PAESTUM 16-19 Novembre 2006 DIPARTIMENTO PER LA RICERCA, L’INNOVAZIONE E L’ORGANIZZAZIONE IX Edizione Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico Direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione Archeologia e Territorio PAESTUM CENTRO ESPOSITIVO ARISTON Edizioni MP MIRABILIA srl DIPARTIMENTO PER LA RICERCA, L’INNOVAZIONE E L’ORGANIZZAZIONE Capo Dipartimento Giuseppe Proietti Direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione Direttore Generale Antonia Pasqua Recchia Segreteria Amministrativa Cristina Brugiotti, Anna Rita De Gregorio, Rosaria Pollina, Silvia Schifini, Maria Viglongo, Fabiana Vinella, Laura Petracci Comunicazione e rapporto con i media Fernanda Bruno Ufficio per la Comunicazione Anna Conticello con Alessia De Simone Supporto logistico Edoardo Cicciotto, Maurizio Scrocca Il programma di partecipazione alla IX Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico – Paestum 16–19 novembre 2006 è stato organizzato dal: Servizio II - Comunicazione, Promozione e Marketing Dirigente Paola Francesca Zuffo Segreteria Anna Maria Trimarchi con Giacomo Bologna, Anna Napoleoni, Amedeo Natoli, Giancarlo Fumanti Coordinamento generale, Unità Organica I - Grandi Eventi e Manifestazioni Fieristiche Progettazione e realizzazione opuscolo, materiali grafici e stand - Organizzazione incontri allo stand Responsabile Antonella Mosca con Monica Bartocci, Antonella Corona, Maria Tiziana Natale, Alessandra Rosa, Maria Siciliano, Laura Simionato Comunicazione multimediale Alberto Bruni, Renzo De Simone, Francesca Lo Forte, Emilio Volpe con Andrea Fiorenza, Roberto Sartini, Gabriele Tamburini con il contributo di: Direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione Direzione Generale per i Beni Archeologici Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici dell’Emilia Romagna Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici della Lombardia Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici della Sardegna Soprintendenza per i beni archeologici dell’Abruzzo Soprintendenza per i beni archeologici della Basilicata Soprintendenza per i beni archeologici della Calabria Soprintendenza per i beni archeologici delle provincie di Napoli e Caserta Soprintendenza per i beni archeologici dell’Emilia Romagna Soprintendenza per i beni archeologici del Friuli Venezia Giulia Soprintendenza per i beni archeologici di Roma Soprintendenza per i beni archeologici di Ostia Soprintendenza per i beni archeologici della Liguria Soprintendenza per i beni archeologici della Lombardia Soprintendenza per i beni archeologici delle Marche Soprintendenza per i beni archeologici del Molise Soprintendenza per i beni archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie Soprintendenza per i beni archeologici delle provincie di Cagliari e Oristano Soprintendenza per i beni archeologici di Sassari e Nuoro Soprintendenza per i beni archeologici della Toscana Soprintendenza per i beni archeologici dell’Umbria Museo Archeologico Nazionale di Ferrara Soprintendenza al Museo Nazionale Preistorico ed Etnografico “Luigi Pigorini” CCTPC – Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale REGIONE LOMBARDIA Direzione Generale Culture, Identità e Autonomie della Lombardia Direzione Generale Territorio e Urbanistica Direzione Generale Qualità dell’Ambiente Sponsor: Call Center – Omnia Netwok S.p.A ARCUS Spa - Società per lo sviluppo dell’arte, della cultura e dello spettacolo Società Fassa Bortolo Reply Presentazione ono molti i segnali che indicano un’attenzione crescente verso lo sviluppo di un “modello Italia” che produca una tipologia originale di rapporto tra economia e cultura e tra intervento pubblico e privato. Uno dei più frequenti è il proliferare di riflessioni sulle relazioni tra lo sviluppo turistico (del settore turistico) e una diversa gestione del patrimonio culturale. Si parte dall’ovvia constatazione che in Italia la domanda di “fruizione” di beni culturali ha un peso rilevantissimo sulla domanda turistica, e si tratta di un peso in continua crescita. Si arriva ad addebitare ad una inadeguatezza dell’offerta culturale il mancato sviluppo turistico di aree e territori ricchi di risorse culturali. Sembra che nel nostro Paese si stia soffrendo di un certo strabismo nelle scelte di politica economica in rapporto alla politica culturale e di questa in rapporto alla politica turistica. E’ fuor di dubbio che le politiche culturali impattano con i settori chiave della vita pubblica, da quello economico - i beni culturali come fattore di sviluppo economico - a quello educativo - i beni culturali come vettori prioritari di messaggi formativi - a quello sociale - i beni culturali come beni meritori tali da ottenere finanziamenti dalla parte pubblica anche in pura perdita finanziaria, perché comunque componenti essenziali della “funzione di benessere sociale”-. Negli ultimi anni esse sono diventate invece minoritarie e ancillari rispetto alle altre scelte strategiche del Paese e la stessa declinazione delle politiche intersettoriali, come ad esempio la semplificazione amministrativa, il contenimento e razionalizzazione della spesa, la digitalizzazione, la qualità dei servizi, ha assunto un peso non rilevante nel contesto degli altri settori della Pubblica amministrazione. Eppure in Italia il sistema della cultura in generale e del patrimonio in particolare hanno un ruolo strategico evidente, ribadito in tutti i contesti, amministrativi, giuridici, accademici, gestionali che non può avere in altri Paesi. All’ovvio carattere di settore basilare per la conservazione della memoria storica e per la crescita culturale della nazione si aggiungono valenze di tipo economico, come la capacità di attivare notevoli flussi finanziari. Il settore del turismo è quello in cui l’impatto si manifesta più evidente perché è nei flussi turistici, sui numeri effettivamente rilevati, che si calcola più facilmente il valore aggiunto apportato all’economia del Paese dall’esistenza del patrimonio culturale. Eppure le relazioni tra i due settori non sono fluide come sarebbe auspicabile, il che comporta una divaricazione di obiettivi, di metodi e di risultati. Indubbiamente il concetto di Patrimonio culturale “Custode” di significati e di valori si è arricchito con il concetto di Patrimonio culturale “Servizio”, che si pone verso il pubblico secondo una logica nuova, che modifica la missione istituzionale, non più riconducibile esclusivamente alle funzioni conservative e di tutela ma anche alle funzioni di produrre e divulgare conoscenza. I beni culturali, dunque, rientrano a pieno titolo e con un ruolo determinante nei progetti di promozione e valorizzazione della cultura e del territorio, oggetto S di richiamo di flussi turistici e stimolatori di attività di vario tipo (dall’editoria ai servizi di assistenza ai visitatori), che richiedono modalità di gestione di natura imprenditoriale. E’ anche vero che il patrimonio culturale, se non è inserito in un processo attivo che va dalla conoscenza alla valorizzazione passando per la conservazione e il restauro, non è in grado di generare, di per sé, effetti positivi a vasta scala, né nel senso dello sviluppo culturale né nel senso dello sviluppo economico. Analogamente il sistema del turismo coinvolge tali e tanti fattori e soggetti che dovrebbero essere raccordati in un quadro di governo concertato e unitario, ancorché regionalizzato, per essere realmente competitivo. Ora sembra ovvio rilevare alcune diversità di risultati tra i due settori, quello del patrimonio culturale e quello turistico. Nel primo si registra una grande attenzione alle potenzialità di sviluppo economico e gli stessi addetti della “tutela e della conservazione” hanno integrato, nelle loro professionalità originarie, competenze specifiche volte alla promozione della cultura e dei territori; quindi si produce e si esporta, con successo, il “modello italiano” di gestione del patrimonio culturale, in tutta la filiera conoscenza-tutela-conservazione-valorizzazione. Nel secondo non sembra registrarsi una analoga evoluzione, con il risultato che nell’equazione: patrimonio culturale + organizzazione turistica = sviluppo economico il fattore di debolezza è proprio l’organizzazione turistica, mancando un deciso investimento in termini di miglioramento di tutti gli elementi che incidono sulla qualità dell’offerta, dall’accoglienza al sistema dei trasporti e della mobilità, ai servizi generali, alla comunicazione. Occorre che i due ambiti trovino solidi piani di intesa, in cui l’offerta dei servizi generali turistici sia coerente con l’offerta culturale. Non sembra esserci mai stata un’età dell’oro in cui ciò sia avvenuto, ma non si può per questo ulteriormente dilazionare l’impegno, pena la perdita di occasioni per recuperare le posizioni che il nostro Paese ha perso. L’obiettivo non è tanto (non è solo) quello della “cattura” di flussi turistici aggiuntivi quanto quello della redistribuzione e della destagionalizzazione, anche per affrontare il problema della congestione, e quindi del degrado da usura del patrimonio culturale e paesaggistico, che si verifica nelle aree di maggiore attrazione turistico-culturale. Il sovraffollamento delle “città d’arte”, spinto fino al punto di rischiare la consistenza fisica delle stesse e di svilire la sostanza della visita culturale, si può risolvere attraverso la creazione e l’offerta di solidi e credibili “pacchetti turistico- culturali” alternativi, se non totalmente almeno parzialmente, a quelli tradizionali. La ricchezza di progettualità che il Ministero espone nella IX Borsa di Paestum, in un settore di straordinaria importanza e fascino come quello archeologico, è una garanzia della fattibilità del percorso appena accennato, che sembra peraltro una strada obbligata. Antonia Pasqua Recchia Direttore Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione Sommario Il quadro delle relazioni internazionali.................................................................................. Rosanna Binacchi Il programma “Archeologia on line”: utilizzo di nuove tecnologie per il miglioramento dell'offerta culturale ......................................... Anna Conticello Veio, gli Etruschi alle porte di Roma - Analisi di Customer Satisfaction e strategie operative ........... Anna Maria Reggiani Aree e parchi archeologici in Abruzzo ................................................................................. Rosanna Tuteri Valorizzazione e promozione del patrimonio archeologico della Basilicata ................................ Marcello Tagliente Calabria, archeologia e turismo ......................................................................................... Francesco Prosperetti ll parco archeologico di Locri Epizefiri ................................................................................ Claudio Sabbione ll parco archeologico e il Museo dell'antica Caulonia ........................................................... Maria Teresa Iannelli Il Parco Sommerso di Baia ................................................................................................. Paola Miniero Teano dei Sidicini. Il Museo e il Parco archeologico............................................................... Francesco Sirano Il territorio ferrarese. Nuove scoperte archeologiche ............................................................... Maddalena Ragni Un sepolcreto prediale di età romana nel delta ferrarese......................................................... Fede Berti, Luigi Malnati Barche Tradizionali dell'Adriatico. Tutela del patrimonio storico artistico e etnoantropologico. Riccardo I° L'ultima delle Comacine di Comacchio - Storia di un recupero ................................ Alain Rosa Villa rustica romana di Via Raparoni - Comune di Ronchi dei Legionari (GO) .............................. Fabiana Pieri Area archeologica di Zuglio (UD)........................................................................................ Serena Vitri Torre di Pordenone - Villa romana........................................................................................ Paola Ventura Spazio Espositivo Permanente sul villaggio neolitico “La Marmotta” .............................................. La Polledrara di Cecanibbio............................................................................................... Anna Paola Anzidei Parco archeologico - turistico di Gabii - Castiglione ............................................................... Stefano Musco Progetto cultura 2000. Come l’acqua che scorre ................................................................... Margherita Bedello, Evelyne Bukowiecki, Élèn Dessales, Julien Dubouloz Servizio Educativo ............................................................................................................ Lucia Piastra ArcheoMetrò ................................................................................................................... Piera Melli La realtà archeologica della Lombardia................................................................................ Carla Di Francesco Il progetto “Conoscenza tutela e valorizzazione di aree e parchi archeologici”........................... Marco Minoja Un museo di quartiere: l'Antiquarium “Alda Levi” di Milano ..................................................... Anna Ceresa Mori 8 14 18 20 24 26 28 31 33 37 41 42 43 47 49 50 51 52 57 61 63 64 66 68 71 Il lago di Garda: itinerari archeologici integrati. Dalle ville romane alle fortificazioni medievali ..... Brunella Portulano, Elisabetta Roffia Il sito UNESCO “Arte Rupestre della Valle Camonica” ............................................................ Raffaella Poggiani Keller La Valle Camonica romana: un nuovo itinerario tra turismo e cultura .......................................... Filli Rossi L'orientalizzante a Matelica................................................................................................ Giuliano de Marinis La Domus di Sant’Angelo in Vado - Restauro e Musealizzazione .............................................. Giuliano de Marinis - Paolo Quiri Il santuario sannitico di Pietrabbondante .............................................................................. Libarna (Comune di Serravalle Scrivia) ................................................................................ Marica Venturino Gambari - Sabrina Carrea L'area Archeo-Metallurgica di Rondolere (Alta Val Sessera - Bi) (fine XVIII - inizio XIX secolo)........................................................................................................ Maurizio Rossi La fruizione turistica culturale in Sardegna ............................................................................ Sandra Violante La necropoli di Mitza de Siddi - Ortacesus (CA)- Il Progetto di valorizzazione ............................ Donatella Cocco Museo Civico Archeologico di Alghero ................................................................................ Daniela Rovina Alto Mugello ................................................................................................................... Luca Fedeli Alta Valtiberina e territorio sestinate...................................................................................... Monica Salvini Itinerari archeologici nei centri storici a continuità di vita ......................................................... Mariarosaria Salvatore Nuove proposte di Musei archeologici................................................................................. Mariarosaria Salvatore Il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale ................................................................ Ugo Zottin Call Center ..................................................................................................................... Marco Bordi L'attività progettuale di ARCUS S.p.A. .................................................................................. Carolina Botti Cultura senza confini - Soc. Fassa Bortolo ........................................................................... Nuove modalità di comunicazione - Reply ............................................................................ 73 76 79 83 85 87 91 94 98 101 104 106 108 111 113 115 120 122 124 125 Dipartimento per la Ricerca, l'Innovazione e l'Organizzazione Dipartimento per la Ricerca, l’Innovazione e l’Organizzazione Via del Collegio Romano, 27 00186 Roma tel 06 67 23 21 17 fax 67 23 30 26 [email protected] Ufficio Relazioni Internazionali Responsabile: Rosanna Binacchi con Stefania Celentino Mariateresa Di Dedda Valentina Di Lonardo Francesca Rossi 8 Il quadro delle relazioni internazionali Rosanna Binacchi “L’Italia è certamente il Paese al mondo che più di ogni altro custodisce le testimonianze di un Patrimonio culturale plurimillenario e multiforme. L’intero suo territorio costituisce un palinsesto complesso di presenze capillarmente diffuse; stratificato spesso nei medesimi siti, occupati senza soluzione di continuità urbana dalla prima metà del I millennio a.C. fino ai nostri giorni. La convivenza quotidiana con questo Patrimonio ha innescato una serie di problemi di “compatibilità” conseguenti ad un processo di industrializzazione e di trasformazioni spesso tumultuose. In ragione di questa non sempre facile convivenza – contrassegnata da una sorta di incombente confronto dialettico tra le ragioni dello sviluppo e quelle della preservazione della memoria – in Italia si è sviluppato, prima e più che in altre parti, un dibattito dai toni alti e dai forti contenuti culturali sulla conservazione e la tutela delle opere d’arte” (L’eccellenza del restauro italiano nel mondo, a cura di Giuseppe Proietti). Questo dibattito ha portato ad una consolidata sensibilità verso i temi della conservazione e della gestione ed all’ istituzione di centri di ricerca finalizzati alla tutela del nostro Patrimonio. Ciò ha permesso lo sviluppo di una esperienza unica al mondo che oggi, grazie anche all’uso di sofisticate tecnologie, ha portato l’Italia ad un ruolo leader a livello mondiale. Nei vari contesti internazionali, il Ministero per i Beni e le Attività culturali esprime con ferma convinzione la disponibilità a condividere metodologie e know how acquisiti, con tutti i Paesi che mostrano un interesse crescente verso le esperienze italiane in tema di conoscenza, restauro e valorizzazione Dipartimento per la Ricerca, l'Innovazione e l'Organizzazione del patrimonio, offrendo il contributo scientifico ed il sostegno tecnico richiesto. L’esperienza acquisita viene così continuamente arricchita attraverso scambi reciproci con molti Paesi nei diversi Continenti che si trovano a dover fronteggiare problemi di conservazione e gestione di un Patrimonio loro affidato, il comune patrimonio dell’Umanità. Nell’ambito della propria missione istituzionale, sotto la guida del Prof. Giuseppe Proietti, il Dipartimento per la Ricerca, l’Innovazione e l’Organizzazione persegue operativamente gli obiettivi di collaborazione internazionale tracciati da accordi di collaborazione culturale e programmi esecutivi che ne fissano il programma concreto delle attività, le diverse azioni e gli strumenti di cooperazione. Numerosi gli Accordi stipulati negli ultimi anni. Tra questi, in primis, vorremmo ricordare in ambito multilaterale la Dichiarazione congiunta sulla cooperazione in materia di patrimonio culturale e naturale tra il Governo della Repubblica italiana e l’UNESCO, firmata a Parigi nel marzo 2001, con la quale si istituzionalizzano le modalità degli interventi del MiBAC e dell’Italia sul Patrimonio dell’Umanità a rischio a causa di calamità naturali o eventi bellici. In tale ambito l’Italia si impegna a cooperare con il Centro del Patrimonio Mondiale per l’assistenza agli Stati Parte della Convenzione del 1970 in materia di formazione, monitoraggio dello stato di conservazione dei siti, preparazione dei dossier per le candidature e di richieste di assistenza internazionale. Il ruolo del MiBAC e del Dipartimento per la Ricerca, l’Innovazione e l’Organizzazione al suo interno, si concretizza nell’intervento di esperti nei vari ambiti e nella predisposizione di progetti d’intervento congiunti. Tra i numerosi interventi intrapresi nella cornice di questa Dichiarazione, il più emblematico è sicuramente il progetto di riapertura del Museo Nazionale di Baghdad in Iraq. L’Italia, unico paese presente nell’Iraq del dopo-guerra nel settore del Patrimonio culturale, ha progettato l’allestimento dei nuovi Laboratori di restauro del Museo, li ha dotati di tutte le apparecchiature necessarie, li ha avviati al funzionamento ed ha formato i restauratori iracheni che attualmente vi operano. E’ stato redatto un progetto di parziale riapertura del Museo che, dopo le interruzioni dovute al clima di instabilità e di tensioni post belliche, è stato riavviato lo scorso ottobre. Progetto altrettanto emblematico e significativo dal punto di vista metodologico e tecnologico è quello sulla Cittadella fortificata di Arg–e-Bam in Iran, distrutta dal terremoto del 2003. L’UNESCO, il Governo iraniano, le autorità internazionali e molti studiosi hanno mostrato da subito un’attenzione 9 Dipartimento per la Ricerca, l'Innovazione e l'Organizzazione concreta alla fase post–sismica giungendo nell’aprile 2004 alla firma della “Dichiarazione di Bam”. Dopo le prime operazioni di pronto intervento, la parte italiana ha presentato il progetto per un nuovo piano regolatore per la ricostruzione del sito. Sono stati in seguito definiti gli adempimenti operativi necessari all’apertura del cantiere per la realizzazione del progetto di restauro della Torre n.1 Sud Ovest della cinta muraria dell’antica Cittadella, che inizieranno nel prossimo mese di novembre. Il progetto italo-iraniano assume particolare importanza sia perchè costituisce il primo intervento sul monumento, ponendosi come modello di sollecitazione nei confronti degli altri Paesi, sia in quanto momento di sperimentazione di tecniche e metodologie di conservazione, sia perché costituisce un importante occasione di collaborazione e di trasmissione delle capacità italiane nel settore della conservazione. L’intervento più significativo per il forte impegno profuso nella trasmissione di know how, attraverso un’intensa attività di formazione “sul campo” è indubbiamente quello sulla Città Proibita di Pechino. Il MiBAC e la Repubblica Popolare Cinese hanno firmato un Accordo per avviare un’iniziativa di cooperazione volta alla conservazione e alla valorizzazione del sito cinese, in particolare della Sala della Suprema Armonia (Taihedian), l’edificio più significativo del grandioso complesso monumentale. Si sono succeduti sopralluoghi durante i quali sono state effettuate indagini conoscitive sui materiali e raccolta di dati che sono confluiti in una documentazione grafica informatizzata, che si è avvalsa delle più avanzate tecniche di rilievo architettonico e di schedografia, finalizzata alla conoscenza dello stato di conservazione e al rilevamento delle alterazioni presenti, dati essenziali ai fini dell’elaborazione del progetto di conservazione. 10 Dipartimento per la Ricerca, l'Innovazione e l'Organizzazione È stato, quindi, definito il progetto di conservazione attraverso la costituzione di un apposito gruppo tecnico italo-cinese e proceduto alla firma di un Accordo Quadro contenente gli obiettivi e le modalità della collaborazione tra i due Paesi. Tra gli altri importanti interventi vorremmo ricordare: la creazione del Centro egiziano per la Conservazione delle Antichità di Palazzo Rosso al Cairo, l’intervento di conservazione e valorizzazione del Parco archeologico e naturalistico di Cartagine, La Malga e i due antichi porti punici; il progetto di monitoraggio e restauro per la protezione dagli agenti atmosferici dell’Arco dei Severi di Leptis Magna e del tempio di Iside a Sabratha, il progetto di restauro dei bassorilievi nel complesso della Sala del Trono del Palazzo di Sennacherib a Ninive, antica capitale assira, una delle massime creazioni della scultura figurativa di tutti i tempi. L’attività del Dipartimento RIO in ambito bilaterale si concretizza, inoltre, nel coordinamento di attività previste da Accordi e Memorandum, ai sensi della Convenzione UNESCO 1970, concernenti le misure da adottare per interdire ed impedire l’illecita importazione, esportazione e trasferimento di beni culturali. Tra questi il Memorandum of Understanding (MoU) con gli Stati Uniti d’America sull’imposizione di restrizioni all’importazione di materiale archeologico e l’Accordo con il Consiglio federale elvetico sull’importazione e il rimpatrio di beni culturali illecitamente esportati. In tale contesto generale, espressione di una sempre maggiore e condivisa sensibilità internazionale al problema del traffico illecito e della decontestualizzazione, si inseriscono i numerosi negoziati definiti, o in corso di definizione, con importanti istituzioni museali mondiali quali la Convenzione con il Metropolitan Museum di New York, che sancisce la restituzione al nostro Paese, fra gli altri, di un importante cratere a figure rosse del VI secolo a.C., il cratere di Eufronio e di un prezioso corredo di argenti ellenistici, e la Convenzione con il Museum of Fine Art di Boston, che ha portato al rientro in Italia di 13 opere archeologiche di inestimabile pregio, tra le quali la statua in marmo raffigurante Vibia Sabina. In un ottica di rinnovata collaborazione, si è inteso inoltre istaurare con queste istituzioni duraturi programmi di cooperazione che prevedono attività di ricerca, progetti espositivi congiunti e prestiti a lungo termine, nel rispetto della normativa vigente. In un ambito più vasto ed articolato di collaborazione bilaterale si inseriscono il MoU sulla cooperazione culturale e l’Accordo per la lotta contro i furti, gli scavi illeciti, l’importazione e l’esportazione illegali di Beni cultu- 11 Dipartimento per la Ricerca, l'Innovazione e l'Organizzazione rali, firmati con le autorità cinesi, volti a rafforzare la collaborazione bilaterale nei settori della protezione dei beni culturali e dell’amministrazione dei musei. Recenti incontri tecnici con lo State Administration of Cultural Heritage (struttura omologa al MiBAC) hanno riconfermato la reciproca volontà di Italia e Cina di procedere ad un comune programma culturale incentrato sui seguenti ambiti: scambio di informazioni e collaborazione nel campo della prevenzione e contrasto al traffico illecito di beni culturali con la creazione di appositi database dei beni culturali; realizzazione di un sistema di formazione permanente nei settori amministrativo/gestionale, del restauro e della valorizzazione; rafforzamento della cooperazione bilaterale nei settori delle tecnologie applicate e della digitalizzazione; cooperazione in progetti di restauro specifici; avvio di un processo per la presentazione della candidatura della Via della Seta a sito del Patrimonio dell’Umanità; ed infine la creazione di un centro italo-cinese per il patrimonio culturale con compiti di conservazione, gestione e valorizzazione. Questo centro avrà lo scopo di ospitare attività congiunte offrendo una piattaforma per l’applicazione delle teorie e tecnologie italiane ai beni culturali cinesi. I risultati di queste ricerche ed attività congiunte potranno, in futuro, essere estesi anche a Paesi Terzi. Nell’ambito di più ampie rassegne di carattere internazionale come l’Anno dell’Italia in Cina, il Dipartimento RIO ha curato importanti progetti di collaborazione con prestigiose istituzioni museali mondiali. Vorremmo ricordare quello con il World Art Museum di Pechino, il primo ed unico museo di arte mondiale in Cina, ove è stato allestito un percorso espositivo dedicato alle sei Grandi Civiltà mondiali: romana, greca, egizia, maya, mesopotamica ed indiana. Un innovativo progetto di musealizzazione, che coinvolge l’Italia 12 Dipartimento per la Ricerca, l'Innovazione e l'Organizzazione per le civiltà greca, romana, egizia, attraverso una selezione di eccellenze dalle collezioni di importanti musei archeologici statali italiani. Le sezioni riguardanti le civiltà maya, indiana e mesopotamica sono invece state curate e realizzate in sinergia con alcuni grandi musei internazionali. Il Dipartimento RIO ha coordinato il progetto, creando al proprio interno un gruppo di lavoro che, con funzioni di comitato organizzatore, ne ha coordinato gli aspetti scientifici, amministrativi e organizzativi, curando i rapporti con il comitato scientifico, gli istituti prestatori, l’équipe di progettazione. Contatti operativi si sono tenuti con la struttura del Museo ospitante, attraverso un continuo confronto e condivisione delle linee operative e della programmazione delle attività connesse alla realizzazione del progetto ed alla promozione del medesimo. Il percorso espositivo ha inteso tracciare le linee caratterizzanti di queste civiltà anche attraverso l’utilizzo di sofisticate tecnologie multimediali, che hanno permesso una suggestiva contestualizzazione dei reperti espositivi nella ricreata cornice del territorio italiano. 13 Dipartimento per la Ricerca, l'Innovazione e l'Organizzazione Direzione Generale per l'Innovazione Tecnologica e la Promozione Il programma “Archeologia on line”: utilizzo di nuove tecnologie per il miglioramento dell'offerta culturale Anna Conticello Il programma “Archeologia on line”, avviato dalla Direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, ha l’obiettivo di produrre benefici positivi sull’intero sistema del patrimonio archeologico delle aree coinvolte, con conseguenti ricadute positive sul sistema economico locale, mediante l’utilizzo di leve di promozione e prodotti di divulgazione basati sulle tecnologie informatiche. Le attività sono state finanziate con fondi C.I.P.E. e sono state indirizzate alle Regioni Obiettivo 1 - Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna - indicate, nella Delibera CIPE n. 17/2003 1.1, come aree sottoutilizzate. Al programma hanno anche aderito due progetti sperimentali del Lazio: l’Archeoguida di Villa Adriana a Tivoli e l’ArcheoAtlante in 3D del Teatro romano di Cassino. Il programma si articola in tre moduli: • Visite Archeologiche Virtuali • ArcheoAtlante in 3 D • Archeoguida Direttore Generale: Antonia Pasqua Recchia Referente: Anna Conticello Via del Collegio Romano, 27 00186 Roma Tel. 0667232648 [email protected] 14 Ogni modulo comprende anche attività relative alla creazione ex novo o all’implementazione dei siti web museali delle Direzioni Regionali e delle Soprintendenze archeologiche coinvolte allo scopo di rendere fruibili all’utente i materiali digitalizzati raccolti attraverso la rete internet. I contenuti sono stati inoltre concepiti con differenti scale di approfondimento così da poter raggiungere una fascia di utenti ampia e diversificata. Per la realizzazione dei nuovi siti web è stato applicato Museo&Web (kit di progettazione di un sito di qualità per i musei medio piccoli) del Progetto Minerva (ad es. Musei Archeologici di Sassari e di Nuoro, Museo Nazionale d’Arte Orientale, Museo Archeologico Nazionale di Paestum). Il sito web del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, implementato ed arricchito di nuovi percorsi, è parte integrante del portale specialistico” che rientra nel Progetto “Re.Mu.Na. Rete virtuale dei Musei di Napoli”. Dipartimento per la Ricerca, l'Innovazione e l'Organizzazione Visite Archeologiche Virtuali In un’apposita finestra video, selezionata la visita, sarà possibile vedere un film digitale di un itinerario di visita o un percorso per immagini accompagnato da ipertesto. Le visite virtuali saranno realizzate con le migliori tecnologie web-video e avranno grande fluidità di visualizzazione, inoltre, dal momento che saranno fruibili via Internet risponderanno ai requisiti richiesti per l’accessibilità. Al progetto aderiscono la Direzione Regionale della Campania, le Soprintendenze per i Beni Archeologici della Basilicata, della Calabria, delle province di Napoli e Caserta, delle province di Salerno Avellino e Benevento, della Puglia, delle province di Cagliari e Oristano, delle province di Sassari e Nuoro. ArcheoAtlante3D Si tratta di creare un atlante virtuale di alcuni siti archeologici inseriti nel loro contesto temporale territoriale paesaggistico. Esso verrà realizzato tramite la ricostruzione virtuale del paesaggio antico attraverso la costruzione di un GIS (Geographical Information System) e di siti archeologici (aree archeologiche musei, ecc.) e di un sistema di realtà virtuale di tipo desktop. Il risultato finale consentirà al visitatore di poter navigare - tramite una postazione visiva - in tempo reale nel territorio attuale (spazio) ed in quello antico (tempo). Per l’utente sarà possibile semplicemente attraverso il mouse: – muoversi liberamente all’interno del paesaggio, interagendo con il mondo virtuale, con l’impressione di trovarsi effettivamente immerso nello spazio tridimensionale; – accedere a percorsi di visita personalizzati attraverso la visualizzazione di itinerari che possono guidare l’utente nella visita; – interrogare interattivamente elementi archeologici ed ottenere informazioni descrittive di vario tipo (inquadramento storico, schede descrittive, immagini, ecc.); – attivare livelli informativi relativi al paesaggio storico- archeologico ricostruito: da un menù l’ utente potrà decidere in quale epoca storica muoversi e visualizzare siti ricostruiti. Al progetto aderiscono la Direzione Regionale Campania con il tratto della via Appia da Sinuessa a Benevento, comprese le diramazioni delle vie Minturnum Suessa Aurunca, Teanum 15 Dipartimento per la Ricerca, l'Innovazione e l'Organizzazione Cales e la via Puteolis e la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio con la ricostruzione del Teatro Romano di Cassino. Archeoguida Consiste nella realizzazione di un servizio integrato di guide multimediali fruibili all’interno dei siti archeologici. I contenuti verranno visualizzati su palmari (wPDA, ovvero PDA connessi attraverso tecnologia Wireless) e altri dispositivi fissi collegati ad un server centrale tramite rete wireless. La visita all’area archeologica viene quindi trasformata in un’esperienza multisensoriale dove, attraverso musica, parole e immagini si riesca ad accrescere la percezione di quanto si sta osservando. Anche i bambini di età compresa tra i 6 ed i 10 anni potranno usufruire di questa esperienza attraverso l’uso di terminali mobili arricchiti da contenuti adatti alla loro fascia di età. Le Soprintendenze per i Beni Archeologici della Basilicata, delle province di Salerno Avellino e Benevento, della Puglia, delle province di Cagliari e Oristano stanno ultimando la realizzazione di archeoguide in alcuni siti archeologici. Ogni Soprintendenza e Direzione Regionale coinvolta, in base al materiale documentario già in possesso e ad una analisi dell’interesse turistico-culturale anche allo scopo di fruire al meglio del finanziamento ottenuto ha individuato i siti archeologici, i musei e le differenti tecnologie e prodotti da utilizzare nella regione di appartenenza. Tutti i progetti di virtualizzazione rispondono a requisiti particolari che ne danno garanzia di qualità: − Ampia contestualizzazione: E’ importante che nella visita virtuale di un sito, o nella ricostruzione di un sito, di un’area o di un oggetto, ci si basi su una realtà fisica esistente e fisicamente tracciabile. − Autenticità: La ricostruzione deve essere garantita nella sua veridicità storica, quindi supportata da un adeguato apparato documentario. Questo è un requisito essenziale per permettere la qualità del messaggio e dell’esperienza proposta. − Accessibilità: Non soltanto in senso tecnico e fisico (friendly comunication, collegamenti, trasporti) ma anche in senso psi- 16 Dipartimento per la Ricerca, l'Innovazione e l'Organizzazione cologico (adeguati apparati didattici preventivi). − Usabilità: Possibilità di massimizzare la performance utilizzando i risultati ottenuti sullo stesso sito alla fine del progetto. − Scalabilità: possibilità di integrare progressivamente, sulla stessa piattaforma tecnologica, informazioni e dati progressivamente più complessi al fine di migliorare la conoscenza del patrimonio e accrescere il livello culturale, organizzando i contenuti in un contesto di e-learning fruibile in rete. 17 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Direzione Generale per i beni archeologici Direttore Generale: Anna Maria Reggiani Via di San Michele, 22 00153 Roma Tel. 06 58434600 fax 58434750 [email protected] 18 Veio, gli Etruschi alle porte di Roma - Analisi di Customer Satisfaction e strategie operative Anna Maria Reggiani Negli ultimi tempi si è progressivamente affermata, sia l’idea che la salvaguardia dei beni culturali non consista nella difesa di valori di una élite, sia il loro ruolo sociale, quale elemento costitutivo dell’identità storico-culturale comune. La definizione più recente e comunemente accettata di Museo, contenuta nello Statuto dell’International Council of Museums (ICOM) chiarisce come ogni contenitore culturale sia collocato all’interno di un “sistema di servizi”. Il museo e l’area archeologica assolvono a specifici compiti nei confronti del pubblico: la tutela, in primo luogo, come organizzazione dei servizi di conservazione e restauro; l’esposizione, come organizzazione dei criteri e dei sistemi espositivi, infine, la promozione, come organizzazione dei mezzi atti a mettere in comunicazione l’opera ed il visitatore. L’acquisita consapevolezza della potenzialità dell’ “offerta” del patrimonio culturale del Paese - che ha fatto proliferare iniziative culturali, soprattutto in ambiti locali, riuscendo anche a convogliare, in alcuni casi, risorse pubbliche e sponsorizzazioni - ha determinato, secondo i meccanismi dell’economia, la crescita della domanda di cultura e di servizi. La sfida al momento attuale, è quella di trovare una comunicazione che sia in grado di equilibrare, al contempo, il peso della domanda a quello dell’offerta. L’introduzione di uno schema di domanda e di offerta, tuttavia, impone, anche sulla scorta di una maggiore sensibilità etica nei confronti dell’utenza, l’adozione di criteri di valutazione della qualità, in ordine agli obiettivi di efficacia - intesa quale capacità di conseguire risultati - e di efficienza - intesa come capacità di conseguire i risultati con il minore impiego di risorse - del servizio prestato dalle strutture espositive. L’opportunità di migliorare la soddisfazione dei cittadini (“Customer Satisfaction) nei confronti dei servizi offerti dalle Pubbliche Amministrazioni ha determinato, negli anni, una produzione normativa e procedurale, motivata tanto da una sempre maggiore sensibilità verso le esigenze dell’utenza, quanto da una sempre più sentita necessità di procedere alla trasformazione e modernizzazione dell’azione amministrativa. L’area archeologica di Veio costituisce un connubio perfetto tra archeologia, ambiente e agricoltura. Il numero dei visitatori è però molto esiguo (circa 4000 l’anno) ed evidenzia un calo Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici di circa l’85% rispetto agli inizi degli anni ’90. In particolare, sembra evidenziarsi l’opportunità di attuare nuove strategie di comunicazione per accrescere la conoscenza e la conseguente fruizione del Parco da parte degli utenti. Al tempo stesso, l’offerta culturale della città di Roma, rende necessario valutare anche un diverso posizionamento rispetto ad altre aree archeologiche per poter sfruttare al meglio i punti di forza evidenziati, differenziando l’offerta per le diverse tipologie di visitatori potenzialmente interessati. 