La Libraria del Cardinale Ippolito d’Este Ippolito d’Este edifica la splendida Villa sul solco di una politica culturale alimentata dalle Signorie padane rinascimentali che, fin dal secolo precedente, avevano avviato e promosso un intelligente recupero dell’antichità classica, creando nei loro castelli specifici ambienti dedicati alla conservazione ed esposizione di statue e libri. Sono questi gli anni migliori per l’affascinante storia della trasmissione libraria e per la costituzione di biblioteche conservative: campeggia, con Firenze e Cesena, la città ducale di Ferrara, dove gli Estensi con intelligente solerzia arricchivano una raccolta di codici iniziata addirittura nel secolo XIII. Nella prima fase della permanenza tiburtina, il Palazzo di governo di Ippolito era stato allestito nella foresteria del Convento di santa Maria Maggiore, edificio sacro che godeva di una indiscussa celebrità, dotato, fin dal medioevo, di un notevole fondo librario e archivistico, ricco di splendide pergamene Dobbiamo alla solidità dell’impianto storico dell’autore la preziosa appendice con cui il compianto prof. Vincenzo Pacifici, negli anni ’20 dello scorso secolo, corredò la sua monografia su Ippolito II d’Este, eseguita sui Registri d’amministrazione del Cardinale. Furono schedati, con minuzia certosina, sbalorditiva per uno studioso neppure venticinquenne, libri amministrativi che vanno dalla registrazione delle spese per i viaggi in Francia al ‘Libro del conto del gioco’ al libro dei debitori di Francia, al Maneggio dei dinari di m. Lucretio Tassone, al Conto delle fabbriche, al Giornale di Alfonso della Barba, ai libri delle entrate e delle uscite suddivise anno per anno etc. etc., scrupolosamente esaminati e postillati dal Pacifici con la sua consueta acribia. Spicca, ai nostri fini, il ‘Libro del Cardinale’ relativo agli anni 1555-1561, il quinquennio felice caratterizzato dall’entusiastiastico sogno di trasferire un lembo dei fasti ferraresi in questa amena cittadina celebrata dai più grandi poeti dell’età classica, dimora di imperatori e papi e dove lo spagnolo Ignazio di Loyola aveva fondato la sua Compagnia e avviato la prima scuola e il primo convitto d’Italia. La tipologia della “libraria”. Abbiamo parlato di un fondo librario preesistente nell’attiguo convento di Santa Maria Maggiore, cui vanno aggiunte le raccolte dei Gesuiti e quelle delle contestuali ‘Accademie’ sorte nel secolo XVI. La raccolta del Cardinale Ippolito, prezioso recupero documentario del Pacifici, si configura, nella sua elencazione ‘sussultoria’ e senza alcun ordine apparente, quasi un ‘completamento’ dei libri circolanti nella città di cui assume il ruolo di Governatore. Tivoli si arricchisce di una libraria considerevole: sono ben 197 i testi presenti nella ‘guardarobba’, ricercati con indubbia vivacità intellettuale anche con l’aiuto di Flaminio Nobili, filosofo molto stimato dal Cardinale, lucchese, chiamato a Tivoli nel 1571 e che sarà suo amico fedele fino alla morte1. Nei registri del 1559-’60 è citato l’incarico di comprare libri da portare a Tivoli, e che saranno suddivisi equamente, come è possibile vedere, tra testi classici, ecclesiastici e ‘letteratura moderna’, storica e scientifica. “A fatto venir un filosofo da Lucca il quale dicono sia valentuomo, selli fa carezze assai”, così scriveva un agente anonimo ad Alfonso da Tivoli il 29 luglio 1571 (PACIFICI, cit., p. 351). 