Fra Giacomo
Foglio trimestrale sul Servo di Dio fra Giacomo Bulgaro (1879-1967) - Frate Minore Conventuale - Direzione e Redazione: Convento San Francesco - Piazza San Francesco 3 A - 25122 Brescia - Italia
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Anno X, n. 04 | ottobre-dicembre 2010 - Realizzazione Grafica: Cidiemme/Brescia - Stampa: Grafica Sette/Bagnolo Mella (Bs)
Natale
O Figlio d’Amore che sei nato per amore,
sei disceso dal Cuore Divino
del tuo Padre Divino.
Per opera di Spirito Santo
sei nato da un Cuore Santo
e hai dato al Mondo il tuo Cuore Santo
per riscaldare ogni cuore amato.
E, benché bambino,
in mezzo a tante tristezze
lasci nei cuori le tue dolcezze,
facendo sorgere nei cuori
gioia e amore.
Ora che sei nato dà al mio cuore
il tuo Cuore beato
per riscaldare d’amore,
con tutto il mio cuore,
le tue membra gelide.
Fa’ che il mio cuore sia da te riscaldato
dal caldo Mio amoroso Amor.
Accetta, bambino, gli omaggi
del mio cuore d’amor.
E sia, a te bambino,
ogni gioia e amor nel tuo Cuor d’amor.
(1958, q 16, 15v-16r)
Diario di Fra Giacomo
4 2010
Ordinazione
sacerdotale
di p. Alessandro
Perissinotto
Sabato 25 settembre 2010
parrocchia
di Fossalta di Piave
“Cari lettori di Fra Giacomo vorrei condividere con voi la
gioia legata all’ordinazione presbiterale ricevuta sabato
25 settembre, nella mia parrocchia di Fossalta di Piave,
un piccolo paese in provincia di Venezia, ma in diocesi di
Treviso, per l’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria di sua eccellenza monsignor Gianfranco Agostino
Gardin, vescovo di Treviso, già provinciale della nostra
provincia religiosa e poi anche ministro generale del nostro ordine. L’essere stato ordinato nella mia parrocchia,
dove ho ricevuto tutti i sacramenti e adesso anche questo, quello dell’Ordine, è stato un dono inaspettato che
mi ha dato molta felicità. Questo regalo, io lo leggo come
se il Signore abbia voluto riportarmi lì dove sono le mie
radici, dove sono nato e cresciuto nella fede, per confermarmi in essa e farmi vedere l’amore e la misericordia
che da sempre ha usato nei miei confronti. Per questo
in me sono presenti sentimenti di gioia, di gratitudine e
di riconoscenza verso il Signore e la comunità che mi ha
educato e allevato.
Durante la messa quando il sacerdote legge il prefazio a
un certo punto ascoltiamo queste parole: “È veramente
cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza,
renderti grazie sempre e dovunque, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, per Gesù Cristo, nostro
Signore.” Questa frase indica bene il senso dell’Eucarestia, il perenne rendimento di grazie di ogni cristiano per il
progetto di salvezza compiuto dal Padre mediante il Figlio.
Penso che il sacerdote debba essere un uomo eucaristico, un uomo che sappia ringraziare Dio per ciò che opera
ogni giorno nella sua vita e in quella dei fratelli. Questo
per me è un tempo dove questo ringraziamento si fa più
forte e più sentito, un ringraziamento che è riconoscenza per tutte le persone, che in qualche modo sono state
mediatrici dell’opera del Signore nel mio percorso di vita
e di fede, a partire dai vari parroci che si sono succeduti,
agli educatori, ai miei familiari, ai frati della mia comunità
fra Giacomo n. 04 | ott.-dic. 2010 - 02
e a quelli che mi hanno accompagnato
nella mia formazione francescana. In
particolare, visto che l’obbedienza mi
ha portato qui a Brescia, luogo dove ho
trascorso il tempo del postulato, sento
di dover ringraziare in modo particolare il Signore per il dono dell’incontro
con padre Lucio, un frate molto devoto
di fra Giacomo che molti di voi hanno conosciuto e che è stato per molto
tempo responsabile proprio di questo
opuscolo. Padre Lucio è stato per me
un esempio di dedizione al ministero,
uomo di relazione che con la sua accoglienza sapeva trasmettere l’amore
del Signore ai fedeli che incontrava ma
anche ai frati e ai postulanti. Spero nel
mio piccolo di poter in parte avere assunto un po’ del suo spirito, per diventare come lui un sacerdote secondo il
cuore di Gesù.
