Grafica e revisione a cura di Carla Ceci Da alcuni anni il Laboratorio Studio Arti Tessili “La Congrega” e il Laboratorio di Rilegatura d’Arte “Librare”, stanno lavorando alla valorizzazione del legame tra il sapere artigiano e la rete museale. All'interno di un più vasto Progetto Integrato, promosso dalla Regione Marche e coordinato dalla CNA provinciale di Ancona, si è individuato un percorso culturale che mira alla valorizzazione del Centro Storico della città di Ancona, esaltando i legami tra arte e artigianato. Abbiamo trovato nel manufatto camicia, un pretesto per disegnare il percorso. Un itinerario di scoperta, con cartina alla mano, nelle principali Sedi Museali della città, dove è stata rintracciata almeno una camicia che avesse la propria storia da raccontare e nei 2 Laboratori Artigiani dove di camicie in mostra ce ne saranno un mucchio. Queste camicie selezionate provengono dalla Banca Dati del Tessile che il laboratorio La Congrega ha collezionato nel tempo a coprire un arco temporale di oltre 250 anni; una raccolta di oltre 3000 manufatti tessili. Per questa occasione verranno esposte bellissime camicie dallo stile classico allo stile casual, da uomo e da donna, preziosamente ricamate e da lavoro. Una panoramica su un capo così diffuso e versatile che accompagna la storia dell'umanità da secoli. Per lasciare una traccia scritta dell'intrigante percorso proponiamo questo quaderno che accompagni e arricchisca di contenuti il viaggio tra le camicie. La pubblicazione è stata possibile realizzarla grazie alla cura di un team di giovani collaboratori, coordinato dalla Storica dell'arte Maria Adelaide Lorenzetti Mazzoni. La grafica e la revisione dell’elaborato sono a cura di Carla Ceci. Al suo interno la camicia ė analizzata da vari punti di vista che vanno dalla storia dell'arte all’uso del termine camicia nel linguaggio. I 2 laboratori Quando sono stata invitata a partecipare al Progetto, ho accettato con piacere e con l’entusiasmo di una “vecchia romantica ricercatrice”, ma ho pensato fosse giusto coinvolgere in questa opportunità dei giovani e validi collaboratori cui trasmettere la mia esperienza e le mie competenze. “Prima però di addentrarsi nello studio di un argomento bisognava acquisirne il linguaggio, entrare nel significato della terminologia”. Questo monito del mio professore di Lettere del Liceo, una sorta di mentore per tanti studenti, per me da tempo regola di vita, da subito ben recepito e presto condiviso nelle scelte e nella ricerca, ha portato a un risultato molto positivo: la realizzazione di un breve opuscolo, il cui titolo La Camicia. Arte, Documenti, Moda e Linguaggio” è stato pensato come compendio ai quattro contributi così articolati: - “La Camicia incontra l’Arte. L’evoluzione e il percorso della Camicia nella Storia“ di Francesco Duranti, traccia un breve ed esauriente excursus sulla camicia come indumento, la sua tipologia, il suo uso e il suo significato nell’ arte e attraverso la storia del costume; - “Dalla Camisia alla Camicia. La storia dell’indumento nei documenti e nella moda” di Carla Ceci, illustra l’evoluzione della camicia attraverso la storia e gli strumenti della moda, nei documenti, nelle fotografie e nell’editoria specializzata; -Dalle Camiciaie alle Camicerie, di Michela Tabioca, ripercorre il percorso evolutivo dell’artigianato della camicia fino all’industria della camiceria, con particolare riguardo alle eccellenze del territorio di Camerano; -La camicia nel linguaggio, a cura di Stefania Giuliani tra locuzioni, modi di dire, proverbi e detti, racconta il significato del termine “Camicia”, nel vocabolario della lingua italiana. Semplice e dignitoso, ma molto gradevole nell’aspetto tipografico, di agevole lettura per il contenuto divulgativo, questo elaborato che ora fa da supporto al percorso espositivo, può costituire un punto di partenza per meglio indagare e approfondire un aspetto del settore del tessile ancora tutto da scoprire. Maria Adelaide Lorenzetti Mazzoni LA CAMICIA INCONTRA L' ARTE. L’EVOLUZIONE DELLA CAMICIA NELLA STORIA DELL' ARTE. La camicia, indumento base dell'abbigliamento sia maschile che femminile, la troviamo sul panorama storico e artistico mondiale sotto le più svariate forme, da migliaia di anni, in tutte le culture. Una delle forme più antiche di camicia, costituita da due teli rettangolari cuciti sulle spalle e lateralmente, priva di maniche e colletto, che fungeva da sottoveste, è la tunica interior, in lino o cotone, che vediamo comparire nel III secolo d.C. a Roma. Fino all’anno Mille, in Europa, la camicia è un capo normalmente nascosto, intimo, che aveva spesso la forma di T con le maniche lunghe fino a metà braccio e tagliate in un unico pezzo con il corpo della camicia. Il camis ornamentale, in uso presso i persiani, sarà importato in Occidente dai crociati e definirà