1 Il termine rinascimentale di “libraria” indica l’embrione di quella che diventerà la moderna ‘biblioteca’. Nel secolo XVI a Tivoli, oltre alla fioritura della scuola gesuitica con conseguente arricchimento dei libri circolanti in città, è avviata una raccolta di cinquecentine e di manoscritti assemblati dai sacerdoti - insegnanti per uso didattico. Tivoli godrà quindi, oltre che di manoscritti ‘costruiti’ per uso scolastico, di significativi fondi di testi classici latini e greci, di atlanti e dizionari a più lingue (sono presenti quelli relativi ai paesi toccati dal proselitismo dei Gesuiti, quindi latino-arabo, latino-cinese, ebraico…). Naturalmente si incrementano le raccolte di splendidi esemplari a carattere devozionale, corali miniati, atlanti scientifici che esibiscono marche tipografiche tra le più celebri. Di conseguenza, in una città già ricca di librarie conventuali, la ‘guardarobba’ del Cardinale potrà ben degnamente figurare con le raccolte ferraresi, cui si aggiungeranno gli autografi del Muretus e in genere di tutta l’intelligentzia dell’epoca, in feconda gara con le coeve biblioteche di altri cenacoli letterari radunati intorno sorte in città ad illustri presenze cittadine, come il Cardinale Bandini Piccolomini, Federico Cesi, etc. (è possibile rintracciare parti di cataloghi e citazioni dei libri presenti in questi contesti). La cultura ‘rinascimentale’ di Ippolito anche in questo caso si allinea con le tendenze dell’epoca di costituire fondi e raccolte librarie quanto più complete possibili, estese all’intero scibile umano. Il mecenatismo nei confronti degli studiosi consegue il ritorno di un arricchimento non solo ideologico ma tangibile, attraverso ‘eredità’ librarie di notevole consistenza. Siamo nel secolo in cui l'invenzione della stampa e il conseguente incremento della produzione di opere cartacee stimolano in modo esponenziale l'interesse dei prìncipi per la cultura. Nelle biblioteche rinascimentali, infatti, e non solo negli scriptoria monastici o nelle collezioni ecclesiastiche, confluiscono importanti donazioni di illustri umanisti. Rammentiamo, per limitare la citazione ai casi più eclatanti, la cessione da parte del Petrarca di numerosi manoscritti alla San Marco di Venezia, mentre la ricca biblioteca del fiorentino Niccolò Nicoli (circa 1430 codici), acquistata da Cosimo il Vecchio e collocata nel convento di S. Marco a Firenze, costituirà il primo nucleo della Biblioteca Mediceo-Laurenziana. Nel 1468, un umanista greco, il cardinale Bessarione, aveva legato la propria collezione di codici greci, la piú ricca del tempo, alla Basilica di San Marco, dando origine alla Biblioteca Marciana di Venezia. Oltre alla Marciana, altre biblioteche pubbliche sorsero sotto l'influenza del movimento umanistico, tra le quali la San Marco di Firenze e la Malatestiana di Cesena. “Conto de librj a stampa et a pena qualli sono in guardaroba” Livio in folio coperto di corame; uno libro dove sono tutte le cose ecclesiastiche coperto di velluto lionato; uno libro di anticalie di Roma coperto di velluto morello; una bibia in folio coperto di veluto verde (nota del Pacifici: fu dato all’Inquisitore della Minerva nel tempo di Papa Paulo Quarto, 1559. Così come furono requisiti gli altri libri di seguito sottolineati). Uno messale in carta pecora miniato coperto di velluto cremisino con chiodaria adoratta in una sacca di corame bianco; Orlando furioso in francese coperto di corame rosso; Onus Eclesie in folio coperto di corame negro; Lexicone greco in folio coperto di corame rosso; Paulo Emilio Istorico, francese, in folio coperto di corame negro; Plinio Secondo in folio id; Platone in fo. id; Valerio Massimo volgare sligatto; uno libro francese del conte Febbo in folio coperto c. s.; Ragionamenti del Sessa a penna; Dialoghi del Virgerio a penna; Roma antica in folio; uno libro sligato della vita del duca Alfonso2; 3 libri similli; la medema vita legato in folio; Sebastiano architetto in folio in francese; Epistole del Piccolomini in folio coperto di carta pecora; uno libro di dissegni coperto id; Erores Valdensium in folio coperto di carta pecora; Aparato del Riccio id. id; il secondo libro de l’istoria del Iovio coperto id; Proverbii di Erasmo in folio id; Gisenofonte in id. coperto di corame rosso; Plauto in id. coperto di corame rosso indorato; Platina