>FUORI PORTA< L'Azione 28 FEBBRAIO 2015 29 L'educazione in pericolo di FRANCESCA CIPOLLONI* Q uasi duemila persone in una Macerata considerata, troppo spesso, sorniona e distratta sui problemi che interessano la società, sono un evento. E, giornalisticamente parlando, rappresentano un fatto, una notizia. Questo è stato venerdì 20 febbraio, quando il cinema Excelsior e la chiesa dell’Immacolata, letteralmente stipati, quasi non sono bastate a contenere coloro che – credenti e non – hanno assistito all’incontro “Educati da chi?”, promosso dalla Diocesi di Macerata – Tolentino – Recanati – Cingoli – Treia e da numerose associazioni impegnate sul fronte della bioetica, e incentrato sulla proposta di legge Scalfarotto contro l’omofobia e sul tema dell’ideologia gender nelle scuole. Ad intervenire sul palco, forte di una dialettica convincente e di un’esperienza maturata in varie città d’Italia, l’avvocato Gianfranco Amato, presidente dei Giuristi per la vita (una task force di avvocati, filosofi del diritto e magistrati in grado di dare un contributo concreto in tutte le sedi in cui il diritto alla vita viene interpretato ed applicato), con un curriculum nutrito di studi e incarichi che testimoniano l’autentica volontà di informare, le famiglie in primis, su quello che sta accadendo nelle scuole italiane, nonostante le etichette attribuitegli (da “talebano ignorante” a “troglodita bigotto”) e gli accesi dibattiti con il mondo politico che guarda con favore al ddl, approvato alla Camera il 19 settembre 2013 e ignorato da gran parte dei cittadini italiani. Un dialogo basato su “Fides et ratio”, non comizi. Che l’atmosfera si scaldasse subito (e alla fine dell’incontro, con l’intervento di due giovani provocatoriamente contrari alle tesi sostenute da Amato) era prevedibile, quando in aper- tura è stato trasmesso un video sui campi di rieducazione in epoca nazista e l’intervento di papa Francesco – un passaggio ignorato da tutte le emittenti, tranne Tv2000 – sul gender e sul rischio della “colonizzazione ideologica” che imperversa nella moderna società votata al progresso e alla scienza. A chiarire i termini della serata, di fronte ad una platea rappresentata da educatori, insegnanti, sacerdoti, esponenti della politica maceratese e soprattutto loro, i genitori, c’ha pensato subito monsignor Nazzareno Marconi, Vescovo di Macerata – Tolentino – Recanati – Cingoli – Treia. “Papa Benedetto nella bella enciclica ‘Fides et ratio’ ricorda che per noi cristiani la fede e la ragione sono i più grandi doni che Dio ha dato all’uomo. Un cristiano, perciò, deve testimoniare la sua fede e dialogare ragionevolmente con ogni uomo”, ha esordito monsignor Marconi. “Questa è una crisi di civiltà a cui, per onestà, tutti dobbiamo opporci, anche quando certe idee ci potrebbero convenire. Perchè di certi temi – ha proseguito - non si deve ragionare, ma vanno accolti come verità indiscutibili? Questo è un fideismo laico che io non accetto. Come uomo, come italiano, come cristiano pretendo di ragionare su temi come l’educazione dei figli ed i contenuti che vengono proposti a scuola e da chi sono proposti. Per questo stasera vogliamo ragionare, non fare prediche o comizi, ma parlare di fatti concreti”. Omofobia: un problema giuridico. A prendere dunque la parola, con la vivacità locutoria che lo contraddistingue, è stato l’avvocato Amato che, grato per l’introduzione del vescovo Marconi, ha precisato come il problema “non è l’omosessualità, bensì l’omofobia”, citando la Costituzione italiana e scandendo la propria analisi attraverso domande capaci di ‘provocare’, intervallate Il gender messo a tema a Macerata da una carrellata di episodi concreti avvenuti l’ideologia gender viene inserita nei progetti nelle