il modello tipo della camicia con le maniche tagliate separatamente e unite al corpo con scollo circolare e aperto fino al petto. La camicia, con la sua evoluzione e con le sue differenziazioni tra maschile e femminile, è strettamente legata alla moda degli abiti che tendono a metterla in evidenza, a partire dal XII secolo. Negli inventari delle famiglie toscane rinascimentali, con relative valutazioni in fiorini, le camicie femminili risultano sempre più valutate rispetto a quelle maschili perché più preziose e ricercate; erano spesso realizzate in casa, in lino e ornate da ricami in fili d'oro, d'argento e di seta. La camicia femminile s’intravede dalla veste in alcuni punti, ciò definisce la moda del periodo: il bianco fuoriesce allo scollo dell'abito, lungo lo sparato delle vesti e attraverso le aperture delle maniche creando lo sbuffo (Fig. 1). Figura 1 - Raffaello Sanzio la camicia diventa più Successivamente (Urbino 1483 – Roma 1520) tratto di gentil donna o La Muta. visibile sia negli ornamenti che nella ricchezza del tessuto e ne sono testimonianza i numerosi ritratti 'alla moda' dei maggiori artisti dell'epoca. In molti casi la camicia emerge in modo evidente dall'abito: colletti alti e rigidi che da semplici strisce bianche si allargano e diventano arricciature bordate di pizzi; l'accessorio diventa sempre più particolare e richiede una più ricercata confezione e aumentano le varianti: lattuga e golilla in Italia, freise in Francia. A metà del XVI secolo, la gorgiera, di moda in Spagna, generalmente realizzata a nido d'ape o a ruota di mulino, prende piede in tutta Europa e diventa simbolo di potere e ricchezza. Abbiamo così rigide figure inserite in abiti di rappresentanza e ufficiali; le gorgiere realizzate in mussola, in lino o in trina, cucite e plissettate e talvolta sorrette da un'anima in fil di ferro, richiedevano una precisa e attenta inamidatura e relativa manutenzione. Questi sono i particolari che maggiormente vengono osservati dai ritrattisti Figura 2 - Lavinia Fontana (Bologna 1552 – ufficiali perché mostrano l'opulenza e Roma 1614) Ritratto di dama con cagnolino tutta l'ufficialità del committente (Fig. (Ginevra Aldrovandi Hercolani); 2). Nel Seicento, le rigide ed evidenti ruote, lasciano spazio ad intagli e ricami che si allungano fino alle spalle: è il periodo dell'ampio colletto bianco sugli abiti neri degli olandesi. Il colletto della camicia diventa una sorta di fascia ornata da trine e fissata da uno spillone arricchita dallo Jabot, soffice e crespato elemento elegante della borghesia settecentesca; i polsi a più strati, realizzati in pizzo, in seta o in mussola di lino, sono accessori che vengono applicati al corpo della camicia mediante asole e bottoni. In Francia, con l'arrivo della rivoluzione, il palcoscenico della moda, prima costituito dalla corte e dal salotto borghese, diviene la piazza e la camicia, da indumento lussuoso del benessere, si trasforma in abito del popolo e non è più il capo riservato a pochi. Sotto al gilet a strisce, i sanculotti della Parigi ribelle, portano ampie camice di cotone grezzo con colletto a listello e aperture lunghe sul petto. In epoca neoclassica la camicia assume il grado di abito esterno in ambito maschile e femminile; nel nuovo classico si riscopre la camicia del mondo antico greco e romano che diventa un capo unico col compito quasi di esaltare la libertà de corpo. Rigorosamente bianca, lunga anche fino ai piedi, plissettata, con coulisse e tagliata al seno (Fig. 3). L'Ottocento, il secolo della nuova borghesia, ci propone la nascita dell'abbigliamento moderno; l'abbigliamento maschile, composto di giacca, pantaloni e gilet, soprattutto nell’immancabile camicia registra la moda del nuovo stile: Figura 3 - Jacques Louis rigorosamente a manica lunga, con il retro David (Parigi 1748 – Bruxelles 1825) Ritratto di allungato, con spacchi laterali e con colletto e Madame de Verninac. polsini rigidi e staccabili. La camicia viene ora ornata e rinforzata da una striscia di stoffa che la attraversa da spalla a spalla e che prende il nome di sprone e dallo sprato, realizzato a parte, ed applicato sul davanti; ne vediamo con pieghe piatte, con pieghe larghe e inamidate e con intarsi di trine e con cinque pieghe seguite da una sesta più larga, che ricordano da vicino il pentagramma musicale. I colletti e i polsini vengono realizzati in più modi: vediamo colletti con estremità arrotondate, a colletto basso o rovesciato e colletti alti e rigidi che conferiscono alla persona un tono solenne e di potere, rigorosamente bianchi e staccabili per una più semplice pulitura. E' il tempo di Oscar Wilde, Gabriele d'Annunzio, Marcel Proust e Lord Brummel che definiscono il mito dell'eleganza e del dandy, dove l'estetica rispecchia la vita elegante del colto raffinato e del viaggiatore. L'ottocento