de vitis pontificum in folio coperto di cartone bianco; Sebastiano Monastero in folio; Francesco Modesto in folio; Monarchia gallorum in folio; Orontio in folio; Budeo in folio; Libro spagnollo in folio; Libro greco in folio; Novelle francese coperto di corame negro; Libro latino del genologi di dei coperto di corame negro; Dollete in folio coperto id; Fabole d’Esopo in greco coperto di corame morello; Gisenofonte greco e latino in folio coperto di corame rosso; Torindo in francese coperto di corame negro; Scalligero in quarto id. id. rosso; Regolla greca di Costantino di Lascaro in quarto coperto di corame negro; Alessandro Guerino sopra Catullo in quarto coperto di corame rosso; Cronicha francese in quarto coperta di corame nero; Calendario ecclesiastico cop. di corame morello; quattordici libri in ottavo tutti coperti di corame rosso adorati con le sue cordelle di seta cremesina; dieci libri in ottavo coperti di corame rosso usati; Creatione di pappa Giulio in quarto coperto di c. rosso; un libro simille; Ovidio de fastibus cop. c. s.; Discorsi del Machiavella coperti di rosso ; Tasse delle Annotava con disappunto il Pacifici, cit., che non c’è traccia di questa Vita del duca Alfonso che sarebbe stata oltremodo preziosa per la ricostruzione della storia degli Estensi. Uno dei motivi potrebbe essere senz’altro dovuto al carattere ‘sligatto’. Era infatti uso, a causa della pesantezza della legatura (e del pregio economico), gravosa per le spese di trasporto, spedire i libri da una città all’altra a fogli inseriti nei barili e riservare il confezionamento nella città di destinazione. Nel nostro caso probabilmente la Vita rimase in fogli sciolti, successivamente dispersi. Altra ipotesi di ‘sligatura’ potrebbe essere legata alla composizione stessa. Sappiamo che Paolo Giovio, erudito, conoscitore "storico" spesso indiretto, degli uomini di corte, compose la biografia di Alfonso I (Liber de vita et rebus gestis Alfonsi Atestini Ferrariae principis a Paulo Giovio conscriptus, Florentiae, excud. Laurentius Torrentinus, 1550; ID., La vita di Alfonso da Este, Venezia, Sessa 1597), consigliandosi con lo stesso Ippolito su quanto dovesse essere taciuto (dal momento che nel dettagliato ritratto di Giovio si dà conto delle segrete ragioni politiche che avevano indotto il padre Ercole a scegliere per lui come moglie la figlia di Alessandro VI). Ad una prima analisi, infatti, non risultano fonti che documentino contatti personali tra Giovio e lo stesso Alfonso anche se sarà lo stesso autore, nel 1551, ad inviare a Ercole I d’Este la stampa della biografia (Arch. Di Modena, Ippolito ad Ercole, Tivoli 11 ottobre 1550). L’opuscolo ‘sligato’, presente nella libraria di Ippolito, potrebbe riferirsi al manoscritto composto a corte. L’opera fu tradotta in lingua toscana da Giovan Battista Gelli. 2 . chiese ecclesiastiche coperto di rosso; Plauto in quarto coperto di rosso tutto adorato; Apologia del Contareno coperto di rosso; Ragionamenti di Sessa a penna legati in corame rosso; Vitta del Card.le a penna coperto di morello; Etica d’Aristotille coperto di corame negro; Concordanze della bibia coperto di corame negro; Lorenzo Valla coperto di corame rosso; Regole di Costantino Lasca coperto di corame vecchio; Efemeride di Luca Gaurico coperto di rosso; Bartolomeo de Sasso ferrato in quarto id; Rettoricha d’Aristotile coperto id. con l’arma del Cardinale; Orologii di Sebastiano Monster coperto di capretto; Gio Stafilei de gratij espetative cop. c. s.; Gio Bernardo Diazi coperto di carta pecora; Claudio Tholomeo coperto di capretto; Claudio Tholomeo Alessandrino coperto come è detto; Pastorale intitolata Tirpia a penna coperta di capretto; Egidio coperto di capretto; Luca Gaurico coperto di di capretto; un breviario nuovo legato alla francese (e 3 altri simili); Erasmo sopra li evangelli di Luca coperto di turchino