SUPPLEMENTO Aprile 2014
SPECIALE
sulle patologie
del piede e
della caviglia
a cura del
Prof. Giuseppe
LORENZO
L’IMPORTANZA
DELLA PREVENZIONE
“IL PIEDE,
DE STRAORDINARIO PRODIGIO ARCHITETTONICO,
ARCHITETTONICO SPESSO TRASCURATO”
TRASCURAT
È IMPORTANTE LA SCELTA GIUSTA DELLE CALZATURE;
OCCORRE UN’ATTENTA OSSERVAZIONE DELLA INIZIALE
COMPARSA DI DURONI O CALLOSITÀ. E NON BISOGNA
SOTTOVALUTARE QUALSIASI SINTOMATOLOGIA DOLORSA
Pag. 4“Datemi un buon
appoggio e camminerò
pel mondo”
INDICE
Pag. 20 Il piede cavo
Pag. 6 Il piede piatto, quando la
volta plantare collassa
Pag. 8 Le distorsioni
della caviglia
Pag. 22 Il piede diabetico
Pag. 24 La frattura del calcagno
Pag. 26 Alluce valgo, ecco
cos’è e come si risolve
Pag. 28 Lesioni della caviglia
Pag. 10 Il dito a martello
Pag. 30 Stare bene con
i piedi per terra
Pag. 12 La spina calcaneare,
che c’entra quell’osso
sul tallone?
Pag. 14 Quelle deformità
nel piede del bambino
Pag. 16 Il neuroma di Morton,
una sensazione dolorosa
di bruciore al piede
Pag. 18 Le lesioni del tendine,
questa è la debolezza che
ci accomuna ad Achille
Pag. 32 Quanto sono
importanti i primi passi
del bambino?
Pag. 34 Il piede nello sport
Pag. 36 Se il piede è piatto
Pag. 38 Le metatarsalgie.
“Dottore ho un forte
dolore sotto la pianta del piede”
Speciale sulle patologie del piede
e della caviglia
Supplemento di “Salute&Sanità”
Aprile 2014
I servizi sono a cura di
Direttore Responsabile
Cassio Caracciolo
Ortopedico e traumatologo esperto
nella cura del piede
Primario Istituto Ortopedico “Faggiana”
Reggio Calabria
Impaginazione e grafica
a cura di
Donna Caracciolo
SPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
Raffaele Ioffrida
in collaborazione con
Prof. Giuseppe Santo Lorenzo
Studio professionale
via del Gelsomino 45/B RC
Tel. e Fax 0965 27570
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Speciale S&S
“DATEMI
UN BUON
APPOGGIO
E CAMMINERÒ PEL MONDO”
er molto tempo il piede è stato un elemento del
nostro corpo troppo trascurato nonostante
fosse chiara a tutti la sua funzione di sostegno
e quella altrettanto importante di consentire il movimento.
Da qualche decennio si è capita la fondamentale importanza di questo organo e sono sorti dei centri di
ricerca e cura delle patologie del piede. Il professore
Giuseppe Lorenzo, da oltre trent’anni si occupa del
piede e delle sue patologie sia a livello di prevenzione
che di diagnosi e terapia.
Professore, perché il piede è un organo così importante?
‹‹Il piede è importante se consideriamo le sue numerose funzioni. La più conosciuta è sicuramente la funzione motoria che ci consente di sopportare durante
la stazione eretta tutto il peso del corpo, trasportarlo
su qualsiasi terreno durante la deambulazione e lanciarlo nel salto per riceverlo ed ammortizzarlo nella
ricaduta.
Di fondamentale importanza sono anche la funzione
stabilizzante ed ammortizzante del piede che consentono un adattamento di tutto il corpo ad ogni tipo
di terreno; la funzione “tecnica specifica” che è fondamentale nello sport: quale ad esempio il calcio nel football, la stazione eretta prolungata sulle punte nella
danza, l'oscillazione ritmica nel nuoto; la funzione di
pompa periferica del sistema venoso e linfatico che
grazie alla “soletta venosa plantare" di Lejars ed alla
contrazione muscolare sia durante la stazione eretta
e sia durante la deambulazione facilita il ritorno venoso e, per tale motivo, la pianta del piede è considerata come un vero e proprio "cuore periferico". È
importante quindi la cura del piede sia per prevenire
le più comuni patologie del piede quali il piede piatto,
l’alluce valgo, le metatarsalgie ed inoltre per evitare
che un cattivo appoggio plantare determini nel
P
4
Bé, si abbiamo stravolto
e adattato alla nostra
necessità la frase
di Archimede.
Ma il concetto è valido
anche per i nostri piedi.
Che quando stanno bene
hanno un buon appoggio
plantare, non configgono
con le scarpe, non presentato
dolori, arrossamenti
o callosità. Perché
la presenza di qualcuno
di questi problemi “significa
che qualcosa non va
e va curato precocemente”
tempo delle patologie sovrasgmentarie al ginocchio,
all’anca ed alla colonna. Il piede è come le fondamenta di una casa, se queste sono fatte male saranno
la strutture dei piani superiori nel tempo a risentirne››.
Vista la sua importanza è fondamentale quindi
fare della prevenzione?
‹‹Certamente, questo è un argomento che mi sta
particolarmente a cuore, perché non bisogna rivolgersi allo specialista quando le patologie sono già
gravi, ma è al primo segnale, che può essere la comparsa di dolore durante la deambulazione prolungata
o la comparsa di gonfiore e rossore o la comparsa di
callosità, che bisogna iniziare le indagini ed il trattamento adeguato. Il piede “normale”, se ha un buon
appoggio plantare e non ha conflitto con le calzature,
non deve presentare né dolore né arrossamenti o callosità. La loro presenza significa che qualcosa non va
e va curato precocemente››.
A proposito di prevenzione, che consigli possiamo
dare alle mamme per affrontare i primi passi del
bambino e scegliere le prime calzature?
‹‹È assolutamente necessario astenersi dal forzare il
bambino a camminare precocemente. Egli inizierà a
farlo non appena “sentirà”che le sue gambe sono capaci di permetterglielo. Sconsiglio, quindi, assolutamente l’uso del girello e di forzare ed aiutare il
SPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
‹‹ Nel bambino e nell’adolescente
bisogna stare attenti al peso corporeo, un sovrappeso in fase di crescita influisce negativamente su
tutte le patologie del piede e del ginocchio. È importante la scelta giuMetatarsaglia centrale
Deformità digitale
sta delle calzature: troppo strette
possono determinare le dita a martello e la deviazione delle dita; con
tacco molto alto e la punta stretta
sono spesso causa di alluce valgo,
metatarsalgie e neuroma di Morton; con la parte posteriore morbida sono concausa di retropiede
valgo o varo; con talloniera molto
rigida e dura sono concausa di
spina calcaneare; l’uso prolungato
Alluce valgo e dita a martello
Piede piatto dell’adolescente
delle calzature da tennis è spesso
concausa dell’unghia incarnita.
Nella prevenzione e cura del piede
bambino a stare in piedi o a camminare precoceoccorre eseguire un’accurata igiene giornaliera con
mente. È importante, inoltre, non fare camminare
una attenta osservazione della iniziale comparsa di
mai il bimbo scalzo in casa, perché ciò sicuramente
duroni o callosità o dell’aggravarsi di deviazioni delfavorisce l’appiattimento della volta plantare e quindi
l’alluce o delle dita. Fondamentale è non sottovalucontribuire alla formazione del piede piatto; è utile,
tare qualsiasi forma, anche lieve, di sintomatologia
invece, farlo camminare, quando è possibile, scalzo
dolorosa.
su terreno incerto (sabbia, ghiaia) in quanto gli stimoli
Se c’è dolore vuol dire che c’è qualcosa che non va
plantari prodotti dal terreno accidentato hanno effetti
ed a questo punto interviene lo specialista per fare
tonificanti sia su tutto il piede che in particolare sulla
una precoce diagnosi ed instaurare un corretto tratvolta plantare. Particolare attenzione merita anche la
tamento terapeutico che può essere con tutori al siliscelta delle prime calzature. Consiglio di non fare porcone, con plantari o calzature idonee, con terapia
tare calzature al bambino se non all’inizio della deammedica o fisioterapica e nei casi più complessi con il
bulazione, fino ad allora è sufficiente una calzatura di
trattamento chirurgico››. morbida pelle che ha solo una funzione protettiva. Le
calzature non devono essere troppo strette, né
Il prof. Giuseppe Lorenzo con le sue collaboratrici:
troppo grandi e devono avere i contrafforti rigidi pola dott.ssa Loredana Canale podologa,
steriori, per sostenere bene il retropiede, suola di
la dott.ssa Maria Rosaria Lorenzo medico chirurgo,
cuoio con tomaia abbastanza flessibile e punta della
la dott.ssa Francesca Felicetti scienze motorie
scarpa abbastanza ampia e flessibile da consentire
alle dita del piede una sufficiente libertà di movimento››.
Quali sono le patologie di più frequente osservazione nella sua pratica clinica?
‹‹Sicuramente è il piede piatto del bambino e dell’adolescente; abbastanza frequenti sono altre patologie quali il piede cavo, l’alluce valgo, le
metatarsalgie, le dita al martello, la spina calcaneare,
il neuroma di Morton››.
Che consigli utili possiamo dare come prevenzione?
SPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
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Speciale S&S
QUANDO
LAVOLTA PLANTARE
COLLASSA
Il piede piatto è un'anomalia del piede,
caratterizzata dalla riduzione dell'arco plantare
e dal conseguente aumento della superficie
d'appoggio della pianta del piede
l piede piatto è sicuramente la patologia di più
frequente osservazione nelle pratica clinica ambulatoriale.
Che cos’è il piede piatto?
E’ un’alterazione per difetto di direzione e di curvatura dei vari componenti della volta plantare (fig. 1),
fino alla inversione delle curve stesse, con conseguenti modifiche morfologiche, statiche e dinamiche del piede.
I
Piede piatto dell’adolescente
Nella genesi del piede piatto c’è una sicura predisposizione congenita ereditaria spesso associata a
componenti ambientali scorretti quali prolungata
deambulazione a piedi scalzi sul pavimento liscio,
calzature inadeguate, sovrappeso e scarsa attività fisica. Alla visita, guardando il paziente da dietro, si evidenzia la deviazione verso l’esterno del retropiede e
all’interno del piede si nota l’abbassamento dell’arco
plantare. È indispensabile alla visita sia un attento
6
esame dell’usura della calzatura, essa è l’espressione
del modo di camminare del paziente, e sia il controllo clinico dei genitori per valutare eventuali componenti ereditarie. Importante per una corretta
diagnosi è l’esecuzione dell’esame podoscopico a
trans-illuminazione che consente la visualizzazione
dell’impronta plantare (Fig. 2) e degli esami radiografici, eseguiti in piedi sotto carico, che ci informano
sul grado di gravità.
TRATTAMENTO
Il trattamento del piede
piatto lasso non deve
mai iniziare al di sotto
dei 3 anni, poiché è solo
dopo questa età che
l’arco plantare comincia
a rendersi visibile per la
scomparsa del cuscinetto adiposo.
Se la deformità permane oltre i 3 anni di
vita, con la presenza di
deviazione del retropiede e l’assenza della
Esame podoscopico
e clinico di piede piatto
arco plantare, si rende
necessario un trattamento correttivo ortesico. Questo comprende l’uso
di calzature correttive e di plantari ortopedici. Sia le
calzature ortopediche con i forti rigidi posteriori che
i plantari tendono a migliorare la deviazione verso
l’esterno del retropiede e verso l’interno dell’avamSPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
piede; i plantari in particolare agiscono per mezzo di
cunei correttivi. La scelta del tipo di calzature (più o
meno rigida o più o meno alta), del tipo di plantare
(morbido, rigido o avvolgente) e l’altezza dei cunei
correttivi viene stabilita dallo specialista in base alla
gravità delle deformità ed all’evoluzione della patologia valutata con l’esame clinico e l’esame podoscopico. È importante sempre associare alla correzione
passiva con le ortesi una correzione attiva con esercizi di ginnastica per potenziare i muscoli plantari
(Fig. 3).
Correzione della deviazione del retro piede
con la deambulazione sulle punte
Tali esercizi consistono nel fare camminare il bambino sulle punte, su pedane con sabbia e ghiaia, sul
bordo esterno del piede e di fargli afferrare degli oggetti. L’uso di calzature rigide non va protratto oltre
i sei anni di età ed a tale età è utile iniziare uno svezzamento progressivo dalle ortesi ed intensificare gli
esercizi di correzione attiva. La valutazione dell’efficacia del trattamento ortesico e del suo svezzamento va monitorata con controlli periodici clinici e
strumentali.
In adolescenza (generalmente intorno ai 13 anni di
età) se il risultato del trattamento effettuato è risultato insufficiente, ed in particolare se ne residua una
deviazione importante del retropiede, si rende necessario il trattamento chirurgico comunemente
chiamato calcaneo-stop (Fig. 4).
Calcaneo-stop
SPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
L’intervento consiste nella infissione nel calcagno di
una vite metallica che ha lo scopo di correggere la
deformità impedendo all’astragalo (cavaliere) di
“scendere” dal calcagno (cavallo).
L’intervento viene eseguito in regime di ricovero
ospedaliero convenzionato tipo Day-Hospital.
L’intervento è di breve durata (generalmente 10 minuti circa), la deambulazione è consentita da subito
con l’ausilio di due stampelle e dalla seconda settimana viene concesso il carico progressivo sull’arto
operato.
Generalmente la guarigione avviene dopo due
mesi dall’intervento ed è in rapporto alla gravità
della deformità.
L’intervento, semplice e di facile esecuzione, consente sempre di correggere la deformità e di evitare
quindi conseguenze future patologiche sia sul piede
e sia sulle strutture articolati sovrastanti il piede quali
il ginocchio e la colonna vertebrale.
I risultati positivi, eseguo questa metodica da oltre
25 anni, mi stimolano a proseguire questo trattamento nel piede piatto valgo dell’adolescente (fig.
5).
Correzione del valgismo del retropiede sinistro
dopo intervento di calcaneo stop
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Speciale S&S
LE DISTORSIONI
DELLA CAVIGLIA
1
L
e distorsioni della caviglia (fig. 1) sono sicuramente quelle di più frequente riscontro nella
patologia comune ed in particolare in quella
sportiva. Come al solito, quando una lesione viene
trattata da chiunque capiti, massaggiatori, preparatori atletici, fisioterapisti, paramedici e medici con un
così differente ed eterogeneo bagaglio di conoscenze tecniche e culturali, la diagnosi è quasi sempre imprecisa o manca del tutto. I postumi delle
lesioni legamentose della caviglia non sono quindi
l'eccezione, come in altri distretti, ma praticamente
quasi la regola.