19 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Soprintendenza per i beni archeologici dell'Abruzzo Soprintendente: Giuseppe Andreassi Via dei Tintori, 1 66100 Chieti tel 0871 331668 fax 330946 [email protected] 20 Aree e parchi archeologici in Abruzzo Rosanna Tuteri In Abruzzo oggi i centri fortificati, le necropoli, i villaggi, le ville, i santuari e le città antiche, sia che tradizionalmente abbiano caratterizzato con le loro rovine le aree appenninica e costiera, sia che si trovino in corso di scavo per reintegrarsi nel paesaggio attuale, costituiscono la prima, profonda traccia di una identità che dal sottosuolo trapela fino a giungere al nostro vivere quotidiano, lungo un tracciato che porta ai nostri giorni, costellato dai siti che furono frequentati in antico e che oggi chiamiamo aree archeologiche. Trasformare i siti e le aree archeologiche in parchi è il fine di un lavoro sistematico condotto da anni dalla Soprintendenza per i Beni archeologici dell’Abruzzo: la loro realizzazione acquista il senso della ricerca della profondità del paesaggio, che suggerisca come presente la dimensione invisibile del tempo. La legislazione vigente in tema di aree e parchi archeologici sottolinea l’unità fra bene culturale e bene ambientale e introduce quindi la corresponsabilità tra Ministero, Regioni e gli altri Enti pubblici territoriali: un parco dovrebbe essere uno tra gli strumenti possibili per tutelare, valorizzare e pianificare un intero comprensorio, caratterizzato dall’emersione, attraverso la ricerca scientifica, dei suoi caratteri storici. L’archeologia è dunque uno strumento di interpretazione del paesaggio, e l’archeologo, partecipando alla panificazione urbanistica e territoriale, si inserisce nella logica della progettazione di un futuro che parte dalla documentazione delle fasi di continuità o trasformazione succedutesi nel tempo. In Abruzzo le aree archeologiche “storiche”, insieme a quelle di recente scoperta, testimoniano la diversità delle modalità di acquisizione del patrimonio e le varie caratteristiche strutturali dei siti, ma presentano comunque la stessa necessità di parametri uniformi e certi di ricerca scientifica, di tutela, di valorizzazione e divulgazione. Per questo, nel corso degli scavi su nuovi siti o in aree archeologiche già note, è stata seguita l’idea che già l’area in fase di indagine archeologica fosse oggetto di presentazione al pubblico, in attesa della musealizzazione all’aperto: sono stati quindi adottati opuscoli illustrativi e organizzate visite guidate e laboratori didattici, con la progettazione di percorsi che preludessero alla sistemazione finale del sito, in un tentativo di progettare congiuntamente ricerca, tutela e valorizzazione. A tal proposito si è consapevoli Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici che quanto più saranno integrate le competenze professionali, tanto più sarà positiva la sistemazione del parco, nel senso della leggibilità della situazione antica, della sicurezza dei percorsi e nella comunicazione dei dati scientifici insieme alla conservazione degli elementi paesaggistici: occorre infatti rendere evidente come i segni materiali e quelli immateriali dell’antichità appartengano ad un unico contesto di relazioni. E’ necessario inoltre comunicare anche le modalità della loro acquisizione nel nostro tempo, perché risulti immediatamente chiaro che la nostra stessa conoscenza è parziale e frammentaria. Ma quanto più la conoscenza, frutto della ricerca, è approfondita, tanto più la tutela sarà argomentata e condivisa e soprattutto, la fruizione sarà consapevole. L’Aquila, parco archeologico di Amiternum Nel comprensorio amiternino, che oggi coincide all’incirca con il territorio aquilano, nella terra dei Sabini, già dalla fine del III sec. a.C. fu istituita la praefectura di Amiternum, per il controllo dell’area da parte dei Romani. Le aree archeologiche sono relative al teatro e all’anfiteatro della città romana e risultano divise dal corso del fiume Aterno e dalla viabilità moderna. I resi degli antichi edifici per spettacolo sono orientati in relazione all’asse stradale che attraversa la città antica e, pur se edificati a distanza di quasi un secolo l’uno dall’altro, risultano inseriti nella pianificazione urbana. Delle aree destinate alle necropoli disposte lungo la viabilità extraurbana restano ruderi di monumenti funerari di notevole ricchezza, che hanno restituito importanti rilievi scultorei e finissimi letti in bronzo. Nell’area urbana, la costruzione del teatro sancì l’adeguamento monumentale e funzionale dell’abitato ai parametri urbanistici della prima età imperiale. Il nuovo edificio per spettacolo si inserì in un assetto già costituito, in parte appoggiandosi al pendio, in parte elevando la cavea su murature radiali. Nella seconda metà del I secolo venne edificato l’anfiteatro di cui si conserva l’intera ellisse, rimasta sempre visibile nella summa cavea; l’intervento di scavo e di restauro degli anni Sessanta ha portato alla luce l’intero monumento sostruito su 48 arcate a tutto sesto su due piani. I resti delle strutture monumentali ancora visibili inducono ad ipotizzare una complessa articolazione dello spazio urbano antico, che potrebbe essere indagato sistematicamente, emancipando teatro e anfiteatro dal loro apparente isolamento nella 21 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici pianura: la diversità delle strutture e dei servizi e la fastosità della decorazione architettonica e scultorea (tra cui l’Erma colossale di Ercole al Museo Nazionale dell’Aquila e la statua di divinità seduta al Fine Arts Museum of Boston), costituiscono alcuni aspetti monumentali della città romana dal I al IV secolo, momento in cui prende avvio la fase di declino dei luoghi costruiti. Sulmona (AQ), parco archeologico del santuario di Ercole Curino Nell’odierno territorio sulmonese, nell’ager che in epoca romana era di pertinenza del municipium peligno di Sulmo, sulle pendici del Monte Morrone, un parco archeologico conserva ed espone i resti del santuario di Ercole Curino. Il monumento, che nelle sue fasi costruttive fu adeguato ai canoni edilizi e strutturali dei coevi santuari terrazzati laziali, conserva le tracce di portici, ambienti voltati, scalinate monumentali, decorazione pittorica parietale, mosaico di tradizione ellenistica prestato ai richiami cultuali. L’articolata complessità del luogo sacro risponde ad una precisa ritualità, che dall’aspetto oracolare del culto e dall’incessante scorrere dell’acqua salutifera dettava alla struttura monumentale le sue caratteristiche. Magnifici i doni offerti ad Ercole: tra questi un’ara bronzea dall’evocatus Augusti C. Septimius Popilianus e la statuina in bronzo di arte lisippea raffigurante Eracle in riposo. Cansano (AQ), parco archeologico di Ocriticum Ai confini meridionali dell’area peligna, nel territorio di Cansano, lungo l’importantissimo sistema viario di collegamento con il Sannio, la tradizione letteraria e i recenti scavi archeologici hanno individuato un insediamento italico – romano cui oggi è possibile attribuire il nome Ocriticum in base ad una scoperta epigrafica. Posto ai piedi di Colle Mitra, sede di un importante centro fortificato, il sito archeologico si articola in un grande santuario, in un abitato, in due aree di necropoli attraversate dalla viabilità e in una vasta area produttiva (calcara). L’area oggi compresa nel parco archeologico era destinata in antico al santuario, racchiuso all’interno di un recinto sacro ed edificato su due terrazzamenti: sul maggiore sono visibili i resti dei templi dedicati ad Ercole in epoca italica e a Giove in età romana, sul terrazzo inferiore di minori dimensio- 22 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici ni era posto il sacello delle divinità femminili (Venere, Cerere e Proserpina), come documentano i numerosissimi reperti provenienti dai depositi votivi, alcuni dei quali sono esposti presso il Centro di Documentazione allestito nel centro storico del paese di Cansano. 23 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Soprintendenza per i beni archeologici della Basilicata Soprintendente ad interim: Giuliana Tocco Via Serrao, 11 85100 Potenza tel 0971 21719 fax 3232216 [email protected] 24 Valorizzazione e promozione del patrimonio archeologico della Basilicata Marcello Tagliente Il patrimonio archeologico della Basilicata rappresenta uno dei più significativi di tutta la Magna Grecia. Il costante lavoro di ricerca, salvaguardia e studio ha consentito di mettere in evidenza le peculiarità e i valori di un patrimonio spesso percepito come marginale rispetto ai grandi circuiti della cultura e dell’arte, ma che si rivela in realtà di grande interesse. La Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata, in sinergia con la Direzione Regionale, ha ritenuto indifferibile realizzare attività miranti a valorizzare tutte le emergenze del territorio, dalle più conosciute a quelle meno note o periferiche, con l’obiettivo di metterle a sistema in un quadro unitario di tutela e valorizzazione. L’obiettivo finale è quello di inserire nei grandi circuiti turistici il patrimonio culturale della regione. In tale ottica la mostra “Coralli segreti. Immagini e miti dal mare tra Oriente e Occidente” allestita a Potenza nel Museo Archeologico Nazionale della Basilicata “Dinu Adamesteanu” è stata inserita, con grande successo, quale esperienza pilota in Italia del Progetto Magnifico del Ministero. Ciò ha consentito una promozione capillare dell’iniziativa, con visibilità negli aeroporti, autogrill e ferrovie dello Stato. Grazie a questa campagna pubblicitaria si è riscontrato un notevole incremento nell’afflusso di visitatori al Museo. Ciò ha rappresentato indirettamente un volano per la conoscenza del patrimonio archeologico dell’intera regione, in quanto il Museo costituisce la vetrina della complessa realtà archeologica della Basilicata, per lungo tempo luogo privilegiato dell’incontro tra genti di stirpe e di cultura diversa, al centro del Mediterraneo. Sono presenti infatti otto musei nazionali e sei parchi archeologici, tutti aperti al pubblico. Nei pressi del capoluogo, a Vaglio di Basilicata, è stato di recente inaugurato il “Museo delle antiche genti di Lucania” che presenta suggestive ricostruzioni corredate da materiali archeologici; nel suo territorio sono aperti al pubblico due tra i più importanti parchi archeologici della regione. Il primo è nell’area dell’insediamento indigeno di Serra di Vaglio, caratterizzato da una fortificazione monumentale del IV secolo a.C.; il secondo si riferisce al santuario lucano di Rossano di Vaglio, venerato nello stesso periodo da tutte le genti lucane e dedicato alla divinità osca Mefite. Nel Museo di Muro Lucano, allestito nell’ex Seminario Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Vescovile, si possono ammirare, in forme estremamente suggestive, gli eccezionali risultati della ricerca: corredi funerari arcaici collocati, come al momento del rinvenimento, in ricostruzioni di settori di necropoli; mosaici dalle ville di età romana imperiale, di cui si ripropone l’architettura monumentale. Il Museo di Melfi, ospitato nel Castello di Federico II, espone, con un recentissimo allestimento, reperti funerari di straordinario interesse che illustrano la storia di questo comparto della Daunia tra VIII e III secolo a.C. Il Museo e il Parco archeologico di Venosa illustrano le testimonianze della colonia latina, patria di Orazio. Nella stessa città la presenza di Catacombe ebraiche, ubicate accanto a quelle cristiane, testimonia forme di convivenza pacifica tra genti di religione diversa che possono rappresentare un modello da diffondere, in particolare in questo momento di forti contrapposizioni anche su base religiosa. In un’area ricca di boschi dagli elevati valori paesaggistici, sono ubicati il Museo e il Parco archeologico di Grumento Nova, dedicati alla città romana di Grumentum, caratterizzata da edifici monumentali, quali un teatro, un anfiteatro, un Capitolium, una serie di templi e di domus con pavimenti a mosaico. Uno dei primi Musei Archeologici Nazionali italiani è quello di Matera, dedicato alla presenza dell’uomo sulle Murge durante la Preistoria. Sempre nel Materano, sulla costa ionica, sono presenti i Musei e i Parchi archeologici di Metaponto e di Policoro dedicati alle colonie greche di Metaponto (con i suoi richiami alla figura di Pitagora) e di Siris-Herakleia (l’attuale Policoro). Il Museo di Metaponto ospita reperti che provengono dagli scavi della città magnogreca e dalle necropoli e dai santuari della zona. Nell’area di Policoro i rinvenimenti archeologici attestano la presenza di un insediamento irregolare con aree sacre non monumentali e vaste necropoli nella vallata sottostante. In tutti i Musei e le Aree archeologiche si sta perseguendo un comune obiettivo: quello di raggiungere un pubblico sempre più ampio attraverso presentazioni che non si fermano alla mera esposizione e illustrazione delle evidenze archeologiche, ma che ripropongono ricostruzioni di ambienti e arredi, di monumenti e necropoli dei vari siti. 25 Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici della Calabria Direttore Regionale: Francesco Prosperetti Via Scylletion, 1 88021 Roccelletta di Borgia (CZ) tel. 0961 391048 fax 391033 [email protected] 26 Calabria, archeologia e turismo Francesco Prosperetti In questi ultimi anni abbiamo assistito ad una progressiva evoluzione della domanda turistica in Calabria, caratterizzata dall’incremento sensibile del cosiddetto Turismo Culturale e dall’indebolimento dei settori tradizionali. Un fatto questo, dovuto anche alla natura delle strutture ricettive realizzate in passato sulle coste, ormai in gran parte inadeguate a rispondere agli standard di un turismo moderno di livello europeo. Parallelamente va finalmente crescendo l’interesse per le grandi e finora misconosciute risorse archeologiche e storico artistiche del territorio che, soprattutto nell’interno, risulta ancora ben conservato e ricco di testimonianze anche naturalistiche di straordinaria bellezza. Una efficace politica della tutela attuata in passato, soprattutto dei siti archeologici, realizzata su aree vaste e che non ha avuto eguali nel nostro paese, ha saputo salvaguardare anche zone costiere di grande rilevanza paesaggistica, interessate prima dalla colonizzazione magnogreca e poi da importanti insediamenti di epoca romana. Oltre al caso eclatante di Sibari, dove in passato è stata vincolata e in parte acquisita al demanio un’area di oltre 500 ettari, sono rimarchevoli i siti di Crotone, Scolacium, Monasterace e Locri, solo per rimanere sulla costa dello Ionio. Ne risulta che oggi le località costiere meglio conservate della Calabria sono aree archeologiche, che possono costituire i poli d’interesse, gli attrattori come oggi si dice, di vasti distretti, ricchi anche di altre risorse storico artistiche di epoca successiva, come monumenti e centri storici ancora ben conservati. Per fare un esempio valga ancora il caso di Sibari, al centro della grande piana costiera del Crati, cui fanno cornice centri storici importanti come Rossano, Corigliano e Cassano e altri minori, tutti ricchi di testimonianze importanti, dalle chiese bizantine di Rossano al castello di Corigliano, cui bisogna aggiungere numerosi altri siti archeologici minori e luoghi di grande interesse naturalistico, quali le grotte di S.Angelo a Cassano e le vallate del Raganello e del Trionto. Balza allora evidente come attorno a Sibari, dal nome straordinariamente evocativo e capace di grande attrattiva turistica, possa quasi naturalmente costituirsi un vero e proprio distretto ricco di risorse per un turismo qualificato, anche se di nicchia come appunto il turismo culturale. Lo stesso si può dire per la Locride, cui sono dedicate le pagi- ne seguenti, dove agli scavi di Locri Epizefiri e Kaulon fanno da contrappunto i centri d’arte di Gerace e di Stilo, e dove i 41 sindaci del territorio hanno costituito un’associazione intesa appunto a promuovere un nuovo modello di sviluppo turistico, basato sulle risorse culturali e naturalistiche. Ma affinché anche in Calabria possa svilupparsi un’offerta capace di intercettare la nascente domanda di turismo di qualità, che caratterizza i nuovi flussi del turismo europeo - basti pensare alla Francia e allo straordinario incremento fatto registrare da quel paese, proprio grazie all’offerta di nuove location turistiche di qualità – occorre evidentemente un sensibile cambio di rotta. E’ necessario mettere in campo politiche che, accanto alla promozione di questi nuovi attrattori, sappiano accompagnare la crescita di un’offerta ricettiva di qualità, magari localizzata nei Centri Storici più vicini ai siti archeologici. Centri dove non mancano potenziali contenitori in edifici storici di pregio, attualmente sottoutilizzati e facilmente convertibili in strutture ricettive, di livello adeguato alla nuova domanda di servizi. Va in questa direzione la nuova normativa sul Turismo disegnata dalla Regione, ed anche la programmazione delle risorse per lo sviluppo, concertata tra Direzione Regionale dei Beni Culturali e Amministrazione Regionale nella recente revisione dell’Accordo di Programma Quadro. Grazie all’APQ quest’anno sono state portate nuove ingenti risorse – oltre 10 Meuro - alla Soprintendenza Archeologica calabrese, per la valorizzazione dei principali siti della Magna Grecia, da attuare in sinergia con gli Enti locali interessati a promuovere il proprio territorio. Questa azione si attua anche attraverso la produzione, nei principali siti archeologici, di manifestazioni d’arte e cultura, finalizzate a far conoscere i luoghi dell’archeologia anche a fasce di utenti altrimenti non direttamente interessati. Tra queste iniziative si segnalano Magnagrecia Teatro, che ha interessato tutti i principali siti della regione, il Festival Armonie d’Arte ospitato al Parco di Scolacium ed anche mostre d’arte contemporanea come “Time Horizon”, la grande istallazione di oltre cento sculture in ferro, realizzata sempre a Scolacium dallo scultore inglese Antony Gormley e illustrata in queste pagine. 27 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Soprintendenza per i beni archeologici della Calabria Soprintendente: Annalisa Zarattini Piazza Dei Nava,26 89100 Reggio Calabria tel 0965 812255 fax 25164 [email protected] 28 Il parco archeologico di Locri Epizefiri Claudio Sabbione L’immagine della Magna Grecia è essenzialmente legata alle grandi città elleniche sorte lungo la riva dello Ionio. Tra queste, si presentano qui Locri Epizefiri e Caulonia, in provincia di Reggio Calabria, situate in un’area costiera ancora poco frequentata da consistenti flussi turistici pur avendo eccellenti prospettive di valorizzazione legate al convergere del richiamo balneare e di forti interessi culturali, che accomunano i due centri vicini in un ideale percorso unitario di scoperta del territorio magnogreco. Nel mare tra le due città, a Riace Marina, furono scoperti nel 1972 le celebri statue in bronzo conservate nel Museo Nazionale di Reggio Calabria. L’esplorazione delle due poleis greche fu avviata dal grande archeologo Paolo Orsi al principio del Novecento, e in entrambe i recenti interventi di ricerca e di valorizzazione permettono un’efficace comprensione dell’organizzazione urbana antica, delle mura e dei santuari, in rapporto alla complessa morfologia del terreno ben leggibile per la mancata sovrapposizione di abitati moderni sui siti antichi, oggi inseriti in un tipico ambiente agricolo mediterraneo. La creazione di parchi archeologici, in avanzata attuazione, si lega strettamente ai locali musei archeologici, essenziali punti di avvio e supporto alla visita degli scavi e del territorio circostante. A Locri Epizefiri (ricadente nei Comuni di Locri e di Portigliola), la vasta area racchiusa dalle mura (oltre 300 ettari) ha una morfologia assai articolata. Verso monte, un vasto settore collinare comprende tre alture separate da due stretti e profondi valloni, suggestivi e di notevole interesse naturalistico; le mura qui seguono il ciglio delle alture e culminano in potenti fortificazioni alla sommità assai panoramica dei colli di Castellace e Mannella. Nella parte pianeggiante tra le colline e il mare, le mura presentano un andamento rettilineo, e l’abitato di età greca fu pianificato razionalmente con assi viari rettilinei e ortogonali, disposti in modo da facilitare lo scorrimento verso mare delle acque piovane. Il vasto scavo di Centocamere permette la lettura dell’articolazione urbanistica delle strada e degli isolati, all’interno dei quali accanto ad edifici abitativi vi sono impianti artigianali con numerose fornaci per realizzare manufatti in terracotta, ceramiche, statuette, laterizi; i vari aspetti della vita quotidiana e domestica in una città magnogreca, con impor- Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici tanti attività produttive, sono qui largamente documentati. Ai piedi delle colline fu realizzato il teatro, la cui ottima acustica era favorita da una eco naturale ancor oggi bene percepibile. In vari punti della città sorsero santuari, alcuni dotati di templi monumentali (tra cui un raro caso di tempio di ordine ionico in contrada Marasà) e altri notevoli per le ricchissime offerte votive messe in luce dagli scavi e conservate nei Musei Nazionali di Reggio Calabria e di Locri: quest’ultimo, inaugurato nel 1971 e situato all’ingresso dell’area della città antica, offre al pubblico un’ampia documentazione dei vari scavi locresi e ne facilita la successiva visita. La recentissima acquisizione di alcuni settori della città antica, per il resto ancora in buona parte in proprietà privata, ha consentito di avviare l’organizzazione di un primo settore di Parco Archeologico, creando un percorso pedonale continuo, che ha origine dal Museo Nazionale di Locri Epizefiri, conduce al tempio ionico di Marasà e agli altri santuari di Parapezza e di Marasà Sud, fiancheggia un tratto della cinta muraria fino al vasto scavo dell’abitato greco a Centocamere. Da qui si raggiunge al centro della città un’area anch’essa intensamente urbanizzata in età greca, ove nella successiva fase di età romana sorsero importanti edifici pubblici. I recenti scavi e restauri hanno qui messo in luce i resti monumentali di un edificio termale di età imperiale romana, ben leggibile nella sequenza degli ambienti per i bagni freddi e caldi e negli ambienti di servizio, tra cui una grande latrina; sulle strutture dell’edificio romano a tratti conservate in elevato fino a 5 metri di altezza si sviluppò nell’Ottocento una grande masseria detta ‘Casino Macrì’. Questo complesso monumentale offre ai visitatori un interessante esempio, unico nel suo genere nell’antica Locri, di sovrapposizione di edifici e strade di età greca, su cui sorsero in età romana le grandi terme, in parte riutilizzate in età moderna per la masseria; il recupero del piano superiore ottocentesco consente il prossimo allestimento di un nuovo settore museale dedicato alle fasi romane di Locri, in precedenza assai poco note, e che ora hanno assunto un notevole, quasi inatteso, risalto per i nuovi scavi al Casino Macrì e agli altri edifici romani nella vicina contrada Petrara. Il completamento, ancora in corso, dei lavori di sistemazione e allestimento museale e didattico del ‘Casino Macrì’ e del primo settore del Parco Archeologico, ne consentirà l’apertura definitiva al pubblico nell’estate del 2007, dopo una parziale presentazione ‘in anteprima’ avvenuta nell’agosto 2006. L’antica Locri Epizefiri può quindi offrire ai visitatori un quadro Il Parco Archeologico di Locri Epizefiri, progettato dall'arch. Roberto Parapetti di Roma, è coordinato per gli aspetti archeologici da Claudio Sabbione, Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria 29 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici tra i più completi e articolati della vita e della cultura della Magna Grecia, attraverso le testimonianze del modo di organizzare razionalmente gli spazi urbani e di adattarsi efficacemente ai condizionamenti dell’ambiente naturale, dalla costa alle colline, attraverso i documenti delle credenze religiose offerte dai santuari e della cultura degli spettacoli evidente al teatro antico, attraverso i segni delle attività e gli oggetti della vita quotidiana attestati nell’abitato e nelle necropoli. A tutto ciò si aggiungono ora i monumenti e le altre testimonianze dell’età romana, fino all’abbandono delle aree costiere lungo lo Ionio nell’alto medioevo: una sequenza ininterrotta di vita urbana di quasi 1500 anni. 30 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici ll parco archeologico e il Museo dell'antica Caulonia Maria Teresa Iannelli A circa quaranta Km. più a nord di Locri Epizephiri, lungo la SS106 Jonica, il parco archeologico dell’antica Caulonia è immerso nel tipico paesaggio di bassi uliveti prospicienti il mare. La città antica, circondata su quattro lati dalla cinta muraria costruita con ciottoli fluviali, trattenuti insieme da terra, si estende su un’area vasta circa una ventina di ettari, comprendente una stretta fascia costiera che si elevava in leggero pendio, fino ad inglobare tre collinette, di cui una, “La Piazzetta” è stata identificata con l’acropoli. L’esproprio delle aree del parco, per ora, limitato alla sola fascia litoranea, definisce un percorso che ricalca l’andamento di uno degli assi viari greci e si snoda lungo la duna costiera prospiciente il suggestivo tratto di mare, dove, in antico, era il “Cocynthum promontorium”, oggi sott’acqua, per il quale, Caulonia era ricordata dagli scrittori antichi (Plinio). Di recente questo specchio di mare, compreso tra la foce dell’odierna fiumara Assi ed il tempio dorico della città antica, è stato oggetto di proficue ricerche subacquee che hanno determinato il rinvenimento di un complesso archeologico di circa trecento reperti, interpretato sia come un tempio ionico in corso di costruzione e mai finito, sia come un’area di lavorazione della pietra che poi sarebbe stata utilizzata per la costruzione degli edifici pubblici di Caulonia. E’ stata identificata anche un’area portuale, probabilmente un porto-canale, coincidente con la foce del fiume Assi, utilizzabile, almeno stagionalmente, come riparo per le imbarcazioni. I materiali rinvenuti nell’area sommersa, attesterebbero opere di banchinaggio sul versante Nord del promontorio di Punta Stilo. Accanto al porto-canale, sarebbe stata in uso anche un’area di ancoraggio, riparata rispetto al vento grecale, e, dunque, utilizzata con più frequenza soprattutto per il piccolo cabotaggio. Il parco, attraverso la sequenza di alcune abitazioni, frutto di vecchi e più recenti indagini, permette di prendere visione dei resti dell’abitato antico, con il suo impianto regolare, definito da larghe strade parallele tra di loro (plateiai) che intersecano vie più strette (stenopoi); e le sue case, impostate attorno ad un cortile centrale, inglobate in isolati rettangolari stretti e particolarmente allungati in senso Est-Ovest; alcune di esse si rivelano molto prestigiose per i particolari costruttivi di grande pregio, spesso costituiti da intonaci colorati alle pareti, e pavimenti in mosaico, talvolta figurati (è noto il mosaico del drago, inserito sulla soglia di un ambiente in cui si è identificata una sala da pranzo). Soprintendenza per i beni archeologici della Calabria Soprintendente: Annalisa Zarattini Piazza Dei Nava,26 89100 Reggio Calabria tel 0965 812255 fax 25164 [email protected] 31 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Il parco archeologico e il Museo dell'antica Caulonia sono coordinati per gli aspetti archeologici da Maria Teresa Iannelli e per quelli architettonici rispettivamente, da Vincenzo Ammendolia e Maria Reggio, tutti della Soprintendenza per i Beni archeologici della Calabria 32 Ubicata nei pressi di una porta urbica che l’Orsi aveva denominato “porta marina”, per via della vicinanza al mare, è tuttora in corso di scavo, un’abitazione che supera le dimensioni standard, e che risulta particolarmente monumentale anche per la presenza di una camera da bagno, nella quale sono state rinvenute ben cinque vasche in terracotta per le abluzioni, collegate con una serie di canali, ad una ben più ampia vasca in muratura intonacata, da cui attingevano l’acqua. Il tratto terminale del percorso archeologico si conclude con l’area sacra del tempio dorico, con il basamento dell’edificio sacro in grossi blocchi di pietra locale, l’altare a forma rettangolare, una lunga gradinata ed altre strutture di carattere sacro. Nel tempo è stato realizzato, in un’area a margine del parco, un edificio adibito a Museo, la cui peculiarità è soprattutto quella di essere inserito nel Parco Archeologico della colonia greca, di cui diventa la naturale esplicazione; esso, perciò, è il mezzo per la comprensione della città antica, di cui si ha evidenza specifica all’aperto, in un territorio esteso, come abbiamo visto, parecchi ettari. Il Museo è in corso di allestimento e se ne prevede l’apertura nella primavera del 2007. La scelta progettuale si è indirizzata verso la realizzazione di una presentazione che racconti la città non solo ed esclusivamente attraverso i materiali esposti, ma anche in modo che questi ultimi siano inseriti in un sistema di “ambientazioni” nel quale, anche se frammentari, diano l’immediata percezione sia del loro significato che della loro utilizzazione e funzione. Quindi un museo senza vetrine ma con la ricostruzioni di ambienti relativi alla vita quotidiana: alla religiosità (le aree sacre con i templi e gli edifici del culto), alle attività domestiche (le abitazioni con i vani interni adibiti alla commensalità, alle occupazioni femminili), all’artigianato (la lavorazione dell’argilla e dei metalli) che tanta parte ha avuto nell’economia di tutta la Magna Grecia. Una progettazione, se si vuole in controtendenza rispetto alla nuova moda delle “ambientazioni virtuali”, ma che privilegia, sia dal punto di vista didattico che archeologico, quella che, come abbiamo detto, è la specificità del Museo e cioè il suo legame indissolubile con il territorio, che nessuna ricostruzione virtuale, riteniamo che, al momento, possa interpretare correttamente. L’allestimento prevede una sezione dedicata ai reperti subacquei frutto delle prospezioni effettuate nel tratto di mare prospiciente l’antica colonia: si tratta di elementi architettonici di gran pregio, (due basi e due rocchi di colonna, questi ultimi con fascia decorata mediante motivi a palmette e fiori di loto) rinvenuti in un’area in antico emersa, ubicata nei pressi dell’approdo. Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Il Parco Sommerso di Baia Paola Miniero Il D.I. del Parco Sommerso di Baia è stato emesso il 7.08.2002 dopo un lungo e travagliato percorso di tutela, attuato dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli, per il sito più famoso dell’archeologia subacquea per effetto del bradisismo, Baia Sommersa, reso celebre dal primo scavo archeologico subacqueo della storia con la scoperta del ninfeo dell’Imperatore Claudio nel 1980. Malgrado l’attività di tutela condotta dalla Soprintendenza nel corso del novecento, con l’imposizione del vincolo archeologico della fascia di mare interessata e l’interesse sempre più sentito per il patrimonio archeologico sommerso, fino al 2000 è stato attivo un porto commerciale incompatibile con la conservazione dei resti sommersi e fino al 2005 nell’area marina erano ancora presenti alcuni relitti affondati di motonavi con i loro carichi di carburante. Sospeso il porto commerciale nel 2000, la nuova normativa di area marina protetta ne ha sancito definitivamente il divieto, assegnando alla Soprintendenza il compito di Ente Gestore provvisorio per la disciplina delle attività compatibili d’intesa con la Capitaneria: visite subacquee e di superficie nella zona A (tutela integrale), balneazione, piccola pesca e visite nella zona B (tutela generale), a cui si aggiunge nella zona C (tutela parziale) la piccola nautica da diporto. In questi quattro anni di gestione, la Soprintendenza Archeologica ha avviato, per i Parchi Sommersi di Baia e Gaiola, un programma di interventi, per realizzare le finalità primarie sancite dai decreti istitutivi: - la tutela e la valorizzazione ambientale ed archeologica, anche per finalità occupazionali; - la divulgazione della conoscenza della biologia degli ambienti marini e del patrimonio archeologico sommerso; - l’effettuazione di programmi di carattere educativo per il miglioramento della cultura nel campo dell’ecologia, della biologia marina e dell’archeologia; - la realizzazione di programmi scientifici per approfondire la conoscenza e lo studio dell’area; - la promozione di uno sviluppo socio-economico compatibile privilegiando le attività tradizionali locali già presenti, i cittadini residenti e le imprese con sede nei comuni ricadenti nell’area. Con i primi finanziamenti del Ministero dell’Ambiente a Baia Soprintendenza per i beni archeologici delle province di Napoli e Caserta Soprintendente: Maria Luisa Nava Piazza Museo Nazionale, 19 80135 Napoli tel 081 4422111 fax 440013 [email protected] 33 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici sono stati realizzati gli interventi obbligatori nelle aree marine protette, quali l’installazione dei segnalamenti regolamentari (boe in mare e miragli a terra) l’allestimento della sede, nel Castello di Baia, la stampa di depliants informativi del Parco in italiano e inglese e di un’agile guida, l’apertura di sito web (www.areamarinaprotettabaia.it), l’esecuzione e l’installazione della cartellonistica stradale e informativa; Ai fini della conoscenza sono state realizzate le seguenti indagini: la cartografia morfo-batimetrica dell’area marina mediante strumentazione geo-fisica; la cartografia bionomica dell’ambiente marino per la conoscenza di tutte le specie benthoniche presenti a cura dell’Università Partenope. una ricerca sugli effetti degli agenti biotici marini sulla conservazione delle strutture archeologiche sommerse, a cura della Stazione A. Dohrn (rinnovata anche per il 2006); uno studio socio-economico dell’uso del mare allo scopo di conoscere dati su traffico, attività di pesca, attività di turismo subacqueo, balneazione e effettuare un’analisi sul piano socioeconomico, Ai fini dell’indagine sul degrado e su interventi campione di restauro di manufatti archeologici sommersi sono in corso interventi a cura dell’ICR. Ai fini della fruizione sono stati svolti i seguenti interventi: - un filmato in dvd del parco (a cura del CNR) un corso per la conoscenza sotto l’aspetto archeologico e biologico del Parco riservato ad istruttori subacquei dei diving locali, al fine di promuovere una corretta fruizione dell’area marina; un corso per subacquei disabili a cura di un Diving specializzato; Ai fini della prevenzione e divulgazione è stato istituito un servizio di informazione in mare per i diportisti. A completamento degli interventi illustrati sono stati avviati programmi educativi per le scuole e attività di marketing, partecipazione a mostre e informazione a cura dell’attuale Consorzio di Città della Scienza . I percorsi di visita Due percorsi guidati mostrano ai visitatori alcuni dei principali edifici sommersi: Il percorso della “Villa a Protiro” 34 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Questo percorso fornisce una chiara immagine non solo di un frammento dell’antica topografia ma anche della densità edilizia di questo tratto di costa attraverso un antico quartiere di Baia: una lunga strada su cui si affacciano terme, taberne e ville. Dalla strada principale si entra, utilizzando gli stessi accessi antichi, in un ampia terma pubblica dove ancora sono riconoscibili le sale riscaldate, con le tipiche intercapedini dei pavimenti per il passaggio dell’aria calda, le sale comuni e le cisterne di raccolta dell’acqua. Proseguendo sulla strada principale si riconoscono una serie di piccoli ambienti tutti uguali, le taberne, dove antichi commercianti esponevano la merce ed offrivano i loro servigi ai passanti. Poco oltre i negozi lasciano spazio ad un sontuoso ingresso: due colonne fiancheggiate da sedili (il protiro da cui il nome del complesso) segnano l’ingresso ad una villa privata. Entrando si notano piccoli ambienti che si distribuiscono intorno ad un atrio centrale ed uno di questi ancora conserva uno splendido mosaico integro. Alle sue spalle altri ambienti, caratterizzati da una ricca decorazione parietale, si estendono fino al limite dell’antica costa baiana. Il percorso della “Villa dei Pisoni” Un ampio giardino circondato da portici, terme e sale residenziali è il cuore di quanto fino ad oggi si conosce della Villa dei Pisoni. Il percorso subacqueo attraversa questi spazi percorrendo il corridoio a nicchie semicircolari fino alle sale termali dove ancora si conservano i pavimenti idraulici delle vasche di acqua calda ed il complesso sistema di alimentazione dell’aria calda. Si costeggia poi l’ampio giardino attraverso un corridoio a nicchie rettangolari e semicircolari ed il portico a semicolonne dai suggestivi effetti scenografici, per addentrarsi nell’area residenziale della villa. Incontriamo un’altra piccola terma con resti di pavimento in mosaico ed una serie di sale con pavimenti in lastre marmoree che si perdono dolcemente sotto la sabbia che le ha custodite fino ad oggi. Più appartati numerosi ambienti di servizio conducono all’area propriamente marittima costituita da due piccoli approdi e da una peschiera per l’allevamento del pesce; una serie di 25 pile costruite in mare proteggevano questo lato della villa dalle mareggiate. L’attribuzione di queste strutture alla villa della gens dei Pisoni è stata possibile grazie al ritrovamento di una fistula aquaria (una tubatura dell’acqua) con riportato il nome di colui che commissionò il lavoro: Lucio Calpurnio Pisone. Il ritrovamento della fistula è particolarmente importante perché si tratta dell’u- 35 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici nico caso in cui è stata trovata un’iscrizione che permettesse di attribuire ai resti di una villa baiana il nome del proprietario. Dai testi antichi conosciamo anche un altro membro di questa famiglia vissuto intorno alla metà del I secolo d.C., Gaio Calpurnio Pisone, noto per aver premeditato nella sua villa di Baia una congiura contro l’imperatore Nerone. In seguito alla scoperta del complotto, la villa venne espropriata dall’imperatore ed entrò a far parte dei possedimenti statali. Gli imponenti resti che oggi giacciono sul fondo del mare fanno parte di una consistente ristrutturazione avvenuta nel II secolo d.C. durante il regno dell’imperatore Adriano. Il Percorso del Portus Julius Lasciando la zona A del Parco e addentrandosi nella zona C, si può seguire a partire dalla Villa dei Pisoni un lungo istmo sabbioso rinforzato verso mare da una scogliera artificiale sul quale, secondo le antiche fonti letterarie, correva la Via Herculanea e che costituiva l’antico limite del lago Lucrino. Il bradisismo prima e poi l’eruzione di Monte Nuovo nel 1538 hanno completamente sconvolto questo tratto di costa trasformando il lago in mare aperto. L’antico istmo, lungo circa un chilometro e mezzo, si interrompe solo nel suo tratto centrale in corrispondenza della c. d. Secca Fumosa. Quest’area, che prende il nome dalla presenza di imponenti emissioni idrotermali, conserva una serie di 28 massicci piloni che si innalzano dal fondo per un’altezza di 6-7 metri, costruiti a protezione di una vasta zona retrostante adibita probabilmente a banchina di attracco. L’istmo - dopo l’interruzione - riprende per agganciarsi circa 440 metri più avanti al canale di ingresso del Portus Iulius, complesso nato come porto militare nel 37 a. C., per volere di Agrippa, in previsione della guerra contro Sesto Pompeo (Zona B del Parco). Per la sua realizzazione vennero effettuate grandi opere d’ingegneria: un canale lungo 400 metri per collegare il mare con il lago Lucrino ed uno per mettere quest’ultimo in comunicazione con il lago d’Averno. Dismesso il ruolo militare trasferito al nuovo porto di Miseno, il Portus Iulius, ampliato con infrastrutture e magazzini, assume un’importante funzione commerciale potenziando la recettività di quello di Puteoli. La conoscenza del porto, che giace ora a bassa profondità, si deve in gran parte, seppure nelle linee generali, alla fotografia aerea e ad indagini geofisiche grazie alle quali sono stati individuati l’antica estensione, il canale di accesso, le darsene e i magazzini. 36 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Teano dei Sidicini. Il Museo e il Parco archeologico Francesco Sirano L’antica Teanum, nella Campania settentrionale abitata dalla popolazione osca dei Sidicini, è apparsa sin dai primi scavi sistematici quale uno dei siti di maggiore rilevanza nell’orizzonte italico sia per la qualità storico artistica dei materiali rinvenuti, sia per lo stato di conservazione complessivamente buono dei livelli tardo classici, ellenistici e romani entro una forma urbana che risulta molto più estesa nell’Antichità rispetto al Medio Evo, all’Età Moderna e Contemporanea. I prodotti dell’artigianato artistico locale, sia plastica fittile sia ceramica fine da mensa, mostrano tra il VI e il III secolo a.C. con grande evidenza caratteristiche iconografiche e stilistiche originali, tali da renderli non solo facilmente identificabili, ma soprattutto riconducibili con immediatezza ad un’identità etnica dai connotati culturali marcatamente autonomi. A partire dalla fine del IV secolo a.C., nella costante alleanza e coincidenza di interessi economici con Roma, la città attraversò un intenso sviluppo assumendo tra II e I secolo a.C. un aspetto grandioso con terrazzamenti e scenografiche soluzioni urbanistiche. In particolare, il complesso degli edifici da spettacolo (teatro e anfiteatro) la posero all’avanguardia tra le città dell’area campano-laziale per l’arditezza delle forme architettoniche. Colonia con Augusto, Teanum godette di straordinaria fortuna anche durante il periodo imperiale, come puntualmente illustrato dalla documentazione archeologica, all’interno della quale spiccano l’architettura e l’epigrafia. La ricchezza non venne meno del tutto neppure in età tardo antica, quando ancora numerose sono le testimonianze relative alla precoce comunità cristiana, alla presenza tra i senatori di Roma di Teanesi, nonché ad evidenze monumentali dalla città e dal territorio. In epoca longobarda l’abitato si restrinse all’antica arce sidicina, per ampliarsi all’attuale centro storico nel XIXII secolo con la costruzione di un complesso sistema di difesa composto da castello e cinta muraria. Per la tutela e la valorizzazione di tale ingente patrimonio storico e archeologico, inserito entro una cornice naturale ancora ben preservata alle falde del Roccamonfina, dal quale discende il fiume Savone, è stata adottata una strategia multidisciplinare e sono stati individuati due capisaldi nell’azione della Soprintendenza: il Museo, il Parco archeologico. Il Museo, inaugurato nella primavera del 2001, si trova nello Soprintendenza per i beni archeologici delle province di Napoli e Caserta Soprintendente: Maria Luisa Nava Piazza Museo Nazionale, 19 80135 Napoli tel 081 440166 fax 440013 [email protected] 37 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici splendido edificio tardo gotico noto come Loggione, o Cavallerizza, costruito a partire dalla fine del XIV secolo sul limite dell’arce della città antica. L’edificio ha visto mutare le funzioni da Seggio medioevale, a stallo diviso in due navate per i cavalli delle più importanti famiglie di Teano nel XVIII secolo, a scuola nella sua parte superiore, a cinema, infine a sede espositiva. Un sapiente restauro ha teso ad esaltare i volumi medioevali e la particolare luce che filtra dalle alte finestre ogivali rivolte a est e a sud, nonché a rappresentare le fasi salienti dell’occupazione del sito dal IV secolo a.C. ai giorni nostri. Uffici, depositi, sala polifunzionale per conferenze e esposizioni temporanee, una foresteria si trovano ai piani superiori. Il museo racconta, mediante l’esposizione ragionata di poco meno di mille reperti, la storia della città e del suo territorio dal periodo preistorico (Paleolitico Medio- 120.000-35.000 anni fa) alla tarda Antichità (VI-VII secolo d.C.). I criteri dell’allestimento tengono conto non solo degli spazi a disposizione, entro i quali si è cercato di inserire armonicamente il percorso di visita, ma anche dei principali fenomeni culturali che hanno caratterizzato la vita delle genti che abitarono questo comprensorio. Il Parco archeologico prevede l’inserimento al suo interno dell’intera area urbana antica e l’ampliamento progressivo dell’area fruibile dal pubblico a partire dal teatro, il più significativo monumento della città antica oggi in vista. Per il raggiungimento di tale finalità, oltre alle ricerche archeologiche di emergenza condotte nell’ambito delle attività di controllo preventivo del territorio, è stata avviata la redazione della Carta archeologica della città antica. Tale imprescindibile supporto per la conoscenza e la tutela del sito viene realizzato su base digitale con l’inserimento di tutti i ritrovamenti effettuati dalla Soprintendenza dai primi anni “ ‘60 ” del XX secolo e mediante l’effettuazione, in collaborazione con l’Accademia Britannica di Roma e l’università di Southampton, di sistematiche campagne di indagini geofisiche non invasive, associate a saggi di scavo, che stanno rivelando la straordinaria conservazione del tessuto urbano e delle planimetrie sia dei quartieri residenziali, sia degli edifici pubblici. Contestualmente l’azione di tutela amministrativa estende provvedimenti di vincolo, sia diretto sia di completamento, a partire dalle zone la cui conservazione è minacciata in maniera diretta dall’espansione edilizia contemporanea, ovvero a rischio di saccheggio clandestino; la contestuale stretta colla- 38 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici borazione con il Comune ha inoltre sortito l’effetto della previsione nel nuovo Piano Urbanistico in via di adozione di un’area Strutturale destinata a Parco archeologico. Il teatro fu costruito alla fine del II secolo a.C. e completamente rinnovato per volontà degli imperatori Settimio Severo e Gordiano III (238-244 d.C.). Sono oggi visibili l’intera superficie della cavea e l’edificio scenico. Sono chiaramente distinguibili in più punti dell’edificio strutture realizzate in opera incerta per la maggior parte dei casi inglobate in muri in opera testacea. Tale dato indica che il teatro ebbe due principali fasi architettoniche. La prima, realizzata in opera incerta con potenti muri di sostegno a volta, restituisce testimonianza del più antico teatro d’Italia con cavea completamente sostenuta da arcuazioni. Sulla sommità delle gradinate era presente un santuario dedicato ad Apollo, come si è indotti a ritenere in base sia alla struttura dei muri di terrazzamento ellenistici, sia ad una mensa di altare con dedica in osco a tale divinità. Alla fine del II secolo d.C. il monumento fu radicalmente mutato: facendo perno sull’orchestra ellenistica, la cavea fu ampliata a danno dei muri di sostegno ellenistici, sino a raggiungere un diametro di 85 m circa; in luogo del logheion ellenistico fu eretto un imponente edificio scenico rettilineo con fronte costituita da architravi in marmo proconnesio e colonne dei più vari e preziosi marmi dell’Impero, parte dei quali sono allineati nell’area archeologica. L’edificio, alto in origine più di 24 m, era decorato con nicchie e sculture. Nonostante che tra l’VIII e il X secolo le rovine dell’edificio siano state utilizzate come cava a cielo aperto, sono stati recuperati blocchi architettonici e colonne in numero tale da spingere a ipotizzare una possibile anastilosi, al cui progetto è stato chiamato a collaborare l’Istituto Archeologico Germanico di Roma. Mediante finanziamenti europei e statali (POP FESR 1996, Gioco del Lotto, Agenda 2000 POR- PIT di Capua Antica), il monumento è stato sottoposto a scavo stratigrafico e a restauro conservativo, nonché sono state acquisite le aree di pertinenza (porticus pone scaenam, versurae, santuario superiore). L’apertura al pubblico del sito, sede già dal 2000 di rappresentazioni teatrali estive nell’ambito del circuito del Teatri di Pietra, è prevista entro il 2008. Il progetto di Parco individua il successivo ampliamento all’area del foro e, attraverso un suggestivo percorso naturalistico, al santuario di Iuno Popluna (divinità italica protettrice del populus sidicino); il terzo ampliamento ingloberà l’intero quartiere degli spettacoli, comprensivo dell’anfiteatro, congiungen- 39 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici do il nucleo primitivo del Parco all’area già demaniale posta lungo l’attuale viale Ferrovia (uno dei cardini nella viabilità antica), detta dell’ ex Antiquarium comunale, dove è stato individuato il macellum, destinato anch’esso ad essere portato quasi totalmente in luce con fondi POR Agenda 2000 ottenuti dal Comune di Teano con un progetto costruito d’intesa con la Soprintendenza. Su quest’ultimo sito, posto ai margini della città contemporanea a poche centinaia di metri sia dal teatro, sia dal centro storico medioevale, sarà inoltre localizzata un’area di parcheggio con attrezzature di accoglienza e informazione turistica. 40 Il territorio ferrarese. Nuove scoperte archeologiche Dal 1995 il centro storico di Ferrara è stato inserito dall’UNESCO nella lista del patrimonio mondiale dell’Umanità quale mirabile esempio di città progettata nel Rinascimento. Dal 1999, il riconoscimento è stato esteso al Delta del Po e all’itinerario delle antiche “delizie” estensi, individuando l’insieme con la denominazione di Ferrara, città del Rinascimento e il suo Delta del Po. L’area del Delta si è formata grazie ai detriti depositati dal Po nel corso dei secoli e solo la millenaria interazione fra le forze della natura e l’intervento costante dell’uomo ha reso possibile l’esistenza in una zona in continua evoluzione e caratterizzata da una vasta complessità ambientale. Etruschi, romani, comunità medievali e dell’evo moderno vi hanno lasciato i segni della loro presenza e delle loro culture che svelano costanti contatti con le civiltà della Grecia e dell’Europa del nord. L’emporio etrusco di Spina, la via Romea, l’abbazia di Pomposa, la città di Comacchio, il castello di Mesola non sono che le testimonianze più note dell’importante passato di un territorio che é oggi palestra di lavoro per gli archeologi e che continua a restituire materiali per la sua storia. Recentissimo è il casuale rinvenimento che ha portato alle tombe dei Fadieni, la necropoli che, con i suoi corredi, racconta non solo la storia di una famiglia benestante della prima età imperiale ma anche gli usi e le consuetudini di una intera civiltà. I risultati degli studi condotti sui materiali venuti alla luce durante gli scavi sono oggi offerti al pubblico nella mostra “Mors Inmatura”, allestita nella Delizia Estense del Verginese di Gambulaga, a pochi passi dal luogo del ritrovamento, grazie alla collaborazione fra Comune di Portomaggiore, la Pro Loco di Portomaggiore, la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, la Provincia di Ferrara e grazie al contributo del Lions Club Ferrara Europa. Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Emilia Romagna Direttore Regionale: Maddalena Ragni Via Sant'Isaia, 20 40123 Bologna tel 051 3397011 fax 33397077 [email protected] coordinatore: Paola Monari 41 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Soprintendenza per i beni archeologici dell'Emilia Romagna Soprintendente: Luigi Malnati Via Belle Arti, 52 40126 Bologna tel 051 223773 fax 227170 [email protected] 42 Un sepolcreto prediale di età romana nel delta ferrarese Fede Berti, Luigi Malnati Un ritrovamento casuale e recente nell’entroterra di Ferrara, due campagne di scavo, una mostra e un catalogo: questo, in sintesi, il percorso seguito dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna e dal Comune di Portomaggiore (Ferrara) per presentare una importante scoperta che getta nuova luce sul popolamento del delta padano tra il I e il II sec. d.C. Trattasi della necropoli prediale dei Fadieni, venuta in luce nel 2002 in territorio di Gambulaga (Portomaggiore). La necropoli è caratterizzata da cinque stele iconiche in Pietra di Aurisina allineate e rivolte verso quello che doveva essere un percorso viario, con testi epigrafici arricchiti (in quattro casi) da carmina, e dodici sepolture ubicate prevalentemente alle spalle degli stessi monumenti. Le tombe, a cremazione indiretta, riaperte anche più volte per inserire nuove deposizioni, erano dotate di corredi vitrei e da singolari manufatti di bronzo. Lo stemma della famiglia si apre con C. Fadienus C. f. (ca. 20 a.C. -30 d.C.), sepolto con la sposa Ambulasia M. f. Anucio, prosegue con i figli C. Fadienus Repentinus, Fadiena Tertia e M. Fadienus Massa con i rispettivi consorti, i nipoti e i pronipoti. Il dato onomastico suggerisce una provenienza di C. Fadienus dall’Italia nordoccidentale (fermo restando che il luogo originario della famiglia si trovava forse in zone dell’Italia centrale appenninica) e l’acquisizione - tramite matrimonio - di individui di substrato celtico ed etrusco. Per la varia tipologia e la alta qualità, le stele funerarie si inquadrano nella produzione di buoni ateliers operanti in area emiliano-veneta; tra esse si distingue sia per la specifica caratterizzazione a clipeo sia per i bassorilievi che ne articolano i lati il monumento di L. Fadienus L. f. Actor (il pronipote di C. Fadienus), risalente allo scorcio del I sec. d.C. Sede della mostra “Mors Inmatura. Il sepolcreto dei Fadieni”, dedicata al ritrovamento e aperta al pubblico a partire dal 27 aprile 2006, è la dimora di Laura Dianti, amante di Alfonso I d’Este, ovvero la Delizia Estense del Verginese, un edificio sulle cui immediate pertinenze le locali Amministrazioni hanno recentemente profuso il loro impegno anche per la ricostituzione dell’habitat e dei giardini Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Barche Tradizionali dell'Adriatico. Tutela del patrimonio storico artistico e etnoantropologico. Riccardo I° L'ultima delle Comacine di Comacchio - Storia di un recupero Alain Rosa “Le Leggi mutano, si aggiornano, ma alcuni concetti fondamentali rimangono fermi, come il riconoscimento dell’eccezione del “bene” allargata agli oggetti che documentano il lavoro dell’uomo, nel tempo, nell’ambiente e nelle varie forme di aggregazione sociale”. Così ci racconta la dott.ssa Mirella Cavalli della Soprintendenza per i Beni Demoantropologici di Bologna, in “Testimonianza materiale avente valore di Civiltà” nel volume “Riccardo I° L’Ultima Comacina di Comacchio”. E’ nel DNA del Ministero per i Beni e le Attività Culturali tutelare qualsiasi Bene Culturale Italiano. Già al tempo dalla sua costituzione con il Decreto del Presidente della Repubblica 3.12.1975, n. 805, prende come principio fondamentale e ispiratore, del neo nascente “Ministero per i Beni Culturali” , l’art. 9 della Costituzione, principio trasferito il Codice Urbani, nel quale afferma che la Repubblica tutela e valorizza il patrimonio culturale in coerenza con le attribuzioni di cui all’articolo 117 della Costituzione e secondo le disposizioni del presente codice. (D. Lgs. Del 22 gennaio 2004, n. 42 ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137 e modificato dal D.Lgs. n. 156/2006). Il citato D.Lgs. n.42/2004, insieme alle successive e recenti modificazioni, stabilisce una serie di articoli che aiutano a comprendere quali sono i principi fondamentali della tutela, verificando che cosa è il Bene Culturale, quali sono i soggetti della tutela, della salvaguardia e della valorizzazione nell’interesse culturale nazionale. Oltre all’articolo 1, nel quale sono descritti i principi fondamentali della tutela del Bene Culturale, è di obbligo citare altri articoli come, per esempio, l’art. 10 capo I “Oggetto della tutela”; l’art. 11 “Beni oggetto di specifiche disposizioni di tutela”; l’art. 12 “Verifica dell’interesse Culturale”. Ognuno di questi articoli fondamentali contiene, al suo interno, particolare interesse per l’oggetto tema di queste righe, la storia del Riccardo I°, un’imbarcazione tradizionale ormeggiata a Comacchio e di in un libro pubblicato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali che ne racconta le vicende. L’articolo 10 comma 1, indica quali sono i beni culturali, le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle Regioni, Soprintendenza per i beni archeologici dell'Emilia Romagna Museo Archeologico Nazionale - Ferrara L'imbarcazione Riccardo I º è ormeggiata presso il canale Lombardo a Comacchio, dietro il Duomo Direttore: Fede Berti Via XX Settembre,122 44100 Ferrara 43 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro. L’articolo 10 comma 3 indica le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importanti, appartenenti a soggetti diversi da quelli indicati al comma 1; la lettera “ i “ specifica che gli oggetti aventi interesse artistico, storico o etnoantropologico, sono anche le navi e i galleggianti . Per quanto riguarda invece l’articolo 12 comma 1, esso verifica l’interesse culturale, indica le cose immobili e mobili rimandando all’articolo 10, comma 1, opere che siano di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre cinquanta anni, sono sottoposte alle disposizioni della presente parte fino a quando non sia stata effettuata la verifica di cui al comma 2 modificato dal D. Lgs. N.156 del 2006. A prescindere dall’indispensabile e utile legislazione in materia di Beni Culturali, testo che ci permette di tutelare, salvaguardare e valorizzare i Beni Culturali e Paesaggistici italiani, nella nostra “Bell’Italia”, circondata per tre lati dall’acqua, si osservano molte floride iniziative cosiddette “marginali” che vanno contro corrente alle iniziative “Ufficiali” al fine di valorizzare una cultura e un’economia territoriale. Questa pubblicazione raccoglie le testimonianze e i contributi di numerosi studiosi di un settore ancora ignorato e poco conosciuto come quello dell’archeologia navale e dello studio dell’economia marinara. Queste due discipline, ancora troppo poco valorizzate, considerano importanti gli scambi commerciali, che già nell’antichità usavano il mare come principale via di comunicazione. Lo studio pubblicato è stato realizzato per mostrare al grande pubblico una vicenda “locale“ che sottolinea la straordinaria capacità di quelle realtà “locali/territoriali”, di produrre economie volte al benessere e al sostentamento delle famiglie. L’economia del territorio vicino al mare – come l’Adriatico – si basa fondamentalmente su uomini e mezzi capaci di affrontare qualsiasi avversità. Sono elementi unici per affrontare le navigazioni, per il trasporto e la commercializzazione di prodotti facilmente deperibili utili al territorio, ma anche materiale indispensabile per la conservazione dei prodotti finiti. Una economia essenziale a cui è legata la stessa sopravvivenza della popolazione. I frutti della terra, la produzione del sale per la conservazione e l’inscatolamento del pescato, il trasporto delle merci da un 44 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici porto all’altro, vede protagonisti questi “uomini semplici ma veri” capaci con le loro barche, (tuttora presenti nei diversi porti della costa adriatica), di solcare il mare Adriatico fino a raggiungere la lontana Istria, come, già in epoca antica, testimoniano i molti ritrovamenti archeologici sul territorio. Le popolazioni delle “Valli di Comacchio” si sono sempre dedicate alle attività di commercializzazione dei prodotti della terra e dell’acqua con una straordinaria passione. Da sempre li contraddistingue una formidabile tenacia insieme a un’antica e precisa conoscenza del territorio acquatico. Comacchio, capitale del delta del Po, è diventata interessante meta di attrazione di grandi e importanti circuiti della Comunità Europea e Internazionale. Storia, archeologia, gastronomia e ambiente si fondono in un’unica entità, essi danno vita a una città lagunare che si specchia con le sue caratteristiche, all’interno di un paesaggio magico dominato dalle valli da pesca, dalle antiche saline. Una città ricca di particolari, immersa in una rigogliosa flora e fauna nel Parco Regionale del Delta del Po. Questa affascinante zona umida, per fortuna ancora oggi salvaguardata a livello ambientale, ha condizionato la popolazione a tal punto da considerare la navigazione la loro stessa vita e le barche delle vere e proprie “case galleggianti” per molti e molti giorni. La protagonista del racconto è una di queste barche, l’ultima delle “Comacine”, una imbarcazione tipica delle Valli di Comacchio. Questo lavoro vuole essere, oltre che un omaggio a quella che a torto viene definita “marineria minore”, un contributo al lavoro di sensibilizzazione, valorizzazione e divulgazione messo in atto da tempo nel nostro paese grazie a illustri studiosi e da semplici appassionati e amanti del mare. Grazie al sapiente lavoro di recupero, oggi la “Comacina Riccardo I°” è diventata la terza imbarcazione storica riconosciuta con Decreto Ministeriale del 12 maggio 2004 quale” dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. A questo proposito è doveroso un ringraziamento all’autore materiale del recupero il sig. Vittorio Zappata che con tenacia, coraggio e spirito di iniziativa è riuscito a salvaguardare da distruzione certa quello che lui chiama amorevolmente “il vecchio legno” . Il volume “ Riccardo I° L’ultima Comacina di Comacchio” è stato realizzato con la collaborazione di figure istituzionali e studiosi nel settore dell’archeologia navale e dell’economie 45 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici locali come i proff. Marco Bonino, Stefano Medas, Laura Buffoni, i dottori Mirella Cavalli, Daniele Ciocchetti, Luciano Boccaccini i quali, con il loro contributo, hanno arricchito il lavoro. Una favola, quella del Riccardo I, trasformata in una storia vera, fatta di uomini e di barche, di mare e di terra, di agricoltura e di economia di mare: e, come tutte le favole che si rispettano, non poteva che essere a lieto fine. A dire la verità questa è una storia che racconterei a tutti i bambini, prima di addormentarsi, affinché sognino di un’“isola, scusate, una barca che non c’è”. 