adorato; Id. id. l’evangelio di S.to Giovanni cop. c.s.; Id. id. l’Epistola di S.to Paolo ligato del medesimo; Id. id. l’Evangelio di S.to Marco id. id.; Id. id, l’Evangelio di S.to Matheo id.; li atti degli apostoli coperto di velutto nero; Aulo Gellio coperto di corame rosso; uno libro in foglio coperto di corame rosso con gli cantoni d’ottone e sue fibie da cantare la Messa; 4 simili; Gio: Ma Verrato coperto di raso cremisino; Gio. Batt.a Pigna in ottavo coperto di velluto cremisino; Erasmo sopra gli atti delli Apostolli coperto di corame turchino adorato; Seconda parte della filosophia naturale coperto di id. id.; un breviario romano dell’offitio novo coperto di corame rosso adorato; id. simille coperto di corame nero; id. simile soperto di velluto pavonazzo; Euchiridion psalmorum coperto di veluto morelo con la cornice a torno d’oro con certe guarnitioni smaltate in una borsa di raso pavonazzo; (6 libri in ottavo simili); Appiano Alessandrino in ottavo; Amato medico in ottavo; un libro de umanità coperto di corame nero; (4 simili); un libro simille coperto di corame rosso; (4 simili); Erasmo sopra il nuovo testamento in ottavo coperto di veluto nero con le fibbie adoratte; Martiall in ottavo; Teorica del Porbacchio; Salustio in ottavo; Ars notariatus; Statio in ottavo; Arte della guerra in ottavo; Martiall in ottavo; Comentario di Cesare in ottavo; Tomaso Linacaro in ottavo; Adriano de lingua latina in ottavo; Opuscolo di Plutarco in ottavo; Rettorica d’Aristotille in ottavo; Oratio in ottavo; Poetica d’Aristotile in ottavo; Livio in ottavo; Catullo in ottavo; Comedia volgare in ottavo; Catullo in mezo ottavo; Oratione di Livio in mezzo ottavo; Fatti de’ francesi de Roberto Gorgoino; Rettorica di Cicerone in ottavo; Fatti d’alemano in id; Epistole del Bembo; Fatti de francesi in ottavo; La georgica di Virgilio tradotta in ottavo coperta di raso pavonazzo; Eritreo sopra Virgilio in id; Barletta in id; Guerra de Lemania volgare in id; La meteorica d’Aristotile; Amato medico; Un Ofitio della Madona in carta bona coperto di raso verde con doi ornamenti d’argento con una coperta di sopra del medemo raso; Lochi comuni contra Luterani; Appolegia del re; Contra l’Imperatore; Astronomia; Istoria dell’assedio di Mont’Alcino; Dovello di Ant.o Massa; Anticaglia de Germania; Un breviario; Un diorno; Libretto de dignis promotionibus in mezzo ottavo coperto di raso cremesino rosso; Orlando furioso in carta pecora coperto di veluto cremisino; Iustino martyre greco; Sei copie di libri con le sue borse; Una copia senza borsa; Un messale coperto di raso cremesino; Un messale simille; Un messale simille; Cinque pezzi de libri da canto fermo. (Libro del Card. Ippolito 1555-61 p. 157) Siamo grati alla benemerita segnalazione del Pacifici sui testi che già nel 1559 – appena quattro anni dopo l’insediamento di Ippolito a Tivoli, contestuale alla pubblicazione dell’ ‘Indice dei Libri proibiti’-, furono avocati dall’Inquisitore della Minerva inviato nella villa estense. Non si trattò infatti di una visita di cortesia ma di un atto censorio stabilito dall’Inquisizione: esaminare la tipologia della libraria cardinalizia ed estrarne i libri proibiti. Ben 22 sono i testi allontanati, destinati probabilmente al rogo. Si tratta di tutto il corpus delle interpretazioni erasmiane sui Vangeli e sul Nuovo testamento in genere, i suoi Proverbi, i Discorsi di Machiavelli, 7 libri di interpretazione dei Salmi, uno sulla posizione della Chiesa (Onus Eclesie) e alcuni testi di carattere scientifico demandati alla prudenza inquisitoria del Tribunale. I titoli di questi libri ‘proibiti’ – e in odore di eresia - presenti nella biblioteca di Villa d’Este lumeggiano la modernità di pensiero del Cardinale connessa ad una libertà di azione che, già espressa con una sorta di superiore alterigia nelle corti padane, indicano una coperta adesione – e non del solo