PAESTUM
16-19 Novembre 2006
DIPARTIMENTO PER LA RICERCA,
L’INNOVAZIONE E L’ORGANIZZAZIONE
IX Edizione Borsa Mediterranea
del Turismo Archeologico
Direzione Generale per l’Innovazione
Tecnologica e la Promozione
Archeologia e Territorio
PAESTUM
CENTRO ESPOSITIVO ARISTON
Edizioni MP
MIRABILIA srl
DIPARTIMENTO PER LA RICERCA,
L’INNOVAZIONE E L’ORGANIZZAZIONE
Capo Dipartimento Giuseppe Proietti
Direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica
e la Promozione
Direttore Generale Antonia Pasqua Recchia
Segreteria Amministrativa
Cristina Brugiotti, Anna Rita De Gregorio, Rosaria Pollina,
Silvia Schifini, Maria Viglongo, Fabiana Vinella, Laura Petracci
Comunicazione e rapporto con i media
Fernanda Bruno
Ufficio per la Comunicazione
Anna Conticello con Alessia De Simone
Supporto logistico
Edoardo Cicciotto, Maurizio Scrocca
Il programma di partecipazione alla IX Borsa Mediterranea del Turismo
Archeologico – Paestum 16–19 novembre 2006 è stato organizzato dal:
Servizio II - Comunicazione, Promozione e Marketing
Dirigente Paola Francesca Zuffo
Segreteria
Anna Maria Trimarchi
con Giacomo Bologna, Anna Napoleoni, Amedeo Natoli, Giancarlo Fumanti
Coordinamento generale,
Unità Organica I - Grandi Eventi e Manifestazioni Fieristiche
Progettazione e realizzazione opuscolo,
materiali grafici e stand - Organizzazione incontri allo stand
Responsabile Antonella Mosca
con Monica Bartocci, Antonella Corona, Maria Tiziana Natale,
Alessandra Rosa, Maria Siciliano, Laura Simionato
Comunicazione multimediale
Alberto Bruni, Renzo De Simone, Francesca Lo Forte, Emilio Volpe
con Andrea Fiorenza, Roberto Sartini, Gabriele Tamburini
con il contributo di:
Direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione
Direzione Generale per i Beni Archeologici
Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici dell’Emilia Romagna
Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici della Lombardia
Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici della Sardegna
Soprintendenza per i beni archeologici dell’Abruzzo
Soprintendenza per i beni archeologici della Basilicata
Soprintendenza per i beni archeologici della Calabria
Soprintendenza per i beni archeologici delle provincie
di Napoli e Caserta
Soprintendenza per i beni archeologici dell’Emilia Romagna
Soprintendenza per i beni archeologici del Friuli Venezia Giulia
Soprintendenza per i beni archeologici di Roma
Soprintendenza per i beni archeologici di Ostia
Soprintendenza per i beni archeologici della Liguria
Soprintendenza per i beni archeologici della Lombardia
Soprintendenza per i beni archeologici delle Marche
Soprintendenza per i beni archeologici del Molise
Soprintendenza per i beni archeologici del Piemonte
e del Museo Antichità Egizie
Soprintendenza per i beni archeologici delle provincie
di Cagliari e Oristano
Soprintendenza per i beni archeologici di Sassari e Nuoro
Soprintendenza per i beni archeologici della Toscana
Soprintendenza per i beni archeologici dell’Umbria
Museo Archeologico Nazionale di Ferrara
Soprintendenza al Museo Nazionale Preistorico
ed Etnografico “Luigi Pigorini”
CCTPC – Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale
REGIONE LOMBARDIA
Direzione Generale Culture, Identità e Autonomie della Lombardia
Direzione Generale Territorio e Urbanistica
Direzione Generale Qualità dell’Ambiente
Sponsor:
Call Center – Omnia Netwok S.p.A
ARCUS Spa - Società per lo sviluppo dell’arte, della cultura
e dello spettacolo
Società Fassa Bortolo
Reply
Presentazione
ono molti i segnali che indicano un’attenzione crescente verso lo sviluppo di un
“modello Italia” che produca una tipologia originale di rapporto tra economia e cultura e tra intervento pubblico e privato. Uno dei più frequenti è il proliferare di riflessioni sulle
relazioni tra lo sviluppo turistico (del settore turistico) e una diversa gestione del patrimonio
culturale.
Si parte dall’ovvia constatazione che in Italia la domanda di “fruizione” di beni culturali ha
un peso rilevantissimo sulla domanda turistica, e si tratta di un peso in continua crescita. Si
arriva ad addebitare ad una inadeguatezza dell’offerta culturale il mancato sviluppo turistico di aree e territori ricchi di risorse culturali.
Sembra che nel nostro Paese si stia soffrendo di un certo strabismo nelle scelte di politica
economica in rapporto alla politica culturale e di questa in rapporto alla politica turistica.
E’ fuor di dubbio che le politiche culturali impattano con i settori chiave della vita pubblica, da quello economico - i beni culturali come fattore di sviluppo economico - a quello
educativo - i beni culturali come vettori prioritari di messaggi formativi - a quello sociale - i
beni culturali come beni meritori tali da ottenere finanziamenti dalla parte pubblica anche
in pura perdita finanziaria, perché comunque componenti essenziali della “funzione di
benessere sociale”-.
Negli ultimi anni esse sono diventate invece minoritarie e ancillari rispetto alle altre scelte
strategiche del Paese e la stessa declinazione delle politiche intersettoriali, come ad esempio la semplificazione amministrativa, il contenimento e razionalizzazione della spesa, la
digitalizzazione, la qualità dei servizi, ha assunto un peso non rilevante nel contesto degli
altri settori della Pubblica amministrazione.
Eppure in Italia il sistema della cultura in generale e del patrimonio in particolare hanno un
ruolo strategico evidente, ribadito in tutti i contesti, amministrativi, giuridici, accademici,
gestionali che non può avere in altri Paesi. All’ovvio carattere di settore basilare per la conservazione della memoria storica e per la crescita culturale della nazione si aggiungono
valenze di tipo economico, come la capacità di attivare notevoli flussi finanziari.
Il settore del turismo è quello in cui l’impatto si manifesta più evidente perché è nei flussi
turistici, sui numeri effettivamente rilevati, che si calcola più facilmente il valore aggiunto
apportato all’economia del Paese dall’esistenza del patrimonio culturale.
Eppure le relazioni tra i due settori non sono fluide come sarebbe auspicabile, il che comporta una divaricazione di obiettivi, di metodi e di risultati.
Indubbiamente il concetto di Patrimonio culturale “Custode” di significati e di valori si è
arricchito con il concetto di Patrimonio culturale “Servizio”, che si pone verso il pubblico
secondo una logica nuova, che modifica la missione istituzionale, non più riconducibile
esclusivamente alle funzioni conservative e di tutela ma anche alle funzioni di produrre e
divulgare conoscenza. I beni culturali, dunque, rientrano a pieno titolo e con un ruolo determinante nei progetti di promozione e valorizzazione della cultura e del territorio, oggetto
S
di richiamo di flussi turistici e stimolatori di attività di vario tipo (dall’editoria ai servizi di
assistenza ai visitatori), che richiedono modalità di gestione di natura imprenditoriale.
E’ anche vero che il patrimonio culturale, se non è inserito in un processo attivo che va
dalla conoscenza alla valorizzazione passando per la conservazione e il restauro, non è
in grado di generare, di per sé, effetti positivi a vasta scala, né nel senso dello sviluppo
culturale né nel senso dello sviluppo economico.
Analogamente il sistema del turismo coinvolge tali e tanti fattori e soggetti che dovrebbero
essere raccordati in un quadro di governo concertato e unitario, ancorché regionalizzato,
per essere realmente competitivo.
Ora sembra ovvio rilevare alcune diversità di risultati tra i due settori, quello del patrimonio culturale e quello turistico.
Nel primo si registra una grande attenzione alle potenzialità di sviluppo economico e gli
stessi addetti della “tutela e della conservazione” hanno integrato, nelle loro professionalità originarie, competenze specifiche volte alla promozione della cultura e dei territori;
quindi si produce e si esporta, con successo, il “modello italiano” di gestione del patrimonio culturale, in tutta la filiera conoscenza-tutela-conservazione-valorizzazione.
Nel secondo non sembra registrarsi una analoga evoluzione, con il risultato che nell’equazione: patrimonio culturale + organizzazione turistica = sviluppo economico il fattore di
debolezza è proprio l’organizzazione turistica, mancando un deciso investimento in termini di miglioramento di tutti gli elementi che incidono sulla qualità dell’offerta, dall’accoglienza al sistema dei trasporti e della mobilità, ai servizi generali, alla comunicazione.
Occorre che i due ambiti trovino solidi piani di intesa, in cui l’offerta dei servizi generali
turistici sia coerente con l’offerta culturale.
Non sembra esserci mai stata un’età dell’oro in cui ciò sia avvenuto, ma non si può per
questo ulteriormente dilazionare l’impegno, pena la perdita di occasioni per recuperare le
posizioni che il nostro Paese ha perso.
L’obiettivo non è tanto (non è solo) quello della “cattura” di flussi turistici aggiuntivi quanto
quello della redistribuzione e della destagionalizzazione, anche per affrontare il problema
della congestione, e quindi del degrado da usura del patrimonio culturale e paesaggistico, che si verifica nelle aree di maggiore attrazione turistico-culturale. Il sovraffollamento
delle “città d’arte”, spinto fino al punto di rischiare la consistenza fisica delle stesse e di
svilire la sostanza della visita culturale, si può risolvere attraverso la creazione e l’offerta di
solidi e credibili “pacchetti turistico- culturali” alternativi, se non totalmente almeno parzialmente, a quelli tradizionali.
La ricchezza di progettualità che il Ministero espone nella IX Borsa di Paestum, in un settore di straordinaria importanza e fascino come quello archeologico, è una garanzia della
fattibilità del percorso appena accennato, che sembra peraltro una strada obbligata.
Antonia Pasqua Recchia
Direttore Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione
Sommario
Il quadro delle relazioni internazionali..................................................................................
Rosanna Binacchi
Il programma “Archeologia on line”:
utilizzo di nuove tecnologie per il miglioramento dell'offerta culturale .........................................
Anna Conticello
Veio, gli Etruschi alle porte di Roma - Analisi di Customer Satisfaction e strategie operative ...........
Anna Maria Reggiani
Aree e parchi archeologici in Abruzzo .................................................................................
Rosanna Tuteri
Valorizzazione e promozione del patrimonio archeologico della Basilicata ................................
Marcello Tagliente
Calabria, archeologia e turismo .........................................................................................
Francesco Prosperetti
ll parco archeologico di Locri Epizefiri ................................................................................
Claudio Sabbione
ll parco archeologico e il Museo dell'antica Caulonia ...........................................................
Maria Teresa Iannelli
Il Parco Sommerso di Baia .................................................................................................
Paola Miniero
Teano dei Sidicini. Il Museo e il Parco archeologico...............................................................
Francesco Sirano
Il territorio ferrarese. Nuove scoperte archeologiche ...............................................................
Maddalena Ragni
Un sepolcreto prediale di età romana nel delta ferrarese.........................................................
Fede Berti, Luigi Malnati
Barche Tradizionali dell'Adriatico. Tutela del patrimonio storico artistico e etnoantropologico.
Riccardo I° L'ultima delle Comacine di Comacchio - Storia di un recupero ................................
Alain Rosa
Villa rustica romana di Via Raparoni - Comune di Ronchi dei Legionari (GO) ..............................
Fabiana Pieri
Area archeologica di Zuglio (UD)........................................................................................
Serena Vitri
Torre di Pordenone - Villa romana........................................................................................
Paola Ventura
Spazio Espositivo Permanente sul villaggio neolitico “La Marmotta” ..............................................
La Polledrara di Cecanibbio...............................................................................................
Anna Paola Anzidei
Parco archeologico - turistico di Gabii - Castiglione ...............................................................
Stefano Musco
Progetto cultura 2000. Come l’acqua che scorre ...................................................................
Margherita Bedello, Evelyne Bukowiecki, Élèn Dessales, Julien Dubouloz
Servizio Educativo ............................................................................................................
Lucia Piastra
ArcheoMetrò ...................................................................................................................
Piera Melli
La realtà archeologica della Lombardia................................................................................
Carla Di Francesco
Il progetto “Conoscenza tutela e valorizzazione di aree e parchi archeologici”...........................
Marco Minoja
Un museo di quartiere: l'Antiquarium “Alda Levi” di Milano .....................................................
Anna Ceresa Mori
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Il lago di Garda: itinerari archeologici integrati. Dalle ville romane alle fortificazioni medievali .....
Brunella Portulano, Elisabetta Roffia
Il sito UNESCO “Arte Rupestre della Valle Camonica” ............................................................
Raffaella Poggiani Keller
La Valle Camonica romana: un nuovo itinerario tra turismo e cultura ..........................................
Filli Rossi
L'orientalizzante a Matelica................................................................................................
Giuliano de Marinis
La Domus di Sant’Angelo in Vado - Restauro e Musealizzazione ..............................................
Giuliano de Marinis - Paolo Quiri
Il santuario sannitico di Pietrabbondante ..............................................................................
Libarna (Comune di Serravalle Scrivia) ................................................................................
Marica Venturino Gambari - Sabrina Carrea
L'area Archeo-Metallurgica di Rondolere (Alta Val Sessera - Bi)
(fine XVIII - inizio XIX secolo)........................................................................................................
Maurizio Rossi
La fruizione turistica culturale in Sardegna ............................................................................
Sandra Violante
La necropoli di Mitza de Siddi - Ortacesus (CA)- Il Progetto di valorizzazione ............................
Donatella Cocco
Museo Civico Archeologico di Alghero ................................................................................
Daniela Rovina
Alto Mugello ...................................................................................................................
Luca Fedeli
Alta Valtiberina e territorio sestinate......................................................................................
Monica Salvini
Itinerari archeologici nei centri storici a continuità di vita .........................................................
Mariarosaria Salvatore
Nuove proposte di Musei archeologici.................................................................................
Mariarosaria Salvatore
Il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale ................................................................
Ugo Zottin
Call Center .....................................................................................................................
Marco Bordi
L'attività progettuale di ARCUS S.p.A. ..................................................................................
Carolina Botti
Cultura senza confini - Soc. Fassa Bortolo ...........................................................................
Nuove modalità di comunicazione - Reply ............................................................................
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Dipartimento per la Ricerca, l'Innovazione e l'Organizzazione
Dipartimento
per la Ricerca,
l’Innovazione e
l’Organizzazione
Via del Collegio Romano, 27
00186 Roma
tel 06 67 23 21 17
fax 67 23 30 26
[email protected]
Ufficio Relazioni Internazionali
Responsabile:
Rosanna Binacchi
con
Stefania Celentino
Mariateresa Di Dedda
Valentina Di Lonardo
Francesca Rossi
8
Il quadro delle relazioni internazionali
Rosanna Binacchi
“L’Italia è certamente il Paese al mondo che più di ogni altro
custodisce le testimonianze di un Patrimonio culturale plurimillenario e multiforme. L’intero suo territorio costituisce un palinsesto complesso di presenze capillarmente diffuse; stratificato
spesso nei medesimi siti, occupati senza soluzione di continuità urbana dalla prima metà del I millennio a.C. fino ai nostri
giorni. La convivenza quotidiana con questo Patrimonio ha
innescato una serie di problemi di “compatibilità” conseguenti
ad un processo di industrializzazione e di trasformazioni spesso tumultuose. In ragione di questa non sempre facile convivenza – contrassegnata da una sorta di incombente confronto dialettico tra le ragioni dello sviluppo e quelle della preservazione della memoria – in Italia si è sviluppato, prima e più che in
altre parti, un dibattito dai toni alti e dai forti contenuti culturali sulla conservazione e la tutela delle opere d’arte”
(L’eccellenza del restauro italiano nel mondo, a cura di
Giuseppe Proietti).
Questo dibattito ha portato ad una consolidata sensibilità
verso i temi della conservazione e della gestione ed all’ istituzione di centri di ricerca finalizzati alla tutela del nostro
Patrimonio. Ciò ha permesso lo sviluppo di una esperienza
unica al mondo che oggi, grazie anche all’uso di sofisticate
tecnologie, ha portato l’Italia ad un ruolo leader a livello mondiale. Nei vari contesti internazionali, il Ministero per i Beni e
le Attività culturali esprime con ferma convinzione la disponibilità a condividere metodologie e know how acquisiti, con tutti
i Paesi che mostrano un interesse crescente verso le esperienze italiane in tema di conoscenza, restauro e valorizzazione
Dipartimento per la Ricerca, l'Innovazione e l'Organizzazione
del patrimonio, offrendo il contributo scientifico ed il sostegno
tecnico richiesto. L’esperienza acquisita viene così continuamente arricchita attraverso scambi reciproci con molti Paesi nei
diversi Continenti che si trovano a dover fronteggiare problemi
di conservazione e gestione di un Patrimonio loro affidato, il
comune patrimonio dell’Umanità. Nell’ambito della propria
missione istituzionale, sotto la guida del Prof. Giuseppe
Proietti, il Dipartimento per la Ricerca, l’Innovazione e
l’Organizzazione persegue operativamente gli obiettivi di collaborazione internazionale tracciati da accordi di collaborazione culturale e programmi esecutivi che ne fissano il programma concreto delle attività, le diverse azioni e gli strumenti di cooperazione. Numerosi gli Accordi stipulati negli ultimi
anni. Tra questi, in primis, vorremmo ricordare in ambito multilaterale la Dichiarazione congiunta sulla cooperazione in
materia di patrimonio culturale e naturale tra il Governo della
Repubblica italiana e l’UNESCO, firmata a Parigi nel marzo
2001, con la quale si istituzionalizzano le modalità degli interventi del MiBAC e dell’Italia sul Patrimonio dell’Umanità a
rischio a causa di calamità naturali o eventi bellici. In tale
ambito l’Italia si impegna a cooperare con il Centro del
Patrimonio Mondiale per l’assistenza agli Stati Parte della
Convenzione del 1970 in materia di formazione, monitoraggio dello stato di conservazione dei siti, preparazione dei dossier per le candidature e di richieste di assistenza internazionale. Il ruolo del MiBAC e del Dipartimento per la Ricerca,
l’Innovazione e l’Organizzazione al suo interno, si concretizza
nell’intervento di esperti nei vari ambiti e nella predisposizione
di progetti d’intervento congiunti. Tra i numerosi interventi intrapresi nella cornice di questa Dichiarazione, il più emblematico
è sicuramente il progetto di riapertura del Museo Nazionale
di Baghdad in Iraq. L’Italia, unico paese presente nell’Iraq del
dopo-guerra nel settore del Patrimonio culturale, ha progettato
l’allestimento dei nuovi Laboratori di restauro del Museo, li ha
dotati di tutte le apparecchiature necessarie, li ha avviati al funzionamento ed ha formato i restauratori iracheni che attualmente vi operano. E’ stato redatto un progetto di parziale riapertura del Museo che, dopo le interruzioni dovute al clima di instabilità e di tensioni post belliche, è stato riavviato lo scorso ottobre. Progetto altrettanto emblematico e significativo dal punto
di vista metodologico e tecnologico è quello sulla Cittadella
fortificata di Arg–e-Bam in Iran, distrutta dal terremoto del
2003. L’UNESCO, il Governo iraniano, le autorità internazionali e molti studiosi hanno mostrato da subito un’attenzione
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Dipartimento per la Ricerca, l'Innovazione e l'Organizzazione
concreta alla fase post–sismica giungendo nell’aprile 2004
alla firma della “Dichiarazione di Bam”. Dopo le prime operazioni di pronto intervento, la parte italiana ha presentato il progetto per un nuovo piano regolatore per la ricostruzione del
sito. Sono stati in seguito definiti gli adempimenti operativi
necessari all’apertura del cantiere per la realizzazione del progetto di restauro della Torre n.1 Sud Ovest della cinta muraria
dell’antica Cittadella, che inizieranno nel prossimo mese di
novembre. Il progetto italo-iraniano assume particolare importanza sia perchè costituisce il primo intervento sul monumento, ponendosi come modello di sollecitazione nei confronti
degli altri Paesi, sia in quanto momento di sperimentazione
di tecniche e metodologie di conservazione, sia perché
costituisce un importante occasione di collaborazione e di trasmissione delle capacità italiane nel settore della conservazione. L’intervento più significativo per il forte impegno profuso nella trasmissione di know how, attraverso un’intensa attività
di formazione “sul campo” è indubbiamente quello sulla Città
Proibita di Pechino. Il MiBAC e la Repubblica Popolare
Cinese hanno firmato un Accordo per avviare un’iniziativa di
cooperazione volta alla conservazione e alla valorizzazione
del sito cinese, in particolare della Sala della Suprema
Armonia (Taihedian), l’edificio più significativo del grandioso
complesso monumentale. Si sono succeduti sopralluoghi durante i quali sono state effettuate indagini conoscitive sui materiali e raccolta di dati che sono confluiti in una documentazione
grafica informatizzata, che si è avvalsa delle più avanzate tecniche di rilievo architettonico e di schedografia, finalizzata
alla conoscenza dello stato di conservazione e al rilevamento
delle alterazioni presenti, dati essenziali ai fini dell’elaborazione del progetto di conservazione.
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Dipartimento per la Ricerca, l'Innovazione e l'Organizzazione
È stato, quindi, definito il progetto di conservazione attraverso
la costituzione di un apposito gruppo tecnico italo-cinese e
proceduto alla firma di un Accordo Quadro contenente gli
obiettivi e le modalità della collaborazione tra i due Paesi. Tra
gli altri importanti interventi vorremmo ricordare: la creazione
del Centro egiziano per la Conservazione delle Antichità di
Palazzo Rosso al Cairo, l’intervento di conservazione e valorizzazione del Parco archeologico e
naturalistico di
Cartagine, La Malga e i due antichi porti punici; il progetto di
monitoraggio e restauro per la protezione dagli agenti atmosferici dell’Arco dei Severi di Leptis Magna e del tempio di
Iside a Sabratha, il progetto di restauro dei bassorilievi nel
complesso della Sala del Trono del Palazzo di Sennacherib
a Ninive, antica capitale assira, una delle massime creazioni
della scultura figurativa di tutti i tempi. L’attività del
Dipartimento RIO in ambito bilaterale si concretizza, inoltre,
nel coordinamento di attività previste da Accordi e
Memorandum, ai sensi della Convenzione UNESCO 1970,
concernenti le misure da adottare per interdire ed impedire l’illecita importazione, esportazione e trasferimento di beni culturali. Tra questi il Memorandum of Understanding (MoU) con
gli Stati Uniti d’America sull’imposizione di restrizioni all’importazione di materiale archeologico e l’Accordo con il
Consiglio federale elvetico sull’importazione e il rimpatrio di
beni culturali illecitamente esportati. In tale contesto generale,
espressione di una sempre maggiore e condivisa sensibilità
internazionale al problema del traffico illecito e della decontestualizzazione, si inseriscono i numerosi negoziati definiti, o in
corso di definizione, con importanti istituzioni museali mondiali quali la Convenzione con il Metropolitan Museum di New
York, che sancisce la restituzione al nostro Paese, fra gli altri,
di un importante cratere a figure rosse del VI secolo a.C., il
cratere di Eufronio e di un prezioso corredo di argenti ellenistici, e la Convenzione con il Museum of Fine Art di Boston,
che ha portato al rientro in Italia di 13 opere archeologiche di
inestimabile pregio, tra le quali la statua in marmo raffigurante Vibia Sabina. In un ottica di rinnovata collaborazione, si è
inteso inoltre istaurare con queste istituzioni duraturi programmi
di cooperazione che prevedono attività di ricerca, progetti
espositivi congiunti e prestiti a lungo termine, nel rispetto della
normativa vigente. In un ambito più vasto ed articolato di collaborazione bilaterale si inseriscono il MoU sulla cooperazione culturale e l’Accordo per la lotta contro i furti, gli scavi
illeciti, l’importazione e l’esportazione illegali di Beni cultu-
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Dipartimento per la Ricerca, l'Innovazione e l'Organizzazione
rali, firmati con le autorità cinesi, volti a rafforzare la collaborazione bilaterale nei settori della protezione dei beni culturali
e dell’amministrazione dei musei. Recenti incontri tecnici con lo
State Administration of Cultural Heritage (struttura omologa al
MiBAC) hanno riconfermato la reciproca volontà di Italia e
Cina di procedere ad un comune programma culturale incentrato sui seguenti ambiti: scambio di informazioni e collaborazione nel campo della prevenzione e contrasto al traffico illecito di beni culturali con la creazione di appositi database dei
beni culturali; realizzazione di un sistema di formazione permanente nei settori amministrativo/gestionale, del restauro e
della valorizzazione; rafforzamento della cooperazione bilaterale nei settori delle tecnologie applicate e della digitalizzazione; cooperazione in progetti di restauro specifici; avvio di un
processo per la presentazione della candidatura della Via
della Seta a sito del Patrimonio dell’Umanità; ed infine la creazione di un centro italo-cinese per il patrimonio culturale con
compiti di conservazione, gestione e valorizzazione.
Questo centro avrà lo scopo di ospitare attività congiunte
offrendo una piattaforma per l’applicazione delle teorie e tecnologie italiane ai beni culturali cinesi. I risultati di queste ricerche ed attività congiunte potranno, in futuro, essere estesi
anche a Paesi Terzi. Nell’ambito di più ampie rassegne di
carattere internazionale come l’Anno dell’Italia in Cina, il
Dipartimento RIO ha curato importanti progetti di collaborazione con prestigiose istituzioni museali mondiali. Vorremmo ricordare quello con il World Art Museum di Pechino, il primo ed
unico museo di arte mondiale in Cina, ove è stato allestito un
percorso espositivo dedicato alle sei Grandi Civiltà mondiali:
romana, greca, egizia, maya, mesopotamica ed indiana. Un
innovativo progetto di musealizzazione, che coinvolge l’Italia
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Dipartimento per la Ricerca, l'Innovazione e l'Organizzazione
per le civiltà greca, romana, egizia, attraverso una selezione
di eccellenze dalle collezioni di importanti musei archeologici
statali italiani. Le sezioni riguardanti le civiltà maya, indiana e
mesopotamica sono invece state curate e realizzate in sinergia
con alcuni grandi musei internazionali. Il Dipartimento RIO ha
coordinato il progetto, creando al proprio interno un gruppo
di lavoro che, con funzioni di comitato organizzatore, ne ha
coordinato gli aspetti scientifici, amministrativi e organizzativi,
curando i rapporti con il comitato scientifico, gli istituti prestatori, l’équipe di progettazione. Contatti operativi si sono tenuti
con la struttura del Museo ospitante, attraverso un continuo
confronto e condivisione delle linee operative e della programmazione delle attività connesse alla realizzazione del progetto ed alla promozione del medesimo. Il percorso espositivo ha
inteso tracciare le linee caratterizzanti di queste civiltà anche
attraverso l’utilizzo di sofisticate tecnologie multimediali, che
hanno permesso una suggestiva contestualizzazione dei reperti espositivi nella ricreata cornice del territorio italiano.
13
Dipartimento per la Ricerca, l'Innovazione e l'Organizzazione
Direzione Generale
per l'Innovazione
Tecnologica
e la Promozione
Il programma “Archeologia on line”: utilizzo di
nuove tecnologie per il miglioramento dell'offerta
culturale
Anna Conticello
Il programma “Archeologia on line”, avviato dalla Direzione
Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione del
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, ha l’obiettivo di produrre benefici positivi sull’intero sistema del patrimonio archeologico delle aree coinvolte, con conseguenti ricadute positive
sul sistema economico locale, mediante l’utilizzo di leve di promozione e prodotti di divulgazione basati sulle tecnologie
informatiche. Le attività sono state finanziate con fondi C.I.P.E.
e sono state indirizzate alle Regioni Obiettivo 1 - Basilicata,
Calabria, Campania, Puglia, Sardegna - indicate, nella Delibera CIPE n. 17/2003 1.1, come aree sottoutilizzate. Al
programma hanno anche aderito due progetti sperimentali del
Lazio: l’Archeoguida di Villa Adriana a Tivoli e l’ArcheoAtlante in 3D del Teatro romano di Cassino.
Il programma si articola in tre moduli:
• Visite Archeologiche Virtuali
• ArcheoAtlante in 3 D
• Archeoguida
Direttore Generale:
Antonia Pasqua Recchia
Referente:
Anna Conticello
Via del Collegio Romano, 27
00186 Roma
Tel. 0667232648
[email protected]
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Ogni modulo comprende anche attività relative alla creazione
ex novo o all’implementazione dei siti web museali delle
Direzioni Regionali e delle Soprintendenze archeologiche
coinvolte allo scopo di rendere fruibili all’utente i materiali digitalizzati raccolti attraverso la rete internet. I contenuti sono stati
inoltre concepiti con differenti scale di approfondimento così
da poter raggiungere una fascia di utenti ampia e diversificata. Per la realizzazione dei nuovi siti web è stato applicato
Museo&Web (kit di progettazione di un sito di qualità per i
musei medio piccoli) del Progetto Minerva (ad es. Musei
Archeologici di Sassari e di Nuoro, Museo Nazionale d’Arte
Orientale, Museo Archeologico Nazionale di Paestum). Il sito
web del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, implementato ed arricchito di nuovi percorsi, è parte integrante del
portale specialistico” che rientra nel Progetto “Re.Mu.Na. Rete
virtuale dei Musei di Napoli”.
Dipartimento per la Ricerca, l'Innovazione e l'Organizzazione
Visite Archeologiche Virtuali
In un’apposita finestra video, selezionata la visita, sarà possibile vedere un film digitale di un itinerario di visita o un percorso per immagini accompagnato da ipertesto. Le visite virtuali
saranno realizzate con le migliori tecnologie web-video e
avranno grande fluidità di visualizzazione, inoltre, dal momento che saranno fruibili via Internet risponderanno ai requisiti
richiesti per l’accessibilità. Al progetto aderiscono la Direzione
Regionale della Campania, le Soprintendenze per i Beni
Archeologici della Basilicata, della Calabria, delle province di
Napoli e Caserta, delle province di Salerno Avellino e
Benevento, della Puglia, delle province di Cagliari e Oristano,
delle province di Sassari e Nuoro.
ArcheoAtlante3D
Si tratta di creare un atlante virtuale di alcuni siti archeologici
inseriti nel loro contesto temporale territoriale paesaggistico.
Esso verrà realizzato tramite la ricostruzione virtuale del paesaggio antico attraverso la costruzione di un GIS
(Geographical Information System) e di siti archeologici (aree
archeologiche musei, ecc.) e di un sistema di realtà virtuale di
tipo desktop. Il risultato finale consentirà al visitatore di poter
navigare - tramite una postazione visiva - in tempo reale nel territorio attuale (spazio) ed in quello antico (tempo). Per l’utente
sarà possibile semplicemente attraverso il mouse:
– muoversi liberamente all’interno del paesaggio, interagendo
con il mondo virtuale, con l’impressione di trovarsi effettivamente immerso nello spazio tridimensionale;
– accedere a percorsi di visita personalizzati attraverso la
visualizzazione di itinerari che possono guidare l’utente nella
visita;
– interrogare interattivamente elementi archeologici ed ottenere informazioni descrittive di vario tipo (inquadramento storico,
schede descrittive, immagini, ecc.);
– attivare livelli informativi relativi al paesaggio storico- archeologico ricostruito: da un menù l’ utente potrà decidere in quale
epoca storica muoversi e visualizzare siti ricostruiti.
Al progetto aderiscono la Direzione Regionale Campania con
il tratto della via Appia da Sinuessa a Benevento, comprese le
diramazioni delle vie Minturnum Suessa Aurunca, Teanum
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Dipartimento per la Ricerca, l'Innovazione e l'Organizzazione
Cales e la via Puteolis e la Soprintendenza per i Beni
Archeologici del Lazio con la ricostruzione del Teatro Romano
di Cassino.
Archeoguida
Consiste nella realizzazione di un servizio integrato di guide
multimediali fruibili all’interno dei siti archeologici. I contenuti
verranno visualizzati su palmari (wPDA, ovvero PDA connessi
attraverso tecnologia Wireless) e altri dispositivi fissi collegati
ad un server centrale tramite rete wireless. La visita all’area
archeologica viene quindi trasformata in un’esperienza multisensoriale dove, attraverso musica, parole e immagini si riesca
ad accrescere la percezione di quanto si sta osservando.
Anche i bambini di età compresa tra i 6 ed i 10 anni potranno usufruire di questa esperienza attraverso l’uso di terminali
mobili arricchiti da contenuti adatti alla loro fascia di età. Le
Soprintendenze per i Beni Archeologici della Basilicata, delle
province di Salerno Avellino e Benevento, della Puglia, delle
province di Cagliari e Oristano stanno ultimando la realizzazione di archeoguide in alcuni siti archeologici.
Ogni Soprintendenza e Direzione Regionale coinvolta, in base
al materiale documentario già in possesso e ad una analisi
dell’interesse turistico-culturale anche allo scopo di fruire al
meglio del finanziamento ottenuto ha individuato i siti archeologici, i musei e le differenti tecnologie e prodotti da utilizzare
nella regione di appartenenza.
Tutti i progetti di virtualizzazione rispondono a requisiti particolari che ne danno garanzia di qualità:
− Ampia contestualizzazione: E’ importante che nella visita virtuale di un sito, o nella ricostruzione di un sito, di un’area o di
un oggetto, ci si basi su una realtà fisica esistente e fisicamente tracciabile.
− Autenticità: La ricostruzione deve essere garantita nella sua
veridicità storica, quindi supportata da un adeguato apparato
documentario. Questo è un requisito essenziale per permettere
la qualità del messaggio e dell’esperienza proposta.
− Accessibilità: Non soltanto in senso tecnico e fisico (friendly
comunication, collegamenti, trasporti) ma anche in senso psi-
16
Dipartimento per la Ricerca, l'Innovazione e l'Organizzazione
cologico (adeguati apparati didattici preventivi).