La caviglia sopporta tutto il peso del corpo e per assicurare una funzione perfetta presuppone una
buona stabilità anatomica scheletrica, una buona
stabilità passiva assicurata dai legamenti (fig. 2) ed
una buona stabilità attiva muscolare. È per la rottura
dell'equilibrio delle tensioni muscolari, sorpresi in
stato di detenzione che si verificano i traumi distorsivi semplici o le rotture capsulo-legamentose più
complesse.
8
Se la lesione
è lieve, è sufficiente
riposo e ghiaccio; nei casi
più gravi si può arrivare
anche al trattamento
chirurgico. “Curare bene
le distorsioni di caviglia
è importante per evitare
l’instabilità e la lassità
articolare”
CLINICA
Nelle distorsioni della caviglia l'esame del paziente
deve distinguere nettamente se il trauma è acuto o
se la lesione è cronica ed ha essenzialmente lo scopo
di differenziare, agli effetti prognostici, il trattamento
delle distorsioni benigne da quelle gravi.
È importante ricercare la precisa identificazione
delle circostanze del trauma (spesso un salto, un
passo falso, una caduta o in corso di attività sportiva)
ed in particolare se esso si è verificato con il piede
verso fuori o, come più spesso accade, verso dentro.
Subito dopo il trauma il paziente riferisce la comparsa di gonfiore, ecchimosi, edema, ipertermia ed
impotenza funzionale. Nelle distorsioni recidivanti
invece è spesso presente l’instabilità, cioè quella sensazione soggettiva che, nella marcia o nella corsa o
nel salto, o in particolari condizioni del suolo o di posizione dell'arto inferiore, il collopiede non consente
più uno stabile appoggio al suolo.
ESAMI STRUMENTALI
Gli abituali esami radiografici permettono di escludere eventuali fratture.
Gli esami radiografici funzionali in proiezione antero-posteriore con piede in inversione forzata evidenziano, in caso di lesione legamentosa del
compartimento esterno, la formazione di un angolo
con apertura esterna dell’articolazione tibiotarsica
(fig. 3).
L’esame Risonanza Magnetica Nucleare è indispensabile per formulare un’esatta diagnosi di lesine legamentosa o capsulare ed evidenziare eventuali
associate lesioni ossee come le fratture occulte o le
lesioni cartilaginee.
SPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
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7
TRATTAMENTO
Il trattamento di una lesione recente
della caviglia è generalmente non chirurgico. Nelle lesioni legamentose lievi
(1° grado) è sufficiente riposo e ghiaccio
per le prime 24-36 ore e poi bendaggio
funzionale (fig. 4) con una fasciatura
semi-rigida con cerotto autoadesivo
embricato a più strati, avendo cura di
porre in detenzione i legamenti interessati.
Nelle lesioni legamentose di media
gravità (2° grado) è necessaria l'immobilizzazione in stivaletto gessato o tutore rigido da mantenere per almeno tre settimane,
di cui una senza carico sull’arto.
Nelle lesioni legamentose gravi (3° grado) va confezionato uno stivaletto gessato o usato un tutore rigido per 4-6 settimane a cui seguirà un intenso
programma di fisiokinesiterapia riabilitativa. Sia nelle
lesioni legamentose medie che gravi è necessario
l’uso prolungato di cavigliere, più o meno rigide in
base all’entità della lesione (fig. 5), che hanno la funzione di proteggere la caviglia da ulteriori episodi distorsivi.
Il trattamento chirurgico delle lesioni legamentose
acute della caviglia va riservato alle sole lesioni gravi
SPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
e consiste nella regolarizzazione delle "sfilacciature" dei monconi
legamentosi e nella loro
sutura.
Il trattamento chirurgico
delle lesioni croniche
della caviglia va riservato
ai casi effettivi di instabilità e lassità cronica. L’intervento da me eseguito
è quello proposto da Casteing in cui viene usato
una metà del tendine del
peroneo breve che teso tra la base del quinto metatarso ed il perone, è in grado di abolire l'apertura laterale della tibiotarsica stabilizzando lateralmente il
retropiede (fig.6).
Sia dopo il trattamento incruento che chirurgico risulta indispensabile ai fini del risultato un'intensa rieducazione funzionale basata principalmente sulla
ginnastica propiocettiva.
La rieducazione consiste nello stimolo dei riflessi
propiocettivi ponendo l'articolazione in condizioni
di lieve stress in modo che il paziente comprenda
l'instabilità, la controlli e la limiti attraverso un delicato equilibrio articolare (fig. 7).
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Speciale S&S
IL DITO
A MARTELLO
È una deformità delle dita
del piede, in cui il dito assume
un aspetto curvo, che ricorda
il martelletto del pianoforte,
da cui deriva il nome; altre volte
assume invece un aspetto ad
"artiglio". “Evitare l’uso
di calzature con punta stretta
e tacco alto che sono spesso
causa del dito a martello”
1
2
I
l dito "a martello" del piede è una patologia abbastanza frequente, specie nel sesso femminile,
ed è caratterizzata dal ripiegarsi su se stesso del
dito per l’estensione dell'articolazione metatarso-falangea e per la flessione dell'articolazione interfalangea prossimale (fig. 1).
Quando alla flessione dell'articolazione interfalangea prossimale si accompagna anche la flessione
dell'articolazione interfalangea distale la deformità
viene più esattamente indicata con il termine di dito
"a griffe" o "ad artiglio" (fig. 2).
La deformità del dito è determinata e mantenuta
da uno squilibrio tra tendine estensore, tendini flessori e apparato muscolare. È come l’albero della
nave che è sostenuto diritto dai due tiranti, nel caso
del dito a martello i due tiranti, che sono il tendine
estensore ed il tendine flessore, non lavorano in
modo armonico e determinano la deformità. Le
10
Fig. 1 Secondo dito a martello
Fig. 2 Secondo dito ad artiglio
cause che producono il dito "a martello" possono essere di origine congenita (ereditarietà con carattere di familiarità), acquisita od infiammatoria.
Anche la calzatura con la punta stretta e tacco alto
è spesso la causa della deformità in quanto spinge il
primo dito in valgismo, il quinto dito in varismo e le
dita mediane, costrette dalle dita esterne, si ripieSPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
gano "a martello" (fig. 3).
Il dito a martello è una deformità che può presentarsi in forma isolata o interessare più dita, come
frequentemente avviene nella sindrome da insufficienza del primo raggio, nel piede cavo neurologico e nell'alluce valgo.I disturbi connessi con la
suddetta deformità delle dita sono da imputarsi essenzialmente al conflitto con la calzatura; tale conflitto avviene a livello delle parti più prominenti e
quindi, in genere, sulla regione dorsale dell'articola-
3
4
minuzione della sintomatologia dolorosa (fig. 6).
Nelle forme molto gravi, spesso associate all’alluce
valgo, è indispensabile l’uso di calzature con tomaia
molto morbida e modellante (fig. 7).
Il trattamento chirurgico comunque è l'unico che
permette di ottenere risultati soddisfacenti in maniera definitiva. Se la deformità del dito è riducibile
manualmente, eseguo un intervento di riequilibrio
sui tendini secondo Brahams con l’allungamento
del tendine estensore e lo sdoppiamento del ten-
5
Fig.3 La calzatura con tacco alto e punta stretta è causa di ito a martello; Fig. 4 secondo dito a martello con callosità dorsale;
Fig. 5 callosità e dolore all’avampiede in paziente con secondo e tero dito a martello
zione interfalangea prossimale, con la formazione
dapprima di arrossamenti e quindi di ipercheratosi
e callosità (fig. 4) che sono molto dolorosi a tal
punto da impedire l’uso della calzatura. Spesso è
presente un dolore anche nella pianta del piede
(metatarsalgia) di natura biomeccanica a livello del
raggio corrispondente al dito "a martello" (fig. 5): ciò
si verifica per l’insufficienza flessoria del dito e
6
7
dine flessore breve con sutura in tensione dello
stesso sul tendine estensore.
Se invece la deformità del dito non è riducibile manualmente, per la rigidità della articolazione interfanagea prossimale del dito, eseguo l'intervento sec.
Sir. Jones. che consiste nella resezione della epifisi distale della falange basale e della epifisi prossimale
della falange intermedia e nella stabilizzazione con
8
Fig. 6 Secondo dito a martello trattato con tutore al silicone; Fig. 7 alluce valgo grave con dita a martello;
Fig. 8 secondo dito a martello prima e dopo l’intervento sec. Jones
conseguente sovraccarico funzionale dell'articolazione metatarso-falangea.
TRATTAMENTO
Nelle fasi iniziali si possono ottenere buoni risultati
evitando di utilizzare calzature strette o con tacco
alto e punta stretta. Presidi ortopedici quali i tutori
al silicone pur non correggendo la deformità ne evitano il peggioramento e producono spesso una diSPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
un filo di Kirschner endomidollare (fig. 8).
L’intervento viene eseguito in regime di ricovero
ospedaliero convenzionato tipo day-hospital.
L’intervento è di breve durata, circa 15 minuti, ed il
carico è consentito precocemente con scarpa “talus”.
Generalmente vengono utilizzati, come mezzi di
sintesi, dei fili metallici che richiedono delle medicazioni periodiche e la loro rimozione avviene circa
dopo 45-60 giorni dall’intervento.
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Speciale S&S
CHE C’ENTRA QUELL’OSSO
SUL TALLONE?
Fig. 1 Voluminosa spina calcaneare
P
er spina calcaneare si intende quella condizione caratterizzata da una spiccata sintomatologia dolorosa che interessa la regione
plantare del tallone. La spina calcaneare è comunemente nota anche come tallonite o talalgia plantare
(fig. 1).
Dal punto di vista eziopatogenetico la spina calcneare rientra nel gruppo delle malattie entesopatiche e cioè di quelle patologie che colpiscono le aree
di inserzione di legamenti, tendini, capsule e fasce
fibrose, cioè quei punti in cui tali strutture di contenimento si agganciano al tessuto osseo. Anche per
le talalgie, così come per le metatarsalgie, ogni condizione patologica che crea una variazione dell'appoggio statico o dinamico del retropiede scatena,
inevitabilmente, per il sovraccarico e lo stiramento
del sistema achilleo-calcaneare-plantare, un quadro
clinico più o meno grave di plantalgia posteriore.
Fig. 2 Spina calcaneare in paziente con piede cavo
In particolare nel piede cavo (fig. 2), specie nel
sesso maschile, creandosi un sovraccarico funzionale
nel retropiede, spesso si ha la formazione dell’esostosi calcaneare. Erroneamente si attribuisce la causa
della viva sintomatologia dolorosa del retropiede
alla presenza dello sperone calcaneare, ben visibile
radiograficamente, denominata "spina calcaneare".
Non è però l'esostosi calcaneare ma lo stiramento
dell'aponeurosi plantare la causa dell'infiammazione
e quindi del dolore.
12
Si chiama spina calcaneare.
In sé non è dolorosa, ma “è meglio
iniziare subito il trattamento
della spina calcaneare, onde
evitare la cronicizzazione
della patologia”
ESAME CLINICO
All'esame clinico, come sempre accade nella maggior parte delle patologie biomeccaniche, il dolore
è il primo e, spesso, l'unico sintomo della spina calcaneare. Infatti il paziente riferisce un dolore acuto
sulla superficie plantare del tallone. In genere la sede
del dolore è abbastanza circoscritta e corrisponde
alla regione mediale e postero-interna del tallone; a
volte, nelle forme più acute, può irradiarsi alla regione interna di tutto il piede e lungo la faccia posteriore della gamba. L'intensità del dolore è
variabile; nella maggior parte dei casi si tratta di un
dolore acuto, puntorio, quasi fosse dovuto alla presenza di un chiodo che penetra nelle parti molli del
tallone. Il dolore è di natura meccanica e, quindi,
compare subito acuto alla stazione eretta appena alzati dal letto, diminuisce parzialmente durante la
giornata ma si accentua con la deambulazione prolungata e la corsa. Quando è intenso si accompagna
quasi sempre ad una zoppia; la deambulazione assume una caratteristica sulle punte in quanto il paziente per evitare l'appoggio
doloroso sul tallone cammina
sulla punta dei piedi. Vivo dolore si suscita alla digitopressione esercitata sulla tuberosità
plantare interna (fig. 3) con irradiazione più o meno intensa
alla regione medio-plantare ed
alla regione posteriore della
gamba.
Fig. 3 Vivo dolore si suscita
alla digitopressione
in corrispondenza
della spina calcaneare
SPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
ESAMI STRUMENTALI
L'esame radiografico del piede in proiezione laterale può evidenziare la presenza dell’esostosi
sotto-calcaneare, descritta come sperone calcaneare, in corrispondenza della tuberosità plantare
interna del calcagno. L’esame podoscopico e baropodometrico, permettendo di definire le zone
di distribuzione del carico statico e dinamico, individuando chiaramente, se presente, l’iper-appoggio ed il sovraccarico della zona plantare
posteriore. L’esame Risonanza
Magnetica Nucleare (fig. 4) è utile per confermare ed evidenziare l’infiammazione dell’inserzione dell’aponeurosi plantare intorno allo
sperone calcaneare.
Fig. 4 RMN: presenza d’infiammazione dell’aponeurosi plantare
TRATTAMENTO
Nella maggioranza assoluta dei casi la terapia attuata con mezzi molto semplici quali plantari o talloniere, terapia fisica e infiltrazioni locali conduce il
paziente verso la guarigione. I plantari ortopedici,
per ottenere dei buoni risultati, devono:
• detendere le formazioni muscolari e fasciali plantari per diminuire la trazione sull'inserzione calcaneare;
• scaricare la zona dolente;
• detendere il tendine di Achille la cui tensione si trasmette su tutto il sistema achilleo-calcaneare-plantare.
È necessario, quindi, costruire un plantare su misura
ed in carico che permetta di aumentare ed ammortizzare la base di appoggio del retropiede e di diminuire la tensione dell'aponeurosi, sollevando il
tallone e modellando l'arco mediale plantare con
scarico posteriore a “ferro di cavallo”, a “U” asimmetrica” o a “virgola” (fig. 5).
Utile risulta spesso l'uso di una talloniera morbida
Fig. 5 Plantari ortopedici su calco “a virgola”
SPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
Fig. 6 Talloniera morbida al silicone
al silicone (fig. 6) che sfruttando l'effetto ammortizzante riesce ad attenuare la sintomatologia dolorosa.
