Mielofibrosi conosciamola insieme 1 2 Presentazione Le persone a cui viene diagnosticata una malattia mieloproliferativa cronica del sangue (mielofibrosi, policitemia vera o trombocitemia essenziale) oltre alla reazione naturale di ansia e paura per una malattia di questo tipo, spesso sono disorientate perché le informazioni sono scarse, oppure scritte in linguaggio tecnico e quindi difficili da capire. Che malattia è? Quali sono i sintomi? Come si cura? Come evolve nel tempo? Come cambierà la mia vita quotidiana? Queste sono le domande che tutti noi pazienti ci poniamo, per cui chiediamo ai medici di darci risposte chiare. Per questo AIL, insieme al Gruppo AIL Pazienti MMP Ph-, ha promosso la realizzazione di questa collana di opuscoli, di facile lettura e con tutte le informazioni essenziali. Quindi non un trattato scientifico ma una guida pratica, scritta espressamente per noi. Scopo di questi opuscoli è aiutarci a convivere con la nostra malattia. Saper riconoscere quali sono i sintomi tipici e i “segnali d’allarme” rende più facile il nostro rapporto e il nostro dialogo con gli specialisti ematologi. Tutto questo si traduce in un monitoraggio più attento ed in cure più tempestive ed efficaci. Ciascun opuscolo è scritto da specialisti ematologi, ossia dai migliori esperti sull’argomento. Il contributo del Gruppo Pazienti è stato quello di stimolare la massima attenzione alla chiarezza del linguaggio e alla spiegazione di tutti i termini scientifici. Essere consapevoli della nostra malattia e aver capito “come funziona” è importantissimo per seguire al meglio le cure prescritte e prevenire eventuali complicazioni. Quindi è utile sia per noi sia per i nostri medici curanti. Ma non solo: capire la malattia ci aiuta anche a viverla con maggiore serenità, senza lasciarci condizionare e mantenendo una buona qualità di vita. Buona lettura! Gruppo AIL Pazienti Malattie Mieloproliferative Croniche Ph- 3 Gruppo AIL Pazienti Malattie Mieloproliferative Croniche PhObiettivi e Attività Il Gruppo AIL Pazienti Malattie Mieloproliferative Croniche Ph- è stato costituito a Roma il 29 gennaio 2014 al fine di combattere a fianco delle persone affette da MIELOFIBROSI, POLICITEMIA VERA, TROMBOCITEMIA ESSENZIALE. Il Gruppo AIL Pazienti MMP Ph- non vuole, in alcun modo, sostituirsi alla figura del medico, ma vuole rappresentare un efficace mezzo di condivisione e di supporto fra pazienti. Gli obiettivi del gruppo sono i seguenti: • Divenire un valido strumento di auto-mutuo aiuto attraverso il contributo volontario degli stessi pazienti e dei loro familiari. • Diffondere la conoscenza delle diverse patologie. • Promuovere iniziative di incontro e confronto con gli specialisti ed iniziative sociali di supporto ai pazienti. • Incoraggiare la ricerca. • Aggiornare i pazienti sulle innovazioni terapeutiche. Per poter condividere in tutta franchezza opinioni, sensazioni, percezioni oltreché dubbi, timori e speranze, è stato attivato il forum “Parliamone insieme” all’interno del sito www.ailpazienti.it/mmponline Se vuoi aderire al Gruppo AIL Pazienti MMP Ph-, puoi chiedere informazioni: GRUPPO AIL PAZIENTI Malattie Mieloproliferative Croniche PhAIL ONLUS - Via Casilina, 5 - 00182 Roma Puoi aderire anche on line collegandoti al sito www.ailpazienti.it/mmponline Per contattare il gruppo: • mail: [email protected] • telefono: 06 7038 6012 4 INDICE Che cosa è la mielofibrosi 6 Definizione6 Epidemiologia (diffusione) 7 Andamento nel tempo 8 Prognosi9 Quali sono i sintomi Quadro complessivo Disturbi generali Disturbi dovuti a danni agli organi Disturbi da alterazioni del midollo osseo Complicazioni principali Effetti sulla vita quotidiana Terapie tradizionali Trattamento dell’anemia Trattamento della splenomegalia Terapie innovative-inibitori di JAK Terapie del futuro Qualità di vita Impatto della malattia Consigli pratici 10 10 10 I miei diritti come malato di malattie mieloproliferative croniche Diritto alla salute, protezione sociale e lavoro Il diritto alla salute La protezione sociale Assegni, pensioni e indennità per invalidità civile Assegni e pensioni previdenziali L’assegno ordinario di invalidità La pensione di inabilità ordinaria Il lavoro Dal WEB 11 12 12 14 Diagnosi15 Principi generali 15 Analisi del sangue 15 Biopsia ossea 16 Analisi genetiche 17 Criteri diagnostici 18 Terapia Percorso terapeutico Trapianto di midollo osseo 19 19 19 20 20 21 21 23 24 24 24 26 26 27 28 29 30 30 31 31 33 Glossario34 5 Che cosa è la mielofibrosi La mielofibrosi è una rara malattia cronica del midollo osseo che appartiene al gruppo delle malattie mieloproliferative croniche (che comprendono anche la policitemia vera e la trombocitemia essenziale). Il termine “mieloproliferative” indica che si tratta di un’alterazione che si verifica nelle cellule del midollo osso (“mielo”) e che induce una proliferazione eccessiva di altre cellule. La mielofibrosi è un’alterazione di queste cellule staminali, così chiamata perché, se si osserva al microscopio il midollo osseo, si nota la graduale comparsa di un tessuto fibroso (un insieme di fibre isolate o intrecciate tra di loro) che modifica definitivamente la struttura del midollo osseo stesso non consentendogli più di funzionare correttamente. “Non sapevo cosa fosse la mielofibrosi... Nel momento in cui mi comunicarono la malattia provai sensazioni di disorientamento” Midollo osseo normale Il midollo osseo contiene le cellule staminali, ossia le cellule non mature, che possono trasformarsi in vari tipi di altre cellule attraverso un processo di maturazione detto anche differenziazione. Si definiscono emopoietiche (dal greco “che creano il sangue”), quelle cellule staminali che danno origine alle cellule mature del sangue: globuli bianchi (o leucociti), globuli rossi (o eritrociti) e piastrine (o trombociti). 6 Fibrosi midollare Esistono due forme di mielofibrosi: Primaria (o idiopatica, dal greco “malattia che origina da se stessa”). Così chiamata perché non è dovuta ad altre malattie o cause esterne. Secondaria, evoluzione di un’altra malattia mieloproliferativa cronica, come la policitemia vera o la trombocitemia essenziale. Le principali mutazioni sinora identificate sono tre: in circa il 50-60% dei casi è presente una mutazione del gene JAK2 (Janus Activated Kinase 2), nel 30% dei casi sono presenti mutazioni del gene CALR (calreticulina), quasi esclusivamente in pazienti che non hanno mutazioni JAK2 o MPL, nel 5% dei casi sono presenti alterazioni del gene MPL che possono essere presenti anche in un’altra malattia mieloproliferativa cronica, la Le caratteristiche con cui si manifesta la mie- trombocitemia essenziale. Inoltre, indipendenlofibrosi sono diverse da persona a persona temente dalle mutazioni coinvolte, in tutti i pae possono dar luogo negli anni a situazioni zienti si nota una iperattivazione dei meccanismi cliniche molto variabili e complesse. dipendenti da JAK2 che controllano la proliferazione delle cellule del sangue. EPIDEMIOLOGIA (DIFFUSIONE) La mielofibrosi è una malattia rara, in Italia si calcola che ci siano da 5 a 15 nuovi casi ogni milione di abitanti, che si traducono in circa 350 nuovi casi all’anno. La malattia può colpire allo stesso modo sia i maschi che le femmine. Nella maggior parte dei casi colpisce pazienti tra i 60 e i 70 anni di età. Nel 15% dei casi può interessare persone con meno di 55 anni, mentre i casi pediatrici sono rarissimi. La mielofibrosi è una malattia che si acquisisce nel corso della vita quindi non è ereditaria per cui non c’è il rischio di trasmetterla ai propri figli. Come per altre malattie, ad esempio il diabete e l’ipertensione, si può ereditare dai genitori e trasmettere ai figli solo una generica predisposizione verso la malattia. In questi casi si parla di “familiarità”. “Non ero neanche minimamente a conoscenza di questa malattia, e pensai che dovevo saperne di più” Le cause della mielofibrosi non sono state ancora del tutto chiarite ma la malattia si associa ad alterazioni specifiche del DNA che colpiscono la cellula staminale e ne alterano il comportamento. 