46 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Villa rustica romana di Via Raparoni - Comune di Ronchi dei Legionari (GO) Fabiana Pieri Una villa rustica posta immediatamente dietro l’aereoporto regionale di Ronchi dei Legionari e parzialmente entro le sue piste è stata rinvenuta durante i lavori per il potenziamento dell’acquedotto di Trieste nel 1987; scavi archeologici, promossi dalla Soprintendenza tra il 1987 e il 1991 hanno accertato l’estensione dell’edificio e la sua cronologia collocabile tra il I sec. a.C. e il III sec. d.C. La villa, posta nell’agro sudorientale di Aquileia, è caratterizzata da pavimenti musivi particolarmente perspicui sia nella fase iniziale, con stanze pavimentate in opus signinum, che nella fase imperiale, quando compaiono ricchi tappeti musivi sia in bianco e nero che colorati, in particolare un triclinio con rappresentazioni afferenti al banchetto. Questo rinvenimento ha permesso di conoscere, oltre all’organizzazione di una struttura produttiva attiva già nel I sec. a. C., la dinamica degli episodi esondativi del fiume Isonzo, che si caratterizza per le divagazioni del suo corso in età romana e che determinano, dopo il III sec., la presenza di uno strato alluvionale a chiusura della sequenza abitativa. L’eccezionalità del rinvenimento ha determinato l’azione del Comune, in collaborazione con la Soprintendenza per i beni archeologici, per la valorizzazione del sito grazie ad un cofinanziamento dell’Unione Europea Obiettivo 2 DOCUP 2000 - 2006, Azione 3.2.1. Il progetto, approvato congiuntamente dalle due Soprintendenze di settore, in corso di attuazione, prevede la ricollocazione dei pavimenti musivi già restaurati a cura della Soprintendenza. La loro protezione verrà assicurata da coperture appositamente studiate per rispondere all’esigenza di non superare l’altezza di m 1, determinata dal vincolo aeroportuale. Le strutture sono realizzate mediante un’orditura di acciaio inox e specchiature in vetro anti-fondamento. Verrà realizzato un percorso di visita, accessibile anche ai diversamente abili, corredato da una cartellonistica didattico- esplicativa con foto e ricostruzioni grafiche dell’edificio nelle sue diverse fasi. La pubblicazione scientifica degli scavi verrà realizzata nell’ambito del progetto già finanziato e curerà anche l’analisi del paesaggio agrario e la sua modificazione nel corso dei secoli. Il volume, intitolato “Luoghi di vita rurale. Un percorso che attraversa i secoli”, in corso di avanzata elaborazione, uscirà Soprintendenza per i beni archeologici del Friuli Venezia Giulia Soprintendente: Fulvia Lo Schiavo Piazza della Libertà,7 34135 Trieste tel. 040 4194711 fax 43634 [email protected] 47 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici entro i primi mesi del 2007. La valorizzazione del sito si colloca all’interno di un progetto più ampio (Progetto “Itinerari storici tra Carso e Isonzo” cofinanziato dall’Unione Europea con il programma Interreg III A Italia – Slovenia 2000-2006, Asse 2, Misura 2.2Cooperazione transfrontaliera nel settore del turismo, Azione 2.2.1 e 2.2.2) che prevede la creazione di una nuova rete di sentieri e percorsi tematici per diversificare l’offerta turistica e valorizzare anche le località minori (itinerari storico-archeologici, naturalistici ed enogastronomici), ovvero la creazione di un “museo diffuso” in modo da realizzare un sistema locale unificante più realtà contestualizzate, ovvero più monumenti, musei ed aree archeologiche sparse in un contesto unitario. Tale azione permetterà la realizzazione di servizi e prodotti promozionali comuni. Progetto a cura di: Associazione temporanea di Imprese, S.I.C.E.A. srl di Attimis (UD), A.RE.CON. snc di Campoformido (UD), Deltaimpianti Srl di Nimis (UD). Direzione scientifica a cura della dott.ssa Franca Maselli Scotti, archeologo direttore coordinatore della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia 48 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Area archeologica di Zuglio (UD) Serena Vitri L’area archeologica di Zuglio (UD), la “Iulium Carnicum” di fondazione cesariana, centro di un vasto territorio montano, è stata creata nel 1938 in occasione del “Bimillenario augusteo”; coincide quasi interamente, dopo l’ampliamento seguito ad alcune demolizioni operate in occasione del terremoto del 1976, con la piazza del foro, edificato in età augustea al di sopra delle strutture del vicus tardorepubblicano. Del vicus sono visibili i resti di alcuni edifici affacciati su di uno spazio aperto; del Foro sono conservati i resti della platea circondata da un portico coperto, del tempio e della basilica civile. E’ in corso il progetto di restauro e valorizzazione del complesso: sono quasi completati gli scavi e sono in corso le operazioni di restauro del criptoportico della basilica messo completamente in luce nel corso del 2004. Sono in corso di progettazione un percorso su passerelle che permetta la fruizione dell’intera zona e, in collaborazione con il Comune di Zuglio, il collegamento con aree di parcheggio e con una nuova area in corso scavo ed esproprio ove sorgeva un vasto edificio riscaldato ed un tempio. Soprintendenza per i beni archeologici del Friuli Venezia Giulia Gli scavi sono stati diretti tra 1981 e 1992 da Marisa Rigoni della Soprintendenza per i beni archeologici del Veneto; dopo il 1993 gli scavi, i restauri e le opere di protezione e valorizzazione sono diretti da Serena Vitri e Romeo Causero della Soprintendenza per i beni archeologici del Friuli Venezia Giulia. I risultati delle ricerche i recenti sono edite in VITRI S., DONAT P., L’Alto Friuli tra età del Ferro e romanizzazione: nuovi dati da indagini recenti e CORAZZA S., DONAT P., ORIOLO F., Trasformazione e abbandono dell’area meridionale del Foro di Iulium Carnicum: nuovi dati stratigrafici, in Iulium Carnicum. Centro alpino tra Italia e Norico dalla protostoria all’età imperiale, Atti del Convegno a cura di G. BANDELLI, F. FONTANA, Roma, 2001, pp. 39-83 e pp. 237-273; Museo Archeologico Iulium Carnicum. La città romana e il suo territorio attraverso il percorso espositivo, a cura di F. ORIOLO, S. VITRI, Tavagnacco 2005. Soprintendente: Fulvia Lo Schiavo Piazza della Libertà,7 34135 Trieste tel. 040 4194711 fax 43634 [email protected] 49 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Soprintendenza per i beni archeologici del Friuli Venezia Giulia Il monumento ed i materiali, di cui è riconosciuta l'eccezionale importanza in ambito nord-italico in particolare per gli affreschi, sono stati oggetto di edizione scientifica (A. Conte, M. Salvadori, C. Tirone, La villa romana di Torre di Pordenone. Tracce della residenza di un ricco dominus nella Cisalpina Orientale, Roma 1999) Soprintendente: Fulvia Lo Schiavo Piazza della Libertà,7 34132 Trieste tel. 040 4194711 fax 43634 [email protected] 50 Torre di Pordenone - Villa romana Paola Ventura Il complesso della villa romana di Torre, individuato e scavato in maniera non scientifica negli anni ’50, è stato successivamente oggetto di indagini puntuali ed interventi di restauro e manutenzione da parte della Soprintendenza negli anni ’80 e ’90 e nel corrente anno (incluso l’adeguamento dell’apparato didattico). Recentemente sono state effettuate anche verifiche mirate per meglio definire l’estensione dell’edificio ed il suo inserimento nel contesto morfologico antico, con particolare riguardo alla presenza del fiume Noncello. L’area archeologica è collocata nel parco comunale del Noncello ed è attualmente aperta settimanalmente; è inoltre operativa una convenzione fra Soprintendenza e Comune per la manutenzione e fruizione dell’area archeologica, con ulteriori aperture e visite didattiche, attività che si è intensificata a seguito dell’inaugurazione nel febbraio scorso delle prime sezioni del Museo Archeologico di Torre, di proprietà del Comune, che espone materiale in deposito di proprietà statale, inclusi (in un allestimento provvisorio) i reperti dalla villa. Alla luce degli ultimi dati risulta che l’edificio romano è stato costruito nel I sec. a.C. in un’area instabile dal punto di vista idraulico; il primo impianto residenziale, connotato da ambienti di lusso (eccezionale l’importanza degli affreschi per l’intera Cisalpina), viene danneggiato quindi da un’alluvione intorno al II sec. d.C., cui segue una ripresa più modesta, con probabile riconversione utilitaria degli ambienti. Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Spazio Espositivo Permanente sul villaggio neolitico “La Marmotta” Nel lago di Bracciano è stato scoperto nel 1989 uno tra i più antichi villaggi neolitici di sponda dell’Europa occidentale; dal 1992 nelle acque del lago la Soprintendenza al Museo Nazionale Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini” conduce, sotto la direzione scientifica di Maria Antonietta Fugazzola, annuali sistematiche campagne di scavi subacquei. Le datazioni calibrate al C14 collocano il sito de “La Marmotta” tra il 5750 ed il 5260 a.C. Il villaggio era situato vicino al fiume Arrone, emissario del lago e via di comunicazione con il mare. L’abitato presenta grandi capanne a pianta rettangolare: la pavimentazione era costituita da argilla, mentre il tetto e le pareti erano costruiti con rami intrecciati e canne; l’isolamento termico era ottenuto intonacando le pareti con uno strato di argilla. Sono moltissimi i materiali ritrovati: vasi (alcuni con ricche decorazioni dipinte o impresse), strumenti in selce, in pietra e in ossidiana e manufatti organici (strumenti lignei, corde, tessuti, cesti, ecc.) eccezionalmente ben conservati. Tra gli oggetti di particolare interesse si nota anche una statuina in steatite rappresentante una “Dea Madre”. Sono state rinvenute anche cinque grandi imbarcazioni monossili. In seguito all’eccezionalità di questi rinvenimenti il Comune di Anguillara Sabazia ha proposto di realizzare uno spazio espositivo permanente sul villaggio de “La Marmotta”. Nel settembre del 2005 è stato inaugurato il Centro visite del Sistema Turistico Cerite-Tolfetano-Braccianese, ove è stata esposta, all’interno di un grande contenitore appositamente realizzato, la piroga denominata “La Marmotta 5”, ancora in corso di restauro. Nel settembre 2006 questo spazio espositivo è stato ampliato con cinque vetrine contenenti le riproduzioni di alcuni dei manufatti rinvenuti nel villaggio e con tredici pannelli esplicativi sul sito, sui reperti, sull’economia di sussistenza, sullo scavo e recupero della piroga, sulle datazioni, ecc. Nello spazio espositivo è presente anche una piccola sala per la proiezione di due audio-visivi: uno è un cartone animato, realizzato per il pubblico dei più giovani che descrive una giornata di 8000 anni fa nel villaggio; il secondo è un documentario sul recupero della prima piroga monossile rinvenuta nel 1994. Soprintendenza al Museo Nazionale Preistorico ed Etnografico “Luigi Pigorini” La progettazione, la realizzazione scientifica e l'allestimento della sala espositiva sono stati curati da tre archeologi preistorici, specializzati (Elisa Carrisi, Chiara Delpino e Flavio Feriozzi) che collaborano da diversi anni con la Soprintendenza e che partecipano alle attività di scavo nel villaggio de “La Marmotta”. Amministrazione Comunale di Anguillara Sabazia Direttore: Maria Antonietta Fugazzola Delpino Piazzale G. Marconi, 14 00144 Roma tel 06 549521 fax 54952310 [email protected] 51 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Soprintendenza per i beni archeologici di Roma Soprintendente ad interim: Angelo Bottini Piazza Santa Maria Nova, 53 00186 Roma tel 06 699841 fax 6787689 [email protected] 52 La Polledrara di Cecanibbio Anna Paola Anzidei Il Giacimento Numerose sono le testimonianze del popolamento umano e animale avvenuto nel corso del Pleistocene medio-superiore nel territorio a Nord-Ovest di Roma, compreso tra le pendici del complesso vulcanico Sabatino e la pianura litoranea. Tra i siti che hanno restituito una ricca documentazione archeologica e paleontologica, La Polledrara di Cecanibbio può essere giustamente considerato il più ricco deposito ad Elephas (Palaeoloxodon) antiquus attualmente esistente. Il giacimento, affiorante lungo le pendici di una collina ed in parte danneggiato dalle arature, è stato individuato nel corso di ricognizioni di superficie condotte dalla Soprintendenza Archeologica di Roma nel 1984. Lo scavo, iniziato nel 1985 e volto a verificare la reale consistenza del deposito, ha rimesso in luce la porzione di un paleoalveo fluviale scavato in un banco di tufite granulare compatta, della profondità massima di. 1,50 m e di una larghezza massima di 40 m, con il suo riempimento costituito da sedimenti fluviali in tufite cineritica. Sulla paleosuperfice, indagata fino ad oggi per un’estensione di oltre 850 mq, erano distribuiti oltre 10.000 reperti faunistici fossili, riferibili per la maggior parte a grandi mammiferi. (Fig. 1) Dai dati forniti dallo scavo è stato possibile attribuire il paleoalveo ad un piccolo corso d’acqua a corrente effimera, con andamento meandriforme, che scorreva con orientamento Nord-Sud in un paesaggio essenzialmente pianeggiante. La stratigrafia locale ha permesso di ricostruire le varie fasi del ciclo sedimentario completo che ha interessato l’episodio fluviale. Ad una prima incisione del canale nel banco di tufite granulare, con lo scorrimento di acque capaci di trasportare resti faunistici, è seguita una fase di alluvionamento che ha portato alla deposizione ed al rimaneggiamento di ossa anche di grandi dimensioni lungo le aree marginali. Successivamente sedimenti fluviali di tufite cineritica, con inclusi frammenti ossei nei vari livelli, hanno determinato il riempimento dell’alveo. L’obliterazione del percorso fluviale ha permesso la formazione di un ambiente con acque stagnanti a cui sono da ricollegare i resti, in parziale connessione anatomica, di uno scheletro di Elephas (Palaeoloxodon) antiquus, (una zampa anteriore completa, una mano, la parte inferiore delle due zampe posteriori) ed uno di Canis lupus (Il cranio in connessione con la Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici mandibola, una zampa anteriore). Attualmente è in corso di scavo lo scheletro di un elefante adulto, che sembra essere anch’esso in connessione anatomica. In un’area marginale all’ambiente palustre sono stati individuati i resti di un altro scheletro di Elephas con tracce di attività umana di macellazione. Si tratta di una colonna vertebrale ancora parzialmente in connessione, numerose costole, un frammento di scapola ed un omero con fratture tipiche di osso fresco. Alle ossa erano associati due strumenti litici, di cui uno conservava ancora le tracce d’uso, ed uno su osso. Tutta l’area è stata infine obliterata da strati di tufite cineritica, su cui si sono depositati altri strati limno -tufitici ed infine argille e travertini. Gli strati fluvio-palustri che inglobano il deposito de La Polledrara, ubicato ad una quota di 83 m s.l.m., sono situati stratigraficamente all’interno della serie piroclastica del complesso vulcanico Sabatino, al di sopra del “Tufo rosso a scorie nere” datato a 0,49-0,43 M.a. Essi sono attribuiti al parte finale del Pleistocene medio nell’ambito della Formazione Aurelia, correlata con lo stadio isotopico 9 ( 0,37 –0,27 Ma). Il processo di fossilizzazione delle ossa è stato determinato dalla presenza, nell’ambiente fluvio-palustre, del fluoro che ha permesso la loro trasformazione in fluoroapatite, come indicato dalle analisi diffrattometriche. La fauna è caratterizzata dall’associazione di Elephas (Palaeoloxodon) antiquus Falconer & Cautley, 1847 e Bos primigenius Bojanus, 1827, che appare dominante. Meno frequente è Cervus elaphus Linnaeus, 1758; rare le altre specie: Equus ferus, Canis Lupus, Stephanorhinus sp.,Hippopotamus amphibius Linnaeus 1758, , Bubalus bubalus. Numerosi gli uccelli acquatici e la microfauna. Per la sua composizione tassonomica ed il grado evolutivo essa può essere inclusa nell’Unità faunistica di Torre in Pietra. Il restauro dei reperti e lo studio tassonomico e tafonomico del giacimento è tuttora in corso. La maggior parte dei resti faunistici proviene dal fondo dell’alveo e dalle aree marginali; il loro aspetto fisico presenta vari gradi di alterazione, dovuti sia all’esposizione agli agenti atmosferici che al trasporto in acqua. Nell’ambiente palustre formatosi successivamente all’episodio fluviale le ossa sono in perfetto stato di conservazione e sono in parte in connessione anatomica. Le ossa di Elephas sono le più abbondanti e sono rappresentate tutte le parti anatomiche, riferibili per la maggior parte ad esemplari maschi adulti. Sono conservati sei crani quasi com- Il sito è stato aperto al pubblico dal dicembre 2002 con visite guidate che vengono effettuate dietro prenotazione presso il Call Center della Soprintendenza Archeologica di Roma, (PIERRECI 0039.6.39967700). Notizie più dettagliate del giacimento sono fornite dal sito Internet della Soprintendenza Archeologica: www.archeorm.arti.beniculturali.it /lapolledrara. Progetto di scavo e musealizzazione del giacimento pleistocenico Responsabile del Procedimento: Dott.ssa Anna Paola Anzidei Direttore dei Lavori: Arch. Federico Caiola 53 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici pleti, numerose zanne (oltre 50), mandibole e denti isolati. Il cranio meglio conservato è caratterizzato da un toro sopraorbitario pronunciato e da creste larghe e robuste su cui si inseriva la muscolatura della proboscide; caratteri questi che avvicinano gli esemplari de La Polledrara ad Elephas Namadicus Falconer& Cautley, 1846. (Fig. 2) Bos primigenius è anch’esso rappresentato da tutte le parti anatomiche. Sono conservate numerose porzioni di cranio, in particolare la regione fronto-parieto-occipitale con le chevilles osseuses, e frammenti di mascellari e mandibole. Più numerosi sono i resti dello scheletro postcraniale, con abbondanza di epifisi e diafisi di ossa lunghe. Meno numerose le vertebre e le ossa carpali e tarsali. Nel corso della campagna di scavo effettuata nel 2002 sono stati rimessi in luce due crani di bufalo (Bubalus sp.), di cui per la prima volta è documentata la presenza in Italia nel corso del Pleistocene. Oltre 500 manufatti attribuibili culturalmente al Paleolitico inferiore sono stati rinvenuti associati ai reperti faunistici. L’uomo aveva quindi frequentato le sponde di questo corso d’acqua certamente per procurarsi il cibo. Gli strumenti sono stati ricavati per la maggior parte da piccoli ciottoli silicei e calcareosilicei, delle dimensioni massime di circa 10 cm, che non appartengono all’ambiente fluvio-palustre in cui sono stati rinvenuti, ma vi sono stati portati dall’uomo. Si tratta per la maggior parte di raschiatoi, denticolati, intaccature, grattatoi e strumenti multipli, ottenuti sia su ciottolo che su scheggia. Molti manufatti non hanno caratteri tipologici definiti, ma sembrano forme di passaggio tra due tipi e generalmente sono ritoccati su più margini. E’ ben documentata la tecnica di percussione bipolare, certamente favorita dalle piccole dimensioni dei ciottoli. Il difficile approvvigionamento della materia prima per la fabbricazione degli strumenti mentre ha favorito da una parte lo sfruttamento intensivo dei supporti, dall’altra, proprio per le piccole dimensioni di questi ultimi, ha portato all’utilizzazione, per fabbricare strumenti più grandi, di frammenti di dialisi di ossa di Elephas. Lo stato di conservazione varia in relazione alla giacitura dei manufatti. Quelli provenienti dall’alveo fluviale presentano vari gradi di fluitazione mentre gli strumenti raccolti nell’ambiente di tipo palustre hanno superfici freschissime ed in alcuni casi conservano ancora le tracce d’uso. 54 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici La Musealizzazione L’idea di musealizzare il giacimento, di conservarlo cioè in situ e permetterne quindi l’accesso al pubblico, come già era avvenuto in Italia per i depositi di Venosa, Isernia e Casal de’ Pazzi, è stata suggerita da una serie di fattori concomitanti; in particolare l’ottimo stato di conservazione delle ossa, l’appariscenza del deposito, la notevole varietà di giacitura dei reperti faunistici, dagli ammassi caotici delle ossa trasportate e dislocate dalle acque a quelle in connessione anatomica all’interno dell’area paludosa, e, non ultima, la posizione topografica del deposito stesso, ubicato in un’area intatta della Campagna Romana all’interno dell’azienda agricola comunale di Castel di Guido. Tale progetto è stato poi realizzato solo nel 2000, grazie ad un intervento per il Giubileo finanziato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. La cifra disponibile per la costruzione dell’edificio museale e delle opere ad essa connesse, di 750.000, ha consentito l’edificazione di una struttura costituita da telai di acciaio, con una luce sottotrave variabile tra i 6 e gli 8 metri ed una dimensione planimetrica di 900 mq, con tamponature in pannelli metallici coibentati (Fig. 3). L’opera è stata ideata come un contenitore appoggiato sul terreno, in modo da assecondare e rispettare sia l’andamento planimetrico delle curve di livello che quello del deposito pleistocenico. Essa è stata inoltre programmata per uno sviluppo modulare, con la possibilità quindi di una sua futura espansione in considerazione della vastissima estensione del deposito. Nell’area esterna al museo, di cui è prevista una sistemazione a verde, è stato attuato il percorso di accesso ed il posteggio macchine. Il percorso di visita dello scavo, che parte dalla pedana di accesso, è stato realizzato con passerelle sospese con tiranti alla struttura portante ed è posto ad una quota superiore a quella archeologica, che pertanto non è stata interessata da nessun tipo di struttura di sostegno di percorso museale Gli scavi archeologici effettuati negli ultimi anni hanno evidenziato solo una porzione della paleosuperficie attualmente protetta ed ancora un vasto settore del giacimento, di circa 500 mq, deve essere rimesso in luce. Gli scavi, ripresi nel 2006, potrebbero essere completati nel corso di due-tre anni. L’area musealizzata, attualmente aperta al pubblico tramite visite guidate, potrà così comprendere tutta la paleosuperficie rimessa in luce ed offrire al visitatore un’immagine unica di un paesag- 55 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici gio fossile di circa 300.000 anni fa. Sarà inoltre possibile completare lo studio del deposito nei suoi aspetti geopedologici, paleontologici, archeologici. In un settore della struttura è previsto inoltre un allestimento museale con la sistemazione di alcune vetrine per l’esposizione del materiale paleontologico ed archeologico più significativo che non può essere conservato sulla paleosuperficie e che permetterà di evidenziare alcuni degli aspetti distintivi del giacimento, dalla presenza dell’uomo documentata dagli strumenti litici e su osso, all’ambiente faunistico caratterizzato, oltre che dalla presenza dei grandi mammiferi, anche da varie specie di uccelli acquatici e da una ricca microfauna. È previsto anche l’allestimento di grandi pannelli con la ricostruzione dell’ambiente in cui era inserito l’antico percorso fluviale e di cartelloni esplicativi per illustrare al visitatore lo scavo, la sua storia ed il suo inquadramento geologico, ambientale e culturale. Un grande pannello con la ricostruzione planimetrica del deposito asportato negli anni precedenti permetterà inoltre al visitatore di avere una visione globale del giacimento. 56 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Parco Archeologico-Turistico di Gabii-Castiglione Stefano Musco I. Il Territorio L’area interessata dal progetto, collocata sul confine orientale del Comune di Roma lungo l’antica via Prenestina, comprende altresì porzioni di territorio pertinenti ai Comuni di Gallicano, Montecompatri, San Gregorio di Sassola e Zagarolo: contiene vestigia e reperti archeologici di grande importanza e suggestione, tra cui l’antica città latina e romana di Gabii con il monumentale santuario di Giunone Gabina, situata sul margine del lago vulcanico che occupava il cratere di Castiglione, nonché numerosI insediamenti produttivi e residenziali, tracciati viarii e resti relativi al tracciato degli antichi acquedotti, presenze tutte di epoca romana. Alla fase più antica si sovrappongono i Casali storici ed i Castelli medievali e rinascimentali. Elemento fondamentale nel paesaggio storico di questa zona era un bacino lacustre (“lago Burrano”, di Santa Prassede, di Castiglione o anche “di Pantano”) che subì nei secoli un progressivo impoverimento della base di contenimento delle acque e che, nel 1889, i principi Borghese prosciugarono definitivamente, destinandone l’alveo ad usi agricoli. Questo settore del territorio suburbano di Roma ha poi subito, a partire dal secondo dopoguerra, un cambiamento violento e radicale, connessa alla trasformazione da ecosistema “ager” ad ecosistema “urbs”, sia a causa del fenomeno dell’ abusivismo edilizio che dei piani di sviluppo urbanistico elaborati dal Comune di Roma. Soprintendenza per i beni archeologici di Roma II. Premesse Gran parte dell’area archeologica di maggiore rilevanza pertinente al progetto - ovvero quella corrispondente all’antico centro di Gabii, pari a circa 70 ettari - risulta disponibile nell’immediato, essendo stata acquisita al Demanio dello Stato Soprintendente ad interim: Angelo Bottini Piazza Santa Maria Nova, 53 00186 Roma tel 06 699841 fax 6787689 [email protected] 57 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici (Ramo Storico-Artistico) già nel 1987 e concessa in uso alla Soprintendenza Archeologica di Roma che ha provveduto ad allestire il primo nucleo del Parco Archeologico di Gabii, da tempo disponibile per la fruizione pubblica. Anche sulla base di tale presupposto l’ intervento di recupero e valorizzazione storico-ambientale dell’area di Gabii è stato inserito nel Programma per Roma Capitale della Repubblica ex lege 396/90 con Decreto ministeriale del 21.11.1999 e definito pertanto opera di preminente interesse nazionale. III. Soggetti proponenti e gestori del progetto Soprintendenza Archeologica di Roma; Comune di Roma, Dipartimento VI Politiche della Programmazione e della Pianificazione del Territorio, U.O. n. 4 Programma Roma Capitale e Qualità Architettonica; XI Comunità Montana del Lazio “Castelli Romani”; Comune di Gallicano; Comune di Montecompatri; Comune di San Gregorio di Sassola; Comune di Zagarolo. IV. Finalità Il principale obiettivo del progetto “Parco ArcheologicoTuristico di Gabii-Castglione” consiste nella creazione, con finalità di fruizione turistica, di un polo attrezzato di notevole interesse archeologico ed ambientale, intermedio tra le aree archeologiche romana, tiburtina e prenestina, da inserire mediante canali ambientali- nel sistema di aree e parchi archeologico-naturali integrati compreso tra il parco della Valle dell’Aniene ed il Parco dei Castelli romani. Il progetto riveste inoltre particolare interesse in quanto, in aggiunta alle finalità più strettamente connesse alla tutela ed alla valorizzazione archeologica, coniuga temi di attualità nella gestione delle trasformazioni urbane quali : - la messa in rete, in una vasta zona dell’agro romano sottoposta a tutela, di aree archeologiche, presenze architettoniche isolate e percorsi storici; - la definizione del rapporto fra sviluppo territoriale, preesistenze ambientali e storico-archeologiche, anche in relazione alla loro potenzialità economica; - il controllo e ridisegno della città periferica compromessa come reale strumento di tutela; - la creazione di un sistema di verde nell’area metropolitana che costituisca un insieme con il Parco dell’Aniene e quello dei Castelli. 58 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici V. Modalità attuative V.1) Indagini preliminari e studi Mediante le già espletate indagini preliminari si è dunque proceduto alla verifica di fattibilità tecnico-territoriale dell’ipotesi di recupero ambientale dell’area -particolarmente ricca da un punto di vista naturalistico e delle preesistenze storico-architettoniche anche se parzialmente compromessa dall’abusivismo edilizio- ivi compresa l’ipotesi ricostruttiva dell’originario alveo del prosciugato lago di Castiglione, il completo recupero e la valorizzazione dei reperti archeologici ed il loro inserimento in percorsi storici attrezzati per la fruizione turistica. In particolare, tramite le soprindicate indagini, sono state verificate: • la compatibilità del recupero lacustre con le possibili modificazioni del microclima mediante indagini aventi pero oggetto specifico : bilancio idrologico, prove di permeabilità, analisi vegetazionale, caratterizzazione dell’“idea progetto” di recupero lacustre, studio idraulico, analisi della qualità delle acque, studio delle modificazioni a carattere idrogeologico introdotte sull’area dalla realizzazione dell’invaso, recupero del bacino di contenimento del lago, valutazione economica delle possibili soluzioni progettuali in termini di costi e tempi realizzativi; • le condizioni per l’ acquisizione di circa 90 ha. di terreno in aggiunta ai 70 già disponibili- necessaria alla realizzazione dell’opera ed attualmente di proprietà privata; • le condizioni per l’acquisizione delle aree potenzialmente trasformabili per la riorganizzazione urbanistica dell’intero ambito del Parco in previsione dell’introduzione di nuove destinazioni di pregio e della dotazione di servizi congruenti. Sulla base delle medesime indagini sono state inoltre definite: • le idee progettuali per l’omogeneizzazione, dell’area interna al bacino lacustre compromessa da insediamenti abusivi, con le valenze paesistiche nell’ambito della fruizione archeologiconaturalistica del Parco; • le aree da sottoporre ad interventi di rinaturalizzazione e restauro ambientale; • le ipotesi alternative di valorizzazione economica e la definizione dei costi e dei ricavi degli interventi; • le opportunità occupazionali e di ritorno economico in termini di creazione di nuovi posti di lavoro e di redditività delle funzioni ed attività di servizio programmabili. V.2) Strumenti di attuazione Sulla base delle risultanze delle indagini preliminari, è stato 59 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici pertanto redatto un progetto preliminare di recupero e valorizzazione dell’area mediante la creazione del Parco archeologico e paesaggistico di Gabii-Castiglione, cui ha fatto seguito la stipula di un Protocollo d’intesa tra i Comuni di Roma, Gallicano, Montecompatri, San Gregorio, Zagarolo e l’ XI Comunità Montana, nonché la Soprintendenza Archeologica di Roma per il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Il passaggio successivo sarà -a breve- un Accordo di Programma per la definizione delle modalità attuative. Si ritiene che le risorse finanziarie necessarie per la realizzazione del “Parco di Gabii Castiglione” potranno essere reperite parte mediante stanziamenti previsti negli specifici capitoli di spesa dell’Amministrazione comunale e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, parte con il ricorso a fondi U.E. per progetti di interesse europeo, nonché attraverso il coinvolgimento di capitali di privati cointeressati alla gestione delle attività ipotizzate. A titolo di esempio si rammenta che il Parco potrebbe costituire un sito ideale per corsi di specializzazione in archeologia e gestione dei beni culturali di rango europeo. Alla definizione delle varianti urbanistiche che si renderanno necessarie -a seguito degli esiti delle ulteriori verifiche di fattibilità- si procederà con uno specifico Accordo di Programma promosso dall’Amministrazione Comunale e dagli Enti e soggetti interessati. Le illustrazioni sono state fornite dal Comune di Roma, Dipartimento VI Politiche della Programmazione e della Pianificazione del Territorio, U.O. n. 4 Programma Roma Capitale e Qualità Architettonica 60 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Progetto cultura 2000. Come l’acqua che scorre Margherita Bedello responsabile del progetto per Soprintendenza per i Beni Archeologici di Ostia Evelyne Bukowiecki, Hélène Dessales, Julien Dubouloz per Ecole Française de Rome Il progetto, realizzato nel quadro del programma europeo “Cultura 2000”, ha interessato la Soprintendenza per i Beni Archeologici di Ostia, la Direzione Generale delle Istituzioni del Patrimonio Storico dell'Andalusia e l'Ecole Française de Rome. Le immagini proposte, relative alla fase di lavoro eseguita ad Ostia, evidenziano i considerevoli risultati di un sodalizio scientifico tra i siti archeologici di Ostia Antica (Italia) e di Italica (Spagna). Il tema dell’acqua ha creato questo gioco di specchi tra i due centri di Ostia ed Italica, favorendo una riflessione sui due siti archeologici, inseriti in una prospettiva paesaggistica. Si è trattato di riscoprire i percorsi dell’acqua nelle due città romane, restaurarli, nel senso forte del termine, per ridar luce alle strutture sepolte: l’acqua è diventata una nuova forma di linguaggio per dar voce a ruderi poco conosciuti. Questo progetto ha, reso possibile una feconda collaborazione scientifica con l’Equipe del sito archeologico di SaintRomain-en-Gal, centro di importanti ricerche sulle strutture idrauliche romane. I flussi e la circolazione dei saperi congiunti hanno consentito di ampliare le ricerche in tre regioni dell’impero romano attraverso gli esempi di Ostia in Italia, di Italica in Spagna e di Saint Romain – en Gal in Francia. In particolare, la ricerca si è concentrata sull’analisi del principale castello d’acqua (castellum aquae, quale punto focale per la raccolta e la distribuzione dell’acqua) di Ostia e di Italica. Questi edifici, affini per dimensioni e cronologia, non sono mai stati oggetto di studi approfonditi: monumenti, ai margini dei consueti itinerari di visita. Lo studio del castellum aquae di Ostia Antica ha costituito la prima fase del progetto. La ricerca sul campo, condotta secondo le metodologie dell’”archeologia della costruzione”, e la lettura analitica dei dati, unite alla creazione di modelli tridimensionali, hanno portato all’identificazione delle fasi di costruzione e di funzionamento dell’edificio, con la formulazione delle prime ipotesi sul- Soprintendenza per i beni archeologici di Ostia Ecole française de Rome Soprintendente ad interim: Angelo Bottini Viale dei Romagnoli, 717 00119 Ostia Antica (Rm) tel 06 56358099 fax 5651500 [email protected] Ecole française de Rome Palazzo Farnese Piazza Farnese, 67 00186 Roma tel 06 68601263 61 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici l’evoluzione della rete idrica di Ostia. Si è giunti così ad una migliore comprensione dell’organizzazione dei grandi cantieri imperiali e della gestione delle infrastrutture urbane di Ostia. 