La terapia fisica, ed in particolare gli ultrasuoni, la
ionoforesi, l'elettroterapia antalgica, la magnetoterapia, la laser-terapia e le onde d’urto, in associazione alle altre misure terapeutiche, è spesso in
grado di risolvere la sintomatologia dolorosa nella
stragrande maggioranza dei casi. Se con i plantari, le
talloniere e la fisioterapia non si riesce a risolvere in
modo definitivo la sintomatologia si rende necessaria l’esecuzione delle infiltrazioni locali. Con le infiltrazioni locali si iniettano, a cadenza settimanale,
intorno allo sperone calcaneare, ed in particolare
nell'inserzione dell'aponeurosi,un preparato con cortisone ed anestetico. La terapia chirurgica va riservata esclusivamente ai casi ribelli, cioè a quei casi che
non hanno tratto beneficio con il trattamento medico, fisioterapico, infiltrativo ed ortesico già descritto, e consiste nell'asportazione del tessuto
infiammatorio, nella disinserzione dell'aponeurosi
plantare dalla tuberosità calcaneare e nella rimozione dell'esostosi ossea calcaneare.
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Speciale S&S
QUELLE DEFORMITÀ
NEL PIEDE DEL BAMBINO
Cerotti adesivi e tutori
al silicone, e, dove necessario,
la chirurgia per risolvere
l’alterazione del fisiologico
posizionamento delle dita
dei piccoli pazienti, vittime
di malformazioni quasi
sempre congenite
Il prof. Giuseppe Lorenzo con la podologa
dott.ssa Loredana Canale durante la confezione
di un tutore al silicone
L
i definiscono con questo termine tutte quelle
patologie delle dita dei piedi caratterizzate da
deformazione delle dita con alterazione del
loro fisiologico posizionamento ed allineamento.
2
CAUSE
La causa di dette deformità è quasi sempre di origine
congenita, i genitori del piccolo paziente riferiscono
infatti di aver notato la presenza della deformità sin
dalla nascita e spesso è una condizione ereditaria riscontrandosi la stessa patologia in altri familiari e nei
genitori. Sono presenti inoltre anche delle forme secondarie di deformazioni digitali determinate dall’uso
di calzature troppo piccole o con punta stretta e tomaia non sufficientemente alta e morbida.
3
CLINICA
Sono abbastanza frequenti le visite ambulatoriali di
pazienti affetti da detta patologia. Numerose sono le
varianti cliniche che si riscontrano, con più frequenza
sono interessati il secondo e terzo dito ma le deformità possono interessare tutte le dita.
4
1
Nella figura 1 è presente nello stesso paziente a destra il secondo dito posizionato sotto il terzo ed a sinistra in terzo dito sotto il secondo.
Nella figura 3 è presente il quarto dito posizionato
sotto del terzo in un bambino di 9 mesi.
Nella figura 4 è presente una deviazione verso
l’esterno del quinto dito in un bambino di 11 anni.
14
SPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
TRATTAMENTO
Prima di parlare del trattamento è necessario ribadire
che sono assolutamente da evitare nel bambino le
calzature con punta stretta, vanno indossate calzature
con punta ampia, quadrata e tomaia alta. Il trattamento delle deformità delle dita senza alterazioni
dell’osso nei primi due anni di vita prevede la correzione con cerotto adesivo come vediamo nella figura
5.
5
Vanno opportunamente istruiti i genitori del piccolo
paziente come praticare e cambiare periodicamente
la correzione; in genere è di semplice esecuzione e
ben tollerata. Alla deambulazione è consigliato l’uso
di calzature con avampiede ampio, quadrato e tomaia
alta. Dopo i due anni di vita è più efficace e pratica la
correzione con i tutori al silicone, come nella figura 6.
6
Detta metodica prevede la confezione, caso per caso,
di tutori al silicone, quasi sempre del tipo molto morbido, che permettano un riallineamento corretto
delle dita. I tutori sono rimossi e reinseriti facilmente
dai genitori, permettendo una regolare igiene del
piede e sono generalmente ben tollerati dal piccolo
SPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
paziente. Nei casi in cui alla deformità digitale si associa anche una progressiva deformità scheletrica ed il
trattamento con cerotti o tutori non ha dato dei buoni
risultati, e solo nei casi in cui è presente sintomatologia clinica, è necessario eseguire un trattamento chirurgico.
Questo consiste
nella correzione
della deformità
7
scheletrica
ed
eventuale associazione di plastiche
tendinee e cutanee. In genere
non è necessario il
trattamento chirurgico nei casi di
sindattilia, come
si vede nella figura
7, dove due o più
dita sono unite tra
loro in quanto
questa patologia,
anche se completa, non determina quasi mai
sintomi clinici né
danni funzionali.
Il trattamento chirurgico va eseguito invece sicuramente nei casi di dita soprannumerarie, come nella
figura 8, in cui sono presenti sei dita.
8
L’intervento va preceduto da uno studio radiografico
per evidenziare concomitanti deformazioni scheletriche, e generalmente, va eseguito nel primo anno di
vita per consentire un normale uso delle calzature
con l’inizio della deambulazione.
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Speciale S&S
UNA SENSAZIONE DOLOROSA
DI BRUCIORE AL PIEDE
Si chiama metatarsalgia da neuroma
di Civinini-Morton e si presenta sul dorso e sulla pianta
del piede, irradiandosi sulle dita, quasi come
una scarica elettrica. Si risolve coniugando
il trattamento medico, fisico ed ortesico
P
er metatarsalgia da neuroma di Civinini-Morton si intende la sindrome caratterizzata da improvvise parestesie e dolore durante la
stazione eretta ed ancor più durante la deambulazione prevalentemente tra il terzo e quarto spazio tra
i metatarsi. La dolenza, sia sulla pianta che sul dorso
del piede, origina dallo spazio tra i metatarsi e si irradia trasversalmente a tutto il terzo e quarto dito,
spesso a tutto l'avampiede. Tale sintomatologia compare bruscamente: infatti il più delle volte il dolore è
folgorante, quasi come una scarica elettrica, altre
volte si manifesta con carattere urente. Fu descritta
da Thomas Morton nel 1876, e pertanto è conosciuta
come neuroma di Morton, ma dal punto di vista anatomico tale patologia fu descritta nel 1835 da un italiano il professore Filippo Civinini e pertanto va
chiamata metatarsalgia di Civinini Morton. La maggior parte degli Autori concorda nel ritenere la patologia una "nevrite" a patogenesi microtraumatica per
turbe della fase di appoggio del piede al terreno. Particolare importanza assumono come causa scatenante le calzature troppo strette, le anomalie
dell'avampiede, in particolare l'avampiede triangolare, l’alluce valgo e tutte le patologie con sovraccarico dell'arco esterno del piede. La patologia colpisce
in genere giovani adulti con età compresa tra i 25 ed
i 55 anni ed è più frequente nel sesso femminile, proprio in conseguenza del tipo di calzature usate
(scarpe con punta stretta e tacco alto).
16
Il paziente riferisce improvviso dolore che compare
bruscamente (a volte anche a riposo, a volte dopo
una marcia prolungata o dopo determinati movimenti), tipo scarica elettrica, in corrispondenza del
terzo o, più raramente, del secondo e del quarto spazio intermetatarsale. Tale dolenzia si irradia nella regione dorsale e plantare dell'avampiede ed è
talmente intensa da impedire la deambulazione.
Caratteristica è la comparsa del dolore alla pressione esercitata “a pinza” dorsalmente e plantarmente
sulla porzione distale dello spazio tra terzo e quarto
metatarso (fig. 1).
Fig 1 La pressione tra le dita “a pinza” nel terzo spazio
intermetatarsale suscita vivo dolore
Caratteristica è anche la diminuzione della sensibilità che interessa le regioni cutanee di contatto tra le
due dita interessate dalla patologia. Per avere una cerSPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
tezza di diagnosi è comunque indispensabile l’esecuzione della Risonanza Magnetica Nucleare che mette
in evidenza con chiarezza il rigonfiamento con edema
del nervo digitale comune nella regione plantare
dello spazio intermetatarsale (fig. 2).
Fig. 2 Risonanza magnetica nucleare di neuroma
di Civinini-Morton nel terzo spazio intermetatarsale
TRATTAMENTO
Il trattamento della metatarsalgia da neuroma di
Civinini-Morton, in genere, va distinto in tre fasi. Nella
prima fase, infatti, la terapia deve essere contemporaneamente medica, fisica ed ortesica. La terapia medica consiste nella somministrazione di farmaci
anti-nevritici ed anti-infiammatori non steroidei. La
terapia fisica si deve avvalere dell'esecuzione di cicli
di fisioterapia anti-infiammatoria locale ed anti-dolorifica. La terapia ortesica consiste nella costruzione di
un plantare in carico che si adatti esattamente alla
volta del piede ed avente un appoggio dietro le teste
metatarsali in modo tale da "aprire" lo spazio intermetatarsale durante il carico (fig.3).
Fig. 3 Plantare morbido con appoggio dietro le teste metatarsali
SPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
Nonostante il suddetto trattamento combinato
qualora persista la sintomatologia dolorosa si renderà
indispensabile eseguire delle infiItrazioni locali intorno al nervo interessato. L'iniezione va praticata a livello della regione dorsale del piede, nel punto di
massimo dolore, ed è costituita da un anestetico locale e da un preparato cortisonico. In genere sono
sufficenti tre-quattro infiltrazioni a fare regredire definitivamente la sintomatologia dolorosa.
Il risultato delle precedenti terapie è sicuramente
positivo quando la patologia è dovuta alla presenza
di una semplice irritazione del nervo; qualora, invece,
la sintomatologia dolorosa sia sostenuta da un vero
e proprio "neuroma", la terapia definitiva e risolutiva
di questa affezione non può che essere chirurgica.
L'intervento consiste nell'asportazione del neuroma (fig. 4).
Fig. 4 Asportazione chirurgica di neuroma nel terzo
spazio intermetatarsale
L'incisione è plantare trasversale; si ricerca il nervo
ingrossato nel punto in cui incrocia il ligamento intermetatarsale trasverso; si pratica quindi l'asportazione
del neuroma, un'ampia resezione della zona patologica del nervo e la sezione del ligamento intermetatarsale; è bene sempre esplorare i nervi degli spazi
intermetatarsali vicini ed eseguire un esame istologico del neuroma.
Se la diagnosi è corretta ed il trattamento adeguato
si riesce sempre a risolvere questa patologia che è altamente invalidante.
17
Speciale S&S
LA DEBOLEZZA
CHE CI ACCOMUNA AD ACHILLE
È il più grosso e resistente tendine del corpo umano, quello
che collega il tallone ai muscoli del polpaccio. Il tendine calcaneare,
che si richiama all’eroe omerico, è resistente come un cavo d'acciaio,
ma si infiamma spesso. Attività sportiva eccessiva,
scarso riscaldamento, sport eseguito in modo incostante,
o la semplice predisposizione sono le cause più frequenti
L
a rottura del tendine di Achille può essere una
lesione parziale o completa del tendine. Tale
lesione è divenuta sempre più frequente con
la diffusione della pratica sportiva; alcuni tipi di sport
possono determinare, in virtù della meccanica del
gesto atletico, quella brusca sollecitazione capace di
provocare la lacerazione della struttura tendinea.
Esempi caratteristici di tale meccanismo sono il
salto in alto, l'elevazione per l'effettuazione di un
colpo di testa nel calcio, la partenza a scatto nella
corsa. La rottura del tendine di Achille può però verificarsi inoltre anche nel corso della vita quotidiana.
La sede tipica della rottura del tendine di Achille corrisponde generalmente alla regione mediana o all'inserzione del tendine sul calcagno.
CAUSE DELLA LESIONE
Nelle cause della rottura del tendine di Achille
vanno distinti fattori costituzionali e fattori meccanici. Tra i fattori costituzionali, che hanno valore favorente e predisponente, ci sono l’iperuricemia,
l’iperlipidemia, l’ipertono muscolare di base, lo stato
di convalescenza da malattie infettive e debilitanti,
l’obesità, il prolungato uso di cortisone o di antibiotici, il piede cavo anteriore ed il piede piatto valgo.
Ma sono i fattori meccanici a rappresentare, nelle
patologie del tendine di Achille, il momento patogenetico predominante. Estrema importanza è data all'allenamento sportivo.
Infatti, negli ultimi anni l'allenamento sportivo è
proteso verso il raggiungimento di una condizione
fisica dell'atleta che gli consenta di ottenere il massimo dei risultati; a dimostrazione di ciò basta confrontare i risultati ottenuti in campo sportivo negli
ultimi anni con quelli di qualche decennio fa.
L'intenso allenamento, determinando un potenziamento muscolare esasperato senza però provocare
un consensuale aumento di volume del tendine, sviluppa ai limiti massimi la muscolatura mentre il tendine, struttura passiva, rimane invariato e succede
che, come viene confermato dal noto aforisma di Andrivet, "i muscoli sono più forti dei tendini" e tale al18
terato equilibrio può predisporre ad una rottura del
tendine di Achille. Il costante ripetersi di un determinato gesto sportivo specifico, per tempi molto lunghi ad elevata intensità, determina nel tendine un
sovraccarico funzionale che induce, attraverso il microtraumatismo, una patologia infiammatoria o degenerativa.
DIAGNOSI CLINICA
Generalmente il paziente riferisce un vivo ed improvviso dolore in corrispondenza della regione posteriore della gamba al terzo inferiore.
Non è infrequente la condizione in cui il traumatizzato percepisce improvvisamente una sensazione di
strappamento accompagnata da una repentina perdita di equilibrio. Il paziente riferisce di avere avuto
l'impressione che qualcuno lo possa avere colpito
con un oggetto. Immediata è l'impotenza funzionale
ed il collopiede si presenta discretamente aumentato di volume per l'ematoma peri-lesionale.
All'esame obiettivo appare impossibile per il traumatizzato la deambulazione sulle punte dei piedi e
stare eretto su un piede con il solo appoggio delle
dita. Alla palpazione della regione achillea si evidenzia la soluzione di continuo con infossamento esistente tra i due capi tendinei. Nelle lesioni complete
è sempre positiva la manovra di Thompson (fig. 1)
che si pratica a paziente prono con ginocchio flesso:
esercitando una compressione ritmica sulla gamba
non si determina la dorsi-flessione del piede come
invece avviene nell’arto sano.
ESAMI STRUMENTALI
Indispensabile per una corretta diagnosi è l’esecuzione di un esame ecografico e della Risonanza Magnetica Nucleare del tendine di Achille.
L'esame ecografico mette bene in evidenza i due
monconi tendinei distaccati e sfrangiati, tra i quali,
in fase precoce, è evidenziabile la raccolta ematica
intermedia (fig. 2).
La RMN consente un'immediata e sicura interpretazione diagnostica grazie ad una perfetta rappresenSPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
tazione anatomica della lesione; il decorso e la struttura del tendine sono facilmente individuabili permettendo di rilevare con facilità anche minime
alterazioni intrinseche alla sua struttura (fig. 3).