7 In termini pratici, le persone che hanno un parente stretto malato hanno un modesto aumento del rischio di sviluppare la stessa o un’altra delle malattie mieloproliferative, ma non sono ancora note indagini cliniche o di laboratorio di natura preventiva. Principali alterazioni nella mielofibrosi • Aumento del numero e modifica della forma dei megacariociti, che sono le cellule che producono le piastrine (così chiamate perché sono le più grandi tra le cellule del midollo osseo) e che derivano dalle cellule staminali emopoietiche. • Fibrosi del midollo osseo. • Aumento delle dimensioni della milza (splenomegalia) e talora del fegato (epatomegalia). • Presenza nel sangue di globuli rossi e di globuli bianchi non maturi. • Alterazioni del numero dei globuli bianchi, delle piastrine e dei globuli rossi. In una seconda fase (fase avanzata), compare la fibrosi midollare e si può avere una fuoriuscita di cellule staminali immature dal midollo osseo. Queste, attraverso il sangue, raggiungono la milza e il fegato, dove si accumulano. Talvolta può accadere che per anni il paziente rimanga stabile presentando solamente lievi alterazioni del midollo osseo e un aumento delle piastrine. Nella maggioranza dei casi, quando la malattia si manifesta sono già presenti le alterazioni tipiche: • fibrosi del midollo osseo • anemia (diminuzione dei globuli rossi nel sangue) • numero troppo alto o troppo basso di globuli bianchi e di piastrine • ingrossamento della milza. In alcuni casi (10-15 su 100) la mielofibrosi può evolvere in una patologia più severa come la leucemia acuta. ANDAMENTO NEL TEMPO Il passaggio da mielofibrosi a leucemia acuta è La mielofibrosi è una malattia cronica che può generalmente accompagnato da un aumento rapeggiorare più o meno lentamente nell’arco pido e notevole nel sangue di globuli bianchi di diversi anni, con modalità variabili a secon- immaturi (chiamati blasti), i quali non riuscenda del paziente. In genere la fase iniziale della do più a maturare e a diventare cellule funziomalattia consiste in un danno alla struttura del nanti in modo corretto, impediscono la produmidollo osseo: in particolare i megacariociti au- zione di tutte le cellule del sangue. mentano di numero e cambiano forma. La leucemia acuta ha pesanti conseguenze per il Questa fase si definisce fase precoce, o pre-fi- paziente: oltre a un aggravamento delle sue conbrotica, perché non è presente ancora la fibrosi dizioni generali di salute, aumenta sensibilmendel midollo osseo. te il pericolo di infezioni gravi e di emorragie. 8 Il criterio generale per sospettare la diagnosi di SCALA DI VALUTAZIONE DELLA PROGNOSI IPSS una leucemia acuta è che il numero dei blasti sia N° DI FATTORI maggiore del 20% del totale delle cellule presenLIVELLO PROGNOSTICI ti nel sangue e nel midollo osseo. DI GRAVITÀ SFAVOREVOLI PROGNOSI Attualmente la prognosi di un paziente con mielofibrosi primaria, ossia la previsione di come la malattia evolverà nel tempo, viene definita in base alla scala di valutazione della prognosi IPSS (International Prognostic Scoring System), in cui si deve valutare la presenza o meno di ciascuno dei seguenti fattori: •Anemia (valore di emoglobina nel sangue inferiore a 10 grammi per decilitro) • Leucocitosi (n. di globuli bianchi superiore a 25.000 per millimetro cubo di sangue) • Età avanzata (età superiore a 60 anni) • Presenza di blasti in percentuale uguale o superiore all’1% nelle cellule del sangue • Presenza di sintomi generali (per esempio febbre non dovuta a infezioni, sudorazioni notturne abbondanti, dimagrimento negli ultimi 6 mesi pari o superiore al 10% del peso corporeo). A seconda del numero di fattori presenti, viene definito il livello di gravità della malattia 9 0 (nessuno) Basso 1 Intermedio 1 2 Intermedio 2 3 o più di 3 Alto Quali sono i sintomi? QUADRO COMPLESSIVO Un quarto dei malati con mielofibrosi non accusa alcun particolare sintomo al momento della visita, cioè è asintomatico. Generalmente il primo segnale viene da un normale esame del sangue in cui si esegue il conteggio delle cellule (chiamato emocromo), che indica la presenza di valori alterati. In altre situazioni invece sono presenti dei sintomi generici, quali stanchezza inusuale, o altri più tipici della mielofibrosi, quali disturbi addominali come un fastidio causato da un ventre gonfio e/o una sensazione di stomaco eccessivamente pieno soprattutto dopo i pasti, che sono dovuti al coinvolgimento di alcuni organi, soprattutto all’ingrossamento della milza. “Mi capitava di sentirmi disarmato contro la stanchezza” DISTURBI GENERALI Si tratta di sintomi che si possono manifestare anche in molte altre malattie, ma che nella mielofibrosi, possono diventare debilitanti e influire sulla qualità di vita del paziente impedendogli talvolta di svolgere le abituali attività lavorative e quotidiane e influenzando negativamente la normale vita di relazione. Il sintomo principale è la sensazione di profonda stanchezza e debolezza (in inglese, “fatigue” che in italiano si può tradurre con “astenia”) che si manifesta anche senza aver fatto particolari sforzi; si possono anche avere mancanza di appetito, dolori muscolari alle gambe, difficoltà di concentrazione, alterazioni del sonno, ansia e depressione. Sintomi generali più comuni • Sensazione di debolezza, anche senza sforzi eccessivi (fatigue/astenia) • Profonda stanchezza, difficoltà talora a respirare, alterazioni della funzione cardiaca dovute a anemia (valori bassi di emoglobina, con riduzione del numero di globuli rossi) • Febbre o febbricola (non causata da un’infezione) • Dimagrimento (perdita di almeno il 10% del proprio peso negli ultimi 6 mesi) • Sudorazione notturna molto abbondante • Prurito (diffuso in tutto il corpo, e che peggiora con il contatto con l’acqua) • Dolori alle ossa e/o alle articolazioni In taluni casi le manifestazioni possono essere più complesse e difficili da interpretare anche da parte del medico. 10 DISTURBI DOVUTI A DANNI AGLI ORGANI L’ingrossamento della milza (detto splenomegalia) è la manifestazione più caratteristica della mielofibrosi, si verifica in quasi tutti i malati ed è responsabile di una serie di disturbi, prevalentamente gastrointestinali, elencati di seguito. • Pesantezza addominale • Difficoltà digestive • Sazietà precoce • Dolori addominali • Diarrea o stitichezza • Tosse secca (senza catarro) spesso accompagnata da senso di fastido alla spalla sinistra • Disturbi urinari • Difficoltà a trovare una posizione durante il sonno o in poltrona • Difficoltà a piegarsi e/o ad effettuare un certo tipo di attività • Ingrossamento delle gambe per edema (accumulo di liquido nei tessuti “Avevo fortissimi dolori al fianco sinistro e respiravo con molta difficoltà” La milza si ingrossa a causa dell’accumulo in questo organo di cellule fuoriuscite dal midollo osseo (emopoiesi extramidollare). La milza ingrossata preme sullo stomaco e sull’intestino, impedendo loro di funzionare regolarmente. Il paziente avverte difficoltà nella digestione, sensazioni di pesantezza di stomaco, fastidio a livello dell’addome e sazietà anche dopo aver mangiato poco (questo è uno dei motivi per cui il paziente dimagrisce molto), dolori addominali, nonché funzioni intestinali irregolari (con episodi sia di diarrea che di stitichezza). In alcuni casi la milza è così ingrandita che occupa gran parte dell’addome fino ad arrivare a comprimere i polmoni (provocando tosse secca e dolore alla spalla sinistra) e il rene (determinando difficoltà a urinare). 11 DISTURBI DA ALTERAZIONI DEL MIDOLLO OSSEO Si tratta di sintomi, descritti nella tabella sottostante, che sono conseguenti ad una incapacità del midollo osseo di produrre quantità normali di globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. do il paziente più sensibile alle infezioni. Questo accade perché i globuli bianchi sono componenti del sistema immunitario che difende il nostro organismo dall’attacco delle sostanze estranee e che nella mielofibrosi non funziona in modo ottimale. Anche la quantità di piastrine nel sangue può SINTOMO CAUSA PRINCIPALE • Stanchezza • Pallore • Calo di appetito • Accelerazione del battito del cuore • Difficoltà respiratorie Anemia (riduzione dei globuli rossi nel sangue, presente in circa la metà dei pazienti) Leucopenia (riduzione del numero di globuli bianchi) • Aumento del rischio di infezioni Piastrinopenia (Calo di piastrine ) • Emorragie A causa di una diminuzione dei globuli rossi nel sangue e dell’emoglobina in essi contenuta, oltre la metà dei malati è anche anemica: ciò provoca stanchezza, debolezza, colorito pallido, inappetenza, difficoltà di respirazione e battito del cuore accelerato. In alcuni pazienti affetti da mielofibrosi i globuli bianchi possono aumentare enormemente (leucocitosi); altre volte invece si verifica il processo inverso e il numero di globuli bianchi nel sangue può ridursi anche notevolmente (leucopenia), renden- essere alterata, con valori sia troppo bassi sia troppo alti. In particolare un calo di piastrine è responsabile di emorragie a livello della pelle (con formazione di piccole chiazze rossastre) e della bocca, oppure di perdite di sangue dal naso. COMPLICAZIONI PRINCIPALI Tra le complicazioni più rischiose per i pazienti con mielofibrosi ci sono le trombosi, disturbi provocati da un coaugulo, detto trombo, che ostruisce un vaso sanguigno, impedendo al 12 sangue di circolare regolarmente. Il trombo si forma nelle vene o nelle arterie a causa di una coagulazione del sangue che avviene in maniera scorretta per la presenza di piastrine alterate. Nella mielofibrosi, gli episodi di trombosi si verificano in circa il 7% dei pazienti. I trombi possono essere arteriosi (cioè nei vasi che portano il sangue agli organi) oppure venosi (cioè nei vasi che riportano il sangue dagli organi verso il cuore). I primi sono generalmente più gravi dei secondi. A volte, sebbene raramente, le trombosi nei pazienti affetti da mielofibrosi si possono sviluppare in sedi anomale come i vasi sanguigni addominali che portano il sangue al fegato e alla milza. In questo caso si parla di trombosi splancnica. Gli interventi chirurgici possono aumentare il rischio di sviluppare trombosi, quindi è importante preparare molto bene il paziente ad un intervento chirurgico, grazie a una stretta collaborazione tra chirurgo ed ematologo, per ridurre al minimo il rischio trombotico e quello emorragico legati all’intervento, a volte anche con l’assunzione di farmaci specifici. Un’altra complicazione della mielofibrosi, più frequente se la milza è molto ingrossata, è l’infarto splenico (ossia un infarto a livello della milza), che viene provocato dall’ostruzione di un’arteria che porta sangue all’organo. Il malato lamenta un dolore improvviso e molto forte al fianco sinistro dove si trova la milza; talvolta le fitte dolorose sono accompagnate da febbre e nausea. In presenza di questi sintomi il medico curante potrà richiedere un’ecografia dell’addome, che potrà mettere in evidenza le tipiche alterazioni dell’organo associate con l’infarto. In genere questi sintomi passano in pochi giorni, ma nel caso in cui i farmaci antidolorifici non facciano effetto può essere necessario il ricovero in ospedale. Se la milza fosse troppo danneggiata è necessario asportarla con un intervento chirurgico. Infine, un evento abbastanza frequente legato alla riduzione delle cellule ematiche e al loro elevato ricambio è la formazione di calcoli renali, che sono piccoli depositi di sali minerali che si formano nelle vie urinarie. Nel caso della mielofibrosi si sviluppano per un eccesso di acido urico nel sangue e possono dar luogo a episodi di dolore intenso (coliche) e talvolta impedire al rene di funzionare normalmente. 13 “Mi succedeva di avere febbre alta, con dolori addominali” EFFETTI SULLA VITA QUOTIDIANA La mielofibrosi, nei suoi stadi più avanzati, può avere un forte impatto sulla qualità di vita di chi ne è affetto. fluenzare negativamente sia la vita lavorativa che le relazioni sociali. Nello specifico, anche se non ci sono particolari restrizioni lavorative, in caso di forte anemia (emoglobina inferiore a 10 grammi per decilitro) o di ingrossamento della milza molto marcato, alcune mansioni pesanti non sono praticabili, sia per la generale debolezza, sia per non sforzare troppo i muscoli addominali per il rischio di provocare lesioni alla milza ingrossata. La situazione complessiva può essere aggravata dal fatto che la mielofibrosi colpisce per lo più gli anziani, persone di solito più fragili, che spesso assumono farmaci per altri disturbi cronici e che, rispetto alla popolazione generale, hanno un rischio maggiore di sviluppare malattie a carico del cuore e dei vasi sanguigni (il cosiddetto rischio cardiovascolare). Inoltre, dato che il malato spesso ha poco appetito, problemi di sonno, difficoltà di concentrazione, stress, ansia e depressione, i rapporti con familiari, amici e colleghi possono diventare problematici e l’individuo tende a “Di giorno mi sentivo isolarsi perché condurre una vita sociale richietroppo affaticato, de troppa fatica. di notte avevo problemi In conclusione i disturbi della mielofibrosi possono essere molto debilitanti e condizionadi insonnia...” re notevolmente la vita quotidiana del malato, per cui non vanno mai sottovalutati, parlandone subito al proprio medico e facendosi consigliare i rimedi più opportuni. Nei casi in cui si sviluppi una profonda astenia (profusa stanchezza) e/o una splenomegalia massiva, la mielofibrosi può impedire di compiere una serie di attività quotidiane che di norma vengono svolte senza difficoltà, come camminare, salire le scale, rifare il letto, fare la doccia e cucinare. La malattia può anche in- 14 Diagnosi ESAMI GENERALI PRINCIPI GENERALI La diagnosi di mielofibrosi è piuttosto complessa e non esiste un unico esame che permette di confermarla, perché si tratta di un disturbo variabile da paziente a paziente che può essere spesso confuso con altre malattie croniche del midollo, come le altre malattie mieloproliferative, e con la leucemia mieloide cronica. La diagnosi inizia con la raccolta di informazioni sulle condizioni di salute dell’individuo, appurando se ha avuto altre malattie croniche del sangue (policitemia vera o trombocitemia essenziale) o alterazioni nelle analisi del sangue, se è recentemente dimagrito, se soffre o ha mai sofferto di trombosi o di emorragie, se prova grave stanchezza e se suda abbondantemente durante il sonno. In secondo luogo si passa alla visita vera e propria, che consente di rilevare l’eventuale ingrossamento della milza e il pallore della pelle. Anche se è spesso presente, l’ingrossamento della milza non significa per forza mielofibrosi, perché si può riscontrare anche in altre malattie del sangue o del fegato. Ecografia dell’addome completo e radiografia del torace ESAMI DEL SANGUE Emocromo (conteggio delle cellule del sangue) Livelli di lattato-deidrogenasi (LDH) Acido urico, ferritina, acido folico e vitamina B12 Esame dello striscio di sangue venoso periferico Conta delle cellule positive CD34 (CD34+) del sangue periferico (il CD34 è un indicatore dell’immaturità delle cellule staminali) ESAME DEL MIDOLLO OSSEO Biopsia del midollo osseo ed aspirato midollare ANALISI GENETICHE Ricerca della mutazione V617F del gene JAK2, e di mutazioni CALR e MPL Ricerca del gene di fusione BCR-ABL Per diagnosticare una mielofibrosi primaria è comunque necessario sottoporre il paziente a ANALISI DEL SANGUE una serie di esami differenti, classificati come Anche se nella mielofibrosi in fase iniziale l’esame di seguito. che conta le cellule ematiche (chiamato comunemente emocromo) può risultare normale, spesso 15 si evidenzia un aumento delle piastrine. Con il progredire della malattia si può osservare un considerevole calo, o al contrario, un aumento di globuli bianchi e di piastrine, e anche una riduzione di emoglobina (anemia). È inoltre molto importante analizzare il sangue al microscopio in maniera da osservare la forma delle cellule: infatti in caso di mielofibrosi si notano globuli rossi tipicamente deformati “a lacrima” (dacriociti), che indicano la presenza di fibrosi midollare. L’esame al microscopio evidenzia nel sangue anche molte cellule immature: globuli bianchi che di solito si trovano esclusivamente nel midollo osseo, piastrine di dimensioni giganti e globuli rossi non maturi. Nel sangue si può misurare anche la lattato deidrogenasi (LDH), una sostanza normalmente presente in quantità estremamente piccole che aumenta molto nelle malattie del sangue, in particolare nella mielofibrosi. L’LDH viene prodotta in seguito alla distruzione delle cellule ematiche. “Visto l’ingrossamento di fegato e milza, ho fatto ulteriori accertamenti presso l’ematologia” BIOPSIA OSSEA È l’esame principale per diagnosticare la mielofibrosi perché permette di controllare direttamente le condizioni del midollo osseo. Si preleva un campione di tessuto del midollo osseo e lo si analizza al microscopio. In tal modo è possibile vedere se ci sono alterazioni nel numero e nelle forma delle cellule del midollo, e verificare la presenza di fibrosi. “Ho deciso di rivolgermi all’ematologo per capire cosa stesse succedendo. Ho fatto nuovi esami, ma è stato necessario fare l’esame del midollo” Si possono fare due tipi di prelievi: biopsia osteomidollare e aspirato midollare. • Biopsia osteomidollare. È