62 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Servizio Educativo Lucia Piastra Da alcuni anni il Servizio Educativo della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Ostia ha ampliato le proposte offerte gratuitamente alle scuole, dando la priorità alle scuole del territorio. Tali proposte, annuali o pluriennali, che diventano parte integrante del Piano dell’Offerta Formativa d’Istituto offrono la possibilità ai docenti e agli alunni di arricchire il curricolo di studio con la conoscenza diretta del patrimonio storico-artistico del territorio ostiense. Tra i progetti elaborati per le scuole vi è un percorso formativo legato al tema della conservazione dei Beni Culturali, avendo individuato in questa tematica forti potenzialità educative, utili alla formazione di futuri cittadini responsabili e predisposti ad un uso corretto e consapevole del Patrimonio. I ragazzi della Scuola Media, nel Laboratorio di Conservazione, vestono i panni di “addetti ai lavori” che, partendo dallo studio dello stato di conservazione di alcuni edifici antichi, arrivano ad ipotizzare interventi di salvaguardia e di fruizione didattica degli edifici studiati. Soprintendenza per i beni archeologici di Ostia Soprintendente ad interim: Angelo Bottini Viale dei Romagnoli, 717 00119 Ostia Antica Roma tel 06 56358099 fax 5651500 [email protected] 63 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Soprintendenza per i beni archeologici della Liguria Soprintendente ad interim: Marina Sapelli Ragni Via Balbi, 10 16126 Genova tel 010 27181 fax 2465925 [email protected] 64 ArcheoMetrò Piera Melli Nel novembre del 2005, in occasione delle “Giornate Europee del Patrimonio 2005” è stata inaugurata la prima tranche di un progetto, denominato ArcheoMetrò, che prevede l’allestimento, a scopo divulgativo e turistico, di tre Stazioni della Metropolitana di Genova (Principe, Darsena e San Giorgio) inserite nel tessuto urbanistico antico, in particolare del Porto antico della città. L’iniziativa, promossa dal Comune di Genova che ha affidato ad Ansaldo Trasporti Sistemi Ferroviari la sua realizzazione ed il coordinamento scientifico alla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria, ha raccolto la prescrizione, già da tempo espressa dalle Soprintendenze liguri, che i notevoli rinvenimenti archeologici occorsi nel corso degli scavi preventivi per la realizzazione della Metropolitana trovassero adeguata illustrazione all’interno delle stazioni, sia per facilitare la comprensione delle strutture antiche ancora visibili, sia per conservare memoria di quelle sacrificate per far posto alle stazioni stesse. In occasione delle grandi trasformazioni urbanistiche che negli ultimi decenni hanno interessato Genova, la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria ha infatti condotto estese indagini archeologiche preventive nel corso delle quali è stato rigorosamente documentato quanto emerso. In particolare, nell’area del Porto antico, gli scavi, intrapresi dagli inizi degli anni Ottanta ad oggi, hanno interessato un’area di circa 20.000 mq, suddivisa in vari cantieri. La necessaria opera di tutela ha permesso così agli studiosi di ricostruire l’assetto di uno dei maggiori porti del Medioevo, che si conservava pressoché intatto all’interno della sistemazione ottocentesca. Poiché la realizzazione dei nuovi manufatti (tracciato e stazioni della Metropolitana; sottovia di Caricamento; canalizzazione del rivo Sant’Anna; complesso della Marina Porto Antico con parcheggio sotterraneo; edificio Cembalo, etc.) e la risistemazione dell’area dell’Expo hanno comportato, nella maggioranza dei casi, la distruzione delle testimonianze del passato, è parso ovvio e doveroso adoperarsi per la divulgazione del patrimonio di conoscenze acquisito. Se i risultati delle ricerche archeologiche sono stati oggetto di numerose pubblicazioni a carattere scientifico nonché di esposizioni tematiche (Archeologia a Genova 1976; La città ritrovata, 1996; Ripa porta di Genova 1993), è sembrato comunque Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici opportuno studiare anche nuove forme di comunicazione che coinvolgano un pubblico ancora più diversificato e contribuiscano alla conoscenza del passato della città, anche a fini turistici. La prima tranche riguarda l’allestimento della Stazione di Darsena, che è ubicata a poca distanza del Museo del Mare, e quindi un un’area potenzialmente di grande passaggio, soprattutto turistico. All’interno della stazione sono stati installati un plastico ricostruttivo del porto antico nella sua fase seicentesca e 22 pannelli che illustrano al grande pubblico le vicende del porto e i risultati degli scavi archeologici. Particolare attenzione è stata posta alla contestualizzazione di un brano murario dell’antica banchina della Darsena medievale, già in opera all’interno della Stazione. Alla realizzazione dell’apparato espositivo ha lavorato un gruppo di tecnici, coordinato, per gli aspetti scientifici, da chi scrive, raccogliendo una notevole mole di documenti, in alcuni casi certamente sconosciuti al pubblico di non specialisti (cartografie e illustrazioni antiche, immagini di scavo, planimetrie e vedute realizzate per l’occasione), che sono stati composti in pannelli divulgativi di grande impatto visivo. L’intento dell’operazione è stato anche quello di dimostrare che i resti materiali messi in luce negli scavi archeologici o, per meglio dire, riemersi dagli “archivi del sottosuolo”, costituiscono, al pari di un documento notarile, un quadro o una antica cartografia di progetto, importanti documenti per la ricostruzione del passato della città. E’ prevista inoltre, a breve, la pubblicazione di una cartella di tavole, che riproduca integralmente, in formato più maneggevole, i pannelli stessi. L’iniziativa ha registrato un vivo interesse di pubblico, con riflessi anche sulla stampa nazionale (www.culturalweb.it) ed ha stimolato iniziative correlate, per la valorizzazione dei resti di strutture portuali ancora conservati in posto e a vista. Nell’area della “Marina Porto Antico”, che consta di un vivace porticciolo turistico e di altre strutture per il tempo libero e la vela ed è ubicata nei pressi della stazione, sono stati recentemente installati tre pannelli, redatti con gli stessi criteri e parimenti coordinati dalla Soprintendenza, in corrispondenza dei resti della torre medievale di Darsena e di altri lembi del complesso portuale medievale e post medievale. Anche quest’ultima esposizione sarà inserita nel circuito di visita, che permetterà, una volta completato, di apprezzare e conoscere il Porto antico di Genova, che tanto ha significato nella storia della città, nella sua evoluzione e nel suo attuale aspetto. 65 Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici della Lombardia La realtà archeologica della Lombardia Carla Di Francesco La diversificazione dell’offerta nei siti archeologici di maggiore notorietà e la promozione delle aree non ancora interessate da una fruizione turistica significativa sono i binari sui quali si è mossa l’azione di valorizzazione degli istituti lombardi. La Lombardia, a differenza di quanto avviene tradizionalmente per altre aree e regioni d’Italia, viene raramente associata alle attrattive turistiche rappresentate dalle persistenze archeologiche diffuse sul suo territorio; tuttavia gli importanti interventi di valorizzazione attuati in anni recenti su alcuni dei siti archeologici più significativi della regione hanno permesso di porre maggiormente in luce un patrimonio archeologico di notevole valore e quindi potenzialmente di costituire una nuova attrattiva turistica, a fianco di altre già sviluppate. La realtà archeologica della Lombardia si presenta in effetti come un insieme assai articolato, che affianca siti di rinomanza mondiale, come il comprensorio delle incisioni rupestri della Valcamonica, ad aree di recente sviluppo sul piano della valorizzazione, come alcuni parchi archeologici in aree urbane quali Brescia o Milano; strutture monumentali di notevole impatto sul piano dell’evidenza archeologica, come le grandi ville gardesane di epoca romana o i complessi edifici per spettacoli di Cividate Camuno, ad esempi di fusione tra il paesaggio naturale e le tracce della presenza umana, come nel caso del sito protostorico di Pianvalle immerso nella realtà naturalistica del parco regionale di Spina Verde a Como. Direttore Regionale: Carla Di Francesco Corso Magenta, 24 20123 Milano tel 02 80294256 fax 80294235 [email protected] [email protected] 66 Le attività di valorizzazione condotte dagli uffici del Ministero si caratterizzano per il tentativo di porre in evidenza la specificità di ciascun monumento, così da garantire in ogni situazione una politica di promozione mirata ed efficace e nel complesso una percezione da parte del pubblico di una offerta culturale plurale e differenziata. È il caso del percorso integrato tra le ville affacciate sul Garda dove a una struttura di tradizionale richiamo come le “Grotte di Catullo” sono collegate realtà meno frequentate ma di altrettanto interesse come la villa romana di Desenzano e la Rocca di Manerba, con il suo Museo Civico e un excursus storicoarcheologico che si snoda tra la preistoria e il rinascimento: oltre a porre in relazione tra loro e con il territorio i beni archeologici descritti, il progetto si propone anche l’obbiettivo di facilitarne la fruizione attraverso l’introduzione di un biglietto unico approvato dalle diverse amministrazioni coinvolte. È il caso anche dei progetti che interessano la Valcamonica, il cui intento complessivo è quello di qualificarne la realtà archeologica partendo dall’oggetto simbolo della valle, il complesso delle incisioni rupestri, per giungere a valorizzare appieno il contesto che nel corso dei secoli ha prodotto e convissuto con quella realtà, ovvero l’ambito archeologico territoriale nel suo complesso, in una visione diacronica che consenta di collegare le testimonianze preistoriche agli sviluppi successivi; una parte rilevante delle attività riguarda infatti i siti archeologici di età romana della valle, ed in particolare l’area che comprende il Parco del Santuario di Minerva a Breno e il Parco del Teatro e dell’Anfiteatro a Cividate Camuno, che include i luoghi di spettacolo della Civitas Camunnorum romana, inserita in un contesto naturalistico ancora integro e suggestivo. Di grande rilievo in questi progetti è la partecipazione delle amministrazioni locali, coinvolte come attori principali nelle azioni di valorizzazione della valle. La progressiva rilevanza che assumono in Lombardia i Parchi archeologici urbani è ben evidenziata dal progetto che ha portato alla realizzazione del Parco archeologico dell’anfiteatro romano e dell’Antiquarium annesso: le due realtà costituiscono un sistema integrato, destinato ad illustrare temi e prospettive dell’archeologia urbana, attraverso l’apertura di uno scorcio privilegiato su di un contesto complesso e pluristratificato come la città di Milano. Anche in questo caso il progetto ha mobilitato il contributo di amministrazioni diverse, tanto nella realizzazione quanto nella condivisione delle attività di gestione. Il progetto volto alla conoscenza e alla valorizzazione dei parchi e delle aree archeologiche, che la Direzione Regionale ha sviluppato insieme alla Soprintendenza Archeologica e alla Regione Lombardia, interessa invece l’intero territorio regionale con l’obbiettivo di indagare le attuali condizioni strutturali e di gestione di questi luoghi della cultura, in una prospettiva di sviluppo della valorizzazione, anche per quelle strutture il cui potenziale di attrattiva turistica oltre che di interesse culturale deve essere ancora pienamente sviluppato, per una sempre più articolata e immediata lettura della Lombardia archeologica. 67 Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici della Lombardia Direttore Regionale: Carla Di Francesco Corso Magenta, 24 20123 Milano tel 02 80294256 fax 80294235 [email protected] REGIONE LOMBARDIA Direzione Generale Culture, Identità e Autonomie Via Pola,12/14 20124 Milano Direzione Generale Territorio e Urbanistica Via Sassetti,32/2 20124 Milano Direzione Generale Qualità dell'Ambiente Via Pola,12/14 20124 Milano 68 Il progetto “Conoscenza tutela e valorizzazione di aree e parchi archeologici” Marco Minoja - Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici della Lombardia Monica Abbiati - DG Culture, Identità e Autonomie della Lombardia Raffaella Poggiani Keller - Soprintendenza per i beni archeologici della Lombardia La Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia, la Soprintendenza per i beni archeologici della Lombardia e la Regione Lombardia, con il coinvolgimento di tre diverse Direzioni Generali (Culture, Identità e Autonomie della Lombardia; Territorio e Urbanistica; Qualità dell’ambiente) hanno condiviso la predisposizione e l’avvio di un progetto di conoscenza e valorizzazione delle aree e dei parchi archeologici del territorio regionale: la sottoscrizione congiunta del progetto nell’estate del 2006 ha formalmente dato avvio alla fase attuativa. Il progetto prevede la catalogazione di tutti i beni esistenti sul territorio regionale aventi le caratteristiche di area e parco archeologico, secondo le definizioni assegnate a questi luoghi della cultura dal Codice dei beni culturali e del paesaggio; l’entità del patrimonio interessato è stata preliminarmente stimata in circa 200 realtà assai diversificate per tipologia, estensione, proprietà, livello di valorizzazione; la realtà lombarda affianca infatti parchi archeologici strutturati e di importanza mondiale riconosciuta, come i Parchi delle incisioni rupestri della Valcamonica, sito inserito nella lista del patrimonio culturale dell’UNESCO, ad aree di grande sviluppo recente sul piano della valorizzazione, come alcuni parchi archeologici in aree urbane quali Brescia o Milano, ad aree ancora da valorizzare appieno distribuite su tutto il territorio regionale. Il piano di intervento prevede un approfondito approccio conoscitivo ai parchi e alle aree archeologiche regionali, attraverso la schedatura dei beni, effettuata con strumenti catalografici allineati agli standard nazionali (schede SI e MA-CA, integrate dalla scheda IRweb per la schedatura delle rocce incise), e la conseguente produzione di una banca dati che arricchirà i sistemi informativi di Ministero e Regione relativi ai beni culturali; il progetto potrà costituire, nell’ottica delle attività catalografiche sul patrimonio nazionale, un’utile applicazione di strumenti recentemente rimodellati e dotati di nuove normative, il cui utilizzo peraltro, anche nelle precedenti versioni, non è risultato ancora molto diffuso. La georeferenziazione delle aree indagate consentirà inoltre l’utilizzo dei dati rilevati come ulteriori livelli da collegare ai sistemi informativi territoriali, alimentati dai diversi enti e tra loro in stretta correlazione. Si tratta di sistemi informativi destinati a raggiungere attraverso la rete non solo l’utenza specialistica ma anche il pubblico più allargato dei navigatori di internet, costituendo pertanto un potenziale potente volano per la conoscenza turistica delle aree segnalate: in questo senso il lavoro sulle realtà archeologiche lombarde potrà giovarsi del significativo potenziamento che a livello ministeriale si sta riservando alla comunicazione on line, attraverso il progetto Portale della Cultura che, oltre ad aggiornare e potenziare i siti web delle Soprintendenze e delle Direzioni regionali, costituirà un punto privilegiato di accesso alle informazioni culturali; i dati derivati dall’analisi della realtà archeologica lombarda peraltro contribuiranno ad alimentare i consolidati canali di comunicazione on line della Regione Lombardia. All’indagine conoscitiva sulle caratteristiche dei luoghi della cultura indagati si accompagnerà un approfondito monitoraggio delle attività di valorizzazione delle aree, che verrà effettuato attraverso l’impiego di uno specifico modulo catalografico appositamente studiato e realizzato, a integrazione delle informazioni contenute nella scheda Sito; il modulo denominato “Gestione dei beni” consentirà il rilevamento di un’articolata serie di dati relativi alle strutture di gestione delle aree e dei parchi archeologici, pertinenti alla loro organizzazione, alla descrizione delle strutture del parco, delle sue attività, dei servizi proposti ai visitatori, dell’offerta culturale e didattica. Questa sezione del progetto, oltre a consentire l’archiviazione dei dati, consentirà l’analisi comparata delle differenti situazioni allo scopo di progredire, auspicabilmente anche mediante la sperimentazione su siti campione, verso la definizione di standard di funzionamento applicabili ai parchi e alle aree archeologiche analogamente a quanto effettuato per altri più tradizionali luoghi della cultura come i musei. Altra caratteristica del progetto è quella di valutare la situazio- 69 ne di tutela e valorizzazione delle aree e dei parchi archeologici in stretta correlazione con la realtà ambientale e paesaggistica in cui i beni si trovano collocati, in una ottica di tutela integrata e condivisa tra i diversi soggetti coinvolti nel progetto, dalla quale si prevedono importanti ricadute sulle strategie di governo del territorio. Molte delle realtà archeologiche lombarde sono infatti collocate all’interno di territori individuati come parchi naturali: un simile collegamento, oltre a costituire una significativa potenzialità nell’ambito della valorizzazione delle strutture archeologiche, sia sul piano organizzativo che su quello dell’offerta al pubblico, rappresenta indubbiamente un’ulteriore attrattiva per i visitatori, ai quali si offre la possibilità di godere ad un tempo delle bellezze naturalistiche e del fascino delle strutture archeologiche, in contesti a volte davvero evocativi grazie a una realtà ambientale ben preservata. 70 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Un museo di quartiere: l'Antiquarium “Alda Levi” di Milano Anna Ceresa Mori Il parco dell’anfiteatro romano e l’Antiquarium dedicato ad Alda Levi, un’archeologa che merita di essere ricordata per la sua attività pionieristica in Lombardia dal 1925 al 1938, sono stati inaugurati in via De Amicis 17 nel 2004. Il progetto, che aveva preso avvio nel 1998, nell’ambito dello stanziamento ministeriale per la valorizzazione con l’utilizzazione di una quota derivante dalle estrazioni del gioco del Lotto, e grazie alla collaborazione del Comune di Milano, è stato curato dagli architetti Gaiané Casnati e Gionata Rizzi, da LAND s.r.l. per la progettazione del verde e da Anna Ceresa Mori per l’allestimento, con il coordinamento del Soprintendente Angelo Maria Ardovino. Nel parco, uno spazio verde di proprietà comunale di 11.000 mq. nel centro della città, compreso tra le vie De Amicis, Conca del Naviglio e Arena, adiacente al complesso di S.Maria della Vittoria, sede della Soprintendenza, è valorizzata e resa fruibile una parte delle fondazioni dei muri radiali dell’anfiteatro. Un’ampia porzione del monumento si trova ancora in terreni di proprietà privata, ma è in corso l’ampliamento dell’area archeologica fino a via Conca del Naviglio, in modo da comprendere all’interno del parco tutto il perimetro delle fondazioni. Il secondo chiostro di S.Maria della Vittoria ospita le due sale dell’Antiquarium. Che utilità può avere un altro museo archeologico a Milano, in un’area in cui esiste già a poca distanza il Museo Diocesano, di recente apertura? Una parte dello spazio espositivo dell’Antiquarium è dedicata all’illustrazione del monumento, ma la novità è rappresentata dal percorso espositivo della prima sala. Viene qui presentato al pubblico un itinerario storico archeologico attraverso il quartiere in cui sorgeva l’anfiteatro, uno dei più ricchi di spessore storico e di preesistenze monumentali della città, tra cui si segnalano le basiliche di S.Lorenzo, S.Eustorgio e S.Ambrogio. Il lavoro sistematico di controllo dei cantieri edilizi di Milano, condotto dalla Soprintendenza nell’ultimo ventennio, ha modificato per molti aspetti le nostre conoscenze su Mediolanum. Si è voluto perciò cogliere l’opportunità offerta dall’istituzione dell’Antiquarium per presentare i risultati dei più significativi interventi di scavo archeologico inediti, effettuati in via Conca del Naviglio, in via Cesare Correnti e nei chiostri di Sant’Eustorgio, collegandoli a Soprintendenza per i beni archeologici della Lombardia Soprintendente: Luigi Malnati Via E. De Amicis, 11 20123 Milano tel 02 89.400555 fax 89404430 [email protected] www.soprintendenzaarcheologica.lombardia.it 71 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici L’Antiquarium dell’anfiteatro romano “Alda Levi”, annesso al parco archeologico di via De Amicis 17 a Milano, aperto dal 2004, ospita i risultati dei recenti scavi relativi al monumento, e degli scavi condotti negli ultimi vent’anni nel quartiere sudoccidentale della città, uno dei più ricchi di evidenze storiche e monumentali. Nel museo viene raccontata al pubblico la storia del quartiere dalla Protostoria al Bassomedioevo, illustrando le metodologie dell’archeologia urbana 72 quelli effettuati tra gli anni ’50 e ’60 del ‘900. Il percorso espositivo propone al pubblico un approccio all’archeologia diverso da quello offerto dalle collezioni di oggetti antichi esposte negli altri musei. La storia del quartiere sudoccidentale di Milano dalla Protostoria al Bassomedioevo viene raccontata attraverso l’esposizione di reperti di scavo, corredata da un ricco apparato didattico con sussidi multimediali. Il visitatore viene così guidato alla scoperta della vita quotidiana, dell’evoluzione degli spazi urbani nel corso del tempo, e quindi del tessuto connettivo, finora poco conosciuto, in cui si inseriscono i grandi monumenti. Nello stesso tempo viene reso consapevole della ricchezza del sottosuolo, anche di una città come Milano, spesso sottovalutata dal punto di vista archeologico, e delle metodologie di cui l’archeologia urbana si serve per poter decifrare e rendere leggibile questo enorme deposito stratificato. Oltre a permettere al pubblico di ricostruire una parte importante della storia della città, il museo offre inoltre informazioni utili per orientarsi nel quartiere e fare nuove scoperte, seguendo un itinerario spazio-temporale che collega i più importanti monumenti romani e paleocristiani della zona agli altri musei della città. Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Il lago di Garda: itinerari archeologici integrati. Dalle ville romane alle fortificazioni medievali Brunella Portulano, Elisabetta Roffia Il lago di Garda costituisce una delle aree a più alta frequentazione turistica del territorio lombardo, con una tradizione che risale ai secoli scorsi quando la bellezza del paesaggio e la dolcezza del clima quasi mediterraneo, insieme alla vicinanza a città di grande richiamo come Verona, ne facevano già una meta privilegiata per i viaggiatori d’oltralpe. Il patrimonio storico e artistico del bacino gardesano, i suoi castelli, le chiese, i musei e le aree archeologiche, se opportunamente valorizzati in circuiti che li colleghino fra loro con offerte differenziate, possono costituire attrattori fondamentali per nuove proposte di turismo culturale. Un ruolo di grande interesse è rappresentato dalle aree archeologiche, alcune da tempo aperte al pubblico, caratterizzate solo in un caso, quello delle “grotte di Catullo” di Sirmione, da un’altissima affluenza (n. visitatori nel 2005: 218.516) a fronte di presenze molto più modeste nelle altre zone. La proposta di costituire un circuito integrato fra le diverse realtà, con possibilità di istituire un biglietto cumulativo e di offrire servizi comuni o collegati fra loro, è finalizzata ad incrementare le visite dei siti con minore affluenza, promuovendone la conoscenza e la valorizzazione. Come recenti indagini hanno dimostrato, i circuiti costituiscono ormai il fenomeno emergente dell’offerta turistica culturale (dati Sistan-MiBAC, Dossier Musei 2006, a c. Direzione Studi e Ricerche Touring). Il collegamento fra le tre maggiori aree archeologiche della sponda occidentale gardesana, quella delle due ville romane di Sirmione e Desenzano e quella della Rocca di Manerba, riesce a dare un’offerta differenziata e certo non ripetitiva per le caratteristiche peculiari dei tre monumenti interessati. Le due ville, di differente datazione, costituiscono esempi di diverse tipologie architettoniche, mentre la sommità della Rocca testimonia una continuità abitativa dalla preistoria al XVI secolo. Un elemento che accomuna Sirmione e Manerba è l’inserimento dei resti archeologici in parchi naturali, in posizioni paesaggistiche di grande rilievo e fascino, su promontori a picco sul lago. Il parco archeologico in cui sono inseriti i resti della villa romana nota come “grotte di Catullo”, situato all’estremità Soprintendenza per i beni archeologici della Lombardia Soprintendente: Luigi Malnati Via E. De Amicis, 11 20123 Milano tel 02 89.400555 fax 89404430 [email protected] www.soprintendenzaarcheologica.lombardia.it 73 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici settentrionale della penisola di Sirmione, occupa una superficie di ca 7 ettari. All’interno di un fitto oliveto si conservano i resti di una grandiosa villa che, per le caratteristiche e le dimensioni (ca 2 ettari), costituisce un unicum in Italia settentrionale e ha confronti solo con edifici situati lungo le coste campano-laziali. Appartiene alla fine del I secolo a.C., ma probabilmente già nel III secolo d.C. ha subito una generale distruzione, a cui non sembrano essere seguiti interventi di risistemazione. Nel secolo successivo la zona occupata dalla villa diventa una parte del sistema di fortificazione della penisola di Sirmione, inglobata nella muratura difensiva, di cui risulta il caposaldo settentrionale. L’area è attrezzata con percorsi che consentono al pubblico, dopo la visita al Museo, di raggiungere i tre livelli su cui l’edificio è costruito, attraversando quanto resta delle sostruzioni e dei numerosi vani della villa. Il Museo, situato all’ingresso, raccoglie materiali archeologici di età romana e medievale non solo dell’edificio romano, ma anche di Sirmione e di tutta la sponda occidentale gardesana, fornendo un panorama completo della storia di questo territorio. La villa di Desenzano è oggi la più importante testimonianza nell’Italia settentrionale delle grandi villae tardoantiche. Dall’antiquarium, dove sono conservati sculture e oggetti provenienti dagli scavi della villa, il percorso di visita si articola attraverso numerosi ambienti decorati da un interessante complesso di mosaici pavimentali. L’edificio, che presenta anche spazi destinati a vani termali e aree aperte (peristilio e giardino con ninfeo), copre un’area di oltre un ettaro. La villa, costruita nel I secolo d.C., ha avuto un lungo periodo di vita, con ampliamenti e modifiche sino al IV e V secolo d.C., come documentano i vani oggi visibili. La Rocca di Manerba, con la sua conformazione di sperone roccioso proteso sulla sponda sud-occidentale del lago di Garda, ha attirato l’uomo dalla preistoria sino al XVI secolo. Le differenti condizioni geomorfologiche e pedologiche, insieme alla diversa esposizione ed acclività, hanno anche favorito la diffusione di numerose varietà di essenze mediterranee e rarità botaniche (quali splendide orchidee selvatiche) che fanno del vasto parco (ca 90 ettari) una meravigliosa oasi naturalistica con vista privilegiata sul lago e sulla Valtenesi. Partendo dal nuovo Museo Civico di prossima apertura, punto di accoglienza e di prima informazione per i visitatori all’ingresso del parco, e seguendo percorsi opportunamente segna- 74 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici lati ed attrezzati, si può raggiungere a piedi la fortificazione medievale, dalla quale il sito trae il nome e di cui sono visibili due circuiti di mura di difesa (XII-XIII sec.), il più interno dei quali racchiude la cima. Entro la cinta esterna gli scavi hanno identificato una sequenza stratigrafica che va dalla cultura di Lagozza (4000 a.C.) all’altomedievo (IX-X sec.) sino alla cappella di San Nicolò con annesso cimitero (XV sec.). Dalla sommità, scendendo verso il lago per un ripido sentiero, si arriva al “Riparo Valtenesi”, in località Sasso, dove sono state rinvenute tracce di frequentazione del periodo mesolitico. Nell’età del rame rideposizioni collettive confermano il forte significato sacro attribuito già da allora a questi luoghi. Sul versante sudoccidentale della Rocca è stata per ora solo individuata una villa romana, a cui dovette riferirsi una necropoli scavata nei pressi alla fine dell’800. Sulla vetta, in un luogo già sacro almeno dall’epoca protostorica, venne probabilmente innalzato un edificio di culto, forse dedicato a Minerva. La violenta e definitiva distruzione della fortezza ebbe luogo nel 1574, quando la Repubblica di Venezia ne decretò l’abbattimento per liberarla da pericolosi banditi che l’avevano scelta come rifugio. 75 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Soprintendenza per i beni archeologici della Lombardia Il sito UNESCO “Arte Rupestre della Valle Camonica”: dal sistema dei parchi archeologici alla valorizzazione del paesaggio culturale Raffaella Poggiani Keller La Valle Camonica, ubicata nelle Alpi centro-orientali lombarde (BS), è nota per l’estesa presenza di incisioni rupestri che ne determinò, nel 1979, il riconoscimento come patrimonio mondiale UNESCO. Questa straordinaria serie di siti con incisioni rupestri, segnalate all’inizio del Novecento, rappresenta il più ricco complesso d’arte rupestre dell’intero arco alpino europeo grazie a diversi elementi: - per la varietà e la qualità iconografica; - per la durata, dal IX/VIII millennio a.C. ca. a tutto il I millennio a.C., nella preistoria e protostoria, con riprese in età romana, medioevale fino ad età storica moderna; - per la vastissima estensione lungo i due versanti della valle, tra 300 e oltre 2000 m s.l.m., prevalentemente in territori montani, spesso boschivi e impervi, con oltre 180 siti distribuiti in 26 dei 41 Comuni della Valle. Questa situazione ha determinato negli anni vari interventi di valorizzazione che si sono concretizzati nella creazione di parchi archeologici, ben otto per la preistoria e protostoria, a partire dal 1955 quando fu fondato, primo parco archeologico italiano, il Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri a Capo di Ponte. A seguire, gli altri parchi sono: - il Parco Comunale di Luine, ora inserito nel più esteso Parco locale di interesse sovracomunale del lago Moro di Darfo Boario Terme e Angolo Terme, a valenza archeologica, paesaggistica e storica; - la Riserva Regionale delle Incisioni Rupestri di Ceto, Cimbergo e Paspardo, un esteso contesto territoriale con siti archeologici, centri storici e aree di interesse ambientale e paesaggistico; Soprintendente: Luigi Malnati Via E. De Amicis, 11 20123 Milano tel 02 89.400555 fax 89404430 [email protected] www.soprintendenzaarcheologica.lombardia.it 76 - il Parco pluritematico del “Coren de le Fate”di Sonico, parte del più esteso Parco dell’Adamello; - il Parco Comunale di Sellero (in allestimento); infine i tre nuovi Parchi, aperti nel 2005: - lo storico Parco Archeologico Nazionale dei Massi di Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Cemmo, il primo sito segnalato nel 1909 per la presenza dei due straordinari massi istoriati nel III millennio a.C. e sede di un santuario megalitico fondato nel medesimo periodo e perdurato fino ad età romana tardo antica; - il Parco Archeologico Comunale di Seradina - Bedolina a Capo di Ponte; - il Parco Archeologico di Asinino-Anvòja di Ossimo, che valorizza un sito cerimoniale calcolitico. Si tratta di un polo per la preistoria e protostoria che si integra con l’altro importante polo dell’archeologia romana, con aree e parchi archeologici collegati alla città romana Civitas Camunnorum, e che si completerà con l’allestimento (apertura prevista per il 2008), nel centro storico di Capo di Ponte, del Museo Nazionale della Preistoria della Valle Camonica. Ma nonostante il punto di forza rappresentato dai Parchi, a tutt’oggi una parte soltanto del ricco patrimonio risulta documentato e valorizzato. Pertanto, con il Piano di Gestione del sito UNESCO n. 94 “Arte Rupestre della Valle Camonica”, elaborato nel 2005 e coordinato dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia per incarico del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in collaborazione con gli Enti territoriali e locali, si è perseguito un disegno complessivo, più esteso e articolato, di valorizzazione, con un progetto che si potesse integrare in modo strategico con il sistema turistico della Valle, a sua volta in via di definizione. Si è ritenuto infatti importante offrire una visione della Valle Camonica come “Valle delle Incisioni” e anche degli uomini che le hanno prodotte nei millenni, dei loro abitati, delle necropoli, dei luoghi di culto e delle sedi delle attività economiche: un “ecomuseo”, un insieme inscindibile di storia e natura, di cultura e di tradizioni, un palinsesto territoriale di grande significato e con una sua propria identità. Particolare attenzione è pertanto riservata non solo alle espressioni d’arte rupestre ma a tutto l’ambito archeologico territoriale nei suoi vari aspetti: la trama dei percorsi storici, i contesti archeologici, i segni di devozione, di memoria o di negazione legati all’arte rupestre (edicole religiose, oratori, chiese; credenze e leggende; toponimi). Una fitta rete di percorsi storici attraversa la Valle Camonica, mette tra loro in comunicazione i numerosi siti d’arte rupestre ed i siti archeologici e per alcuni tratti segue e perpetua tratturi e piste già in uso fin dal Mesolitico antico. Essa si dirama 77 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici verso le valli laterali, segna le relazioni susseguitesi nei millenni tra i territori contigui, costituisce insomma, nel suo attuale assetto, la trama su cui si svilupparono nel tempo i sistemi insediativi, le attività, gli scambi ed i commerci. È su questa trama che il Piano di Gestione, in corso di attuazione e condiviso con gli Enti locali (Provincia di Brescia, Comunità Montana, Consorzio dei Comuni del Bacino Imbrifero Montano, Comuni di Darfo B.T., Capo di Ponte, Sellero, Sonico e Consorzio dei Comuni di Ceto, Cimbergo e Paspardo), prevede l’allestimento e la valorizzazione di nuovi siti d’arte rupestre e archeologici e la realizzazione di Percorsi tematici e multitematici (in allestimento i Percorsi di Lòa di Berzo Demo e di Dosso Poglia di Grevo), col fine di favorire la migliore “lettura” e conoscenza, nel suo sviluppo diacronico, dello straordinario “paesaggio culturale” della vallata, così da comprenderne e chiarirne gli esiti moderni e governarne in modo consapevole gli sviluppi futuri. 