L’esame RMN inoltre ci evidenzia il modo chiaro se
è presente degenerazione del tendine anche al di
sopra o al di sotto della lesione e questo ci è utile per
impostare un corretto programma terapeutico.
TRATTAMENTO INCRUENTO
Il trattamento incruento va riservato esclusivamente alle rotture parziali e consiste nella immobilizzazione dell'arto mediante un apparecchio
gessato, che comprende la coscia fino al piede con
ginocchio flesso a 90° ed il piede posizionato in equinismo, da portare per trenta giorni. Alla rimozione
del gesso verrà applicato un ulteriore apparecchio
gessato o un tutore a gambaletto, con caratteristiche
di carico, per ulteriori venti giorni. Seguirà un idoneo
e graduale ciclo di fisiokinesiterapia riabilitativa.
TRATTAMENTO CHIRURGICO
Il trattamento chirurgico è invece indispensabile
nella riparazione delle lesioni complete del tendine
di Achille. Il trattamento chirurgico è oggi preferito
sia per i minori tempi di guarigione e di immobilizzazione in tutore gessato che per la bassa incidenza
di recidive di rottura rispetto ai casi trattati incruentemente nonchè per il rapido recupero funzionale:
tutte esigenze particolarmente sentite dallo sportivo. Se la lesione non presenta particolare degenerazione dei monconi è sufficiente la sutura secondo
Kirchmaier. Se però la lesione , come avviene nella
maggioranza dei casi, è caratterizzata da una zona
di sfibbramento con zone di degenerazione del tessuto tendineo, la semplice sutura del tendine nella
sede della lesione non offre sufficiente garanzia di
tenuta e quindi deve essere rinforzata. Il rinforzo lo
eseguo con innesti biologici quali il tendine plantare
2
gracile o con lembi ricavati dai due estremi stessi del
tendine di Achille o nei casi di eccessiva degenerazione con trapianti di tendine artificiale (fig. 4A-B).
Lesione del tendine di Achille che presenta una notevole degenerazione: prima e dopo della sutura chirurgica con plastica di ribaltamento. Di particolare
interesse sono le tecniche chirurgiche che utilizzando un sistema di passafili con sutura percutanea
(fig. 5) che consentono una mini-incisione chirurgica
ed abbreviano i tempi di recupero, però hanno delle
precise indicazioni: la lesione deve essere dai 2 ai 6
centimetri dall’inserzione del tendine sul calcagno
ed i margini non devono essere particolarmente degenerati o sfibrati:
PROGRAMMA RIABILITATIVO
Nel programma riabilitativo abbiamo come obiettivo il recupero articolare del collopiede e piede, il ripristino della stabilità ed il rinforzo mio-tendineo. In
una prima fase, variabile da paziente a paziente, ma
sempre non prima dei 45 giorni dall’intervento chirurgico, faccio eseguire esercizi, dapprima in scarico
e dopo in posizione seduta, di flessione dorsale e
plantare del collopiede ed esercizi di eversione bilaterale in stazione eretta. In una seconda fase proseguiamo con esercizi contro resistenza, con elastici a
tensione variabile, di potenziamento dei muscoli peronei, del muscolo soleo e dei muscoli gemelli, in posizione supina e seduta di eversione bilaterale e
monolaterale. Una volta ottenuto il recupero articolare del collopiede e piede faccio eseguire esercizi
propiocettivi con pallina e con tavoletta bipodalica
e monopodalica. È utile, per seguire l'evoluzione
della riparazione tendinea, l'esecuzione di periodici
controlli ecografici valutando la continuità e la omogenicità del tessuto tendineo riparato. Generalmente l'infortunato è in grado di riprendere l'attività
sportiva e/o lavorativa nel giro di tre-quatto mesi
dall'evento traumati
Fig. 1 Manovra di Thompson; Fig. 2 esame ecografico di lesione del tendine di Achille; Fig. 3 esame RMN di lesione del tendine di Achille;
Fig.4A controllo clinico post operaorio a 6 mesi; Fig. 4B controllo con RMN a un anno dalla sutura; Fig. 5 tecnica mini-invasiva con
sistema Achillon
3
1
4B
5
4A
SPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
19
Speciale S&S
IL PIEDE CAVO
È una problematica
che puo' arrecare
non poco disagio
in termini
di deambulazione
e dolori.
Si può intervenire
con un plantare
correttivo oppure
con l’intervento chirurgico
Fig. 1
S
i definisce "cavo" il piede che presenta un'accentuazione esagerata dell'altezza dell’arco
plantare. (fig. 1). L’arco plantare, paragonato
dal professore Paparella Treccia ad un’elica, nel piede
cavo si trova esageratamente in tensione al contrario
del piede piatto dove è esageratamente rilassato.
Studi clinici e strumentali hanno evidenziato che il
piede cavo solo raramente si riscontra al di sotto dei
sei anni di età e diviene invece sempre più frequente
tra i sei ed i nove anni. È lievemente più frequente
nel sesso femminile e nei soggetti con peso corporeo inferiore alla norma, non sono stati evidenziati
caratteri di familiarità.
DIAGNOSI
Alla visiva clinica il piede va esaminato sistematicamente con il paziente prima seduto e poi in piedi,
allo scopo di apprezzare le variazioni determinate
dal peso del corpo sulla volta plantare con il piede
in scarico e sotto carico. Le tre componenti cliniche
che quasi sempre caratterizzano il piede cavo sono:
l'aumento in altezza dell’arco plantare (fig. 2), le dita
atteggiate a martello (fig. 3) ed il calcagno girato
verso l’interno (varismo del retro piede) (fig. 4), cioè
la deviazione verso l’interno dell’asse del calcagno
rispetto all’asse della gamba.
Lo studio radiografico di un "piede cavo" va eseguito sotto carico con proiezioni dorso-plantare, latero-laterale ed assiale di calcagno. La radiografia in
proiezione latero-laterale ci permette di misurare
l'angolo di Costa-Bertani (Fig. 5) che nel piede normale ha un valore intorno ai 120° mentre nel piede
20
cavo ha valori inferiori a 115°. L'esame radiografico
assiale di calcagno eseguito in carico nel piede cavo
evidenzia la presenza e fa valutare la gravità del varismo del retropiede.
L’esame podoscopico a trans-illuminazione e la baropodometria elettronica ci permettono di visualizzare l’assenza di appoggio nella zona istmica del
piede; viene a mancare il collegamento tra l'avampiede ed il retropiede (fig.6).
2
3
4
5
6
SPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
TRATTAMENTO
Trattamento con plantare
Il trattamento con plantare correttivo è utile sia
nelle forme iniziali, per arrestare l'aggravarsi della deformità, e sia nelle forme dolorose gravi per alleviarne la sintomatologia. La costruzione del plantare
deve venire realizzata e modellata direttamente sul
piede del paziente (Fig. 7). Il plantare su misura (Fig.
8), personalizzato e costruito su calco in carico, consente di svolgere un'azione ammortizzante, di ridistribuzione del carico e di aumento della superficie
di appoggio.
7
Oltre all'effetto ammortizzante, il plantare deve
svolgere una duplice azione di compenso e di correzione delle deformità. Quasi sempre con la costruzione di un buon plantare si riesce a migliorare la
sintomatologia e riequilibrare l’appoggio del piede.
Trattamento chirurgico
Il trattamento chirurgico del "piede cavo" va riservato esclusivamente ai casi dolorosi e/o a quelli caratterizzati da evoluzione delle deformità e cioè a
quei casi in cui il trattamento con plantari non ha
dato i risultati desiderati. Gli interventi chirurgici che
vengono praticati in soggetti in età adolescenziale
riguardano essenzialmente i tessuti molli; nell'età
adulta, invece, tali interventi vengono effettuati sulle
componenti scheletriche del piede. Nel "piede cavo
iniziale non strutturato dell'adolescenza" l'intervento
di elezione è "l'aponeuromiolisi plantare" secondo
Steindler che consiste nel detendere l”elica podalica”
mediante la disinserzione dei muscoli in sede calcaneare e l’interruzione posteriore dell'aponeurosi
plantare. Nel "piede cavo" con dolore sulle teste di
metatardsi per slivellamento e sovraccarico anteriore, si eseguono le osteotomie selettive o globali
alla base delle ossa metatarsali.
Nel "piede cavo-varo", in cui è presente un patologico assetto doloroso del retro piede, è necessaria
l'esecuzione di interventi chirurgici di osteotomia del
calcagno (fig.9).
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8
SPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
Anche quindi per il "piede cavo", così come per il
"piede piatto", quando la deformità è diventata non
più correggibile con plantari e molto dolente è necessario ricorrere ad interventi chirurgici sulle componenti ossee e sulle articolazioni. Onde evitare le
impegnative soluzioni chirurgiche è quindi sempre
necessario nei casi di piede cavo, anche non doloroso, l’esecuzione di un accurato esame clinico e
degli esami strumentali in quanto un semplice plantare può compensare bene la deformità ed evitare
che questa nel tempo diventi dolorosa.
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Speciale S&S
IL PIEDE
DIABETICO
È uno dei pericoli più insidiosi per il paziente diabetico.
Niente giarrettiera, calzettoni o qualsiasi cosa che possa comprimere
le estremità; non camminare a piedi nudi; non sottoporsi a pediluvi
o bagni con acqua troppo calda o troppo fredda.
Queste (ed altre) le cose da non fare in presenza della patologia
P
rofessore Lorenzo, cosa s’intende per piede
diabetico? «Per piede diabetico intendiamo
tutto il quadro clinico e strumentale che interessa il piede nei pazienti diabetici. Generalmente si
tratta di pazienti affetti da molti anni da diabete mellito
spesso trascurato o trattato male. Non è ancora completamente chiara la causa delle lesioni: esse si presentano come espressione per due differenti motivi, quello
vascolare e quello neurologico, spesso associati assieme. Le cause delle lesioni del piede nel paziente diabetico sono generalmente da ricondurre ad alterazioni
della microcircolazione, talora associate ad alterazioni
aterosclerotiche, ed alla conseguente mancata ossigenazione dei tessuti che può essere maggiormente accentuata in condizioni di scompenso metabolico. Sulle
lesioni cutanee ed ossee, che sono favorite anche da
minimi traumi locali, spesso si instaura una successiva
contaminazione batterica».
Parliamo della diagnosi clinica.
«I due differenti momenti causali del piede diabetico, quello vascolare e quello neurologico, spesso concomitanti determinano la neuropatia e l’angiopatia.
Neuropatia diabetica. Il paziente presenta inizialmente
dolore di intensità variabile, sotto forma di alterazione
della sensibilità, prevalentemente notturno. Le alterazioni della sensibilità, ad esordio non acuto, si presentano come formicolii, pizzicore, senso di pelle cartonata
ed assieme alla insensibilità ed al dolore coesiste una
ipersensibilità cutanea.
Spesso è presente una assenza si sensibilità della
pianta del piede con associata alterazione dei riflessi.
Si manifestano, inoltre, alterazioni vegetative con disturbi della sudorazione, spesso sotto forma di mancata sudorazione, raramente di ipersecrezione.
Arteriopatia diabetica. L'arteriopatia diabetica passa
per gli stessi stadi di ogni altra arteriopatia. Dapprima
si ha una difficoltà di deambulazione associata a piede
freddo, pallido o violaceo, con cute atrofica e lucida. In
questa fase è presente inoltre una diminuzione o l’assenza dei polsi arteriosi, fremiti e soffi vascolari ed un
aumento del tempo di riempimento venoso. In un secondo momento compaiono i dolori nel punto cutaneo di decubito ed inizia l'ulcerazione cutanea. (fig.1)
La lesione è molto frequente tra le dita e sul dorso
22
1
del piede, ma può svilupparsi in qualsiasi altra sede
dove sia avvenuto il trauma o dove siano presenti zone
di iperpressione. Con il progredire del processo ulcerativo si arriva alla fase gangrenosa che dapprima secca
può trasformarsi in gangrena umida. Il processo necrotico può interessare sia i piani cutanei che sottocutanei
giungendo a volte fino all'osso. Mal perforante plantare. Il diabete è senza dubbio la causa più frequente
di mal perforante plantare.
Alla sua formazione concorrono sia l'abolizione della
sensibilità, sia i disturbi dell'innervazione vascolare e
sia i disturbi della secrezione delle ghiandole cutanee.
Nella maggior parte dei casi si presenta assieme ai
segni di nevrite, arterite e lesioni osteo-articolari. Clinicamente si presenta nelle zone di sovraccarico del
piede. Inizialmente si manifesta come una zona di
ispessimento dello strato epiteliale della cute (ipercheratosi) (fig. 2) circondata da un'area di anestesia.L'ulcera
plantare diabetica (fig. 3), indolente e difficile da cu-
2
3
rare, si manifesta dopo un trauma anche modesto, o
una imprudente resezione di una callosità o dopo l'applicazione di agenti corrosivi nella zona di ipercheratosi.L'ulcera non è dolorosa ed il suo fondo è pieno di
tessuto necrotico; i suoi bordi sono netti e sottominati.
Il processo ulceroso, procedendo in profondità, ragSPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
giunge ben presto le articolazioni e le ossa ed assume
una forma ad imbuto. Tipica è la quasi assoluta mancanza di tendenza alla guarigione. L'ulcera, che all'inizio
è torpida e secca, spesso si infetta. L'infezione porta lentamente a gravi processi di osteomielite e progressiva
distruzione dello scheletro del piede».
Si può fare opera di prevenzione?
«Una attenta profilassi è assolutamente indispensabile, anche nei casi apparentemente benigni, per prevenire le gravi lesioni del piede nel diabetico. Secondo
alcuni dati pubblicati dall'American Diabetes Association (ADA) si calcola che il 5-15% dei diabetici andrà incontro nella vita ad un'amputazione con una
frequenza quindici volte superiore a quella della popolazione non diabetica. Notevole importanza si è attribuita, giustamente, alla prevenzione ed a tale
proposito la rilevanza di questo problema è stata codificata dalla ADA che ha inserito la valutazione del
piede nel paziente diabetico come elemento di speciale attenzione. L'istruzione del paziente è risultata indispensabile onde evitare comportamenti scorretti,
potenzialmente capaci di provocare le lesioni».
Quali sono le cose da evitare?
«Astenersi dal portare ogni tipo di giarrettiera, calzettoni o qualsiasi cosa che possa comprimere le estremità; camminare a piedi nudi; accorciare le unghie con
strumenti da taglio o forbici appuntite; evitare pediluvi
o bagni con acqua troppo calda o troppo fredda; scaldare i piedi appoggiandoli a fonti dirette di calore, quali
termosifoni o stufe; usare creme grasse per ammorbidire la cute; calzare scarpe nuove per più di una o due
ore al giorno; utilizzare scarpe inadatte».
Quali, invece, le cose da fare?