− Usabilità: Possibilità di massimizzare la performance utilizzando i risultati ottenuti sullo stesso sito alla fine del progetto.
− Scalabilità: possibilità di integrare progressivamente, sulla
stessa piattaforma tecnologica, informazioni e dati progressivamente più complessi al fine di migliorare la conoscenza del
patrimonio e accrescere il livello culturale, organizzando i contenuti in un contesto di e-learning fruibile in rete.
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Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
Direzione Generale
per i beni
archeologici
Direttore Generale:
Anna Maria Reggiani
Via di San Michele, 22
00153 Roma
Tel. 06 58434600
fax 58434750
[email protected]
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Veio, gli Etruschi alle porte di Roma - Analisi di
Customer Satisfaction e strategie operative
Anna Maria Reggiani
Negli ultimi tempi si è progressivamente affermata, sia l’idea
che la salvaguardia dei beni culturali non consista nella difesa
di valori di una élite, sia il loro ruolo sociale, quale elemento
costitutivo dell’identità storico-culturale comune.
La definizione più recente e comunemente accettata di Museo,
contenuta nello Statuto dell’International Council of Museums
(ICOM) chiarisce come ogni contenitore culturale sia collocato all’interno di un “sistema di servizi”.
Il museo e l’area archeologica assolvono a specifici compiti
nei confronti del pubblico: la tutela, in primo luogo, come
organizzazione dei servizi di conservazione e restauro; l’esposizione, come organizzazione dei criteri e dei sistemi espositivi, infine, la promozione, come organizzazione dei mezzi atti
a mettere in comunicazione l’opera ed il visitatore.
L’acquisita consapevolezza della potenzialità dell’ “offerta” del
patrimonio culturale del Paese - che ha fatto proliferare iniziative culturali, soprattutto in ambiti locali, riuscendo anche a
convogliare, in alcuni casi, risorse pubbliche e sponsorizzazioni - ha determinato, secondo i meccanismi dell’economia, la
crescita della domanda di cultura e di servizi. La sfida al
momento attuale, è quella di trovare una comunicazione che
sia in grado di equilibrare, al contempo, il peso della domanda a quello dell’offerta.
L’introduzione di uno schema di domanda e di offerta, tuttavia,
impone, anche sulla scorta di una maggiore sensibilità etica
nei confronti dell’utenza, l’adozione di criteri di valutazione
della qualità, in ordine agli obiettivi di efficacia - intesa quale
capacità di conseguire risultati - e di efficienza - intesa come
capacità di conseguire i risultati con il minore impiego di risorse - del servizio prestato dalle strutture espositive.
L’opportunità di migliorare la soddisfazione dei cittadini
(“Customer Satisfaction) nei confronti dei servizi offerti dalle
Pubbliche Amministrazioni ha determinato, negli anni, una produzione normativa e procedurale, motivata tanto da una sempre maggiore sensibilità verso le esigenze dell’utenza, quanto
da una sempre più sentita necessità di procedere alla trasformazione e modernizzazione dell’azione amministrativa.
L’area archeologica di Veio costituisce un connubio perfetto tra
archeologia, ambiente e agricoltura. Il numero dei visitatori è
però molto esiguo (circa 4000 l’anno) ed evidenzia un calo
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
di circa l’85% rispetto agli inizi degli anni ’90. In particolare,
sembra evidenziarsi l’opportunità di attuare nuove strategie di
comunicazione per accrescere la conoscenza e la conseguente fruizione del Parco da parte degli utenti. Al tempo stesso,
l’offerta culturale della città di Roma, rende necessario valutare anche un diverso posizionamento rispetto ad altre aree
archeologiche per poter sfruttare al meglio i punti di forza evidenziati, differenziando l’offerta per le diverse tipologie di visitatori potenzialmente interessati.
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Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
Soprintendenza
per i beni
archeologici
dell'Abruzzo
Soprintendente:
Giuseppe Andreassi
Via dei Tintori, 1
66100 Chieti
tel 0871 331668 fax 330946
[email protected]
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Aree e parchi archeologici in Abruzzo
Rosanna Tuteri
In Abruzzo oggi i centri fortificati, le necropoli, i villaggi, le
ville, i santuari e le città antiche, sia che tradizionalmente
abbiano caratterizzato con le loro rovine le aree appenninica
e costiera, sia che si trovino in corso di scavo per reintegrarsi
nel paesaggio attuale, costituiscono la prima, profonda traccia
di una identità che dal sottosuolo trapela fino a giungere al
nostro vivere quotidiano, lungo un tracciato che porta ai nostri
giorni, costellato dai siti che furono frequentati in antico e che
oggi chiamiamo aree archeologiche.
Trasformare i siti e le aree archeologiche in parchi è il fine di
un lavoro sistematico condotto da anni dalla Soprintendenza
per i Beni archeologici dell’Abruzzo: la loro realizzazione
acquista il senso della ricerca della profondità del paesaggio,
che suggerisca come presente la dimensione invisibile del
tempo.
La legislazione vigente in tema di aree e parchi archeologici
sottolinea l’unità fra bene culturale e bene ambientale e introduce quindi la corresponsabilità tra Ministero, Regioni e gli
altri Enti pubblici territoriali: un parco dovrebbe essere uno tra
gli strumenti possibili per tutelare, valorizzare e pianificare un
intero comprensorio, caratterizzato dall’emersione, attraverso
la ricerca scientifica, dei suoi caratteri storici. L’archeologia è
dunque uno strumento di interpretazione del paesaggio, e l’archeologo, partecipando alla panificazione urbanistica e territoriale, si inserisce nella logica della progettazione di un futuro che parte dalla documentazione delle fasi di continuità o
trasformazione succedutesi nel tempo.
In Abruzzo le aree archeologiche “storiche”, insieme a quelle
di recente scoperta, testimoniano la diversità delle modalità di
acquisizione del patrimonio e le varie caratteristiche strutturali
dei siti, ma presentano comunque la stessa necessità di parametri uniformi e certi di ricerca scientifica, di tutela, di valorizzazione e divulgazione. Per questo, nel corso degli scavi su
nuovi siti o in aree archeologiche già note, è stata seguita l’idea che già l’area in fase di indagine archeologica fosse
oggetto di presentazione al pubblico, in attesa della musealizzazione all’aperto: sono stati quindi adottati opuscoli illustrativi e organizzate visite guidate e laboratori didattici, con la progettazione di percorsi che preludessero alla sistemazione finale del sito, in un tentativo di progettare congiuntamente ricerca, tutela e valorizzazione. A tal proposito si è consapevoli
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
che quanto più saranno integrate le competenze professionali,
tanto più sarà positiva la sistemazione del parco, nel senso
della leggibilità della situazione antica, della sicurezza dei
percorsi e nella comunicazione dei dati scientifici insieme alla
conservazione degli elementi paesaggistici: occorre infatti rendere evidente come i segni materiali e quelli immateriali dell’antichità appartengano ad un unico contesto di relazioni. E’
necessario inoltre comunicare anche le modalità della loro
acquisizione nel nostro tempo, perché risulti immediatamente
chiaro che la nostra stessa conoscenza è parziale e frammentaria. Ma quanto più la conoscenza, frutto della ricerca, è
approfondita, tanto più la tutela sarà argomentata e condivisa
e soprattutto, la fruizione sarà consapevole.
L’Aquila, parco archeologico di Amiternum
Nel comprensorio amiternino, che oggi coincide all’incirca
con il territorio aquilano, nella terra dei Sabini, già dalla fine
del III sec. a.C. fu istituita la praefectura di Amiternum, per il
controllo dell’area da parte dei Romani. Le aree archeologiche sono relative al teatro e all’anfiteatro della città romana e
risultano divise dal corso del fiume Aterno e dalla viabilità
moderna.
I resi degli antichi edifici per spettacolo sono orientati in relazione all’asse stradale che attraversa la città antica e, pur se
edificati a distanza di quasi un secolo l’uno dall’altro, risultano
inseriti nella pianificazione urbana. Delle aree destinate alle
necropoli disposte lungo la viabilità extraurbana restano ruderi di monumenti funerari di notevole ricchezza, che hanno restituito importanti rilievi scultorei e finissimi letti in bronzo.
Nell’area urbana, la costruzione del teatro sancì l’adeguamento monumentale e funzionale dell’abitato ai parametri urbanistici della prima età imperiale. Il nuovo edificio per spettacolo
si inserì in un assetto già costituito, in parte appoggiandosi al
pendio, in parte elevando la cavea su murature radiali.
Nella seconda metà del I secolo venne edificato l’anfiteatro di
cui si conserva l’intera ellisse, rimasta sempre visibile nella
summa cavea; l’intervento di scavo e di restauro degli anni
Sessanta ha portato alla luce l’intero monumento sostruito su
48 arcate a tutto sesto su due piani.
I resti delle strutture monumentali ancora visibili inducono ad
ipotizzare una complessa articolazione dello spazio urbano
antico, che potrebbe essere indagato sistematicamente, emancipando teatro e anfiteatro dal loro apparente isolamento nella
21
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
pianura: la diversità delle strutture e dei servizi e la fastosità
della decorazione architettonica e scultorea (tra cui l’Erma
colossale di Ercole al Museo Nazionale dell’Aquila e la statua
di divinità seduta al Fine Arts Museum of Boston), costituiscono
alcuni aspetti monumentali della città romana dal I al IV secolo, momento in cui prende avvio la fase di declino dei luoghi
costruiti.
Sulmona (AQ), parco archeologico del santuario di Ercole
Curino
Nell’odierno territorio sulmonese, nell’ager che in epoca romana era di pertinenza del municipium peligno di Sulmo, sulle
pendici del Monte Morrone, un parco archeologico conserva
ed espone i resti del santuario di Ercole Curino. Il monumento, che nelle sue fasi costruttive fu adeguato ai canoni edilizi e
strutturali dei coevi santuari terrazzati laziali, conserva le tracce di portici, ambienti voltati, scalinate monumentali, decorazione pittorica parietale, mosaico di tradizione ellenistica prestato ai richiami cultuali. L’articolata complessità del luogo
sacro risponde ad una precisa ritualità, che dall’aspetto oracolare del culto e dall’incessante scorrere dell’acqua salutifera
dettava alla struttura monumentale le sue caratteristiche.
Magnifici i doni offerti ad Ercole: tra questi un’ara bronzea
dall’evocatus Augusti C. Septimius Popilianus e la statuina in
bronzo di arte lisippea raffigurante Eracle in riposo.
Cansano (AQ), parco archeologico di Ocriticum
Ai confini meridionali dell’area peligna, nel territorio di
Cansano, lungo l’importantissimo sistema viario di collegamento con il Sannio, la tradizione letteraria e i recenti scavi
archeologici hanno individuato un insediamento italico – romano cui oggi è possibile attribuire il nome Ocriticum in base ad
una scoperta epigrafica. Posto ai piedi di Colle Mitra, sede di
un importante centro fortificato, il sito archeologico si articola
in un grande santuario, in un abitato, in due aree di necropoli attraversate dalla viabilità e in una vasta area produttiva (calcara). L’area oggi compresa nel parco archeologico era destinata in antico al santuario, racchiuso all’interno di un recinto
sacro ed edificato su due terrazzamenti: sul maggiore sono
visibili i resti dei templi dedicati ad Ercole in epoca italica e a
Giove in età romana, sul terrazzo inferiore di minori dimensio-
22
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
ni era posto il sacello delle divinità femminili (Venere, Cerere e
Proserpina), come documentano i numerosissimi reperti provenienti dai depositi votivi, alcuni dei quali sono esposti presso il
Centro di Documentazione allestito nel centro storico del
paese di Cansano.
23
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
Soprintendenza
per i beni
archeologici
della Basilicata
Soprintendente ad interim:
Giuliana Tocco
Via Serrao, 11
85100 Potenza
tel 0971 21719 fax 3232216
[email protected]
24
Valorizzazione e promozione del patrimonio
archeologico della Basilicata
Marcello Tagliente
Il patrimonio archeologico della Basilicata rappresenta uno dei
più significativi di tutta la Magna Grecia. Il costante lavoro di
ricerca, salvaguardia e studio ha consentito di mettere in evidenza le peculiarità e i valori di un patrimonio spesso percepito come marginale rispetto ai grandi circuiti della cultura e
dell’arte, ma che si rivela in realtà di grande interesse.
La Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata, in
sinergia con la Direzione Regionale, ha ritenuto indifferibile
realizzare attività miranti a valorizzare tutte le emergenze del
territorio, dalle più conosciute a quelle meno note o periferiche, con l’obiettivo di metterle a sistema in un quadro unitario
di tutela e valorizzazione. L’obiettivo finale è quello di inserire
nei grandi circuiti turistici il patrimonio culturale della regione.
In tale ottica la mostra “Coralli segreti. Immagini e miti dal
mare tra Oriente e Occidente” allestita a Potenza nel Museo
Archeologico Nazionale della Basilicata “Dinu Adamesteanu”
è stata inserita, con grande successo, quale esperienza pilota
in Italia del Progetto Magnifico del Ministero. Ciò ha consentito una promozione capillare dell’iniziativa, con visibilità negli
aeroporti, autogrill e ferrovie dello Stato. Grazie a questa campagna pubblicitaria si è riscontrato un notevole incremento nell’afflusso di visitatori al Museo.
Ciò ha rappresentato indirettamente un volano per la conoscenza del patrimonio archeologico dell’intera regione, in
quanto il Museo costituisce la vetrina della complessa realtà
archeologica della Basilicata, per lungo tempo luogo privilegiato dell’incontro tra genti di stirpe e di cultura diversa, al centro del Mediterraneo. Sono presenti infatti otto musei nazionali e sei parchi archeologici, tutti aperti al pubblico.
Nei pressi del capoluogo, a Vaglio di Basilicata, è stato di
recente inaugurato il “Museo delle antiche genti di Lucania”
che presenta suggestive ricostruzioni corredate da materiali
archeologici; nel suo territorio sono aperti al pubblico due tra
i più importanti parchi archeologici della regione. Il primo è
nell’area dell’insediamento indigeno di Serra di Vaglio, caratterizzato da una fortificazione monumentale del IV secolo
a.C.; il secondo si riferisce al santuario lucano di Rossano di
Vaglio, venerato nello stesso periodo da tutte le genti lucane e
dedicato alla divinità osca Mefite.
Nel Museo di Muro Lucano, allestito nell’ex Seminario
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
Vescovile, si possono ammirare, in forme estremamente suggestive, gli eccezionali risultati della ricerca: corredi funerari
arcaici collocati, come al momento del rinvenimento, in ricostruzioni di settori di necropoli; mosaici dalle ville di età romana imperiale, di cui si ripropone l’architettura monumentale.
Il Museo di Melfi, ospitato nel Castello di Federico II, espone,
con un recentissimo allestimento, reperti funerari di straordinario interesse che illustrano la storia di questo comparto della
Daunia tra VIII e III secolo a.C.
Il Museo e il Parco archeologico di Venosa illustrano le testimonianze della colonia latina, patria di Orazio. Nella stessa città
la presenza di Catacombe ebraiche, ubicate accanto a quelle cristiane, testimonia forme di convivenza pacifica tra genti
di religione diversa che possono rappresentare un modello da
diffondere, in particolare in questo momento di forti contrapposizioni anche su base religiosa.
In un’area ricca di boschi dagli elevati valori paesaggistici,
sono ubicati il Museo e il Parco archeologico di Grumento
Nova, dedicati alla città romana di Grumentum, caratterizzata da edifici monumentali, quali un teatro, un anfiteatro, un
Capitolium, una serie di templi e di domus con pavimenti a
mosaico.
Uno dei primi Musei Archeologici Nazionali italiani è quello
di Matera, dedicato alla presenza dell’uomo sulle Murge
durante la Preistoria.
Sempre nel Materano, sulla costa ionica, sono presenti i Musei
e i Parchi archeologici di Metaponto e di Policoro dedicati alle
colonie greche di Metaponto (con i suoi richiami alla figura di
Pitagora) e di Siris-Herakleia (l’attuale Policoro).
Il Museo di Metaponto ospita reperti che provengono dagli
scavi della città magnogreca e dalle necropoli e dai santuari
della zona.
Nell’area di Policoro i rinvenimenti archeologici attestano la
presenza di un insediamento irregolare con aree sacre non
monumentali e vaste necropoli nella vallata sottostante.
In tutti i Musei e le Aree archeologiche si sta perseguendo un
comune obiettivo: quello di raggiungere un pubblico sempre
più ampio attraverso presentazioni che non si fermano alla
mera esposizione e illustrazione delle evidenze archeologiche,
ma che ripropongono ricostruzioni di ambienti e arredi, di
monumenti e necropoli dei vari siti.
25
Direzione Regionale
per i beni culturali
e paesaggistici
della Calabria
Direttore Regionale:
Francesco Prosperetti
Via Scylletion, 1
88021 Roccelletta di Borgia (CZ)
tel. 0961 391048 fax 391033
[email protected]
26
Calabria, archeologia e turismo
Francesco Prosperetti
In questi ultimi anni abbiamo assistito ad una progressiva evoluzione della domanda turistica in Calabria, caratterizzata dall’incremento sensibile del cosiddetto Turismo Culturale e dall’indebolimento dei settori tradizionali. Un fatto questo, dovuto
anche alla natura delle strutture ricettive realizzate in passato
sulle coste, ormai in gran parte inadeguate a rispondere agli
standard di un turismo moderno di livello europeo.
Parallelamente va finalmente crescendo l’interesse per le grandi e finora misconosciute risorse archeologiche e storico artistiche del territorio che, soprattutto nell’interno, risulta ancora ben
conservato e ricco di testimonianze anche naturalistiche di
straordinaria bellezza.
Una efficace politica della tutela attuata in passato, soprattutto dei siti archeologici, realizzata su aree vaste e che non ha
avuto eguali nel nostro paese, ha saputo salvaguardare anche
zone costiere di grande rilevanza paesaggistica, interessate
prima dalla colonizzazione magnogreca e poi da importanti
insediamenti di epoca romana.
Oltre al caso eclatante di Sibari, dove in passato è stata vincolata e in parte acquisita al demanio un’area di oltre 500
ettari, sono rimarchevoli i siti di Crotone, Scolacium, Monasterace e Locri, solo per rimanere sulla costa dello Ionio.
Ne risulta che oggi le località costiere meglio conservate della
Calabria sono aree archeologiche, che possono costituire i poli d’interesse, gli attrattori come oggi si dice, di vasti distretti, ricchi anche di altre risorse storico artistiche di epoca successiva,
come monumenti e centri storici ancora ben conservati.
Per fare un esempio valga ancora il caso di Sibari, al centro
della grande piana costiera del Crati, cui fanno cornice centri
storici importanti come Rossano, Corigliano e Cassano e altri
minori, tutti ricchi di testimonianze importanti, dalle chiese
bizantine di Rossano al castello di Corigliano, cui bisogna
aggiungere numerosi altri siti archeologici minori e luoghi di
grande interesse naturalistico, quali le grotte di S.Angelo a
Cassano e le vallate del Raganello e del Trionto.
Balza allora evidente come attorno a Sibari, dal nome straordinariamente evocativo e capace di grande attrattiva turistica,
possa quasi naturalmente costituirsi un vero e proprio distretto
ricco di risorse per un turismo qualificato, anche se di nicchia
come appunto il turismo culturale.
Lo stesso si può dire per la Locride, cui sono dedicate le pagi-
ne seguenti, dove agli scavi di Locri Epizefiri e Kaulon fanno
da contrappunto i centri d’arte di Gerace e di Stilo, e dove i
41 sindaci del territorio hanno costituito un’associazione intesa appunto a promuovere un nuovo modello di sviluppo turistico, basato sulle risorse culturali e naturalistiche.
Ma affinché anche in Calabria possa svilupparsi un’offerta
capace di intercettare la nascente domanda di turismo di qualità, che caratterizza i nuovi flussi del turismo europeo - basti
pensare alla Francia e allo straordinario incremento fatto registrare da quel paese, proprio grazie all’offerta di nuove location turistiche di qualità – occorre evidentemente un sensibile
cambio di rotta.
E’ necessario mettere in campo politiche che, accanto alla promozione di questi nuovi attrattori, sappiano accompagnare la
crescita di un’offerta ricettiva di qualità, magari localizzata nei
Centri Storici più vicini ai siti archeologici. Centri dove non
mancano potenziali contenitori in edifici storici di pregio,
attualmente sottoutilizzati e facilmente convertibili in strutture
ricettive, di livello adeguato alla nuova domanda di servizi.
Va in questa direzione la nuova normativa sul Turismo disegnata dalla Regione, ed anche la programmazione delle risorse
per lo sviluppo, concertata tra Direzione Regionale dei Beni
Culturali e Amministrazione Regionale nella recente revisione
dell’Accordo di Programma Quadro.
Grazie all’APQ quest’anno sono state portate nuove ingenti
risorse – oltre 10 Meuro - alla Soprintendenza Archeologica
calabrese, per la valorizzazione dei principali siti della
Magna Grecia, da attuare in sinergia con gli Enti locali interessati a promuovere il proprio territorio.
Questa azione si attua anche attraverso la produzione, nei
principali siti archeologici, di manifestazioni d’arte e cultura,
finalizzate a far conoscere i luoghi dell’archeologia anche a
fasce di utenti altrimenti non direttamente interessati.
Tra queste iniziative si segnalano Magnagrecia Teatro, che ha
interessato tutti i principali siti della regione, il Festival Armonie
d’Arte ospitato al Parco di Scolacium ed anche mostre d’arte
contemporanea come “Time Horizon”, la grande istallazione
di oltre cento sculture in ferro, realizzata sempre a Scolacium
dallo scultore inglese Antony Gormley e illustrata in queste
pagine.
27
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
Soprintendenza
per i beni
archeologici
della Calabria
Soprintendente:
Annalisa Zarattini
Piazza Dei Nava,26
89100 Reggio Calabria
tel 0965 812255 fax 25164
[email protected]
28
Il parco archeologico di Locri Epizefiri
Claudio Sabbione
L’immagine della Magna Grecia è essenzialmente legata alle
grandi città elleniche sorte lungo la riva dello Ionio. Tra queste, si presentano qui Locri Epizefiri e Caulonia, in provincia di
Reggio Calabria, situate in un’area costiera ancora poco frequentata da consistenti flussi turistici pur avendo eccellenti prospettive di valorizzazione legate al convergere del richiamo
balneare e di forti interessi culturali, che accomunano i due
centri vicini in un ideale percorso unitario di scoperta del territorio magnogreco. Nel mare tra le due città, a Riace Marina,
furono scoperti nel 1972 le celebri statue in bronzo conservate nel Museo Nazionale di Reggio Calabria.
L’esplorazione delle due poleis greche fu avviata dal grande
archeologo Paolo Orsi al principio del Novecento, e in
entrambe i recenti interventi di ricerca e di valorizzazione permettono un’efficace comprensione dell’organizzazione urbana
antica, delle mura e dei santuari, in rapporto alla complessa
morfologia del terreno ben leggibile per la mancata sovrapposizione di abitati moderni sui siti antichi, oggi inseriti in un tipico ambiente agricolo mediterraneo. La creazione di parchi
archeologici, in avanzata attuazione, si lega strettamente ai
locali musei archeologici, essenziali punti di avvio e supporto
alla visita degli scavi e del territorio circostante.
A Locri Epizefiri (ricadente nei Comuni di Locri e di Portigliola),
la vasta area racchiusa dalle mura (oltre 300 ettari) ha una
morfologia assai articolata.
Verso monte, un vasto settore collinare comprende tre alture
separate da due stretti e profondi valloni, suggestivi e di notevole interesse naturalistico; le mura qui seguono il ciglio delle
alture e culminano in potenti fortificazioni alla sommità assai
panoramica dei colli di Castellace e Mannella.
Nella parte pianeggiante tra le colline e il mare, le mura presentano un andamento rettilineo, e l’abitato di età greca fu pianificato razionalmente con assi viari rettilinei e ortogonali,
disposti in modo da facilitare lo scorrimento verso mare delle
acque piovane. Il vasto scavo di Centocamere permette la lettura dell’articolazione urbanistica delle strada e degli isolati,
all’interno dei quali accanto ad edifici abitativi vi sono impianti artigianali con numerose fornaci per realizzare manufatti in
terracotta, ceramiche, statuette, laterizi; i vari aspetti della vita
quotidiana e domestica in una città magnogreca, con impor-
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
tanti attività produttive, sono qui largamente documentati. Ai
piedi delle colline fu realizzato il teatro, la cui ottima acustica
era favorita da una eco naturale ancor oggi bene percepibile. In vari punti della città sorsero santuari, alcuni dotati di templi monumentali (tra cui un raro caso di tempio di ordine ionico in contrada Marasà) e altri notevoli per le ricchissime offerte votive messe in luce dagli scavi e conservate nei Musei
Nazionali di Reggio Calabria e di Locri: quest’ultimo, inaugurato nel 1971 e situato all’ingresso dell’area della città antica,
offre al pubblico un’ampia documentazione dei vari scavi
locresi e ne facilita la successiva visita.
La recentissima acquisizione di alcuni settori della città antica,
per il resto ancora in buona parte in proprietà privata, ha consentito di avviare l’organizzazione di un primo settore di Parco
Archeologico, creando un percorso pedonale continuo, che
ha origine dal Museo Nazionale di Locri Epizefiri, conduce al
tempio ionico di Marasà e agli altri santuari di Parapezza e
di Marasà Sud, fiancheggia un tratto della cinta muraria fino
al vasto scavo dell’abitato greco a Centocamere. Da qui si
raggiunge al centro della città un’area anch’essa intensamente urbanizzata in età greca, ove nella successiva fase di età
romana sorsero importanti edifici pubblici. I recenti scavi e
restauri hanno qui messo in luce i resti monumentali di un edificio termale di età imperiale romana, ben leggibile nella
sequenza degli ambienti per i bagni freddi e caldi e negli
ambienti di servizio, tra cui una grande latrina; sulle strutture
dell’edificio romano a tratti conservate in elevato fino a 5 metri
di altezza si sviluppò nell’Ottocento una grande masseria detta
‘Casino Macrì’. Questo complesso monumentale offre ai visitatori un interessante esempio, unico nel suo genere nell’antica
Locri, di sovrapposizione di edifici e strade di età greca, su cui
sorsero in età romana le grandi terme, in parte riutilizzate in
età moderna per la masseria; il recupero del piano superiore
ottocentesco consente il prossimo allestimento di un nuovo settore museale dedicato alle fasi romane di Locri, in precedenza assai poco note, e che ora hanno assunto un notevole,
quasi inatteso, risalto per i nuovi scavi al Casino Macrì e agli
altri edifici romani nella vicina contrada Petrara.
Il completamento, ancora in corso, dei lavori di sistemazione
e allestimento museale e didattico del ‘Casino Macrì’ e del
primo settore del Parco Archeologico, ne consentirà l’apertura
definitiva al pubblico nell’estate del 2007, dopo una parziale
presentazione ‘in anteprima’ avvenuta nell’agosto 2006.
L’antica Locri Epizefiri può quindi offrire ai visitatori un quadro
Il Parco Archeologico di Locri Epizefiri,
progettato dall'arch. Roberto Parapetti
di Roma, è coordinato per gli aspetti
archeologici da Claudio Sabbione,
Soprintendenza per i Beni Archeologici
della Calabria
29
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
tra i più completi e articolati della vita e della cultura della
Magna Grecia, attraverso le testimonianze del modo di organizzare razionalmente gli spazi urbani e di adattarsi efficacemente ai condizionamenti dell’ambiente naturale, dalla costa
alle colline, attraverso i documenti delle credenze religiose
offerte dai santuari e della cultura degli spettacoli evidente al
teatro antico, attraverso i segni delle attività e gli oggetti della
vita quotidiana attestati nell’abitato e nelle necropoli. A tutto
ciò si aggiungono ora i monumenti e le altre testimonianze dell’età romana, fino all’abbandono delle aree costiere lungo lo
Ionio nell’alto medioevo: una sequenza ininterrotta di vita urbana di quasi 1500 anni.
30
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
ll parco archeologico e il Museo dell'antica
Caulonia
Maria Teresa Iannelli
A circa quaranta Km. più a nord di Locri Epizephiri, lungo la
SS106 Jonica, il parco archeologico dell’antica Caulonia è
immerso nel tipico paesaggio di bassi uliveti prospicienti il mare.
La città antica, circondata su quattro lati dalla cinta muraria costruita con ciottoli fluviali, trattenuti insieme da terra, si estende su un’area vasta circa una ventina di ettari, comprendente una stretta fascia
costiera che si elevava in leggero pendio, fino ad inglobare tre collinette, di cui una, “La Piazzetta” è stata identificata con l’acropoli.
L’esproprio delle aree del parco, per ora, limitato alla sola
fascia litoranea, definisce un percorso che ricalca l’andamento di uno degli assi viari greci e si snoda lungo la duna costiera prospiciente il suggestivo tratto di mare, dove, in antico, era
il “Cocynthum promontorium”, oggi sott’acqua, per il quale,
Caulonia era ricordata dagli scrittori antichi (Plinio).
Di recente questo specchio di mare, compreso tra la foce dell’odierna fiumara Assi ed il tempio dorico della città antica, è stato oggetto di proficue ricerche subacquee che hanno determinato il rinvenimento di un complesso archeologico di circa trecento reperti, interpretato sia come un tempio ionico in corso di costruzione e mai finito, sia come un’area di lavorazione della pietra che poi sarebbe
stata utilizzata per la costruzione degli edifici pubblici di Caulonia.
E’ stata identificata anche un’area portuale, probabilmente un
porto-canale, coincidente con la foce del fiume Assi, utilizzabile, almeno stagionalmente, come riparo per le imbarcazioni. I
materiali rinvenuti nell’area sommersa, attesterebbero opere di
banchinaggio sul versante Nord del promontorio di Punta Stilo.
Accanto al porto-canale, sarebbe stata in uso anche un’area di
ancoraggio, riparata rispetto al vento grecale, e, dunque, utilizzata con più frequenza soprattutto per il piccolo cabotaggio.
Il parco, attraverso la sequenza di alcune abitazioni, frutto di vecchi e più recenti indagini, permette di prendere visione dei resti
dell’abitato antico, con il suo impianto regolare, definito da larghe strade parallele tra di loro (plateiai) che intersecano vie più
strette (stenopoi); e le sue case, impostate attorno ad un cortile
centrale, inglobate in isolati rettangolari stretti e particolarmente
allungati in senso Est-Ovest; alcune di esse si rivelano molto prestigiose per i particolari costruttivi di grande pregio, spesso costituiti da intonaci colorati alle pareti, e pavimenti in mosaico, talvolta figurati (è noto il mosaico del drago, inserito sulla soglia di
un ambiente in cui si è identificata una sala da pranzo).
Soprintendenza
per i beni
archeologici
della Calabria
Soprintendente:
Annalisa Zarattini
Piazza Dei Nava,26
89100 Reggio Calabria
tel 0965 812255 fax 25164
[email protected]
31
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
Il parco archeologico
e il Museo dell'antica Caulonia
sono coordinati per gli aspetti
archeologici da Maria Teresa
Iannelli e per quelli architettonici
rispettivamente, da Vincenzo
Ammendolia e Maria Reggio,
tutti della Soprintendenza
per i Beni archeologici
della Calabria
32
Ubicata nei pressi di una porta urbica che l’Orsi aveva denominato “porta marina”, per via della vicinanza al mare, è tuttora in corso di scavo, un’abitazione che supera le dimensioni
standard, e che risulta particolarmente monumentale anche per
la presenza di una camera da bagno, nella quale sono state
rinvenute ben cinque vasche in terracotta per le abluzioni, collegate con una serie di canali, ad una ben più ampia vasca in
muratura intonacata, da cui attingevano l’acqua.
Il tratto terminale del percorso archeologico si conclude con l’area sacra del tempio dorico, con il basamento dell’edificio sacro
in grossi blocchi di pietra locale, l’altare a forma rettangolare,
una lunga gradinata ed altre strutture di carattere sacro.
Nel tempo è stato realizzato, in un’area a margine del parco, un
edificio adibito a Museo, la cui peculiarità è soprattutto quella di
essere inserito nel Parco Archeologico della colonia greca, di cui
diventa la naturale esplicazione; esso, perciò, è il mezzo per la comprensione della città antica, di cui si ha evidenza specifica all’aperto, in un territorio esteso, come abbiamo visto, parecchi ettari.
Il Museo è in corso di allestimento e se ne prevede l’apertura
nella primavera del 2007.
La scelta progettuale si è indirizzata verso la realizzazione di
una presentazione che racconti la città non solo ed esclusivamente attraverso i materiali esposti, ma anche in modo che
questi ultimi siano inseriti in un sistema di “ambientazioni” nel
quale, anche se frammentari, diano l’immediata percezione
sia del loro significato che della loro utilizzazione e funzione.
Quindi un museo senza vetrine ma con la ricostruzioni di ambienti relativi alla vita quotidiana: alla religiosità (le aree sacre con i
templi e gli edifici del culto), alle attività domestiche (le abitazioni
con i vani interni adibiti alla commensalità, alle occupazioni femminili), all’artigianato (la lavorazione dell’argilla e dei metalli) che
tanta parte ha avuto nell’economia di tutta la Magna Grecia.
Una progettazione, se si vuole in controtendenza rispetto alla
nuova moda delle “ambientazioni virtuali”, ma che privilegia, sia
dal punto di vista didattico che archeologico, quella che, come
abbiamo detto, è la specificità del Museo e cioè il suo legame
indissolubile con il territorio, che nessuna ricostruzione virtuale,
riteniamo che, al momento, possa interpretare correttamente.
L’allestimento prevede una sezione dedicata ai reperti subacquei
frutto delle prospezioni effettuate nel tratto di mare prospiciente
l’antica colonia: si tratta di elementi architettonici di gran pregio,
(due basi e due rocchi di colonna, questi ultimi con fascia decorata mediante motivi a palmette e fiori di loto) rinvenuti in un’area in antico emersa, ubicata nei pressi dell’approdo.