78 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici La Valle Camonica romana: un nuovo itinerario tra turismo e cultura Filli Rossi Soprintendenza per i beni archeologici della Lombardia Il progetto Valorizzare siti ancora poco noti, di particolare valore culturale ed ambientale, attraverso la riscoperta dei loro caratteri peculiari e lo sviluppo turistico di qualità del loro settore di riferimento: è l’idea alla base di un progetto su cui è impegnata da alcuni anni la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia. L’obiettivo è promuovere un sistema integrato che rilanci, all’interno di un piano culturale unitario, i maggiori siti archeologici di età romana della Valle Camonica. L’intervento costituisce l’oggetto centrale di un accordo di programma quadro tra il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la Regione Lombardia, formalizzato nel 2005 e ormai in corso di completamento. Il bacino culturale individuato, posto nella media Valle Camonica, è stato scelto non solo per le sue intrinseche qualità archeologiche e paesaggistiche, ma in quanto capace di evocare il territorio a cui si riferisce perchè rappresentativo della sua immagine storica e di quell’intreccio complesso di significati e valori che ne costituisce l’essenza inimitabile e quindi la vera risorsa. In questo ambito territoriale la ricchezza e la varietà di un patrimonio culturale ampio e ramificato si sommano in maniera emblematica al forte legame con il contesto, secondo il modello tipicamente italiano del “museo diffuso”. La sua valorizzazione non costituirà di conseguenza un episodio effimero ed isolato ma un intervento funzionale, insieme ad altri, a suscitare senso di identità e di appartenenza nelle popolazioni di oggi, per una globale e più ricca ricomposizione del suo contesto. Il patrimonio archeologico della Valle Camonica è in grado di raccontare la storia delle popolazioni che l’hanno abitata nel tempo con straordinaria ampiezza di temi e di testimonianze archeologiche. Nota da sempre come maggior comprensorio europeo di arte rupestre, inserito nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco, la Valle non è ugualmente conosciuta né tanto meno inserita nei circuiti turistici nazionali e internazionali per i siti archeologici di età romana, pure assai significativi per comprendere la portata del processo di romanizzazione Soprintendente: Luigi Malnati Via E. De Amicis, 11 20123 Milano tel 02 89.400555 fax 89404430 [email protected] www.soprintendenza-archeologica. lombardia.it 79 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici nell’Italia settentrionale e per descrivere una strutturazione del territorio che si presenta ancora utile base di lettura per la realtà di oggi. Due di questi siti, rispettivamente a Breno e a Cividate Camuno, vere “capitali” culturali della valle, sono i poli maggiori dell’itinerario oggetto di questo intervento: disposti entro un breve percorso lungo le rive del fiume Oglio, essi costituiscono l’asse portante di un bacino omogeneo e ben definito nelle sue caratteristiche ambientali e storico-archeologiche e trovano la loro naturale cerniera nel Museo Archeologico Nazionale della Valle Camonica, a Cividate Camuno. Le due aree archeologiche, oggetto di scavi sistematici e di restauri durati complessivamente vent’anni, sono il Parco del santuario delle acque dedicato a Minerva, sorto su un più antico luogo di culto protostorico, a Breno, ed il Parco del Teatro e dell’Anfiteatro, a Cividate Camuno, inserito in un settore significativo della città romana di Civitas Camunnorum. Entrambi i luoghi illustrano in maniera suggestiva la forza del processo attraverso il quale la cultura dei Romani si impose nel territorio, assorbendo in forme nuove, più monumentali, le tradizioni religiose e civili delle genti camune, costruendo città al posto degli antichi villaggi e santuari sugli antichi luoghi di culto all’aperto. E’ uno spaccato di storia in cui il visitatore potrà immergersi ripercorrendo un sentiero lungo il fiume che lo porterà, attraverso un ambiente naturale ancora integro e ricco di suggestioni, dal santuario di Breno e dal luogo di culto più importante degli antichi Camuni fino a Cividate, in particolare a quel settore della città romana che includeva il Foro e gli edifici da spettacolo. Il Museo Archeologico Nazionale, istituito negli anni ‘80, di cui è in corso di progettazione un intervento di radicale ristrutturazione, costituirà il luogo in cui i temi proposti dai due siti, insieme a molti altri riguardanti la romanizzazione della valle, verranno approfonditi ed illustrati attraverso l’esposizione dei materiali rinvenuti negli scavi. Il contesto geografico: estesa dal lago d’Iseo alle sorgenti del fiume Oglio, la valle è distinta in tre settori, la bassa Valcamonica, dal tratto superiore del Sebino a Breno; la media, da Breno a Edolo; l’alta, da Edolo al Passo del Tonale. Il paesaggio, che segue con caratteristiche morfologiche assai varie il percorso del fiume, è ricco di elementi di interesse naturalistico e paesaggistico. Nelle conche e sui pianori di maggiore ampiezza si collocano i centri maggiori, Capo di Ponte, 80 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Breno, Cividate, Darfo Boario, con le più rilevanti realtà di carattere commerciale e produttivo. Il contesto socioeconomico: è quello di un’economia locale tradizionalmente manifatturiero-industriale che subisce la crisi del settore siderurgico e di un sistema turistico complessivamente marginale e scarsamente competitivo, con prodotti (il turismo stagionale di alta montagna a nord ed il comprensorio termale a sud) che non sviluppano pienamente le potenzialità del patrimonio storico-culturale. Il turismo, di provenienza in gran parte locale, è costituito quasi interamente da visitatori italiani (88 % circa dell’intero flusso turistico) che si concentrano maggiormente nei mesi invernali, da dicembre a marzo, per poi riprendere con un flusso più consistente, da giugno a settembre. Il turismo scolastico si concentra soprattutto nei mesi primaverili ed autunnali. L'intervento per la creazione dell'itinerario archeologico- turistico che includerà il Parco del Santuario di Minerva a Breno (direzione scientifica Filli Rossi), il Parco del Teatro e dell'Anfiteatro a Cividate Camuno (direzione scientifica Valeria Mariotti), il Museo Archeologico Nazionale della Valle Camonica (direzione scientifica Filli Rossi) è svolto dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Direzione Regionale per i Beni Culturali ed il Paesaggio, Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia in collaborazione con: Comune di Breno, Comune di Cividate Camuno Regione Lombardia, Provincia di Brescia Comunità Montana, Consorzio Bacino Imbrifero Montano I punti di forza di questo distretto sono quindi un notevole patrimonio naturalistico, con una biodiversità che si presta all’offerta di prodotti integrati; un interessante patrimonio etnografico, legato all’estrazione e lavorazione del ferro; le evidenze storico-archeologiche relative a vari aspetti della presenza romana nella valle; inoltre la presenza delle terme, la vicinanza con il lago e con due parchi naturali, le nuove opere di viabilità di scorrimento, i flussi turistici, non particolarmente dinamici, ma che tuttavia garantiscono una presenza turistica di base nel territorio. Costituiscono invece un problema le strutture di promozione turistica insufficienti e poco collegate e l’assenza di interventi efficaci per il rilancio delle risorse culturali del luogo, di un progetto strategico capace di ricucire i diversi temi in maniera organica e coerente e attraverso un’immagine coordinata. La carenza di visibilità e di divulgazione ha finora penalizzato in particolare i siti archeologici romani della valle, la cui visita non costituisce una motivazione primaria delle escursioni, ma è in genere subordinata al turismo montano o termale. Partendo da questo quadro di fondo, il progetto di rilancio dell’itinerario turistico-culturale Breno-Cividate viene promosso anche al fine di risolvere le criticità che questo distretto presenta; le differenze tematiche che i due siti propongono costituiscono una ricchezza in più, definendo rapporti non statici e complementari tra le varie realtà del patrimonio archeologico del territorio. 81 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici L’interesse turistico che ne può derivare e che può efficacemente attrarre i viaggiatori a sostare nelle aree di mezzo della valle, finora considerate solo di transito, si potrà basare su tre risorse principali: - il tema della storia romana, rilevante per tutto il territorio. In particolare la valle può usufruire dello sforzo promozionale investito in questi anni su Brescia, che rappresenta il nodo di transito turistico maggiore dell’area. - un museo attivo, che raccoglie i reperti romani della valle e che svolge da tempo il ruolo di garante del primo canale di comunicazione e di divulgazione. - un paesaggio che si fonda su un elemento simbolico suggestivo come quello del fiume, nell’antichità vero tramite di scambio tra culture diverse. L’archeologia quindi in questo caso costituisce l’elemento unificante per la creazione di un sistema di itinerari, un percorso tra poli di turismo culturale “sostenibile”, con l’obiettivo di promuovere una domanda turistica qualificata, più attenta alla salvaguardia dell’ambiente e del patrimonio archeologico. La strategia globale di valorizzazione promuove la collaborazione con i vari interlocutori locali, gli enti pubblici, gli operatori culturali e turistici, chiamati a cooperare per entrare a far parte del processo di sviluppo del territorio e per dotare gli itinerari in questione di tutti quei servizi e infrastrutture che ne determineranno la reale fruibilità. 82 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici L'orientalizzante a Matelica Giuliano de Marinis - Mara Silvestrini Nel quadro delle ultime ricerche sull’orientalizzante nell’Italia centro-settentrionale, si inserisce ora, come prepotente protagonista, quello di Matelica, che, dopo un decennio di scavi e scoperte, si caratterizza per due aspetti essenziali: ossia la negazione dell’apparente assenza della fase più antica di questa facies, e dell’altrettanto apparente ruolo culturale provinciale, quasi passivo recettore ed imitatore di stimoli culturali esterni. Il dato sostanziale delle ricerche indica la “precocità” della facies e la diretta correlazione, in molti casi, tra abitati e necropoli. Argomento fra tutti forse più rilevante, appare la grande evidenza di rapporti culturali ad amplissimo raggio, anch’essi antichi e precoci, sia con il mondo etrusco-laziale e falisco-capenate (strettissimi sotto l’aspetto stilistico ed “ideologico” sotto forma di oggetti spesso prestigiosi, ceramici e bronzei, frutto di rielaborazioni di estrema creatività anche se nessun oggetto risulta con sicurezza importato dai territori citati, e nessuna “tappa” intermedia sembra apparire nell’attuale Umbria), sia con quello adriatico meridionale (oggetti di importazione diretta dall’ambito dauno) e settentrionale (contatti per lo più a livello iconografico peraltro molto stringente, con il mondo dell’ “arte delle situle”, anche se non mancano oggetti, come per esempio le situle “tipo Kurd”, che possono far pensare almeno ad un’ambivalenza di rapporti tra quest’ambito e quello tirrenico). In proposito, le risultanze delle analisi metallurgiche mostrano infatti una sapienza e maestria nelle lavorazioni estremamente evolute e dotate di caratteristiche tecnologiche talora assai differenti da quelle etrusche coeve alle quali sembrano ispirarsi formalmente, ma anche una non frequente disponibilità di materie prime, relativamente alle quali resta insoluto il problema delle provenienze, se dall’Etruria, -come sempre finora ipotizzato, anche per le epoche più antiche- o se invece, almeno in alternativa, dal mondo egeo-balcanico tramite l’Adriatico, e ciò, in specie, per il rame. Per lo stagno, l’abbondanza del quale risulta evidente dalle alte percentuali in lega presenti anche in manufatti nelle quali esso non sarebbe stato funzionalmente necessario (quando non addirittura teoricamente contrario alla lavorazione dei laminati, bisognosi a quel punto di lunghi processi di martellamento e ricottura), si potrebbe ipotizzare, almeno in parte, una provenienza dal Nord Europa, con un percorso per molti tratti comune a quello dell’ambra, mate- Soprintendenza per i beni archeologici delle Marche Soprintendente: Giuliano de Marinis Via Birarelli, 18 60121 Ancona tel. 071 5029811 fax 202134 [email protected] 83 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici ria non a caso straordinariamente abbondante, nelle Marche, proprio a partire dalla tarda Età del Ferro e dall’Orientalizzante. A dimostrazione del benessere dovuto alle ampie risorse agricole e silvo-pastorali della valle dell’Esino e delle aree contigue sono i corredi di due tombe, una in località Boschetto, l’altra a Passo Gabella, nel ricco corredo della quale compare un eccezionale holmos (oggetto veramente unico e senza confronti) dipinto originariamente in rosso, bianco e nero, arricchito da figure zoomorfe a tutto tondo, amovibili, inserite su perni a cornetto e molte decine di piccoli kyathoi e kantharoi originariamente appesi al bordo superiore ed un uovo di struzzo, utilizzato come corpo di una oinochoe polimaterica, figurato con scene “narrative” incise mediante una metodologia preparatoria di tipo chimico già accertata che doveva essere, già all’origine, molto tenue senza campi ribassati, riferibili ad episodi mitologici che fanno sorgere il problema, non nuovo in casi analoghi nei peraltro scarsi repertori di quest’epoca e di quest’ambito, della possibilità o meno di riferire le scene al mito greco, che, a partire dalla fine dell’VIII sec. a.C. e proprio soprattutto nel VII si diffonde in Italia ed in Etruria, seppure, forse, in versioni non ancora stabilmente codificate. Gli aspetti largamente positivi dal punto di vista scientifico di quest’ultimo decennio di ricerche sono parzialmente invalidati dalla mancanza di fondi sufficienti per completare l’elaborazione dei dati e della documentazione raccolta, e per il restauro, soprattutto, dei complessi ammontanti ormai a diverse centinaia, per i quali occorrerà uno specifico progetto su fondi non ordinari, per altro già proposto in diverse sedi sia a livello ministeriale sia a livello locale e finora solo minimamente finanziati. 84 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici La Domus di Sant’Angelo in Vado - Restauro e Musealizzazione Giuliano de Marinis - Paolo Quiri Che il Campo della Pieve, a Sant’Angelo in Vado, conservasse nel suo sottosuolo una cospicua porzione dell’abitato della città romana di Tifernum Mataurense, era cosa nota ormai da diversi anni (primi saggi per il vincolo, fortunata serie di fotografie aeree in occasione di particolari condizioni climatiche). L’occasione per estendere tali ricerche è stata offerta dai “progetti Docup – Obiettivo 2”, avvalendosi dei fondi europei amministrati dalla Regione Marche ed ha portato al rinvenimento di una domus gentilizia eretta nel I sec. d.C., impreziosita da un ricco complesso di mosaici figurati, sicuramente il più cospicuo venuto in luce nelle Marche da ormai diversi decenni, distribuiti su gran parte dei ventisette vani.* Fra i temi raffigurati (molti in raffinata policromia) spiccano: Nettuno ed Anfitrite sul carro condotto da cavalli marini; busto di Dioniso; testa della Medusa al centro di un cerchio di squame; riquadro con la caccia; sontuoso mosaico del triclinio con emblema dei pesci e quaranta medaglioni figurati, oltre ad un complesso repertorio di motivi geometrici in bianco e nero. Dall’analisi stratigrafica effettuata all’interno di ogni vano e dallo studio della ceramica e delle monete oltre che dalle caratteristiche stilistiche dei mosaici è stato possibile individuare le principali fasi del complesso archeologico. I Fase (I sec. a.C. – I sec. d.C.) primo impianto della domus con la serie principale di vani mosaicati, alcuni realizzati su precedenti pavimenti in cocciopesto. II Fase (II-III sec. d.C.) vengono effettuate delle modifiche strutturali ed in particolare le tamponature degli ingressi di tre vani più piccoli che risultano ormai in diretta comunicazione con l’atrio; l’edificio, al termine di questo periodo, viene abbandonato e completamente spogliato. III Fase (IV-V sec. d.C.) si nota un parziale riutilizzo a scopo abitativo ed è aggiunto un settore artigianale; alcuni piani di calpestio risultano rialzati e realizzati in cocciopesto. Si nota infine il completo abbandono, che ha interessato gran parte della Tifernum Mataurense romana alla fine del V sec. d.C. Nel corso dello scavo e soprattutto al termine, sono stati eseguiti via via i restauri indifferibili e quelli definitivi sia delle murature che dei pavimenti musivi in quanto, generalmente, gli strati di allettamento delle tessere, al contrario della ricchezza e raffinatezza della composizione figurata, risultano assai fret- Soprintendenza per i beni archeologici delle Marche Soprintendente: Giuliano de Marinis Via Birarelli, 18 60121 Ancona tel. 071 5029811 fax 202134 [email protected] 85 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Lo scavo archeologico è stato condotto dalla Cooperativa Archeologia di Firenze, con la direzione scientifica della Soprintendenza per i beni archeologici delle Marche 86 tolosi e sommari. La conservazione, poi, dell’intero edificio è assicurata da una capace ed efficace tettoia su struttura metallica, mentre la musealizzazione, della quale è stata realizzata l’intera parte didascalica ed un percorso provvisorio su passerelle lungo tutto il perimetro della domus, verrà definitivamente approntata sulla scorta del progetto già realizzato nei dettagli e che attende il relativo finanziamento. Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Il santuario sannitico di Pietrabbondante Tra il II secolo a.C. e gli inizi del secolo successivo i Sanniti Pentri eressero, sulle pendici di Monte Caraceno, a 1.200 metri di quota, un imponente santuario che può essere considerato uno dei più grandi complessi archeologici del Sannio. L’area si articola in due principali edifici: un tempio più piccolo, denominato convenzionalmente tempio A, ed un tempio di proporzioni monumentali, il cosiddetto tempio B, concepito in un organico progetto architettonico con il teatro. Il tempio A, portato alla luce insieme al teatro nella seconda metà dell’Ottocento, si conserva in buona parte del podio; da questa zona proviene una serie di iscrizioni in lingua sannitica che documentano l’impegno, nella costruzione del tempio, di una delle famiglie più illustri dei Pentri, gli Staii. Il complesso teatro-tempio B è concepito secondo lo schema del comitium; esso fu realizzato nello stesso luogo occupato da una struttura sacra più antica che nel III secolo a.C. era in piena fioritura, come ci dimostrano i numerosi rinvenimenti databili a quest’epoca; si tratta prevalentemente di armi ipotizzate come spoglie dei nemici offerte alla divinità. Sembra certo che il santuario più antico sia stato oggetto delle devastazioni durante la guerra annibalica. Il tempio B è un edificio poderoso, di 22 metri di larghezza e 35 di lunghezza; esso è situato alle spalle del teatro, sulle stesso asse mediano, e lo sovrasta con la sua imponenza. Riportato in luce a partire dal 1959, il tempio ha conosciuto numerosi interventi di restauro che hanno permesso non solo di ricollocare in situ i vari elementi delle parti basse, ma hanno anche permesso la ricostruzione in elevato di parte della parete laterale destra. Il podio, alto poco meno di 4 metri, presenta sulla fronte un’ampia gradinata che permette l’accesso al pronao; davanti a tale gradinata erano collocati tre altari – ne sono sopravvissuti solo due – di cui quello centrale maggiore, dedicati alle tre divinità i cui simulacri dovevano essere conservati nelle rispettive celle. Le quattro colonne scanalate che dovevano ergersi sulla fronte erano coronate da capitelli di ordine corinzio; la loro struttura scanalata era però completamente nascosta da un rivestimento ad intonaco colorato, di cui si sono rinvenuti vari resti nel corso degli scavi, che aveva probabilmente lo scopo di proteggere il calcare tenero e facilmente deperibile con cui erano realizzate le colonne stesse. Molti elementi decorativi in terracotta che rivestivano le parti Soprintendenza per i beni archeologici del Molise Soprintendente: Mario Pagano Via A. Chiarizia, 14 86100 Campobasso tel 0874 4271 fax 427352 [email protected] 87 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici lignee della trabeazione e quelle di coronamento del tetto, sono sopravvissuti; le tegole, di cui sono stati rinvenuti moltissimi esemplari, erano probabilmente fabbricate a Venafro. Il teatro di Pietrabbondante risponde a criteri progettuali chiaramente ispirati a modelli ellenistici assai presenti in Campania (basti pensare agli elementi scultorei delle figure di Atlanti ed ai braccioli conformati a zampa di grifo); si articola nei consueti due corpi principali: la cavea semicircolare riservata al pubblico, sorretta da un poderoso muro in opera poligonale, e l’edificio scenico riservato agli attori ed alla scena vera e propria. Di dimensioni non eccezionali, il teatro non era stato progettato per accogliere un pubblico particolarmente vasto, ma perché fosse funzionale alle esigenze proprie della vita religiosa che si svolgeva nel santuario e, probabilmente, anche per attività di carattere più strettamente politico. Gli interventi di scavo e di restauro nel sito di Pietrabbondante si sono protratti a lungo e continuano tuttora. Negli anni Settanta del secolo scorso si è concentrata l’attenzione in particolare sul tempio B del quale, peraltro, si è rialzata parte della parete laterale destra con gli elementi superstiti rinvenuti in stato di crollo. Un recente intervento sul teatro e sugli edifici scenici ha restituito al complesso parte della fisionomia originaria, con particolare attenzione alle parodoi. Recenti interventi di scavo nell’area adiacente al complesso teatro-tempio B aprono un nuovo fronte di ricerche: si sta evidenziando una vasta area abitativa, articolata in svariati ambienti e sistemata a terrazze. Il sito della città romana da Sepinum L’attenzione su questo sito archeologico perdura da decenni; si tratta, d’altra parte, di una zona archeologica che ha conosciuto una ripresa di vita in epoche moderne, che ha comportato la realizzazione di case rurali che si sono sovrapposte ai ruderi romani fondendosi e confondendosi con essi; questi spazi, recuperati anch’essi, sono oggi destinati a musei, laboratori, mostre. Il municipio romano di Saepinum (Sepino – Altilia) fu pianificato in epoca augustea nello stesso luogo in cui già in epoca precedente si era sviluppato un insediamento consistente lungo il tratturo che anche nella nuova sistemazione urbana continuò ad attraversare la città da parte a parte. Si seguono in tutto il loro percorso le mura urbane, con l’articolazione delle torri e 88 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici le quattro porte monumentali; leggibile pressoché nella sua interezza la cosiddetta “Porta Bojano”, con l’arco a tutto sesto, la testa di Ercole in chiave di volta, l’iscrizione dedicatoria che ricorda i principi della casa imperiale (Tiberio e Druso) quali promotori e finanziatori dell’opera, le due figure a rilievo di barbari prigionieri poste in alto lateralmente. Le serie ininterrotta di botteghe, originariamente precedute da portici, si estende lungo il decumano; nei pressi dell’ampio spazio del foro si collocano gli edifici pubblici più importanti: il macellum, la basilica, la curia e il comitium, i templi, i monumenti onorari, le fontane. Al margine della città, addossato alle mura, è l’emiciclo del teatro; fuori dalle mura, ai lati del tratturo, sono i monumenti funerari, quelli ben in vista dei personaggi più importanti: la tomba a tamburo cilindrico con coronamento merlato che ospita Caio Ennio Marso nella zona fuori “Porta Benevento” e quella a corpo parallelepipedo di Publio Numisio Ligo, situato al lato del tratturo fuori “Porta Bojano”. Relativi alla quotidianità di una cittadina di provincia, ma non esenti da influssi colti e dall’ampia circolazione di oggetti di pregio, sono i pezzi esposti nel recente Museo della Città e del Territorio allestito nelle casette rurali che ad emiciclo sovrastano la cavea del teatro romano. Testimonianze che si susseguono senza soluzione di continuità dall’epoca preistorica, con i primi rudimentali strumenti in pietra, fino alla definizione urbana del centro agli esordi dell’epoca imperiale. Sono per lo più oggetti da mensa, nella loro evoluzione dalla fine ceramica a vernice nera a forme che si caratterizzano in base alle epoche, ampolline di vetro, lucerne, manufatti in metallo, in terracotta, in piombo: condutture per l’acqua (fistulae aquariae) che riportano i nomi dei fabbricanti schiavi municipali o bolli su reperti di terracotta. E ancora: un trapezoforo in marmo con testa femminile a rilievo, elementi della decorazione del tetto delle case, monete, resti di stucchi policromi, monili di metallo pregiato, oggetti da gioco (pedine, dadi…), una minuscola bambolina in osso, persino l’occorrente per il trucco. Quando nella città la vita decadde a seguito delle crisi economiche e demografiche del tardo impero, a poco a poco gli spazi abbandonati cominciarono ad ospitare sepolture; provenienti da tombe altomedievali sono alcuni oggetti presenti nell’ultima sala del percorso museale: un fibula di bronzo con iscrizione, una croce, un morso di cavallo, ma anche ciotole e coppe in protomaiolica delle epoche successive. Gli edifici rurali offrono anche spazi per attività didattiche e mostre; sono attualmente visitabili una mostra sullo scavo del 89 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici tempio sannitico della località San Pietro, una esposizione in cui si presentano, ricostruite nei particolari, una cucina romana ed una cucina ottocentesca, infine una mostra sulle macchine da guerra romane, i cui modelli ricostruiti sono in dimensioni reali. Gli interventi di scavo ma soprattutto di restauro e di manutenzione di cui è continuamente oggetto il sito di Sepino, si protraggono ininterrottamente. Per quanto attiene allo scavo, di recente acquisizione sono i dati relativi alle fasi preromane che rivelano come in epoca sannitica nel luogo prosperasse già un vicus di una certa rilevanza, che evidentemente traeva modi di sussistenza dalle attività collegate anche alla transumanza. Cospicua è stata l’opera di scavo e di restauro del percorso murario che ora, dopo gli ultimi interventi, è possibile seguire in tutta la sua lunghezza. 90 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Libarna (Comune di Serravalle Scrivia - AL) A quasi due secoli dall’individuazione di parte delle strutture archeologiche del municipium di Libarna è ora possibile, grazie anche all’interessamento degli enti territoriali, offrire al pubblico una qualificata conoscenza del sito, che attende ancora una adeguata valorizzazione. Soprintendenza per i beni archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie L’area archeologica della città romana L’area archeologica di Libarna è situata a sud dell’abitato di Serravalle Scrivia, lungo la strada (ex S.S. 35 dei Giovi) che conduce a Genova. Posta in prossimità di una arteria stradale e di un nodo ferroviario, Libarna mantiene la sua posizione strategica oggi, come in età imperiale, quando la città si trovava lungo una delle principali direttrici di traffico, la via Postumia. Le strutture dell’area archeologica permettono di leggere l’articolazione topografica della città con particolare riferimento all’età romana imperiale, testimoniando il momento di massimo splendore del sito. L’origine del popolamento va però fatta risalire, in base ai ritrovamenti, all’età protostorica, mentre le prime testimonianze archeologiche in corrispondenza dell’area attuale di Libarna sono databili tra la metà e la fine del I secolo a.C. (Libarna 1995). Il toponimo Libarna, di origine preromana, compare in alcune fonti antiche (Plinio; Itinerarium Antonini; Tabula Peutingeriana), pur non essendo definibile con certezza la data di fondazione della città. Tra il II e il I secolo a.C. l’apertura della via Postumia (148 a.C.) e l’ottenimento dello status di civitas favorirono l’attuazione di una pianificazione urbanistica programmata, le cui tracce sono evidenti nel reticolato dell’impianto urbano, che segue l’orientamento della via consolare. Come ricordano le fonti, in età imperiale Libarna era una città ricca, densamente abitata e intensamente frequentata; i materiali archeologici testimoniano un notevole ed importante flusso economico e commerciale nel corso dei primi secoli dell’impero ed un progressivo indebolimento dei commerci a partire dal III secolo d.C. La fiorente città sembra quindi perdere importanza, parallelamente al declino della via Postumia, in età tardo-antica ed altomedievale, sino a scomparire. La riscoperta dell’antica Libarna avvenne nel corso del XIX secolo in occasione dei lavori di scavo per la costruzione della Strada Regia dei Giovi (1820-1823) ed in seguito della ferro- Soprintendente: Marina Sapelli Ragni Piazza San Giovanni, 2 10122 Torino tel 011 5213323 fax 5213145 [email protected] 91 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici via Torino - Genova (1846-1854). Le indagini archeologiche hanno in seguito riportato in luce resti di edifici pubblici e di abitazioni, grazie ai quali è stato possibile ricostruire l’assetto urbano del sito. L’attuale area archeologica rappresenta una minima parte dell’antica città, che occupava una superficie molto più estesa. Sono visibili i resti di due isolati di abitazioni, posti ai lati del decumano massimo ed incorniciati dai decumani e cardini minori. Gli isolati si suddividono in abitazioni, la cui costruzione è databile intorno alla fine del I secolo a.C. con rimaneggiamenti nei secoli successivi. Una precisa lettura delle diverse fasi costruttive non è sempre possibile; si possono comunque osservare i differenti ambienti caratteristici delle domus romane, come atrio, cubicula, tablinum, triclinio, peristili; in alcune di esse sono presenti ambienti identificati come botteghe. Di notevole interesse è la pavimentazione musiva della domus che occupa l’angolo superiore dell’isolato posto a sinistra rispetto all’ingresso dell’anfiteatro. Il mosaico, di grandi dimensioni, rappresenta il mito di Licurgo; la scena figurativa centrale è posta tra due tappeti musivi a decorazione geometrica in bianco e nero. L’anfiteatro, costruito probabilmente nel I secolo d.C., è posto ai margini dell’abitato in posizione scenografica al termine del decumano massimo. L’elevato non è purtroppo conservato, ma la monumentalità dell’edificio è ugualmente evidente dalle dimensioni dell’ellisse. Si notano le fondazioni dei corridoi d’ingresso che conducevano alle gradinate e sono visibili l’ambulacro e la sala ipogea, gli ambienti sotterranei all’arena. In base a calcoli volumetrici ottenibili dalla misura delle fondazioni, è stato ipotizzato che potesse ospitare circa 7000 spettatori. Il teatro, anch’esso databile intorno al I secolo d.C., è maggiormente conservato, pur essendo privo del portico post scaenam, obliterato dalla sede dei binari ferroviari. Sono visibili le fondazioni degli ingressi, dei corridoi di accesso, della cavea e della scena, oltre a porzioni di elevato. Secondo le ipotesi ricostruttive il teatro poteva contenere circa 3800 spettatori. I materiali archeologici provenienti da Libarna, in parte confluiti in alcune collezioni private, sono conservati presso il Museo di Antichità di Torino ed il Museo di Archeologia Ligure di Genova-Pegli. Alcuni reperti sono esposti presso l’Area Museale di Libarna, nel Palazzo Comunale, a Serravalle Scrivia. 92 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici L’area museale Già allestita (2002) all’interno della Biblioteca Comunale “Villa Caffarena”, accoglie una serie di reperti provenienti da Libarna, costituendo un’utile integrazione alla visita all’area archeologica. I reperti archeologici rappresentano un interessante esempio dell’apparato ornamentale e decorativo degli edifici pubblici e delle abitazioni private della città romana, insieme ad alcuni oggetti che documentano aspetti della cultura materiale. Nella prima parte della sala sono illustrati i reperti della collezione del canonico novese Giovanni Francesco Capurro (1810-1882), di proprietà dell’Accademia Filarmonica Artistico Letteraria di Novi Ligure, concessi in comodato d’uso al Comune di Serravalle Scrivia. Nella seconda sala sono esposti alcuni reperti di proprietà statale, concessi in deposito temporaneo dalla Soprintendenza piemontese. La Collezione Capurro è composta da una sessantina di reperti, per la maggior parte frammenti di capitelli, cornici, partiture architettoniche, modanature ornamentali e porzioni di fregi decorativi; i manufatti ceramici consistono in due anfore intere ed un’ansa recante un bollo impresso. Tra i reperti maggiormente significativi si segnala l’epigrafe dello scrivano Caius Catius Martialis (II secolo d.C.) ed elementi architettonici, come un grande blocco di trabeazione ed un capitello di parasta. Tra i numerosi frammenti di decorazione architettonica, si evidenzia per le caratteristiche qualitative di esecuzione la porzione centrale di un pinax marmoreo, ornato su di un lato da una testa di Pan e sul lato opposto da una testa di Gorgone. Nella seconda parte della sale sono esposti una fontana, decorata da motivi marini, due piccole erme ed alcuni manufatti ceramici relativi a vasellame da mensa e lucerne fittili. Il reperto maggiormente significativo è l’emblema in opus sectile, che costituiva la decorazione centrale di un ambiente pavimentato, datato al II secolo d.C. Si tratta di un reperto di considerevole importanza e di grande valore per la raffinatezza compositiva ed esecutiva e per la varietà e il pregio dei marmi impiegati. 