Adesso con l’ordinazione si apre per
me un nuovo cammino, un nuovo servizio all’interno della Chiesa e della
comunità, che vivo con entusiasmo,
ma anche consapevole della responsabilità che questo implica. Ad ammonirmi, riguardo all’impegno che
questo ministero comporti, è San
Francesco stesso, che, nella “lettera a tutto l’Ordine”, invita i suoi frati sacerdoti a celebrare con purezza
di cuore e devozione l’Eucaristia, a
desiderare di piacere solo a Dio ed
a nessun altro; li mette in guardia a
non essere superficiali e a non vivere con leggerezza il loro sacerdozio. Il
testo prosegue descrivendo il grande
dono che Dio fa ai sacerdoti, i quali dovrebbero essere per santità pari
quasi a Giovanni Battista e alla beata
Vergine Maria.
Secondo San Francesco, il Signore
ha onorato questi frati affidando loro
questo ministero, nel quale ed attraverso di loro, diviene presente sotto
le specie del pane e del vino. Perciò
come Dio ha onorato questi frati, così loro dovrebbero onorare Dio con
una vita santa per essere santi come
Lui è santo.
Di fronte a queste parole di san
Francesco che descrivono la vocazione al presbiterato in modo così alto e
impegnativo, da un lato mi sento stimato dal Signore per avermi chiamato a questo ministero, dall’altro lato
riconosco tutta la mia indegnità ed il
mio limite umano. Nonostante le mie
fragilità e debolezze confido che sarà il suo amore provvidente e preveniente a sostenermi ed a guidarmi,
come riconosco ha fatto fin’ora. Oggi,
dopo un mese dall’ordinazione, posso confermare che questa sua grazia
ha accompagnato i miei primi passi
nel sacerdozio facendomi sperimentare la bellezza e grandezza di questo ministero”.
P. Alessandro Perissinotto
fra Giacomo n. 04 | ott.-dic. 2010 - 03
4 ottobre
Manerbio
incontra san Francesco
Lunedì 4 ottobre, il turista entrando in chiesa, illuminata e parata a
festa, si sarebbe chiesto il motivo
di tale solennità, ma soprattutto
sentendo un sindaco dire: “A nome
ed in rappresentanza di tutto il popolo bresciano, rinnovo a te, Frate
Francesco, l’offerta dell’olio, riaccendendo la lampada votiva. Con
questo simbolico gesto esprimiamo
l’amore che tutti gli italiani hanno
per te ed imploriamol la tua costante
protezione. Vigila, Francesco, fratello santo, sul nostro popolo, illumina
i governanti, veglia sul comune di
Manerbio. Guarda con benevolenza alla Provincia di Brescia. Il tuo
saluto di “Pace e Bene” risuoni anche sulle labbra delle persone. Dona
alle nostre famiglie il sostegno per
vivere la fedeltà alle radici cristiane. La tua benedizione scenda propizia su tutti noi oggi e sempre”.
All’interrogativo, il turista si sarebbe sentito dire che, quest’anno, la
comunità cristiana di Manerbio, nel
giorno di San Francesco, offre l’olio
per riaccendere la lampada votiva
dei comuni di Brescia come segno
di fede e gratitudine affinché, come
detto dal parroco di Manerbio, “sia
luce per chi cammina sulle strade
del Vangelo; sia luce per chi vive nel
dubbio. Per chi vive le fatiche della
fede, per chi è provato dal dubbio,
per chi soffre nel corpo e nello spirito, sia balsamo e forza. Sia gioia
per i poveri di speranza e per tutti
gli uomini”. Manerbio, in dialetto
Manèrbe, dista una ventina di chilometri da Brescia ed è una opulenta
cittadina distesa nell’ubertosa bassa bresciana irrigata dal fiume Mella
dal quale cui si dipana un reticolo
di irrigui canali che rendono la terra assai fertile. Il territorio fu abi-
Notizie spicciole
tato fin dal periodo neolitico (5000
a.C.), ma fu nell’età dominata dai
Romani che l’abitato venne denominato “Minervium”, da cui derivò l’attuale denominazione. Ricchissima
di storia, oggi è una cittadina di oltre 13.000 abitanti ricca, nel centro storico, di architettura religiosa
e civile, trapunta da verdi parchi tra
cui spicca il Parco fluviale del Mella.