Ippolito – alle idee riformate della cognata Renata di Francia, moglie del duca Ercole II dal 1528, madre, tra gli altri, di Alfonso, duca di Ferrara dal 1559 e di Lucrezia che sposerà nel 1535 il duca di Urbino Francesco Maria II della Rovere. Proprio a Ferrara, nel cenacolo intellettuale nel quale erano ospiti protestanti italiani come Ambrogio Cavalli, Giulio della Rovere, Celio Secondo Curione, Antonio Pagano e un Clement Marot che per primo aveva tradotto in francese i Salmi biblici, si affacciava nel 1536, sotto mentite spoglie lo stesso Giovanni Calvino, nonostante l’immediata e perentoria reazione del duca Ercole. Nella villa di Consandolo, presso Argenta - sarà demolita solo nell'Ottocento - dove la duchessa risiedeva nei mesi estivi, si costituì un centro di diffusione di libri proibiti, oltre che di favoreggiamento nell'accoglienza dei profughi e nell'espatrio dei minacciati di persecuzione. Le opposizioni ufficiali della corte estense nei confronti della Chiesa riformata ebbero un carattere più formale, di ben calcolato opportunismo politico, piuttosto che di reale adesione alla fede cattolica, sicchè possiamo senz’altro ipotizzare la provenienza ereticale della cospicua quantità di testi ‘proibiti’ trasportati a Tivoli in anni in cui sarebbe comunque stato difficile acquistarne ex novo. Infatti il numero singolarmente alto delle opere di Erasmo che, oltre ad essere ingiustamente considerato da parte cattolica quale precursore del protestantesimo, dal 1542, con lo stabilirsi della Santa Inquisizione, aveva vissuto il definitivo tramontare della sua fortuna, è rivelatore delle ambigue ‘simpatie’ del Cardinale, grande estimatore di colui che si configurava soprattutto come fustigatore della corruzione ecclesiastica27. 27 Erasmo da Rotterdam (nome latinizzato di Geert Geertsz, Rotterdam, 27 o 28 ottobre 1466 – Basilea, 12 luglio 1536), che amò firmare i suoi scritti con lo pseudonimo Desiderius Erasmus, Altra spia della ‘laicità di pensiero’ di Ippolito è la presenza, in ben due volumi, di un testo medico che, se pure non ancora posto all’Indice, può considerarsi per lo meno di carattere sottilmente polemico. Si tratta dell’Amato medico, e si riferisce ad ‘Amato Lusitano’, uno degli ebrei ‘marrani’ giunti a metà del ‘500 in Italia, rifugiati a Roma, a Ferrara presso gli Estensi e nelle terre pontificie dell’anconetano e di cui papa Paolo IV sarà feroce persecutore.. Era stato perentoriamente espresso nella bolla “Cum nimis absurdum” il divieto di curare cristiani, anche se chiamati e pregati. E non dimentichiamo che anche a Ferrara, malgrado l’opposizione di Alfonso d’Este, si era insediato il polemizzava contro alcuni aspetti della vita della Chiesa cattolica non a motivo di dubbi sulla dottrina tradizionale, né per ostilità verso l’organizzazione in sé della Chiesa, ma, piuttosto, per l'esigenza di purificare la dottrina stessa e di salvaguardare le istituzioni del Cristianesimo dai pericoli che le minacciavano, quali la corruzione, l'interesse di pontefici guerrieri come papa Giulio II all'ampliamento dello Stato della chiesa, la vendita delle indulgenze, il culto smodato delle reliquie. Erasmo fu presto inviso ad ambo gli schieramenti – il 19 gennaio 1543 i suoi libri sarebbero stati bruciati a Milano insieme con quelli di Lutero – ; morì la notte fra l’11 e il 12 luglio 1536 a Basilea dove era tornato per controllare la pubblicazione dell’Ecclesiaste. Fu sepolto nella cattedrale ormai dedicata al culto riformato, sebbene egli fosse sempre rimasto cattolico. Compose un dialogo satirico “Iulius exclusus e coelis”, composto durante il periodo successivo alla morte del papa-soldato Giulio II e in particolare tra la fine del 1513 - inizi del '14 (gli anni del soggiorno di Erasmo a Cambridge) che gli costò forti repressioni da parte cattolica e una Devotio moderna, mirante ad una riforma spirituale e dei