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
Il Parco Sommerso di Baia
Paola Miniero
Il D.I. del Parco Sommerso di Baia è stato emesso il
7.08.2002 dopo un lungo e travagliato percorso di tutela,
attuato dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici di
Napoli, per il sito più famoso dell’archeologia subacquea per
effetto del bradisismo, Baia Sommersa, reso celebre dal primo
scavo archeologico subacqueo della storia con la scoperta del
ninfeo dell’Imperatore Claudio nel 1980.
Malgrado l’attività di tutela condotta dalla Soprintendenza nel
corso del novecento, con l’imposizione del vincolo archeologico della fascia di mare interessata e l’interesse sempre più sentito per il patrimonio archeologico sommerso, fino al 2000 è
stato attivo un porto commerciale incompatibile con la conservazione dei resti sommersi e fino al 2005 nell’area marina
erano ancora presenti alcuni relitti affondati di motonavi con i
loro carichi di carburante.
Sospeso il porto commerciale nel 2000, la nuova normativa
di area marina protetta ne ha sancito definitivamente il divieto, assegnando alla Soprintendenza il compito di Ente Gestore
provvisorio per la disciplina delle attività compatibili d’intesa
con la Capitaneria: visite subacquee e di superficie nella zona
A (tutela integrale), balneazione, piccola pesca e visite nella
zona B (tutela generale), a cui si aggiunge nella zona C (tutela parziale) la piccola nautica da diporto.
In questi quattro anni di gestione, la Soprintendenza
Archeologica ha avviato, per i Parchi Sommersi di Baia e
Gaiola, un programma di interventi, per realizzare le finalità
primarie sancite dai decreti istitutivi:
- la tutela e la valorizzazione ambientale ed archeologica,
anche per finalità occupazionali;
- la divulgazione della conoscenza della biologia degli
ambienti marini e del patrimonio archeologico sommerso;
- l’effettuazione di programmi di carattere educativo per il
miglioramento della cultura nel campo dell’ecologia, della biologia marina e dell’archeologia;
- la realizzazione di programmi scientifici per approfondire la
conoscenza e lo studio dell’area;
- la promozione di uno sviluppo socio-economico compatibile
privilegiando le attività tradizionali locali già presenti, i cittadini residenti e le imprese con sede nei comuni ricadenti nell’area.
Con i primi finanziamenti del Ministero dell’Ambiente a Baia
Soprintendenza
per i beni
archeologici
delle province
di Napoli e Caserta
Soprintendente:
Maria Luisa Nava
Piazza Museo Nazionale, 19
80135 Napoli
tel 081 4422111 fax 440013
[email protected]
33
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
sono stati realizzati gli interventi obbligatori nelle aree marine
protette, quali l’installazione dei segnalamenti regolamentari
(boe in mare e miragli a terra) l’allestimento della sede, nel
Castello di Baia, la stampa di depliants informativi del Parco
in italiano e inglese e di un’agile guida, l’apertura di sito web
(www.areamarinaprotettabaia.it), l’esecuzione e l’installazione
della cartellonistica stradale e informativa;
Ai fini della conoscenza sono state realizzate le seguenti indagini:
la cartografia morfo-batimetrica dell’area marina mediante strumentazione geo-fisica;
la cartografia bionomica dell’ambiente marino per la conoscenza di tutte le specie benthoniche presenti a cura
dell’Università Partenope.
una ricerca sugli effetti degli agenti biotici marini sulla conservazione delle strutture archeologiche sommerse, a cura della
Stazione A. Dohrn (rinnovata anche per il 2006);
uno studio socio-economico dell’uso del mare allo scopo di
conoscere dati su traffico, attività di pesca, attività di turismo
subacqueo, balneazione e effettuare un’analisi sul piano socioeconomico,
Ai fini dell’indagine sul degrado e su interventi campione di
restauro di manufatti archeologici sommersi sono in corso interventi a cura dell’ICR.
Ai fini della fruizione sono stati svolti i seguenti interventi:
- un filmato in dvd del parco (a cura del CNR)
un corso per la conoscenza sotto l’aspetto archeologico e biologico del Parco riservato ad istruttori subacquei dei diving locali,
al fine di promuovere una corretta fruizione dell’area marina;
un corso per subacquei disabili a cura di un Diving specializzato;
Ai fini della prevenzione e divulgazione è stato istituito un servizio di informazione in mare per i diportisti.
A completamento degli interventi illustrati sono stati avviati programmi educativi per le scuole e attività di marketing, partecipazione a mostre e informazione a cura dell’attuale Consorzio
di Città della Scienza .
I percorsi di visita
Due percorsi guidati mostrano ai visitatori alcuni dei principali
edifici sommersi:
Il percorso della “Villa a Protiro”
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Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
Questo percorso fornisce una chiara immagine non solo di un
frammento dell’antica topografia ma anche della densità edilizia
di questo tratto di costa attraverso un antico quartiere di Baia:
una lunga strada su cui si affacciano terme, taberne e ville.
Dalla strada principale si entra, utilizzando gli stessi accessi
antichi, in un ampia terma pubblica dove ancora sono riconoscibili le sale riscaldate, con le tipiche intercapedini dei pavimenti per il passaggio dell’aria calda, le sale comuni e le
cisterne di raccolta dell’acqua. Proseguendo sulla strada principale si riconoscono una serie di piccoli ambienti tutti uguali,
le taberne, dove antichi commercianti esponevano la merce
ed offrivano i loro servigi ai passanti. Poco oltre i negozi
lasciano spazio ad un sontuoso ingresso: due colonne fiancheggiate da sedili (il protiro da cui il nome del complesso)
segnano l’ingresso ad una villa privata. Entrando si notano piccoli ambienti che si distribuiscono intorno ad un atrio centrale
ed uno di questi ancora conserva uno splendido mosaico integro. Alle sue spalle altri ambienti, caratterizzati da una ricca
decorazione parietale, si estendono fino al limite dell’antica
costa baiana.
Il percorso della “Villa dei Pisoni”
Un ampio giardino circondato da portici, terme e sale residenziali è il cuore di quanto fino ad oggi si conosce della Villa dei
Pisoni. Il percorso subacqueo attraversa questi spazi percorrendo il corridoio a nicchie semicircolari fino alle sale termali dove
ancora si conservano i pavimenti idraulici delle vasche di
acqua calda ed il complesso sistema di alimentazione dell’aria
calda. Si costeggia poi l’ampio giardino attraverso un corridoio
a nicchie rettangolari e semicircolari ed il portico a semicolonne dai suggestivi effetti scenografici, per addentrarsi nell’area
residenziale della villa. Incontriamo un’altra piccola terma con
resti di pavimento in mosaico ed una serie di sale con pavimenti in lastre marmoree che si perdono dolcemente sotto la sabbia
che le ha custodite fino ad oggi. Più appartati numerosi ambienti di servizio conducono all’area propriamente marittima costituita da due piccoli approdi e da una peschiera per l’allevamento del pesce; una serie di 25 pile costruite in mare proteggevano questo lato della villa dalle mareggiate.
L’attribuzione di queste strutture alla villa della gens dei Pisoni
è stata possibile grazie al ritrovamento di una fistula aquaria
(una tubatura dell’acqua) con riportato il nome di colui che
commissionò il lavoro: Lucio Calpurnio Pisone. Il ritrovamento
della fistula è particolarmente importante perché si tratta dell’u-
35
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
nico caso in cui è stata trovata un’iscrizione che permettesse di
attribuire ai resti di una villa baiana il nome del proprietario.
Dai testi antichi conosciamo anche un altro membro di questa
famiglia vissuto intorno alla metà del I secolo d.C., Gaio
Calpurnio Pisone, noto per aver premeditato nella sua villa di
Baia una congiura contro l’imperatore Nerone. In seguito alla
scoperta del complotto, la villa venne espropriata dall’imperatore ed entrò a far parte dei possedimenti statali. Gli imponenti resti che oggi giacciono sul fondo del mare fanno parte di
una consistente ristrutturazione avvenuta nel II secolo d.C.
durante il regno dell’imperatore Adriano.
Il Percorso del Portus Julius
Lasciando la zona A del Parco e addentrandosi nella zona C,
si può seguire a partire dalla Villa dei Pisoni un lungo istmo
sabbioso rinforzato verso mare da una scogliera artificiale sul
quale, secondo le antiche fonti letterarie, correva la Via
Herculanea e che costituiva l’antico limite del lago Lucrino. Il
bradisismo prima e poi l’eruzione di Monte Nuovo nel 1538
hanno completamente sconvolto questo tratto di costa trasformando il lago in mare aperto. L’antico istmo, lungo circa un
chilometro e mezzo, si interrompe solo nel suo tratto centrale
in corrispondenza della c. d. Secca Fumosa. Quest’area, che
prende il nome dalla presenza di imponenti emissioni idrotermali, conserva una serie di 28 massicci piloni che si innalzano dal fondo per un’altezza di 6-7 metri, costruiti a protezione
di una vasta zona retrostante adibita probabilmente a banchina di attracco.
L’istmo - dopo l’interruzione - riprende per agganciarsi circa
440 metri più avanti al canale di ingresso del Portus Iulius, complesso nato come porto militare nel 37 a. C., per volere di
Agrippa, in previsione della guerra contro Sesto Pompeo (Zona
B del Parco). Per la sua realizzazione vennero effettuate grandi opere d’ingegneria: un canale lungo 400 metri per collegare il mare con il lago Lucrino ed uno per mettere quest’ultimo in
comunicazione con il lago d’Averno. Dismesso il ruolo militare
trasferito al nuovo porto di Miseno, il Portus Iulius, ampliato con
infrastrutture e magazzini, assume un’importante funzione commerciale potenziando la recettività di quello di Puteoli.
La conoscenza del porto, che giace ora a bassa profondità,
si deve in gran parte, seppure nelle linee generali, alla fotografia aerea e ad indagini geofisiche grazie alle quali sono
stati individuati l’antica estensione, il canale di accesso, le darsene e i magazzini.
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Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
Teano dei Sidicini.
Il Museo e il Parco archeologico
Francesco Sirano
L’antica Teanum, nella Campania settentrionale abitata dalla
popolazione osca dei Sidicini, è apparsa sin dai primi scavi
sistematici quale uno dei siti di maggiore rilevanza nell’orizzonte italico sia per la qualità storico artistica dei materiali rinvenuti, sia per lo stato di conservazione complessivamente
buono dei livelli tardo classici, ellenistici e romani entro una
forma urbana che risulta molto più estesa nell’Antichità rispetto
al Medio Evo, all’Età Moderna e Contemporanea. I prodotti
dell’artigianato artistico locale, sia plastica fittile sia ceramica
fine da mensa, mostrano tra il VI e il III secolo a.C. con grande evidenza caratteristiche iconografiche e stilistiche originali,
tali da renderli non solo facilmente identificabili, ma soprattutto riconducibili con immediatezza ad un’identità etnica dai
connotati culturali marcatamente autonomi.
A partire dalla fine del IV secolo a.C., nella costante alleanza
e coincidenza di interessi economici con Roma, la città attraversò un intenso sviluppo assumendo tra II e I secolo a.C. un
aspetto grandioso con terrazzamenti e scenografiche soluzioni urbanistiche. In particolare, il complesso degli edifici da
spettacolo (teatro e anfiteatro) la posero all’avanguardia tra le
città dell’area campano-laziale per l’arditezza delle forme
architettoniche. Colonia con Augusto, Teanum godette di
straordinaria fortuna anche durante il periodo imperiale, come
puntualmente illustrato dalla documentazione archeologica,
all’interno della quale spiccano l’architettura e l’epigrafia. La
ricchezza non venne meno del tutto neppure in età tardo antica, quando ancora numerose sono le testimonianze relative
alla precoce comunità cristiana, alla presenza tra i senatori di
Roma di Teanesi, nonché ad evidenze monumentali dalla città
e dal territorio. In epoca longobarda l’abitato si restrinse all’antica arce sidicina, per ampliarsi all’attuale centro storico nel XIXII secolo con la costruzione di un complesso sistema di difesa composto da castello e cinta muraria.
Per la tutela e la valorizzazione di tale ingente patrimonio storico e archeologico, inserito entro una cornice naturale ancora ben preservata alle falde del Roccamonfina, dal quale
discende il fiume Savone, è stata adottata una strategia multidisciplinare e sono stati individuati due capisaldi nell’azione
della Soprintendenza: il Museo, il Parco archeologico.
Il Museo, inaugurato nella primavera del 2001, si trova nello
Soprintendenza
per i beni
archeologici
delle province
di Napoli e Caserta
Soprintendente:
Maria Luisa Nava
Piazza Museo Nazionale, 19
80135 Napoli
tel 081 440166 fax 440013
[email protected]
37
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
splendido edificio tardo gotico noto come Loggione, o
Cavallerizza, costruito a partire dalla fine del XIV secolo sul
limite dell’arce della città antica. L’edificio ha visto mutare le
funzioni da Seggio medioevale, a stallo diviso in due navate
per i cavalli delle più importanti famiglie di Teano nel XVIII
secolo, a scuola nella sua parte superiore, a cinema, infine a
sede espositiva. Un sapiente restauro ha teso ad esaltare i
volumi medioevali e la particolare luce che filtra dalle alte finestre ogivali rivolte a est e a sud, nonché a rappresentare le fasi
salienti dell’occupazione del sito dal IV secolo a.C. ai giorni
nostri. Uffici, depositi, sala polifunzionale per conferenze e
esposizioni temporanee, una foresteria si trovano ai piani
superiori.
Il museo racconta, mediante l’esposizione ragionata di poco
meno di mille reperti, la storia della città e del suo territorio dal
periodo preistorico (Paleolitico Medio- 120.000-35.000 anni
fa) alla tarda Antichità (VI-VII secolo d.C.). I criteri dell’allestimento tengono conto non solo degli spazi a disposizione,
entro i quali si è cercato di inserire armonicamente il percorso
di visita, ma anche dei principali fenomeni culturali che hanno
caratterizzato la vita delle genti che abitarono questo comprensorio.
Il Parco archeologico prevede l’inserimento al suo interno dell’intera area urbana antica e l’ampliamento progressivo dell’area fruibile dal pubblico a partire dal teatro, il più significativo
monumento della città antica oggi in vista. Per il raggiungimento di tale finalità, oltre alle ricerche archeologiche di emergenza condotte nell’ambito delle attività di controllo preventivo del
territorio, è stata avviata la redazione della Carta archeologica della città antica. Tale imprescindibile supporto per la conoscenza e la tutela del sito viene realizzato su base digitale con
l’inserimento di tutti i ritrovamenti effettuati dalla Soprintendenza dai primi anni “ ‘60 ” del XX secolo e mediante l’effettuazione, in collaborazione con l’Accademia Britannica di
Roma e l’università di Southampton, di sistematiche campagne
di indagini geofisiche non invasive, associate a saggi di
scavo, che stanno rivelando la straordinaria conservazione del
tessuto urbano e delle planimetrie sia dei quartieri residenziali, sia degli edifici pubblici.
Contestualmente l’azione di tutela amministrativa estende provvedimenti di vincolo, sia diretto sia di completamento, a partire dalle zone la cui conservazione è minacciata in maniera
diretta dall’espansione edilizia contemporanea, ovvero a
rischio di saccheggio clandestino; la contestuale stretta colla-
38
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
borazione con il Comune ha inoltre sortito l’effetto della previsione nel nuovo Piano Urbanistico in via di adozione di un’area Strutturale destinata a Parco archeologico.
Il teatro fu costruito alla fine del II secolo a.C. e completamente rinnovato per volontà degli imperatori Settimio Severo e
Gordiano III (238-244 d.C.). Sono oggi visibili l’intera superficie della cavea e l’edificio scenico. Sono chiaramente distinguibili in più punti dell’edificio strutture realizzate in opera
incerta per la maggior parte dei casi inglobate in muri in
opera testacea. Tale dato indica che il teatro ebbe due principali fasi architettoniche. La prima, realizzata in opera incerta
con potenti muri di sostegno a volta, restituisce testimonianza
del più antico teatro d’Italia con cavea completamente sostenuta da arcuazioni. Sulla sommità delle gradinate era presente un santuario dedicato ad Apollo, come si è indotti a ritenere in base sia alla struttura dei muri di terrazzamento ellenistici, sia ad una mensa di altare con dedica in osco a tale divinità. Alla fine del II secolo d.C. il monumento fu radicalmente
mutato: facendo perno sull’orchestra ellenistica, la cavea fu
ampliata a danno dei muri di sostegno ellenistici, sino a raggiungere un diametro di 85 m circa; in luogo del logheion ellenistico fu eretto un imponente edificio scenico rettilineo con
fronte costituita da architravi in marmo proconnesio e colonne
dei più vari e preziosi marmi dell’Impero, parte dei quali sono
allineati nell’area archeologica. L’edificio, alto in origine più di
24 m, era decorato con nicchie e sculture. Nonostante che tra
l’VIII e il X secolo le rovine dell’edificio siano state utilizzate
come cava a cielo aperto, sono stati recuperati blocchi architettonici e colonne in numero tale da spingere a ipotizzare una
possibile anastilosi, al cui progetto è stato chiamato a collaborare l’Istituto Archeologico Germanico di Roma.
Mediante finanziamenti europei e statali (POP FESR 1996,
Gioco del Lotto, Agenda 2000 POR- PIT di Capua Antica), il
monumento è stato sottoposto a scavo stratigrafico e a restauro conservativo, nonché sono state acquisite le aree di pertinenza (porticus pone scaenam, versurae, santuario superiore).
L’apertura al pubblico del sito, sede già dal 2000 di rappresentazioni teatrali estive nell’ambito del circuito del Teatri di
Pietra, è prevista entro il 2008.
Il progetto di Parco individua il successivo ampliamento all’area del foro e, attraverso un suggestivo percorso naturalistico,
al santuario di Iuno Popluna (divinità italica protettrice del
populus sidicino); il terzo ampliamento ingloberà l’intero quartiere degli spettacoli, comprensivo dell’anfiteatro, congiungen-
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Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
do il nucleo primitivo del Parco all’area già demaniale posta
lungo l’attuale viale Ferrovia (uno dei cardini nella viabilità
antica), detta dell’ ex Antiquarium comunale, dove è stato individuato il macellum, destinato anch’esso ad essere portato
quasi totalmente in luce con fondi POR Agenda 2000 ottenuti dal Comune di Teano con un progetto costruito d’intesa con
la Soprintendenza. Su quest’ultimo sito, posto ai margini della
città contemporanea a poche centinaia di metri sia dal teatro,
sia dal centro storico medioevale, sarà inoltre localizzata un’area di parcheggio con attrezzature di accoglienza e informazione turistica.
40
Il territorio ferrarese. Nuove scoperte archeologiche
Dal 1995 il centro storico di Ferrara è stato inserito
dall’UNESCO nella lista del patrimonio mondiale dell’Umanità
quale mirabile esempio di città progettata nel Rinascimento.
Dal 1999, il riconoscimento è stato esteso al Delta del Po e
all’itinerario delle antiche “delizie” estensi, individuando l’insieme con la denominazione di Ferrara, città del Rinascimento e
il suo Delta del Po.
L’area del Delta si è formata grazie ai detriti depositati dal Po
nel corso dei secoli e solo la millenaria interazione fra le forze
della natura e l’intervento costante dell’uomo ha reso possibile
l’esistenza in una zona in continua evoluzione e caratterizzata
da una vasta complessità ambientale.
Etruschi, romani, comunità medievali e dell’evo moderno vi
hanno lasciato i segni della loro presenza e delle loro culture
che svelano costanti contatti con le civiltà della Grecia e
dell’Europa del nord.
L’emporio etrusco di Spina, la via Romea, l’abbazia di
Pomposa, la città di Comacchio, il castello di Mesola non
sono che le testimonianze più note dell’importante passato di
un territorio che é oggi palestra di lavoro per gli archeologi e
che continua a restituire materiali per la sua storia.
Recentissimo è il casuale rinvenimento che ha portato alle
tombe dei Fadieni, la necropoli che, con i suoi corredi, racconta non solo la storia di una famiglia benestante della prima
età imperiale ma anche gli usi e le consuetudini di una intera
civiltà.
I risultati degli studi condotti sui materiali venuti alla luce durante gli scavi sono oggi offerti al pubblico nella mostra “Mors
Inmatura”, allestita nella Delizia Estense del Verginese di
Gambulaga, a pochi passi dal luogo del ritrovamento, grazie
alla collaborazione fra Comune di Portomaggiore, la Pro Loco
di Portomaggiore, la Soprintendenza per i Beni Archeologici
dell’Emilia-Romagna, la Provincia di Ferrara e grazie al contributo del Lions Club Ferrara Europa.
Direzione Regionale
per i beni culturali
e paesaggistici
dell'Emilia Romagna
Direttore Regionale:
Maddalena Ragni
Via Sant'Isaia, 20
40123 Bologna
tel 051 3397011
fax 33397077
[email protected]
coordinatore: Paola Monari
41
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
Soprintendenza
per i beni
archeologici
dell'Emilia Romagna
Soprintendente:
Luigi Malnati
Via Belle Arti, 52
40126 Bologna
tel 051 223773 fax 227170
[email protected]
42
Un sepolcreto prediale di età romana nel delta
ferrarese
Fede Berti, Luigi Malnati
Un ritrovamento casuale e recente nell’entroterra di Ferrara,
due campagne di scavo, una mostra e un catalogo: questo, in
sintesi, il percorso seguito dalla Soprintendenza per i Beni
Archeologici dell’Emilia-Romagna e dal Comune di Portomaggiore (Ferrara) per presentare una importante scoperta che
getta nuova luce sul popolamento del delta padano tra il I e il
II sec. d.C.
Trattasi della necropoli prediale dei Fadieni, venuta in luce nel
2002 in territorio di Gambulaga (Portomaggiore).
La necropoli è caratterizzata da cinque stele iconiche in Pietra
di Aurisina allineate e rivolte verso quello che doveva essere un
percorso viario, con testi epigrafici arricchiti (in quattro casi) da
carmina, e dodici sepolture ubicate prevalentemente alle spalle
degli stessi monumenti. Le tombe, a cremazione indiretta, riaperte anche più volte per inserire nuove deposizioni, erano
dotate di corredi vitrei e da singolari manufatti di bronzo.
Lo stemma della famiglia si apre con C. Fadienus C. f. (ca. 20
a.C. -30 d.C.), sepolto con la sposa Ambulasia M. f. Anucio,
prosegue con i figli C. Fadienus Repentinus, Fadiena Tertia e
M. Fadienus Massa con i rispettivi consorti, i nipoti e i pronipoti.
Il dato onomastico suggerisce una provenienza di C. Fadienus
dall’Italia nordoccidentale (fermo restando che il luogo originario della famiglia si trovava forse in zone dell’Italia centrale
appenninica) e l’acquisizione - tramite matrimonio - di individui
di substrato celtico ed etrusco.
Per la varia tipologia e la alta qualità, le stele funerarie si
inquadrano nella produzione di buoni ateliers operanti in area
emiliano-veneta; tra esse si distingue sia per la specifica caratterizzazione a clipeo sia per i bassorilievi che ne articolano i
lati il monumento di L. Fadienus L. f. Actor (il pronipote di C.
Fadienus), risalente allo scorcio del I sec. d.C.
Sede della mostra “Mors Inmatura. Il sepolcreto dei Fadieni”,
dedicata al ritrovamento e aperta al pubblico a partire dal 27
aprile 2006, è la dimora di Laura Dianti, amante di Alfonso I
d’Este, ovvero la Delizia Estense del Verginese, un edificio sulle
cui immediate pertinenze le locali Amministrazioni hanno
recentemente profuso il loro impegno anche per la ricostituzione dell’habitat e dei giardini
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
Barche Tradizionali dell'Adriatico. Tutela del
patrimonio storico artistico e etnoantropologico.
Riccardo I° L'ultima delle Comacine di
Comacchio - Storia di un recupero
Alain Rosa
“Le Leggi mutano, si aggiornano, ma alcuni concetti fondamentali rimangono fermi, come il riconoscimento dell’eccezione del “bene” allargata agli oggetti che documentano il lavoro dell’uomo, nel tempo, nell’ambiente e nelle varie forme di
aggregazione sociale”. Così ci racconta la dott.ssa Mirella
Cavalli della Soprintendenza per i Beni Demoantropologici di
Bologna, in “Testimonianza materiale avente valore di Civiltà”
nel volume “Riccardo I° L’Ultima Comacina di Comacchio”.
E’ nel DNA del Ministero per i Beni e le Attività Culturali tutelare qualsiasi Bene Culturale Italiano. Già al tempo dalla sua
costituzione con il Decreto del Presidente della Repubblica
3.12.1975, n. 805, prende come principio fondamentale e
ispiratore, del neo nascente “Ministero per i Beni Culturali” ,
l’art. 9 della Costituzione, principio trasferito il Codice Urbani,
nel quale afferma che la Repubblica tutela e valorizza il patrimonio culturale in coerenza con le attribuzioni di cui all’articolo 117 della Costituzione e secondo le disposizioni del presente codice. (D. Lgs. Del 22 gennaio 2004, n. 42 ai sensi
dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137 e modificato dal D.Lgs. n. 156/2006).
Il citato D.Lgs. n.42/2004, insieme alle successive e recenti
modificazioni, stabilisce una serie di articoli che aiutano a
comprendere quali sono i principi fondamentali della tutela,
verificando che cosa è il Bene Culturale, quali sono i soggetti
della tutela, della salvaguardia e della valorizzazione nell’interesse culturale nazionale.
Oltre all’articolo 1, nel quale sono descritti i principi fondamentali della tutela del Bene Culturale, è di obbligo citare altri
articoli come, per esempio, l’art. 10 capo I “Oggetto della
tutela”; l’art. 11 “Beni oggetto di specifiche disposizioni di
tutela”; l’art. 12 “Verifica dell’interesse Culturale”.
Ognuno di questi articoli fondamentali contiene, al suo interno, particolare interesse per l’oggetto tema di queste righe, la
storia del Riccardo I°, un’imbarcazione tradizionale ormeggiata a Comacchio e di in un libro pubblicato dal Ministero per i
Beni e le Attività Culturali che ne racconta le vicende.
L’articolo 10 comma 1, indica quali sono i beni culturali, le
cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle Regioni,
Soprintendenza
per i beni
archeologici
dell'Emilia Romagna
Museo Archeologico
Nazionale - Ferrara
L'imbarcazione Riccardo I º
è ormeggiata presso il canale
Lombardo a Comacchio,
dietro il Duomo
Direttore:
Fede Berti
Via XX Settembre,122
44100 Ferrara
43
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed
istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di
lucro.
L’articolo 10 comma 3 indica le cose immobili e mobili che
presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importanti, appartenenti a soggetti diversi da quelli indicati al comma 1; la lettera “ i “ specifica che gli oggetti aventi interesse artistico, storico o etnoantropologico, sono anche le navi e i galleggianti .
Per quanto riguarda invece l’articolo 12 comma 1, esso verifica l’interesse culturale, indica le cose immobili e mobili rimandando all’articolo 10, comma 1, opere che siano di autore
non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre cinquanta
anni, sono sottoposte alle disposizioni della presente parte
fino a quando non sia stata effettuata la verifica di cui al
comma 2 modificato dal D. Lgs. N.156 del 2006.
A prescindere dall’indispensabile e utile legislazione in materia di Beni Culturali, testo che ci permette di tutelare, salvaguardare e valorizzare i Beni Culturali e Paesaggistici italiani, nella
nostra “Bell’Italia”, circondata per tre lati dall’acqua, si osservano molte floride iniziative cosiddette “marginali” che vanno
contro corrente alle iniziative “Ufficiali” al fine di valorizzare
una cultura e un’economia territoriale.
Questa pubblicazione raccoglie le testimonianze e i contributi
di numerosi studiosi di un settore ancora ignorato e poco conosciuto come quello dell’archeologia navale e dello studio dell’economia marinara.
Queste due discipline, ancora troppo poco valorizzate, considerano importanti gli scambi commerciali, che già nell’antichità usavano il mare come principale via di comunicazione.
Lo studio pubblicato è stato realizzato per mostrare al grande
pubblico una vicenda “locale“ che sottolinea la straordinaria
capacità di quelle realtà “locali/territoriali”, di produrre economie volte al benessere e al sostentamento delle famiglie.
L’economia del territorio vicino al mare – come l’Adriatico – si
basa fondamentalmente su uomini e mezzi capaci di affrontare qualsiasi avversità. Sono elementi unici per affrontare le
navigazioni, per il trasporto e la commercializzazione di prodotti facilmente deperibili utili al territorio, ma anche materiale
indispensabile per la conservazione dei prodotti finiti. Una
economia essenziale a cui è legata la stessa sopravvivenza
della popolazione.
I frutti della terra, la produzione del sale per la conservazione
e l’inscatolamento del pescato, il trasporto delle merci da un
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Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
porto all’altro, vede protagonisti questi “uomini semplici ma
veri” capaci con le loro barche, (tuttora presenti nei diversi
porti della costa adriatica), di solcare il mare Adriatico fino a
raggiungere la lontana Istria, come, già in epoca antica, testimoniano i molti ritrovamenti archeologici sul territorio.
Le popolazioni delle “Valli di Comacchio” si sono sempre dedicate alle attività di commercializzazione dei prodotti della
terra e dell’acqua con una straordinaria passione. Da sempre
li contraddistingue una formidabile tenacia insieme a un’antica
e precisa conoscenza del territorio acquatico.
Comacchio, capitale del delta del Po, è diventata interessante meta di attrazione di grandi e importanti circuiti della
Comunità Europea e Internazionale.
Storia, archeologia, gastronomia e ambiente si fondono in
un’unica entità, essi danno vita a una città lagunare che si
specchia con le sue caratteristiche, all’interno di un paesaggio
magico dominato dalle valli da pesca, dalle antiche saline.
Una città ricca di particolari, immersa in una rigogliosa flora e
fauna nel Parco Regionale del Delta del Po.
Questa affascinante zona umida, per fortuna ancora oggi salvaguardata a livello ambientale, ha condizionato la popolazione a tal punto da considerare la navigazione la loro stessa
vita e le barche delle vere e proprie “case galleggianti” per
molti e molti giorni.
La protagonista del racconto è una di queste barche, l’ultima
delle “Comacine”, una imbarcazione tipica delle Valli di
Comacchio.
Questo lavoro vuole essere, oltre che un omaggio a quella che
a torto viene definita “marineria minore”, un contributo al lavoro di sensibilizzazione, valorizzazione e divulgazione messo
in atto da tempo nel nostro paese grazie a illustri studiosi e da
semplici appassionati e amanti del mare.
Grazie al sapiente lavoro di recupero, oggi la “Comacina
Riccardo I°” è diventata la terza imbarcazione storica riconosciuta con Decreto Ministeriale del 12 maggio 2004 quale”
dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
A questo proposito è doveroso un ringraziamento all’autore
materiale del recupero il sig. Vittorio Zappata che con tenacia,
coraggio e spirito di iniziativa è riuscito a salvaguardare da
distruzione certa quello che lui chiama amorevolmente “il vecchio legno” .
Il volume “ Riccardo I° L’ultima Comacina di Comacchio” è
stato realizzato con la collaborazione di figure istituzionali e
studiosi nel settore dell’archeologia navale e dell’economie
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Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
locali come i proff. Marco Bonino, Stefano Medas, Laura
Buffoni, i dottori Mirella Cavalli, Daniele Ciocchetti, Luciano
Boccaccini i quali, con il loro contributo, hanno arricchito il lavoro.
Una favola, quella del Riccardo I, trasformata in una storia vera,
fatta di uomini e di barche, di mare e di terra, di agricoltura e
di economia di mare: e, come tutte le favole che si rispettano,
non poteva che essere a lieto fine. A dire la verità questa è una
storia che racconterei a tutti i bambini, prima di addormentarsi,
affinché sognino di un’“isola, scusate, una barca che non c’è”.
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Villa rustica romana di Via Raparoni - Comune
di Ronchi dei Legionari (GO)
Fabiana Pieri
Una villa rustica posta immediatamente dietro l’aereoporto
regionale di Ronchi dei Legionari e parzialmente entro le sue
piste è stata rinvenuta durante i lavori per il potenziamento dell’acquedotto di Trieste nel 1987; scavi archeologici, promossi
dalla Soprintendenza tra il 1987 e il 1991 hanno accertato
l’estensione dell’edificio e la sua cronologia collocabile tra il I
sec. a.C. e il III sec. d.C. La villa, posta nell’agro sudorientale di Aquileia, è caratterizzata da pavimenti musivi particolarmente perspicui sia nella fase iniziale, con stanze pavimentate in opus signinum, che nella fase imperiale, quando compaiono ricchi tappeti musivi sia in bianco e nero che colorati,
in particolare un triclinio con rappresentazioni afferenti al banchetto.
Questo rinvenimento ha permesso di conoscere, oltre all’organizzazione di una struttura produttiva attiva già nel I sec. a. C.,
la dinamica degli episodi esondativi del fiume Isonzo, che si
caratterizza per le divagazioni del suo corso in età romana e
che determinano, dopo il III sec., la presenza di uno strato alluvionale a chiusura della sequenza abitativa.
L’eccezionalità del rinvenimento ha determinato l’azione del
Comune, in collaborazione con la Soprintendenza per i beni
archeologici, per la valorizzazione del sito grazie ad un cofinanziamento dell’Unione Europea Obiettivo 2 DOCUP 2000
- 2006, Azione 3.2.1.
Il progetto, approvato congiuntamente dalle due Soprintendenze di settore, in corso di attuazione, prevede la ricollocazione dei pavimenti musivi già restaurati a cura della Soprintendenza. La loro protezione verrà assicurata da coperture
appositamente studiate per rispondere all’esigenza di non
superare l’altezza di m 1, determinata dal vincolo aeroportuale. Le strutture sono realizzate mediante un’orditura di acciaio
inox e specchiature in vetro anti-fondamento. Verrà realizzato
un percorso di visita, accessibile anche ai diversamente abili,
corredato da una cartellonistica didattico- esplicativa con foto
e ricostruzioni grafiche dell’edificio nelle sue diverse fasi.