nell'abbigliamento femminile trova nella camicetta l'accessorio più espressivo dell'abito a due pezzi; sono rielaborati tutti gli stili della camicia da giorno, della sottoveste, dell'abbigliamento intimo e della camicia da notte. La camicetta è realizzata con tessuto leggero, sempre bianca, arricchita da inserti di pizzo generalmente francese, da ricami, nervature, fitte piegoline e jabot di pizzo. Nel primo Novecento, questo capo contribuisce con decorazioni sul petto, a rimarcare lo sviluppo della linea a S e i baveri alti che ben aderiscono al collo, permettono una posa eretta capace di accogliere le tipiche acconciature liberty (Fig. 4). La camicia, capo che rappresenta l'eleganza 'classica’ e 'formale' del valore che la borghesia ottocentesca gli ha conferito, diviene con l'ingresso nel mondo del lavoro della donna, uno degli accessori maschili più copiato per la moda femminile. Figura 4 - Daniele Ranzoni (Novara La camicia è il capo che maggiormente si 1843 – Verbania 1889) Ritratto di carica di connotazioni e significati grazie al giovane donna. suo vissuto e al suo rigore formale: dal lavoratore in maniche di camicia, al contadino con la camicia a scacchi, alla camicia nera, alla camicia da sposo, quell'indumento diventa il capo che contraddistingue la condizione e l'occasione di chi lo indossa; da qui i numerosi detti e proverbi che si servono della camicia. La camicia, ormai divenuta indispensabile nel guardaroba maschile e femminile, resta pur sempre un capo di varie tipologie e tessuti che la differenziano per le varie circostanze (da giorno, da notte, da cerimonia, da lavoro, o addirittura seducenti e intriganti). Ora, con l'avvenuta conquista della moda unisex, la camicia maschile da quella femminile resta pur sempre riconoscibile dalla foggia del colletto e dall'abbottonatura. Il percorso della moda con la camicia attraverso l'arte, disciplina che con la sua disinvolta immediatezza ci educa sempre all'apprezzamento della storia, assume il grado di documento che mostra l'evoluzione del gusto e dello stile che non avviene soltanto attraverso prospettive, scorci e interni immortalati sulla tela, ma anche attraverso un semplice ma importante indumento che da intimo diventa vero e proprio capo d'abbigliamento. La camicia così riesce ad avere un carattere educativo da cui riusciamo a comprendere l'evoluzione del gusto e dello stile. Francesco Duranti DALLA “CAMISIA” ALLA CAMICIA. LA STORIA DELL’INDUMENTO NEI DOCUMENTI E NELLA MODA Il termine latino “camisia” comparve nei documenti già a partire dall’XI secolo indicando una veste di stoffa leggera, lunga fino ai piedi o al ginocchio, dotata di ampie maniche, che veniva indossata a contatto con la pelle e sotto altri capi d’abbigliamento, sia dagli uomini che dalle donne. Il riferimento a tale indumento risulta piuttosto frequente nell’ambito delle fonti notarili, come i Protocolli, di grande rilevanza storica ai fini della ricostruzione di un territorio e delle sue istituzioni giuridico amministrative. Non da meno i Testamenti, i Lasciti, i Legati, in particolare i Capitoli Matrimoniali o le Costituzione di dote o Carte dotali, venivano stipulati indifferentemente a vari livelli della gerarchia sociale, in presenza di un notaio e di testimoni, e prevedevano l’elencazione e la stima di ogni singolo bene riferito alla situazione. Poteva trattarsi di terreni, gioielli, stoviglie e ovviamente di vestimenti. Informazioni più accurate si individuano nei documenti delle classi sociali più agiate, come nelle carte che in maniera dettagliata descrivono le ricchissime doti: nelle “robe per di sotto” si trovava la “camisa”, spesso descritta come “camisa de tela de Cambraia cum li lavori fatti a groppe doro et seta nigra, morella o verde”. Nella biancheria del corredo dotale della leggendaria principessa Sissi, compare il riferimento a “quattordici dozzine di camicie, di cui una dozzina con deliziosi pizzi di Velanciennes”. Nel caso di atti stipulati dalle famiglie dei ceti popolari, la camicia, se menzionata, era presente in uno o due esemplari e non sempre affiancata dall’annotazione di “buona, nuova o usata”. Negli archivi delle istituzioni di assistenza e beneficenza come ospedali, befotrofi, orfanotrofi, conservatori, asili infantili, monti di pietà e di pegni, amministrati da Confraternite, Misericordie, Compagnie, sono presenti fin dal XV secolo i registri “delle robbe”, dove potevano essere annotati ogni sorta di vestimenti, tra cui l’indumento camicia, che risultava spesso confezionato con la tela di vecchie lenzuola. Invece nei libri in cui venivano registrati i Progetti, gli Esposti, gli Innocenti, i Bastardelli o i “Gettarelli”, si poteva trovare una succinta descrizione dei panni, spesso miseri e laceri, come fasce, piette o piagette, che avvolgevano i neonati abbandonati. Più raramente la