Attorno al nucleo storico abitativo
sono sorte numerose industrie, ma
la campagna è ancora disseminata
dalle caratteristiche cascine bresciane, immerse nella natura e quasi
nascoste dalla floridezza delle colture. Lunedì 4 ottobre, festa di San
Francesco d’Assisi, patrono d’Italia,
una folta delegazione di manerbiesi,
preceduti dal gonfalone della città
ed accompagnati dal sindaco, dottor Cesare Giovanni Meletti, e dal
parroco, Mons. Tino Clementi,
ha partecipato all’annuale offerta
dell’olio fatta alla nostra chiesa di
San Francesco da parte del comune
di Manerbio. L’offerta dell’olio per la
lampada della pace, che brilla perennemente davanti all’altare del
santo, è una tradizione che si rinnova ogni anno e vede protagonista
un paese del bresciano. Tradizione
che vuole invocare la benedizione
del santo su ogni cittadino e far risaltare la sua opera di pacificatore.
Accanto all’olio, non sono mancati
anche i profumati doni di natura casereccia: vari e saporiti prodotti di
quella terra che da lustro alla operosità e generosità dei manerbiesi.
“La sapienza del Vangelo fondi la
civile convivenza della nostra gente” è, in sintesi, l’augurio che questa celebrazione ha proposto come
motivazione di un cammino sotto la
protezione di san Francesco.
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Diario di Fra
fra Giacomo n. 04 | ott.-dic. 2010 - 04
Ciao, Bosco,
e Grazie!
Il 15 ottobre, il nostro sagrestano Bosco
ci ha lasciato per ricongiungersi definitivamente alla sua famiglia, la moglie
Angela ed i figli Malintha e Chiara, dopo 13 lunghi anni di lavoro tra di noi.
Arrivavi, ogni mattina e con qualsiasi
tempo, con la tua fida bicicletta che parcheggiavi nel chiostro cinquecentesco. Il
volto, sempre sorridente, ispirava subito
simpatia e fiducia. Calmo e delicato nel
trattare con i fedeli, preciso e metodico
nel pulire i vari locali della chiesa, della
sagrestia e nel fare la barba all’erba del
chiostro trecentesco. Non una parola in
più delle dovute, se dovevi chiedergli una
informazione o spiegazione, lo scorgevi
con i suoi panni, piumini, scope, spazzettoni, barattoli di cera intento a tirare
a lucido i vari angoli della chiesa, accarezzando con delicatezza il coro e gli intarsi della sagrestia per togliere i residui
di polvere e facendone risaltare la bellezza artistica. Pavimenti sempre puliti,
smaglianti di lucentezza frutto di olio di
gomito e di tecnica appresa in lunghi anni di lavoro in questa chiesa da lui molto
amata. Ora un volo lo ha riportato tra le
braccia calde della sua famiglia nella città di Marawila, a nord di Colombo, nella
lontana SriLanka da dove era partito in
cerca di lavoro. Hai lasciato la tua “seconda famiglia di Brescia” per amore della moglie Angela e dei figli: il diciottenne
Malintha e la più giovane Chiara. Anche
da queste righe, con il ringraziamento
di tutti coloro che ti hanno conosciuto,
vogliamo augurarti di saper profondere
nella “tua prima famiglia” tutto l’amore,
la bontà, il bene e l’operosità che ti hanno sempre caratterizzato qui in mezzo a
noi. CIAO, BOSCO, e GRAZIE!