La pubblicazione scientifica degli scavi verrà realizzata nell’ambito del progetto già finanziato e curerà anche l’analisi del
paesaggio agrario e la sua modificazione nel corso dei secoli. Il volume, intitolato “Luoghi di vita rurale. Un percorso che
attraversa i secoli”, in corso di avanzata elaborazione, uscirà
Soprintendenza
per i beni
archeologici
del Friuli
Venezia Giulia
Soprintendente:
Fulvia Lo Schiavo
Piazza della Libertà,7
34135 Trieste
tel. 040 4194711 fax 43634
[email protected]
47
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
entro i primi mesi del 2007.
La valorizzazione del sito si colloca all’interno di un progetto
più ampio (Progetto “Itinerari storici tra Carso e Isonzo” cofinanziato dall’Unione Europea con il programma Interreg III A
Italia – Slovenia 2000-2006, Asse 2, Misura 2.2Cooperazione transfrontaliera nel settore del turismo, Azione
2.2.1 e 2.2.2) che prevede la creazione di una nuova rete di
sentieri e percorsi tematici per diversificare l’offerta turistica e
valorizzare anche le località minori (itinerari storico-archeologici, naturalistici ed enogastronomici), ovvero la creazione di un
“museo diffuso” in modo da realizzare un sistema locale unificante più realtà contestualizzate, ovvero più monumenti, musei
ed aree archeologiche sparse in un contesto unitario. Tale
azione permetterà la realizzazione di servizi e prodotti promozionali comuni.
Progetto a cura di: Associazione
temporanea di Imprese,
S.I.C.E.A. srl di Attimis (UD),
A.RE.CON. snc
di Campoformido (UD),
Deltaimpianti Srl di Nimis (UD).
Direzione scientifica a cura
della dott.ssa Franca Maselli
Scotti, archeologo direttore
coordinatore della Soprintendenza
per i Beni Archeologici
del Friuli Venezia Giulia
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Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
Area archeologica di Zuglio (UD)
Serena Vitri
L’area archeologica di Zuglio (UD), la “Iulium Carnicum” di
fondazione cesariana, centro di un vasto territorio montano, è
stata creata nel 1938 in occasione del “Bimillenario augusteo”; coincide quasi interamente, dopo l’ampliamento seguito ad alcune demolizioni operate in occasione del terremoto
del 1976, con la piazza del foro, edificato in età augustea al
di sopra delle strutture del vicus tardorepubblicano. Del vicus
sono visibili i resti di alcuni edifici affacciati su di uno spazio
aperto; del Foro sono conservati i resti della platea circondata da un portico coperto, del tempio e della basilica civile.
E’ in corso il progetto di restauro e valorizzazione del complesso: sono quasi completati gli scavi e sono in corso le operazioni di restauro del criptoportico della basilica messo completamente in luce nel corso del 2004. Sono in corso di progettazione un percorso su passerelle che permetta la fruizione
dell’intera zona e, in collaborazione con il Comune di Zuglio,
il collegamento con aree di parcheggio e con una nuova area
in corso scavo ed esproprio ove sorgeva un vasto edificio
riscaldato ed un tempio.
Soprintendenza
per i beni
archeologici
del Friuli
Venezia Giulia
Gli scavi sono stati diretti tra
1981 e 1992 da Marisa Rigoni
della Soprintendenza per i beni
archeologici del Veneto;
dopo il 1993 gli scavi, i restauri
e le opere di protezione e
valorizzazione sono diretti da
Serena Vitri e Romeo Causero
della Soprintendenza
per i beni archeologici
del Friuli Venezia Giulia.
I risultati delle ricerche i recenti sono edite in VITRI S., DONAT P., L’Alto
Friuli tra età del Ferro e romanizzazione: nuovi dati da indagini
recenti e CORAZZA S., DONAT P., ORIOLO F., Trasformazione e abbandono dell’area meridionale del Foro di Iulium Carnicum: nuovi dati
stratigrafici, in Iulium Carnicum. Centro alpino tra Italia e Norico
dalla protostoria all’età imperiale, Atti del Convegno a cura di G.
BANDELLI, F. FONTANA, Roma, 2001, pp. 39-83 e pp. 237-273;
Museo Archeologico Iulium Carnicum. La città romana e il suo territorio attraverso il percorso espositivo, a cura di F. ORIOLO, S. VITRI,
Tavagnacco 2005.
Soprintendente:
Fulvia Lo Schiavo
Piazza della Libertà,7
34135 Trieste
tel. 040 4194711 fax 43634
[email protected]
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Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
Soprintendenza
per i beni
archeologici
del Friuli
Venezia Giulia
Il monumento ed i materiali,
di cui è riconosciuta l'eccezionale
importanza in ambito nord-italico
in particolare per gli affreschi,
sono stati oggetto di edizione
scientifica (A. Conte,
M. Salvadori, C. Tirone,
La villa romana di Torre
di Pordenone.
Tracce della residenza
di un ricco dominus
nella Cisalpina Orientale,
Roma 1999)
Soprintendente:
Fulvia Lo Schiavo
Piazza della Libertà,7
34132 Trieste
tel. 040 4194711 fax 43634
[email protected]
50
Torre di Pordenone - Villa romana
Paola Ventura
Il complesso della villa romana di Torre, individuato e scavato
in maniera non scientifica negli anni ’50, è stato successivamente oggetto di indagini puntuali ed interventi di restauro e
manutenzione da parte della Soprintendenza negli anni ’80 e
’90 e nel corrente anno (incluso l’adeguamento dell’apparato
didattico). Recentemente sono state effettuate anche verifiche
mirate per meglio definire l’estensione dell’edificio ed il suo
inserimento nel contesto morfologico antico, con particolare
riguardo alla presenza del fiume Noncello.
L’area archeologica è collocata nel parco comunale del
Noncello ed è attualmente aperta settimanalmente; è inoltre
operativa una convenzione fra Soprintendenza e Comune per
la manutenzione e fruizione dell’area archeologica, con ulteriori aperture e visite didattiche, attività che si è intensificata a
seguito dell’inaugurazione nel febbraio scorso delle prime
sezioni del Museo Archeologico di Torre, di proprietà del
Comune, che espone materiale in deposito di proprietà statale, inclusi (in un allestimento provvisorio) i reperti dalla villa.
Alla luce degli ultimi dati risulta che l’edificio romano è stato
costruito nel I sec. a.C. in un’area instabile dal punto di vista
idraulico; il primo impianto residenziale, connotato da ambienti di lusso (eccezionale l’importanza degli affreschi per l’intera
Cisalpina), viene danneggiato quindi da un’alluvione intorno
al II sec. d.C., cui segue una ripresa più modesta, con probabile riconversione utilitaria degli ambienti.
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Spazio Espositivo Permanente sul villaggio
neolitico “La Marmotta”
Nel lago di Bracciano è stato scoperto nel 1989 uno tra i più
antichi villaggi neolitici di sponda dell’Europa occidentale; dal
1992 nelle acque del lago la Soprintendenza al Museo
Nazionale Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini” conduce,
sotto la direzione scientifica di Maria Antonietta Fugazzola,
annuali sistematiche campagne di scavi subacquei.
Le datazioni calibrate al C14 collocano il sito de “La
Marmotta” tra il 5750 ed il 5260 a.C.
Il villaggio era situato vicino al fiume Arrone, emissario del
lago e via di comunicazione con il mare.
L’abitato presenta grandi capanne a pianta rettangolare: la pavimentazione era costituita da argilla, mentre il tetto e le pareti
erano costruiti con rami intrecciati e canne; l’isolamento termico
era ottenuto intonacando le pareti con uno strato di argilla.
Sono moltissimi i materiali ritrovati: vasi (alcuni con ricche
decorazioni dipinte o impresse), strumenti in selce, in pietra e
in ossidiana e manufatti organici (strumenti lignei, corde, tessuti, cesti, ecc.) eccezionalmente ben conservati. Tra gli oggetti
di particolare interesse si nota anche una statuina in steatite
rappresentante una “Dea Madre”.
Sono state rinvenute anche cinque grandi imbarcazioni monossili.
In seguito all’eccezionalità di questi rinvenimenti il Comune di
Anguillara Sabazia ha proposto di realizzare uno spazio
espositivo permanente sul villaggio de “La Marmotta”.
Nel settembre del 2005 è stato inaugurato il Centro visite del
Sistema Turistico Cerite-Tolfetano-Braccianese, ove è stata
esposta, all’interno di un grande contenitore appositamente
realizzato, la piroga denominata “La Marmotta 5”, ancora in
corso di restauro.
Nel settembre 2006 questo spazio espositivo è stato ampliato con cinque vetrine contenenti le riproduzioni di alcuni dei
manufatti rinvenuti nel villaggio e con tredici pannelli esplicativi sul sito, sui reperti, sull’economia di sussistenza, sullo scavo
e recupero della piroga, sulle datazioni, ecc.
Nello spazio espositivo è presente anche una piccola sala per
la proiezione di due audio-visivi: uno è un cartone animato,
realizzato per il pubblico dei più giovani che descrive una
giornata di 8000 anni fa nel villaggio; il secondo è un documentario sul recupero della prima piroga monossile rinvenuta
nel 1994.
Soprintendenza al
Museo Nazionale
Preistorico
ed Etnografico
“Luigi Pigorini”
La progettazione, la realizzazione
scientifica e l'allestimento della
sala espositiva sono stati curati
da tre archeologi preistorici,
specializzati (Elisa Carrisi,
Chiara Delpino e Flavio Feriozzi)
che collaborano da diversi anni
con la Soprintendenza e che
partecipano alle attività di scavo
nel villaggio de “La Marmotta”.
Amministrazione
Comunale di
Anguillara Sabazia
Direttore:
Maria Antonietta
Fugazzola Delpino
Piazzale G. Marconi, 14
00144 Roma
tel 06 549521 fax 54952310
[email protected]
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Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
Soprintendenza
per i beni
archeologici
di Roma
Soprintendente ad interim:
Angelo Bottini
Piazza Santa Maria Nova, 53
00186 Roma
tel 06 699841 fax 6787689
[email protected]
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La Polledrara di Cecanibbio
Anna Paola Anzidei
Il Giacimento
Numerose sono le testimonianze del popolamento umano e
animale avvenuto nel corso del Pleistocene medio-superiore nel
territorio a Nord-Ovest di Roma, compreso tra le pendici del
complesso vulcanico Sabatino e la pianura litoranea. Tra i siti
che hanno restituito una ricca documentazione archeologica e
paleontologica, La Polledrara di Cecanibbio può essere giustamente considerato il più ricco deposito ad Elephas
(Palaeoloxodon) antiquus attualmente esistente.
Il giacimento, affiorante lungo le pendici di una collina ed in
parte danneggiato dalle arature, è stato individuato nel corso
di ricognizioni di superficie condotte dalla Soprintendenza
Archeologica di Roma nel 1984. Lo scavo, iniziato nel 1985
e volto a verificare la reale consistenza del deposito, ha rimesso in luce la porzione di un paleoalveo fluviale scavato in un
banco di tufite granulare compatta, della profondità massima
di. 1,50 m e di una larghezza massima di 40 m, con il suo
riempimento costituito da sedimenti fluviali in tufite cineritica.
Sulla paleosuperfice, indagata fino ad oggi per un’estensione
di oltre 850 mq, erano distribuiti oltre 10.000 reperti faunistici
fossili, riferibili per la maggior parte a grandi mammiferi. (Fig.
1) Dai dati forniti dallo scavo è stato possibile attribuire il
paleoalveo ad un piccolo corso d’acqua a corrente effimera,
con andamento meandriforme, che scorreva con orientamento
Nord-Sud in un paesaggio essenzialmente pianeggiante.
La stratigrafia locale ha permesso di ricostruire le varie fasi del
ciclo sedimentario completo che ha interessato l’episodio fluviale.
Ad una prima incisione del canale nel banco di tufite granulare, con lo scorrimento di acque capaci di trasportare resti
faunistici, è seguita una fase di alluvionamento che ha portato
alla deposizione ed al rimaneggiamento di ossa anche di
grandi dimensioni lungo le aree marginali. Successivamente
sedimenti fluviali di tufite cineritica, con inclusi frammenti ossei
nei vari livelli, hanno determinato il riempimento dell’alveo.
L’obliterazione del percorso fluviale ha permesso la formazione di un ambiente con acque stagnanti a cui sono da ricollegare i resti, in parziale connessione anatomica, di uno scheletro di Elephas (Palaeoloxodon) antiquus, (una zampa anteriore
completa, una mano, la parte inferiore delle due zampe posteriori) ed uno di Canis lupus (Il cranio in connessione con la
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
mandibola, una zampa anteriore). Attualmente è in corso di
scavo lo scheletro di un elefante adulto, che sembra essere
anch’esso in connessione anatomica. In un’area marginale
all’ambiente palustre sono stati individuati i resti di un altro
scheletro di Elephas con tracce di attività umana di macellazione. Si tratta di una colonna vertebrale ancora parzialmente in
connessione, numerose costole, un frammento di scapola ed
un omero con fratture tipiche di osso fresco. Alle ossa erano
associati due strumenti litici, di cui uno conservava ancora le
tracce d’uso, ed uno su osso. Tutta l’area è stata infine obliterata da strati di tufite cineritica, su cui si sono depositati altri
strati limno -tufitici ed infine argille e travertini.
Gli strati fluvio-palustri che inglobano il deposito de La
Polledrara, ubicato ad una quota di 83 m s.l.m., sono situati
stratigraficamente all’interno della serie piroclastica del complesso vulcanico Sabatino, al di sopra del “Tufo rosso a scorie
nere” datato a 0,49-0,43 M.a. Essi sono attribuiti al parte
finale del Pleistocene medio nell’ambito della Formazione
Aurelia, correlata con lo stadio isotopico 9 ( 0,37 –0,27 Ma).
Il processo di fossilizzazione delle ossa è stato determinato
dalla presenza, nell’ambiente fluvio-palustre, del fluoro che ha
permesso la loro trasformazione in fluoroapatite, come indicato dalle analisi diffrattometriche. La fauna è caratterizzata dall’associazione di Elephas (Palaeoloxodon) antiquus Falconer &
Cautley, 1847 e Bos primigenius Bojanus, 1827, che appare dominante. Meno frequente è Cervus elaphus Linnaeus,
1758; rare le altre specie: Equus ferus, Canis Lupus,
Stephanorhinus sp.,Hippopotamus amphibius Linnaeus 1758,
, Bubalus bubalus. Numerosi gli uccelli acquatici e la microfauna. Per la sua composizione tassonomica ed il grado evolutivo essa può essere inclusa nell’Unità faunistica di Torre in
Pietra. Il restauro dei reperti e lo studio tassonomico e tafonomico del giacimento è tuttora in corso.
La maggior parte dei resti faunistici proviene dal fondo dell’alveo e dalle aree marginali; il loro aspetto fisico presenta vari
gradi di alterazione, dovuti sia all’esposizione agli agenti
atmosferici che al trasporto in acqua. Nell’ambiente palustre
formatosi successivamente all’episodio fluviale le ossa sono in
perfetto stato di conservazione e sono in parte in connessione
anatomica.
Le ossa di Elephas sono le più abbondanti e sono rappresentate tutte le parti anatomiche, riferibili per la maggior parte ad
esemplari maschi adulti. Sono conservati sei crani quasi com-
Il sito è stato aperto al pubblico
dal dicembre 2002 con visite guidate che vengono effettuate dietro
prenotazione presso il Call Center
della Soprintendenza
Archeologica di Roma, (PIERRECI 0039.6.39967700).
Notizie più dettagliate del giacimento sono fornite dal sito Internet
della Soprintendenza
Archeologica:
www.archeorm.arti.beniculturali.it
/lapolledrara.
Progetto di scavo e musealizzazione del giacimento pleistocenico
Responsabile del Procedimento:
Dott.ssa Anna Paola Anzidei
Direttore dei Lavori:
Arch. Federico Caiola
53
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
pleti, numerose zanne (oltre 50), mandibole e denti isolati. Il
cranio meglio conservato è caratterizzato da un toro sopraorbitario pronunciato e da creste larghe e robuste su cui si inseriva la muscolatura della proboscide; caratteri questi che avvicinano gli esemplari de La Polledrara ad Elephas Namadicus
Falconer& Cautley, 1846. (Fig. 2)
Bos primigenius è anch’esso rappresentato da tutte le parti
anatomiche. Sono conservate numerose porzioni di cranio, in
particolare la regione fronto-parieto-occipitale con le chevilles
osseuses, e frammenti di mascellari e mandibole. Più numerosi
sono i resti dello scheletro postcraniale, con abbondanza di
epifisi e diafisi di ossa lunghe. Meno numerose le vertebre e
le ossa carpali e tarsali. Nel corso della campagna di scavo
effettuata nel 2002 sono stati rimessi in luce due crani di bufalo (Bubalus sp.), di cui per la prima volta è documentata la presenza in Italia nel corso del Pleistocene.
Oltre 500 manufatti attribuibili culturalmente al Paleolitico inferiore sono stati rinvenuti associati ai reperti faunistici. L’uomo
aveva quindi frequentato le sponde di questo corso d’acqua
certamente per procurarsi il cibo. Gli strumenti sono stati ricavati per la maggior parte da piccoli ciottoli silicei e calcareosilicei, delle dimensioni massime di circa 10 cm, che non
appartengono all’ambiente fluvio-palustre in cui sono stati rinvenuti, ma vi sono stati portati dall’uomo. Si tratta per la maggior parte di raschiatoi, denticolati, intaccature, grattatoi e
strumenti multipli, ottenuti sia su ciottolo che su scheggia. Molti
manufatti non hanno caratteri tipologici definiti, ma sembrano
forme di passaggio tra due tipi e generalmente sono ritoccati
su più margini. E’ ben documentata la tecnica di percussione
bipolare, certamente favorita dalle piccole dimensioni dei ciottoli. Il difficile approvvigionamento della materia prima per la
fabbricazione degli strumenti mentre ha favorito da una parte
lo sfruttamento intensivo dei supporti, dall’altra, proprio per le
piccole dimensioni di questi ultimi, ha portato all’utilizzazione,
per fabbricare strumenti più grandi, di frammenti di dialisi di
ossa di Elephas. Lo stato di conservazione varia in relazione
alla giacitura dei manufatti. Quelli provenienti dall’alveo fluviale presentano vari gradi di fluitazione mentre gli strumenti raccolti nell’ambiente di tipo palustre hanno superfici freschissime
ed in alcuni casi conservano ancora le tracce d’uso.
54
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
La Musealizzazione
L’idea di musealizzare il giacimento, di conservarlo cioè in situ
e permetterne quindi l’accesso al pubblico, come già era
avvenuto in Italia per i depositi di Venosa, Isernia e Casal de’
Pazzi, è stata suggerita da una serie di fattori concomitanti; in
particolare l’ottimo stato di conservazione delle ossa, l’appariscenza del deposito, la notevole varietà di giacitura dei reperti faunistici, dagli ammassi caotici delle ossa trasportate e
dislocate dalle acque a quelle in connessione anatomica all’interno dell’area paludosa, e, non ultima, la posizione topografica del deposito stesso, ubicato in un’area intatta della
Campagna Romana all’interno dell’azienda agricola comunale di Castel di Guido.
Tale progetto è stato poi realizzato solo nel 2000, grazie ad
un intervento per il Giubileo finanziato dal Ministero per i Beni
e le Attività Culturali. La cifra disponibile per la costruzione dell’edificio museale e delle opere ad essa connesse, di
750.000, ha consentito l’edificazione di una struttura costituita da telai di acciaio, con una luce sottotrave variabile tra i 6
e gli 8 metri ed una dimensione planimetrica di 900 mq, con
tamponature in pannelli metallici coibentati (Fig. 3).
L’opera è stata ideata come un contenitore appoggiato sul terreno, in modo da assecondare e rispettare sia l’andamento
planimetrico delle curve di livello che quello del deposito pleistocenico. Essa è stata inoltre programmata per uno sviluppo
modulare, con la possibilità quindi di una sua futura espansione in considerazione della vastissima estensione del deposito.
Nell’area esterna al museo, di cui è prevista una sistemazione
a verde, è stato attuato il percorso di accesso ed il posteggio
macchine.
Il percorso di visita dello scavo, che parte dalla pedana di
accesso, è stato realizzato con passerelle sospese con tiranti
alla struttura portante ed è posto ad una quota superiore a
quella archeologica, che pertanto non è stata interessata da
nessun tipo di struttura di sostegno di percorso museale
Gli scavi archeologici effettuati negli ultimi anni hanno evidenziato solo una porzione della paleosuperficie attualmente protetta ed ancora un vasto settore del giacimento, di circa 500
mq, deve essere rimesso in luce. Gli scavi, ripresi nel 2006,
potrebbero essere completati nel corso di due-tre anni. L’area
musealizzata, attualmente aperta al pubblico tramite visite guidate, potrà così comprendere tutta la paleosuperficie rimessa
in luce ed offrire al visitatore un’immagine unica di un paesag-
55
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
gio fossile di circa 300.000 anni fa. Sarà inoltre possibile
completare lo studio del deposito nei suoi aspetti geopedologici, paleontologici, archeologici.
In un settore della struttura è previsto inoltre un allestimento
museale con la sistemazione di alcune vetrine per l’esposizione del materiale paleontologico ed archeologico più significativo che non può essere conservato sulla paleosuperficie e che
permetterà di evidenziare alcuni degli aspetti distintivi del giacimento, dalla presenza dell’uomo documentata dagli strumenti litici e su osso, all’ambiente faunistico caratterizzato, oltre
che dalla presenza dei grandi mammiferi, anche da varie specie di uccelli acquatici e da una ricca microfauna. È previsto
anche l’allestimento di grandi pannelli con la ricostruzione dell’ambiente in cui era inserito l’antico percorso fluviale e di cartelloni esplicativi per illustrare al visitatore lo scavo, la sua storia ed il suo inquadramento geologico, ambientale e culturale.
Un grande pannello con la ricostruzione planimetrica del
deposito asportato negli anni precedenti permetterà inoltre al
visitatore di avere una visione globale del giacimento.
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Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
Parco Archeologico-Turistico di Gabii-Castiglione
Stefano Musco
I. Il Territorio
L’area interessata dal progetto, collocata sul confine orientale
del Comune di Roma lungo l’antica via Prenestina, comprende
altresì porzioni di territorio pertinenti ai Comuni di Gallicano,
Montecompatri, San Gregorio di Sassola e Zagarolo: contiene vestigia e reperti archeologici di grande importanza e suggestione, tra cui l’antica città latina e romana di Gabii con il
monumentale santuario di Giunone Gabina, situata sul margine del lago vulcanico che occupava il cratere di Castiglione,
nonché numerosI insediamenti produttivi e residenziali, tracciati viarii e resti relativi al tracciato degli antichi acquedotti, presenze tutte di epoca romana. Alla fase più antica si sovrappongono i Casali storici ed i Castelli medievali e rinascimentali.
Elemento fondamentale nel paesaggio storico di questa zona
era un bacino lacustre (“lago Burrano”, di Santa Prassede, di
Castiglione o anche “di Pantano”) che subì nei secoli un progressivo impoverimento della base di contenimento delle
acque e che, nel 1889, i principi Borghese prosciugarono
definitivamente, destinandone l’alveo ad usi agricoli.
Questo settore del territorio suburbano di Roma ha poi subito,
a partire dal secondo dopoguerra, un cambiamento violento e
radicale, connessa alla trasformazione da ecosistema “ager”
ad ecosistema “urbs”, sia a causa del fenomeno dell’ abusivismo edilizio che dei piani di sviluppo urbanistico elaborati dal
Comune di Roma.
Soprintendenza
per i beni
archeologici
di Roma
II. Premesse
Gran parte dell’area archeologica di maggiore rilevanza pertinente al progetto - ovvero quella corrispondente all’antico
centro di Gabii, pari a circa 70 ettari - risulta disponibile nell’immediato, essendo stata acquisita al Demanio dello Stato
Soprintendente ad interim:
Angelo Bottini
Piazza Santa Maria Nova, 53
00186 Roma
tel 06 699841 fax 6787689
[email protected]
57
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
(Ramo Storico-Artistico) già nel 1987 e concessa in uso alla
Soprintendenza Archeologica di Roma che ha provveduto ad
allestire il primo nucleo del Parco Archeologico di Gabii, da
tempo disponibile per la fruizione pubblica.
Anche sulla base di tale presupposto l’ intervento di recupero
e valorizzazione storico-ambientale dell’area di Gabii è stato
inserito nel Programma per Roma Capitale della Repubblica ex
lege 396/90 con Decreto ministeriale del 21.11.1999 e
definito pertanto opera di preminente interesse nazionale.
III. Soggetti proponenti e gestori del progetto
Soprintendenza Archeologica di Roma; Comune di Roma,
Dipartimento VI Politiche della Programmazione e della
Pianificazione del Territorio, U.O. n. 4 Programma Roma
Capitale e Qualità Architettonica; XI Comunità Montana del
Lazio “Castelli Romani”; Comune di Gallicano; Comune di
Montecompatri; Comune di San Gregorio di Sassola;
Comune di Zagarolo.
IV. Finalità
Il principale obiettivo del progetto “Parco ArcheologicoTuristico di Gabii-Castglione” consiste nella creazione, con
finalità di fruizione turistica, di un polo attrezzato di notevole
interesse archeologico ed ambientale, intermedio tra le aree
archeologiche romana, tiburtina e prenestina, da inserire mediante canali ambientali- nel sistema di aree e parchi
archeologico-naturali integrati compreso tra il parco della Valle
dell’Aniene ed il Parco dei Castelli romani.
Il progetto riveste inoltre particolare interesse in quanto, in
aggiunta alle finalità più strettamente connesse alla tutela ed
alla valorizzazione archeologica, coniuga temi di attualità
nella gestione delle trasformazioni urbane quali :
- la messa in rete, in una vasta zona dell’agro romano sottoposta a tutela, di aree archeologiche, presenze architettoniche
isolate e percorsi storici;
- la definizione del rapporto fra sviluppo territoriale, preesistenze ambientali e storico-archeologiche, anche in relazione alla
loro potenzialità economica;
- il controllo e ridisegno della città periferica compromessa
come reale strumento di tutela;
- la creazione di un sistema di verde nell’area metropolitana
che costituisca un insieme con il Parco dell’Aniene e quello dei
Castelli.
58
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
V. Modalità attuative
V.1) Indagini preliminari e studi
Mediante le già espletate indagini preliminari si è dunque proceduto alla verifica di fattibilità tecnico-territoriale dell’ipotesi di
recupero ambientale dell’area -particolarmente ricca da un
punto di vista naturalistico e delle preesistenze storico-architettoniche anche se parzialmente compromessa dall’abusivismo
edilizio- ivi compresa l’ipotesi ricostruttiva dell’originario alveo
del prosciugato lago di Castiglione, il completo recupero e la
valorizzazione dei reperti archeologici ed il loro inserimento in
percorsi storici attrezzati per la fruizione turistica. In particolare, tramite le soprindicate indagini, sono state verificate:
• la compatibilità del recupero lacustre con le possibili modificazioni del microclima mediante indagini aventi pero oggetto
specifico : bilancio idrologico, prove di permeabilità, analisi
vegetazionale, caratterizzazione dell’“idea progetto” di recupero lacustre, studio idraulico, analisi della qualità delle
acque, studio delle modificazioni a carattere idrogeologico
introdotte sull’area dalla realizzazione dell’invaso, recupero
del bacino di contenimento del lago, valutazione economica
delle possibili soluzioni progettuali in termini di costi e tempi
realizzativi;
• le condizioni per l’ acquisizione di circa 90 ha. di terreno in aggiunta ai 70 già disponibili- necessaria alla realizzazione dell’opera ed attualmente di proprietà privata;
• le condizioni per l’acquisizione delle aree potenzialmente
trasformabili per la riorganizzazione urbanistica dell’intero
ambito del Parco in previsione dell’introduzione di nuove destinazioni di pregio e della dotazione di servizi congruenti.
Sulla base delle medesime indagini sono state inoltre definite:
• le idee progettuali per l’omogeneizzazione, dell’area interna
al bacino lacustre compromessa da insediamenti abusivi, con
le valenze paesistiche nell’ambito della fruizione archeologiconaturalistica del Parco;
• le aree da sottoporre ad interventi di rinaturalizzazione e
restauro ambientale;
• le ipotesi alternative di valorizzazione economica e la definizione dei costi e dei ricavi degli interventi;
• le opportunità occupazionali e di ritorno economico in termini di creazione di nuovi posti di lavoro e di redditività delle funzioni ed attività di servizio programmabili.
V.2) Strumenti di attuazione
Sulla base delle risultanze delle indagini preliminari, è stato
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Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
pertanto redatto un progetto preliminare di recupero e valorizzazione dell’area mediante la creazione del Parco archeologico e paesaggistico di Gabii-Castiglione, cui ha fatto seguito
la stipula di un Protocollo d’intesa tra i Comuni di Roma,
Gallicano, Montecompatri, San Gregorio, Zagarolo e l’ XI
Comunità Montana, nonché la Soprintendenza Archeologica
di Roma per il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Il passaggio successivo sarà -a breve- un Accordo di Programma
per la definizione delle modalità attuative.
Si ritiene che le risorse finanziarie necessarie per la realizzazione del “Parco di Gabii Castiglione” potranno essere reperite parte mediante stanziamenti previsti negli specifici capitoli
di spesa dell’Amministrazione comunale e del Ministero per i
Beni e le Attività Culturali, parte con il ricorso a fondi U.E. per
progetti di interesse europeo, nonché attraverso il coinvolgimento di capitali di privati cointeressati alla gestione delle attività ipotizzate. A titolo di esempio si rammenta che il Parco
potrebbe costituire un sito ideale per corsi di specializzazione
in archeologia e gestione dei beni culturali di rango europeo.
Alla definizione delle varianti urbanistiche che si renderanno
necessarie -a seguito degli esiti delle ulteriori verifiche di fattibilità- si procederà con uno specifico Accordo di Programma
promosso dall’Amministrazione Comunale e dagli Enti e soggetti interessati.
Le illustrazioni sono state fornite
dal Comune di Roma,
Dipartimento VI Politiche
della Programmazione
e della Pianificazione del Territorio,
U.O. n. 4 Programma
Roma Capitale
e Qualità Architettonica
60
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
Progetto cultura 2000. Come l’acqua che scorre
Margherita Bedello responsabile del progetto per Soprintendenza per i Beni
Archeologici di Ostia
Evelyne Bukowiecki, Hélène Dessales, Julien Dubouloz per Ecole Française
de Rome
Il progetto, realizzato nel quadro del programma europeo
“Cultura 2000”, ha interessato la Soprintendenza per i Beni
Archeologici di Ostia, la Direzione Generale delle Istituzioni
del Patrimonio Storico dell'Andalusia e l'Ecole Française de
Rome.
Le immagini proposte, relative alla fase di lavoro eseguita ad
Ostia, evidenziano i considerevoli risultati di un sodalizio
scientifico tra i siti archeologici di Ostia Antica (Italia) e di
Italica (Spagna).
Il tema dell’acqua ha creato questo gioco di specchi tra i due
centri di Ostia ed Italica, favorendo una riflessione sui due siti
archeologici, inseriti in una prospettiva paesaggistica.
Si è trattato di riscoprire i percorsi dell’acqua nelle due città
romane, restaurarli, nel senso forte del termine, per ridar luce
alle strutture sepolte: l’acqua è diventata una nuova forma di
linguaggio per dar voce a ruderi poco conosciuti.
Questo progetto ha, reso possibile una feconda collaborazione scientifica con l’Equipe del sito archeologico di SaintRomain-en-Gal, centro di importanti ricerche sulle strutture
idrauliche romane.
I flussi e la circolazione dei saperi congiunti hanno consentito
di ampliare le ricerche in tre regioni dell’impero romano attraverso gli esempi di Ostia in Italia, di Italica in Spagna e di
Saint Romain – en Gal in Francia.
In particolare, la ricerca si è concentrata sull’analisi del principale castello d’acqua (castellum aquae, quale punto focale
per la raccolta e la distribuzione dell’acqua) di Ostia e di
Italica.
Questi edifici, affini per dimensioni e cronologia, non sono
mai stati oggetto di studi approfonditi: monumenti, ai margini
dei consueti itinerari di visita.
Lo studio del castellum aquae di Ostia Antica ha costituito la
prima fase del progetto.
La ricerca sul campo, condotta secondo le metodologie
dell’”archeologia della costruzione”, e la lettura analitica dei
dati, unite alla creazione di modelli tridimensionali, hanno portato all’identificazione delle fasi di costruzione e di funzionamento dell’edificio, con la formulazione delle prime ipotesi sul-
Soprintendenza
per i beni
archeologici
di Ostia
Ecole française
de Rome
Soprintendente ad interim:
Angelo Bottini
Viale dei Romagnoli, 717
00119 Ostia Antica (Rm)
tel 06 56358099
fax 5651500
[email protected]
Ecole française de Rome
Palazzo Farnese
Piazza Farnese, 67
00186 Roma
tel 06 68601263
61
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
l’evoluzione della rete idrica di Ostia.
Si è giunti così ad una migliore comprensione dell’organizzazione dei grandi cantieri imperiali e della gestione delle infrastrutture urbane di Ostia.
62
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
Servizio Educativo
Lucia Piastra
Da alcuni anni il Servizio Educativo della Soprintendenza per
i Beni Archeologici di Ostia ha ampliato le proposte offerte
gratuitamente alle scuole, dando la priorità alle scuole del territorio.
Tali proposte, annuali o pluriennali, che diventano parte integrante del Piano dell’Offerta Formativa d’Istituto offrono la possibilità ai docenti e agli alunni di arricchire il curricolo di studio con la conoscenza diretta del patrimonio storico-artistico
del territorio ostiense.