camicia, declinata nelle varianti di “camigina” o “camigiola”, era realizzata “in panno di lino”, di mussolo” o “di Cambrich”. Negli archivi ecclesiastici, negli inventari dei beni delle parrocchie e delle diocesi, tra i paramenti sacri e le vesti liturgiche della categorie degli “inferiori”, si trova documentata un altro tipo di camisia,, detta anche “tunica alba”, lunga fino ai talloni e realizzata con tessuto di lino bianco. Si trattava sostanzialmente del “Camice” stretto in vita dal “cingulum”, utilizzato dal sacerdote e diacono come sottoveste e dal suddiacono come sopravveste. Tale indumento, molto semplice nei primi secoli del Cristianesimo, dal Rinascimento perse il suo aspetto originario e grazie alla diffusione dell'industria del merletto si trasformò in un prezioso indumento di pizzo. I migliori esemplari, usciti dagli armadi delle sacrestie, per l’importante valenza della loro simbologia iconografica, sono conservati nei numerosi musei diocesani a testimonianza di una storia d’arte e di fede. Negli archivi dei monasteri, specialmente femminili e di regola benedettina, all’officio delle camicie erano addette le monache definite “pannare o vestiarie”, e il riferimento a questo indumento poteva trovarsi nei Memoriali o Ricordanze, negli Annali o nei Libri contabili, oppure nelle Cronache, Testimonianze, Corrispondenze e anche nei Registri dei beni che il monastero riceveva da benefattori e in occasione delle monacazioni. Figura 5 - I Signori Antonio e Rosa Borbiconi di Pergola 1911 Con l’invenzione della fotografia, le immagini iniziarono a documentare in modo del tutto nuovo la storia del costume. Infatti, negli archivi degli studi fotografici e nelle raccolte private, è possibile scoprire una miniera ricca di ritratti personali o di gruppo, che consentono di ripercorrere l’evoluzione della camicia che da “roba di sotto” diventa “roba di sopra” (Fig. 5). Negli archivi delle aziende operanti nel settore della moda, oltre alla documentazione amministrativa e contabile e ai prodotti di campionario, si trovano di frequente disegni, bozzetti, cartamodelli, modelli, figurini, fotografie, una vasta iconografia dei vestimenti e in particolare della camicia, ormai affermatasi come vero e proprio capo d’abbigliamento. A testimoniare e determinare il cambiamento di percezione del vestiario, sono lo sviluppo della stampa di moda, soprattutto femminile, un vero e Figura 6 – Rivista “Mani di fata” proprio fenomeno editoriale, le cui prime testimonianze in Italia si individuano già dalla seconda metà del XIX secolo. Nascono le riviste dedicate ai lavori femminili, come “Mani di Fata”, che contribuiscono all’affermazione della moda di mercato, accessibile a tutti (Fig. 6). Determinanti a questo proposito sono gli strumenti del figurino e del cartamodello, particolarmente diffusi nel Ventennio fascista, editi dalle case produttrici di macchine da cucire, per maglieria, e di altro materiale del settore, che contribuiscono a diffondere l’idea di una moda a portata di tutti. Nei figurini erano evidenziati con grande cura i dettagli, mentre il cartamodello, un foglio di carta leggera su cui sono riprodotti i contorni e le linee principali, costituiva un valido supporto per confezionare l’indumento. Nel lungo percorso della sua storia e nell’ evoluzione delle sue fogge, la camicia, insieme a tutti gli altri vestimenti è stata documentata nelle carte, raffigurata nell’arte, rappresentata nella fotografia, poi divulgata dalla stampa e dall’ editoria, commercializzata dall’ industria, studiata in maniera trasversale, tale da consentirne l’esposizione e la fruizione della sua storia nel tempo. Oggi tracce di questa storia sono visibili grazie al nostro patrimonio artistico e archivistico, non solo nelle Collezioni delle più importanti Maison, nelle Biblioteche e negli Archivi storici pubblici e privati, ma anche nelle botteghe artigiane e nei musei del territorio, sulla scia di una progressiva riscoperta delle tradizioni artigianali locali. Carla Ceci DALLE CAMICIAIE ALLE CAMICERIE. L’ ARTIGIANATO E L’INDUSTRIA DELLA CAMICIA A CAMERANO. “Non è la moda a fare la storia, ma la sartoria”. Se nella storia del costume la camicia è sempre stata parte dell'abbigliamento intimo, è nel Novecento che il capo diventa à-porter. Il lavoro delle cucitrici, esercitato per secoli in ambito familiare, con la ritualità antica dei gesti che gli sono propri, si spostò nei laboratori dove le camiciaie presero confidenza con le prime macchine da cucire e gli oggetti di sartoria, per una clientela che nel tempo divenne sempre più selezionata. In tutte le Marche la micro imprenditorialità dell’industria a carattere semiartigianale cominciò ad aumentare il suo peso nell'economia, anche se i diversi settori delle imprese non si distribuirono capillarmente e uniformemente su tutta la Regione. Il comparto