un esame che non richiede il ricovero, ma si esegue in anestesia locale, e può essere leggermente fastidioso. Consiste nel prelevare un piccolo campione di tessuto di midollo osseo (2-3 cm di lunghezza e 3 mm di diametro) dalla parte superiore e posteriore dell’osso dell’anca (cresta iliaca posteriore). Si inserisce un 16 ago particolare direttamente nell’osso per un paio di centimetri, e si preleva così un piccolo frammento di tessuto da analizzare. • Aspirato midollare. Consiste nel prelievo di una piccola quantità di sangue dal midollo. In genere si effettua in anestesia locale, utilizzando un ago corto e robusto. Il prelievo viene quasi sempre effettuato nella stessa zona della biopsia, solo molto raramente a livello dell’osso dello sterno (parte anteriore del torace). L’aspirazione è breve e può dare dolore. “Quando ho visto l’ago mi sono spaventato, ma alla fine il dolore è stato minimo” ANALISI GENETICHE Negli ultimi anni, i risultati di queste analisi hanno consentito di approfondire le conoscenze riguardo alla malattia, aiutando a definirla con sempre maggiore precisione. L’analisi citogenetica valuta il cosiddetto cariotipo della cellula, ossia il numero e la forma dei suoi cromosomi. Questo esame evidenzia che in circa il 40% dei pazienti con mielofibrosi le cellule del sangue danneggiate possiedono cromosomi con una struttura difettosa. Non si tratta però di anomalie congenite, ossia non sono presenti già alla nascita, ma si sviluppano successivamente, probabilmente nel momento in cui compare la mielofibrosi. Tra le alterazioni più comuni c’è la mancanza di una porzione del cromosoma 13 o 20. Inoltre forme di malattia più gravi e con un decorso più rapido del solito sembrano dovute all’esistenza di specifici danni cromosomici. Le analisi molecolari ricercano invece la presenza di mutazioni geniche, ossia di variazioni dei geni, che sono le unità contenenti le informazioni genetiche all’interno dei cromosomi. Anche le mutazioni non sono congenite nella mielofibrosi e si verificano esclusivamente nelle cellule del sangue danneggiate. La mutazione del gene JAK2 è quella più diffusa nei malati di mielofibrosi, anche se compare pure in quasi tutti i pazienti con policitemia vera e nella metà circa di quelli con trombocitemia essenziale. Questa mutazione è responsabile della produzione di una proteina JAK2 difettosa che, non funzionando bene, stimola il midollo osseo a produrre in continuazione nuove cellule del sangue. La scoperta delle mutazioni geniche, e quella del gene JAK2 in particolare, e del loro ruolo nelle malattie mieloproliferative croniche come la mielofibrosi ha spinto a ricercare farmaci innovativi che siano in grado di bloccare selettivamente queste proteine malfunzionanti (vedi il capitolo sulla terapia). 17 CRITERI DIAGNOSTICI Data la complessità nel diagnosticare la mielofibrosi primaria, per facilitare il compito dell’ematologo nel 2008 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha messo a punto una serie di criteri, che sono stati suddivisi in maggiori e minori. CRITERI MINORI Presenza nel sangue di cellule immature della serie bianca (mieloblasti) e rossa (eritroblasti); questa alterazione viene chiamata leucoeritroblastosi CRITERI MAGGIORI Aumento dei livelli di lattato deidrogenasi (LDH) nel sangue Aumento del numero e alterazione della forma delle cellule che danno origine alle piastrine (megacariociti) evidenziabili nella biopsia del midollo osseo e presenza di fibrosi Esclusione di altre malattie che colpiscono le cellule del midollo e sono simili alla mielofibrosi (come le altre malattie mieloproliferative croniche, la leucemia mieloide cronica e le sindromi mielodisplastiche) Presenza della mutazione del gene JAK2. Nei pazienti in cui questa mutazione è assente devono esistere altre mutazioni dei geni o anomalie dei cromosomi. Anemia Ingrossamento della milza La diagnosi di mielofibrosi primaria si basa sulla presenza di tutti i criteri maggiori e di almeno due tra i criteri minori. Sono stati inoltre stabiliti una serie di criteri anche per diagnosticare la mielofibrosi post-trombocitemica e post-policitemica, che sono: • Fibrosi del midollo osseo. • Milza ingrossata • Anemia • Leucoeritroblastosi • LDH aumentata • Comparsa di sintomi costituzionali 18 ogni 3-4 mesi, in relazione al quadro clinico e al tipo di terapia), in maniera da rilevare tempestiPERCORSO TERAPEUTICO vamente non solo qualsiasi peggioramento del Data la variabilità con cui si manifesta la mielo- suo stato di salute ma anche la sua risposta alle fibrosi, il percorso terapeutico non è uguale per terapie. tutti i pazienti. TRAPIANTO DI MIDOLLO OSSEO Per esempio, quando i sintomi sono assenti op- Obiettivo del trapianto è di eliminare la malattia e pure ci sono solo modeste alterazioni dell’emo- ripristinare le normali funzioni del midollo osseo cromo non è sempre necessario assumere medi- iniettando cellule staminali emopoietiche sane in cinali. grado di produrre tutte le cellule ematiche. Terapia Quando invece la malattia è attiva esistono diverse possibilità che vanno scelte tenendo conto delle caratteristiche individuali del paziente e di quelle della malattia stessa. L’unica terapia curativa è il trapianto di midollo osseo che però viene eseguito solo su un numero molto limitato di malati essendo una procedura complicata e gravata da notevoli rischi per la salute soprattutto nelle fasce di età più avanzate. I medicinali tradizionali vengono impiegati essenzialmente per il trattamento dei disturbi provocati dall’anemia e dall’ingrossamento della milza, ma sono poco efficaci sui sintomi correlati alla mielofibrosi. Accanto a essi esistono diversi farmaci innovativi, alcuni già disponibili, altri ancora in corso di sperimentazione. In ogni caso, che si assumano o meno medicinali, il paziente va sempre tenuto sotto controllo mediante visite e analisi del sangue periodiche (da una volta al mese a una Si realizza con cellule staminali emopoietiche prelevate dal sangue o direttamente dal midollo di un donatore (trapianto allogenico) preferibilmente scelto in ambito familiare perché deve essere compatibile, cioè avere caratteristiche il più possibile simili al ricevente. Se in famiglia non è disponibile un donatore, si ricorre ai registri di donatori non familiari. Prima di ricevere le cellule staminali, il paziente viene sottoposto a un trattamento con radiazioni e/o con farmaci per distruggere completamente le cellule del midollo malato e quindi per permettere che il suo organismo accetti le cellule staminali del donatore. Tali terapie di preparazione, riducendo le difese immunitarie del ricevente, comportano un aumento delle infezioni e delle reazioni tossiche a livello dell’apparato gastrointestinale e del fegato, rappresentando così uno dei motivi per cui 19 TRATTAMENTO DELL’ANEMIA Il trattamento dell’anemia è necessario solamente nei pazienti che hanno un contenuto di emoglobina nel sangue estremamente basso (meno di 10 grammi per decilitro). In genere, dato che la terapia impiega diverso tempo per fare effetto, le analisi del sangue per controllare La GVDH è provocata dal fatto che, insieme se l’anemia è migliorata si eseguono dopo alcualle cellule staminali, vengono iniettate anche ni mesi dall’inizio del trattamento. cellule del sistema immunitario del donatore che “aggrediscono” i tessuti del ricevente rico- Nei casi più gravi può essere necessario ricorrere noscendoli come estranei. al trattamento trasfusionale. il trapianto è tuttora riservato a un numero limitato di pazienti. Il rischio di un insuccesso viene ulteriormente aggravato dalla complicazione più grave del trapianto allogenico, la malattia del trapianto contro l’ospite (GVHD, dall’inglese Graft Versus Host Disease). Pertanto, anche se rappresenta l’unica opportunità per guarire la mielofibrosi, oggi il trapianto di cellule staminali emopoietiche viene consigliato solo ai pazienti più giovani (con meno di 60-65 anni) con malattia più grave (punteggio IPSS “Intermedio 2” oppure “Alto”). TERAPIE TRADIZIONALI La scelta di quale strategia adottare dipende essenzialmente dall’età dell’individuo, dalla prognosi della malattia e dalla presenza di altri disturbi, per esempio quelli cardiaci e renali. Le terapie tradizionali sono rivolte principalmente al trattamento dell’anemia e dell’ingrossamento della milza, che spesso si manifestano insieme. Tuttavia con questi farmaci il miglioramento dei sintomi generali correlati alla malattia è limitato. 