1000 gr. alla settimana. Il cioccolato viene
consumato prevalentemente dopo cena, come ultimo e spesso unico piacere di una giornata
faticosa, o per calmare l’irritabilità, dare nuova energia e migliorare il tono dell’umore e viene
maggiormente ricercato dalle donne nel periodo che precede il ciclo mestruale . Il cioccolato
contiene importanti sostanze psicoattive: accanto alle più conosciute teobromina e caffeina,
eccitanti e stimolanti del respiro e dell’attività cardiaca, troviamo fenilalanina e tiroxina che
sono precursori di dopamina e noradrenalina, importanti mediatori del sistema nervoso
centrale. La presenza di tali sostanze potrebbe spiegare l’efficacia del cioccolato nel contrastare
stati di ansietà e di depressione e nell’indurre sensazioni di piacere, benessere fisico e psichico
ed una aumentata capacità lavorativa.
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I repentini cambiamenti che si sono prodotti nella realtà sociale nelle ultime decadi includono
elementi non sempre facili da identificare, capaci di "ferire" i bambini e gli adolescenti più di
quanto non accadesse alla metà del secolo scorso. Tra questi appaiono più evidenti l’instabilità
della famiglia, la riduzione degli spazi per relazioni interpersonali non strumentali, l’esposizione
a un clima di disattenzione e in qualche caso di violenza in cui i bambini si trovano a crescere,
la crisi delle ideologie politiche e delle fedi religiose con un impoverimento della percezione del
futuro.Proprio in relazione a queste nuove problematiche sociali e ambientali, a dover
interessare il medico, che per primo viene a contatto con il nucleo familiare e con le difficoltà
dei bambini e degli adolescenti, non devono essere soltanto le forme di disagio conclamate e
riconducibili a evidenti psicopatologie, ma soprattutto le situazioni di confine, spesso
subcliniche e non facilmente diagnosticabili. Nel nostro tempo si manifestano nuove ed
inconsuete forme di disagio, che in altre epoche erano rese latenti da fattori socio-culturalie
dinamiche relazionali differenti.
SINDROME DA DEFICIT DELLA PERCEZIONE DELLE GRATIFICAZIONI
• impulsività
• suscettibilità alla noia
• intolleranza alla frustrazione dell’attesa nei confronti di obiettivi progettuali
• temperamento con ricerca del nuovo e dello straordinario (novelty seeking)
• aspettativa di forte impatto emozionale (Cloninger 1987)
• propensione alla trasgressione
• esposizione al rischio e ai comportamenti illegali (shop-lifting) (jumping) aggregazione a
gruppi di pari devianti
Una diffusa condizione diagnosticabile già nel bambino tra i tre e i sei anni, che può
accompagnare tutta l’età evolutiva, persistendo sino alla prima giovinezza, è quella
caratterizzata da un deficit della percezione delle gratificazioni (Blum et al., 2000), o meglio,
l’incapacità a dilazionare la fruizione delle gratificazioni stesse:è la stessa condizione
temperamentale che conduce un certo tipo di preadolescenti e adolescenti a ricercare un forte
impatto emozionale al di fuori delle esperienze quotidiane: a coinvolgersi nelle varie forme di
gioco d’azzardo (sale giochi, video games), a familiarizzare con materiale cinematografico del
genere "horror", a esporsi al rischio del contatto con aggregazioni quali le sette e i culti o in
altri casi a sviluppare dipendenza dal computer e da internet (Griffiths and Hunt, 1998;
Hunter, 1998; Shapira et al., 2000).
SINDROME DA DEFICIT DELLA PERCEZIONE DELLE GRATIFICAZIONI
• impulsività
• suscettibilità alla noia
• intolleranza alla frustrazione dell’attesa nei confronti di obiettivi progettuali.
• temperamento con ricerca del nuovo e dello straordinario (novelty seeking)
• aspettativa di forte impatto emozionale (Cloninger 1987)
• propensione alla trasgressione
• esposizione al rischio e ai comportamenti illegali (shop-lifting) (jumping) aggregazione a
gruppi di pari devianti
Appare anche chiaro come proprio questi adolescenti siano i più vulnerabili per la facilità a
sperimentare e a rimanere impigliati nell’abuso di alcool e nell’impiego di sostanze.