«Ispezionare giornalmente i piedi; lavare ogni giorno
i piedi delicatamente con acqua tiepida, o acqua di colonia o alcool; asciugarli dolcemente e con cura; cambiare quotidianamente le calze, scelte senza cuciture;
accorciare le unghie con forbici a punte rotonde, arrotondare gli angoli con lima di cartone; curare subito
callosità e duroni con plantari adeguati; scegliere calzature con tomaia molto morbida e alternare l'uso delle
calzature. Molta cura va fatta nelle operazioni di pediluvio: l'acqua deve essere tiepida, il tempo di immersione non eccessivo (5-10 minuti), l'asciugatura
morbida. L'acqua troppo calda, non avvertita per i disturbi sensitivi, può provocare ustioni; I'immersione
prolungata macerazioni della cute; un asciugamano
ruvido o usato troppo energicamente può provocare
abrasioni. Vi è poi una diffusa abitudine di usare creme
molto grasse che rischiano di macerare la cute del
piede; deve essere usata invece lanolina o una crema
acquosa specifica. È sconsigliato infine l'uso del talco
perchè può rendere la pelle troppo secca.Altro caposaldo della prevenzione è lo studio delle zone di appoggio della pianta del piede mediante l’esame il
podoscopico e la baropodometria per intervenire precocemente eliminando le zone di sovraccarico plantare».
SPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
Qual è il trattamento?
«È sicuramente il diabetologo o, meglio ancora, il
Centro Antidiabetico che coordina il trattamento del
piede diabetico avvalendosi, di volta in volta e da caso
a caso, della collaborazione del medico di base, del chirurgo, dell'ortopedico, del fisiatra, del chirurgo vascolare, del tecnico ortopedico e dell'iperbarista. Il
diabetologo assieme al medico di base si fa carico del
riequilibrio dello scompenso degli idrati di carbonio alterati nella malattia utilizzando schemi personalizzati
di dietoterapia e terapia medica. Allorquando sono
presenti lesioni cutanee, più o meno estese, si impone
l'aiuto del chirurgo e dell'ortopedico per l'esecuzione
di medicazioni giornaliere onde provvedere alla demolizione dei tessuti necrotici fino ad avere una ferita
rosea, sanguinante e con bordi vitali. Le medicazioni
vanno effettuate fino alla completa rimozione del tessuto necrotico ed alla successiva comparsa del tessuto
di granulazione. Nei casi di vasculopatia il chirurgo vascolare applicherà, caso per caso, tecniche di rivascolarizzazione quali la trombolisi, l'angioplastica, il
by-pass distale, la simpaticectomia lombare e gli interventi di plastica cutanea peduncolata. Gli interventi di
plastica cutanea peduncolata vengono eseguiti a copertura di zone necrotiche. L'ossigenoterapia iperbarica ha degli eccellenti effetti terapeutici sia
sull'infezione, sia sul miglioramento del microcircolo e
sia sulla riparazione tissutale. Il miglioramento è rapido,
nel giro di qualche settimana si apprezzano chiaramente gli effetti benefici con la comparsa di un buon
tessuto di riparazione, scomparsa dell'infezione ed inizio della nuova epitelizzazione. Di fronte ad un mal perforante plantare si impone il riposo assoluto a letto, una
toilette ed una resezione chirurgica della porzione più
superficiale della ferita. In una fase successiva è indispensabile lo scarico totale dell'appoggio della regione
ulcerata mediante plantari idonei e calzature curative.
Il trattamento con opportuni plantari e calzature va
prevalentemente attuato nelle forme iniziali e, come
già detto, a scopo preventivo. Condizione indispensabile per l'ottenimento di un buon risultato è l'utilizzazione di plantari "costruiti su misura" in carico (fig. 4).
4
La costruzione del plantare deve essere realizzata
con materiali morbidi onde aggiungere all'effetto compensatorio anche un effetto ammortizzante. Importante è inoltre l’uso di calzature con tomaia molto
morbida, deformabile e con punta rotonda ed alta
onde evitare qualsiasi forma di conflitto delle dita e
dorsale tra piede e scarpa. (Si ringrazia per le immagini
il dottore Franco Romeo, responsabile presso l’ospedale “Papardo” di Messina).
23
Speciale S&S
LA FRATTURA
DEL CALCAGNO
Rappresentano circa un terzo di tutte le fratture del piede, sono
più frequenti tra i 20 ed i 50 anni di vita. “Il trattamento chirurgico
è l'unico in grado di ricostruire l'anatomia del calcagno e di restituire
la normale mobilità all'articolazione tra astragalo e calcagno”
I
l calcagno (fig. 1) è un voluminoso osso del retropiede, a forma di parallelepipedo rettangolare, costituito totalmente da tessuto osseo
spugnoso rivestito da una corticale molto sottile e
fragile che si ispessisce in corrispondenza delle superfici articolari.
compressione e di taglio (fig. 2).
Le fratture del calcagno rappresentano circa 1/3 di
tutte le fratture del piede, sono più frequenti tra i 20
ed i 50 anni di vita e prediligono il sesso maschile con
un rapporto di 4 a 1».
Come si effettua l’esame clinico?
«Le fratture del calcagno mostrano differenti segni
clinici, a seconda dei diversi tipi di frattura e dell'età
del paziente. In generale, nelle fratture a più frammenti e scomposte, è presente quasi sempre tumefazione totale del retro piede, ecchimosi plantare e
sottomalleolare e spesso sono presenti flittene (fig.
3).
Fig. 1 Calcagno
«Nonostante la sua struttura prevalentemente spugnosa - dice il professore Giuseppe Lorenzo, primario dell’istituto ortopedico “Faggiana” di
Reggio Calabria - grazie ad una perfetta disposizione delle trabecole ossee,
è in grado di sopportate la
gran parte del peso del nostro corpo. Quando si verificano dei traumatismi, che
generalmente avvengono
con meccanismo indiretto
per caduta dall'alto sui talloni con piede ad angolo
retto, quest’osso così importante si frattura. La frattura
quindi si verifica in quanto il
calcagno viene "compresso"
tra due forze dirette in senso
contrario e sottoposto ad
una duplice sollecitazione: di
Fig. 2 Forze
di compressione
24
Fig. 3 Frattura di calcagno: edema, ecchimosi e flittene
È costante la presenza di deformità del tallone, il dolore, la limitazione articolare e l’impotenza funzionale assoluta».
Quali gli esami strumentali?
«Gli esami radiografici sono determinanti per la formulazione della diagnosi ed, ancor più, per la visualizzazione del tipo di frattura e ci permettono di
valutare la gravità della lesione (fig. 4).
Indispensabile, per valutare bene il tipo di frattura
ed impostare un corretto indirizzo terapeutico, è
l'esecuzione della Tomografia Assiale Computerizzata (TAC) (fig. 5)».
SPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
Fig. 4 Esame radiografico
di frattura scomposta
del calcagno
Fig. 5 Esame TAC di fratture
scomposte a più frammenti
di calcagno
Come vengono trattate?
«La grande varietà delle tecniche di trattamento è
testimonianza delle perplessità che ancora oggi queste fratture suscitano, sia per la complessità delle loro
forme, sia per i frequenti esiti che ne residuano e sia
per la sempre più attuale importanza attribuita all'articolazione tra astragalo e calcagno. In tutti i casi
di fratture del calcagno è consigliato il riposo assoluto a letto, con arto inferiore elevato più in alto del
ginocchio, va applicato localmente il ghiaccio ad intervalli ragolari e va effettuata terapia medica antiedemigena, anti-tromboembolica ed antidolorifica
se necessario. Il trattamento con apparecchi gessati
viene utilizzato nei casi di fratture parzialmente
scomposte previa riduzione della frattura in anestesia generale. Nelle fratture scomposte e a più frammenti è indispensabile il trattamento chirurgico. La
via di accesso chirurgica è, generalmente, laterale
esterna sottomalleolare facendo molta attenzione a
Fig. 6 Incisione cutanea sottomalleolare esterna:
nervo safeno esterno
Fig. 7 Frattura di calcagno
sintetizzata con placca e viti
Fig. 8 Frattura di calcagno
sintetizzata con 3 fili
di Kirschner
SPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
non ledere il nervo safeno esterno (fig. 6).
In alcuni tipi di fratture a più frammenti e molto
scomposte è opportuno eseguire la via laterale
bassa ad angolo retto di Letournel. Per l' osteosintesi
è possibile utilizzare, caso per caso, viti singole da
corticale o da spongiosa, placche modellate a più fori
(fig. 7), fili di Kirschner (fig. 8).
I vuoti residui vanno colmati con trapianti ossei prelevati dallo stesso paziente o con osso di banca
oppure con sostituti dell’osso quale il calcio fosfonato (fig.9). Il trattamento chirurgico è l'unico in
grado di ricostruire l'anatomia del calcagno e di restituire la normale mobilità all'articolazione tra astragalo e calcagno».
Professore,
parliamo degli
esiti.
«La mancata ricostruzione
mor fologica,
oltre che esitare
in piede piattovalgo, non può
che comportare
manifestazioni
artrosiche a caFig. 9 Frattura di calcagno
rico della articosintetizzata con due fili di Kirschner
lazione
della
e calcio fosforato
caviglia e della articolazione tra astragalo e calcagno
chiamata sindrome seno-tarsica. La sindrome senotarsica post-traumatica è caratterizzata da dolore
spontaneo in sede laterale sotto il malleolo esterno,
che si accentua durante il cammino specie su terreno
accidentato; obiettivamente è presente viva dolenzia rilevabile palpatoriamente nel punto in cui il seno
del tarso si affaccia sulla superficie dorso-esterna
premalleolare del retropiede. In fase acuta, molto
spesso, il dolore si accompagna a un atteggiamento
contratturato del piede ed il dolore si accentua con
le manovre di inversione e di eversione; è associata
sempre una completa impossibilità di assumere la
stazione eretta solo sul piede traumatizzato. La prolungata immobilizzazione con apparecchi gessati
può predisporre ad un infossamento talamico secondario ed all'osteoporosi post-traumatica con il
quadro classico della sindrome algo-distrofica di Sudeck. L'algodistrofia è caratterizzata da segni radiografici ed alla RMN di rarefazione ossea e da segni
clinici quali edema, tumefazione, colorito sub-cianotico del piede, vivo dolore diffuso sia a riposo che durante la deambulazione e, soprattutto, impotenza
funzionale assoluta.
Gli orientamenti terapeutici, vista l’alta frequenza
degli esiti e delle complicanze, devono quindi tendere sempre ad una perfetta ricostruzione
dell'anatomia del calcagno ed in particolare dell'articolazione sotto-astragalica, considerata unanimemente importante "perno" centrale del piede».
25
Speciale S&S
ALLUCE VALGO
ECCO COS’È E COME SI RISOLVE
È una delle patologie del piede più diffuse. Si tratta di una deformazione dell’alluce la cui base (primo metatarso) si sposta verso l’esterno,
mentre la punta (falange prossimale) si porta verso le altre dita
L’
alluce valgo (fig.1) è una deformità abbastanza frequente caratterizzata da una deviazione dell'alluce verso l'esterno e da una
deviazione verso l'interno del primo metatarso tale
che l'asse dell'alluce forma con l'asse del primo metatarso un angolo aperto all'esterno. L'alluce valgo
non è mai un'entità patologica isolata dell'avampiede, se non in qualche caso lieve ed iniziale; le associazioni più frequenti sono quella con una
deformità del secondo dito: il dito a martello (fig.
2) e quella con la patologia plantare da sovraccarico:
la metatarsalgia.
Fig. 3 Alluce valgo con grave deviazione delle dita
Fig. 1 Alluce valgo; Fig. 2 Alluce valgo e secondo dito a martello
Tra i fattori che determinano l’insorgenza dell’alluce
valgo ci sono: l'ereditarietà o meglio una predisposizione genetica; la familiarità con il riscontro di alluce valgo in numerosi membri di una stessa
famiglia, spesso già presente in età giovanile; l'uso
di calzature incongue aventi il tacco alto e la punta
molto stretta, sicuramente eleganti ma antifisiologiche in quanto costringono il piede in equinismo e
le dita addossate le una alle altre: l'eccessiva lunghezza dell'alluce chiamata piede egizio. Un relativamente brusco peggioramento della deformità
dell'alluce, fino al raggiungimento di aspetti grotteschi, si verifica quando l'alluce supera, in genere sottoponendosi ad esso, la barriera rappresentata dal
secondo dito (fig. 3).
26
DIAGNOSI CLINICA E STRUMENTALE
La deformazione del piede affetto da alluce valgo
è evidente: il primo dito è deviato verso l'esterno ed
è presente la caratteristica "cipolla" per la prominenza con flogosi cronica della testa del primo metatarso. Il dolore, che può essere di intensità molto
variabile, spesso è il risultato soltanto dello sfregamento della calzatura sull'esostosi interna.
La caratteristica borsite, comunemente denominata "cipolla", determinata dalla irritazione cronica
meccanica della borsa sierosa con la calzatura, inevitabilmente nel tempo si infiamma diventando
sede di dolore acuto ed a volte di infezione. Per una
esatta valutazione diagnostica e quindi per una corretta impostazione della tecnica chirurgica da eseguire è indispensabile l'esecuzione degli esami
radiografici (fig.4).
Fig. 4 Esame radiografico dorso-plantare sotto-carico
in alluce valgo giovanile
SPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
TRATTAMENTO
È importante, prima di parlare del trattamento, ribadire alcuni concetti di prevenzione. I pazienti con
una predisposizione all'alluce valgo, ed in particolare
con familiarità, con primo dito più lungo del secondo (piede egizio), è indispensabile che portino
delle calzature con un tacco non troppo alto (massimo tre centimetri) e con la parte anteriore abbastanza larga in modo tale che le dita non prendano
contatto con la punta della calzatura. Sono assolutamente da evitare, invece, le calzature cosiddette "a
punta stretta" che costringono il primo dito ad una
obbligata posizione in valgismo ed il quinto dito ad
una obbligata posizione in varismo. Nei casi iniziali,
in pazienti giovani, è importante l'esecuzione di ginnastica dell'avampiede e l’uso di tutori interdigitali
(fig. 5).
sonali di tutti i chirurghi del piede. Il tipo di trattamento chirurgico deve essere deciso caso per
caso dopo una valutazione globale dell'assetto del
piede. L'intervento dovrà comprendere: la correzione del valgismo dell’alluce; la resezione dell'osso esostosico della superficie mediale della testa
del 1° metatarso; la correzione del varismo del
primo metatarso; la correzione di eventuali altre
deformità associate: dita a martello, sub-lussazioni
articolari, metatarsalgie, valgismo di retropiede. Varie
sono le metodiche chirurgiche che vanno dalla semplice osteotomia del metatarso, tipo PDO con mini
incisione, alle osteotomie più complesse a cielo
aperto tipo “chevron” o Laird-Todd o Scarf. La
scelta della metodica chirurgica da me utilizzata
viene effettuata caso per caso in base alla gravità
della deformità sia clinica che radiografica (fig. 6).