20 PER IL TRATTAMENTO DELL’ANEMIA SI UTILIZZANO I SEGUENTI FARMACI. Androgeni (ormoni maschili) o loro derivati come danazolo Farmaci che aumentano la produzione dei globuli rossi nel midollo osseo come l’eritropoietina e la darbopoietina Medicinali che stimolano le difese immunitarie (detti immunomodulatori) come talidomide e lenalidomide Cortisone La somministrazione di androgeni e di eritropoietina/darbopoietina provoca pochi effetti collaterali. I farmaci immunomodulatori come talidomide/lenalidomide sono efficaci sull’anemia e in genere molto poco sull’ingrossamento della milza, ma il loro uso è gravato da molti effetti collaterali, per cui si usano raramente. Il cortisone in alcuni casi può dare un miglioramento transitorio dell’anemia oltre che dei sintomi. Il suo uso a lungo termine può dare effetti collaterali (osteopenia, infezioni, ecc.). Nei casi in cui nessun farmaco riesca a normalizzare le dimensioni della milza e i sintomi sono così gravi da peggiorare la qualità di vita del paziente, si può optare per la rimozione chirurgica della milza o, in pochi casi selezionati, per una radioterapia specifica (irradiando l’area della milza per ridurre le sue dimensioni). Si tratta tuttavia di scelte da valutare attentamente per i numerosi rischi legati a queste procedure, che quindi si eseguono solo in casi molto selezionati anche perché non garantiscono la completa scomparsa dei disturbi. TRATTAMENTO DELLA SPLENOMEGALIA Una terapia per ridurre le dimensioni della milza va prevista quando si nota un costante aumento delle dimensioni della milza durante le visite di controllo, disturbi gastrointestinali, dolori addominali e in generale quando la milza supera le dimensioni di 5-10 cm dall’arcata costale. TERAPIE INNOVATIVE - INIBITORI DI JAK La scoperta, nel 2005, della mutazione del gene JAK2, è stata un grande stimolo per lo studio di nuovi farmaci in grado di trattare le neoplasie mieloproliferative che in molti casi presentano questa mutazione. Sono quindi stati sviluppati una serie di farmaci innovativi, chiamati inibitori di JAK, che hanno la capacità di inibire selettivamente le proteine della famiglia JAK che sono iperattivate in malattie come la mielofibrosi, ma anche nelle altre malattie croniche mieloproliferative (trombocitemia essenziale e policitemia vera). In particolare, l’inibitore di JAK1 e di JAK2, ruxolitinib, capostipite della classe, dal 2014 è stato autorizzato in Italia con l’indicazione al trattamento della splenomegalia o dei sintomi correlati alla malattia in pazienti adulti con mielofibrosi primaria, mielofibrosi post-polici- Come prima scelta, nella pratica clinica, si usano i citostatici, farmaci che bloccano o rallentano la crescita delle cellule, di solito impiegati nella terapia dei tumori (chemioterapici). Tra questi il più diffuso è l’idrossiurea. Nei pazienti in cui l’idrossiurea non funziona si possono scegliere altri farmaci, tra cui melfalan, busulfano, etoposide o interferone, anche se le probabilità di successo terapeutico sono piuttosto basse. 21 temia vera e mielofibrosi post-trombocitemia L’efficacia del trattamento è risultata rapida: nelessenziale. lo spazio di un mese si sono osservati notevoli miglioramenti di vari disturbi della mielofibroRuxolitinib ha dimostrato di essere in grado di si, come il prurito, la stanchezza, il calo di peso ridurre le dimensioni della milza e di control- e la febbre. lare i sintomi della mielofibrosi in maniera più efficace rispetto ai farmaci tradizionali e al placebo (sostanza senza proprietà medicinali) con “Ora mi sento abbastanza bene cui è stato messo a confronto. Nei due studi clinici COMFORT I e COMFORT II, condotti in pazienti di diversi Paesi tra cui l’Italia, ruxolitinib ha determinato una riduzione dell’ingrossamento della milza in una buona parte dei pazienti, e questo beneficio si è mantenuto in circa la metà dei casi dopo tre anni di trattamento. In alcuni pazienti, dopo oltre 3 anni di trattamento, la fibrosi del midollo è risultata stabilizzata o ridotta rispetto alle condizioni di partenza. e la malattia è sotto controllo: cucino, faccio giardinaggio sul balcone, pulisco, vado a fare la spesa...” Inoltre ruxolitinib è il primo farmaco per il quale è stato dimostrato un aumento della sopravvivenza dei malati di mielofibrosi. “Dai controlli che effettuo ogni 28 giorni i valori sono tutti nella norma” 22 Dall’analisi dei dati dello studio COMFORT II dopo 3 anni di trattamento, per i pazienti trattati con ruxolitinib è stata osservata una riduzione del rischio di morte del 52% rispetto alla migliore terapia convenzionale disponibile. TERAPIE DEL FUTURO Oltre a ruxolitinib sono in fase di sperimentazione anche altri inibitori di JAK e di altre proteine alterate fra cui mTOR. “Ora mi muovo e scendo ai giardini a guardare i bambini giocare” Altri farmaci che in futuro potrebbero avere un ruolo nella terapia della mielofibrosi sono composti che agiscono direttamente sul DNA contenuto nelle cellule (chiamati inibitori dell’istone deacetilasi), come givinostat e panobinostat. Per quanto concerne gli effetti collaterali, quelli più frequenti sono l’anemia e la riduzione del numero di piastrine (trombocitopenia). Si tratta di effetti coerenti con il meccanismo d’azione di ruxolitinib e sono correlati alla dose, per cui si possono gestire diminuendo le dosi del farmaco. Infatti ruxolitinib, come tutti gli altri JAK2 inibitori in fase di sviluppo clinico, non è specifico per la proteina JAK2 mutata ma può colpire anche la proteina normale, contribuendo quindi allo sviluppo della trombocitopenia e anemia. Altri farmaci di questo tipo sono ancora in sperimentazione e saranno disponibili nei prossimi anni. 23 “Vorrei che una nuova terapia riuscisse a superare e sconfiggere questa malattia” Qualità di vita IMPATTO DELLA MALATTIA Anche se il tipo e la gravità dei sintomi variano da individuo a individuo, la mielofibrosi è comunque una malattia cronica che peggiora gradualmente con il passare degli anni, compromettendo progressivamente le condizioni generali di salute. CONSIGLI PRATICI Come regola generale è sempre utile adottare uno stile di vita salutare, seguire un’alimentazione corretta e se possibile svolgere una regolare attività fisica. Ma in pratica, cosa può fare un paziente con mielofibrosi per migliorare la propria qualità di vita? Tuttavia un adeguato trattamento farmacologi- Di seguito una serie di consigli utili. co, l’uso di alcuni semplici accorgimenti e il rispetto di poche regole di tipo generale, consentono di migliorare considerevolmente la qualità CONSIGLI UTILI di vita dei malati. Spesso è possibile ritornare a svolgere le attività Smettere di fumare di tutti i giorni (camminare, salire le scale, rifare il letto, cucinare, leggere, guardare la televisioMangiare poco, ma spesso ne) senza particolari problemi. Praticare regolarmente attività fisica Evitare gli sport che prevedono un contatto fisico o sono a rischio di traumi “Vorrei poter tornare alla mia vita normale... il massimo sarebbe poter di nuovo viaggiare” Lavarsi con acqua fredda e asciugarsi tamponando la pelle Mantenere ben idratata la pelle Non indossare indumenti sintetici o troppo stretti 24 Smettere di fumare è utile perché si sa che il fumo può fare aumentare il rischio di trombosi. Quindi non ha senso sottoporsi a delle cure per prevenire la trombosi e nello stesso tempo mantenere un’abitudine che contrasta gli effetti delle cure che si stanno facendo. Riguardo al cibo, chi è effetto da mielofibrosi tende a mangiare poco, perché l’ingrossamento della milza provoca mancanza di appetito e sensazione di sazietà precoce. Questi fenomeni si possono contrastare mangiando poco ma spesso e scegliendo i cibi preferiti e più appetibili. Una maniera di pensare alla propria salute decisamente piacevole! L’attività fisica in genere fa sempre bene, purché ovviamente si tenga conto della propria età e delle condizioni fisiche generali, quindi senza esagerare. Una semplice passeggiata, soprattutto se fatta in un bel posto, è utile non solo al corpo, ma può migliorare anche l’umore. Se si vuole fare sport a un livello un po’ più intenso non ci sono controindicazioni generali. Si devono però evitare gli sport che prevedono un contatto fisico, come il pugilato e il rugby, per l’alto rischio di emorragia legato alla mielofibrosi, e praticare con cautela gli sport in cui si rischiano cadute e traumi importanti, come lo sci e il ciclismo. In questi casi è sempre meglio usare il casco e gli altri dispositivi di protezione. Il consiglio di lavarsi con acqua fredda e asciugarsi tamponando la pelle serve ad evitare il prurito, che è uno dei disturbi più fastidiosi della malattia. Il prurito può verificarsi in ogni parte del corpo e diventa più intenso al contatto con l’acqua, soprattutto se è troppo calda. Per questo è sempre meglio lavarsi preferibilmente con acqua fredda o tiepida. Il fatto di asciugarsi tamponando la pelle, anzichè sfregare, serve ovviamente e ridurre lo stimolo diretto sulla pelle che può scatenare il prurito. Anche gli ultimi due consigli, mantenere la pelle bene idratata ed evitare di indossare dei vestiti troppo aderenti o di materiale sintetico, servono ad evitare l’aggravamento del prurito. Sono degli accorgimenti pratici estremamente semplici e allo stesso tempo molto efficaci. Oltre a questi consigli pratici per migliorare la qualità di vita del malato, è sempre necessario effettuare controlli periodici per monitorare sia lo stato di salute generale sia l’efficacia delle terapie farmacologiche, in modo da poter intervenire al primo segnale di peggioramento. 