Tra i progetti elaborati per le scuole vi è un percorso formativo
legato al tema della conservazione dei Beni Culturali, avendo
individuato in questa tematica forti potenzialità educative, utili
alla formazione di futuri cittadini responsabili e predisposti ad
un uso corretto e consapevole del Patrimonio.
I ragazzi della Scuola Media, nel Laboratorio di Conservazione, vestono i panni di “addetti ai lavori” che, partendo
dallo studio dello stato di conservazione di alcuni edifici antichi, arrivano ad ipotizzare interventi di salvaguardia e di fruizione didattica degli edifici studiati.
Soprintendenza
per i beni
archeologici
di Ostia
Soprintendente ad interim:
Angelo Bottini
Viale dei Romagnoli, 717
00119 Ostia Antica Roma
tel 06 56358099
fax 5651500
[email protected]
63
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
Soprintendenza
per i beni
archeologici
della Liguria
Soprintendente ad interim:
Marina Sapelli Ragni
Via Balbi, 10
16126 Genova
tel 010 27181 fax 2465925
[email protected]
64
ArcheoMetrò
Piera Melli
Nel novembre del 2005, in occasione delle “Giornate
Europee del Patrimonio 2005” è stata inaugurata la prima
tranche di un progetto, denominato ArcheoMetrò, che prevede l’allestimento, a scopo divulgativo e turistico, di tre Stazioni
della Metropolitana di Genova (Principe, Darsena e San
Giorgio) inserite nel tessuto urbanistico antico, in particolare
del Porto antico della città.
L’iniziativa, promossa dal Comune di Genova che ha affidato
ad Ansaldo Trasporti Sistemi Ferroviari la sua realizzazione ed
il coordinamento scientifico alla Soprintendenza per i Beni
Archeologici della Liguria, ha raccolto la prescrizione, già da
tempo espressa dalle Soprintendenze liguri, che i notevoli rinvenimenti archeologici occorsi nel corso degli scavi preventivi
per la realizzazione della Metropolitana trovassero adeguata
illustrazione all’interno delle stazioni, sia per facilitare la comprensione delle strutture antiche ancora visibili, sia per conservare memoria di quelle sacrificate per far posto alle stazioni
stesse.
In occasione delle grandi trasformazioni urbanistiche che negli
ultimi decenni hanno interessato Genova, la Soprintendenza
per i Beni Archeologici della Liguria ha infatti condotto estese
indagini archeologiche preventive nel corso delle quali è stato
rigorosamente documentato quanto emerso.
In particolare, nell’area del Porto antico, gli scavi, intrapresi
dagli inizi degli anni Ottanta ad oggi, hanno interessato un’area di circa 20.000 mq, suddivisa in vari cantieri. La necessaria opera di tutela ha permesso così agli studiosi di ricostruire l’assetto di uno dei maggiori porti del Medioevo, che si conservava pressoché intatto all’interno della sistemazione ottocentesca. Poiché la realizzazione dei nuovi manufatti (tracciato e stazioni della Metropolitana; sottovia di Caricamento;
canalizzazione del rivo Sant’Anna; complesso della Marina
Porto Antico con parcheggio sotterraneo; edificio Cembalo,
etc.) e la risistemazione dell’area dell’Expo hanno comportato,
nella maggioranza dei casi, la distruzione delle testimonianze
del passato, è parso ovvio e doveroso adoperarsi per la divulgazione del patrimonio di conoscenze acquisito.
Se i risultati delle ricerche archeologiche sono stati oggetto di
numerose pubblicazioni a carattere scientifico nonché di esposizioni tematiche (Archeologia a Genova 1976; La città ritrovata,
1996; Ripa porta di Genova 1993), è sembrato comunque
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
opportuno studiare anche nuove forme di comunicazione che
coinvolgano un pubblico ancora più diversificato e contribuiscano alla conoscenza del passato della città, anche a fini turistici.
La prima tranche riguarda l’allestimento della Stazione di
Darsena, che è ubicata a poca distanza del Museo del Mare,
e quindi un un’area potenzialmente di grande passaggio,
soprattutto turistico. All’interno della stazione sono stati installati un plastico ricostruttivo del porto antico nella sua fase seicentesca e 22 pannelli che illustrano al grande pubblico le vicende del porto e i risultati degli scavi archeologici. Particolare
attenzione è stata posta alla contestualizzazione di un brano
murario dell’antica banchina della Darsena medievale, già in
opera all’interno della Stazione.
Alla realizzazione dell’apparato espositivo ha lavorato un
gruppo di tecnici, coordinato, per gli aspetti scientifici, da chi
scrive, raccogliendo una notevole mole di documenti, in alcuni casi certamente sconosciuti al pubblico di non specialisti
(cartografie e illustrazioni antiche, immagini di scavo, planimetrie e vedute realizzate per l’occasione), che sono stati composti in pannelli divulgativi di grande impatto visivo. L’intento dell’operazione è stato anche quello di dimostrare che i resti
materiali messi in luce negli scavi archeologici o, per meglio
dire, riemersi dagli “archivi del sottosuolo”, costituiscono, al
pari di un documento notarile, un quadro o una antica cartografia di progetto, importanti documenti per la ricostruzione
del passato della città.
E’ prevista inoltre, a breve, la pubblicazione di una cartella di
tavole, che riproduca integralmente, in formato più maneggevole, i pannelli stessi.
L’iniziativa ha registrato un vivo interesse di pubblico, con riflessi anche sulla stampa nazionale (www.culturalweb.it) ed ha stimolato iniziative correlate, per la valorizzazione dei resti di
strutture portuali ancora conservati in posto e a vista.
Nell’area della “Marina Porto Antico”, che consta di un vivace porticciolo turistico e di altre strutture per il tempo libero e
la vela ed è ubicata nei pressi della stazione, sono stati recentemente installati tre pannelli, redatti con gli stessi criteri e parimenti coordinati dalla Soprintendenza, in corrispondenza dei
resti della torre medievale di Darsena e di altri lembi del complesso portuale medievale e post medievale. Anche quest’ultima esposizione sarà inserita nel circuito di visita, che permetterà, una volta completato, di apprezzare e conoscere il Porto
antico di Genova, che tanto ha significato nella storia della
città, nella sua evoluzione e nel suo attuale aspetto.
65
Direzione Regionale
per i beni culturali
e paesaggistici
della Lombardia
La realtà archeologica della Lombardia
Carla Di Francesco
La diversificazione dell’offerta nei siti archeologici di maggiore notorietà e la promozione delle aree non ancora interessate da una fruizione turistica significativa sono i binari sui quali
si è mossa l’azione di valorizzazione degli istituti lombardi. La
Lombardia, a differenza di quanto avviene tradizionalmente
per altre aree e regioni d’Italia, viene raramente associata alle
attrattive turistiche rappresentate dalle persistenze archeologiche diffuse sul suo territorio; tuttavia gli importanti interventi di
valorizzazione attuati in anni recenti su alcuni dei siti archeologici più significativi della regione hanno permesso di porre
maggiormente in luce un patrimonio archeologico di notevole
valore e quindi potenzialmente di costituire una nuova attrattiva turistica, a fianco di altre già sviluppate.
La realtà archeologica della Lombardia si presenta in effetti
come un insieme assai articolato, che affianca siti di rinomanza mondiale, come il comprensorio delle incisioni rupestri
della Valcamonica, ad aree di recente sviluppo sul piano della
valorizzazione, come alcuni parchi archeologici in aree urbane quali Brescia o Milano; strutture monumentali di notevole
impatto sul piano dell’evidenza archeologica, come le grandi
ville gardesane di epoca romana o i complessi edifici per spettacoli di Cividate Camuno, ad esempi di fusione tra il paesaggio naturale e le tracce della presenza umana, come nel caso
del sito protostorico di Pianvalle immerso nella realtà naturalistica del parco regionale di Spina Verde a Como.
Direttore Regionale:
Carla Di Francesco
Corso Magenta, 24
20123 Milano
tel 02 80294256
fax 80294235
[email protected]
[email protected]
66
Le attività di valorizzazione condotte dagli uffici del Ministero
si caratterizzano per il tentativo di porre in evidenza la specificità di ciascun monumento, così da garantire in ogni situazione una politica di promozione mirata ed efficace e nel complesso una percezione da parte del pubblico di una offerta culturale plurale e differenziata.
È il caso del percorso integrato tra le ville affacciate sul Garda
dove a una struttura di tradizionale richiamo come le “Grotte
di Catullo” sono collegate realtà meno frequentate ma di altrettanto interesse come la villa romana di Desenzano e la Rocca
di Manerba, con il suo Museo Civico e un excursus storicoarcheologico che si snoda tra la preistoria e il rinascimento:
oltre a porre in relazione tra loro e con il territorio i beni
archeologici descritti, il progetto si propone anche l’obbiettivo
di facilitarne la fruizione attraverso l’introduzione di un biglietto unico approvato dalle diverse amministrazioni coinvolte.
È il caso anche dei progetti che interessano la Valcamonica, il
cui intento complessivo è quello di qualificarne la realtà
archeologica partendo dall’oggetto simbolo della valle, il complesso delle incisioni rupestri, per giungere a valorizzare
appieno il contesto che nel corso dei secoli ha prodotto e convissuto con quella realtà, ovvero l’ambito archeologico territoriale nel suo complesso, in una visione diacronica che consenta di collegare le testimonianze preistoriche agli sviluppi successivi; una parte rilevante delle attività riguarda infatti i siti
archeologici di età romana della valle, ed in particolare l’area
che comprende il Parco del Santuario di Minerva a Breno e il
Parco del Teatro e dell’Anfiteatro a Cividate Camuno, che
include i luoghi di spettacolo della Civitas Camunnorum romana, inserita in un contesto naturalistico ancora integro e suggestivo. Di grande rilievo in questi progetti è la partecipazione
delle amministrazioni locali, coinvolte come attori principali
nelle azioni di valorizzazione della valle.
La progressiva rilevanza che assumono in Lombardia i Parchi
archeologici urbani è ben evidenziata dal progetto che ha
portato alla realizzazione del Parco archeologico dell’anfiteatro romano e dell’Antiquarium annesso: le due realtà costituiscono un sistema integrato, destinato ad illustrare temi e prospettive dell’archeologia urbana, attraverso l’apertura di uno
scorcio privilegiato su di un contesto complesso e pluristratificato come la città di Milano. Anche in questo caso il progetto ha mobilitato il contributo di amministrazioni diverse, tanto
nella realizzazione quanto nella condivisione delle attività di
gestione.
Il progetto volto alla conoscenza e alla valorizzazione dei
parchi e delle aree archeologiche, che la Direzione Regionale ha sviluppato insieme alla Soprintendenza Archeologica
e alla Regione Lombardia, interessa invece l’intero territorio
regionale con l’obbiettivo di indagare le attuali condizioni
strutturali e di gestione di questi luoghi della cultura, in una
prospettiva di sviluppo della valorizzazione, anche per quelle strutture il cui potenziale di attrattiva turistica oltre che di
interesse culturale deve essere ancora pienamente sviluppato,
per una sempre più articolata e immediata lettura della
Lombardia archeologica.
67
Direzione Regionale
per i beni culturali
e paesaggistici
della Lombardia
Direttore Regionale:
Carla Di Francesco
Corso Magenta, 24
20123 Milano
tel 02 80294256
fax 80294235
[email protected]
REGIONE LOMBARDIA
Direzione Generale Culture,
Identità e Autonomie
Via Pola,12/14
20124 Milano
Direzione Generale
Territorio e Urbanistica
Via Sassetti,32/2
20124 Milano
Direzione Generale Qualità
dell'Ambiente
Via Pola,12/14
20124 Milano
68
Il progetto “Conoscenza tutela e valorizzazione
di aree e parchi archeologici”
Marco Minoja - Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici
della Lombardia
Monica Abbiati - DG Culture, Identità e Autonomie della Lombardia
Raffaella Poggiani Keller - Soprintendenza per i beni archeologici
della Lombardia
La Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici
della Lombardia, la Soprintendenza per i beni archeologici
della Lombardia e la Regione Lombardia, con il coinvolgimento di tre diverse Direzioni Generali (Culture, Identità e Autonomie della Lombardia; Territorio e Urbanistica; Qualità dell’ambiente) hanno condiviso la predisposizione e l’avvio di un
progetto di conoscenza e valorizzazione delle aree e dei parchi archeologici del territorio regionale: la sottoscrizione congiunta del progetto nell’estate del 2006 ha formalmente dato
avvio alla fase attuativa.
Il progetto prevede la catalogazione di tutti i beni esistenti sul
territorio regionale aventi le caratteristiche di area e parco
archeologico, secondo le definizioni assegnate a questi luoghi
della cultura dal Codice dei beni culturali e del paesaggio;
l’entità del patrimonio interessato è stata preliminarmente stimata in circa 200 realtà assai diversificate per tipologia, estensione, proprietà, livello di valorizzazione; la realtà lombarda
affianca infatti parchi archeologici strutturati e di importanza
mondiale riconosciuta, come i Parchi delle incisioni rupestri
della Valcamonica, sito inserito nella lista del patrimonio culturale dell’UNESCO, ad aree di grande sviluppo recente sul
piano della valorizzazione, come alcuni parchi archeologici in
aree urbane quali Brescia o Milano, ad aree ancora da valorizzare appieno distribuite su tutto il territorio regionale.
Il piano di intervento prevede un approfondito approccio
conoscitivo ai parchi e alle aree archeologiche regionali, attraverso la schedatura dei beni, effettuata con strumenti catalografici allineati agli standard nazionali (schede SI e MA-CA,
integrate dalla scheda IRweb per la schedatura delle rocce
incise), e la conseguente produzione di una banca dati che
arricchirà i sistemi informativi di Ministero e Regione relativi ai
beni culturali; il progetto potrà costituire, nell’ottica delle attività
catalografiche sul patrimonio nazionale, un’utile applicazione
di strumenti recentemente rimodellati e dotati di nuove normative, il cui utilizzo peraltro, anche nelle precedenti versioni, non
è risultato ancora molto diffuso.
La georeferenziazione delle aree indagate consentirà inoltre
l’utilizzo dei dati rilevati come ulteriori livelli da collegare ai
sistemi informativi territoriali, alimentati dai diversi enti e tra
loro in stretta correlazione.
Si tratta di sistemi informativi destinati a raggiungere attraverso
la rete non solo l’utenza specialistica ma anche il pubblico più
allargato dei navigatori di internet, costituendo pertanto un
potenziale potente volano per la conoscenza turistica delle
aree segnalate: in questo senso il lavoro sulle realtà archeologiche lombarde potrà giovarsi del significativo potenziamento
che a livello ministeriale si sta riservando alla comunicazione
on line, attraverso il progetto Portale della Cultura che, oltre ad
aggiornare e potenziare i siti web delle Soprintendenze e
delle Direzioni regionali, costituirà un punto privilegiato di
accesso alle informazioni culturali; i dati derivati dall’analisi
della realtà archeologica lombarda peraltro contribuiranno ad
alimentare i consolidati canali di comunicazione on line della
Regione Lombardia.
All’indagine conoscitiva sulle caratteristiche dei luoghi della
cultura indagati si accompagnerà un approfondito monitoraggio delle attività di valorizzazione delle aree, che verrà effettuato attraverso l’impiego di uno specifico modulo catalografico appositamente studiato e realizzato, a integrazione delle
informazioni contenute nella scheda Sito; il modulo denominato “Gestione dei beni” consentirà il rilevamento di un’articolata serie di dati relativi alle strutture di gestione delle aree e dei
parchi archeologici, pertinenti alla loro organizzazione, alla
descrizione delle strutture del parco, delle sue attività, dei servizi proposti ai visitatori, dell’offerta culturale e didattica.
Questa sezione del progetto, oltre a consentire l’archiviazione
dei dati, consentirà l’analisi comparata delle differenti situazioni allo scopo di progredire, auspicabilmente anche mediante
la sperimentazione su siti campione, verso la definizione di
standard di funzionamento applicabili ai parchi e alle aree
archeologiche analogamente a quanto effettuato per altri più
tradizionali luoghi della cultura come i musei.
Altra caratteristica del progetto è quella di valutare la situazio-
69
ne di tutela e valorizzazione delle aree e dei parchi archeologici in stretta correlazione con la realtà ambientale e paesaggistica in cui i beni si trovano collocati, in una ottica di tutela
integrata e condivisa tra i diversi soggetti coinvolti nel progetto, dalla quale si prevedono importanti ricadute sulle strategie
di governo del territorio.
Molte delle realtà archeologiche lombarde sono infatti collocate all’interno di territori individuati come parchi naturali: un simile collegamento, oltre a costituire una significativa potenzialità
nell’ambito della valorizzazione delle strutture archeologiche,
sia sul piano organizzativo che su quello dell’offerta al pubblico, rappresenta indubbiamente un’ulteriore attrattiva per i visitatori, ai quali si offre la possibilità di godere ad un tempo
delle bellezze naturalistiche e del fascino delle strutture archeologiche, in contesti a volte davvero evocativi grazie a una
realtà ambientale ben preservata.
70
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
Un museo di quartiere: l'Antiquarium
“Alda Levi” di Milano
Anna Ceresa Mori
Il parco dell’anfiteatro romano e l’Antiquarium dedicato ad
Alda Levi, un’archeologa che merita di essere ricordata per la
sua attività pionieristica in Lombardia dal 1925 al 1938, sono
stati inaugurati in via De Amicis 17 nel 2004.
Il progetto, che aveva preso avvio nel 1998, nell’ambito dello
stanziamento ministeriale per la valorizzazione con l’utilizzazione di una quota derivante dalle estrazioni del gioco del
Lotto, e grazie alla collaborazione del Comune di Milano, è
stato curato dagli architetti Gaiané Casnati e Gionata Rizzi,
da LAND s.r.l. per la progettazione del verde e da Anna
Ceresa Mori per l’allestimento, con il coordinamento del
Soprintendente Angelo Maria Ardovino.
Nel parco, uno spazio verde di proprietà comunale di
11.000 mq. nel centro della città, compreso tra le vie De
Amicis, Conca del Naviglio e Arena, adiacente al complesso
di S.Maria della Vittoria, sede della Soprintendenza, è valorizzata e resa fruibile una parte delle fondazioni dei muri radiali
dell’anfiteatro. Un’ampia porzione del monumento si trova
ancora in terreni di proprietà privata, ma è in corso l’ampliamento dell’area archeologica fino a via Conca del Naviglio,
in modo da comprendere all’interno del parco tutto il perimetro delle fondazioni. Il secondo chiostro di S.Maria della
Vittoria ospita le due sale dell’Antiquarium.
Che utilità può avere un altro museo archeologico a Milano,
in un’area in cui esiste già a poca distanza il Museo
Diocesano, di recente apertura? Una parte dello spazio espositivo dell’Antiquarium è dedicata all’illustrazione del monumento, ma la novità è rappresentata dal percorso espositivo
della prima sala. Viene qui presentato al pubblico un itinerario
storico archeologico attraverso il quartiere in cui sorgeva l’anfiteatro, uno dei più ricchi di spessore storico e di preesistenze
monumentali della città, tra cui si segnalano le basiliche di
S.Lorenzo, S.Eustorgio e S.Ambrogio. Il lavoro sistematico di
controllo dei cantieri edilizi di Milano, condotto dalla Soprintendenza nell’ultimo ventennio, ha modificato per molti aspetti
le nostre conoscenze su Mediolanum. Si è voluto perciò cogliere l’opportunità offerta dall’istituzione dell’Antiquarium per presentare i risultati dei più significativi interventi di scavo archeologico inediti, effettuati in via Conca del Naviglio, in via
Cesare Correnti e nei chiostri di Sant’Eustorgio, collegandoli a
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L’Antiquarium dell’anfiteatro romano
“Alda Levi”, annesso al parco
archeologico di via De Amicis 17
a Milano, aperto dal 2004,
ospita i risultati dei recenti scavi
relativi al monumento, e degli
scavi condotti negli ultimi vent’anni
nel quartiere sudoccidentale
della città, uno dei più ricchi di
evidenze storiche e monumentali.
Nel museo viene raccontata
al pubblico la storia
del quartiere dalla Protostoria
al Bassomedioevo,
illustrando le metodologie
dell’archeologia urbana
72
quelli effettuati tra gli anni ’50 e ’60 del ‘900. Il percorso
espositivo propone al pubblico un approccio all’archeologia
diverso da quello offerto dalle collezioni di oggetti antichi
esposte negli altri musei. La storia del quartiere sudoccidentale di Milano dalla Protostoria al Bassomedioevo viene raccontata attraverso l’esposizione di reperti di scavo, corredata da
un ricco apparato didattico con sussidi multimediali. Il visitatore viene così guidato alla scoperta della vita quotidiana, dell’evoluzione degli spazi urbani nel corso del tempo, e quindi
del tessuto connettivo, finora poco conosciuto, in cui si inseriscono i grandi monumenti. Nello stesso tempo viene reso consapevole della ricchezza del sottosuolo, anche di una città
come Milano, spesso sottovalutata dal punto di vista archeologico, e delle metodologie di cui l’archeologia urbana si serve
per poter decifrare e rendere leggibile questo enorme deposito stratificato. Oltre a permettere al pubblico di ricostruire una
parte importante della storia della città, il museo offre inoltre
informazioni utili per orientarsi nel quartiere e fare nuove scoperte, seguendo un itinerario spazio-temporale che collega i
più importanti monumenti romani e paleocristiani della zona
agli altri musei della città.
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Il lago di Garda: itinerari archeologici integrati.
Dalle ville romane alle fortificazioni medievali
Brunella Portulano, Elisabetta Roffia
Il lago di Garda costituisce una delle aree a più alta frequentazione turistica del territorio lombardo, con una tradizione che
risale ai secoli scorsi quando la bellezza del paesaggio e la
dolcezza del clima quasi mediterraneo, insieme alla vicinanza
a città di grande richiamo come Verona, ne facevano già una
meta privilegiata per i viaggiatori d’oltralpe.
Il patrimonio storico e artistico del bacino gardesano, i suoi
castelli, le chiese, i musei e le aree archeologiche, se opportunamente valorizzati in circuiti che li colleghino fra loro con
offerte differenziate, possono costituire attrattori fondamentali
per nuove proposte di turismo culturale. Un ruolo di grande
interesse è rappresentato dalle aree archeologiche, alcune da
tempo aperte al pubblico, caratterizzate solo in un caso, quello delle “grotte di Catullo” di Sirmione, da un’altissima affluenza (n. visitatori nel 2005: 218.516) a fronte di presenze
molto più modeste nelle altre zone.
La proposta di costituire un circuito integrato fra le diverse
realtà, con possibilità di istituire un biglietto cumulativo e di
offrire servizi comuni o collegati fra loro, è finalizzata ad incrementare le visite dei siti con minore affluenza, promuovendone
la conoscenza e la valorizzazione. Come recenti indagini
hanno dimostrato, i circuiti costituiscono ormai il fenomeno
emergente dell’offerta turistica culturale (dati Sistan-MiBAC,
Dossier Musei 2006, a c. Direzione Studi e Ricerche Touring).
Il collegamento fra le tre maggiori aree archeologiche della
sponda occidentale gardesana, quella delle due ville romane
di Sirmione e Desenzano e quella della Rocca di Manerba,
riesce a dare un’offerta differenziata e certo non ripetitiva per
le caratteristiche peculiari dei tre monumenti interessati. Le due
ville, di differente datazione, costituiscono esempi di diverse
tipologie architettoniche, mentre la sommità della Rocca testimonia una continuità abitativa dalla preistoria al XVI secolo.
Un elemento che accomuna Sirmione e Manerba è l’inserimento dei resti archeologici in parchi naturali, in posizioni paesaggistiche di grande rilievo e fascino, su promontori a picco sul
lago.
Il parco archeologico in cui sono inseriti i resti della villa
romana nota come “grotte di Catullo”, situato all’estremità
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settentrionale della penisola di Sirmione, occupa una superficie di ca 7 ettari. All’interno di un fitto oliveto si conservano i
resti di una grandiosa villa che, per le caratteristiche e le
dimensioni (ca 2 ettari), costituisce un unicum in Italia settentrionale e ha confronti solo con edifici situati lungo le coste campano-laziali. Appartiene alla fine del I secolo a.C., ma probabilmente già nel III secolo d.C. ha subito una generale
distruzione, a cui non sembrano essere seguiti interventi di risistemazione. Nel secolo successivo la zona occupata dalla
villa diventa una parte del sistema di fortificazione della penisola di Sirmione, inglobata nella muratura difensiva, di cui
risulta il caposaldo settentrionale.
L’area è attrezzata con percorsi che consentono al pubblico,
dopo la visita al Museo, di raggiungere i tre livelli su cui l’edificio è costruito, attraversando quanto resta delle sostruzioni
e dei numerosi vani della villa. Il Museo, situato all’ingresso,
raccoglie materiali archeologici di età romana e medievale
non solo dell’edificio romano, ma anche di Sirmione e di tutta
la sponda occidentale gardesana, fornendo un panorama
completo della storia di questo territorio.
La villa di Desenzano è oggi la più importante testimonianza nell’Italia settentrionale delle grandi villae tardoantiche.
Dall’antiquarium, dove sono conservati sculture e oggetti provenienti dagli scavi della villa, il percorso di visita si articola
attraverso numerosi ambienti decorati da un interessante complesso di mosaici pavimentali. L’edificio, che presenta anche
spazi destinati a vani termali e aree aperte (peristilio e giardino con ninfeo), copre un’area di oltre un ettaro. La villa,
costruita nel I secolo d.C., ha avuto un lungo periodo di vita,
con ampliamenti e modifiche sino al IV e V secolo d.C.,
come documentano i vani oggi visibili.
La Rocca di Manerba, con la sua conformazione di sperone
roccioso proteso sulla sponda sud-occidentale del lago di
Garda, ha attirato l’uomo dalla preistoria sino al XVI secolo.
Le differenti condizioni geomorfologiche e pedologiche, insieme alla diversa esposizione ed acclività, hanno anche favorito la diffusione di numerose varietà di essenze mediterranee e
rarità botaniche (quali splendide orchidee selvatiche) che
fanno del vasto parco (ca 90 ettari) una meravigliosa oasi
naturalistica con vista privilegiata sul lago e sulla Valtenesi.
Partendo dal nuovo Museo Civico di prossima apertura, punto
di accoglienza e di prima informazione per i visitatori all’ingresso del parco, e seguendo percorsi opportunamente segna-
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lati ed attrezzati, si può raggiungere a piedi la fortificazione
medievale, dalla quale il sito trae il nome e di cui sono visibili due circuiti di mura di difesa (XII-XIII sec.), il più interno dei
quali racchiude la cima. Entro la cinta esterna gli scavi hanno
identificato una sequenza stratigrafica che va dalla cultura di
Lagozza (4000 a.C.) all’altomedievo (IX-X sec.) sino alla cappella di San Nicolò con annesso cimitero (XV sec.). Dalla sommità, scendendo verso il lago per un ripido sentiero, si arriva
al “Riparo Valtenesi”, in località Sasso, dove sono state rinvenute tracce di frequentazione del periodo mesolitico. Nell’età
del rame rideposizioni collettive confermano il forte significato
sacro attribuito già da allora a questi luoghi. Sul versante sudoccidentale della Rocca è stata per ora solo individuata una
villa romana, a cui dovette riferirsi una necropoli scavata nei
pressi alla fine dell’800. Sulla vetta, in un luogo già sacro
almeno dall’epoca protostorica, venne probabilmente innalzato un edificio di culto, forse dedicato a Minerva.
La violenta e definitiva distruzione della fortezza ebbe luogo
nel 1574, quando la Repubblica di Venezia ne decretò l’abbattimento per liberarla da pericolosi banditi che l’avevano
scelta come rifugio.
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Il sito UNESCO “Arte Rupestre della Valle
Camonica”: dal sistema dei parchi archeologici
alla valorizzazione del paesaggio culturale
Raffaella Poggiani Keller
La Valle Camonica, ubicata nelle Alpi centro-orientali lombarde (BS), è nota per l’estesa presenza di incisioni rupestri che
ne determinò, nel 1979, il riconoscimento come patrimonio
mondiale UNESCO.
Questa straordinaria serie di siti con incisioni rupestri, segnalate all’inizio del Novecento, rappresenta il più ricco complesso
d’arte rupestre dell’intero arco alpino europeo grazie a diversi elementi:
- per la varietà e la qualità iconografica;
- per la durata, dal IX/VIII millennio a.C. ca. a tutto il I millennio a.C., nella preistoria e protostoria, con riprese in età romana, medioevale fino ad età storica moderna;
- per la vastissima estensione lungo i due versanti della valle,
tra 300 e oltre 2000 m s.l.m., prevalentemente in territori montani, spesso boschivi e impervi, con oltre 180 siti distribuiti in
26 dei 41 Comuni della Valle.
Questa situazione ha determinato negli anni vari interventi di
valorizzazione che si sono concretizzati nella creazione di
parchi archeologici, ben otto per la preistoria e protostoria, a
partire dal 1955 quando fu fondato, primo parco archeologico italiano, il Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri a Capo
di Ponte. A seguire, gli altri parchi sono:
- il Parco Comunale di Luine, ora inserito nel più esteso Parco
locale di interesse sovracomunale del lago Moro di Darfo
Boario Terme e Angolo Terme, a valenza archeologica, paesaggistica e storica;
- la Riserva Regionale delle Incisioni Rupestri di Ceto, Cimbergo e Paspardo, un esteso contesto territoriale con siti archeologici, centri storici e aree di interesse ambientale e paesaggistico;
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- il Parco pluritematico del “Coren de le Fate”di Sonico, parte
del più esteso Parco dell’Adamello;
- il Parco Comunale di Sellero (in allestimento);
infine i tre nuovi Parchi, aperti nel 2005:
- lo storico Parco Archeologico Nazionale dei Massi di
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Cemmo, il primo sito segnalato nel 1909 per la presenza dei
due straordinari massi istoriati nel III millennio a.C. e sede di
un santuario megalitico fondato nel medesimo periodo e perdurato fino ad età romana tardo antica;
- il Parco Archeologico Comunale di Seradina - Bedolina a
Capo di Ponte;
- il Parco Archeologico di Asinino-Anvòja di Ossimo, che valorizza un sito cerimoniale calcolitico.
Si tratta di un polo per la preistoria e protostoria che si integra
con l’altro importante polo dell’archeologia romana, con aree
e parchi archeologici collegati alla città romana Civitas
Camunnorum, e che si completerà con l’allestimento (apertura
prevista per il 2008), nel centro storico di Capo di Ponte, del
Museo Nazionale della Preistoria della Valle Camonica.
Ma nonostante il punto di forza rappresentato dai Parchi, a
tutt’oggi una parte soltanto del ricco patrimonio risulta documentato e valorizzato. Pertanto, con il Piano di Gestione del
sito UNESCO n. 94 “Arte Rupestre della Valle Camonica”,
elaborato nel 2005 e coordinato dalla Soprintendenza per i
Beni Archeologici della Lombardia per incarico del Ministero
per i Beni e le Attività Culturali, in collaborazione con gli Enti
territoriali e locali, si è perseguito un disegno complessivo, più
esteso e articolato, di valorizzazione, con un progetto che si
potesse integrare in modo strategico con il sistema turistico
della Valle, a sua volta in via di definizione.
Si è ritenuto infatti importante offrire una visione della Valle
Camonica come “Valle delle Incisioni” e anche degli uomini
che le hanno prodotte nei millenni, dei loro abitati, delle necropoli, dei luoghi di culto e delle sedi delle attività economiche:
un “ecomuseo”, un insieme inscindibile di storia e natura, di
cultura e di tradizioni, un palinsesto territoriale di grande significato e con una sua propria identità.
Particolare attenzione è pertanto riservata non solo alle espressioni d’arte rupestre ma a tutto l’ambito archeologico territoriale nei suoi vari aspetti: la trama dei percorsi storici, i contesti
archeologici, i segni di devozione, di memoria o di negazione legati all’arte rupestre (edicole religiose, oratori, chiese; credenze e leggende; toponimi).
Una fitta rete di percorsi storici attraversa la Valle Camonica,
mette tra loro in comunicazione i numerosi siti d’arte rupestre
ed i siti archeologici e per alcuni tratti segue e perpetua tratturi e piste già in uso fin dal Mesolitico antico. Essa si dirama
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Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
verso le valli laterali, segna le relazioni susseguitesi nei millenni tra i territori contigui, costituisce insomma, nel suo attuale
assetto, la trama su cui si svilupparono nel tempo i sistemi insediativi, le attività, gli scambi ed i commerci.
È su questa trama che il Piano di Gestione, in corso di attuazione e condiviso con gli Enti locali (Provincia di Brescia,
Comunità Montana, Consorzio dei Comuni del Bacino
Imbrifero Montano, Comuni di Darfo B.T., Capo di Ponte,
Sellero, Sonico e Consorzio dei Comuni di Ceto, Cimbergo e
Paspardo), prevede l’allestimento e la valorizzazione di nuovi
siti d’arte rupestre e archeologici e la realizzazione di Percorsi
tematici e multitematici (in allestimento i Percorsi di Lòa di
Berzo Demo e di Dosso Poglia di Grevo), col fine di favorire
la migliore “lettura” e conoscenza, nel suo sviluppo diacronico, dello straordinario “paesaggio culturale” della vallata, così
da comprenderne e chiarirne gli esiti moderni e governarne in
modo consapevole gli sviluppi futuri.
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La Valle Camonica romana: un nuovo itinerario
tra turismo e cultura
Filli Rossi
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Il progetto
Valorizzare siti ancora poco noti, di particolare valore culturale ed ambientale, attraverso la riscoperta dei loro caratteri
peculiari e lo sviluppo turistico di qualità del loro settore di riferimento: è l’idea alla base di un progetto su cui è impegnata
da alcuni anni la Soprintendenza per i Beni Archeologici della
Lombardia. L’obiettivo è promuovere un sistema integrato che
rilanci, all’interno di un piano culturale unitario, i maggiori siti
archeologici di età romana della Valle Camonica.