8 dicembre: solennità dell’Immacolata
Nella nostra chiesa, nella solennità dell’Immacolata, si rivive la suggestiva cerimonia
dello scambio dei ceri e delle rose tra le autorità cittadine ed il vescovo. Presenti
il sindaco di Brescia, Adriano Paroli, ed il vicepresidente della Provincia, Giuseppe
Romele, attorniati dalle varie autorità civili e militari e da molti fedeli, nell’omelia il vescovo, Mons. Luciano Monari, ha delineato il suo modo di essere guida nella diocesi
di Brescia nell’attuale contesto storico di cui ha tracciato una profonda analisi. È nella
conclusione del suo discorso che il vescovo chiarisce le motivazioni di quanto ha detto
dato che “se il vescovo è belusconiano o di sinistra o terzopolista, mi sembrava necessario chiarire il problema. Se la domanda è da che parte sta il vescovo, la domanda è
sbagliata. Il vescovo non può mai diventare una persona di parte; deve dire le cose con
chiarezza, ma deve essere così radicato nel Vangelo da poter essere centro di comunione per tutti i credenti. Vorrei, nello stesso tempo, tenere viva la tensione verso i valori che rendono significativa l’esistenza umana: i valori morali e i valori religiosi. Vorrei
suscitare e sostenere il desiderio forte di un mondo più umano, che risponda quanto
meglio è possibile al bene integrale di tutti gli uomini, senza esclusione di alcuno” e
“desidera che chiunque crede nel Vangelo e s’impegna lealmenete e con competenza
nella vita economica e politica si senta appoggiato, amato e, a volte, anche ammirato
dal Vescovo”. Concludendo l’omelia, il vescovo dice: “avrei preferito parlare di Maria:
della sua bellezza, dell’incanto che la grazia di Dio ha disegnato nella sua vita. A Maria
vogliamo bene. Vediamo riflessa in lei la bellezza del vangelo, la forza della Parola di
Dio... Guardo a Maria con desiderio di emulazione: «Eccomi - dice - sono la serva del
Signore. Avvenga di me secondo la tua parola”. Sia così anche per me, per noi”.
Una testimonianza
del pellegrinaggio Brescia-Corticelle
Carissimo p. Giancarlo, quest’anno sono particolarmente felice di aver potuto fare insieme
con mia moglie, il pellegrinaggio Brescia-Corticelle in memoria di fra Giacomo. Non posso dimenticare con quanto amore e speranza mio padre stringeva a sé quel crocifisso che
apparteneva al Servo di Dio fra Giacomo: crocifisso che rappresentava l’unica ancora di salvezza del mio caro papà, che si vedeva mancare la vita a causa di un male incurabile. Fra
Giacomo non ha ottenuto la grazia della sua salute, ma ha benedetto lui e tutta la nostra famiglia per come ha vissuto gli ultimi mesi della sua vita: tanta preghiera e tanta partecipazione ai sacramenti, specie alla comunione. Lui è mancato mentre insieme recitavamo una
“Ave Maria”… All’ultima parola “così sia”, ha reclinato dolcemente il capo ed ha esalato l’ultimo respiro. Ho avuto l’impressione che Qualcuno (la Madonna?) lo accompagnasse in paradiso. Ho rivissuto questi pensieri nel pellegrinaggio. Ora, ogni volta che sento il caro saluto
alla Vergine, per me è come una musica nuova e soave, che mi ricorda il mio caro padre nel
momento del suo addio da noi. Anche per questo il pellegrinaggio è diventato un percorso di
continui dolci ricordi: con me e mia moglie, lì sentivo vicino anche il mio caro genitore. Ero
accomunato al bene che gli abbiamo voluto, anche da mio zio Silvano, che con la sua devozione a fra Giacomo, gli è stato particolarmente vicino. È stato bello pensare che quella strada è stata il primo grande percorso del caro fra Giacomo convertito, come San Paolo sulla via
di Damasco. Me lo sentivo vicino, e sono sicuro che aiuterà me e tutti i miei familiari, come
ha aiutato mio padre.Grazie, mio caro fra Giacomo. Con i più cordiali saluti!