Appare quindi improprio parlare di "intervento
unico per l'alluce valgo" ma piuttosto è importante
studiare bene l'assetto clinico, radiografico e funzionale dell'avampiede onde potere effettuare un intervento chirurgico specifico che corregga la deformità
e ripristini la funzionalità.
Fig. 5 Alluce valgo giovanile trattato con tutore spaziatore
interdigitale al silicone
Fig. 6 Alluce valgo prima e dopo correzione chirurgica
Gli esami radiografici vanno eseguiti in piedi sotto
carico e nelle tre proiezioni, dorso-plantare, laterolaterale ed assiale dei sesamoidi, onde poter tracciare gli angoli, valutare i gradi della deformità e
controllare nel tempo l’evoluzione della patologia.
I tutori interdigitali al silicone, modellati anatomicamente sul piede, hanno lo scopo di proteggere l’alluce e, potendo essere usati in carico con le calzature,
aiutano a prevenire un peggioramento della deviazione in valgismo.
L'intervento chirurgico è riservato solo ed esclusivamente ai casi dolorosi e non deve essere mai
praticato per il solo fine estetico. Più di cento sono
le metodiche operatorie che sono state proposte per
il trattamento chirurgico dell'alluce valgo ed inoltre
numerosi autori hanno attuato delle modifiche personali. Ciò a dimostrazione della complessità della
patologia e della necessità di evitare possibili recidive e complicanze, quali l’ipercorrezione, la rigidità
e l’infezione, presenti comunque nelle casistiche perSPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
L’intervento viene eseguito in regime di ricovero
ospedaliero convenzionato. L’anestesia è loco-regionale, spinale o generale, valutata da caso a caso dal
medico anestesista.
Generalmente vengono utilizzati, come mezzi di
sintesi per l’osteotomia del metatarso, dei fili metallici o delle viti. Non è necessaria nessun tipo di immobilizzazione e si deambula già in seconda
giornata con calzature ortopediche predisposte. Ribadisco che è importante uno studio accurato clinico e strumentale della patologia, caso per caso,
onde programmare ed attuare una appropriata terapia e ridurre il più possibile le complicanze e le recidive.
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Speciale S&S
LESIONI DELLA CAVIGLIA
Sono le fratture malleolari, in cui il danno osseo è associato a lesioni
dei legamenti. I sintomi sono forte dolore alla caviglia, difficoltà nella
deambulazione, notevole tumefazione, talvolta evidente deformità
dell’articolazione. Si risolvono prevalentemente con la chirurgia
P
er fratture malleolari si intendono le fratture
in cui siano interrotti nella loro integrità anatomica il malleolo interno tibiale (fig. 1), il
malleolo esterno peroneale (fig. 2) e/o la porzione
postero inferiore della tibia comunemente detta
terzo malleolo.
Professore Lorenzo, qual è la causa?
«Poiché nell'articolazione della caviglia in condizioni
fisiologiche è concesso soltanto il movimento di
flesso-estensione, qualsiasi forza che tenda a far ruotare l'astragalo (il che può accadere per una sollecitazione sul piede, mentre la gamba è mantenuta
fissa o viceversa per una sollecitazione che subisce
la gamba a piede fisso) può, se di entità sufficiente,
provocare una lesione dell'articolazione. Frequentemente nelle fratture isolate di un malleolo coesiste
lesione dei legamenti della caviglia».
Come si procede all’esame clinico?
«La diagnosi si basa essenzialmente sulla ispezione
più che sulla palpazione: infatti nella maggior parte
dei casi è presente un edema importante che compare quasi subito dopo l’evento traumatico. Con il
passare del tempo si possono notare: l’ecchimosi,
localizzate nelle regioni intorno ai malleoli o, come
avviene più frequentemente, diffuse a tutta la caviglia; un aumento di volume della caviglia, conseguenza dell'edema progressivo e dell'emartro; la
comparsa di flittene siero-emorragiche (fig. 3).
Nei casi con scarso spostamento dei frammenti fratturati la sintomatologia è meno accentuata ed è simile a quella di una grave distorsione. Con la
palpazione è possibile rilevare la presenza dei focolai
di frattura provocando netto dolore alla base dei
malleoli, spesso accompagnato da sensazione di crepitìo osseo; al paziente è sempre impossibile il carico
sull'arto e la deambulazione».
Qual è l’esame strumentale per la diagnosi?
«È l'esame radiografico, indispensabile per la diagnosi di tipo delle fratture della caviglia. (fig. 4 e 5).
Utile risulta, ai fini di una precisa diagnosi , l’esecuzione della Risonanza Magnetica Nucleare che
permette di evidenziare le spesso associate lesioni
28
legamentose (fig. 6) ed eventuali lesioni ossee da
impatto che se trascurate conducono alle lesioni
della cartilagine».
Come si interviene per rimediare al problema?
«Il trattamento di queste fratture, come per tutte
le fratture articolari, è eminentemente chirurgico.
Soltanto le fratture isolate malleolari apicali, relativamente stabili e composte, possono essere trattate
con apparecchio gessato o tutore Walker a gambaletto per quattro settimane, senza concessione del
carico, al quale seguirà l’applicazione di tutore a
gambaletto, con caratteristiche di carico, per ulteriori
quattro settimane. In tutti gli altri casi è indispensabile il ricorso al trattamento chirurgico. Nella osteosintesi delle fratture isolate del malleolo peroneale,
la riduzione viene fissata con mezzi che variano a seconda del tipo, della forma e dell'altezza del focolaio
di frattura. Nelle fratture oblique distali a "becco di
flauto" si può praticare un avvitamento obliquo con
una o due viti (fig. 7).
Nelle fratture comminute o in quelle al di sopra del
malleolo si può utilizzare una placca (fig. 8). Nei casi
di associata lesione del ligamento tibio-peroneale
distale, oltre alla sutura del ligamento stesso, si impone la stabilizzazione della “pinza” tra tibia e perone
mediante una vite trans-peroneo-tibiale, infissa
trasversalmente (fig. 9).
Le tecniche operatorie variano comunque naturalmente da chirurgo a chirurgo e da caso a caso. Le
fratture scomposte del malleolo interno vanno sempre operate, anche perché è frequentissima la
possibilità di interposizione da parte di lembi periosteo-ligamentosi in sede di frattura che si oppongono ad una perfetta giustapposizione delle
superfici fratturate.
Generalmente è utilizzata una vite malleolare autofilettante (fig. 10).
Quando alla lesione fratturativa sono associate lesione legamentose del deltoideo e/o del legamento
tibio-peroneale distale e della capsula anteriore è
necessario il trattamento associato chirurgico di
dette lesioni. In tutti i casi, all'intervento chirurgico,
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Fig. 1 Malleolo tibiale;
Fig. 2 Malleolo peroneale; Fig. 3 Edema,
ecchimosi e flittene;
Fig. 4 RX di frattura
obliqua di perone e
frattura del malleolo
tibiale; Fig. 5 RX di frattura scomposta bimalleolare; Fig. 6 esame
RMN: lesione del legamento deltoideo e del legamento
tibio-peroneale distale; Fig. 7 RX post-operatoria di frattura
obliqua di perone sintetizzata con due viti; Fig. 8 RX post-operatorie
di frattura bimalleolare sintetizzata con vite al malleolo tibiale,
placca al perone e vite trans-perone-tibiale; Fig. 9 RX pre e post
operatorie di frattura del perone e sub-lussazione tibiotarsica con
diastasi della pinza malleolare e lesione del legamento deltoideo
sintetizzata con placca al perone, sutura del legamento deltoideo
e stabilizzazione della pinza con vite trans-peroneo-tibiale; Fig. 10
RX post-operatorie di frattura bimalleolare sintetizzata al perone
con due viti e al malleolo tibiale con vite malleolare autofilettante
seguirà la immobilizzazione in apparecchio gessato
od in tutore Walker a gambaletto per 40 giorni circa
con concessione del carico dopo 20 giorni. Il gesso
va sostituito, dopo un periodo di tempo variabile, da
un tutore per ovviare, per quanto possibile, alla rigidità articolare. A guarigione della lesione fratturativa
seguirà un idoneo trattamento fisiokinesiterapico
riabilitativo. La prognosi delle fratture malleolari, se
trattate in maniera corretta ed in "mani" esperte, è in
genere favorevole. È possibile comunque, sempre
l'instaurarsi di gravi esiti a distanza. Gli esiti più frequenti di questo tipo di fratture sono: l'instabilità articolare, la limitazione articolare e funzionale della
tibio-tarsica, l'artrosi post-traumatica, gli edemi perimalleolari persistenti e l'osteoporosi post-traumatica. È chiaro quindi che in questo tipo di fratture,
come del resto in tutte le fratture articolari, bisogna
avere sempre come obiettivo principale il raggiungimento di una ricostruzione più anatomicamente
possibile della lesione sia ossea che legamentosa».
29
Speciale S&S
STARE BENE
CON I PIEDI
PER TERRA
Scultura in legno del piede eseguita dal maestro M. Plancker
“Finalmente abbiamo cominciato a capire la sua importanza,
in particolare quando ci troviamo di fronte a delle patologie
molto fastidiose; è proprio per questo che vogliamo farlo conoscere
bene per poterlo curare in tempo ed instaurare in tempo
un appropriato programma di prevenzione”,
In basso: il Prof. Giuseppe Lorenzo mentre controlla
al podoscopio una piccola paziente affetta da piede piatto
e ginocchio valgo;
a destra: Fig. 1 Scheletro del piede
F
inalmente lo abbiamo cominciato a capire
tutti quanto è importante il piede per il nostro
benessere. Per tanto tempo è stato una parte
del nostro corpo molto trascurata: oggi invece comincia ad avere il ruolo che merita nell’attenzione di
tutti ed in particolare dei medici di famiglia, dei pediatri, dei fisiatri, dei posturologi.
«Abbiamo cominciato a capire la sua importanza dice il professore Giuseppe Lorenzo, primario dell’istituto ortopedico “Faggiana” di Reggio Calabria - in particolare quando ci troviamo di fronte a
delle patologie molto fastidiose; è proprio per questo che vogliamo farlo conoscere bene per poterlo
curare in tempo ed instaurare in tempo un appropriato programma di prevenzione. Il piede è una
struttura estremamente complessa, composto da 26
ossa (fig. 1) articolate tra loro in modo da costruire
l’arco plantare longitudinale e trasversale, così da ottimizzare la distribuzione e sopportare durante la
stazione eretta tutto il peso del corpo, trasportandolo su qualsiasi terreno durante la deambulazione
e lanciandolo nel salto per riceverlo ed ammortizzarlo nella ricaduta.Per capire la sua importanza e
apprezzarlo meglio bisogna conoscere le sue importantissime funzioni».
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SPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
Quali sono?
«Sicuramente la funzione più nota, ed anche la più
importante, è la funzione motoria: il piede ci consente di camminare e quindi la propulsione attiva
del corpo durante il passo, ci consente di correre, ci
consente la salita e discesa delle scale, ci consente il
salto e la ricaduta. Di notevole importanza funzionale è la funzione stabilizzante che consente per
mezzo del piede un adattamento di tutto il corpo ad
ogni tipo di terreno; questa complessa funzione è assicurata sia dall'articolazione tra astragalo e calcagno, considerata da tutti il “perno” su cui ruota tutta
la funzione del piede, sia da un perfetto ed armonioso equilibrio muscolare. Fondamentale è la funzione ammortizzante delle pressioni che è
assicurata in particolare dalle 31 articolazioni di cui
è composto il piede e dalla spessa imbottitura cellulare adiposa plantare che agisce da "pneumatico del
piede". Questa funzione è molto importante se si
considera che durante la marcia di 1500 metri in un
soggetto di 70 chilogrammi il piede sopporta circa
un carico di 60 tonnellate che diventano 100 tonnellate durante la corsa. Di notevole importanza è la
funzione “tecnica specifica” che racchiude l’agilità
e la destrezza del piede e si manifesta particolarmente nello sport: come il calcio del pallone nel football, la stazione eretta prolungata sulle punte nella
danza e l'oscillazione ritmica nel nuoto. Da non sottovalutare è la funzione di pompa periferica del sistema venoso. Questa funzione è garantita dalla
"soletta venosa plantare" di Lejars che riveste un
ruolo fondamentale nell'ambito del sistema venoso
degli arti inferiori. Il sangue, dopo essere stato
"spinto" dal cuore verso le estremità del corpo, per
poter essere riossigenato, deve "ritornare" al muscolo cardiaco attraverso il circolo venoso. Il ritorno
venoso dagli arti inferiori al cuore, evento che avviene in direzione antigravitaria, è favorito dalla contrazione muscolare che agisce a mò di pompa sia
durante la stazione eretta e sia durante la deambulazione. Durante la marcia, infatti, la compressione
delle vene plantari che si svuotano ad ogni passo facilita il ritorno venoso e, per tale motivo, la pianta del
piede è considerata come un vero e proprio "cuore
periferico". Infine la funzione di adattamento che è
garantita dalla fitta rete nervosa del piede, trasmette
al cervello tutte le informazioni recepite dalla cute,
dai tendini, dalle articolazioni, nonchè le sensazioni
termiche, tattili, vibratorie. È proprio grazie a queste
informazioni che il cervello, anche nelle condizioni
di precario equilibrio statico-dinamico del corpo, è
sempre in grado di affrontare tali problematiche situazioni "ordinando" un immediato ed adeguato
adattamento del piede al suolo.
Questa funzione, assieme alla funzione motoria,
consente di mantenere l’equilibrio nella fase statica
e dinamica dell’appoggio. Tutte queste funzioni lo
rendono quindi una parte molto importante del noSPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
stro corpo. La sua importanza è da considerarsi come
lo sono le fondamenta per una casa, se le fondamenta non sono fatte bene a risentirne è tutta la
struttura. Questo avviene anche per il piede, se non
funziona bene influenza negativamente tutte le altre
strutture al di sopra quali il ginocchio, l’anca, la colonna. Un cattivo appoggio plantare sia in fase statica che alla deambulazione influenza quindi le
articolazioni superiori. Lo vediamo quando siamo di
fronte ad un retro piede varo che causa il ginocchio
varo, od un retro piede valgo che causa il ginocchio
valgo, lo vediamo quando una scorretta andatura
determinata da un piede piatto spesso è causa di
lombalgia, o quando una eccessiva pronazione del
piede determina una torsione tibiale che a sua volta
ha come conseguenza patologie del ginocchio
come la condropatia tra femore e rotula e lo vediamo quando un cattivo appoggio plantare è quasi
sempre causa di insufficienza venosa. Il piede a sua
volta è influenzato negativamente da patologie
dell’anca (coxa vara) e delle ginocchia (ginocchio
varo e valgo) che determinando un cattivo appoggio
plantare nel tempo sono la causa di patologie meccaniche quali le metarsalgie e le talalgie. Il piede inoltre è sempre influenzato in modo negativo dal
sovrappeso sia nei bambini che negli adolescenti
dove spesso è concausa di ginocchio valgo e di
piede piatto (fig. 2) ed anche negli adulti dove studi
recenti hanno evidenziato una influenza importante
del sovrappeso nell’insorgenza di fasciti plantari, metatarsalgie e spina calcaneare».