L’intervento costituisce l’oggetto centrale di un accordo di programma quadro tra il Ministero per i Beni e le Attività Culturali
e la Regione Lombardia, formalizzato nel 2005 e ormai in
corso di completamento.
Il bacino culturale individuato, posto nella media Valle
Camonica, è stato scelto non solo per le sue intrinseche qualità archeologiche e paesaggistiche, ma in quanto capace di
evocare il territorio a cui si riferisce perchè rappresentativo
della sua immagine storica e di quell’intreccio complesso di
significati e valori che ne costituisce l’essenza inimitabile e
quindi la vera risorsa.
In questo ambito territoriale la ricchezza e la varietà di un patrimonio culturale ampio e ramificato si sommano in maniera
emblematica al forte legame con il contesto, secondo il modello tipicamente italiano del “museo diffuso”.
La sua valorizzazione non costituirà di conseguenza un episodio effimero ed isolato ma un intervento funzionale, insieme ad
altri, a suscitare senso di identità e di appartenenza nelle
popolazioni di oggi, per una globale e più ricca ricomposizione del suo contesto.
Il patrimonio archeologico della Valle Camonica è in grado di
raccontare la storia delle popolazioni che l’hanno abitata nel
tempo con straordinaria ampiezza di temi e di testimonianze
archeologiche.
Nota da sempre come maggior comprensorio europeo di arte
rupestre, inserito nella lista del patrimonio mondiale
dell’Unesco, la Valle non è ugualmente conosciuta né tanto
meno inserita nei circuiti turistici nazionali e internazionali per
i siti archeologici di età romana, pure assai significativi per
comprendere la portata del processo di romanizzazione
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nell’Italia settentrionale e per descrivere una strutturazione del
territorio che si presenta ancora utile base di lettura per la
realtà di oggi.
Due di questi siti, rispettivamente a Breno e a Cividate
Camuno, vere “capitali” culturali della valle, sono i poli maggiori dell’itinerario oggetto di questo intervento: disposti entro
un breve percorso lungo le rive del fiume Oglio, essi costituiscono l’asse portante di un bacino omogeneo e ben definito
nelle sue caratteristiche ambientali e storico-archeologiche e
trovano la loro naturale cerniera nel Museo Archeologico
Nazionale della Valle Camonica, a Cividate Camuno.
Le due aree archeologiche, oggetto di scavi sistematici e di
restauri durati complessivamente vent’anni, sono il Parco del
santuario delle acque dedicato a Minerva, sorto su un più antico luogo di culto protostorico, a Breno, ed il Parco del Teatro
e dell’Anfiteatro, a Cividate Camuno, inserito in un settore
significativo della città romana di Civitas Camunnorum.
Entrambi i luoghi illustrano in maniera suggestiva la forza del
processo attraverso il quale la cultura dei Romani si impose nel
territorio, assorbendo in forme nuove, più monumentali, le tradizioni religiose e civili delle genti camune, costruendo città al
posto degli antichi villaggi e santuari sugli antichi luoghi di
culto all’aperto. E’ uno spaccato di storia in cui il visitatore
potrà immergersi ripercorrendo un sentiero lungo il fiume che
lo porterà, attraverso un ambiente naturale ancora integro e
ricco di suggestioni, dal santuario di Breno e dal luogo di culto
più importante degli antichi Camuni fino a Cividate, in particolare a quel settore della città romana che includeva il Foro
e gli edifici da spettacolo.
Il Museo Archeologico Nazionale, istituito negli anni ‘80, di
cui è in corso di progettazione un intervento di radicale ristrutturazione, costituirà il luogo in cui i temi proposti dai due siti,
insieme a molti altri riguardanti la romanizzazione della valle,
verranno approfonditi ed illustrati attraverso l’esposizione dei
materiali rinvenuti negli scavi.
Il contesto geografico: estesa dal lago d’Iseo alle sorgenti del
fiume Oglio, la valle è distinta in tre settori, la bassa
Valcamonica, dal tratto superiore del Sebino a Breno; la
media, da Breno a Edolo; l’alta, da Edolo al Passo del Tonale.
Il paesaggio, che segue con caratteristiche morfologiche assai
varie il percorso del fiume, è ricco di elementi di interesse naturalistico e paesaggistico. Nelle conche e sui pianori di maggiore ampiezza si collocano i centri maggiori, Capo di Ponte,
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Breno, Cividate, Darfo Boario, con le più rilevanti realtà di
carattere commerciale e produttivo.
Il contesto socioeconomico: è quello di un’economia locale
tradizionalmente manifatturiero-industriale che subisce la crisi
del settore siderurgico e di un sistema turistico complessivamente marginale e scarsamente competitivo, con prodotti (il turismo
stagionale di alta montagna a nord ed il comprensorio termale a sud) che non sviluppano pienamente le potenzialità del
patrimonio storico-culturale. Il turismo, di provenienza in gran
parte locale, è costituito quasi interamente da visitatori italiani
(88 % circa dell’intero flusso turistico) che si concentrano maggiormente nei mesi invernali, da dicembre a marzo, per poi
riprendere con un flusso più consistente, da giugno a settembre. Il turismo scolastico si concentra soprattutto nei mesi primaverili ed autunnali.
L'intervento per la creazione
dell'itinerario archeologico- turistico
che includerà il Parco del Santuario
di Minerva a Breno
(direzione scientifica Filli Rossi),
il Parco del Teatro e dell'Anfiteatro
a Cividate Camuno (direzione
scientifica Valeria Mariotti),
il Museo Archeologico Nazionale
della Valle Camonica (direzione
scientifica Filli Rossi) è svolto dal
Ministero per i Beni e le Attività
Culturali, Direzione Regionale per
i Beni Culturali ed il Paesaggio,
Soprintendenza per i Beni
Archeologici della Lombardia
in collaborazione con:
Comune di Breno,
Comune di Cividate Camuno
Regione Lombardia,
Provincia di Brescia Comunità
Montana, Consorzio Bacino
Imbrifero Montano
I punti di forza di questo distretto sono quindi un notevole patrimonio naturalistico, con una biodiversità che si presta all’offerta di prodotti integrati; un interessante patrimonio etnografico,
legato all’estrazione e lavorazione del ferro; le evidenze storico-archeologiche relative a vari aspetti della presenza romana
nella valle; inoltre la presenza delle terme, la vicinanza con il
lago e con due parchi naturali, le nuove opere di viabilità di
scorrimento, i flussi turistici, non particolarmente dinamici, ma
che tuttavia garantiscono una presenza turistica di base nel territorio.
Costituiscono invece un problema le strutture di promozione
turistica insufficienti e poco collegate e l’assenza di interventi
efficaci per il rilancio delle risorse culturali del luogo, di un progetto strategico capace di ricucire i diversi temi in maniera
organica e coerente e attraverso un’immagine coordinata. La
carenza di visibilità e di divulgazione ha finora penalizzato in
particolare i siti archeologici romani della valle, la cui visita
non costituisce una motivazione primaria delle escursioni, ma
è in genere subordinata al turismo montano o termale.
Partendo da questo quadro di fondo, il progetto di rilancio dell’itinerario turistico-culturale Breno-Cividate viene promosso
anche al fine di risolvere le criticità che questo distretto presenta; le differenze tematiche che i due siti propongono costituiscono una ricchezza in più, definendo rapporti non statici e
complementari tra le varie realtà del patrimonio archeologico
del territorio.
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L’interesse turistico che ne può derivare e che può efficacemente attrarre i viaggiatori a sostare nelle aree di mezzo della
valle, finora considerate solo di transito, si potrà basare su tre
risorse principali:
- il tema della storia romana, rilevante per tutto il territorio. In
particolare la valle può usufruire dello sforzo promozionale
investito in questi anni su Brescia, che rappresenta il nodo di
transito turistico maggiore dell’area.
- un museo attivo, che raccoglie i reperti romani della valle e
che svolge da tempo il ruolo di garante del primo canale di
comunicazione e di divulgazione.
- un paesaggio che si fonda su un elemento simbolico suggestivo come quello del fiume, nell’antichità vero tramite di scambio tra culture diverse.
L’archeologia quindi in questo caso costituisce l’elemento unificante per la creazione di un sistema di itinerari, un percorso
tra poli di turismo culturale “sostenibile”, con l’obiettivo di promuovere una domanda turistica qualificata, più attenta alla salvaguardia dell’ambiente e del patrimonio archeologico. La
strategia globale di valorizzazione promuove la collaborazione con i vari interlocutori locali, gli enti pubblici, gli operatori
culturali e turistici, chiamati a cooperare per entrare a far parte
del processo di sviluppo del territorio e per dotare gli itinerari
in questione di tutti quei servizi e infrastrutture che ne determineranno la reale fruibilità.
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L'orientalizzante a Matelica
Giuliano de Marinis - Mara Silvestrini
Nel quadro delle ultime ricerche sull’orientalizzante nell’Italia
centro-settentrionale, si inserisce ora, come prepotente protagonista, quello di Matelica, che, dopo un decennio di scavi e scoperte, si caratterizza per due aspetti essenziali: ossia la negazione dell’apparente assenza della fase più antica di questa
facies, e dell’altrettanto apparente ruolo culturale provinciale,
quasi passivo recettore ed imitatore di stimoli culturali esterni.
Il dato sostanziale delle ricerche indica la “precocità” della
facies e la diretta correlazione, in molti casi, tra abitati e necropoli.
Argomento fra tutti forse più rilevante, appare la grande evidenza di rapporti culturali ad amplissimo raggio, anch’essi antichi e precoci, sia con il mondo etrusco-laziale e falisco-capenate (strettissimi sotto l’aspetto stilistico ed “ideologico” sotto forma
di oggetti spesso prestigiosi, ceramici e bronzei, frutto di rielaborazioni di estrema creatività anche se nessun oggetto risulta
con sicurezza importato dai territori citati, e nessuna “tappa”
intermedia sembra apparire nell’attuale Umbria), sia con quello
adriatico meridionale (oggetti di importazione diretta dall’ambito dauno) e settentrionale (contatti per lo più a livello iconografico peraltro molto stringente, con il mondo dell’ “arte delle situle”, anche se non mancano oggetti, come per esempio le situle “tipo Kurd”, che possono far pensare almeno ad un’ambivalenza di rapporti tra quest’ambito e quello tirrenico).
In proposito, le risultanze delle analisi metallurgiche mostrano
infatti una sapienza e maestria nelle lavorazioni estremamente
evolute e dotate di caratteristiche tecnologiche talora assai differenti da quelle etrusche coeve alle quali sembrano ispirarsi
formalmente, ma anche una non frequente disponibilità di
materie prime, relativamente alle quali resta insoluto il problema delle provenienze, se dall’Etruria, -come sempre finora ipotizzato, anche per le epoche più antiche- o se invece, almeno
in alternativa, dal mondo egeo-balcanico tramite l’Adriatico, e
ciò, in specie, per il rame. Per lo stagno, l’abbondanza del
quale risulta evidente dalle alte percentuali in lega presenti
anche in manufatti nelle quali esso non sarebbe stato funzionalmente necessario (quando non addirittura teoricamente contrario alla lavorazione dei laminati, bisognosi a quel punto di
lunghi processi di martellamento e ricottura), si potrebbe ipotizzare, almeno in parte, una provenienza dal Nord Europa, con
un percorso per molti tratti comune a quello dell’ambra, mate-
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ria non a caso straordinariamente abbondante, nelle Marche,
proprio a partire dalla tarda Età del Ferro e dall’Orientalizzante.
A dimostrazione del benessere dovuto alle ampie risorse agricole e silvo-pastorali della valle dell’Esino e delle aree contigue sono i corredi di due tombe, una in località Boschetto, l’altra a Passo Gabella, nel ricco corredo della quale compare un
eccezionale holmos (oggetto veramente unico e senza confronti) dipinto originariamente in rosso, bianco e nero, arricchito da figure zoomorfe a tutto tondo, amovibili, inserite su perni
a cornetto e molte decine di piccoli kyathoi e kantharoi originariamente appesi al bordo superiore ed un uovo di struzzo,
utilizzato come corpo di una oinochoe polimaterica, figurato
con scene “narrative” incise mediante una metodologia preparatoria di tipo chimico già accertata che doveva essere, già
all’origine, molto tenue senza campi ribassati, riferibili ad episodi mitologici che fanno sorgere il problema, non nuovo in
casi analoghi nei peraltro scarsi repertori di quest’epoca e di
quest’ambito, della possibilità o meno di riferire le scene al
mito greco, che, a partire dalla fine dell’VIII sec. a.C. e proprio soprattutto nel VII si diffonde in Italia ed in Etruria, seppure, forse, in versioni non ancora stabilmente codificate.
Gli aspetti largamente positivi dal punto di vista scientifico di
quest’ultimo decennio di ricerche sono parzialmente invalidati
dalla mancanza di fondi sufficienti per completare l’elaborazione dei dati e della documentazione raccolta, e per il
restauro, soprattutto, dei complessi ammontanti ormai a diverse centinaia, per i quali occorrerà uno specifico progetto su
fondi non ordinari, per altro già proposto in diverse sedi sia
a livello ministeriale sia a livello locale e finora solo minimamente finanziati.
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La Domus di Sant’Angelo in Vado - Restauro e
Musealizzazione
Giuliano de Marinis - Paolo Quiri
Che il Campo della Pieve, a Sant’Angelo in Vado, conservasse nel suo sottosuolo una cospicua porzione dell’abitato della
città romana di Tifernum Mataurense, era cosa nota ormai da
diversi anni (primi saggi per il vincolo, fortunata serie di fotografie aeree in occasione di particolari condizioni climatiche).
L’occasione per estendere tali ricerche è stata offerta dai “progetti Docup – Obiettivo 2”, avvalendosi dei fondi europei
amministrati dalla Regione Marche ed ha portato al rinvenimento di una domus gentilizia eretta nel I sec. d.C., impreziosita da un ricco complesso di mosaici figurati, sicuramente il
più cospicuo venuto in luce nelle Marche da ormai diversi
decenni, distribuiti su gran parte dei ventisette vani.*
Fra i temi raffigurati (molti in raffinata policromia) spiccano:
Nettuno ed Anfitrite sul carro condotto da cavalli marini; busto
di Dioniso; testa della Medusa al centro di un cerchio di squame; riquadro con la caccia; sontuoso mosaico del triclinio con
emblema dei pesci e quaranta medaglioni figurati, oltre ad un
complesso repertorio di motivi geometrici in bianco e nero.
Dall’analisi stratigrafica effettuata all’interno di ogni vano e
dallo studio della ceramica e delle monete oltre che dalle
caratteristiche stilistiche dei mosaici è stato possibile individuare le principali fasi del complesso archeologico.
I Fase (I sec. a.C. – I sec. d.C.) primo impianto della domus
con la serie principale di vani mosaicati, alcuni realizzati su
precedenti pavimenti in cocciopesto.
II Fase (II-III sec. d.C.) vengono effettuate delle modifiche strutturali ed in particolare le tamponature degli ingressi di tre vani
più piccoli che risultano ormai in diretta comunicazione con
l’atrio; l’edificio, al termine di questo periodo, viene abbandonato e completamente spogliato.
III Fase (IV-V sec. d.C.) si nota un parziale riutilizzo a scopo
abitativo ed è aggiunto un settore artigianale; alcuni piani di
calpestio risultano rialzati e realizzati in cocciopesto. Si nota
infine il completo abbandono, che ha interessato gran parte
della Tifernum Mataurense romana alla fine del V sec. d.C.
Nel corso dello scavo e soprattutto al termine, sono stati eseguiti via via i restauri indifferibili e quelli definitivi sia delle
murature che dei pavimenti musivi in quanto, generalmente, gli
strati di allettamento delle tessere, al contrario della ricchezza
e raffinatezza della composizione figurata, risultano assai fret-
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delle Marche
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Lo scavo archeologico è stato
condotto dalla Cooperativa
Archeologia di Firenze,
con la direzione scientifica
della Soprintendenza per i beni
archeologici delle Marche
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tolosi e sommari.
La conservazione, poi, dell’intero edificio è assicurata da una
capace ed efficace tettoia su struttura metallica, mentre la
musealizzazione, della quale è stata realizzata l’intera parte
didascalica ed un percorso provvisorio su passerelle lungo
tutto il perimetro della domus, verrà definitivamente approntata sulla scorta del progetto già realizzato nei dettagli e che
attende il relativo finanziamento.
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
Il santuario sannitico di Pietrabbondante
Tra il II secolo a.C. e gli inizi del secolo successivo i Sanniti
Pentri eressero, sulle pendici di Monte Caraceno, a 1.200
metri di quota, un imponente santuario che può essere considerato uno dei più grandi complessi archeologici del Sannio.
L’area si articola in due principali edifici: un tempio più piccolo, denominato convenzionalmente tempio A, ed un tempio di
proporzioni monumentali, il cosiddetto tempio B, concepito in
un organico progetto architettonico con il teatro.
Il tempio A, portato alla luce insieme al teatro nella seconda
metà dell’Ottocento, si conserva in buona parte del podio; da
questa zona proviene una serie di iscrizioni in lingua sannitica
che documentano l’impegno, nella costruzione del tempio, di
una delle famiglie più illustri dei Pentri, gli Staii.
Il complesso teatro-tempio B è concepito secondo lo schema
del comitium; esso fu realizzato nello stesso luogo occupato
da una struttura sacra più antica che nel III secolo a.C. era in
piena fioritura, come ci dimostrano i numerosi rinvenimenti
databili a quest’epoca; si tratta prevalentemente di armi ipotizzate come spoglie dei nemici offerte alla divinità. Sembra
certo che il santuario più antico sia stato oggetto delle devastazioni durante la guerra annibalica.
Il tempio B è un edificio poderoso, di 22 metri di larghezza e
35 di lunghezza; esso è situato alle spalle del teatro, sulle stesso asse mediano, e lo sovrasta con la sua imponenza.
Riportato in luce a partire dal 1959, il tempio ha conosciuto
numerosi interventi di restauro che hanno permesso non solo di
ricollocare in situ i vari elementi delle parti basse, ma hanno
anche permesso la ricostruzione in elevato di parte della parete laterale destra.
Il podio, alto poco meno di 4 metri, presenta sulla fronte
un’ampia gradinata che permette l’accesso al pronao; davanti a tale gradinata erano collocati tre altari – ne sono sopravvissuti solo due – di cui quello centrale maggiore, dedicati alle
tre divinità i cui simulacri dovevano essere conservati nelle
rispettive celle. Le quattro colonne scanalate che dovevano
ergersi sulla fronte erano coronate da capitelli di ordine corinzio; la loro struttura scanalata era però completamente nascosta da un rivestimento ad intonaco colorato, di cui si sono rinvenuti vari resti nel corso degli scavi, che aveva probabilmente lo scopo di proteggere il calcare tenero e facilmente deperibile con cui erano realizzate le colonne stesse.
Molti elementi decorativi in terracotta che rivestivano le parti
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lignee della trabeazione e quelle di coronamento del tetto,
sono sopravvissuti; le tegole, di cui sono stati rinvenuti moltissimi esemplari, erano probabilmente fabbricate a Venafro.
Il teatro di Pietrabbondante risponde a criteri progettuali chiaramente ispirati a modelli ellenistici assai presenti in Campania
(basti pensare agli elementi scultorei delle figure di Atlanti ed
ai braccioli conformati a zampa di grifo); si articola nei consueti due corpi principali: la cavea semicircolare riservata al
pubblico, sorretta da un poderoso muro in opera poligonale,
e l’edificio scenico riservato agli attori ed alla scena vera e
propria. Di dimensioni non eccezionali, il teatro non era stato
progettato per accogliere un pubblico particolarmente vasto,
ma perché fosse funzionale alle esigenze proprie della vita religiosa che si svolgeva nel santuario e, probabilmente, anche
per attività di carattere più strettamente politico.
Gli interventi di scavo e di restauro nel sito di Pietrabbondante si sono protratti a lungo e continuano tuttora. Negli anni
Settanta del secolo scorso si è concentrata l’attenzione in particolare sul tempio B del quale, peraltro, si è rialzata parte
della parete laterale destra con gli elementi superstiti rinvenuti
in stato di crollo. Un recente intervento sul teatro e sugli edifici
scenici ha restituito al complesso parte della fisionomia originaria, con particolare attenzione alle parodoi.
Recenti interventi di scavo nell’area adiacente al complesso
teatro-tempio B aprono un nuovo fronte di ricerche: si sta evidenziando una vasta area abitativa, articolata in svariati
ambienti e sistemata a terrazze.
Il sito della città romana da Sepinum
L’attenzione su questo sito archeologico perdura da decenni;
si tratta, d’altra parte, di una zona archeologica che ha conosciuto una ripresa di vita in epoche moderne, che ha comportato la realizzazione di case rurali che si sono sovrapposte ai
ruderi romani fondendosi e confondendosi con essi; questi
spazi, recuperati anch’essi, sono oggi destinati a musei, laboratori, mostre.
Il municipio romano di Saepinum (Sepino – Altilia) fu pianificato in epoca augustea nello stesso luogo in cui già in epoca
precedente si era sviluppato un insediamento consistente lungo
il tratturo che anche nella nuova sistemazione urbana continuò
ad attraversare la città da parte a parte. Si seguono in tutto il
loro percorso le mura urbane, con l’articolazione delle torri e
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le quattro porte monumentali; leggibile pressoché nella sua
interezza la cosiddetta “Porta Bojano”, con l’arco a tutto sesto,
la testa di Ercole in chiave di volta, l’iscrizione dedicatoria che
ricorda i principi della casa imperiale (Tiberio e Druso) quali
promotori e finanziatori dell’opera, le due figure a rilievo di
barbari prigionieri poste in alto lateralmente. Le serie ininterrotta di botteghe, originariamente precedute da portici, si estende lungo il decumano; nei pressi dell’ampio spazio del foro si
collocano gli edifici pubblici più importanti: il macellum, la
basilica, la curia e il comitium, i templi, i monumenti onorari,
le fontane. Al margine della città, addossato alle mura, è l’emiciclo del teatro; fuori dalle mura, ai lati del tratturo, sono i
monumenti funerari, quelli ben in vista dei personaggi più
importanti: la tomba a tamburo cilindrico con coronamento
merlato che ospita Caio Ennio Marso nella zona fuori “Porta
Benevento” e quella a corpo parallelepipedo di Publio Numisio Ligo, situato al lato del tratturo fuori “Porta Bojano”.
Relativi alla quotidianità di una cittadina di provincia, ma non
esenti da influssi colti e dall’ampia circolazione di oggetti di
pregio, sono i pezzi esposti nel recente Museo della Città e
del Territorio allestito nelle casette rurali che ad emiciclo sovrastano la cavea del teatro romano. Testimonianze che si susseguono senza soluzione di continuità dall’epoca preistorica,
con i primi rudimentali strumenti in pietra, fino alla definizione
urbana del centro agli esordi dell’epoca imperiale. Sono per
lo più oggetti da mensa, nella loro evoluzione dalla fine ceramica a vernice nera a forme che si caratterizzano in base alle
epoche, ampolline di vetro, lucerne, manufatti in metallo, in terracotta, in piombo: condutture per l’acqua (fistulae aquariae)
che riportano i nomi dei fabbricanti schiavi municipali o bolli
su reperti di terracotta. E ancora: un trapezoforo in marmo con
testa femminile a rilievo, elementi della decorazione del tetto
delle case, monete, resti di stucchi policromi, monili di metallo
pregiato, oggetti da gioco (pedine, dadi…), una minuscola
bambolina in osso, persino l’occorrente per il trucco. Quando
nella città la vita decadde a seguito delle crisi economiche e
demografiche del tardo impero, a poco a poco gli spazi
abbandonati cominciarono ad ospitare sepolture; provenienti
da tombe altomedievali sono alcuni oggetti presenti nell’ultima
sala del percorso museale: un fibula di bronzo con iscrizione,
una croce, un morso di cavallo, ma anche ciotole e coppe in
protomaiolica delle epoche successive.
Gli edifici rurali offrono anche spazi per attività didattiche e
mostre; sono attualmente visitabili una mostra sullo scavo del
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tempio sannitico della località San Pietro, una esposizione in
cui si presentano, ricostruite nei particolari, una cucina romana ed una cucina ottocentesca, infine una mostra sulle macchine da guerra romane, i cui modelli ricostruiti sono in dimensioni reali.
Gli interventi di scavo ma soprattutto di restauro e di manutenzione di cui è continuamente oggetto il sito di Sepino, si protraggono ininterrottamente. Per quanto attiene allo scavo, di
recente acquisizione sono i dati relativi alle fasi preromane che
rivelano come in epoca sannitica nel luogo prosperasse già un
vicus di una certa rilevanza, che evidentemente traeva modi di
sussistenza dalle attività collegate anche alla transumanza.
Cospicua è stata l’opera di scavo e di restauro del percorso
murario che ora, dopo gli ultimi interventi, è possibile seguire
in tutta la sua lunghezza.
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Libarna (Comune di Serravalle Scrivia - AL)
A quasi due secoli dall’individuazione di parte delle strutture
archeologiche del municipium di Libarna è ora possibile, grazie anche all’interessamento degli enti territoriali, offrire al pubblico una qualificata conoscenza del sito, che attende ancora
una adeguata valorizzazione.
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per i beni
archeologici
del Piemonte
e del Museo
Antichità Egizie
L’area archeologica della città romana
L’area archeologica di Libarna è situata a sud dell’abitato di
Serravalle Scrivia, lungo la strada (ex S.S. 35 dei Giovi) che
conduce a Genova. Posta in prossimità di una arteria stradale
e di un nodo ferroviario, Libarna mantiene la sua posizione
strategica oggi, come in età imperiale, quando la città si trovava lungo una delle principali direttrici di traffico, la via
Postumia.
Le strutture dell’area archeologica permettono di leggere l’articolazione topografica della città con particolare riferimento
all’età romana imperiale, testimoniando il momento di massimo splendore del sito. L’origine del popolamento va però fatta
risalire, in base ai ritrovamenti, all’età protostorica, mentre le
prime testimonianze archeologiche in corrispondenza dell’area attuale di Libarna sono databili tra la metà e la fine del I
secolo a.C. (Libarna 1995). Il toponimo Libarna, di origine
preromana, compare in alcune fonti antiche (Plinio; Itinerarium
Antonini; Tabula Peutingeriana), pur non essendo definibile
con certezza la data di fondazione della città.
Tra il II e il I secolo a.C. l’apertura della via Postumia (148
a.C.) e l’ottenimento dello status di civitas favorirono l’attuazione di una pianificazione urbanistica programmata, le cui tracce sono evidenti nel reticolato dell’impianto urbano, che segue
l’orientamento della via consolare. Come ricordano le fonti, in
età imperiale Libarna era una città ricca, densamente abitata
e intensamente frequentata; i materiali archeologici testimoniano un notevole ed importante flusso economico e commerciale nel corso dei primi secoli dell’impero ed un progressivo indebolimento dei commerci a partire dal III secolo d.C. La fiorente città sembra quindi perdere importanza, parallelamente al
declino della via Postumia, in età tardo-antica ed altomedievale, sino a scomparire.
La riscoperta dell’antica Libarna avvenne nel corso del XIX
secolo in occasione dei lavori di scavo per la costruzione della
Strada Regia dei Giovi (1820-1823) ed in seguito della ferro-
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via Torino - Genova (1846-1854). Le indagini archeologiche
hanno in seguito riportato in luce resti di edifici pubblici e di
abitazioni, grazie ai quali è stato possibile ricostruire l’assetto
urbano del sito.
L’attuale area archeologica rappresenta una minima parte dell’antica città, che occupava una superficie molto più estesa.
Sono visibili i resti di due isolati di abitazioni, posti ai lati del
decumano massimo ed incorniciati dai decumani e cardini
minori. Gli isolati si suddividono in abitazioni, la cui costruzione è databile intorno alla fine del I secolo a.C. con rimaneggiamenti nei secoli successivi. Una precisa lettura delle diverse
fasi costruttive non è sempre possibile; si possono comunque
osservare i differenti ambienti caratteristici delle domus romane, come atrio, cubicula, tablinum, triclinio, peristili; in alcune
di esse sono presenti ambienti identificati come botteghe. Di
notevole interesse è la pavimentazione musiva della domus
che occupa l’angolo superiore dell’isolato posto a sinistra
rispetto all’ingresso dell’anfiteatro. Il mosaico, di grandi dimensioni, rappresenta il mito di Licurgo; la scena figurativa centrale è posta tra due tappeti musivi a decorazione geometrica in
bianco e nero.
L’anfiteatro, costruito probabilmente nel I secolo d.C., è posto
ai margini dell’abitato in posizione scenografica al termine del
decumano massimo. L’elevato non è purtroppo conservato, ma
la monumentalità dell’edificio è ugualmente evidente dalle
dimensioni dell’ellisse. Si notano le fondazioni dei corridoi
d’ingresso che conducevano alle gradinate e sono visibili l’ambulacro e la sala ipogea, gli ambienti sotterranei all’arena. In
base a calcoli volumetrici ottenibili dalla misura delle fondazioni, è stato ipotizzato che potesse ospitare circa 7000 spettatori.
Il teatro, anch’esso databile intorno al I secolo d.C., è maggiormente conservato, pur essendo privo del portico post scaenam, obliterato dalla sede dei binari ferroviari. Sono visibili le
fondazioni degli ingressi, dei corridoi di accesso, della cavea
e della scena, oltre a porzioni di elevato. Secondo le ipotesi
ricostruttive il teatro poteva contenere circa 3800 spettatori.
I materiali archeologici provenienti da Libarna, in parte confluiti in alcune collezioni private, sono conservati presso il Museo
di Antichità di Torino ed il Museo di Archeologia Ligure di
Genova-Pegli.
Alcuni reperti sono esposti presso l’Area Museale di Libarna,
nel Palazzo Comunale, a Serravalle Scrivia.
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L’area museale
Già allestita (2002) all’interno della Biblioteca Comunale
“Villa Caffarena”, accoglie una serie di reperti provenienti da
Libarna, costituendo un’utile integrazione alla visita all’area
archeologica. I reperti archeologici rappresentano un interessante esempio dell’apparato ornamentale e decorativo degli
edifici pubblici e delle abitazioni private della città romana,
insieme ad alcuni oggetti che documentano aspetti della cultura materiale.
Nella prima parte della sala sono illustrati i reperti della collezione del canonico novese Giovanni Francesco Capurro
(1810-1882), di proprietà dell’Accademia Filarmonica
Artistico Letteraria di Novi Ligure, concessi in comodato d’uso
al Comune di Serravalle Scrivia. Nella seconda sala sono
esposti alcuni reperti di proprietà statale, concessi in deposito
temporaneo dalla Soprintendenza piemontese.
La Collezione Capurro è composta da una sessantina di reperti, per la maggior parte frammenti di capitelli, cornici, partiture architettoniche, modanature ornamentali e porzioni di fregi
decorativi; i manufatti ceramici consistono in due anfore intere
ed un’ansa recante un bollo impresso. Tra i reperti maggiormente significativi si segnala l’epigrafe dello scrivano Caius
Catius Martialis (II secolo d.C.) ed elementi architettonici,
come un grande blocco di trabeazione ed un capitello di
parasta. Tra i numerosi frammenti di decorazione architettonica, si evidenzia per le caratteristiche qualitative di esecuzione
la porzione centrale di un pinax marmoreo, ornato su di un
lato da una testa di Pan e sul lato opposto da una testa di
Gorgone.
Nella seconda parte della sale sono esposti una fontana,
decorata da motivi marini, due piccole erme ed alcuni manufatti ceramici relativi a vasellame da mensa e lucerne fittili. Il
reperto maggiormente significativo è l’emblema in opus sectile, che costituiva la decorazione centrale di un ambiente pavimentato, datato al II secolo d.C. Si tratta di un reperto di considerevole importanza e di grande valore per la raffinatezza
compositiva ed esecutiva e per la varietà e il pregio dei marmi
impiegati.
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e del Museo
Antichità Egizie
L'area Archeo-Metallurgica di Rondolere
(Alta Val Sessera - Bi)
(fine XVIII - inizio XIX secolo)
A partire dal 2000 la Soprintendenza per i Beni Archeologici
del Piemonte e del Museo Antichità Egizie, la Comunità
Montana Valle di Mosso e il DocBi hanno promosso un programma di studio, censimento e valorizzazione del patrimonio
archeominerario e archeometallurgico dell’alta val Sessera. Le
campagne di indagini archeologiche condotte nel sito di
Rondolere si sono concluse con il restauro conservativo e la
copertura delle installazioni produttive, la collocazione nei
punti di maggiore interesse di pannelli esplicativi. Nell’autunno
del 2005 l’area è stata aperta al pubblico, che vi accede
attraverso sentieri attrezzati e piattaforme lignee appositamente realizzate per consentire una migliore visibilità del sito.
Poiché l’interesse del pubblico per la storia delle attività protoindustriali è in forte crescita, è stato promosso un ampio
piano di ricerca finalizzato alla valorizzazione dei principali
siti (Argentera, Pietra Bianca, Piana del Ponte) con la concreta
possibilità di costruire in alta val Sessera un parco archeologico aperto al pubblico. In tale ottica sono state intraprese nell’anno in corso ulteriori attività archeologiche nel sito
dell’Argentera.
La presenza nel Biellese di un parco archeologico di interesse
extraregionale offrirà nuove opportunità di sviluppo e crescita
economica per una valle di indubbio valore naturalistico e
ambientale, ma non ancora sfruttata turisticamente.
Rondolere
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La strada sterrata che parte da Bocchetto Sessera incontra,
presso il ponte del Pescatore, il sentiero attrezzato che conduce all’area metallurgica di Rondolere, intitolato a Giovanni
Battista Rei di Bioglio, concessionario, nel 1784, della miniera da cui si estraeva il minerale di ferro, utilizzato per la produzione della ghisa. Percorrendo questo sentiero (15 minuti),
si osservano le due gore, in parte scavate e in parte costruite,
che portavano a Rondolere l’acqua del Sessera, producendo
la forza idraulica necessaria all’azionamento del maglio e
delle macchine soffianti.