25 “Vorrei che la malattia finisse! Ma sono contenta anche dei piccoli miglioramenti” I miei diritti come malato di malattie mieloproliferative croniche DIRITTO ALLA SALUTE, PROTEZIONE SOCIALE E LAVORO persona con malattia mieloproliferativa, ma va sottolineato che la normativa al riguardo viene aggiornata e modificata di continuo, per cui è difficile fornire indicazioni particolareggiate e precise per ogni situazione. “Tra controlli e «giorni no» non è In termini generali, i diritti e le tutele che riguarsempre facile giustificarmi sul lavoro. dano qualsiasi malato sono sanciti da norme legislative che i servizi sanitari e sociali hanno l’obQuali sono i miei diritti?” bligo di rispettare. Di conseguenza tali istituzioni hanno il dovere di fornire un’adeguata assistenza nel rispetto del diritto costituzionale alla salute, anche eventualmente supportate da organismi di volontariato. Infine, le agevolazioni possono cambiare non solo a livello nazionale, ma anche Oggi l’aspettativa di vita di persone con malattie locale. Per questo motivo si deve sempre fare rimieloproliferativa è significativamente cambiata. ferimento alla propria ASL, all’ufficio INPS di Pertanto è corretto che il paziente sia informato zona, ai servizi sociali territoriali, allo sportello sui suoi diritti, dato che dovrà effettuare esami socio-assistenziale dell’AIL o anche ad associazioclinici e assumere delle terapie per tutta la vita. ni o sindacati che si occupano a livello locale di Inoltre è importante che il paziente possa mante- assistenza e previdenza. nere il proprio posto di lavoro ed essere tutelato anche in questo ambito. A conferma degli enormi passi avanti fatti in am“Quando si riceve una diagnosi bito oncoematologico, le norme in materia di come questa, ci si sente tutela del lavoro sono decisamente aumentate in una condizione di dipendenza nel corso degli anni, arrivando a coprire anche situazioni professionali spesso poco rappresentate dal medico e dalla struttura sanitaria, come quelle dei liberi professionisti e dei lavora- senza pensare che, in quanto malati, tori autonomi. si hanno dei diritti ed è giusto L’obiettivo di questo opuscolo è quello di spiegare quali sono i diritti di cui può godere una farli valere” 26 IL DIRITTO ALLA SALUTE Anche se può sembrare scontato, il primo diritto di ogni persona è quello di avere un quadro chiaro del proprio stato di salute. Le informazioni fornite devono rispondere a una doverosa conoscenza di ciascun individuo ed essere adeguate alle capacità di comprensione e al livello socio-culturale del singolo. La persona deve essere informata non solo sul piano sanitario (diagnosi, controlli da effettuare, opzioni terapeutiche disponibili e loro pro e contro, effetti collaterali e loro gestione), ma anche sui sostegni socio-assistenziali e psicologici di cui può usufruire. La persona ha, inoltre, il diritto di conoscere il nome dello specialista e dei collaboratori che la seguiranno durante il suo percorso diagnostico-terapeutico, oltre che di poter accedere alla propria cartella clinica e di richiederne una copia integrale. Le malattie mieloproliferative Ph- (MMP Ph-) rientrano fra le patologie oncoematologiche e questo comporta un inquadramento normativo sovrapponibile alle patologie neoplastiche. Ciò comporta, in ambito sanitario, la concessione delle medesime esenzioni previste per i “Soggetti affetti da patologie neoplastiche maligne e da tumori di comportamento incerto”. Il codice relativo è lo 048. L’attribuzione del codice di esenzione 048 dà diritto a usufruire, senza partecipare alla spesa, delle prestazioni farmaceutiche e su tutte le prestazioni di specialistica ambulatoriale inseri- te nei livelli essenziali di assistenza (LEA) appropriate per la patologia e le sue complicanze, nonché per la riabilitazione e la prevenzione degli ulteriori aggravamenti. L’esenzione si ottiene rivolgendosi alla propria ASL presentando la certificazione rilasciata da un medico specialista che attesti la patologia. Il codice di esenzione è inserito nella tessera sanitaria e riportato dal medico nelle relative prescrizioni per farmaci o visite specialistiche. Il codice di esenzione 048 può essere concesso per un tempo limitato (cinque, dieci anni) oppure illimitato. Nel caso l’esenzione sia limitata, alla scadenza va ripresentata la domanda con la relativa certificazione. Esistono anche ulteriori forme e codici di esenzione riservate agli invalidi civili e calibrate a seconda del grado di invalidità riconosciuta. 27 “Sono stato combattuto se procedere o meno alla richiesta di invalidità, non volevo sentirmi malato. Poi ho pensato che era nei miei diritti e ho riflettuto sul mio futuro e su quello della mia famiglia” LA PROTEZIONE SOCIALE Per i cittadini che si trovino in stato di bisogno per indigenza o invalidità sono previste norme di protezione sociale. Queste riguardano sia l’ambito dell’assistenza sociale (per tutti) che della previdenza (per i lavoratori). a un percorso accelerato di accertamento (entro 15 giorni dalla domanda) e di riconoscimento. Il medico rilascia all’interessato una ricevuta dell’inserimento del certificato nel sistema INPS. A questo punto è possibile presentare la domanda di accertamento vera e propria. Lo si può fare autonomamente entrando con il proPer accedere alle misure di assistenza sociale è prio codice PIN nel sistema informatico INPS necessario che sia accertato lo status di inva- oppure rivolgendosi a un patronato sindacale o lido civile o di persona con handicap (legge un’associazione autorizzata. 104/1992). Dopo la presentazione della domanda, l’inteL’invalidità civile consente di accedere ad alcu- ressato riceve la formale convocazione a vini benefici e provvidenze economiche. L’han- sita presso la ASL o presso l’INPS. Durante dicap con connotazione di gravità è invece la la visita presso la Commissione ASL o INPS condizione per fruire di alcune agevolazioni l’interessato può farsi assistere, a proprie spese, lavorative. Si suggerisce sempre di richiedere da un medico di fiducia, ma soprattutto è imentrambi gli accertamenti. portante presentare copie della documentazione sanitaria utile alla valutazione (es. referti ed Il riconoscimento di invalidità e di handicap si esami recenti, relazioni specialistiche, lettere di avvia rivolgendosi al proprio medico di fami- dimissioni ospedaliere). glia o a uno specialista autorizzato dall’INPS La vista si conclude con un verbale che succesche redige il cosiddetto certificato introduttivo. sivamente verrà inviato all’interessato. Nel caso dei malati oncologici, e quindi anche delle perQuesto certificato, redatto telematicamente sul sone con MMP, è prevista una consegna temsistema INPS, riporta la patologia (diagnosi), pestiva del verbale e un immediato accesso a l’anamnesi, la terapia farmacologica in atto e i tutte le agevolazioni e prestazioni per invalidità dati del cittadino finalizzati alla successiva do- civile e handicap, salvo successive verifiche. Il manda di accertamento. verbale di invalidità riporta la percentuale accertata e le eventuali condizioni sanitarie per È fondamentale che il medico annoti nel certifi- la concessione dell’indennità di accompagnacato che l’interessato è affetto da una patologia mento (vedi box). Il verbale di handicap (legge oncologica perché questa precisazione dà diritto 104/1992) indica se è stata rilevata la