93 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Soprintendenza per i beni archeologici e del Museo Antichità Egizie L'area Archeo-Metallurgica di Rondolere (Alta Val Sessera - Bi) (fine XVIII - inizio XIX secolo) A partire dal 2000 la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie, la Comunità Montana Valle di Mosso e il DocBi hanno promosso un programma di studio, censimento e valorizzazione del patrimonio archeominerario e archeometallurgico dell’alta val Sessera. Le campagne di indagini archeologiche condotte nel sito di Rondolere si sono concluse con il restauro conservativo e la copertura delle installazioni produttive, la collocazione nei punti di maggiore interesse di pannelli esplicativi. Nell’autunno del 2005 l’area è stata aperta al pubblico, che vi accede attraverso sentieri attrezzati e piattaforme lignee appositamente realizzate per consentire una migliore visibilità del sito. Poiché l’interesse del pubblico per la storia delle attività protoindustriali è in forte crescita, è stato promosso un ampio piano di ricerca finalizzato alla valorizzazione dei principali siti (Argentera, Pietra Bianca, Piana del Ponte) con la concreta possibilità di costruire in alta val Sessera un parco archeologico aperto al pubblico. In tale ottica sono state intraprese nell’anno in corso ulteriori attività archeologiche nel sito dell’Argentera. La presenza nel Biellese di un parco archeologico di interesse extraregionale offrirà nuove opportunità di sviluppo e crescita economica per una valle di indubbio valore naturalistico e ambientale, ma non ancora sfruttata turisticamente. Rondolere Soprintendente: Marina Sapelli Ragni Piazza San Giovanni, 2 10122 Torino tel 011 5641709 fax 5213145 [email protected] 94 La strada sterrata che parte da Bocchetto Sessera incontra, presso il ponte del Pescatore, il sentiero attrezzato che conduce all’area metallurgica di Rondolere, intitolato a Giovanni Battista Rei di Bioglio, concessionario, nel 1784, della miniera da cui si estraeva il minerale di ferro, utilizzato per la produzione della ghisa. Percorrendo questo sentiero (15 minuti), si osservano le due gore, in parte scavate e in parte costruite, che portavano a Rondolere l’acqua del Sessera, producendo la forza idraulica necessaria all’azionamento del maglio e delle macchine soffianti. La complessità delle installazioni e la scelta del sito, non soggetto a inondazioni, dove era comodo fare confluire l’acqua Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici e il minerale proveniente dalle soprastanti miniere, sono indici di una evoluta mentalità imprenditoriale protoindustriale. Il lavoro era stagionale e coinvolgeva un numero di persone abbastanza ridotto (meno di 10 operai specializzati), che abitavano probabilmente sul posto. Dal minerale al prodotto finito Tra il 1784 e il 1788 sorse a Rondolere una installazione metallurgica per il trattamento della magnetite estratta dal versante di Pietra Bianca. Un alto forno produceva ghisa, che veniva poi convertita in masselli di ferro negli edifici adiacenti, dove la compresenza di un forno di affinazione, di un doppio maglio a coda e di una forgia indica che il ciclo di lavorazione arrivava sino al prodotto finito (strumenti agricoli o altro) e comprendeva inoltre la riparazione e il riciclaggio di ferri usurati. La scelta del sito cadde su Rondolere non solo per la vicinanza delle miniere, ma anche per l’abbondanza di legname, da cui ricavare carbone di legna, ossia il combustibile necessario ai varii trattamenti termici (riduzione della magnetite, affinazione della ghisa, fucinatura e forgiatura a caldo del ferro). Decisiva fu la possibilità di convogliarvi l’acqua del Sessera per mezzo di due lunghe gore: la rotazione dell’albero a camme che sollevava i due magli e la ventilazione forzata dei forni e della forgia erano infatti ottenute sfruttando la forza idraulica. Nonostante l’ampiezza delle risorse impiegate, l’installazione metallurgica rimase attiva per meno di un trentennio, scandito da non meno di tre fasi di ammodernamenti tecnologici. Già nel 1813, un edificio per uso pastorale venne addossato alla facciata dell’alto forno, ormai inattivo. Con i suoi impianti sostanzialmente non più modificati dopo l’inizio del XIX secolo, Rondolere costituisce la rara testimonianza materiale di un completo ciclo produttivo protoindustriale. L’alto forno: dal minerale alla ghisa L’alto forno è un forno a tino in cui avviene la riduzione degli ossidi di ferro per ottenere la ghisa. Gli alti forni primitivi, come questo, erano addossati al pendio, per favorire l’accesso alla bocca, in cui si scaricavano il minerale, il combustibile (carbone di legna) e il fondente (pietrisco calcareo). A Rondolere la ventilazione forzata era data da una 95 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici macchina soffiante denominata tromba idroeolica. La piattaforma di caricamento alle spalle dell’edificio è un manufatto costruito utilizzando sabbia non strettamente locale. La sua base è percorsa da un canale di drenaggio che contorna l’alto forno. L’alto forno era già nel XVIII secolo una installazione complessa: le varie strutture e la scelta dei materiali edilizi consentivano di evitare la dispersione del calore e l’infiltrazione dell’umidità. Il maglio a coda: uso polifunzionale della forza idraulica Il maglio a coda è una macchina idraulica che, in una installazione siderurgica come quella di Rondolere, è impiegata in diversi compiti: spaccare i lingotti di ghisa destinati al forno di affinazione, tirare a caldo i blocchi informi di ferro affinato per trasformarli in masselli di forma regolare, modellare a caldo i masselli per ricavarne semilavorati o oggetti finiti. L’acqua prelevata dal Sessera al ponte del Pescatore giungeva a Rondolere percorrendo due gore ed era trattenuta in un serbatoio da uno sbarramento artificiale. Il dislivello tra il serbatoio e il maglio dava origine a una caduta d’acqua, opportunamente incanalata in una conduttura aerea in legno, che azionava una ruota idraulica a pale, della quale gli scavi archeologici hanno ritrovato il supporto in legno. La ruota a pale era collegata all’estremità di un albero a camme. Questo, ruotando, sollevava ciclicamente i due manici del maglio, che, al disimpegno delle camme, ricadevano in avanti. La mazza battente di ferro, fissata alla punta del manico, era così portata a comprimere ripetutamente il pezzo di ferro riscaldato in corso di lavorazione, tenuto con tenaglie sull’incudine alloggiata nella dama. Negli incavi alla sommità dei montanti alloggiava un sistema di leve che controllava una paratia esterna: regolando la quantità d’acqua in caduta sulla ruota, si modificavano la velocità di rotazione dell’albero e la frequenza delle battute del maglio. Il forno di affinazione: produrre ferro decarburando la ghisa Per convertire in ferro la ghisa, occorre eliminarne il carbonio in eccesso, che si è legato al ferro durante il processo di ridu- 96 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici zione nell’alto forno, e altre impurità (silicio, magnesio…). Per ottenere ciò, il lingotto di ghisa, spaccato in pezzi più piccoli con il maglio, viene nuovamente riscaldato nel forno di affinazione, dove riceve una forte corrente di aria compressa. L’ossigeno dell’aria si combina con il carbonio, formando anidride carbonica, che viene allontanata attraverso il camino del forno. Anche una parte del ferro contenuto nella ghisa si riossida e va quindi perduta, ma l’operazione permette di ottenere infine un metallo con la giusta percentuale di carbonio, che può essere modellato (fucinato) a caldo sotto il maglio, con produzione di blocchi di peso e forma variabili (masselli), che saranno successivamente trasformati in oggetti finiti. Come per l’alto forno, la ventilazione forzata è ottenuta con una macchina soffiante denominata tromba idroeolica. 97 Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna Regione Sardegna Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici della Sardegna La fruizione turistica culturale in Sardegna Sandra Violante Sulla base di uno studio condotto dal CRENOS degli Atenei di Cagliari e Sassari, è possibile delineare alcuni aspetti del turismo culturale in Sardegna, con particolare riguardo alla fruizione e al sistema di gestione del patrimonio archeologico. Le strutture museali e i siti archeologici esistenti sul territorio regionale, accessibili mediante pagamento di un biglietto d’ingresso, hanno una distribuzione geografica disomogenea con una prevalenza delle province di Cagliari e di Nuoro rispetto a quelle di Sassari e di Oristano La distribuzione territoriale dei Luoghi della Cultura, visitabili a pagamento, si sposta con sempre maggiore frequenza verso le zone interne dell’Isola non limitandosi più soltanto alle zone costiere. Si palesa infatti, con sempre maggiore evidenza, la tendenza a valorizzare le culture locali, nella ricerca delle proprie radici e nell’affermazione della propria identità. Il desiderio dei piccoli comuni di recuperare e contestualizzare manufatti e reperti di qualsiasi genere nell’ambito territoriale di provenienza, ha determinato la nascita di musei locali ed ha incrementato l’affidamento in gestione dei siti archeologici a società e cooperative appositamente costituitesi. L’analisi dei flussi presso il sistema museale ed archeologico statale mostra una preoccupante tendenza alla contrazione delle visite mentre si osserva un crescente interesse per le strutture non statali. In entrambi i casi, comunque, si registrano marcate oscillazioni in riferimento alla variabile tempo, per lo più riconducibili alla presenza o meno di particolari eventi ed alla stagionalità del flusso turistico, fortemente dipendente dalla frequentazione balneare delle coste ma, negli ultimi anni, orientato anche verso le zone interne. Del resto le risorse culturali del territorio non costituiscono ancora, di per se’, attrattiva turistica tale da divenire elemento di sviluppo locale. Direttore: Paolo Scarpellini Via dei Salinieri, 20-22 09126 Cagliari tel 070 34281 fax 3428209 [email protected] Coordinatore: Sandra Violante 98 Nell’ultimo decennio sono comunque emerse nuove tendenze. A fronte della riduzione delle risorse statali disponibili, alcuni processi di trasformazione del settore stanno introducendo soggetti privati ed istituzioni no profit nella gestione e valorizzazione dei siti e nella progettazione di interventi sulle strutture culturali; in questi processi anche gli Enti Locali stanno assumendo un ruolo emergente. La maggior parte degli investimenti pubblici e privati, però, è ancora rivolta ad interventi strutturali di conservazione e restauro; pochi fondi sono invece destinati ad iniziative per la messa in opera di servizi e di attività che possano migliorare l’offerta dei beni e la loro fruizione da parte del pubblico. In Sardegna è piuttosto consistente il processo di esternalizzazione per quanto riguarda la gestione dei siti culturali; ne sono attori principali le cooperative e le società che spesso usufruiscono di un sostegno economico da parte della Regione tramite la Legge regionale 4/2000. Ma l’aspetto gestionale, nell’Isola, mostra alcuni elementi di criticità legati in parte alle modalità, non sempre ispirate alla logica dell’impresa, e in parte alla scarsa infrastrutturazione turistica del territorio circostante, che condizionano la qualità del servizio offerto. Ne sono esempio la difficile raggiungibilità dei siti archeologici, la maggior parte dei quali è ubicata fuori dai centri abitati e non è servita da mezzi pubblici, la segnaletica spesso insufficiente ed anche gli orari a volte poco elastici. Fatta eccezione per alcuni comuni costieri, sono quasi sempre assenti strutture ricettive o di ristorazione che consentano al turista il prolungamento della sua permanenza nelle zone di visita. Il sistema dell’offerta andrebbe poi calibrato in funzione delle caratteristiche dei visitatori con un costante monitoraggio sull’utenza di riferimento. Per quanto riguarda i servizi offerti nelle aree archeologiche, questi si possono ricondurre in misura prevalente alle visite guidate, raramente in lingua straniera. Nei musei vengono proposte attività didattiche per scolaresche mentre i servizi aggiuntivi si limitano al bookshop e all’attività di merchandising; quasi assenti sono i punti ristoro e i punti vendita di prodotti tipici. A sostegno dell’attività ordinaria, vengono organizzati eventi spettacolari e di maggiore impatto visivo, come concerti e spettacoli di prosa, che, nelle strategie di marketing atte ad attrarre visitatori, stanno assumendo un ruolo sempre più importante. Bisogna inoltre tenere presente che l’inevitabile dicotomia tra le diverse esigenze dei soggetti preposti alla promozione turistica e di quelli preposti alla tutela dei beni, le une di massima valorizzazione, le altre di protezione da danni derivanti dall’inevitabile “incontro” con i turisti, si configura come ostacolo ad una adeguata operatività. Allo stato odierno dunque il turismo culturale sardo non riesce 99 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici ad attrarre flussi autonomi di visitatori. Le maggiori lacune si sostanziano nell’assenza di una logica di rete, di un dialogo con il tessuto produttivo locale e di un raccordo tra operatori pubblici e privati della costa e dell’interno. Le esperienze già maturate in altre regioni, quali l’Umbria e la Toscana, hanno dimostrato che una gestione integrata (tourist card, convenzioni con albergatori, ristoratori, società di trasporti) si è rivelata una chiave vincente per le ricadute in termini di sviluppo turistico del territorio. E quindi proprio il sistema di gestione reticolare potrebbe essere lo strumento più adatto per valorizzare il patrimonio presente nell’Isola, una rete regionale dei musei e dei siti archeologici che riunisca il territorio sotto il profilo turistico; un sistema in grado di trasformare i beni culturali in una risorsa viva, capace di produrre ricchezza senza stravolgere la natura dei beni, trasformandoli anzi in opportunità per un equilibrato e sostenibile sviluppo economico e sociale. 100 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici La necropoli di Mitza de Siddi - Ortacesus (CA) Il Progetto di valorizzazione Donatella Cocco Ortacesus è un piccolo paese ubicato nella Sardegna meridionale, nella regione della Trexenta. Alcuni vogliono far derivare il suo nome dal latino Hortus Caesaris, il giardino, l’orto di Cesare con evidente riferimento all’abbondanza della sua produzione agricola, nella fattispecie grano, in età romana. Quale che sia l’origine del suo nome è certo che in età romana l’area era ampiamente frequentata (non mancano peraltro anche attestazioni di frequentazioni in età precedenti a partire dalla preistoria), come dimostra la necropoli venuta in luce a poca distanza dal moderno abitato in località Mitza de Siddi. Individuata nel 1994 durante la realizzazione di una trincea per il posizionamento delle condutture per l’irrigazione dei campi, (la trincea scavata durante tali lavori ha arrecato qualche danno alla necropoli, ma ne ha consentito la scoperta) l’area sepolcrale è stata interessata da numerose campagne di scavo condotte con la direzione scientifica di questa Soprintendenza nella persona di chi scrive e con finanziamenti comunali e regionali, che hanno consentito l’individuazione di oltre cento tombe, una cinquantina delle quali già oggetto di indagine archeologica La maggioranza delle sepolture individuate appartengono al cosiddetto tipo “a fossa”, hanno forma rettangolare e sono scavate nel banco di roccia arenaria che costituiva l’antico piano di calpestio. Hanno una profondità media di 70 cm 1m. e contengono al loro interno, sotto un abbondante strato di terra, lo scheletro del defunto ed il suo corredo funerario. Talvolta queste fosse sono ricoperte da lastre in pietra, ma nella maggioranza dei casi sono prive di copertura e colmate semplicemente di terra. Sono presenti nella necropoli anche numerose sepolture ad incinerazione, destinate ad accogliere le ceneri del defunto cremato, riposte entro un’urna a sua volta sistemata in fossette circolari, appositamente scavate nel banco roccioso, oppure appoggiata sopra la roccia o, ancora, collocata entro le tombe a fossa. Tra le tombe ad incinerazione sono da ricordare alcuni ustrina, fosse destinate alla cremazione dei defunti, che conservavano ancora porzioni del legno combusto. Parte della necropoli è riservata alle tombe “alla cappuccina”, fosse poco profonde entro le quali veniva deposto il defunto, ricoperte di un piccolo tetto a doppio spiovente realizzato con Soprintendenza per i beni archeologici delle province di Cagliari e Oristano Soprintendente: Vincenzo Santoni Piazza Indipendenza, 7 09124 Cagliari tel 070 605181 fax 658871 [email protected] 101 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Responsabile del procedimento: Geom. Fabrizio Zedda Comune di Ortacesus Progettazione: Ing. Maurizio Contu, Arch. Pierpaolo Secci Direzione lavori: Ing. Maurizio Contu, Arch. Pierpaolo Secci Consulenza alla Progettazione: Dr. Antonio Francesco Vacca Direzione Scientifica: Dr.ssa Donatella Cocco Soprintendenza per i Beni Archeologici delle province di Cagliari e Oristano 102 grandi embrici e, a sua volta, protetto da un cumulo di pietre. I corredi funerari mostrano un lungo arco di utilizzo dell’area sepolcrale, a partire dal III sec. a.c. e fino al III sec. d.C. A dieci anni dalla scoperta, e dopo le numerose campagne di scavo archeologico l’Amministrazione comunale di Ortacesus ha manifestato l’esigenza di rendere condivisibili i risultati emersi negli anni attraverso un progetto di valorizzazione dell’intera area che rendesse visitabile la necropoli e tutelasse le tombe ed il banco roccioso che le ospita dall’inevitabile degrado. Tale opportunità si è avuta attraverso un finanziamento della R.A.S. a gravare sulla L.R. 14/96 Programma Integrato d’area NU 15 – CA 10 “Consorzio dei laghi e turismo fluviale” II atto aggiuntivo dell’accordo di programma stipulato il 10/12/1997. D’intesa con la Soprintendenza per i Beni Archeologici delle province di Cagliari e Oristano, il disegno progettuale prevede un percorso di visita alla necropoli che si snoda attraverso le sepolture scavate, soffermando l’attenzione del visitatore su quelle più significative, che sono state protette con strutture in ferro e legno, a singolo o a doppio spiovente, a seconda della dimensione e della tipologia delle tombe stesse, la cui copertura è stata realizzata in lastrine di ardesia, che trovano puntuali confronti nelle strutture protezionali presenti, ad esempio, sul Palatino a riparare gli antichi fondi di capanna. Una lastra di policarbonato posizionata sulla forma di ogni singola sepoltura proteggerà la sua ricontestualizzazione. E’ prevista infatti, per ognuna delle tombe oggetto di valorizzazione e fruizione, la ricomposizione ed il riposizionamento dell’inumato e delle copie degli oggetti che facevano parte del corredo funerario di ogni sepoltura, che racconterà, inoltre, la propria storia attraverso un pannello illustrativo posizionato nelle immediate adiacenze e realizzato in metallo, riproponendo il colore della struttura protezionale. Completano questa parte del progetto il restauro ed il disegno dei materiali relativi ai vari corredi funerari da riposizionare, lo studio dei resti scheletrici degli inumati e, in alcuni casi, degli incinerati, il restauro, il consolidamento e il riposizionamento degli stessi all’interno delle sepolture di pertinenza a cura del Dipartimento di Antropologia Sperimentale dell’Università di Cagliari . Il percorso di visita è stato realizzato con lastre regolari di arenaria, di evidente richiamo alla roccia ed ai colori locali, posizionate su malta di calce, che rende il tutto reversibile; il senso Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici di marcia è unico per permettere anche ai disabili la visione delle sepolture. E’ prevista altresì l’illuminazione della necropoli attraverso proiettori alloggiati all’interno delle strutture di copertura ed orientati ad illuminare il percorso, mentre una rete di fibre ottiche permetterà l’illuminazione di ogni singola tomba. Il percorso illustrativo risulta contornato da un prato verde che ricopre il banco di roccia fra le tombe oggetto di valorizzazione e quelle scavate che non si è ritenuto di rendere fruibili. Queste ultime sono state parzialmente coperte con tessuto non tessuto e terra sterile e, nello strato sommitale, con terra stabilizzata. Il prato, a cui si accompagnano essenze tipiche della macchia mediterranea, sarà anch’esso illuminato con proiettori con supporto a terra. Tutta la necropoli è stata recintata con un muretto a secco secondo le tecniche tipiche del territorio della Trexenta. Ritenendo che il processo di valorizzazione della necropoli non potesse prescindere da un controllo costante dell’intera area e da alcuni servizi primari al pubblico, si è proceduto al riadattamento della piccola struttura già esistente per la guardiania del sito con l’aggiunta di una parte destinata ai servizi igienici per il pubblico e di un vano destinato a biglietteria ed Ufficio informazioni, all’esterno del quale verrà posizionato il pannello illustrativo che racconterà la storia della necropoli e descriverà le linee essenziali del percorso di visita. Riscoperta delle proprie radici, dunque, e valorizzazione delle emergenze archeologiche del territorio attraverso la condivisione dei risultati delle ricerche archeologiche nel sito con l’intento di innescare quell’auspicabile meccanismo di autotutela che apra la strada ad un turismo sostenibile. 103 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Soprintendenza per i beni archeologici delle province di Sassari e Nuoro Soprintendente ad interim: Vincenzo Santoni Piazza Sant'Agostino, 2 07100 Sassari tel 079 206741 fax 232666 [email protected] 104 Museo Civico Archeologico di Alghero Daniela Rovina E’ in corso di allestimento il Museo Civico Archeologico di Alghero (Finanziamento su accordo di programma POR Sardegna 2000-2006, Misura 2.1, Ottimizzazione P.I.T. 2001 SS2 “dalla Riviera del Corallo al Logudoro Meilogu”), che sarà ospitato nei locali del settecentesco ex Carceretto, affacciato sulla piazza S. Michele nel centro storico cittadino. Al piano terra sono previsti la biglietteria, un grande ambiente per l’accoglienza, l’informazione e la didattica, un punto di ristoro e di vendita, depositi per materiale selezionato e laboratori. Il percorso di visita si articola intorno a tre temi: il primo piano è dedicato al mare, con il contesto nuragico di S. Imbenia, importante per le sue relazioni con l’oriente già dalla fine del IX secolo a.C., con i relitti romani, medievali e post medievali di Mariposa e Capo Galera, e con la nascita della città fortificata in epoca medievale. Ancora al primo piano un’altra sezione affronta il tema de “i modi dell’abitare”, dalle grotte neolitiche, ai villaggi nuragici di Flumenelongu e Palmavera, alla villa romana di S. Imbenia, con i suoi mosaici, stucchi ed intonaci dipinti, alla città medievale con il quartiere ebraico. Il secondo piano è dedicato al mondo del sacro e dei morti, dalle più antiche attestazioni della grotta Verde (neolitico antico), alle domus de janas neolitiche ed eneolitiche, con calchi delle decorazioni a rilievo e con l’esposizione di reperti dalle necropoli di Anghelu Ruju e S. Pedru, al pozzo sacro nuragico de La Purissima con il suo riuso cultuale di età romana, alle stele funerarie punico-romane di S. Imbenia, alle sepolture di età romana e altomedievale della stessa località, fino al con- Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici vento medievale di Santa Chiara ed alle sepolture coeve di piazza S. Croce, nel centro storico cittadino. Il progetto museografico, per facilitare la comprensione dei contesti e rendere più stimolante il percorso di visita, prevede l’utilizzo di ricostruzioni in scala reale, plastici, pannelli didattici e vetrine di diversa tipologia, nonché di un apparato didattico multimediale diversificato. L’apertura del Museo è prevista entro il 2007. 105 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Soprintendenza per i beni archeologici della Toscana Soprintendente: Fulvia Lo Schiavo Via della Pergola, 65 50121 Firenze tel 055 23575 fax 242213 [email protected] 106 Alto Mugello Luca Fedeli Attraversato da tre valli dirette a nord verso l’Adriatico, l’Alto Mugello - benché compreso nel territorio provinciale di Firenze - si trova oltre lo spartiacque appenninico e costituisce l’ultimo lembo rimasto della vecchia Romagna toscana che, fino al 1923, era assai più ampia e perveniva, con Castrocaro, fino alle porte di Forlì. Si tratta di un’area dialettale riportabile al cosiddetto substrato gallo-italico e rivela, nella gran parte del suo territorio, parlate di tipo romagnolo. Anche culturalmente si rivela omogenea e mostra caratteristiche architettoniche peculiari contraddistinte dall’uso di pietre stondate in edifici vasti, adatti a famiglie patriarcali, coperti da piatte lastre litiche e da tipiche, piccole finestre (a protezione dal rigido clima montano). Tale architettura, davvero caratteristica, e, insieme ad altre peculiarità (lo spopolamento della montagna, la bellezza del paesaggio, la coltivazione del marrone e il diffuso rispetto per l’ambiente), costituisce uno dei tanti elementi di interesse del comprensorio. Un altro fattore d’attenzione è costituito dalla presenza di numerosi e bei borghi abbandonati, che solo di recente si ricomincia parzialmente a ripopolare, magari a opera di cittadini stranieri oppure per agriturismo. Il comune di Marradi, oltretutto, è attraversato dalla vecchia linea ferroviaria FirenzeFaenza, che in estate è estesa fino a Ravenna, Rimini e che costituisce un vero e proprio vettore di collegamento, per i mugellani, con la riviera adriatica. Per il resto la linea serve quasi unicamente al trasporto locale e non diminuisce il caratteristico isolamento delle tre vallate parallele (del Santerno, del Senio e del Lamone) caratterizzate ciascuna da uno dei tre comuni (rispettivamente Firenzuola, Palazzuolo e Marradi) in cui si è raccolta quella parte della popolazione che, al tempo dell’abbandono della montagna (anni Cinquanta-Settanta), non ha raggiunto le città vicine, in specie Prato, Sesto e Firenze. L’isolamento dell’Alto Mugello non è scalfito neppure dal gran traffico dell’Autostrada del Sole, che lo lambisce nel territorio di Bruscoli ma che scorre via veloce senza fermarsi, né tanto meno dallo scarso traffico della Via Faentina, una direttrice di età romana che collegava in antico Florentia con Faventia. La presenza di antichi collegamenti stradali (si pensi, per esempio, ai bei lastricati tardo-antichi rinvenuti a sud e a nord del- Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici l’attuale Passo della Futa) spiegano la notevole importanza rivestita in antico dall’Alto Mugello, che rivela un’imprevista unitarietà culturale fin dal Paleolitico e una precoce etruschizzazione nell’età classica. Nell’ambito preistorico è opportuno sottolineare la presenza dei numerosi reperti attualmente conservati al Museo Archeologico comprensoriale di Palazzuolo sul Senio. In età etrusca si possono rammentare il villaggio d’altura esplorato su Poggio Castelluccio (Firenzuola) nonché il sepolcreto di Mantigno e l’insediamento del Nevale (Palazzuolo sul Senio). In età romana è opportuno ricordare quello delle Ari (ibidem) e la grande fattoria augustea di Lutirano (Marradi). Tutto il territorio è poi costellato di ruderi castellani, alcuni dei quali sono stati tutelati su richiesta di questa Soprintendenza, mentre sopravvivono importanti eremi (Gamogna, Marradi) e monasteri (Moscheta, Firenzuola; Susinana, Palazzuolo; Badia della Valle, Marradi), per lo più conservati in meravigliosi contesti paesaggistici. L’archeologia dell’Alto Mugello presenta dunque aspetti, non marginali, di particolare interesse anche perché l’amore della gente per la propria terra e la capacità, tutta romagnola, di organizzarsi e di collaborare, ha da tempo stabilito punti di raccolta e di aggregazione sia dei reperti che del pubblico interessato a conoscerli. Da più di dieci anni sono aperti sia il piccolo Museo di Bruscoli che il Museo archeologico di Palazzuolo sul Senio. Mentre il primo raccoglie i reperti del bruscolese e li assomma a interessanti manufatti della cultura contadina e della Linea Gotica, il secondo col tempo è diventato un vero e proprio Museo comprensoriale e vi sono esposti reperti di tutti e tre i territori comunali dell’Alto Mugello, dalla preistoria fino all’età moderna. 107 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Soprintendenza per i beni archeologici della Toscana Alta Valtiberina e territorio sestinate Monica Salvini L’area posta all’estremità nord-orientale della Toscana è costituita da due diverse realtà territoriali – alta Valtiberina e comprensorio sestinate – con caratteristiche paesaggistiche, ambientali e storiche proprie; tuttavia, nonostante le differenze geografiche, i due territori, contigui e a cavallo della dorsale appeninica centrale sono strettamente connessi tra loro. La regione, solcata da numerosissimi percorsi naturali e stradali, è infatti, da sempre, terra di comunicazione privilegiata tra i versanti occidentali e orientali appenninici e l’area settentrionale e centrale peninsulare. Il territorio, in entrambi i casi ricco di risorse naturali (boschi, corsi d’acqua, giacimenti minerari, solo per citarne alcuni), è stato utilizzato nel tempo, secondo le diverse necessità economiche, dall’uomo, il quale ne ha fatto un uso costante lasciando numerosi ‘segni’ riscontrati archeologicamente del proprio passaggio. A fronte delle potenzialità archeologiche della zona, da sempre abitata e sfruttata economicamente, la mancanza di consistenti processi di urbanizzazione e di grandi lavori pubblici ha permesso di far giungere a noi un territorio sostanzialmente intatto archeologicamente e ambientalmente. E’, tuttavia, a breve, prevista la realizzazione di numerose infrastrutture di interesse pubblico (due autostrade, un gasdotto, un impianto eolico lungo la cresta montana), il cui impatto complessivo, se non valutato unitariamente, rischierà di stravolgere e travolgere il territorio, privandolo di una delle sue caratteristiche principali, ovvero la naturalezza di un paesaggio solo parzialmente modificato dall’uomo. Il progetto, in corso di elaborazione e di prima realizzazione da parte della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana in collaborazione con la Provincia di Arezzo e con gli Enti locali, si propone di far conoscere e illustrare i centri abitati e il territorio con un percorso policentrico e multidirezionale, diversificando qualitativamente e cronologicamente le iniziative di valorizzazione, al fine di dare visibilità alla qualità del paesaggio dell’area. Soprintendente: Fulvia Lo Schiavo Via della Pergola, 65 50121 Firenze tel 055 23575 fax 242213 [email protected] 108 Le testimonianze archeologiche provenienti dal territorio e, oggi, esposte nell’Antiquarium di Sestino e in una piccola sezione del Museo Civico storico-artistico di Sansepolcro, sono per la massima parte conservate nei depositi statali e locali. Un censimento del patrimonio archeologico, effettuato Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici da questa Soprintendenza in collaborazione e con i finanziamenti della competente Provincia di Arezzo, permette oggi di disporre di un quadro esaustivo di quanto presente in Valtiberina, al fine di progettare un sistema che valorizzi e renda accessibili al grande pubblico le testimonianze archeologiche. Dei sette comuni che gravitano nell’area, tre in Valtiberina e uno sul versante orientale dell’Appennino disporranno, all’interno di questo sistema, della presentazione delle principali attrattive ambientali e archeologiche. Con apertura da e verso Arezzo, ad Anghiari, all’interno del Palazzo del Marzocco, in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Arezzo, si documenta l’Alto Corso del Tevere e la piana sede della famosa battaglia attraverso i mutamenti del paesaggio e seguendo lo sfruttamento del territorio dalla sua formazione ad oggi. Il percorso museale, accompagnato dallo svolgersi del corso del fiume Tevere nel tempo, mostrerà il particolare rapporto tra l’attività dell’uomo e la forza dell’acqua e sarà corredato da pochi oggetti evocatori di ciascuna epoca e da un apparato didattico-esplicativo che legherà in un percorso turistico e di conoscenza le realtà dei Musei anghiaresi e del suo territorio. Tra queste ultime, sarà richiamata la presenza della Riserva Naturale dei Monti Rognosi sul versante occidentale della Valtiberina, dove molte sono le attestazioni dello sfruttamento minerario nell’antichità. Lungo il corso del Tevere, due saranno i poli espositivi. A Sansepolcro sarà presente una esposizione della Preistoria della Valtiberina, con forte valenza didattico-illustrativa, anche in funzione della presenza del locale Gruppo Archeologico, la cui storia delle ricerche sul territorio potrà servire per illustrare i ritrovamenti, incrementati anche dagli scavi in concessione dell’Università di Siena. A Pieve S. Stefano, presso la sede del Gruppo Archeologico locale, dove si conservano materiali da epoca etrusca a quella rinascimentale, appare interessante valorizzare il nucleo di reperti ceramici rinascimentali con corsi di restauro e, in collaborazione con il locale Istituto d’Arte, con “prove di esposizione” da parte degli studenti che potranno cimentarsi con l’allestimento di un Museo. Considerata la posizione del paese sul Tevere, inoltre, potrebbero essere sviluppati alcuni temi legati al corso del Tevere (quale, ad esempio, il trasporto del legname dalla Massa Trabaria a Roma). Attraverso il paesaggio appenninico dell’Alpe della Luna e con 109 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici facile accesso dall’Adriatico, infine, a Sestino sarà rappresentata la realtà “romana” del territorio appenninico, poiché antico municipium, del quale si conservano notevoli resti architettonici, scultorei ed epigrafici. Con un accordo tra Stato e Regione, in attesa di progettazione definitiva, è prevista la realizzazione di un parco archeologico urbano (progetto CittàMuseo), che prevede un percorso storico-turistico-archeologico attraverso la città attuale, che consentirà di visitare due aree archeologiche, musealizzate all’uopo, e i due musei (l’Antiquarium Nazionale del 1937 e una sede espositiva del Comune) che raccolgono le raccolte sestinati. Su questo territorio, infine, l’estrema propaggine del territorio toscano e il primo sguardo d’insieme verso la costa adriatica si potrà godere dalla Riserva Naturale del Sasso di Simone, intorno alla quale è in corso di definizione un accordo di programma interregionale (Toscana, Marche e, nel futuro, Emilia–Romagna) e intersettoriale (Cultura e Ambiente), che si propone di salvaguardare, valorizzandole nello stesso tempo, le risorse naturali e archeologiche presenti nell’area. 110 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Itinerari archeologici nei centri storici a continuità di vita Mariarosaria Salvatore La maggior parte dei centri storici umbri, pur se straordinariamente ricchi di resti archeologici, non sono vissuti dai visitatori, ma anche dai cittadini stessi, nella loro effettiva potenzialità culturale, in quanto le fasi più antiche della dimensione urbana e preurbana sono frammentate e disperse e quasi soffocate dall’immagine preponderante della città medievale e rinascimentale. Mancano inoltre supporti didascalici e documentari che consentano ad un pubblico più allargato la comprensione dei singoli resti e soprattutto la lettura della stratificazione della città. Di contro c’è da osservare che per molti dei centri cui si fa riferimento già esiste o è in corso di studio una limitazione del traffico veicolare che, facilitando l’accesso pedonale, renderebbe possibile una migliore fruizione dei beni culturali. Da queste considerazioni è nata l’idea di predisporre progetti, concordati tra Soprintendenza per i Beni archeologici dell’Umbria e Comuni, che, partendo da infopoint generali sulla città e sui suoi monumenti, creino un luogo di conoscenza privilegiato, introduttivo alla visita della città per il turista e di forte valenza didattica per gli stessi abitanti. All’interno di questi infopoint si prevede un utilizzo diffuso di forme incisive, ma semplici, di comunicazione e divulgazione dei contenuti da presentare, che consentano di instaurare un più attivo e dialettico rapporto con il passato, affidato non solo ai tradizionali pannelli o depliants informativi, ma anche, nei limiti consentiti dal budget disponibile per la realizzazione del progetto, all’uso delle restituzioni con mezzi multimediali. Da essi potranno così partire percorsi di visita che attraversino i centri urbani, effettuando anche alcune puntate nel territorio immediatamente circostante, scelti volta per volta dall’utente sulla base delle proprie preferenze con l’ausilio della documentazione di base resa disponibile, ovvero, su richiesta, di visite guidate. Ogni punto previsto dal percorso sarà comunque dotato di una illustrazione di tipo tradizionale con pannelli esplicativi (da uno a tre a seconda delle necessità), che possano fornire un concreto supporto alla visita. La concezione di base del progetto è infatti quella di evitare la concentrazione delle informazioni in un unico punto illustrativo, che porterebbe come inevitabile conseguenza ad una visita distratta e inevitabilmente troppo rapida. L’alternanza di punti di sosta per l’approfondimento dei temi e di percorsi attraverso le strade Soprintendenza per i beni archeologici dell'Umbria Soprintendente: Mariarosaria Salvatore Piazza Partigiani, 9 06121 Perugia tel 075 5759600 fax 5728200 [email protected] 111 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici del centro storico renderà invece la visita più varia e piacevole, consentendo anche di meglio modularla in base alle propria disponibilità di tempo o di energia. Inutile sottolineare come la versatilità del sistema consenta anche di aggiungervi, in momenti diversi, informazioni relative anche al patrimonio storico-artistico e monumentale, andando ad individuare anche per esso percorsi di visita, integrabili con quelli archeologici. Il primo progetto è già operativo, dalla fine del mese di agosto, a Spello e nel giro di un mese ha registrato oltre un migliaio di visitatori. Qui il punto di partenza per gli itinerari archeologici è all’interno di Palazzo Bianconi, in prossimità di Porta Consolare, di proprietà demaniale ma gestito in convenzione con il Comune. La scelta degli itinerari e delle emergenze archeologiche da valorizzare nel primo step dei lavori è stata effettuata sulla base della reale disponibilità (restauro e sicurezza) dei monumenti e complessi archeologici oggetto di visita. Sono già in cantiere analoghe realizzazioni a Gubbio e Spoleto. 