del tessile e dell’abbigliamento si concentrò prevalentemente in quella che oggi è considerata la Jeans Valley dell’entroterra pesarese, comprendendo anche Filottrano e Camerano, centro attivo di bustai e dei berrettifici. Qui quasi tutte le donne del borgo lavoravano in casa, a cottimo, per conto di piccole aziende. Quando per la crisi post-bellica, i titolari decisero la chiusura delle attività, alcuni politici socialisti si adoperarono per costituire una cooperativa di lavoro, “l’Emancipatrice” (popolarmente detta dei Socialisti). Quasi in contemporanea, il parroco della cittadina si fece fautore di un’iniziativa analoga. Con l’aiuto della parte politica popolare-cattolica, ricostituì una cooperativa per la fabbricazione di busti e berretti, l’ “Unione Cooperativa” (detta dei Preti). Le due cooperative, concorrenti ma non avversarie, occupavano due immobili nel centro dell’abitato e per diverso tempo concorsero positivamente all’ economia del paese. Con l’avvento del fascismo, nel 1926, le due attività si fusero nel “Berrettificio Imperia Cooperative Riunite”, una piccola impresa, con manodopera completamente femminile, che per rilanciare un mercato in flessione, aveva iniziato la produzione di camicie e in seguito anche di giacche militari commesse dal Ministero della Guerra. A Camerano, lo spirito imprenditoriale delle aziende tradizionali nel settore della camicia, continua ancora oggi a coniugare l’esperienza e la tradizione dell’arte sartoriale, sotto marchi che costituiscono un’eccellenza della Regione Marche dal punto di vista industriale e commerciale. Purtroppo la storia e l’evoluzione di queste imprese risulta scarsamente documentata per l’indiscriminata eliminazione di campioni, bozzetti, modelli, tessuti e materiali, materiale grafico e fotografico di una produzione che ha fatto la moda e lo stile di una realtà territoriale, conosciuta nel mondo. Michela Tabioca LA CAMICIA NEL LINGUAGGIO Nella lingua italiana parlata e scritta, molte sono le locuzioni, i modi di dire, i proverbi riguardanti la Camicia, altrettanto numerosi quelli che si incontrano nei numerosi dialetti della Penisola. Qui di seguito sono riportate le più importanti espressioni entrate nel Dizionario Enciclopedico della Lingua Italiana e accreditate dall’ Accademia della Crusca. Camicia 1. (Lat. tardo camisia(m), di orig. Incerta. Indumento di tessuto, generalmente leggero (cotone, lino, seta, ma anche flanella e lana abbottonato sul davanti, con colletto e maniche lunghe o corte, che ricopre la parte superiore del corpo. Indumento di tessuto generalmente leggero, con colletto e maniche lunghe o corte, che ricopre la parte superiore del corpo. Il termine è documentato dal Trecento, quando designa una veste di stoffa leggera lunga fino ai piedi o al ginocchio, con ampie maniche, indossata a contatto della pelle e sotto altri capi d’abbigliamento dagli uomini e dalle donne. Nel corso dei secoli, la c. si caratterizza come indumento di lusso, spesso ornato di pizzi e merletti; fino al Settecento è presente quasi esclusivamente nei corredi nobiliari prima e in quelli borghesi poi; la lunghezza va diminuendo per adeguarsi all’evoluzione parallela dell’abito maschile e femminile. Nell’Ottocento è spesso impreziosita da elementi complementari, quali lo jabot, il carré o lo sparato, colletto e polsini staccabili. I tessuti sono tela batista e seta, il colore è il bianco, segno di distinzione e di rango sociale. Nel XX sec. si diffondono camicie colorate, nei tessuti più vari. 2. Nel linguaggio burocratico o archivistico, il termine è usato per indicare la cartella o fodera che custodisce documenti o carte. Normalmente le camicie condizionano i fascicoli e gli eventuali sottofascicoli; sulle camicie possono essere indicati l’oggetto, la cronologia, la classificazione o la segnatura della unità archivistica e più raramente l’elenco degli atti contenuti. 3. Nel linguaggio della scultura, il termine è usato per indicare il procedimento di fusione in bronzo adoperato frequentemente da Benvenuto Cellini (1568) per indicare lo strato di rivestimento (di cera, gesso un particolare composto di terra e cimatura), con cui si preparava il modello per il “getto” del bronzo. 4. Nel linguaggio della falconeria, il termine è usato per indicare il telo in cui si avvolgono e si legano i falconi per addestrarli alla caccia. 