Daniele e Maria Grazia Calligione - Via Paolo VI, Mestrino Padova
fra Giacomo n. 04 | ott.-dic. 2010 - 05
fra Giacomo story
“Ma io non ho più la testa”
Piero Lazzarin ha scritto che:
“Tra i voti che i frati fanno l’obbedienza è di
gran lunga il più duro e il più complicato.
È difficile piegare sempre il capo,
anche quando i comandi sembrano assurdi,
e chi te li impone non ha i meriti
per il ruolo che riveste.
Ma era sull’obbedienza che aveva puntato tutto,
sin dall’inizio della sua avventura spirituale,
per provare la consistenza delle sue convinzioni,
la capacità di vivere sino in fondo la propria scelta.
E la visse in modo radicale, costante,
eroico a tal punto da confessare:
“io non ho più la testa,
l’ho venduta al mio superiore”.
Nulla faceva, all’infuori di quello che rientrava
nella quotidiana routine, senza avere prima
ottenuto il consenso del superiore.
“Devo chiederlo al mio superiùr”
rispondeva ogni volta che qualcuno
gli proponeva qualcosa.
E i giovani chierici si facevano bonariamente
beffe di lui chiamandolo,
quando lo incontravano, “el superiùr”.
E questo suo obbedire cieco,
senza «se» e «ma», senza furbizie, o calcoli,
creava in giro anche qualche imbarazzo.
Al riguardo è stata raccolta una serie
di piacevoli aneddoti che hanno la semplicità
e i contorni dei Fioretti di san Francesco.
Padre Renato
nei “Fioretti”
ne racconta uno per noi
corredato dall’acquarello
della Zanardini.
Dopo la professione sole
Alla sua entrata in convento, il postulante Giacomo ebbe una celletta singola, ma
poco dopo fu trasferito in un ampio stanzone freddo ed alto - poi infermeria ed
oggi sala capitolare – arredato con cinque
letti. Qui arrivavano i canti e le preghiere
da un pertugio, oggi occluso e che si può
ancora notare, in alto dopo il primo altare,
sopra gli affreschi. Dopo la professione,
la sua giornata fu intera­mente riempita
dagli impegni per gli altri. Al ritmo della
vita comunita­ria, con gli appuntamenti
per la preghiera, i pasti e la ricreazione,
alternò le ore che doveva trascorrere in
portineria in un angusto “bugigattolo”
costruito per lui. Un lato era appoggiato alla fiancata della chiesa e, nel grosso
muro medioevale, venne aperta una “finestrella” dalla qua­le fra Giacomo poteva seguire le funzioni che si celebravano.
Qual­che testimone ricorda d’averlo visto
più volte in atteggiamento di preghiera,
rivolto verso quella “finestrella”. Quando
in portineria regnava la calma “si poneva in ginocchio sulla sua seggiola da calzolaio e pregava, spesso aiutandosi con
un libro di pietà che riponeva, alzandosi in piedi, appena interpellato”. Mons.
Pietro Gazzoli, parroco di Chiari dal 1959
al 1968, ogni setti­mana andava al convento di San Francesco per incontrare il
suo confesso­re. Ebbe così l’opportunità di
conoscere e poi di familiarizzare con fra
Gia­como. “Sovente lo trovavo in preghiera nella sua guardiola nell’atteg­giamento
in cui lo notavano i suoi confratelli. Lo
vedevo, quando aveva terminato il lavoro, raccolto in profonda meditazione come se si fosse tro­vato davanti al santo
Tabernacolo: sapeva trasformare in santuario anche quel misero bugigattolo”.