classi scolastiche del Paese. “Per la pri- educativi delle scuole primarie e secondarie, ma volta nella storia del nostro ordinamento senza un coinvolgimento legittimo da parte giuridico - sostiene Amato - si tenta di intro- dei familiari: vere e proprie filastrocche in cui durre un reato senza definirne il presupposto. si propongono ai bambini nuovi modelli di Il ddl Scalfarotto, infatti, non definisce cos’è famiglia, mediante una “antropologia del tutto l’omofobia: nessuna legge in Italia definisce capovolta”. “Quando la scienza è asservita il concetto di omofobia. Il rischio, quindi, è all’ideologia e al potere c’è da interrogarsi – ha messo in guarche sarà, quindi, dia il giurista – e la definizione di in Italia, dal caso questo concetdell’insegnante di to verrà rimessa Moncalieri alla alla discrezionavicenda Barillità del singolo la, sono numegiudice, secondo rosi gli esempi la sua personale in cui si fa della sensibilità e vidiscriminazione sione del monun pretesto strudo”. In virtù della mentale: quando “forza pedagoperò l’incrostagica” che scazione ideologica è turisce da ogni così forte, diventa definizione legidifficile ragionare slativa, in materia e, a settant’anni di orientamento Macerata, 20 febbraio: incontro ''Educati da chi?'' dalle leggi raziasessuale “qual promosso dalla diocesi di Macerata (foto Sir) li imposte da un è il messaggio culturale che, attraverso l’insegnamento regime totalitario, è opportuno chiedersi se scolastico, passerebbe ai nostri figli? C’è da siano queste le conquiste della democrazia”. interrogarsi se, un domani, dovremo parlare, Quanto all’indottrinamento del gender nelle scuole, Gianfranco Amato non ha dubbi: “a piuttosto, di eterofobia”. In classe, la scienza asservita all’ideo- favorirlo sono le lobby e il business che ruota attorno alle cliniche, nonchè al bieco mercato logia. Memori del fatto che a sancire “il diritto di ‘umano” finalizzato all’inseminazione”. Una priorità all’educazione dei figli” è la Dichiara- “galleria degli orrori”, ha concluso l’avvocazione universale dei diritti dell’uomo, Amato to, “di cui i cittadini vanno informati, a futura - libretti e opuscoli alla mano - ha dunque memoria, a futura vergogna”. *direttore settimanale "Emmaus" di Macerata posto l’attenzione sui metodi tramite cui Quando i detenuti diventano poeti P erché un detenuto scrive poesie? E’ l’interrogativo che si pone Pecunia Rosp all’indomani della presentazione del libro “Pen(n)a di poeti”, una raccolta di liriche scritte nel carcere pesarese di Villa Fastiggi (e delle quali pubblichiamo “Un angolo di mondo”); Parte Nopeo 2001 riflette invece sulla sua Napoli, il cui melting pot diviene metafora di un’ auspicata tolleranza: nell’ estratto da "Penna Libera Tutti" di febbraio. Silvia Ragni PEN (N) A DI POETI E’ giunto a conclusione il corso di scrittura creativa, per quest’anno dedicato alla poesia, 29 fuori porta.indd 2 con la cerimonia di presentazione del libro che contiene le opere di una ventina di detenuti/ e. Il libro s’intitola “Pen(n)a di poeti” e contiene il risultato di sette-otto mesi di incontri settimanali con i rappresentanti dell’OFFICINA Associaziodell’ Onlus, i quali ne Culturale Onlus ci hanno trasmesso la loro trascinante dedizione all’arte dello scrivere e del rappresentarsi, esprimendo non solo quello che ci piace di noi, ma anche e soprattutto quello che nascondiamo persino a noi stessi. Perché scrivere (o leggere) delle poesie? Per un vezzo intellettuale, caricaturandosi in grottesche imitazioni di celebri poeti, o per tentare finalmente di riuscire a capire qualcosa di più del proprio strato più profondo? Naturalmente propendo nettamente per la seconda che ho detto… ma non tanto per fare“quello sensibile e colto”, quanto