5. A seconda della colorazione, la camicia indica la divisa propria di un corpo o degli appartenenti alle formazioni paramilitari: ‐ Camicia azzurra: divisa dei cosiddetti ‘Sempre pronti’, nazionalisti italiani organizzati dopo la fine della Prima guerra mondiale in formazioni di tipo militare, che confluirono nel partito fascista. ‐ Camicia bruna (ted. Braunhemd): adottata per la prima volta a Monaco nel 1924 dalle SA, e poi dalle SS e dai dirigenti politici del partito nazionalsocialista e divenne la camicia bruna divenne il simbolo e l’emblema del Partito Nazista ‐ Camicia nera: assunta come elemento caratteristico dell’uniforme per significare la derivazione dagli Arditi, la camicia nera divenne il simbolo degli appartenenti al movimento fascista. Poi più particolarmente si dissero camicie nere i militi inquadrati nella Milizia volontaria per la sicurezza nazionale. ‐ Camicia rossa: chi militò con Garibaldi. Denominazione popolare dei garibaldini, dalla spedizione di Sicilia in poi, quando, a imitazione del loro capo, adottarono camicia di lana scarlatta. ‐ Camicia verde: dal 1919 divisa degli gli iscritti alla Guardia di ferro, in Romania. Erano anche noti come guardisti o legionari. 6. Nell’industria e nella meccanica, il termine è usato genericamente per indicare un involucro di spessore, relativamente sottile, avente funzione protettiva o di rivestimento; intercapedine destinata ad essere percorsa da un fluido. ‐ Camicia d’ acqua: nelle macchine a stantuffo, involucro che circonda la canna per contenere l’acqua o il liquido refrigerante e anche l’intercapedine corrispondente costituita da una doppia parete e percorsa da acqua per raffreddare la parete di apparecchiature, motori, forni ecc., funzionanti a temperatura elevata. ‐ Camicia d’aria: intercapedine disposta nelle pareti dei forni per ridurre la dispersione del calore Intercapedine che si dispone nelle pareti dei forni per ridurre le dispersioni di calore; tra la parete interna e quella esterna della camicia si sogliono disporre dei tramezzi per ridurre i moti convettivi dell’aria, i quali ridurrebbero sensibilmente l’efficacia di isolamento della c. stessa. ‐ Camicia del cannone: tubo interno alla canna di un pezzo di artiglieria, che può essere sfilato e sostituito quando è logoro ‐ Camicia del cilindro: nelle macchine alternative a fluido, la superficie interna del cilindro entro cui scorre lo stantuffo. Può essere ricavata per fusione in blocco insieme alla parte esterna del cilindro (inviluppo), come è normalmente nei motori a scoppio per autoveicoli. Invece nei cilindri dei motori per aerei la c. è fusa separatamente, e su di essa è riportato, per mezzo di saldatura, l’inviluppo, costituito da un lamierino d’acciaio dolce. ‐ Camicia di vapore: intercapedine in cui circola vapore proveniente dalla caldaia, che avvolge l’intero cilindro di una macchina a vapore allo scopo di ridurre la condensazione di vapore (e quindi le perdite) sulle pareti relativamente fredde del cilindro. Camisàccio [pegg. di camisa, forma dial. di camicia]. – nel linguaggio della marineria, il termine è usato per indicare il camiciotto di tela robusta usato come tenuta di fatica dai marinai della marina militare. Camicia di letame In agricoltura il termine è usato per indicare quello strato di letame che serve per proteggere le colture nel semenzaio. Camicia di paglia In zootecnia il termine è usato per indicare la copertura di copertura di paglia a riparo degli alveari. Camicia di calce Nell’edilizia civile, il termine è usato per indicare lo strato dello spessore di 2-3 cm di malta di calce che si distende su un sottofondo rustico (solaio, massetto ecc.) e si liscia superficialmente per assicurare un piano di forza regolare alla sovrastante pavimentazione. Camicia di muro Nell’ edilizia civile, il termine è usato per indicare il rivestimento fatto ai muri per combattere l’umidità. Camicia di forza In psichiatria, il termine è usato per indicare il mezzo di contenzione, costituito da una specie di corsetto a forma di camicia di tela robustissima con maniche chiuse che si allacciano dietro la schiena e impediscono il movimento delle braccia cui si faceva ricorso in passato per immobilizzare gli alienati in stato di agitazione. Camicia di fuoco Pezzo di tela spalmata di una particolare miscela incendiaria. Camicia di maglia Specie di cotta di maglia di ferro indossata anticamente dai cavalieri che un tempo si portava per difesa perdonale. Camicia tipografica Nel linguaggio tipografico (detta anche panno o timpano), il termine è usato per indicare il tessuto impiegato per rivestire il cilindro della macchina da stampa. Camicia della vela Nel linguaggio nautico, il termine è usato per indicare la fodera che avvolge una vela di taglio; quando è serrata, in una vela quadra, la parte che fa da involucro alla vela medesima. Uova in camicia Nel linguaggio gastronomico, il termine è usato per indicare le uova bollite senza guscio in acqua acidulata con aceto. Aforismi “Bisogna essere giusti prima che generosi, come si hanno delle camicie prima di avere dei pizzi” (Nicolas de Chamfort, Massime e pensieri, 1795) “La crudeltà è un lusso da oziosi, come le droghe e le camicie di seta” (Marguerite Yourcenar, Il colpo di grazia, 1939) “Colla veste non si muti non si muti il sentire e camicia più pulita