L’altro lato dello stanzino dava sulla piazzetta pubblica, con la quale comunicava
attraverso la tradizionale “ruota”. I due
lati rimanenti, rivolti all’interno della sala
di ingresso, erano in legno e vetri. In quel
cubo vetra­to, alto due metri e mezzo, fra
Giacomo trascorse gran parte della sua
vita religiosa. La portineria è esposta a
nord ed il sole vi arriva per qualche ora
solo nei mesi estivi: è un ambiente umido e freddo e, spesso, il riscaldamento
non raggiungeva la portineria ed allora
le suore della cucina pre­paravano per fra
Giacomo uno scaldino a brace che veniva
portato nella guardiola perché vi appoggiasse mani e piedi gelati. Nello sgabuzzino si accomodava su “una sedia mezza
fra Giacomo n. 04 | ott.-dic. 2010 - 06
Accanto alla tomba
Chi suona il campanello?
Si ode spesso nel vasto recinto del convento un trillo che si
espande ovunque, sale le scale, invade i corridoi fino all’ultima
cella. Esso convoca i religiosi agli atti comuni: meno stridulo di
quello della portineria, più accettabile e melodico, spesso anche
piacevole e sospirato quando chiama all’agape fraterna.
L’incarico, all’apparenza insignificante, era affidato alla diligenza ed esattezza
di fra Giacomo, e tutti si accorsero che il campanello era in ottime mani.
Il tempo è del Signore e va scandito sempre secondo
la sua volontà, con zelo, rigore, puntualità.
All’ora fissata, ecco il Servo di Dio, l’orologio in una mano
e il pulsante del campanello nell’altra: quando scoccava l’ora,
immediatamente uno squillo si diffondeva in ogni angolo del convento.
I confratelli, che lo guardavano, non nascondevano un senso di ilare simpatia.
Talvolta qualcuno tenta di distrarre fra Giacomo dal suo dovere.
Quando mancano alcuni attimi al tempo stabilito, mentre è tutto
intento e con gli occhi fissi sull’orologio, un seminarista
birbone gli si avvicina velocemente: «Fra Giacomo,
avrei qualcosa da chiederle». «Ma io ora non
posso ascoltarla, aspetti un momento».
«Ma io, fra Giacomo, valgo più di un campanello,
e quindi dia retta a me». «Ma il campanello è la
voce del Signore e, suonandolo a tempo debito,
faccio la sua volontà». I giovani non volevano
certo offenderlo. Ma sapendo che aveva venduto
«la testa al Superiore», come diceva lui, cioè alla
obbedienza e a Dio, tentavano di «provarlo» anche
con questi tiri gioviali, che in fondo denotavano
la stima eccezionale e il profondo rispetto che
nutrivano per lui. Giacomo li capiva ... e sorrideva.
enne… vita quotidiana!
rotta”, circondato da scatolette, panni e
pacchi che dispensava ai poveri, ma era
sempre dignito­so e pulito nel vestire, nonostante che per l’intera giornata avesse
tra le mani scarpe e cuoio. Mentre lavorava, sopra il saio cingeva un grembiule.
La sua tona­ca era in più parti rammendata. Qualcuno ricorda di non averlo mai
visto con una tonaca nuova; quando ne
aveva proprio bisogno, cercava di trovarne una della sua taglia tra quelle smesse
dagli altri frati. Famose furono soprattutto
le sue scarpe, stemma ed emblema della sua “povertà estrema”. Sono evocate
in tante testimonianze scritte: sgangherate e sco­mode, impressionavano frati e
laici. Grossolane e mille volte rattoppate,
le sue scarpe feriali erano definite “ciabattoni” e “barche” che strasci­nava lungo
i corridoi del convento. P. Varotto, testimone dei primi anni di vita religiosa di fra
Giacomo, confermò che “il suo tenore di
vita fu sempre improntato a quell’assoluta povertà che s’era imposta già nel mondo. Solo alla domenica metteva calzature
festive, l’unico paio di scarpe buone che
teneva e che trattava con attenzione”.