costumi e non una riforma teologica. ( Erasmo da Rotterdam, Colloquia, a cura di C. ASSO, introd. di A. PROSPERI, Einaudi, Torino 2002; Erasmo da Rotterdam, Scritti religiosi e morali, a cura di C. ASSO, introd. di A. PROSPERI, Torino, Einaudi, 2004; STEFAN ZWEIG, Erasmo da Rotterdam, Rusconi Editore, Milano, maggio 1994; C. AUGUSTIJN, Erasmo da Rotterdam. La vita e l'opera, Brescia 1989 (con ampia bibliografia);R. H. BAINTON , Erasmo della Cristianità, Firenze 1970; J. HUIZINGA, Erasmo, Torino, Einaudi 1975= Leiden19241; P. MESNARD, Erasmo. La vita, il pensiero, i testi esemplari, Milano 1971; D. CANTIMORI, Erasmo e la vita morale e religiosa italiana nel secolo XVI in “Umanesimo e religione nel Rinascimento”, Torino, Einaudi 1975, pp. 40-59. Le ‘non provate’ simpatie del Cardinale venivano comunque ben temperate dalla presenza dei Gesuiti a Tivoli e comunque è acclarata la disinteressata amicizia che legò Ippolito allo stesso Ignazio di Lojola il quale peraltro, con solerzia paterna, si era affrettato ad inviare nella città estense un prudente Padre confessore per sorvegliare le deviazioni dottrinarie di cui era impregnata la corte. E fu comunque proprio il Cardinale a caldeggiare la protezione della Compagnia di Gesù nei confronti del fratello Ercole e della cognata Renata. 28 I “marrani” erano ebrei sefarditi (della penisola iberica) costretti ad abbracciare la religione cristiana soprattutto sotto la spinta coercitiva dell’Inquisizione spagnola. Per molti si trattò solo di una questione formale e, pur professandosi pubblicamente cattolici, continuavano in privato la loro fedeltà al giudaismo. Costantemente minacciati e perseguiti dagli inquisitori, cercarono in ogni modo di lasciare la nazione, sia in gruppi che come singoli rifugiati. Molti di loro fuggirono in Italia, soprattutto per affinità della lingua, insediandosi numerosi a Ferrara e il Duca Ercole I d’Este garantì una serie di privilegi che vennero confermati dal figlio Alfonso I a ventuno marrani spagnoli, medici, mercanti e altri. Nel 1543, l’anno successivo l’Istituzione del tribunale del Sant’Uffizio, su consiglio di Ignazio di Loyola venne aperta a Roma la Casa dei Catecumeni, “per tutti gli infedeli che passano alla religione cattolica”, mantenuta a spese degli Ebrei. Nel 1553, dopo il rogo a campo dei Fiori a Roma del francescano Cornelio di Montalcino che, avendo studiato l’ebraico, si era convinto che la religione ebraica fosse quella vera, il giorno di Rosh Hashanà un gran numero di libri ebraici venne bruciato pubblicamente, sia a Roma che nelle altre città dello Sant’Uffizio che incrudeliva particolarmente contro gli Ebrei, fra cui il famoso esegeta biblico portoghese Isaac Abrabanel. E’ quindi oltremodo singolare trovare nella libraria di Ippolito, quale unico testo di medicina, due copie di Amato Lusitano, e di probabile provenienza ferrarese, sfuggite, non sappiamo come – ma forse non è difficile immaginare un intervento diretto del Cardinale - , all’occhiuta inchiesta dell’Inquisitore della Minerva. Maria Luisa Angrisani Stato pontificio: Bologna, Ravenna, Ferrara. Chiusi nel ghetto, sono tali le restrizioni imposte, che la maggior parte di essi abiura o fugge verso terre più ospitali, specialmente presso i Duchi di Urbino e gli Estensi di Ferrara. Il caso più triste di queste persecuzioni avvenne ad Ancona, dove un gruppo di ‘marrani’ portoghesi, fra i quali il famoso medico Amato lusitano, aveva trovato rifugio, ottenendo garanzia di protezione da parte dei papi. Paolo IV annullò senza preavviso la concessione dei suoi predecessori e nel 1556 ventiquattro marrani, tra cui una donna, vennero bruciati vivi in uno spaventoso auto da fé, mentre gli altri erano imprigionati. Qualcuno riuscì ad evadere, pochi si rifugiarono a Pesaro per invito del Duca di Urbino, tra cui Amato Lusitano che poi riparò a Salonicco dove morì di peste.