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SINDROME ETICA
• svogliato e disinteressato
• irritabile e inconsistente
• non sa appassionarsi ad alcuna attività anche ricreazionale
• vago atteggiamento oppositivo nei confronti degli adulti
• disponibile ai compromessi per la copertura delle esigenze consumistiche
• aperto a esperienze di opposta valenza sul piano morale
Questi soggetti, dal canto loro, possono mostrare notevoli difficoltà delle relazioni
interpersonali, con forme di comunicazione povera, ristretta all’aggredire e al dipendere. In
una famiglia spesso tutta polarizzata sul denaro, a qualunque ceto sociale appartenga, e
propensa a svalutare la cultura e la scuola, se non come ambiti che consentono uno stato
socio-economico più avanzato, , la mancanza di riferimenti valoriali e di fondamenti per la
progettualità della persona conduce a una dispercezione del futuro che, anch’essa, può indurre
nell’adolescente disforia e malumore, senso di inadeguatezza e disillusione precoce.
DEFICIT D’ATTENZIONE CON IPERATTIVITA’
• Scarsa capacità di concentrarsi e di attenzione
• Impulsività
• Comportamento ipercinetico
• Difficoltà dell’apprendimento
• Difficoltà a portare a termine un compito assegnato
Importante diviene una diagnosi precoce che verifichi, da parte del medico, se le
problematiche dell’attenzione sono confinate alla scuola e quindi meno preoccupanti, o presenti
in più settori, quali il gioco, lo sport e l’ambiente domestico.
DISORDINE DELLA CONDOTTA
• Partecipa a risse ed è aggressivo
• Utilizza armi o oggetti analoghi che possono produrre seri danni
• Fugge di casa e rimane a dormire fuori casa
• Mente sistematicamente
• É portato a rubare
• É crudele con le persone e con gli animali
• Distrugge o brucia oggetti che non gli appartengono
• É trasgressivo a scuola
A costituire quadri sub-clinici di disagio, si devono anche considerare le forme non conclamate
dei disturbi dell’alimentazione; condizioni che, senza presentare i criteri diagnostici della vera e
propria anoressia e bulimia, appaiono indurre notevoli alterazioni della qualità
dell’alimentazione.
SINDROME DA PROBLEMATICO ADATTAMENTO SOCIALE
• Difficoltà di adattamento al nuovo
• Timidezza estrema
• Temperamento: dipendente dalla gratificazione
• Sensibilità emotiva eccessiva
• Senso di inadeguatezza e ansia
• Disistima
• Tendenza a isolarsi
• Ansia da separazione
• Disturbi psicosomatici
Non è raro imbattersi in condizioni che, in relazione al venir meno delle connotazioni del
genere maschile e femminile culturalmente accettate sino a qualche anno fa, presentino,
indipendente da una omosessualità vera e propria, difficoltà alla identificazione con il proprio
genere e alla interazione con l’altro sesso.
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IL RUOLO DEL MEDICO
• Prevenzione
Si deve essere consapevoli delle opportunità della prevenzione che sia attuata precocemente:
sin dalla gravidanza, infatti, l’evitare le condizioni di stress, la astensione dal fumo di tabacco e
dagli alcoolici, un buon livello di accettazione del bambino da parte dei genitori possono evitare
condizioni difficili presenti già alla nascita.
• Counseling
Il medico può promuovere e divulgare per le famiglie quella strategia pedagogica che è stata
definita "authoritativeness" (Steinberg et al., 1992): un insieme di adeguata supervisione,
profonda accettazione, e gratificazione dell’autonomia psicologica nei confronti dei figli, che si è
visto facilitare una solida strutturazione della personalità, lo sviluppo di un comportamento
adeguato e di buone performance scolastiche.
E ancora il medico potrà suggerire ai genitori di coinvolgersi intensamente nelle vite dei figli,
non in modo intrusivo e invadente, ma con la condivisione di sogni , progetti e difficoltà: in
questo modo è stato dimostrato che si facilita la strutturazione del senso di appartenenza degli
adolescenti.
• Screening precoce
E’ importante che il medico possa intuire precocemente l’esordio delle condizioni di difficoltà
psichica e comportamentale di cui si è parlato, non confondendo le forme sub-cliniche di
disagio con le normali turbolenze dell’adolescenza.
• Aiuto a contattare i Servizi Specialistici
Una volta identificate tali condizioni per tempo sarà sempre il medico a evitare l’allarme
ingiustificato, le drammatizzazioni e i sensi di colpa dei famigliari, accompagnando, o verso
cambiamenti del clima relazionale e degli atteggianti educativi, o attraverso la rete dei Servizi
di terapia familiare, di psicoterapia individuale o di neuropsichiatria infantile
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