connota- 28 zione di gravità (art. 3, comma 3) oppure no (art. 3, comma 1). Se l’invalidità riconosciuta comporta la concessione di provvidenze economiche (pensioni, assegni, indennità) una successiva comunicazione dell’INPS richiederà ulteriori informazioni (reddito personale, ricovero, numero di conto su cui versare le provvidenze). In entrambi i verbali può essere indicata una successiva data di revisione. Provvederà l’INPS a convocare la persona a nuova visita. Il verbale e i relativi benefici continuano a valere anche oltre la data di scadenza fintanto che l’iter di revisione non è stato completato. Nel caso in cui le condizioni di salute si aggravino nel tempo è possibile, seguendo lo stesso iter (medico, domanda, visita), richiedere un nuovo accertamento di invalidità o di handicap. Contro le decisioni assunte dalla Commissione si può presentare ricorso presso il Giudice competente entro 180 giorni dalla notifica del verbale. In tal caso è necessario farsi assistere da un legale anche tramite un patronato sindacale. ASSEGNI, PENSIONI E INDENNITÀ PER INVALIDITÀ CIVILE A seconda della percentuale di invalidità riconosciuta vengono concesse tre provvidenze economiche. Ci sono però anche altre condizioni (età, reddito) che devono essere considerate. 29 ASSEGNO MENSILE DI ASSISTENZA Spetta agli invalidi parziali (74-99% di invalidità) dai 18 ai 65 anni di età È fissato un limite di reddito personale rivisto annualmente Viene erogato per 13 mensilità e non è reversibile È richiesta la condizione di inoccupazione ma è ammessa l’attività lavorativa solo entro un certo reddito annuale PENSIONE DI INABILITÀ Spetta agli invalidi totali (100% di invalidità) dai 18 ai 65 anni di età È fissato un limite di reddito personale rivisto annualmente Viene erogata per 13 mensilità e non è reversibile È compatibile con lo svolgimento di attività lavorativa INDENNITÀ DI ACCOMPAGNAMENTO Spetta agli invalidi totali a cui sia stata riconosciuta la condizione di non essere in grado di deambulare autonomamente o senza l’aiuto di un accompagnatore oppure di non essere in grado di svolgere gli atti quotidiani della vita Viene erogata a prescindere dal reddito personale e dall’età Viene erogata per 12 mensilità e non è reversibile È incompatibile con il ricovero in istituto o RSA a totale carico dello Stato o di Enti locali Nel caso di ricovero ospedaliero superiore ai 30 giorni non viene erogata È compatibile con lo svolgimento di attività lavorativa ASSEGNI E PENSIONI PREVIDENZIALI Per i lavoratori che nel corso della loro carriera divengano parzialmente invalidi o non siano più in grado di svolgere proficuamente l’attività lavorativa, il sistema previdenziale ha predisposto strumenti di protezione specifica in aggiunta a quelli già previsti per gli invalidi civili. Le formule sono diverse per i dipendenti del comparto pubblico e di quello privato. L’assegno ordinario di invalidità L’assegno ordinario di invalidità è una prestazione economica erogata ai lavoratori la cui capacità lavorativa sia ridotta a meno di un terzo a causa di infermità fisica o mentale. Spetta ai lavoratori dipendenti (esclusa buona parte dei dipendenti pubblici), autonomi (artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni e mezzadri), ai lavoratori iscritti ad alcuni fondi pensione sostitutivi e integrativi dell’Assicurazione Generale Obbligatoria. È necessario contare su almeno 260 contributi settimanali (cinque anni di contribuzione e assicurazione) di cui 156 (tre anni di contribuzione e assicurazione) nel quinquennio precedente la data di presentazione della domanda. In questo caso non è richiesta la cessazione dell’attività lavorativa, quindi l’assegno erogato può rappresentare un’utile integrazione del reddito, ad esempio, per coloro che hanno scelto un’occupazione part-time. L’assegno è solitamente rinnovabile ogni tre anni, e dopo tre conferme viene stabilizzato. 30 “Comunicare che ero affetto da mielofibrosi al lavoro non è stato facile. Avevo paura di essere penalizzato, invece è stato indispensabile per tutelare il mio posto e avere il tempo che mi spetta per gli esami di controllo” Ottenuto il riconoscimento della condizione sanitaria, la domanda va presentata all’INPS, anche per via telematica. La pensione di inabilità ordinaria La pensione di inabilità è una prestazione economica erogata a favore dei lavoratori per i quali viene accertata l’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa a causa di infermità o difetto fisico o mentale. È necessario contare su almeno 260 contributi settimanali (cinque anni di contribuzione e assicurazione) di cui 156 (tre anni di contribuzione e assicurazione) nel quinquennio precedente la data di presentazione della domanda. Hanno diritto alla pensione di inabilità i lavoratori: dipendenti; autonomi (artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni e mezzadri); iscritti ai fondi pensione sostitutivi e integrativi dell’Assicurazione Generale Obbligatoria. L’erogazione di questa pensione è incompatibile con lo svolgimento di qualsiasi attività lavorativa e con l’iscrizione agli albi professionali. La domanda di accertamento va presentata all’INPS – anche per via telematica – una volta ottenuta la certificazione sanitaria. Nota: i dipendenti del comparto pubblico possono fruire anche di altre forme di “prepensionamento” che variano a seconda della limitazione delle loro capacità lavorative (compromissione delle proprie mansioni, o dello svolgimento proficuo di qualsiasi attività) e a seconda dei versamenti contributivi. IL LAVORO Esistono alcune norme che facilitano il mantenimento dell’attività professionale garantendo una certa flessibilità dell’impegno lavorativo, in particolare alle persone con patologie oncoematologiche. Innanzitutto le mansioni assegnate devono essere compatibili con lo stato di salute del lavoratore: questo vale per tutti i lavoratori. Qualora si ritenga che non lo siano, il lavoratore (ma anche l’azienda) ha il diritto di richiedere, al medico competente, una specifica valutazione sanitaria. Il medico può stabilire l’assegnazione – anche temporanea – ad altre mansioni, compatibili con lo stato di salute, equivalenti o inferiori, pur mantenendo il proprio stipendio originale. Una seconda opportunità da tenere a mente è la possibilità di trasformare il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale. Per i lavoratori affetti da malattie oncologiche questo rappresenta un diritto che l’azienda non può rifiutare. 31 Il lavoratore può tornare successivamente al tempo pieno quando le condizioni fisiche glielo permettano. Questo diritto spetta - come dice la normativa vigente - ai dipendenti pubblici e privati “per i quali residui una ridotta capacità lavorativa, anche a causa degli effetti invalidanti di terapie salvavita, accertata da una commissione medica istituita presso l’azienda unità sanitaria locale territorialmente competente”. Quindi va prima chiesto l’accertamento di questa condizione alla ASL e poi va presentata formale richiesta all’azienda (o amministrazione) che non può rifiutare il passaggio a tempo parziale. Può accadere che una persona affetta da patologia oncoematologica, per terapie contingenti o per il suo stato di salute, sia costretta ad assenze per malattia anche prolungate che sono comunque indennizzate. In linea generale il lavoratore ha diritto a conservare il posto di lavoro per un periodo che è stabilito dalla legge e dai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL). Questo periodo (che si chiama “periodo di comporto”) ha una durata variabile e può essere diverso a seconda del Contratto di riferimento. Alcuni CCNL – sia pubblici sia privati – prevedono un periodo di comporto superiore per i lavoratori affetti da patologie oncologiche, in particolare nel caso di ricoveri ospedalieri o terapie invasive. È bene informarsi presso il sindacato di riferimento. Anche i lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata dell’INPS possono usufruire dell’indennità di malattia quando costretti a sospendere, anche solo per un breve periodo, la propria atti- vità a causa della malattia o delle terapie. I liberi professionisti iscritti alle rispettive casse previdenziali devono, invece, riferirsi alle diverse forme di assistenza economica stabilite dalla cassa. I dipendenti pubblici e privati hanno anche diritto a permessi lavorativi a condizione che siano in possesso del certificato di handicap con connotazione di gravità (art. 3, comma 3, legge 