La complessità delle installazioni e la scelta del sito, non soggetto a inondazioni, dove era comodo fare confluire l’acqua
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e il minerale proveniente dalle soprastanti miniere, sono indici
di una evoluta mentalità imprenditoriale protoindustriale.
Il lavoro era stagionale e coinvolgeva un numero di persone
abbastanza ridotto (meno di 10 operai specializzati), che abitavano probabilmente sul posto.
Dal minerale al prodotto finito
Tra il 1784 e il 1788 sorse a Rondolere una installazione
metallurgica per il trattamento della magnetite estratta dal versante di Pietra Bianca. Un alto forno produceva ghisa, che
veniva poi convertita in masselli di ferro negli edifici adiacenti, dove la compresenza di un forno di affinazione, di un doppio maglio a coda e di una forgia indica che il ciclo di lavorazione arrivava sino al prodotto finito (strumenti agricoli o
altro) e comprendeva inoltre la riparazione e il riciclaggio di
ferri usurati.
La scelta del sito cadde su Rondolere non solo per la vicinanza delle miniere, ma anche per l’abbondanza di legname, da
cui ricavare carbone di legna, ossia il combustibile necessario
ai varii trattamenti termici (riduzione della magnetite, affinazione della ghisa, fucinatura e forgiatura a caldo del ferro).
Decisiva fu la possibilità di convogliarvi l’acqua del Sessera
per mezzo di due lunghe gore: la rotazione dell’albero a
camme che sollevava i due magli e la ventilazione forzata dei
forni e della forgia erano infatti ottenute sfruttando la forza
idraulica.
Nonostante l’ampiezza delle risorse impiegate, l’installazione
metallurgica rimase attiva per meno di un trentennio, scandito
da non meno di tre fasi di ammodernamenti tecnologici.
Già nel 1813, un edificio per uso pastorale venne addossato
alla facciata dell’alto forno, ormai inattivo.
Con i suoi impianti sostanzialmente non più modificati dopo l’inizio del XIX secolo, Rondolere costituisce la rara testimonianza materiale di un completo ciclo produttivo protoindustriale.
L’alto forno: dal minerale alla ghisa
L’alto forno è un forno a tino in cui avviene la riduzione degli
ossidi di ferro per ottenere la ghisa.
Gli alti forni primitivi, come questo, erano addossati al pendio,
per favorire l’accesso alla bocca, in cui si scaricavano il minerale, il combustibile (carbone di legna) e il fondente (pietrisco
calcareo). A Rondolere la ventilazione forzata era data da una
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macchina soffiante denominata tromba idroeolica. La piattaforma di caricamento alle spalle dell’edificio è un manufatto
costruito utilizzando sabbia non strettamente locale. La sua
base è percorsa da un canale di drenaggio che contorna l’alto forno.
L’alto forno era già nel XVIII secolo una installazione complessa: le varie strutture e la scelta dei materiali edilizi consentivano di evitare la dispersione del calore e l’infiltrazione dell’umidità.
Il maglio a coda: uso polifunzionale della forza idraulica
Il maglio a coda è una macchina idraulica che, in una installazione siderurgica come quella di Rondolere, è impiegata in
diversi compiti: spaccare i lingotti di ghisa destinati al forno di
affinazione, tirare a caldo i blocchi informi di ferro affinato per
trasformarli in masselli di forma regolare, modellare a caldo i
masselli per ricavarne semilavorati o oggetti finiti.
L’acqua prelevata dal Sessera al ponte del Pescatore giungeva a Rondolere percorrendo due gore ed era trattenuta in un
serbatoio da uno sbarramento artificiale. Il dislivello tra il serbatoio e il maglio dava origine a una caduta d’acqua, opportunamente incanalata in una conduttura aerea in legno, che
azionava una ruota idraulica a pale, della quale gli scavi
archeologici hanno ritrovato il supporto in legno. La ruota a
pale era collegata all’estremità di un albero a camme. Questo,
ruotando, sollevava ciclicamente i due manici del maglio, che,
al disimpegno delle camme, ricadevano in avanti. La mazza
battente di ferro, fissata alla punta del manico, era così portata a comprimere ripetutamente il pezzo di ferro riscaldato in
corso di lavorazione, tenuto con tenaglie sull’incudine alloggiata nella dama.
Negli incavi alla sommità dei montanti alloggiava un sistema
di leve che controllava una paratia esterna: regolando la
quantità d’acqua in caduta sulla ruota, si modificavano la velocità di rotazione dell’albero e la frequenza delle battute del
maglio.
Il forno di affinazione: produrre ferro decarburando la
ghisa
Per convertire in ferro la ghisa, occorre eliminarne il carbonio
in eccesso, che si è legato al ferro durante il processo di ridu-
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Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
zione nell’alto forno, e altre impurità (silicio, magnesio…). Per
ottenere ciò, il lingotto di ghisa, spaccato in pezzi più piccoli
con il maglio, viene nuovamente riscaldato nel forno di affinazione, dove riceve una forte corrente di aria compressa.
L’ossigeno dell’aria si combina con il carbonio, formando anidride carbonica, che viene allontanata attraverso il camino del
forno.
Anche una parte del ferro contenuto nella ghisa si riossida e
va quindi perduta, ma l’operazione permette di ottenere infine
un metallo con la giusta percentuale di carbonio, che può
essere modellato (fucinato) a caldo sotto il maglio, con produzione di blocchi di peso e forma variabili (masselli), che saranno successivamente trasformati in oggetti finiti. Come per l’alto forno, la ventilazione forzata è ottenuta con una macchina
soffiante denominata tromba idroeolica.
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Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna
Regione Sardegna
Direzione Regionale
per i beni culturali
e paesaggistici
della Sardegna
La fruizione turistica culturale in Sardegna
Sandra Violante
Sulla base di uno studio condotto dal CRENOS degli Atenei
di Cagliari e Sassari, è possibile delineare alcuni aspetti del
turismo culturale in Sardegna, con particolare riguardo alla
fruizione e al sistema di gestione del patrimonio archeologico.
Le strutture museali e i siti archeologici esistenti sul territorio
regionale, accessibili mediante pagamento di un biglietto d’ingresso, hanno una distribuzione geografica disomogenea con
una prevalenza delle province di Cagliari e di Nuoro rispetto
a quelle di Sassari e di Oristano
La distribuzione territoriale dei Luoghi della Cultura, visitabili a
pagamento, si sposta con sempre maggiore frequenza verso
le zone interne dell’Isola non limitandosi più soltanto alle zone
costiere. Si palesa infatti, con sempre maggiore evidenza, la
tendenza a valorizzare le culture locali, nella ricerca delle proprie radici e nell’affermazione della propria identità. Il desiderio dei piccoli comuni di recuperare e contestualizzare manufatti e reperti di qualsiasi genere nell’ambito territoriale di provenienza, ha determinato la nascita di musei locali ed ha
incrementato l’affidamento in gestione dei siti archeologici a
società e cooperative appositamente costituitesi.
L’analisi dei flussi presso il sistema museale ed archeologico
statale mostra una preoccupante tendenza alla contrazione
delle visite mentre si osserva un crescente interesse per le strutture non statali. In entrambi i casi, comunque, si registrano marcate oscillazioni in riferimento alla variabile tempo, per lo più
riconducibili alla presenza o meno di particolari eventi ed alla
stagionalità del flusso turistico, fortemente dipendente dalla frequentazione balneare delle coste ma, negli ultimi anni, orientato anche verso le zone interne. Del resto le risorse culturali
del territorio non costituiscono ancora, di per se’, attrattiva turistica tale da divenire elemento di sviluppo locale.
Direttore:
Paolo Scarpellini
Via dei Salinieri, 20-22
09126 Cagliari
tel 070 34281 fax 3428209
[email protected]
Coordinatore:
Sandra Violante
98
Nell’ultimo decennio sono comunque emerse nuove tendenze.
A fronte della riduzione delle risorse statali disponibili, alcuni
processi di trasformazione del settore stanno introducendo soggetti privati ed istituzioni no profit nella gestione e valorizzazione dei siti e nella progettazione di interventi sulle strutture culturali; in questi processi anche gli Enti Locali stanno assumendo un ruolo emergente.
La maggior parte degli investimenti pubblici e privati, però, è
ancora rivolta ad interventi strutturali di conservazione e restauro; pochi fondi sono invece destinati ad iniziative per la messa
in opera di servizi e di attività che possano migliorare l’offerta
dei beni e la loro fruizione da parte del pubblico.
In Sardegna è piuttosto consistente il processo di esternalizzazione per quanto riguarda la gestione dei siti culturali; ne sono
attori principali le cooperative e le società che spesso usufruiscono di un sostegno economico da parte della Regione tramite la Legge regionale 4/2000.
Ma l’aspetto gestionale, nell’Isola, mostra alcuni elementi di
criticità legati in parte alle modalità, non sempre ispirate alla
logica dell’impresa, e in parte alla scarsa infrastrutturazione
turistica del territorio circostante, che condizionano la qualità
del servizio offerto. Ne sono esempio la difficile raggiungibilità dei siti archeologici, la maggior parte dei quali è ubicata
fuori dai centri abitati e non è servita da mezzi pubblici, la
segnaletica spesso insufficiente ed anche gli orari a volte poco
elastici. Fatta eccezione per alcuni comuni costieri, sono quasi
sempre assenti strutture ricettive o di ristorazione che consentano al turista il prolungamento della sua permanenza nelle zone
di visita. Il sistema dell’offerta andrebbe poi calibrato in funzione delle caratteristiche dei visitatori con un costante monitoraggio sull’utenza di riferimento.
Per quanto riguarda i servizi offerti nelle aree archeologiche,
questi si possono ricondurre in misura prevalente alle visite guidate, raramente in lingua straniera. Nei musei vengono proposte attività didattiche per scolaresche mentre i servizi aggiuntivi si limitano al bookshop e all’attività di merchandising; quasi
assenti sono i punti ristoro e i punti vendita di prodotti tipici.
A sostegno dell’attività ordinaria, vengono organizzati eventi
spettacolari e di maggiore impatto visivo, come concerti e
spettacoli di prosa, che, nelle strategie di marketing atte ad
attrarre visitatori, stanno assumendo un ruolo sempre più importante.
Bisogna inoltre tenere presente che l’inevitabile dicotomia tra
le diverse esigenze dei soggetti preposti alla promozione turistica e di quelli preposti alla tutela dei beni, le une di massima
valorizzazione, le altre di protezione da danni derivanti dall’inevitabile “incontro” con i turisti, si configura come ostacolo ad
una adeguata operatività.
Allo stato odierno dunque il turismo culturale sardo non riesce
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Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
ad attrarre flussi autonomi di visitatori. Le maggiori lacune si
sostanziano nell’assenza di una logica di rete, di un dialogo
con il tessuto produttivo locale e di un raccordo tra operatori
pubblici e privati della costa e dell’interno.
Le esperienze già maturate in altre regioni, quali l’Umbria e la
Toscana, hanno dimostrato che una gestione integrata (tourist
card, convenzioni con albergatori, ristoratori, società di trasporti) si è rivelata una chiave vincente per le ricadute in termini di sviluppo turistico del territorio.
E quindi proprio il sistema di gestione reticolare potrebbe essere lo strumento più adatto per valorizzare il patrimonio presente nell’Isola, una rete regionale dei musei e dei siti archeologici che riunisca il territorio sotto il profilo turistico; un sistema in
grado di trasformare i beni culturali in una risorsa viva, capace di produrre ricchezza senza stravolgere la natura dei beni,
trasformandoli anzi in opportunità per un equilibrato e sostenibile sviluppo economico e sociale.
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Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
La necropoli di Mitza de Siddi - Ortacesus (CA)
Il Progetto di valorizzazione
Donatella Cocco
Ortacesus è un piccolo paese ubicato nella Sardegna meridionale, nella regione della Trexenta. Alcuni vogliono far derivare il suo nome dal latino Hortus Caesaris, il giardino, l’orto
di Cesare con evidente riferimento all’abbondanza della sua
produzione agricola, nella fattispecie grano, in età romana.
Quale che sia l’origine del suo nome è certo che in età romana l’area era ampiamente frequentata (non mancano peraltro
anche attestazioni di frequentazioni in età precedenti a partire
dalla preistoria), come dimostra la necropoli venuta in luce a
poca distanza dal moderno abitato in località Mitza de Siddi.
Individuata nel 1994 durante la realizzazione di una trincea
per il posizionamento delle condutture per l’irrigazione dei
campi, (la trincea scavata durante tali lavori ha arrecato qualche danno alla necropoli, ma ne ha consentito la scoperta) l’area sepolcrale è stata interessata da numerose campagne di
scavo condotte con la direzione scientifica di questa
Soprintendenza nella persona di chi scrive e con finanziamenti comunali e regionali, che hanno consentito l’individuazione
di oltre cento tombe, una cinquantina delle quali già oggetto
di indagine archeologica
La maggioranza delle sepolture individuate appartengono al
cosiddetto tipo “a fossa”, hanno forma rettangolare e sono
scavate nel banco di roccia arenaria che costituiva l’antico
piano di calpestio. Hanno una profondità media di 70 cm 1m. e contengono al loro interno, sotto un abbondante strato
di terra, lo scheletro del defunto ed il suo corredo funerario.
Talvolta queste fosse sono ricoperte da lastre in pietra, ma
nella maggioranza dei casi sono prive di copertura e colmate
semplicemente di terra. Sono presenti nella necropoli anche
numerose sepolture ad incinerazione, destinate ad accogliere
le ceneri del defunto cremato, riposte entro un’urna a sua volta
sistemata in fossette circolari, appositamente scavate nel
banco roccioso, oppure appoggiata sopra la roccia o, ancora, collocata entro le tombe a fossa.
Tra le tombe ad incinerazione sono da ricordare alcuni ustrina,
fosse destinate alla cremazione dei defunti, che conservavano
ancora porzioni del legno combusto.
Parte della necropoli è riservata alle tombe “alla cappuccina”,
fosse poco profonde entro le quali veniva deposto il defunto,
ricoperte di un piccolo tetto a doppio spiovente realizzato con
Soprintendenza
per i beni
archeologici
delle province di
Cagliari e Oristano
Soprintendente:
Vincenzo Santoni
Piazza Indipendenza, 7
09124 Cagliari
tel 070 605181 fax 658871
[email protected]
101
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
Responsabile del procedimento:
Geom. Fabrizio Zedda Comune di Ortacesus
Progettazione:
Ing. Maurizio Contu,
Arch. Pierpaolo Secci
Direzione lavori:
Ing. Maurizio Contu,
Arch. Pierpaolo Secci
Consulenza alla Progettazione:
Dr. Antonio Francesco Vacca
Direzione Scientifica:
Dr.ssa Donatella Cocco Soprintendenza per i Beni
Archeologici delle province
di Cagliari e Oristano
102
grandi embrici e, a sua volta, protetto da un cumulo di pietre.
I corredi funerari mostrano un lungo arco di utilizzo dell’area
sepolcrale, a partire dal III sec. a.c. e fino al III sec. d.C.
A dieci anni dalla scoperta, e dopo le numerose campagne
di scavo archeologico l’Amministrazione comunale di
Ortacesus ha manifestato l’esigenza di rendere condivisibili i
risultati emersi negli anni attraverso un progetto di valorizzazione dell’intera area che rendesse visitabile la necropoli e tutelasse le tombe ed il banco roccioso che le ospita dall’inevitabile degrado.
Tale opportunità si è avuta attraverso un finanziamento della
R.A.S. a gravare sulla L.R. 14/96 Programma Integrato d’area NU 15 – CA 10 “Consorzio dei laghi e turismo fluviale”
II atto aggiuntivo dell’accordo di programma stipulato il
10/12/1997.
D’intesa con la Soprintendenza per i Beni Archeologici delle
province di Cagliari e Oristano, il disegno progettuale prevede un percorso di visita alla necropoli che si snoda attraverso
le sepolture scavate, soffermando l’attenzione del visitatore su
quelle più significative, che sono state protette con strutture in
ferro e legno, a singolo o a doppio spiovente, a seconda
della dimensione e della tipologia delle tombe stesse, la cui
copertura è stata realizzata in lastrine di ardesia, che trovano
puntuali confronti nelle strutture protezionali presenti, ad esempio, sul Palatino a riparare gli antichi fondi di capanna.
Una lastra di policarbonato posizionata sulla forma di ogni singola sepoltura proteggerà la sua ricontestualizzazione. E’ prevista infatti, per ognuna delle tombe oggetto di valorizzazione
e fruizione, la ricomposizione ed il riposizionamento dell’inumato e delle copie degli oggetti che facevano parte del corredo funerario di ogni sepoltura, che racconterà, inoltre, la propria storia attraverso un pannello illustrativo posizionato nelle
immediate adiacenze e realizzato in metallo, riproponendo il
colore della struttura protezionale.
Completano questa parte del progetto il restauro ed il disegno
dei materiali relativi ai vari corredi funerari da riposizionare, lo
studio dei resti scheletrici degli inumati e, in alcuni casi, degli
incinerati, il restauro, il consolidamento e il riposizionamento
degli stessi all’interno delle sepolture di pertinenza a cura del
Dipartimento di Antropologia Sperimentale dell’Università di
Cagliari .
Il percorso di visita è stato realizzato con lastre regolari di arenaria, di evidente richiamo alla roccia ed ai colori locali, posizionate su malta di calce, che rende il tutto reversibile; il senso
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
di marcia è unico per permettere anche ai disabili la visione
delle sepolture.
E’ prevista altresì l’illuminazione della necropoli attraverso
proiettori alloggiati all’interno delle strutture di copertura ed
orientati ad illuminare il percorso, mentre una rete di fibre ottiche permetterà l’illuminazione di ogni singola tomba.
Il percorso illustrativo risulta contornato da un prato verde che
ricopre il banco di roccia fra le tombe oggetto di valorizzazione e quelle scavate che non si è ritenuto di rendere fruibili.
Queste ultime sono state parzialmente coperte con tessuto non
tessuto e terra sterile e, nello strato sommitale, con terra stabilizzata. Il prato, a cui si accompagnano essenze tipiche della
macchia mediterranea, sarà anch’esso illuminato con proiettori con supporto a terra.
Tutta la necropoli è stata recintata con un muretto a secco
secondo le tecniche tipiche del territorio della Trexenta.
Ritenendo che il processo di valorizzazione della necropoli
non potesse prescindere da un controllo costante dell’intera
area e da alcuni servizi primari al pubblico, si è proceduto al
riadattamento della piccola struttura già esistente per la guardiania del sito con l’aggiunta di una parte destinata ai servizi
igienici per il pubblico e di un vano destinato a biglietteria ed
Ufficio informazioni, all’esterno del quale verrà posizionato il
pannello illustrativo che racconterà la storia della necropoli e
descriverà le linee essenziali del percorso di visita.
Riscoperta delle proprie radici, dunque, e valorizzazione delle
emergenze archeologiche del territorio attraverso la condivisione dei risultati delle ricerche archeologiche nel sito con l’intento di innescare quell’auspicabile meccanismo di autotutela che
apra la strada ad un turismo sostenibile.
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Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
Soprintendenza
per i beni
archeologici
delle province
di Sassari e Nuoro
Soprintendente ad interim:
Vincenzo Santoni
Piazza Sant'Agostino, 2
07100 Sassari
tel 079 206741 fax 232666
[email protected]
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Museo Civico Archeologico di Alghero
Daniela Rovina
E’ in corso di allestimento il Museo Civico Archeologico di
Alghero (Finanziamento su accordo di programma POR
Sardegna 2000-2006, Misura 2.1, Ottimizzazione P.I.T.
2001 SS2 “dalla Riviera del Corallo al Logudoro Meilogu”),
che sarà ospitato nei locali del settecentesco ex Carceretto,
affacciato sulla piazza S. Michele nel centro storico cittadino.
Al piano terra sono previsti la biglietteria, un grande ambiente
per l’accoglienza, l’informazione e la didattica, un punto di
ristoro e di vendita, depositi per materiale selezionato e laboratori.
Il percorso di visita si articola intorno a tre temi: il primo piano
è dedicato al mare, con il contesto nuragico di S. Imbenia,
importante per le sue relazioni con l’oriente già dalla fine del
IX secolo a.C., con i relitti romani, medievali e post medievali
di Mariposa e Capo Galera, e con la nascita della città fortificata in epoca medievale. Ancora al primo piano un’altra
sezione affronta il tema de “i modi dell’abitare”, dalle grotte
neolitiche, ai villaggi nuragici di Flumenelongu e Palmavera,
alla villa romana di S. Imbenia, con i suoi mosaici, stucchi ed
intonaci dipinti, alla città medievale con il quartiere ebraico.
Il secondo piano è dedicato al mondo del sacro e dei morti,
dalle più antiche attestazioni della grotta Verde (neolitico antico), alle domus de janas neolitiche ed eneolitiche, con calchi
delle decorazioni a rilievo e con l’esposizione di reperti dalle
necropoli di Anghelu Ruju e S. Pedru, al pozzo sacro nuragico de La Purissima con il suo riuso cultuale di età romana, alle
stele funerarie punico-romane di S. Imbenia, alle sepolture di
età romana e altomedievale della stessa località, fino al con-
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
vento medievale di Santa Chiara ed alle sepolture coeve di
piazza S. Croce, nel centro storico cittadino.
Il progetto museografico, per facilitare la comprensione dei
contesti e rendere più stimolante il percorso di visita, prevede
l’utilizzo di ricostruzioni in scala reale, plastici, pannelli didattici e vetrine di diversa tipologia, nonché di un apparato didattico multimediale diversificato. L’apertura del Museo è prevista
entro il 2007.
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Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
Soprintendenza
per i beni
archeologici
della Toscana
Soprintendente:
Fulvia Lo Schiavo
Via della Pergola, 65
50121 Firenze
tel 055 23575 fax 242213
[email protected]
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Alto Mugello
Luca Fedeli
Attraversato da tre valli dirette a nord verso l’Adriatico, l’Alto
Mugello - benché compreso nel territorio provinciale di Firenze
- si trova oltre lo spartiacque appenninico e costituisce l’ultimo
lembo rimasto della vecchia Romagna toscana che, fino al
1923, era assai più ampia e perveniva, con Castrocaro, fino
alle porte di Forlì.
Si tratta di un’area dialettale riportabile al cosiddetto substrato
gallo-italico e rivela, nella gran parte del suo territorio, parlate
di tipo romagnolo. Anche culturalmente si rivela omogenea e
mostra caratteristiche architettoniche peculiari contraddistinte
dall’uso di pietre stondate in edifici vasti, adatti a famiglie
patriarcali, coperti da piatte lastre litiche e da tipiche, piccole
finestre (a protezione dal rigido clima montano).
Tale architettura, davvero caratteristica, e, insieme ad altre
peculiarità (lo spopolamento della montagna, la bellezza del
paesaggio, la coltivazione del marrone e il diffuso rispetto per
l’ambiente), costituisce uno dei tanti elementi di interesse del
comprensorio.
Un altro fattore d’attenzione è costituito dalla presenza di
numerosi e bei borghi abbandonati, che solo di recente si ricomincia parzialmente a ripopolare, magari a opera di cittadini
stranieri oppure per agriturismo. Il comune di Marradi, oltretutto, è attraversato dalla vecchia linea ferroviaria FirenzeFaenza, che in estate è estesa fino a Ravenna, Rimini e che
costituisce un vero e proprio vettore di collegamento, per i
mugellani, con la riviera adriatica.
Per il resto la linea serve quasi unicamente al trasporto locale
e non diminuisce il caratteristico isolamento delle tre vallate
parallele (del Santerno, del Senio e del Lamone) caratterizzate ciascuna da uno dei tre comuni (rispettivamente Firenzuola,
Palazzuolo e Marradi) in cui si è raccolta quella parte della
popolazione che, al tempo dell’abbandono della montagna
(anni Cinquanta-Settanta), non ha raggiunto le città vicine, in
specie Prato, Sesto e Firenze.
L’isolamento dell’Alto Mugello non è scalfito neppure dal gran
traffico dell’Autostrada del Sole, che lo lambisce nel territorio
di Bruscoli ma che scorre via veloce senza fermarsi, né tanto
meno dallo scarso traffico della Via Faentina, una direttrice di
età romana che collegava in antico Florentia con Faventia.
La presenza di antichi collegamenti stradali (si pensi, per esempio, ai bei lastricati tardo-antichi rinvenuti a sud e a nord del-
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
l’attuale Passo della Futa) spiegano la notevole importanza
rivestita in antico dall’Alto Mugello, che rivela un’imprevista
unitarietà culturale fin dal Paleolitico e una precoce etruschizzazione nell’età classica. Nell’ambito preistorico è opportuno
sottolineare la presenza dei numerosi reperti attualmente conservati al Museo Archeologico comprensoriale di Palazzuolo
sul Senio. In età etrusca si possono rammentare il villaggio
d’altura esplorato su Poggio Castelluccio (Firenzuola) nonché il
sepolcreto di Mantigno e l’insediamento del Nevale
(Palazzuolo sul Senio). In età romana è opportuno ricordare
quello delle Ari (ibidem) e la grande fattoria augustea di
Lutirano (Marradi). Tutto il territorio è poi costellato di ruderi
castellani, alcuni dei quali sono stati tutelati su richiesta di questa Soprintendenza, mentre sopravvivono importanti eremi
(Gamogna, Marradi) e monasteri (Moscheta, Firenzuola;
Susinana, Palazzuolo; Badia della Valle, Marradi), per lo più
conservati in meravigliosi contesti paesaggistici.
L’archeologia dell’Alto Mugello presenta dunque aspetti, non
marginali, di particolare interesse anche perché l’amore della
gente per la propria terra e la capacità, tutta romagnola, di
organizzarsi e di collaborare, ha da tempo stabilito punti di
raccolta e di aggregazione sia dei reperti che del pubblico
interessato a conoscerli. Da più di dieci anni sono aperti sia il
piccolo Museo di Bruscoli che il Museo archeologico di
Palazzuolo sul Senio. Mentre il primo raccoglie i reperti del
bruscolese e li assomma a interessanti manufatti della cultura
contadina e della Linea Gotica, il secondo col tempo è diventato un vero e proprio Museo comprensoriale e vi sono esposti reperti di tutti e tre i territori comunali dell’Alto Mugello, dalla
preistoria fino all’età moderna.
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Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
Soprintendenza
per i beni
archeologici
della Toscana
Alta Valtiberina e territorio sestinate
Monica Salvini
L’area posta all’estremità nord-orientale della Toscana è costituita da due diverse realtà territoriali – alta Valtiberina e comprensorio sestinate – con caratteristiche paesaggistiche,
ambientali e storiche proprie; tuttavia, nonostante le differenze
geografiche, i due territori, contigui e a cavallo della dorsale
appeninica centrale sono strettamente connessi tra loro. La
regione, solcata da numerosissimi percorsi naturali e stradali,
è infatti, da sempre, terra di comunicazione privilegiata tra i
versanti occidentali e orientali appenninici e l’area settentrionale e centrale peninsulare.
Il territorio, in entrambi i casi ricco di risorse naturali (boschi,
corsi d’acqua, giacimenti minerari, solo per citarne alcuni), è
stato utilizzato nel tempo, secondo le diverse necessità economiche, dall’uomo, il quale ne ha fatto un uso costante lasciando numerosi ‘segni’ riscontrati archeologicamente del proprio
passaggio. A fronte delle potenzialità archeologiche della
zona, da sempre abitata e sfruttata economicamente, la mancanza di consistenti processi di urbanizzazione e di grandi
lavori pubblici ha permesso di far giungere a noi un territorio
sostanzialmente intatto archeologicamente e ambientalmente.
E’, tuttavia, a breve, prevista la realizzazione di numerose
infrastrutture di interesse pubblico (due autostrade, un gasdotto, un impianto eolico lungo la cresta montana), il cui impatto
complessivo, se non valutato unitariamente, rischierà di stravolgere e travolgere il territorio, privandolo di una delle sue caratteristiche principali, ovvero la naturalezza di un paesaggio
solo parzialmente modificato dall’uomo.
Il progetto, in corso di elaborazione e di prima realizzazione
da parte della Soprintendenza per i Beni Archeologici della
Toscana in collaborazione con la Provincia di Arezzo e con gli
Enti locali, si propone di far conoscere e illustrare i centri abitati e il territorio con un percorso policentrico e multidirezionale, diversificando qualitativamente e cronologicamente le iniziative di valorizzazione, al fine di dare visibilità alla qualità
del paesaggio dell’area.
Soprintendente:
Fulvia Lo Schiavo
Via della Pergola, 65
50121 Firenze
tel 055 23575 fax 242213
[email protected]
108
Le testimonianze archeologiche provenienti dal territorio e,
oggi, esposte nell’Antiquarium di Sestino e in una piccola
sezione del Museo Civico storico-artistico di Sansepolcro,
sono per la massima parte conservate nei depositi statali e
locali. Un censimento del patrimonio archeologico, effettuato
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
da questa Soprintendenza in collaborazione e con i finanziamenti della competente Provincia di Arezzo, permette oggi di
disporre di un quadro esaustivo di quanto presente in
Valtiberina, al fine di progettare un sistema che valorizzi e
renda accessibili al grande pubblico le testimonianze archeologiche.
Dei sette comuni che gravitano nell’area, tre in Valtiberina e
uno sul versante orientale dell’Appennino disporranno, all’interno di questo sistema, della presentazione delle principali attrattive ambientali e archeologiche.
Con apertura da e verso Arezzo, ad Anghiari, all’interno del
Palazzo del Marzocco, in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Arezzo, si documenta
l’Alto Corso del Tevere e la piana sede della famosa battaglia attraverso i mutamenti del paesaggio e seguendo lo sfruttamento del territorio dalla sua formazione ad oggi. Il percorso museale, accompagnato dallo svolgersi del corso del fiume
Tevere nel tempo, mostrerà il particolare rapporto tra l’attività
dell’uomo e la forza dell’acqua e sarà corredato da pochi
oggetti evocatori di ciascuna epoca e da un apparato didattico-esplicativo che legherà in un percorso turistico e di conoscenza le realtà dei Musei anghiaresi e del suo territorio. Tra
queste ultime, sarà richiamata la presenza della Riserva
Naturale dei Monti Rognosi sul versante occidentale della
Valtiberina, dove molte sono le attestazioni dello sfruttamento
minerario nell’antichità.
Lungo il corso del Tevere, due saranno i poli espositivi. A
Sansepolcro sarà presente una esposizione della Preistoria
della Valtiberina, con forte valenza didattico-illustrativa,
anche in funzione della presenza del locale Gruppo
Archeologico, la cui storia delle ricerche sul territorio potrà servire per illustrare i ritrovamenti, incrementati anche dagli scavi
in concessione dell’Università di Siena. A Pieve S. Stefano,
presso la sede del Gruppo Archeologico locale, dove si conservano materiali da epoca etrusca a quella rinascimentale,
appare interessante valorizzare il nucleo di reperti ceramici
rinascimentali con corsi di restauro e, in collaborazione con il
locale Istituto d’Arte, con “prove di esposizione” da parte
degli studenti che potranno cimentarsi con l’allestimento di un
Museo. Considerata la posizione del paese sul Tevere, inoltre,
potrebbero essere sviluppati alcuni temi legati al corso del
Tevere (quale, ad esempio, il trasporto del legname dalla
Massa Trabaria a Roma).
Attraverso il paesaggio appenninico dell’Alpe della Luna e con
109
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
facile accesso dall’Adriatico, infine, a Sestino sarà rappresentata la realtà “romana” del territorio appenninico, poiché antico municipium, del quale si conservano notevoli resti architettonici, scultorei ed epigrafici. Con un accordo tra Stato e
Regione, in attesa di progettazione definitiva, è prevista la realizzazione di un parco archeologico urbano (progetto CittàMuseo), che prevede un percorso storico-turistico-archeologico
attraverso la città attuale, che consentirà di visitare due aree
archeologiche, musealizzate all’uopo, e i due musei
(l’Antiquarium Nazionale del 1937 e una sede espositiva del
Comune) che raccolgono le raccolte sestinati. Su questo territorio, infine, l’estrema propaggine del territorio toscano e il
primo sguardo d’insieme verso la costa adriatica si potrà
godere dalla Riserva Naturale del Sasso di Simone, intorno
alla quale è in corso di definizione un accordo di programma
interregionale (Toscana, Marche e, nel futuro, Emilia–Romagna) e intersettoriale (Cultura e Ambiente), che si propone di
salvaguardare, valorizzandole nello stesso tempo, le risorse
naturali e archeologiche presenti nell’area.
110
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
Itinerari archeologici nei centri storici
a continuità di vita
Mariarosaria Salvatore
La maggior parte dei centri storici umbri, pur se straordinariamente ricchi di resti archeologici, non sono vissuti dai visitatori, ma anche dai cittadini stessi, nella loro effettiva potenzialità
culturale, in quanto le fasi più antiche della dimensione urbana e preurbana sono frammentate e disperse e quasi soffocate dall’immagine preponderante della città medievale e rinascimentale. Mancano inoltre supporti didascalici e documentari
che consentano ad un pubblico più allargato la comprensione
dei singoli resti e soprattutto la lettura della stratificazione della
città. Di contro c’è da osservare che per molti dei centri cui si
fa riferimento già esiste o è in corso di studio una limitazione
del traffico veicolare che, facilitando l’accesso pedonale, renderebbe possibile una migliore fruizione dei beni culturali.
Da queste considerazioni è nata l’idea di predisporre progetti, concordati tra Soprintendenza per i Beni archeologici
dell’Umbria e Comuni, che, partendo da infopoint generali
sulla città e sui suoi monumenti, creino un luogo di conoscenza privilegiato, introduttivo alla visita della città per il turista e
di forte valenza didattica per gli stessi abitanti. All’interno di
questi infopoint si prevede un utilizzo diffuso di forme incisive,
ma semplici, di comunicazione e divulgazione dei contenuti
da presentare, che consentano di instaurare un più attivo e dialettico rapporto con il passato, affidato non solo ai tradizionali pannelli o depliants informativi, ma anche, nei limiti consentiti dal budget disponibile per la realizzazione del progetto,
all’uso delle restituzioni con mezzi multimediali.