non copra anima sudicia” (Niccolò Tommaseo) Proverbi e modi di dire sulla camicia All' uscita, brache e camicia; e all'entrata, la rocca è inconocchiata A luna calante, nascono i maschi, a crescente, le femmine. Andare fra la camicia e la giubba Si dice di qualcuno che mangia con poco appetito. Avere la camicia che non tocca il culo Insuperbirsi, assumere un atteggiamento orgoglioso per un successo ottenuto. L'immagine è quella di una persona che comincia a camminare con aria impettita, facendo così uscire la camicia dalla cintura dei pantaloni. Avere la camicia sudicia Essere reo di qualche misfatto. Camicia da notte Nel linguaggio dell’abbigliamento il termine è usato per indicare la tunica femminile di tessuto leggero, lunga anche fino ai piedi, che si indossa andando a letto. Chi ha una camicia sola la lava spesso Chi possiede un abito soltanto lo deve lavare continuamente e quindi deve averne molta cura. Rileva come coloro che hanno poco sanno valorizzarlo e lo tengono sempre in perfetta efficienza a differenza di chi ha molte disponibilità. Suona anche ironico verso chi cura con eccesivo scrupolo il poco che ha. Chi piscia contro vento, si bagna la camicia Andando contro i luoghi comuni si possono avere fastidiose sorprese. Chi ha la camicia sporca, la tien coperta Equivale a chi ha la casa di vetro ha paura delle sassate. Chi nasce con la camicia avrà danaro, donne e salute Si dice di persona fortunata in ogni aspetto della vita . Chi fila ha una camicia e chi non fila ne ha due, chi lavora ha una camicia, chi non lavora ne ha due, chi cuce ha una camicia, chi non cuce due Non sempre il lavoro è compensato secondo il merito. Chi sta con i fanciulli s'imbratta la camicia Si dice di cosa inevitabile. Chi ha la camicia sporca dice male di chi l’ha pulita Chi si sente in colpa giudica gli altri. Dar via, prestare la camicia Si dice di persona molto generosa e liberale capace di grandi sacrifici per il bene altrui. Essere bianco come la camicia Essere molto pallido. Essere colto in camicia Essere colto alla sprovvista. Essere come la camicia dei gobbi che tagliata male, la torna bene (Fig.) rivelarsi adatto allo scopo, nonostante le apparenze poco promettenti. Una camicia tagliata per un gobbo è apparentemente mal fatta, ma addosso sta perfettamente bene e fa bella figura. Essere culo e camicia Essere in intima amicizia Si dice di due persone che sono perfettamente in sintonia tra loro. Si dice anche "andare d'amore e d'accordo", o "essere pappa e ciccia"; ma con una sfumatura di complicità un po’ losca. Il riferimento è all'epoca in cui le 'culottes', le mutande, non erano molto diffuse nel volgo, e la camicia restava a diretto contatto con le parti intime. Essere in maniche di camicia Essere senza giacca, alla buona, denota confidenza, o disinvoltura. Essere la camicia di Meo o Farla lunga come la camicia di Meo Una cosa interminabile che non finisce mai. Farsi vedere in camicia Mostrarsi molto schiettamente, o negligentemente, senza badare al decoro alla convenienza. Fatti la camicia, adesso che hai la tela Cogli l’attimo. Giocarsi anche la camicia Perdere anche gli ultimi quattrini rimasti. Guardati dal villano che ha la camicia bianca Come indizio di villano che non lavora e nei giorni di festa contadino suole mutarsi la camicia. Il fico vuole due cose: collo d’impiccato e camicia da furfante Quando il fico è ben maturo si torce e si piega, la pelle si screpola, come se avesse una camicia stracciata. Il mangiare va fra la giubba e la camicia (o fra la gonna e la camicia) Quando si mangia svogliatamente e senza profitto. Insanguinare la camicia Ferire a morte. La camicia dei guai non si consuma mai Per dire che i guai non mancano mai. La camicia non gli tocca il fianco Si dice di chi manifesta troppa allegria e si rende ridicolo. La camicia che non vuole star teco, tu stracciala E’ un incitamento a risolvere i problemi. La camicia dei guai non si consuma mai I guai sono costantemente presenti, come una camicia che si porta sempre. La Camicia di Nesso Tormento insopportabile e inevitabile. Significa essere in una situazione grave e dolorosa. Deriva L’origine di quest’espressione affonda le sue radici nella mitologia greca, dal mito di Ercole che, con una freccia intinta nel sangue dell’Idra di Lernia, mostro a sette teste sa lui stesso ucciso, ferì a morte centauro Nesso perché aveva cercato di rapirgli la moglie Deianira. Il centauro morente diede alla donna la propria tunica insanguinata, dicendole che era un filtro amoroso per Ercole. Donatala quindi al marito, questi la indossò, ma fu preso da spasmi dolorosi che portarono lui ad una terribile morte e lei a togliersi la vita. Lasciare in camicia Lasciare senza niente, in miseria. Mangiarsi anche la camicia Sperperare tutti i propri beni. Mutarsi in camicia Cambiare idea. Nato con la camicia