Nello stanzino della portineria, mucchi
di scarpe lo rendevano quasi prigioniefra Giacomo n. 04 | ott.-dic. 2010 - 07
ro: i frati e i fratini gli affidavano le loro
calzature; i poveri gli portavano scarpe
sfondate, spesso rifiutate da altri calzolai. Giacomo lavo­rava ininterrottamente
e intanto scandiva la preghiera silenziosa
che, poco a poco, sfociava in meditazione ed estatica contemplazione. Da padre
Carlo Varotto veniamo informati che “le
scarpe nuove per i reli­giosi non le faceva
di regola troppo eleganti e le scarpe usate
non finiva mai di rattopparle, prima di dichiararle inservibili. Non fu mai un calzolaio capace di sofisticate chirurgie; le scarpe continuò a rattopparle come ai tempi
antichi, con suolatura massiccia e spaghi
resistenti”. Padre Bernardino Bordin, che
visse a Brescia dal 1953 al 1960, così ritrasse fra Giacomo al lavoro: “Lo rivedo
seduto al suo deschetto di cal­zolaio, alla luce di una lampada elettrica, perché
nel suo stanzino non arri­vava mai la luce,
sollecito nel confezionare o nel riparare le
scarpe dei numerosi confratelli o dei molti poveri, un lavoro fatto sempre con cura e gratuitamente. Duravano a lungo le
sue scarpe. A me chiedeva spesso se in
collegio c’erano delle scarpe smesse, perché le avrebbe accomodate e poi date a
qualche povero”.
Amico caro, aiutami in questo momento
difficile dove l’unica mia deriva per solcare
il mare grosso è restare attaccato alla preghiera con tutte le mie forze… In questo momento “surreale” dove vorrei e voglio essere
comunque utile strumento nelle sue mani e
per i “doni preziosi che Lui mi ha mandato
e per i quali darei comunque anche la vita
se occorresse! Strumento, vero strumento!
Aiutami! Grazie, grazie, grazie!
Grazie, fra Giacomo, per la grazia che hai
donato a me ed al mio piccolo Gabriele.
Saremo sempre con te nel cammino della nostra vita. Il Signore ha voluto così per
me e per la mia famiglia. Così sia! Ti vogliamo bene!
Caro fra Giacomo, sono terziaria francescana un po’ fuori uso, non conoscevo la tua
vita, e mi raccomando la tuo sguardo. Sono
molto triste, ho gravi problemi in famiglia;
tu senz’altro puoi vedere e capire e, se puoi,
aiutaci. Sono di passaggio; è un percorso
che facevo quando andavo a scuola. Sono
stata in convitto dalle Ancelle della carità e,
senz’altro, ti avrò visto. Ho finito la scuola
nel giugno del 1967. Baci e guardami.
Caro fra Bulgaro intercedi presso il nostro
Signore Gesù, affinché possa trovare un lavoro, anche il più umile. Una preghiera da
parte mia per tutte le chiese. Senza di esse verrebbe a mancarti anche la più flebile
speranza. Confido in te.
Caro fra Giacomo a te affido le mie preghiere per la mia vita sentimentale. Vorrei fare la scelta giusta e capire quale delle due
persone è sincera con me. Aiutami ad avere questo dono del discernimento. Grazie
di cuore.
Caro fra Giacomo, grazie della tua protezione; ti prego di continuare a stare vicino alla mia famiglia, in particolare a quelli di noi
che ne hanno più bisogno. Proteggi anche
Giancarlo; fa’ che guarisca presto e prega
per lui e la sua mamma chiedendo per loro
ogni bene. Grazie!
Fra Giacomo, tu che stai presso il Signore,
digli e presentagli la mia gratitudine perché
nel mio niente sarebbe, in ogni caso, la voce di un nulla. Fa’ in modo che io possa rimanere nella Sua onnipotenza e nella Sua
pace. Con tanta gratitudine.
Fra Giacomo, divino fraticello del Signore,
e per tutti i Santi vissuti nel nostro tempo
e confratelli, augurate a tutte le persone
povere e disperate del nostro mondo, specialmente i più bisognosi della divina misericordia, un mondo di pace e di amore divino e spirituale; un miglioramento, salutare, di vita sociale, un’unione benevola e
universale dove lì siede lo Spirito Santo di
Cristo e di Maria. Nel nome di Dio Padre, del
Figlio unigenito Gesù Cristo e dello Spirito
Santo. Amen
testimonianza
Questo piccolo disegno a pastelli,
che rappresenta la chiesa e
l’entrata della portineria ‘luogo di santificazione quotidiana
di fra Giacomo’ - lo abbiamo trovato
allegato alla preghiera di un devoto di
fra Giacomo: Paolo. Qui la trascriviamo
per i devoti del Servo di Dio.