Da essi potranno così partire percorsi di visita che attraversino
i centri urbani, effettuando anche alcune puntate nel territorio
immediatamente circostante, scelti volta per volta dall’utente
sulla base delle proprie preferenze con l’ausilio della documentazione di base resa disponibile, ovvero, su richiesta, di
visite guidate. Ogni punto previsto dal percorso sarà comunque dotato di una illustrazione di tipo tradizionale con pannelli esplicativi (da uno a tre a seconda delle necessità), che possano fornire un concreto supporto alla visita. La concezione di
base del progetto è infatti quella di evitare la concentrazione
delle informazioni in un unico punto illustrativo, che porterebbe come inevitabile conseguenza ad una visita distratta e inevitabilmente troppo rapida. L’alternanza di punti di sosta per
l’approfondimento dei temi e di percorsi attraverso le strade
Soprintendenza
per i beni
archeologici
dell'Umbria
Soprintendente:
Mariarosaria Salvatore
Piazza Partigiani, 9
06121 Perugia
tel 075 5759600
fax 5728200
[email protected]
111
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
del centro storico renderà invece la visita più varia e piacevole, consentendo anche di meglio modularla in base alle propria disponibilità di tempo o di energia. Inutile sottolineare
come la versatilità del sistema consenta anche di aggiungervi,
in momenti diversi, informazioni relative anche al patrimonio
storico-artistico e monumentale, andando ad individuare
anche per esso percorsi di visita, integrabili con quelli archeologici.
Il primo progetto è già operativo, dalla fine del mese di agosto, a Spello e nel giro di un mese ha registrato oltre un
migliaio di visitatori. Qui il punto di partenza per gli itinerari
archeologici è all’interno di Palazzo Bianconi, in prossimità di
Porta Consolare, di proprietà demaniale ma gestito in convenzione con il Comune. La scelta degli itinerari e delle emergenze archeologiche da valorizzare nel primo step dei lavori è
stata effettuata sulla base della reale disponibilità (restauro e
sicurezza) dei monumenti e complessi archeologici oggetto di
visita. Sono già in cantiere analoghe realizzazioni a Gubbio
e Spoleto.
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Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
Nuove proposte di Musei archeologici
Mariarosaria Salvatore
La mancanza di adeguati finanziamenti che in questi ultimi
anni sta caratterizzando il settore dei Beni Culturali porta come
naturale conseguenza grandi difficoltà di gestione delle strutture museali già esistenti e, ovviamente, determina un blocco nell’apertura di nuove strutture espositive, nonostante le pressanti
richieste da parte di centri urbani, che pure ne avrebbero tutte
le potenzialità.
Al problema, molto sentito da parte dei comuni con ricco patrimonio archeologico, si è cercato di far fronte con due modalità diverse, che potrebbero costituire un riferimento anche per
i prossimi anni.
Ad Otricoli, piccolo centro ai confini con il Lazio, città di confine e punto di scambio tra Umbria e Sabina grazie alle due
importantissime vie di comunicazione, la Flaminia da una
parte ed il Tevere dall’altra, è stato allestito un Museo nel casale di S.Fulgenzio. Impostata su una cisterna romana, aldifuori
del centro urbano, lungo la strada comunale di accesso all’area archeologica dell’antica Ocriculum, la nuova struttura
espositiva costituisce, con integrazioni e rimandi al piccolo
Antiquarium nel centro storico di Otricoli, il punto di raccordo
per l’illustrazione della storia del centro antico, anche attraverso una puntuale analisi e contestualizzazione -ove possibiledei reperti provenienti dai monumenti visibili nella vicina area
archeologica.
Il Museo sarà gestito dal Comune di Otricoli, unitamente all’area archeologica ed all’Antiquarium già esistente, con modalità concordate e regolamentate da una convenzione con la
Soprintendenza per i Beni archeologici dell’Umbria.
Del tutto diversa la soluzione attuata ad Orvieto, dove già esiste dal 1983 il Museo Archeologico Nazionale, allocato nella
loggia al piano terreno del Palazzo di Martino IV, che ai piani
superiori ospita una parte delle collezioni del Museo
dell’Opera del Duomo. Il Museo archeologico è compresso
dalla ristrettezza degli spazi, assolutamente insufficienti per
esporre la grandissima quantità di materiali venuti alla luce nel
corso degli scavi otto e novecenteschi e, pur essendo al
momento al vaglio alcune ipotesi di trasferimento del Museo in
altra sede, si è deciso per il momento di modificare l’assetto
espositivo con la sostituzione di una buona parte dei reperti
esposti. La rotazione tra materiali esposti e materiali custoditi
in deposito sembra infatti al momento l’unica possibile soluzio-
Soprintendenza
per i beni
archeologici
dell'Umbria
Soprintendente:
Mariarosaria Salvatore
Piazza Partigiani, 9
06121 Perugia
tel 075 5759600 fax 5728200
[email protected]
113
Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici
ne per accrescere l’offerta espositiva, in particolare nel caso
dei Musei archeologici, i cui magazzini si arricchiscono continuamente di nuovi reperti provenienti dagli scavi.
Nel caso di Orvieto, inoltre, c’era l’ esigenza di creare, a livello di fruizione, un rapporto sempre più stretto tra il Museo e le
aree archeologiche presenti nel territorio circostante, ed una
integrazione con le collezioni dei vicini Museo civico e
Museo“Claudio Faina”, nei quali sono presentati corredi e
materiali provenienti dalle stesse necropoli orvietane.
Per il riallestimento del Museo è nata così l’idea di realizzare
un percorso museale di più ampio respiro, che potesse illustrare la storia della città di Orvieto dal periodo della prima occupazione, in periodo protostorico, fino all’arrivo dei Romani,
che nel 264 a.C. la distrussero, inducendo il forzato trasferimento degli abitanti in altra sede.
114
Il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio
Culturale
Ugo Zottin
Nel 1969 l’Arma dei Carabinieri istituì in Roma presso il
Ministero della Pubblica Istruzione quello che oggi è il
Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, precedendo
in tal modo di un anno la Convenzione Unesco di Parigi del
1970, con la quale s’invitavano gli Stati Membri ad adottare
le opportune misure per impedire l’acquisizione di beni illecitamente esportati e favorire il recupero di quelli trafugati, nonché di predisporre uno specifico servizio a ciò finalizzato.
Su direttiva del Ministro per i Beni e le Attività Culturali, dal
quale dipende funzionalmente, il Comando svolge compiti
concernenti la sicurezza e la salvaguardia del patrimonio culturale nazionale, attraverso la prevenzione e la repressione di
ogni attività delittuosa rivolta in tale ambito.
Il Comando è composto da circa 300 militari che hanno una
preparazione specializzata acquisita attraverso la frequenza
di appositi corsi in “Tutela del Patrimonio Culturale”, organizzati dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
L’attuale articolazione prevede un Ufficio Comando, che coordina le sezioni “Operazioni”, “Elaborazione Dati” e
“Segreteria e Personale” e “Servizi”; un Reparto Operativo per
le indagini di polizia giudiziaria a sua volta suddiviso nelle
sezioni Antiquariato, Archeologia, Falsificazione e Arte
Contemporanea; 12 nuclei territoriali ubicati a Bari, Bologna,
Cosenza, Firenze, Genova, Monza, Napoli, Palermo,
Sassari, Torino, Venezia ed Ancona, alle dipendenze del
Vicecomandante. L’ultimo di questi Nuclei, quello con competenza territoriale sulle Marche, è stato istituito recentemente, nel
giugno scorso.
Per affinare ulteriormente la professionalità dei militari anche
in campo internazionale e favorire la collaborazione tra
operatori che trattano la medesima materia, il Comando
organizza direttamente e partecipa con frequenza a convegni specializzati unitamente a qualificati esponenti di Polizie
straniere. Infatti, proprio la riconosciuta esperienza acquisita nel settore e i significativi successi operativi conseguiti
hanno fatto si che varie Forze di Polizia straniere richiedano
di organizzare specifici seminari addestrativi e di affinamento. In particolare i seminari sono stati tenuti a favore di componenti delle Forze di Polizia di Ungheria, Palestina,
Messico, Guatemala, Cuba, Cipro, Argentina e Perù.
CCTPC
Comando
Carabinieri
Tutela Patrimonio
Culturale
Comandante:
Gen. Ugo Zottin
Piazza Sant'Ignazio, 152
00185 Roma
Tel. 06 6920301
Fax 06 69203069
[email protected]
www.carabinieri.it
115
I militari del Comando T.P.C. si sono altresì distinti nell’ambito
delle missioni internazionali in Kosovo ed in Iraq dove, spesso
in difficili contesti ambientali, hanno collaborato per il censimento e la tutela delle vestigia culturali minacciate dagli eventi bellici.
In Iraq, in particolare, i Carabinieri hanno collaborato con
archeologi e tecnici del Museo Nazionale di Baghdad nella
raccolta delle informazioni foto-descrittive di oltre 3000 beni
saccheggiati durante le concitate fasi belliche dell’aprile 2003
e, attraverso l’Interpol, ne hanno dato diffusione all’Unesco.
Nell’ambito della missione di pace “Antica Babilonia”, con la
collaborazione delle autorità locali, i Carabinieri distaccati in
zona Nassiriya hanno censito e documentato 621 aree
archeologiche a rischio, recuperato 1636 reperti provento di
saccheggi, ed arrestato 53 responsabili di scavi clandestini.
Inoltre l’UNESCO, in considerazione della riconosciuta esperienza e professionalità del Comando, ha chiesto di organizzare uno specifico corso di formazione finalizzato alla formazione di circa 50 componenti della Forza di Polizia irachena
deputata alla protezione dei siti archeologici, tenutosi nel
2004 ad Amman, in Giordania.
Per qualificare la propria attività operativa, fin dagli anni ‘80
il Comando si è dotato di un potente strumento di ausilio alle
indagini di polizia giudiziaria nello specifico settore, predisponendo la Banca Dati dei beni culturali illecitamente sottratti,
contenente oggetti d’arte da ricercare sia di provenienza italiana che estera ed informazioni circa gli eventi delittuosi collegati. Aggiornata quotidianamente dal personale della
Sezione Elaborazione Dati, il sistema contiene oltre due milioni e cinquecentomila records, con oltre duecentottantamila
immagini digitalizzate, costituendo un database di assoluto
riferimento a livello internazionale.
Lo sviluppo dell’attività investigativa, l’abbattimento delle barriere doganali nell’ambito dell’Unione Europea, nonché una
sempre maggiore facilità di trasferire nei cinque continenti persone e merci, ha consigliato ormai da qualche anno il
Comando di utilizzare le eccezionali potenzialità offerte dalla
rete Internet per diffondere in qualsiasi parte del mondo le
informazioni relative ai beni culturali sottratti.
Il Comando ha curato la pubblicazione del bollettino “Arte in
Ostaggio” contenente le riproduzioni fotografiche dei più
importanti beni da ricercare, corredate dei dati necessari per
l’individuazione. Distribuito gratuitamente in Italia ed all’estero,
con la venticinquesima edizione ne è terminata la stampa, poi-
116
ché, a vantaggio di un più rapido e tempestivo aggiornamento, le medesime informazioni sono facilmente consultabili nelle
pagine web del sito Internet dell’Arma (www.carabinieri.it).
Qui infatti è ora presente un ben strutturato motore di ricerca
attraverso il quale possono essere consultati oltre 7.700 beni
culturali di valenza artistica tra beni archeologici, dipinti, sculture, oggetti chiesastici, beni librari, tratti dalla Banca Dati del
Comando.
Peraltro nello stesso database i cittadini possono accedere ad
un cospicuo elenco di immagini e di descrizioni di beni
archeologici saccheggiati durante i due conflitti bellici avvenuti negli ultimi anni in IRAQ.
Per facilitare la consultazione di tali informazioni e favorire il
recupero dei beni culturali da ricercare, il data-base e le pagine web del Comando sono in corso di duplicazione in lingua
inglese, nonché è in atto una loro ulteriore implementazione
per offrire al cittadino la possibilità di consultare un sempre
maggior numero di opere d’arte.
Nell’apposita sezione tematica del sito (Beni d’interesse
culturale) è possibile inoltre scaricare un modulo
“Documento dell’opera d’arte - Object ID” (vedasi foto) che
peraltro può essere richiesto presso qualsiasi comando
dell’Arma. Compilando questa “scheda preventiva”, ciascuno può costituirsi un archivio fotografico e descrittivo dei
propri beni d’arte, determinante in caso di furto. Un’opera
rubata, infatti, se fotografata ed adeguatamente descritta,
può essere recuperata più facilmente.
All’interno di tale sezione, peraltro, i cittadini possono trovare
validi consigli e suggerimenti di carattere generale, che derivano soprattutto dall’esperienza maturata dal Comando nel
particolare settore, per conoscere meglio i diritti e prevenire
spiacevoli situazioni.
Per evitare di incorrere nell’acquisto di un bene d’arte trafugato, ovvero di conoscere l’eventuale illecita provenienza di uno
già posseduto, il cittadino può richiedere al Comando o ai
Nuclei dislocati sul territorio, un controllo presso la Banca Dati
dei beni culturali illecitamente sottratti. In caso di riscontro
negativo il Comando rilascerà un’attestazione in cui è indicato che il bene controllato non risulta segnalato tra le opere da
ricercare presenti in Banca Dati. Un eventuale esito positivo
dell’accertamento darà luogo ai dovuti riscontri di polizia giudiziaria.
117
Esempio di modello “Documento dell'opera d'arte
118
Competenze
territoriali
Reparto
Indirizzo
Telefono/Fax
e-mail
Comando CC TPC Roma
Roma,
Piazza di Sant'Ignazio, 152
Tel.06.6920301
Fax.06.69203069
[email protected]
Reparto Operativo CC TPC Roma
Roma,
Via Anicia, 24
Tel.06.585631
Fax.06.58563200
[email protected]
Lazio
Abruzzo
Nucleo CC TPC Torino
Torino,
Via XX Settembre, 88
Tel.011.5215636
Fax.011.5170000
[email protected]
Piemonte
Valle D'Aosta
Nucleo CC TPC Monza
Monza,
Via Brianza, 2
Tel.039.2303997
Fax.039.2304606
[email protected]
Lombardia
Nucleo CC TPC Venezia
Venezia,
P.zza S. Marco, 63
Tel.041.5222054
Fax.041.5222475
[email protected]
Veneto
Trentino A.A.
F.V.Giulia
Nucleo CC TPC Genova
Genova,
Via S. Chiara, 8
Tel.010.5955488
Fax.010.5954841
[email protected]
Liguria
Nucleo CC TPC Bologna
Bologna,
Via Castiglione, 7
Tel.051.261385
Fax.051.230961
[email protected]
Emilia Romagna
Nucleo CC TPC Ancona
Ancona,
Via Pio II - Pal. Bonarelli
Tel.071/201322
Fax.071/2076959
in fase di predisposizione
Marche
Nucleo CC TPC Firenze
Firenze,
Via Romana, 37/a
Tel.055.295330
Fax.055.295359
[email protected]
Toscana
Umbria
Nucleo CC TPC Napoli
Napoli,
Via Tito Angelici, 20
Tel.081.5568291
Fax.081.5784274
[email protected]
Campania
Nucleo CC TPC Bari
Bari,
P.zza Federico II, 2
Tel.080.5213038
Fax.080.5218244
[email protected]
Puglia
Molise
Basilicata
Nucleo CC TPC Cosenza
Cosenza,
Via Colletriglio, 4
Tel.0984.795548
Fax.0984.784161
[email protected]
Calabria
Nucleo CC TPC Palermo
Palermo,
C.so Calatafimi, 213
Tel.091.422825
Fax.091.422452
[email protected]
Sicilia
Nucleo CC TPC Sassari
Sassari,
Str. Prov.le La Crucca, 3
Tel.079.3961005
Fax.079.395654
[email protected]
Sardegna
119
Call Center
Call Center 800 99 11 99
Marco Bordi
Nell’ambito delle competenze del Ministero per i Beni e le
Attività Culturali si colloca il servizio di call center atto a migliorare l’accesso alla fruizione del patrimonio culturale nazionale
da parte dei cittadini italiani e stranieri nonché dei turisti in visita nel nostro Paese, per fornire informazioni (in lingua italiana,
inglese e spagnola) inerenti le attività di pertinenza del
Ministero, su musei, mostre temporanee, archivi, biblioteche
attraverso il numero verde 800 99 11 99.
Il Servizio è interamente affidato alla Società Omnia Network
S.p.a., che gestisce le chiamate tramite il numero verde attivo
tutti i giorni, compreso i festivi, dalle 9 alle 19. L’operatore di
front office, mediante la consultazione di Banche Dati ed un
costante collegamento al sito Internet del Ministero, è in grado
di fornire tutte le informazioni richieste, ivi comprese quelle relative alla struttura organizzativa del Ministero ed alle competenze istituzionali dello stesso.
Referente del Servizio:
Marco Bordi
Via Breda, 176
20126 Milano
tel. 02.37021111
fax 37021284
[email protected]
120
L’operatore ha a disposizione anche un banca dati integrata
curata dal personale di back office di Omnia Network contenente le informazioni relative a manifestazioni, beni, musei,
eventi di pertinenza non statale (comunali, privati, etc.).
Nello specifico, il front office svolge:
– un servizio di ricezione reclami da parte del Cittadino e di
segnalazione all’Amministrazione;
– un servizio di supporto all’Ufficio Relazione con il Pubblico
(URP);
– un servizio di supporto al Servizio II Comunicazione, promozione e Marketing della direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e la promozione.
– un servizio di segnalazioni al Comando dei Carabinieri per
la Tutela del Patrimonio Culturale;
L’attività di back office consiste in:
– attività di verifica e segnalazioni delle necessità di aggiornamento dei dati presenti sul sito del Ministero dei Beni culturali;
– acquisizione di informazioni sulle iniziative culturali in essere
su tutto il territorio nazionale con partecipazione diretta o indiretta del Ministero;
– acquisizione di informazioni al servizio del cittadino sui principali siti non statali mediante la creazione di un Data Base
interno a favore del Front office;
– diffusione di informazioni mirate nei confronti di soggetti terzi
quali scuole, università, organismi culturali secondo valutazioni
di opportunità da parte del Ministero. Tali informazioni sono
fornite sul numero complessivo di 10.000 contatti annui.
A fronte delle suddette attività, vengono prodotti periodicamente report statistici quantitativi e qualitativi, che consentono
una continua analisi e monitoraggio dei servizi resi.
121
ARCUS S.p.A
L'attività progettuale
Carolina Botti
Oggetto dell’attività aziendale sono la promozione e il sostegno finanziario, tecnico-economico e organizzativo di progetti e di altre iniziative di investimento per la realizzazione di
interventi di restauro e di recupero di beni culturali, e di altri
interventi a favore delle attività culturali e dello spettacolo. E’
espressamente previsto che l’attività aziendale sia condotta nel
rispetto delle funzioni costituzionali delle Regioni e degli enti
locali, alla luce del nuovo Titolo V della Costituzione.
L’impegno di Arcus è teso quindi, da un lato a concentrarsi sull’attuazione dei programmi degli interventi indicati dai Ministri
di riferimento, dall’altro a potenziare sempre più il proprio
ruolo di riferimento per le Istituzioni, le Autonomie e gli attori
del mercato su alcune aree di intervento strategiche.
Arcus ha il compito di svolgere un’attività propulsiva di promozione e sostegno di grandi iniziative, sviluppando progetti
ambiziosi, creando competenze, diffondendo best practice,
sostenendo iniziative innovative e meritorie. La concessione di
finanziamenti si pone come una attività strumentale rispetto al
conseguimento degli obiettivi d’ultima istanza. Arcus esercita,
in questo quadro, un ruolo forte e innovativo, coniugando felicemente la valorizzazione culturale e quella economica e
associando tutte le progettualità e le risorse necessarie per promuovere il progresso sociale ed economico delle aree e dei
soggetti destinatari degli interventi, in collaborazione anche
con le relative Autonomie territoriali.
Stato di avanzamento progetti strategici
Società per lo sviluppo dell'arte,
della cultura e dello spettacolo
Direttore Generale:
Ettore Pietrabissa
Via Barberini, 86
00187 Roma
tel 06 42089 fax 42089227
www.arcusonline.org
[email protected]
122
Arcus ha individuato, sostenuto e finanziato tutti progetti ad
alto contenuto artistico, culturale e socio-economico. Tuttavia,
una menzione specifica meritano alcune iniziative che per loro
natura rappresentano con maggiore efficacia la missione evolutiva di Arcus, il suo posizionamento strategico ed il suo sviluppo organizzativo.
Tali progetti sono:
- il Progetto inteso a migliorare le possibilità di accesso ai siti
culturali da parte dei disabili;
- il Progetto per la definizione e la costruzione dei Bacini
Culturali;
- il Progetto per creare un mercato del Merchandising artistico
di qualità secondo adeguati criteri di trasparenza e competitività;
- il Progetto tecnologico – caratterizzato da forti elementi di
innovatività – denominato Galileo-Cuspis, per l’utilizzo della
tecnologia satellitare a beneficio del mondo dei beni culturali;
il Programma sperimentale per la definizione e la progettazione di interventi volti allo sviluppo delle aree sottoutilizzate,
basati sulla tutela e la valorizzazione di risorse culturali, con
caratteristiche di eccellenza – in termini di qualità e di efficacia - rispetto all’obiettivo di promuovere innovazioni positive sul
territorio di riferimento” a seguito della stipula di una convenzione tra il Ministero dell’economia e delle finanze ed il
Ministero per i beni e le attività culturale ed Arcus, che assegna a quest’ultima la conduzione del progetto secondo linee
da individuare di comune accordo con il MEF ed il MIBAC.
Per ognuno dei predetti progetti si è avviata un’attività complessa, tesa a costruire l’intervento di Arcus a favore del progetto stesso, sfruttando in modo creativo la particolare missione della Società.
L’attuazione dei quattro Progetti ha visto e vedrà di volta in
volta Arcus muoversi sul territorio, aggregando e affiancando
tutti i possibili stakeholders locali portatori di idee innovative e
dovrà a sua volta generare modalità di sostegno capaci di fornire un autentico valore aggiunto.
In tal modo, Arcus nel tempo dovrà proporsi nel tempo come
l’interlocutore di riferimento per le iniziative nascenti in modo
autonomo nel nostro Paese, fornendo ad esse un reale sostegno metodologico, una sponda di discussione e di ricerca, un
inquadramento nel più vasto complesso delle iniziative culturali nazionali.
123
Fassa Bortolo
Cultura senza confini
Nel corso della sua lunga storia, iniziata nel 1710, la Fassa
Bortolo ha saputo rinnovarsi di generazione in generazione
crescendo al passo di un mercato in continua evoluzione e
raggiungendo i più elevati standard di qualità, tecnologia e
rispetto per l’ambiente. Oggi Fassa è un punto di riferimento
fondamentale per gli operatori dell’edilizia – progettisti, rivenditori e applicatori – con una gamma prodotti completa che va
dalle malte per muratura agli intonaci premiscelati, dalle pitture ai rivestimenti colorati, dai massetti ai prodotti per la posa
di pavimenti e rivestimenti, fino alle soluzioni per risanamento,
ripristino del calcestruzzo e isolamento termico, oltre a una
linea certificata di prodotti bio-ecologici per costruire e ristrutturare secondo i canoni della più moderna bioarchitettura.
Ogni prodotto è il risultato di investimenti continui in ricerca e
sviluppo, test accurati e sperimentazioni rigorose sia nei laboratori del modernissimo Centro Ricerche Fassa sia in applicazioni pratiche che garantiscono la soluzione migliore per chi
opera quotidianamente in cantiere.
Qualità, tecnologia, servizio. Ma ancora non basta, perché il
valore Fassa è anche cultura. Ovvero confronto, apertura, innovazione. Rientrano in questo ambito, per esempio, le diverse iniziative dedicate ai progettisti (come il Premio Internazionale
Architettura Sostenibile), la collaborazione con il mondo accademico e scientifico per l’individuazione di soluzioni innovative
nell’edilizia, ma anche l’impegno diretto nel mondo del restauro e del recupero di opere storiche. In particolare, attualmente,
la Fassa Bortolo sta collaborando al restauro degli affreschi del
Palazzo dei Trecento, a Treviso, e al recupero delle pitture murali di Via dell’Abbondanza a Pompei. Un’attività a 360 gradi,
che si esplica in interventi concreti in tutti i settori, per dare un
contributo importante all’evoluzione dell’edilizia.
Via Lazzaris, 3
31027 Spresiano (TV)
tel. 0422 7222 fax 887509
www.fassabortolo.com
[email protected]
124
Nuove modalità di comunicazione
Reply
La veloce evoluzione dei mezzi di comunicazione unita all’affermarsi di una economia digitale hanno imposto nuove modalità di comunicazione, interazione e lavoro, fondate sulla
capacità di scambiare dati ed informazioni in tempo reale con
tutti gli attori coinvolti nella catena del valore.
Reply mette al servizio della Pubblica Amministrazione le proprie competenze sulle nuove tecnologie integrando sistemi multimediali ed interattivi, progettando piattaforme applicative
composte con “servizi configurabili” e abilitando tecnologie di
comunicazione sempre più complesse e differenziate.
Tra le più recenti attività sviluppate da da Reply in tali ambiti
vi sono il progetto Leonardo per il Comando Carabinieri Tutela
del Patrimonio Culturale e l’attuale sviluppo del nuovo portale
del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Il Progetto Leonardo ha visto Reply lavorare con il Comando
Generale dell’Arma dei Carabinieri, in un processo di adeguamento tecnologico e potenziamento del sistema informatico attualmente in uso presso il Comando Carabinieri Tutela
Patrimonio Culturale (CCTPC), per supportare i processi di
investigazione e di pianificazione degli interventi a salvaguardia delle opere d’arte.
Il risultato è la realizzazione di un nuovo sistema informativo,
“Leonardo”, che introduce nuove tecnologie emergenti per
consentire di interagire con la banca dati in tempo reale attraverso apparecchiature di ultima generazione ed eseguire ricerche ed analisi su tutto il patrimonio informativo raccolto in oltre
venti anni di attività.
La nuova piattaforma alla base del Progetto Leonardo è dotata di una interfaccia multilingue e rende accessibili funzionalità
avanzate quali la gestione documentale, la ricerca e l’analisi
di tipo geografico e l’integrazione con un prodotto leader di
mercato per l’analisi di tipo investigativo.
Grazie al nuovo sistema informativo il personale dell’Arma,
operativo sul territorio, può interagire con la banca dati in
tempo reale attraverso una applicazione wireless e apparecchiature di ultima generazione, come palmari e personal computer portatili.
Ciò consente, ad esempio durante una operazione di controllo,
di avere a disposizione direttamente sul posto tutte le informazioni utili all’attività operativa, richiedendo eventualmente al sistema
di verificare la lecita provenienza dell’opera d’arte a partire da
una foto, scattata sul momento con apparecchiature digitali.
Corso Francia, 110
10143 Torino
125
Inoltre, dal luogo dell’intervento, l’operatore del Comando
Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale può compilare un verbale su supporto elettronico e inviarlo al sistema centrale per successive operazioni di verifi ca e analisi investigativa.
A livello centrale, ogni informazione inviata dal luogo dell’intervento da parte dei Carabinieri, o proveniente da segnalazioni di altre Forze di Polizia, è sotto il controllo della Sezione
Elaborazione Dati del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio
Culturale.
Qui personale altamente specializzato, utilizzando un complesso software di classificazione (basato su un database iconografico), cura l’inserimento di ogni caratteristica peculiare
del bene artistico di interesse, come ad esempio la sua tipologia (dipinto, scultura, libro antico, ecc...), il soggetto raffigurato, gli autori, i materiali e la tecnica di esecuzione. Tali informazioni vengono ulteriormente arricchite attraverso la consultazione di banche dati esterne, integrate nel sistema.
Il punto di forza del nuovo sistema si esprime nelle evolute
capacità di ricerca, in grado non soltanto di verificare e ritrovare termini lessicali utilizzati per la descrizione dell’opera, ma
anche di confrontare “immagini” o porzioni di immagini sulla
base delle sue caratteristiche grafi che, nonché di utilizzare
come chiavi di ricerca “concetti” contenuti nel contesto da
ricercare.
Il Portale Cultura Italia, principale punto di riferimento per la comunicazione sul canale Internet in ambito di Beni Culturali, vede
Reply impegnata come il partner scelto dell’Amministrazione con
la responsabilità tecnica e grafica della soluzione.
Il portale, online a partire dall’inizio del 2007, renderà disponibili contenuti informativi ricercabili sia per area geografica sia
per tematica: archeologia, architettura e monumenti, arti visive,
design, cinema e multimedia, musica, spettacoli, tradizioni e
folclore, cultura e scienze umane, cultura scientifica, formazione e ricerca, biblioteche, letteratura, archivi, mostre e musei.
Tramite questo nuovo punto di contatto il Ministero per i Beni e
le Attività Culturali renderà disponibile, ai cittadini, un gran
numero di servizi tra cui: accesso all’indice delle risorse in
ambito dei Beni Culturali, forum tematici, newsletter, piattaforma di e-commerce, indice dei monumenti.
Il portale, grazie alla ricchezza di informazioni contenute e
alla facilità di navigazione svolgerà inoltre un importante ruolo
per la promozione turistica di località di interesse culturale grazie alla possibilità di costruire “viste digitali” di percorsi ed itinerari personalizzati.
126
DIPARTIMENTO PER LA RICERCA, L’INNOVAZIONE E
L’ORGANIZZAZIONE
Capo Dipartimento: Giuseppe Proietti
Dirigente Generale: Elio Garzillo
Servizio I
Affari generali, tematiche trasversali,
coordinamento, gestione delle risorse umane
Dirigente: Raffaele Sassaro
Servizio II
Intese istituzionali e rapporti con il Comitato
Interministeriale per la programmazione economica
Dirigente: Maria Grazia Bellisario
Servizio III
Ufficio Studi
Dirigente: Velia Rizza
Servizio IV
Ispettorato
Dirigente: Rosa Aronica
Direzione per gli affari generali, il Bilancio, le Risorse
Umane e la Formazione
Direttore Generale: Alfredo Giacomazzi
Servizio I
Affari generali, bilancio e programmazione
Dirigente: Maria Assunta Lorrai
Servizio II
Risorse umane: concorsi, assunzioni, movimenti,
mobilità, formazione e aggiornamento professionale
del personale;
relazioni sindacali e contrattazione collettiva
Dirigente: Mauro Cotone
Servizio III
Stato giuridico ed economico del personale,
cessazioni e trattamento pensionistico
Dirigente: Carlo Luzi
Servizio IV
Ufficio del contenzioso
e dei procedimenti disciplinari
Dirigente: Maria Roberti
Direzione generale per l’innovazione Tecnologica e la
Promozione
Direttore Generale: Antonia Pasqua Recchia
Servizio I
Affari Generali, statistica, sistemi informativi
e nuove tecnologie
Dirigente: Annarita Orsini
Servizio II
Comunicazione, promozione e marketing
Dirigente: Paola Francesca Zuffo
127
Il patrimonio culturale italiano, senza uguali al mondo, è costituito da beni archeologici, architettonici, archivistici, artistici e storici, librari e paesaggistici, nonché dalla componente “intangibile” delle
attività culturali nel campo del cinema, del teatro, dello sport e delle tradizioni popolari.
Il MiBAC ha il compito di amministrarlo, salvaguardarlo, valorizzarlo e promuoverne la conoscenza.
La riforma organizzativa del 2004, con l'istituzione del Dipartimento per la Ricerca, l'Innovazione e
l’Organizzazione (R.I.O.), ha rafforzato il ruolo tecnico-scientifico di un’area trasversale che funge sia
da “servente” sul piano amministrativo-gestionale alle aree settoriali sia da centro di sviluppo di attività di ricerca, di coordinamento e indirizzo su tematiche di carattere generale e specifico come la
conoscenza, il restauro, l'alta formazione, nonché di raccordo tra l’amministrazione centrale e quella
periferica e di rapporto con organismi scientifici e di ricerca nazionali ed internazionali.
In questo contesto il ricorso all’impiego delle nuove tecnologie e conseguenti innovazioni è da ritenersi una irrinunciabile opportunità a sostegno della diffusione della cultura in generale, della divulgazione, della ricerca, della didattica in particolare.
La Direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione, che insieme alla Direzione
Generale per gli Affari Generali, il Bilancio, le Risorse Umane e la Formazione struttura il Dipartimento
R.I.O., sta realizzando importanti progetti per rendere disponibile, digitalizzando le informazioni, il
maggior numero di archivi e di banche dati, per supportare e integrare le modalità di accesso e fruizione culturale, migliorare i processi di comunicazione e promozione interni ed esterni all'amministrazione.
Afferiscono al Dipartimento R.I.O. i più importanti organi di ricerca ed alta formazione del MiBAC,
gli Istituti Centrali che storicamente hanno rappresentato le eccellenze in questi settori: Istituto Centrale
per il Restauro (ICR), Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD), Istituto Centrale per
la Patologia del Libro (ICPL), Opificio delle Pietre Dure (OPD), Centro di Fotoriproduzione, Legatoria
e Restauro degli Archivi di Stato (CFLR).
Via del Collegio Romano, 27
00186 Roma
www.beniculturali.it
Numero verde 800 99 11 99
URP - Ufficio Relazioni con il Pubblico
Tel. 06.6723.2980-2990 - Fax 06.6798.441
[email protected]
DIPARTIMENTO PER LA RICERCA, L’INNOVAZIONE E L’ORGANIZZAZIONE
Direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione
Servizio II - Promozione, Comunicazione e Marketing
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