Persona molto fortunata. Questo modo di dire che apparentemente si rifà ad un capo d'abbigliamento, principalmente ha un significato diverso. Qualche volta i bambini nascono ancora avvolti nel sacco amniotico o ne hanno addosso dei frammenti, soprattutto nella parte alta del corpo, il che ha fatto pensare a una specie di camicia. Data la rarità dell'evento, si consideravano questi neonati persone speciali, segnati dal destino o dotati di particolari qualità, e il fenomeno era visto come promessa di buona sorte, ricchezza e fortuna. Sinonimo di agiatezza, significava essere figli di Signori che si potevano permettere la camicia, simbolo del corredino. Non aver più camicia addosso Essere in estrema miseria. Non c’è camicia di vecchia pulita Si dice di cosa ovvia. Non essere tempo da battere in camicia Far freddo. Fig. essere in una situazione pericolosa e quindi non poter indugiare. Non ti fidare nemmeno della camicia che ndossi Incoraggiare ad essere diffidenti. Ogni tua guisa non sappia la tua camicia E’ un ammonimento per indicare che certi segreti non debbano essere rivelati a nessuno. Pancia piena canta e non camicia bianca Meglio essere sazio che avere una bella camicia ed essere a digiuno. Perdere anche la camicia Perdere tutto, fino all’ultimo centesimo. Per giudicare una donna bisogna vederla in camicia Per l’ultimo viaggio basta una camicia Si rivolge a chi accumula ricchezza, ovvero spende molto in abiti sfarzosi, sottolineando che per andare al camposanto basta un abbigliamento sommario. Quando la camicia non arriva più al culo è l’ora di cambiarla Regalare a qualcuno la camicia per levarselo di torno Concedere qualunque cosa. Rimanere in camicia Rimanere senza niente, privo di tutto ciò che si possiede. Rimetterci anche la camicia andare in rovina, perdere tutto, anche la camicia. Varianti del proverbio sono Giocarsi anche la camicia o mangiarsi anche la camicia. Ridursi in maniche di camicia Fig.: cadere in miseria, non possedere più niente, come se si fosse rimasti soltanto con la camicia come unico indumento e proprietà. È lo stadio anteriore a “rimetterci anche la camicia”, dopo di che si può solo “rimanere in mutande”. Il detto è legato all'ambiente del gioco d'azzardo, con l'immagine del giocatore che ha perso tutto il denaro e comincia a puntare anche gli effetti personali, fino a lasciare il tavolo da gioco proprietario soltanto della camicia che porta addosso. Saltare meno in camicia che in giubbone Trovarsi peggio nella nuova situazione che era stata cercata, perché sembrava la migliore. Se gennaio sta in Camicia, Marzo scoppia dalle risa Se fa troppo caldo d’ inverno, l’annata sarà magra. Si cambia più spesso di pensiero che di camicia Cambiare idea molto spesso. Sotto la camicia Dentro, nell’intimo. Spogliarsi in camicia Togliersi tutto di dosso e spendere tutte le proprie forze, dedicarsi senza risparmio di energia. Stringe più la camicia del giubbone Preme più la camicia che la giubba (giubbone) Tiene più conto delle cose da poco, che di quelle importanti, Di uso solo metaforico: quello che sta più a cuore è ciò che sta più vicino, come la camicia aderisce di più alla pelle rispetto ad un soprabito. Le cose che ci toccano più da vicino sono quelle che ci premono di più: i fatti propri e non quelli degli altri. Come il seguente proverbio ha un significato similare, che fa riferimento ai legami di parentela. Stringe più la camicia che la gonnella I propri interessi preoccupano più degli altri. La parentela del marito (camicia) prevale su quella della moglie (gonnella) nei favori, nei testamenti, ecc. in quanto la camicia è più vicina, più aderente, alla carne della gonna. Oggi, in tempo di parità fra i due sessi, non è più vero, ma un tempo quando la donna entrava nella casa del marito, era la famiglia dell'uomo, che veniva privilegiata e che rappresentava la continuità anche nel cognome. I parenti della moglie avevano minore importanza. Ciò è ancora vero nelle società tradizionali. La camicia era un tempo regolarmente indossata dall'uomo. Sudare sette camicie o quattro camicie Fig.: faticare moltissimo per ottenere qualcosa. Il Sette è uno dei numeri magici e proverbiali, e indica una lunga ripetizione. Togliere la camicia, portar via la camicia Privare qualcuno delle ultime cose che gli restano, spogliarlo del tutto. Trarre il filo della camicia Conoscere il debole di una persona e fare di lei ciò che si vuole. Trovarsi nella camicia di qualcuno Essere al suo posto, nella sua condizione. Una camicia addosso e una al fosso Avere solo due camicie, una da indossare, l’altra da serbare per la sepoltura. Vale di più un paio di maniche oggi, che una camicia domani Meglio un uovo oggi che una gallina domani. Vendersi la camicia Fig.: vendere tutto quello che si possiede, compresa la camicia. Usato anche nel senso di andare in rovina. S. G.