Carissimo fra Giacomo,
da quella porticina tu accoglievi
i poveri e gli umili,
portavi conforto e speranza a
tutti; ora non ci sei più,
ma dopo tanto tempo dalla tua
morte molte persone ti cercano
e ti implorano. Forse la vera felicità
si trova proprio in sorella povertà.
Ti chiedo con tutto il mio cuore
di illuminare la via che hai seguito tu e,
per intercessione della Madonna,
accogli la mia preghiera.
Fratello Giacomo stammi vicino.
Ti voglio immensamente bene.
Paolo
Il mio ricordo
di Fra Giacomo
Mi sento fortunato di aver conosciuto
fra Giacomo e di aver vissuto
assieme a lui per 4 anni.
Infatti io sono vissuto nel convento di
Brescia negli anni in cui ho frequentato il
ginnasio e poi gli ultimi due anni del liceo.
Anche se come allora era la prassi
noi studenti non avevamo grandi
occasioni di contatti con i frati del
convento noi osservavamo con
curiosità i frati colà residenti.
Mi ha sempre fatto molta impressione fra
Giacomo che con grande umiltà era tutto
il giorno nel suo sgabuzzino alla porta
del convento a ricevere le persone che
venivano per vari motivi specialmente
i poveri che bussavano alla porta
per avere qualche aiuto.
Lui poi con bontà era sempre
pronto a riparare le scarpe che noi
studenti spesso gli portavamo.
Ancora mi rimane vivido nella mente
il suo andare a testa china per il
chiostro e nel convento in silenzio
senza fare il minimo rumore assorto in
preghiera cosa che si capiva da come
muoveva leggermente le labbra.
Non ho mai sentito lui alzare la voce o essere
turbato, quando parlava lo faceva sempre
sommessamente e rispettosamente.
Ultimamente nel marzo scorso
(2010) quando mi trovarono che
avevo un tumore al rene sinistro fu
naturale a me prima dell’operazione
raccomandarmi a fra Giacomo,
e dopo non appena potei venire in Italia
passare per Brescia a ringraziarlo.
P. Giancarlo Faldani - Cittadella, Padova
Chiesa San Francesco Brescia
Orari di apertura
giorni feriali: 6,30 - 11,30; 15,00 - 19,30
giorni festivi: 7,00 - 12,30; 15,30 - 19,30
Sante Messe
feriali: ore 7,00, 9,00, 10,00; 18,30
festive: 8,00, 9,30, 10,30, 11,30; 18,30
Negli orari di apertura
è sempre disponibile un confessore
Per raggiungere la chiesa:
dall’autostrada
seguire le indicazioni per il Centro storico della città
dalle stazioni ferroviaria e autobus
in pochi minuti a piedi
Per la vostra corrispondenza con noi,
scrivete a:
fra Giacomo
Convento San Francesco
P.ta San Francesco 3/A
25122 BRESCIA - Italia
tel. 030.2926701
fax 030.2926780
In INTERNET il nostro indirizzo è:
www.fragiacomo.net
e-mail: [email protected]
CCP n. 000015515257, intestato a:
Istituto Lombardo delle Missioni Estere
dei Frati Minori Conventuali
P.ta San Francesco d’Assisi 3/A - 25122 BRESCIA
Ringraziamo di cuore chi ci aiuta nella
promozione della causa di canonizzazione del
Servo di Dio e per la stampa di questo foglio.
Ad ogni numero di “fra Giacomo” accludiamo
il bollettino del conto corrente postale,
non per sollecitare offerte, ma per praticità
dei nostri lettori e su loro suggerimento.
Caro amico, a norma della Legge 196/2003, Le comunichiamo che il suo
nominativo è stato inserito nella banca dati di ottobre-dicembre 2010
del bollettino “fra Giacomo”, che li tratterà per i propri fini promozionali.
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Natale - Fra Giacomo Bulgaro