104/1992). Questi permessi, di tre giorni al mese o di due ore al giorno, sono retribuiti e coperti da contributi figurativi. La domanda di concessione dei permessi va rivolta all’azienda (o amministrazione) e all’INPS usando specifici moduli e allegando il verbale di handicap grave. Una volta concessi, l’articolazione dei permessi va concordata con l’azienda o con l’amministrazione. I familiari di primo e secondo grado (eccezionalmente di terzo) che assistono una persona con handicap grave hanno diritto anche loro ai permessi lavorativi di tre giorni mensili. I familiari conviventi (coniuge, genitori, figli, fratelli/sorelle) hanno diritto a un congedo retribuito fino a due anni, anche frazionabile, se assistono un congiunto con handicap grave. Questo congedo non spetta invece al diretto interessato. Per tutti i lavoratori è prevista la concessione di congedi per gravi motivi che possono riguardare anche il proprio stato di salute. Il congedo non retribuito è pari a due anni nell’arco della vita lavorativa e può essere utilizzato anche in modo 32 frazionato. I singoli CCNL disciplinano le modalità di richiesta e di concessione dei permessi. I lavoratori con invalidità superiore al 50% possono richiedere fino a 30 giorni di congedo per cure. Per la concessione del congedo è necessaria una certificazione dalla quale risulti la necessità della cura in relazione all’infermità invalidante riconosciuta. Questa certificazione viene rilasciata da un medico dell’ASL. Le assenze per congedi per cure non vanno computati nel periodo di comporto. CONDIVIDI I DUBBI In quanto persona affetta da malattia mieloproliferativa cronica, ho diritto a qualche esenzione specifica? A chi posso rivolgermi per avviare la procedura per la richiesta di invalidità? Chi può assistermi per l’espletamento delle procedure previdenziali? Nel caso avessi dei dubbi in merito alla tutela del mio posto di lavoro, a chi posso rivolgermi? Nota: I testi di questo opuscolo “I MIEI DIRITTI come malato di malattie mieloproliferative croniche” sono stati realizzati con la supervisione e il contributo incondizionato della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap Onlus (FISH Onlus) 33 DAL WEB Le informazioni reperibili in siti web italiani e internazionali possono essere d’aiuto al malato e alla sua famiglia per affrontare il lungo e spesso difficile percorso della mielofibrosi, sostenendo entrambi per raggiungere una qualità di vita sempre migliore. http://www.mpnresearchfoundation.org Fondazione statunitense Myeloproliferative Neoplasms Research Foundation http://mpninfo.org/mpn-education-foundation Fondazione statunitense MPN Education Foundation http://www.ail.it AIL - Associazione Italiana contro le Leucemie-linfomi e mieloma ONLUS http://www.uniamo.org Federazione Italiana Malattie Rare http://www.progettoagimm.it AIRC - Gruppo Italiano Malattie Mieloproliferattive Glossario ANEMIA: disturbo causato da una riduzione di emoglobina e/o di globuli rossi nel sangue. BIOPSIA: prelievo di una piccola porzione di tessuto per analizzare le alterazioni delle cellule al microscopio. Utile per diagnosticare una malattia o per controllare se un trattamento è efficace. CHEMIOTERAPIA: termine comunemente impiegato per indicare il trattamento a base di farmaci per combattere i tumori. COAGULAZIONE SANGUIGNA: meccanismo per cui in caso di lesione di un vaso sanguigno le piastrine formano un tappo (coagulo) che blocca l’emorragia. Se la coagulazione avviene in un vaso sano si forma un trombo che ostacola la circolazione del sangue, con gravi conseguenze per la salute. DNA O ACIDO DESOSSIRIBONUCLEICO: sostanza presente nelle cellule contenente le informazioni genetiche necessarie per produrre le proteine indispensabili per lo sviluppo e il corretto funzionamento del nostro organismo. EMATICO: relativo al sangue. EMOCROMO O ESAME EMOCROMOCITOMETRICO: analisi del sangue che permette di contare le cellule ematiche (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine) e di misurare il contenuto di emoglobina. EMOGLOBINA: sostanza contenuta nei globuli rossi del sangue adibita al trasporto di ossigeno in tutto il corpo. EMOPOIESI: produzione di tutte le cellule mature del sangue a partire da un’unica cellula staminale, chiamata emopoietica, che per questo si definisce “multipotente” (che può produrre molte cellule diverse). Nell’adulto l’emopoiesi si svolge esclusivamente nel midollo osseo. EMORRAGIA: perdita di sangue causata dalla rottura di un vaso sanguigno. ERITROPOIESI: produzione dei globuli rossi del sangue (eritrociti), da parte del midollo osseo. ERITROPOIETINA: sostanza prodotta dal rene, fondamentale per lo sviluppo dei globuli rossi. GENE: tratto di DNA presente nel cromosoma che contiene le informazioni genetiche necessarie perché ogni cellula svolga una determinata funzione. È l’unità di informazione ereditaria che serve a trasferire a un nuovo individuo un carattere del genitore. GLOBULI BIANCHI O LEUCOCITI: cellule del sangue responsabili della risposta immunitaria che il corpo mette in atto per difendersi dagli attacchi esterni (virus, batteri). Alcuni globuli bianchi distruggono direttamente gli agenti nocivi penetrati nell’organismo mentre altri servono a formare gli anticorpi. GLOBULI ROSSI O ERITROCITI: cellule del sangue che contengono emoglobina e trasportano l’ossigeno dai polmoni verso i tessuti e l’anidride carbonica dai tessuti ai polmoni. ICTUS CEREBRALE: danno causato da un insufficiente afflusso di sangue, e quindi di ossigeno, al cervello in seguito alla chiusura di un vaso. 34 IMMUNOMODULATORI: farmaci che modificano l’attività del sistema immunitario. Se la aumentano si chiamano immunostimolanti, se la riducono sono detti immunosoppressori. INFARTO DEL MIOCARDIO: morte delle cellule del miocardio, ossia del cuore, provocata da una carenza prolungata di sangue dovuta al blocco di un’arteria che porta il sangue all’organo. MEGACARIOCITA: cellula del midollo osseo responsabile della formazione di piastrine e derivante dalla cellula staminale emopoietica. MIDOLLO OSSEO: sostanza gelatinosa che si trova all’interno di molte ossa. Il midollo è formato da cellule con funzioni di sostegno e da cellule che producono i globuli bianchi, i globuli rossi e le piastrine del sangue. MILZA: organo non indispensabile alla vita situato nell’addome, a sinistra, vicino allo stomaco. Ha il compito di produrre globuli bianchi, ripulire il sangue dai globuli rossi vecchi e malfunzionanti e distruggere gli agenti nocivi. NEOPLASIA: formazione di cellule anomale, di solito di origine tumorale. PERIODO DI COMPORTO: periodo di tempo definito, di durata variabile in relazione al Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, durante il quale il lavoratore in malattia ha il diritto di conservare il proprio posto e non può essere licenziato. PRESTAZIONE ASSISTENZIALE: è una prestazione di servizi o di trasferimenti economici (pensione di invalidità civile, indennità di accompagnamento) che spetta a tutti i cittadini che si trovino in particolari situazioni di disagio fisico o economico. PRESTAZIONE PREVIDENZIALE: è una prestazione che è erogata ai soli lavoratori o ai pensionati da lavoro. Sono comprese le indennità per malattia o per infortunio e le forme di “prepensionamento” per i lavoratori che hanno perso la loro capacità lavorativa. PROTEINA: composto molto complesso formato da aminoacidi e costituente fondamentale di tutte le cellule. Sono proteine gli enzimi, molti ormoni, l’emoglobina e gli anticorpi responsabili della risposta immunitaria. PROTEZIONE SOCIALE: è l’assieme di politiche, prestazioni, servizi, trasferimenti economici, agevolazioni rivolti alla generalità dei cittadini che si trovino in particolari situazioni (minori, persone con disabilità, terza età, disoccupazione, indigenza ecc.) SANGUE: fluido che scorre nell’apparato cardiovascolare formato da una parte liquida, detta plasma, e una cellulare in cui sono presenti globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. Porta nutrimento e ossigeno ai tessuti liberandoli dai rifiuti accumulati. PIASTRINE O TROMBOCITI: cellule del sangue che ne arrestano la fuoriuscita dai vasi lesionati, promuovendo la coagulazione del sangue. Aggregandosi tra di loro le piastrine creano un tappo (coagulo) che blocca l’emorragia. 35 : 1223949 AIL Associazione Italiana contro le Leucemie-linfomi e mieloma ONLUS Via Casilina, 5 00182 Roma tel 06 7038601 www.ail.it [email protected] con il sostegno di 36