per sottolineare quanto differente sia, scrivere e leggere poesie, dall’operazione relativa alla più comune narrativa in prosa. Sono letteralmente innamorato di questa forma espressiva, ma devo dire molto più per quanto riguarda la scrittura, rispetto alla lettura; quando m’approccio ad un componimento, non so mai quello che scaturirà dalle mie dita sulla tastiera, fatico tanto prima di essere convinto di ciò che mi appare tracciato sullo schermo, quasi che venga a scoprire, ex novo, parti della mia anima sconosciute, o forse autocensuratemi. Da dilettante, quale io sono, riesco unicamente a proporre tematiche ed argomenti che si rifanno al mio vissuto più lacerante, ai mostri che azzannano costantemente i sonni e le illusioni d’un uomo in perenne ricerca di demarcazione dalla mediocrità, suggerita da contesti grevi e soffocanti, tipo…questo..? (…) Noi detenuti siamo una razza un po’strana, ci teniamo ad affermare le diversità ed il risentimento, nei confronti di una società abbastanza cieca di fronte alle nostre sofferenze, però quando si tratta di esternare il meglio di noi, allora forniamo discrete alternative a chi ci vorrebbe recepire solo come biechi malviventi, privi di valori e civiltà. Ben vengano, perciò, corsi di questa levatura, poiché “di non solo pane si nutre l’uomo”… pEcunia roSp UN ANGOLO DI MONDO Dai alla mente la ragione di vita. Dai al tuo cuore la ragione d’amare. Devi essere forte non arrenderti mai, combatti e vincerai. Non sei solo nel mondo, e quindi non sei il più forte. Tanti ostacoli troverai sul tuo cammino, tante persone che ti faranno male. Ma tu non arrenderti, perché sei vivo. Devi essere tu a crearti un destino, non dare agli altri lo spazio di farlo per te, chiudi i pugni e combatti, non cadere giù. Non fermarti davanti a porte blindate, o macchine sofisticate, siamo noi che le abbiamo create. E se vuoi un piccolo angolo di mondo, vai avanti e non fermarti. Pancrazio Doti PARTENOPEO, TRA LE RIGHE ll lettore cd suona la musica di Pino Daniele, l’album è Medina e racconta di una Napoli, melting pot dove si mischiano le radici dell’antica Partenope, nome della sirena che diede battesimo alla città, alle tendenze dei popoli di tutto il mondo, dove l’unico potere in cui sia possibile credere è quello della gente che alla morte di un re, come ad una nuova elezione presidenziale, afferma festante: ‘’E’ muort o’rrè, evviva o’ rrè!”. La melodia mi ricorda quando falcavo con l’energia di un neo-diplomato il Corso Umberto in direzione dell’Università degli Studi Federico II. Oggi, da anfitrione della mia bella città, sono diventato ospite della Casa Circondariale di Pesaro, eppure mi pare di essere ancora lì (…). Nel frattempo canti arabi di preghiera mi riportano allo scenario suggestivo del mercato su strada di Porta Nolana ed in fondo percepisco che siamo stati precursori di un’ apertura a nuovi popoli che adesso coinvolge tutto il Paese, che però non riesce a garantire a tutti un impiego dignitoso offrendo come sole opportunità il lavoro in nero sè non la delinquenza. Un amico mi ripete spesso che il “colore” di una città è fatto di cose affascinanti quanto di cose sporche e capisco che quando ci si lascia sedurre dal torbido la visione si confonde e non si riesce a discernere le due parti del Sublime: il dannoso dal bello. Consapevole di questa distinzione, memore della lezione carceraria, capisco chi dice che la bellezza salverà il mondo. “Capire il clandestino che si ha nel cuore”, come canta il buon Pinuccio. Capire che l’accoglienza vuol dire prima di tutto tolleranza ed ospitalità e che un’efficiente realtà carceraria deve mirare al reinserimento della persona in un sistema che ne rispecchi il buon funzionamento. Parte Nopeo 2001 25/02/15 11.30