Quanto è importante la prevenzione?
«Come già ribadito più volte è importantissimo un
appropriato programma di prevenzione, e di questo
ne parleremo nel prossimo numero, in particolare
come fare per prevenire patologie molto importanti
quali il piede piatto, l’alluce valgo, le dita a martello,
le metatarsalgie, il piede diabetico».
Fig. 2 Piede piatto e ginocchio valgo da sovrappeso
31
Speciale S&S
QUANTO SONO IMPORTANTI
I PRIMI PASSI DEL BAMBINO?
“Sono molto importanti e non devono essere forzati.
La deambulazione è un atto fisiologico che il bambino impara
gradualmente da solo quando le sue strutture ossee, muscolari
e nervose glielo consentiranno”
T
orniamo a parlare di piede e di prevenzione
con il professore Giuseppe Lorenzo, studioso e cultore da sempre delle patologie del
piede, che collabora mensilmente con la nostra rivista da più di un anno portando a conoscenza di tutti
noi la sua esperienza personale maturata in tanti
anni di vita ospedaliera, ambulatorio, sala operatoria
e da relatore a numerosi congressi.
Professore Lorenzo, sappiamo bene che Lei ci
tiene molto alla prevenzione.
«Certamente, la prevenzione è molto importante
in tutte le patologie e pertanto anche nelle patologie
del piede. Spesso ci si rivolge allo specialista quando
i disturbi sono già gravi, è invece ai primi sintomi che
bisogna iniziare le indagini per cominciare un trattamento adeguato. Ad esempio la comparsa di un dolore al piede dopo sforzo o anche semplicemente
dopo una deambulazione prolungata può essere un
primo segnale che qualcosa non va bene nell’appoggio del piede e quindi va studiato e corretto, così
pure la comparsa di callosità dolenti sia sulla pianta
che sulle dita possono essere l’espressione dell’inizio
di patologie quali metatarsalgie e dita a martello che
se trascurate potranno nel tempo diventare molto
invalidanti».
La prevenzione è importante negli adulti ma
ancor più nei bambini, in particolare quando devono affrontare l’inizio della deambulazione, che
consigli possiamo dare a tal proposito?
«Questo è un argomento molto importante, quasi
sempre sono i genitori che chiedono al pediatra o
allo specialista come iniziare i primi passi e che tipo
di calzature usare. Ribadisco ormai da tanti anni che
è assolutamente scorretto da parte dei genitori “forzare” per accelerare l’inizio della deambulazione del
32
bambino. La deambulazione è un atto fisiologico
che il bambino impara gradualmente da solo
quando le sue strutture ossee, muscolari e nervose
glielo consentiranno; per tale motivo ritengo assolutamente dannoso l’uso del girello che accelerando
i tempi della deambulazione spesso è fonte di patologie. Spesso il bambino erroneamente viene messo
nel girello ad un’età troppo precoce, sette-otto mesi
circa, quando ancora le sue strutture deputate alla
deambulazione non sono ancora pronte; questo sovraccarico precoce sulle gambe può determinare
l’insorgenza di patologie con deviazione dell’asse
degli arti inferiori quali il ginocchio varo od il ginocchio valgo. L’uso del girello va evitato inoltre perché
con questo ausilio non si impara una deambulazione
corretta che è determinata dalla contrazione ritmica
dei muscoli agonisti ed antagonisti dei due arti tanto
da determinare il
passo fisiologico; con
l’uso del girello più
che camminare si impara a pattinare,
spingendo i due arti
in contemporanea e
spesso per avere
un’andatura più veloce si ruota il piede
verso l’interno scatenando nel tempo la
caratteristica andatura con la marcia a
punte in dentro (fig.
1).
Il girello inoltre, proFg. 1 Tibie vare con marcia a punte in dentro
SPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
prio perché il bambino viene messo in piedi troppo
precocemente, non consente quell’atto fisiologico e
psicologico che è costituito dal conquistare da solo
l’alzarsi in piedi, siamo noi che gli imponiamo ad alzarsi e non lui a conquistare la stazione eretta. Fisiologicamente il bambino invece impara dapprima a
gattonare, quindi riesce al alzarsi tenendosi dagli oggetti, dopo progressivamente inizia a deambulare
sempre tenendosi dagli oggetti, ad esempio riesce
a fare il giro attornio ad una sedia e a fare piccoli
passi tenuto per la manina dai genitori, e dopo,
quando si sente veramente sicuro, inizierà spontaneamente la deambulazione libera».
Professore, quando il bambino comincia a camminare che tipo di calzature consiglia di usare?
«Consiglio di utilizzare le calzature solo quando il
bambino comincia la deambulazione, fino ad allora
sono solo sufficienti dei calzerotti protettivi. Alla deambulazione vanno invece usate le calzature che devono avere alcune caratteristiche importanti.
Devono avere i forti rigidi posteriori e cioè la calzatura posteriormente deve essere sufficientemente
alta e rigida; il retro piede del bambino è molto lasso
e pertanto va protetto con delle calzature che siano
abbastanza rigide posteriormente, l’uso di calzature
troppo morbide al retro piede o peggio ancora
aperte può essere causa di deviazioni in varismo od
in valgismo del tallone che nel tempo diventeranno
patologia. Altra caratteristica delle calzature utilizzate per i primi passi è quella di possedere una tomaia molto morbida, non devono essere troppo
strette, la punta della scarpa abbastanza ampia, flessibile e possibilmente quadrata. E’ importante che la
calzatura non sia stretta ed abbia la punta quadrata
in modo da permettere alle dita di potersi muovere
liberamente, una eccessiva costrizione delle dita infatti può portare a quelle frequenti patologie che
sono le deformità digitali (fig. 2)».
sce sicuramente a determinare l’appiattimento della
volta plantare ed a scatenare il piede piatto. La pianta
del piede, ed in particolare nel bambino, è ricchissima di recettori sensoriali, che servono come quelli
della mano a fare conoscere il mondo esterno, in
particolare il piede se deambula su un terreno liscio,
come lo è il pavimento di casa, cercando il contatto
il più possibile con il terreno determina un appiattimento dell’arco plantare che è poi una delle cause
del piede piatto. Utile invece è la deambulazione
scalzo sulla sabbia proprio perché il terreno accidentato, al contrario del pavimento liscio, determina
degli stimoli propriocettivi che contribuiscono notevolmente alla formazione dell’arco plantare».
Quanto influisce il peso sulle patologie degli arti
inferiori del bambino?
«Il peso sicuramente ha un ruolo importante nelle
patologie sia del ginocchio che del piede nel bambino. Ormai in modo molto più frequente vediamo
dei bambini in sovrappeso ed alcuni anche con obesità. Gli arti inferiori io li paragono sempre ai pilastri
di una casa, se i pilastri sono stati progettati per sostenere un piano e poi noi invece ne costruiamo due
questi subiscono un sovraccarico che prima o poi si
trasforma in malattia, abbiamo quindi una deviazione delle gambe verso l’esterno con le ginocchia a
X o ginocchio valgo, (fig. 3), oppure una deviazione
delle gambe “a botte” con il ginocchio varo, (fig. 4),
oppure una torsione tibiale con un disallineamento
tra ginocchio e piede: una influenza importante inoltre il sovrappeso la riveste sul piede dove spesso è
concausa di caduta dell’arco plantare e quindi dell’instaurarsi del piede piatto: il sovrappeso quindi e
l’obesità sono delle patologie che vanno curate bene
e precocemente specie nel bambino dove possono
essere causa di patologie molto invalidanti che
spesso per guarire necessitano di correzioni chirurgiche impegnative».
Fig. 2 Secondo dito sopraelevato
Spesso il bambino in casa vuole rimanere e camminare a piedi nudi, è una buona abitudine?
«È assolutamente da evitare invece di fare camminare il bambino scalzo in casa perché ciò contribuiSPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
Fig. 3 Ginocchia valge e piedi Fig. 4 Ginocchia vare
piatti in piccolo paziente con
sovrappeso
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Speciale S&S
IL PIEDE
NELLO SPORT
La prevenzione è fondamentale
e pertanto, come per tutte
le patologie del piede e
della caviglia, anche ed in modo
particolare nello sport,
è importante la conoscenza
clinica e funzionale
della patologia onde poter
fare un corretto programma
terapeutico precoce
P
rofessore Lorenzo, il piede è un organo importante anche nell’attività sportiva. «Sicuramente, il piede nello sport è un organo
molto importante in quanto è sottoposto ad una
serie di sollecitazioni funzionali spesso esasperate
che possono essere causa di rottura del suo delicato
equilibrio e determinare quindi l’insorgenza di patologie. Il piede, come ben sappiamo, è una struttura
del nostro corpo molto complessa composto da 26
ossa, 32 articolazioni, muscoli, tendini e legamenti
che assieme contribuiscono, con un perfetto equilibrio architettonico e biomeccanico, a farci camminare, saltare e correre. Negli ultimi anni si è verificato
un notevole incremento delle attività sportive sia a
livello amatoriale che agonistico con un conseguente aumento delle patologie articolari in particolare del piede e della caviglia».
Quali sono gli sport in cui si verificano con più frequenza delle lesioni?
«In tutti gli sport il piede ha una funzione rilevante
ma in particolare lo è nell’atletica, nel calcio, nel basket, nel volley, nel tennis e nel rugby e nella ginnastica. Da uno studio eseguito dall’Istituto della
Scienza e dello Sport del CONI risulta che circa il 33%
dei traumi da sport interessano il piede e la caviglia.
Risultano più frequenti le patologie legate ad un sovraccarico funzionale nei confronti di quelle acute
ed degenerative».
Professore qual è la patologia di più frequente osservazione?
«La patologia di più frequente osservazione nelle
forme acute è senza dubbio la distorsione della caviglia (85%), quasi sempre il trauma si verifica con
34
una rotazione del piede e della caviglia verso l’interno (inversione) e determina una lesione parziale
o completa dei legamenti.
Le distorsioni vanno curate in modo corretto in
quanto queste lesioni se, come spesso accade, vengono trattate da chiunque capiti, massaggiatori, preparatori atletici, fisioterapisti, paramedici e medici
con un non completo e sufficiente bagaglio di conoscenze tecniche e culturali, la diagnosi è quasi
sempre è imprecisa o manca del tutto ed i postumi
non sono un’eccezione, come in altri distretti, ma
praticamente quasi la regola».
Spesso si riscontrano atleti che hanno anche affezioni ai tendini.
«Tra le patologie da sovraccarico funzionale certamente le più frequenti sono le tendinopatie dell’Achille, dei tendini peronei del tendine tibiale
posteriore. Sicuramente le tendinopatie dell’Achille
sono le forme più comuni di patologie tendinee riscontrate nell’atleta. In molte discipline sportive i
tendini, in particolare il tendine di Achille, sono sottoposte a sollecitazioni abnormi che spesso creano
delle microlesioni. Se non si concede il tempo sufficiente per la riparazione delle lesioni, con allenamenti troppo intensi e frequenti ed insufficienti
periodi di riposo, si determina un progressivo indebolimento del tendine fino alla sua possibile rottura.
Alcuni tipi di sport possono determinare, in virtù
della meccanica del gesto atletico, quella brusca sollecitazione capace di provocare la lacerazione della
struttura tendinea. Esempi caratteristici di tale meccanismo sono il salto in alto, l'elevazione per l'effettuazione di un colpo di testa nel calcio, la partenza a
SPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
Rilevamento dell’impronta
plantare con calco su schiuma
scatto nella corsa».
Quanto incide l’allenamento sportivo nella genesi
delle lesioni?
«Estrema importanza riveste l'allenamento sportivo.
Negli ultimi anni l'allenamento sportivo è proteso
verso il raggiungimento di una condizione fisica dell'atleta che gli consenta di ottenere il massimo dei risultati; a dimostrazione di ciò basta confrontare i
risultati ottenuti in campo sportivo negli ultimi anni
con quelli di qualche decennio fa. L'intenso allenamento, determinando un potenziamento muscolare
esasperato senza però provocare un consensuale aumento di volume del tendine, sviluppa ai limiti massimi la muscolatura mentre il tendine, struttura
passiva, rimane invariato e succede che, come viene
confermato dal noto aforisma di Andrivet, "i muscoli
sono più forti dei tendini" e tale alterato equilibrio
può predisporre ad una rottura del tendine».
Per la lesione del tendine contribuisco anche altre
condizioni?
«Vediamo sempre con più frequenza le lesioni tendinee in pazienti oltre i 40 anni e ciò si verifica perché
con l’avanzare dell’età si verifica una diminuzione
progressiva delle fibre elstiche, del contenuto idrico
e della capillarizzazione con un progressivo aumento
del rischio di lesione. Da non sottovalutare sono inoltre sono i fattori esterni legali all’attività sportiva, in
particolare le caratteristiche del terreno di gioco e le
calzature spesso non idonee per il tipo di sport praticato. Importanti risultano inoltre nella patogenesi
delle lesioni anomalie di rotazione del ginocchio ed
anomalie dell’appoggio plantare».
È indispensabile quindi avere un corretto appoggio plantare?
«Necessario risulta un accurato studio clinico e strumentale dell’appoggio plantare onde poter effettuare un adeguato trattamento di prevenzione. È,
spesso, necessario la costruzione di plantari personalizzati. Il trattamento con plantare correttivo o
compensatorio è utile sia nelle forme iniziali, per arrestare l'aggravarsi di una deformità, e sia nelle
forme dolorose gravi per alleviarne la sintomatoloSPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
gia. Oggi si può affermare con certezza che i plantari
nella patologia da sovraccarico funzionale di piede
e caviglia contribuiscono a ridurre i potenziali danni
mediante una migliore e riequilibrata distribuzione
delle forze trasmesse».
Professore Lorenzo, che caratteristiche deve avere
un corretto plantare?
«La costruzione del plantare deve essere realizzata
e modellata direttamente sul piede dell’atleta.(fig. 1).