112 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Nuove proposte di Musei archeologici Mariarosaria Salvatore La mancanza di adeguati finanziamenti che in questi ultimi anni sta caratterizzando il settore dei Beni Culturali porta come naturale conseguenza grandi difficoltà di gestione delle strutture museali già esistenti e, ovviamente, determina un blocco nell’apertura di nuove strutture espositive, nonostante le pressanti richieste da parte di centri urbani, che pure ne avrebbero tutte le potenzialità. Al problema, molto sentito da parte dei comuni con ricco patrimonio archeologico, si è cercato di far fronte con due modalità diverse, che potrebbero costituire un riferimento anche per i prossimi anni. Ad Otricoli, piccolo centro ai confini con il Lazio, città di confine e punto di scambio tra Umbria e Sabina grazie alle due importantissime vie di comunicazione, la Flaminia da una parte ed il Tevere dall’altra, è stato allestito un Museo nel casale di S.Fulgenzio. Impostata su una cisterna romana, aldifuori del centro urbano, lungo la strada comunale di accesso all’area archeologica dell’antica Ocriculum, la nuova struttura espositiva costituisce, con integrazioni e rimandi al piccolo Antiquarium nel centro storico di Otricoli, il punto di raccordo per l’illustrazione della storia del centro antico, anche attraverso una puntuale analisi e contestualizzazione -ove possibiledei reperti provenienti dai monumenti visibili nella vicina area archeologica. Il Museo sarà gestito dal Comune di Otricoli, unitamente all’area archeologica ed all’Antiquarium già esistente, con modalità concordate e regolamentate da una convenzione con la Soprintendenza per i Beni archeologici dell’Umbria. Del tutto diversa la soluzione attuata ad Orvieto, dove già esiste dal 1983 il Museo Archeologico Nazionale, allocato nella loggia al piano terreno del Palazzo di Martino IV, che ai piani superiori ospita una parte delle collezioni del Museo dell’Opera del Duomo. Il Museo archeologico è compresso dalla ristrettezza degli spazi, assolutamente insufficienti per esporre la grandissima quantità di materiali venuti alla luce nel corso degli scavi otto e novecenteschi e, pur essendo al momento al vaglio alcune ipotesi di trasferimento del Museo in altra sede, si è deciso per il momento di modificare l’assetto espositivo con la sostituzione di una buona parte dei reperti esposti. La rotazione tra materiali esposti e materiali custoditi in deposito sembra infatti al momento l’unica possibile soluzio- Soprintendenza per i beni archeologici dell'Umbria Soprintendente: Mariarosaria Salvatore Piazza Partigiani, 9 06121 Perugia tel 075 5759600 fax 5728200 [email protected] 113 Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici ne per accrescere l’offerta espositiva, in particolare nel caso dei Musei archeologici, i cui magazzini si arricchiscono continuamente di nuovi reperti provenienti dagli scavi. Nel caso di Orvieto, inoltre, c’era l’ esigenza di creare, a livello di fruizione, un rapporto sempre più stretto tra il Museo e le aree archeologiche presenti nel territorio circostante, ed una integrazione con le collezioni dei vicini Museo civico e Museo“Claudio Faina”, nei quali sono presentati corredi e materiali provenienti dalle stesse necropoli orvietane. Per il riallestimento del Museo è nata così l’idea di realizzare un percorso museale di più ampio respiro, che potesse illustrare la storia della città di Orvieto dal periodo della prima occupazione, in periodo protostorico, fino all’arrivo dei Romani, che nel 264 a.C. la distrussero, inducendo il forzato trasferimento degli abitanti in altra sede. 114 Il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale Ugo Zottin Nel 1969 l’Arma dei Carabinieri istituì in Roma presso il Ministero della Pubblica Istruzione quello che oggi è il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, precedendo in tal modo di un anno la Convenzione Unesco di Parigi del 1970, con la quale s’invitavano gli Stati Membri ad adottare le opportune misure per impedire l’acquisizione di beni illecitamente esportati e favorire il recupero di quelli trafugati, nonché di predisporre uno specifico servizio a ciò finalizzato. Su direttiva del Ministro per i Beni e le Attività Culturali, dal quale dipende funzionalmente, il Comando svolge compiti concernenti la sicurezza e la salvaguardia del patrimonio culturale nazionale, attraverso la prevenzione e la repressione di ogni attività delittuosa rivolta in tale ambito. Il Comando è composto da circa 300 militari che hanno una preparazione specializzata acquisita attraverso la frequenza di appositi corsi in “Tutela del Patrimonio Culturale”, organizzati dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. L’attuale articolazione prevede un Ufficio Comando, che coordina le sezioni “Operazioni”, “Elaborazione Dati” e “Segreteria e Personale” e “Servizi”; un Reparto Operativo per le indagini di polizia giudiziaria a sua volta suddiviso nelle sezioni Antiquariato, Archeologia, Falsificazione e Arte Contemporanea; 12 nuclei territoriali ubicati a Bari, Bologna, Cosenza, Firenze, Genova, Monza, Napoli, Palermo, Sassari, Torino, Venezia ed Ancona, alle dipendenze del Vicecomandante. L’ultimo di questi Nuclei, quello con competenza territoriale sulle Marche, è stato istituito recentemente, nel giugno scorso. Per affinare ulteriormente la professionalità dei militari anche in campo internazionale e favorire la collaborazione tra operatori che trattano la medesima materia, il Comando organizza direttamente e partecipa con frequenza a convegni specializzati unitamente a qualificati esponenti di Polizie straniere. Infatti, proprio la riconosciuta esperienza acquisita nel settore e i significativi successi operativi conseguiti hanno fatto si che varie Forze di Polizia straniere richiedano di organizzare specifici seminari addestrativi e di affinamento. In particolare i seminari sono stati tenuti a favore di componenti delle Forze di Polizia di Ungheria, Palestina, Messico, Guatemala, Cuba, Cipro, Argentina e Perù. CCTPC Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale Comandante: Gen. Ugo Zottin Piazza Sant'Ignazio, 152 00185 Roma Tel. 06 6920301 Fax 06 69203069 [email protected] www.carabinieri.it 115 I militari del Comando T.P.C. si sono altresì distinti nell’ambito delle missioni internazionali in Kosovo ed in Iraq dove, spesso in difficili contesti ambientali, hanno collaborato per il censimento e la tutela delle vestigia culturali minacciate dagli eventi bellici. In Iraq, in particolare, i Carabinieri hanno collaborato con archeologi e tecnici del Museo Nazionale di Baghdad nella raccolta delle informazioni foto-descrittive di oltre 3000 beni saccheggiati durante le concitate fasi belliche dell’aprile 2003 e, attraverso l’Interpol, ne hanno dato diffusione all’Unesco. Nell’ambito della missione di pace “Antica Babilonia”, con la collaborazione delle autorità locali, i Carabinieri distaccati in zona Nassiriya hanno censito e documentato 621 aree archeologiche a rischio, recuperato 1636 reperti provento di saccheggi, ed arrestato 53 responsabili di scavi clandestini. Inoltre l’UNESCO, in considerazione della riconosciuta esperienza e professionalità del Comando, ha chiesto di organizzare uno specifico corso di formazione finalizzato alla formazione di circa 50 componenti della Forza di Polizia irachena deputata alla protezione dei siti archeologici, tenutosi nel 2004 ad Amman, in Giordania. Per qualificare la propria attività operativa, fin dagli anni ‘80 il Comando si è dotato di un potente strumento di ausilio alle indagini di polizia giudiziaria nello specifico settore, predisponendo la Banca Dati dei beni culturali illecitamente sottratti, contenente oggetti d’arte da ricercare sia di provenienza italiana che estera ed informazioni circa gli eventi delittuosi collegati. Aggiornata quotidianamente dal personale della Sezione Elaborazione Dati, il sistema contiene oltre due milioni e cinquecentomila records, con oltre duecentottantamila immagini digitalizzate, costituendo un database di assoluto riferimento a livello internazionale. Lo sviluppo dell’attività investigativa, l’abbattimento delle barriere doganali nell’ambito dell’Unione Europea, nonché una sempre maggiore facilità di trasferire nei cinque continenti persone e merci, ha consigliato ormai da qualche anno il Comando di utilizzare le eccezionali potenzialità offerte dalla rete Internet per diffondere in qualsiasi parte del mondo le informazioni relative ai beni culturali sottratti. Il Comando ha curato la pubblicazione del bollettino “Arte in Ostaggio” contenente le riproduzioni fotografiche dei più importanti beni da ricercare, corredate dei dati necessari per l’individuazione. Distribuito gratuitamente in Italia ed all’estero, con la venticinquesima edizione ne è terminata la stampa, poi- 116 ché, a vantaggio di un più rapido e tempestivo aggiornamento, le medesime informazioni sono facilmente consultabili nelle pagine web del sito Internet dell’Arma (www.carabinieri.it). Qui infatti è ora presente un ben strutturato motore di ricerca attraverso il quale possono essere consultati oltre 7.700 beni culturali di valenza artistica tra beni archeologici, dipinti, sculture, oggetti chiesastici, beni librari, tratti dalla Banca Dati del Comando. Peraltro nello stesso database i cittadini possono accedere ad un cospicuo elenco di immagini e di descrizioni di beni archeologici saccheggiati durante i due conflitti bellici avvenuti negli ultimi anni in IRAQ. Per facilitare la consultazione di tali informazioni e favorire il recupero dei beni culturali da ricercare, il data-base e le pagine web del Comando sono in corso di duplicazione in lingua inglese, nonché è in atto una loro ulteriore implementazione per offrire al cittadino la possibilità di consultare un sempre maggior numero di opere d’arte. Nell’apposita sezione tematica del sito (Beni d’interesse culturale) è possibile inoltre scaricare un modulo “Documento dell’opera d’arte - Object ID” (vedasi foto) che peraltro può essere richiesto presso qualsiasi comando dell’Arma. Compilando questa “scheda preventiva”, ciascuno può costituirsi un archivio fotografico e descrittivo dei propri beni d’arte, determinante in caso di furto. Un’opera rubata, infatti, se fotografata ed adeguatamente descritta, può essere recuperata più facilmente. All’interno di tale sezione, peraltro, i cittadini possono trovare validi consigli e suggerimenti di carattere generale, che derivano soprattutto dall’esperienza maturata dal Comando nel particolare settore, per conoscere meglio i diritti e prevenire spiacevoli situazioni. Per evitare di incorrere nell’acquisto di un bene d’arte trafugato, ovvero di conoscere l’eventuale illecita provenienza di uno già posseduto, il cittadino può richiedere al Comando o ai Nuclei dislocati sul territorio, un controllo presso la Banca Dati dei beni culturali illecitamente sottratti. In caso di riscontro negativo il Comando rilascerà un’attestazione in cui è indicato che il bene controllato non risulta segnalato tra le opere da ricercare presenti in Banca Dati. Un eventuale esito positivo dell’accertamento darà luogo ai dovuti riscontri di polizia giudiziaria. 117 Esempio di modello “Documento dell'opera d'arte 118 Competenze territoriali Reparto Indirizzo Telefono/Fax e-mail Comando CC TPC Roma Roma, Piazza di Sant'Ignazio, 152 Tel.06.6920301 Fax.06.69203069 [email protected] Reparto Operativo CC TPC Roma Roma, Via Anicia, 24 Tel.06.585631 Fax.06.58563200 [email protected] Lazio Abruzzo Nucleo CC TPC Torino Torino, Via XX Settembre, 88 Tel.011.5215636 Fax.011.5170000 [email protected] Piemonte Valle D'Aosta Nucleo CC TPC Monza Monza, Via Brianza, 2 Tel.039.2303997 Fax.039.2304606 [email protected] Lombardia Nucleo CC TPC Venezia Venezia, P.zza S. Marco, 63 Tel.041.5222054 Fax.041.5222475 [email protected] Veneto Trentino A.A. F.V.Giulia Nucleo CC TPC Genova Genova, Via S. Chiara, 8 Tel.010.5955488 Fax.010.5954841 [email protected] Liguria Nucleo CC TPC Bologna Bologna, Via Castiglione, 7 Tel.051.261385 Fax.051.230961 [email protected] Emilia Romagna Nucleo CC TPC Ancona Ancona, Via Pio II - Pal. Bonarelli Tel.071/201322 Fax.071/2076959 in fase di predisposizione Marche Nucleo CC TPC Firenze Firenze, Via Romana, 37/a Tel.055.295330 Fax.055.295359 [email protected] Toscana Umbria Nucleo CC TPC Napoli Napoli, Via Tito Angelici, 20 Tel.081.5568291 Fax.081.5784274 [email protected] Campania Nucleo CC TPC Bari Bari, P.zza Federico II, 2 Tel.080.5213038 Fax.080.5218244 [email protected] Puglia Molise Basilicata Nucleo CC TPC Cosenza Cosenza, Via Colletriglio, 4 Tel.0984.795548 Fax.0984.784161 [email protected] Calabria Nucleo CC TPC Palermo Palermo, C.so Calatafimi, 213 Tel.091.422825 Fax.091.422452 [email protected] Sicilia Nucleo CC TPC Sassari Sassari, Str. Prov.le La Crucca, 3 Tel.079.3961005 Fax.079.395654 [email protected] Sardegna 119 Call Center Call Center 800 99 11 99 Marco Bordi Nell’ambito delle competenze del Ministero per i Beni e le Attività Culturali si colloca il servizio di call center atto a migliorare l’accesso alla fruizione del patrimonio culturale nazionale da parte dei cittadini italiani e stranieri nonché dei turisti in visita nel nostro Paese, per fornire informazioni (in lingua italiana, inglese e spagnola) inerenti le attività di pertinenza del Ministero, su musei, mostre temporanee, archivi, biblioteche attraverso il numero verde 800 99 11 99. Il Servizio è interamente affidato alla Società Omnia Network S.p.a., che gestisce le chiamate tramite il numero verde attivo tutti i giorni, compreso i festivi, dalle 9 alle 19. L’operatore di front office, mediante la consultazione di Banche Dati ed un costante collegamento al sito Internet del Ministero, è in grado di fornire tutte le informazioni richieste, ivi comprese quelle relative alla struttura organizzativa del Ministero ed alle competenze istituzionali dello stesso. Referente del Servizio: Marco Bordi Via Breda, 176 20126 Milano tel. 02.37021111 fax 37021284 [email protected] 120 L’operatore ha a disposizione anche un banca dati integrata curata dal personale di back office di Omnia Network contenente le informazioni relative a manifestazioni, beni, musei, eventi di pertinenza non statale (comunali, privati, etc.). Nello specifico, il front office svolge: – un servizio di ricezione reclami da parte del Cittadino e di segnalazione all’Amministrazione; – un servizio di supporto all’Ufficio Relazione con il Pubblico (URP); – un servizio di supporto al Servizio II Comunicazione, promozione e Marketing della direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e la promozione. – un servizio di segnalazioni al Comando dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale; L’attività di back office consiste in: – attività di verifica e segnalazioni delle necessità di aggiornamento dei dati presenti sul sito del Ministero dei Beni culturali; – acquisizione di informazioni sulle iniziative culturali in essere su tutto il territorio nazionale con partecipazione diretta o indiretta del Ministero; – acquisizione di informazioni al servizio del cittadino sui principali siti non statali mediante la creazione di un Data Base interno a favore del Front office; – diffusione di informazioni mirate nei confronti di soggetti terzi quali scuole, università, organismi culturali secondo valutazioni di opportunità da parte del Ministero. Tali informazioni sono fornite sul numero complessivo di 10.000 contatti annui. A fronte delle suddette attività, vengono prodotti periodicamente report statistici quantitativi e qualitativi, che consentono una continua analisi e monitoraggio dei servizi resi. 121 ARCUS S.p.A L'attività progettuale Carolina Botti Oggetto dell’attività aziendale sono la promozione e il sostegno finanziario, tecnico-economico e organizzativo di progetti e di altre iniziative di investimento per la realizzazione di interventi di restauro e di recupero di beni culturali, e di altri interventi a favore delle attività culturali e dello spettacolo. E’ espressamente previsto che l’attività aziendale sia condotta nel rispetto delle funzioni costituzionali delle Regioni e degli enti locali, alla luce del nuovo Titolo V della Costituzione. L’impegno di Arcus è teso quindi, da un lato a concentrarsi sull’attuazione dei programmi degli interventi indicati dai Ministri di riferimento, dall’altro a potenziare sempre più il proprio ruolo di riferimento per le Istituzioni, le Autonomie e gli attori del mercato su alcune aree di intervento strategiche. Arcus ha il compito di svolgere un’attività propulsiva di promozione e sostegno di grandi iniziative, sviluppando progetti ambiziosi, creando competenze, diffondendo best practice, sostenendo iniziative innovative e meritorie. La concessione di finanziamenti si pone come una attività strumentale rispetto al conseguimento degli obiettivi d’ultima istanza. Arcus esercita, in questo quadro, un ruolo forte e innovativo, coniugando felicemente la valorizzazione culturale e quella economica e associando tutte le progettualità e le risorse necessarie per promuovere il progresso sociale ed economico delle aree e dei soggetti destinatari degli interventi, in collaborazione anche con le relative Autonomie territoriali. Stato di avanzamento progetti strategici Società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo Direttore Generale: Ettore Pietrabissa Via Barberini, 86 00187 Roma tel 06 42089 fax 42089227 www.arcusonline.org [email protected] 122 Arcus ha individuato, sostenuto e finanziato tutti progetti ad alto contenuto artistico, culturale e socio-economico. Tuttavia, una menzione specifica meritano alcune iniziative che per loro natura rappresentano con maggiore efficacia la missione evolutiva di Arcus, il suo posizionamento strategico ed il suo sviluppo organizzativo. Tali progetti sono: - il Progetto inteso a migliorare le possibilità di accesso ai siti culturali da parte dei disabili; - il Progetto per la definizione e la costruzione dei Bacini Culturali; - il Progetto per creare un mercato del Merchandising artistico di qualità secondo adeguati criteri di trasparenza e competitività; - il Progetto tecnologico – caratterizzato da forti elementi di innovatività – denominato Galileo-Cuspis, per l’utilizzo della tecnologia satellitare a beneficio del mondo dei beni culturali; il Programma sperimentale per la definizione e la progettazione di interventi volti allo sviluppo delle aree sottoutilizzate, basati sulla tutela e la valorizzazione di risorse culturali, con caratteristiche di eccellenza – in termini di qualità e di efficacia - rispetto all’obiettivo di promuovere innovazioni positive sul territorio di riferimento” a seguito della stipula di una convenzione tra il Ministero dell’economia e delle finanze ed il Ministero per i beni e le attività culturale ed Arcus, che assegna a quest’ultima la conduzione del progetto secondo linee da individuare di comune accordo con il MEF ed il MIBAC. Per ognuno dei predetti progetti si è avviata un’attività complessa, tesa a costruire l’intervento di Arcus a favore del progetto stesso, sfruttando in modo creativo la particolare missione della Società. L’attuazione dei quattro Progetti ha visto e vedrà di volta in volta Arcus muoversi sul territorio, aggregando e affiancando tutti i possibili stakeholders locali portatori di idee innovative e dovrà a sua volta generare modalità di sostegno capaci di fornire un autentico valore aggiunto. In tal modo, Arcus nel tempo dovrà proporsi nel tempo come l’interlocutore di riferimento per le iniziative nascenti in modo autonomo nel nostro Paese, fornendo ad esse un reale sostegno metodologico, una sponda di discussione e di ricerca, un inquadramento nel più vasto complesso delle iniziative culturali nazionali. 123 Fassa Bortolo Cultura senza confini Nel corso della sua lunga storia, iniziata nel 1710, la Fassa Bortolo ha saputo rinnovarsi di generazione in generazione crescendo al passo di un mercato in continua evoluzione e raggiungendo i più elevati standard di qualità, tecnologia e rispetto per l’ambiente. Oggi Fassa è un punto di riferimento fondamentale per gli operatori dell’edilizia – progettisti, rivenditori e applicatori – con una gamma prodotti completa che va dalle malte per muratura agli intonaci premiscelati, dalle pitture ai rivestimenti colorati, dai massetti ai prodotti per la posa di pavimenti e rivestimenti, fino alle soluzioni per risanamento, ripristino del calcestruzzo e isolamento termico, oltre a una linea certificata di prodotti bio-ecologici per costruire e ristrutturare secondo i canoni della più moderna bioarchitettura. Ogni prodotto è il risultato di investimenti continui in ricerca e sviluppo, test accurati e sperimentazioni rigorose sia nei laboratori del modernissimo Centro Ricerche Fassa sia in applicazioni pratiche che garantiscono la soluzione migliore per chi opera quotidianamente in cantiere. Qualità, tecnologia, servizio. Ma ancora non basta, perché il valore Fassa è anche cultura. Ovvero confronto, apertura, innovazione. Rientrano in questo ambito, per esempio, le diverse iniziative dedicate ai progettisti (come il Premio Internazionale Architettura Sostenibile), la collaborazione con il mondo accademico e scientifico per l’individuazione di soluzioni innovative nell’edilizia, ma anche l’impegno diretto nel mondo del restauro e del recupero di opere storiche. In particolare, attualmente, la Fassa Bortolo sta collaborando al restauro degli affreschi del Palazzo dei Trecento, a Treviso, e al recupero delle pitture murali di Via dell’Abbondanza a Pompei. Un’attività a 360 gradi, che si esplica in interventi concreti in tutti i settori, per dare un contributo importante all’evoluzione dell’edilizia. Via Lazzaris, 3 31027 Spresiano (TV) tel. 0422 7222 fax 887509 www.fassabortolo.com [email protected] 124 Nuove modalità di comunicazione Reply La veloce evoluzione dei mezzi di comunicazione unita all’affermarsi di una economia digitale hanno imposto nuove modalità di comunicazione, interazione e lavoro, fondate sulla capacità di scambiare dati ed informazioni in tempo reale con tutti gli attori coinvolti nella catena del valore. Reply mette al servizio della Pubblica Amministrazione le proprie competenze sulle nuove tecnologie integrando sistemi multimediali ed interattivi, progettando piattaforme applicative composte con “servizi configurabili” e abilitando tecnologie di comunicazione sempre più complesse e differenziate. Tra le più recenti attività sviluppate da da Reply in tali ambiti vi sono il progetto Leonardo per il Comando Carabinieri Tutela del Patrimonio Culturale e l’attuale sviluppo del nuovo portale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Il Progetto Leonardo ha visto Reply lavorare con il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, in un processo di adeguamento tecnologico e potenziamento del sistema informatico attualmente in uso presso il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale (CCTPC), per supportare i processi di investigazione e di pianificazione degli interventi a salvaguardia delle opere d’arte. Il risultato è la realizzazione di un nuovo sistema informativo, “Leonardo”, che introduce nuove tecnologie emergenti per consentire di interagire con la banca dati in tempo reale attraverso apparecchiature di ultima generazione ed eseguire ricerche ed analisi su tutto il patrimonio informativo raccolto in oltre venti anni di attività. La nuova piattaforma alla base del Progetto Leonardo è dotata di una interfaccia multilingue e rende accessibili funzionalità avanzate quali la gestione documentale, la ricerca e l’analisi di tipo geografico e l’integrazione con un prodotto leader di mercato per l’analisi di tipo investigativo. Grazie al nuovo sistema informativo il personale dell’Arma, operativo sul territorio, può interagire con la banca dati in tempo reale attraverso una applicazione wireless e apparecchiature di ultima generazione, come palmari e personal computer portatili. Ciò consente, ad esempio durante una operazione di controllo, di avere a disposizione direttamente sul posto tutte le informazioni utili all’attività operativa, richiedendo eventualmente al sistema di verificare la lecita provenienza dell’opera d’arte a partire da una foto, scattata sul momento con apparecchiature digitali. Corso Francia, 110 10143 Torino 125 Inoltre, dal luogo dell’intervento, l’operatore del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale può compilare un verbale su supporto elettronico e inviarlo al sistema centrale per successive operazioni di verifi ca e analisi investigativa. A livello centrale, ogni informazione inviata dal luogo dell’intervento da parte dei Carabinieri, o proveniente da segnalazioni di altre Forze di Polizia, è sotto il controllo della Sezione Elaborazione Dati del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale. Qui personale altamente specializzato, utilizzando un complesso software di classificazione (basato su un database iconografico), cura l’inserimento di ogni caratteristica peculiare del bene artistico di interesse, come ad esempio la sua tipologia (dipinto, scultura, libro antico, ecc...), il soggetto raffigurato, gli autori, i materiali e la tecnica di esecuzione. Tali informazioni vengono ulteriormente arricchite attraverso la consultazione di banche dati esterne, integrate nel sistema. Il punto di forza del nuovo sistema si esprime nelle evolute capacità di ricerca, in grado non soltanto di verificare e ritrovare termini lessicali utilizzati per la descrizione dell’opera, ma anche di confrontare “immagini” o porzioni di immagini sulla base delle sue caratteristiche grafi che, nonché di utilizzare come chiavi di ricerca “concetti” contenuti nel contesto da ricercare. Il Portale Cultura Italia, principale punto di riferimento per la comunicazione sul canale Internet in ambito di Beni Culturali, vede Reply impegnata come il partner scelto dell’Amministrazione con la responsabilità tecnica e grafica della soluzione. Il portale, online a partire dall’inizio del 2007, renderà disponibili contenuti informativi ricercabili sia per area geografica sia per tematica: archeologia, architettura e monumenti, arti visive, design, cinema e multimedia, musica, spettacoli, tradizioni e folclore, cultura e scienze umane, cultura scientifica, formazione e ricerca, biblioteche, letteratura, archivi, mostre e musei. Tramite questo nuovo punto di contatto il Ministero per i Beni e le Attività Culturali renderà disponibile, ai cittadini, un gran numero di servizi tra cui: accesso all’indice delle risorse in ambito dei Beni Culturali, forum tematici, newsletter, piattaforma di e-commerce, indice dei monumenti. Il portale, grazie alla ricchezza di informazioni contenute e alla facilità di navigazione svolgerà inoltre un importante ruolo per la promozione turistica di località di interesse culturale grazie alla possibilità di costruire “viste digitali” di percorsi ed itinerari personalizzati. 126 DIPARTIMENTO PER LA RICERCA, L’INNOVAZIONE E L’ORGANIZZAZIONE Capo Dipartimento: Giuseppe Proietti Dirigente Generale: Elio Garzillo Servizio I Affari generali, tematiche trasversali, coordinamento, gestione delle risorse umane Dirigente: Raffaele Sassaro Servizio II Intese istituzionali e rapporti con il Comitato Interministeriale per la programmazione economica Dirigente: Maria Grazia Bellisario Servizio III Ufficio Studi Dirigente: Velia Rizza Servizio IV Ispettorato Dirigente: Rosa Aronica Direzione per gli affari generali, il Bilancio, le Risorse Umane e la Formazione Direttore Generale: Alfredo Giacomazzi Servizio I Affari generali, bilancio e programmazione Dirigente: Maria Assunta Lorrai Servizio II Risorse umane: concorsi, assunzioni, movimenti, mobilità, formazione e aggiornamento professionale del personale; relazioni sindacali e contrattazione collettiva Dirigente: Mauro Cotone Servizio III Stato giuridico ed economico del personale, cessazioni e trattamento pensionistico Dirigente: Carlo Luzi Servizio IV Ufficio del contenzioso e dei procedimenti disciplinari Dirigente: Maria Roberti Direzione generale per l’innovazione Tecnologica e la Promozione Direttore Generale: Antonia Pasqua Recchia Servizio I Affari Generali, statistica, sistemi informativi e nuove tecnologie Dirigente: Annarita Orsini Servizio II Comunicazione, promozione e marketing Dirigente: Paola Francesca Zuffo 127 Il patrimonio culturale italiano, senza uguali al mondo, è costituito da beni archeologici, architettonici, archivistici, artistici e storici, librari e paesaggistici, nonché dalla componente “intangibile” delle attività culturali nel campo del cinema, del teatro, dello sport e delle tradizioni popolari. Il MiBAC ha il compito di amministrarlo, salvaguardarlo, valorizzarlo e promuoverne la conoscenza. La riforma organizzativa del 2004, con l'istituzione del Dipartimento per la Ricerca, l'Innovazione e l’Organizzazione (R.I.O.), ha rafforzato il ruolo tecnico-scientifico di un’area trasversale che funge sia da “servente” sul piano amministrativo-gestionale alle aree settoriali sia da centro di sviluppo di attività di ricerca, di coordinamento e indirizzo su tematiche di carattere generale e specifico come la conoscenza, il restauro, l'alta formazione, nonché di raccordo tra l’amministrazione centrale e quella periferica e di rapporto con organismi scientifici e di ricerca nazionali ed internazionali. In questo contesto il ricorso all’impiego delle nuove tecnologie e conseguenti innovazioni è da ritenersi una irrinunciabile opportunità a sostegno della diffusione della cultura in generale, della divulgazione, della ricerca, della didattica in particolare. La Direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione, che insieme alla Direzione Generale per gli Affari Generali, il Bilancio, le Risorse Umane e la Formazione struttura il Dipartimento R.I.O., sta realizzando importanti progetti per rendere disponibile, digitalizzando le informazioni, il maggior numero di archivi e di banche dati, per supportare e integrare le modalità di accesso e fruizione culturale, migliorare i processi di comunicazione e promozione interni ed esterni all'amministrazione. Afferiscono al Dipartimento R.I.O. i più importanti organi di ricerca ed alta formazione del MiBAC, gli Istituti Centrali che storicamente hanno rappresentato le eccellenze in questi settori: Istituto Centrale per il Restauro (ICR), Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD), Istituto Centrale per la Patologia del Libro (ICPL), Opificio delle Pietre Dure (OPD), Centro di Fotoriproduzione, Legatoria e Restauro degli Archivi di Stato (CFLR). Via del Collegio Romano, 27 00186 Roma www.beniculturali.it Numero verde 800 99 11 99 URP - Ufficio Relazioni con il Pubblico Tel. 06.6723.2980-2990 - Fax 06.6798.441 [email protected] DIPARTIMENTO PER LA RICERCA, L’INNOVAZIONE E L’ORGANIZZAZIONE Direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione Servizio II - Promozione, Comunicazione e Marketing Tel. +39 06 6723.2441-2927 - Fax +39 06 6723.2917 [email protected]