Il plantare deve ottimizzare una distribuzione uniforme dei carichi, scaricare le zone dolenti, sostenere
le aree insufficienti, ammortizzare le sollecitazioni lesive, migliorare la convivenza tra piede e calzatura
aumentando la stabilità al suolo della caviglia. Quasi
sempre con la costruzione di un buon plantare si riesce a migliorare la sintomatologia e riequilibrare l’appoggio del piede».
Per concludere che cosa possiamo consigliare ad
un’atleta?
«La prevenzione è fondamentale e pertanto, come
per tutte le patologie del piede e della caviglia,
anche ed in modo particolare nello sport, è importante la conoscenza clinica e funzionale della patologia onde poter fare un corretto programma
terapeutico precoce. Spesso molte patologie se non
trattare in modo corretto e precocemente possono
compromettere il proseguimento dell’attività agonistica. Al contrario invece un’accurata valutazione
diagnostica in fase iniziale delle lesioni permette di
pianificare un trattamento terapeutico idoneo e di
conseguenza favorire un ritorno funzionale valido e
duraturo allo sport».
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Speciale S&S
SE IL PIEDE
È PIATTO
“Per una corretta prevenzione
del piede piatto del bambino
è importante evitare
la deambulazione a piedi scalzi
sul pavimento liscio, scegliere
bene le calzature ed evitare
il sovrappeso”,
P
rofessore Lorenzo torniamo a parlare del
piede piatto, ma è davvero una affezione
così frequente?
«Si è vero il piede piatto assieme alle deformità delle
dita è sicuramente la patologia di più frequente osservazione nelle nostre visite».
Ci vuole dire quali sono le caratteristiche cliniche di
questa patologia e quindi come si fa a fare la diagnosi? «Il paziente affetto da questa patologia presenta un importante abbassamento, a volte la
scomparsa completa, dell’arco plantare come è ben
visibile nella figura 1. È presente inoltre, ma non di
minore importanza, la deviazione del tallone verso
l'esterno rispetto all'asse della gamba che è chiamata
valgismo di retropiede e la comparsa di una tumefazione in corrispondenza delle regione interna del
piede che è determinata dal malposizione di un
osso importante del piede: l'astragalo. Fondamentale nella genesi del piede piatto è la posizione di
due ossa, l'astragalo ed il calcagno. Queste ossa nel
piede normale stanno esattamente uno sull'altro
come il cavallo sta con il cavaliere, quando e' presente il piede piatto abbiamo invece una caduta dell'astragalo (il cavaliere) dal calcagno (il cavallo) ed è
questo sicuramente il primum movens e la causa del
piede piatto».
Fig. 1 Piede piatto dell’adoloscente
36
Fig. 3 Esercizio di massaggio plantare
propiocettivo con palla ruvida
Professore, è vero che esiste un piede piatto “fisiologico”?
«Si è vero, molti bambini piccoli, intorto ai 18-24
mesi, presentano un piattismo del piede che ancora
non è patologia. È un piattismo mascherato dall'abbondante tessuto adiposo che è presente normalmente a questa età, non è quindi da considerarsi una
patologia ed è chiamato piede piatto lasso del bambino. È dopo i tre anni di età che bisogna cominciare
a preoccuparsi se persiste la mancata formazione
dell'arco mediale».
Quali sono le cause che determinano il piede
piatto?
«Nella genesi del piede piatto c'è sicuramente una
predisposizione congenita ereditaria ma un ruolo
importante lo rivestono anche alcune abitudini scorrette come la prolungata deambulazione a piedi
scalzi sul pavimento liscio, l’uso di calzature inadeguate, il sovrappeso e la scarsa attività fisica. In particolare è molto dannoso, come ho già ribadito, fare
camminare il bambino scalzo sul pavimento liscio di
casa. La pianta del piede è ricca di cellule sensitive
che servono, come quelle delle mani, a farci conoscere l'ambiente esterno in cui viviamo, se noi quindi
facciamo camminare il bambino scalzo su un terreno
liscio il piede, cercando si sentire meglio il terreno, si
appiattisce. Il terreno irregolare invece quale la sabbia e la ghiaia, che crea sulla pianta del piede degli
stimoli di contrazione, è utile per la formazione dell'arco plantare».
Quali sono gli esami strumentali che servono,
oltre la visita, per formulare una corretta diagnosi?
«Importante è l’esecuzione di un semplice esame
che è l’esame podoscopico a trans-illuminazione per
mezzo del quale riusciamo a visualizzazione l’impronta plantare (fig. 2). Con questo esame oltre a
fare una corretta diagnosi e quindi impostare un
adeguato trattamento possiamo monitorare nel
SPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
Fig. 5 Completa correzione
del valgismo del retropiede
destro dopo intervento
di calcaneo-stop
Fig. 2 Esame podoscopico
del piede piatto
tempo l'evoluzione della patologia».
A che età è utile effettuare la
prima visita e quale è il trattamento del piede piatto?
«Intanto è importante dire
che il trattamento del piede piatto non deve mai iniziare al di sotto dei 3 anni, poiché è solo dopo questa
età che, come ho già detto, l’arco plantare comincia
a rendersi visibile per la scomparsa del cuscinetto
adiposo. Se la deformità permane oltre i 3 anni di età,
con la presenza di deviazione verso l'esterno del tallone e la mancata formazione dell'arco plantare, si
rende necessaria una visita per iniziare subito un
trattamento correttivo che consiste nell’uso di calzature correttive e di plantari ortopedici. Abbiamo in commercio varie soluzioni con calzature e
plantari, più o meno rigidi, che usiamo caso per caso
in base alla gravità della patologia. Sia le calzature
ortopediche con il tallone rigido che i plantari tendono a migliorare la deformità spingendo l'astragalo
a risalire sul calcagno. La scelta quindi del tipo di calzature (più o meno rigida o più o meno alta), del tipo
di plantare (morbido, rigido o avvolgente) e l’altezza
dei cunei correttivi viene stabilita dallo specialista in
base alla gravità delle deformità ed all’evoluzione
della patologia valutata con l’esame clinico e l’esame
podoscopico.
Oltre i 5-6 anni di età, eccetto i casi più gravi, le calzature ortopediche vanno rimosse progressivamente, continuando solo con l'uso del plantari ed
associando la correzione attiva con vari esercizi di
ginnastica plantare (fig. 3) che servono anch'essi a
rinforzare i muscoli plantari e quindi stimolare la risalita dell'astragalo sul calcagno.La valutazione dell’efficacia del trattamento con calzature e plantari
ortopedici e della loro progressiva rimozione (svezzamento) va monitorata con controlli periodici clinici
SPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
Fig. 4 Calcaneo-stop
e strumentali. Se raggiungiamo
l'età dell'adolescenza ed il risultato
del trattamento effettuato è insufficiente, in particolare quando ne residua una deviazione importante in
valgismo del retropiede, si rende
necessario il trattamento chirurgico comunemente
chiamato calcaneo stop».
Perché è chiamato così ed in che cosa consiste l’intervento di calcaneo stop?
«Si chiama così perché il calcagno fa uno stop alla
discesa dell'astragalo. Per mezzo dell'infissione di
una vite nel calcagno facciamo in modo quindi che
non si verifichi la discesa dell'astragalo e perciò il cavaliere (astragalo) rimane in sella sul calcagno (cavallo) per un certo numero di anni, generalmente 4,
abituandosi a rimanere per sempre in quella posizione.L’intervento, eseguito in regime di ricovero
ospedaliero tipo day-hospital, è di breve durata,
generalmente 10 minuti circa, la deambulazione è
consentita da subito con l’ausilio di due stampelle e
dalla seconda settimana viene concesso il carico progressivo sull’arto operato. Quasi sempre la guarigione avviene dopo due mesi dall’intervento ed è in
rapporto alla gravità della deformità».
Perché è importante curare bene il piede piatto?
«La cura del piede piatto è molto importante non
tanto ai fini estetici ma quanto per ripristinare un
corretto appoggio del piede e di conseguenza una
corretta deambulazione: un cattivo appoggio del
piede porterà sicuramente nel tempo all'instaurarsi
di patologie sia sul piede stesso (piede piatto doloroso dell'adulto) ma ancor di più sulle strutture articolati sovrastanti il piede quali il ginocchio, le anche
e la colonna vertebrale. Nella figura 5 è ben visibile
la correzione del valgismo di retropiede di destra in
un paziente già operato di calcaneo stop confrontandolo con il piede sinistro ancora da operare».
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Speciale S&S
“DOTTORE
HO UN FORTE DOLORE SOTTO LA PIANTA DEL PIEDE”
Se ha un buon appoggio plantare e non ha conflitto con il terreno
o le calzature, il piede “normale” non deve presentare né dolore,
né arrossamenti o callosità. La loro presenza significa
che qualcosa non va e occorre curarlo precocemente
È
abbastanza frequente, durante le visite ambulatoriali, sentirsi riferire dal paziente di un
dolore più o meno acuto alla pianta del piede
in particolare alla deambulazione: si tratta della "metatarsalgia". In questa patologia quasi sempre è interessata la parte centrale dell'avampiede e si parla
infatti di metatarsalgia centrale (Fig. 1).
Predilige notevolmente il sesso femminile, sia per
una non ben chiara predisposizione congenita, sia
per l'influenza negativa che esercita la calzatura, ed
in particolare il tacco alto e la punta stretta, elementi che determinano un sovraccarico ed uno squilibrio di carico sull'avampiede. Molto frequente è
l'associazione fra metatarsalgia ed alluce valgo
(Fig. 2) per l'esistenza in questa patologia di un'alterazione della distribuzione del carico sull'avampiede,
con conseguente sovraccarico delle teste metatarsi
centrali.
Meno frequente è la metatarsalgia esterna che è
presente nel sovraccarico anteriore del "piede
equino" e del "piede cavo" (Fig. 3) con callosità e
duroni sotto la testa del primo e quinto metatarso.
Il quadro clinico è caratterizzato da:
• callosità (ipercheratosi cutanea), conseguenza
del sovraccarico, esprime fedelmente, meglio e
prima di qualunque altro dato strumentale, la topografia della localizzazione del sovraccarico stesso;
38
• dolore, localizzato a livello della zona plantare di
iper-appoggio della testa metatarsale corrispondente;
• "borsite sierosa reattiva", dovuta alla iper-pressione di una zona cutanea contro la calzatura;
• se lo stimolo traumatizzante persiste la borsite reattiva si trasforma in "igroma" e “necrosi”;
• rare e tardive sono le lesioni ossee; esse consistono in un ispessimento del periostio del metatarso
in sovraccarico e, eccezionalmente, in "fratture da
durata" a carico di uno o più metatarsi.
L’esame radiografico di un piede affetto da metatarsalgia va eseguito sotto carico con proiezioni
dorso-plantare, latero-laterale ed assiale di sesamoidi. La podoscopia a trans-illuminazione (fig.
4) e la baropodometria consentono la visualizzazione diretta delle zone di sovraccarico in corrispondenza delle teste metatarsali.
L'esame podoscopico e baropodometrico inoltre,
oltre che per un preciso inquadramento diagnostico,
sono indispensabili per la valutazione dei risultati ottenuti con il trattamento instaurato.
PREVENZIONE
È importante, prima di parlare del trattamento, ribadire alcuni concetti di prevenzione. I pazienti con
una predisposizione all'alluce valgo, ed in particolare
SPECIALE Salute&Sanità Aprile 2014
con familiarità, con primo dito più lungo del secondo (piede egizio), è indispensabile che portino
delle calzature con un tacco non troppo alto (massimo tre centimetri) e con la parte anteriore della calzatura abbastanza larga. Sono assolutamente da
evitare, invece, le calzature cosiddette "a punta
stretta" che costringendo il primo dito ad una obbligata posizione verso l'esterno ed il quinto dito ad
una obbligata posizione verso l'interno determinano
una cattiva distribuzione del carico sulle teste metatarsali. È comunque ai primi sintomi, che sono la
comparsa di dolore durante la stazione eretta e la
deambulazione prolungata o la comparsa di gonfiore, rossore o callosità, che bisogna iniziare le indagini ed il trattamento adeguato. Il piede “normale”,
se ha un buon appoggio plantare e non ha conflitto
con il terreno o le calzature, non deve presentare né
dolore né arrossamenti o callosità. La loro presenza
significa che qualcosa non va e va curato precocemente.
della dolenzia metatarsale. Condizione indispensabile per l'ottenimento di un buon risultato è l'utilizzazione di un plantare correttivo "costruito su
misura" in carico (Fig. 5).La costruzione del plantare
deve essere realizzata con materiale morbido onde
aggiungere all'effetto correttivo anche un effetto
ammortizzante. La realizzazione personalizzata del
plantare, tenendo conto delle zone di sovraccarico,
permette di modificare adeguatamente i carichi di
appoggio statico e dinamico dell'avampiede mediante l'ausilio di “zone di scarico”. Se la costruzione
del plantare è corretta, sia come impostazione teorica che come realizzazione pratica, si potrà evitare
di dover ricorrere ad un trattamento chirurgico ed i
benefici della correzione saranno giudicati immediatamente dal paziente con notevole soddisfazione
per la scomparsa della ribelle sintomatologia dolorosa. Il trattamento chirurgico va riservato ai casi dolorosi gravi che non hanno tratto alcun benefico
dopo il trattamento eseguito. Il trattamento chirurgico delle metatarsalgie consiste in resezioni ed
osteotomie metatarsali selettive o globali (Fig.6).
Obiettivo primario dell'intervento chirurgico è l'eliminazione del sovraccarico. Il compito di realizzare
un corretto ri-allineamento metatarsale è quindi affidato al carico precoce. Approfondendo bene la
diagnosi clinica e strumentale ed eseguendo correttamente le correzioni con plantari o chirurgiche necessarie si ha quasi sempre ragione di metatarsalgie
ribelli ed altamente invalidanti.
TRATTAMENTO
Il trattamento nelle forme iniziali, con lieve sintomatologia dolorosa ma evidente sintomatologia
obiettiva come callosità e duroni, va eseguito con
plantari correttivi. Il trattamento con plantari può
essere anche realizzato nelle forme dolorose gravi,
allo scopo di alleviare la sintomatologia dolorosa a
livello dell'avampiede: infatti, ripristinandone l'equilibrio biomeccanico, si determina una scomparsa
2
Fig. 1 Metatarsalgia centrale
con callosità all’avampiede;
Fig. 2 Metatarsalgia centrale
in paziente con alluce
valgo grave;
Fig. 3 Piede cavo
con metatarsalgia e callosità
al primo e quinto raggio;
4
1
6
3
Fig. 4 Esame podoscopico
di metatarsalgia del secondo
raggio;
Fig. 5 Plantari morbidi
costruiti su calco con scarico
della regione centrale
metatarsale;
Fig. 6 Osteotomia basale
di accorciamento
del secondo metatarso
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