Una lettera inedita del prof. Pasquale Papa consegnata dall’avv. Michele Renzi di Napoli trascritta ed annotata da Alberto Perconte Licatese Pasquale Papa Lettera di P.Papa, datata 15.6.1914, da Arezzo a Firenze, indirizzata alla moglie Elvira Bertini: Cara Lily, … Passo alla cronaca della giornata di ieri, che non sarà per te senza interesse. Il discorso di Del Lungo andò, come era da prevedersi, benissimo: gran gente, silenzio religioso, molti applausi alla fine. Ma il clou della giornata fu una sorpresa, che nessuno avrebbe potuto aspettare, perché era mille miglia lontana dal pensiero di tutti. Senti, dunque. Quando fui innanzi al vagone, dal quale scendeva il Del Lungo, egli disse: “Indovini chi porto con me?” Nel tempo stesso compariva sulla piattaforma un vecchietto, alla cui vista esclamai: “Pastro!” Era, infatti, il senatore Pastro, che molti anni fa avevo conosciuto in casa del marchese Alfieri. Egli andava a Roma e, sentendo che il Del Lungo veniva ad Arezzo per la sua lettura, disse che si sarebbe fermato anche lui. Isidoro Del Lungo Luigi Pastro Figurati l’entusiasmo di tutti, perché questo vecchio di novantadue anni, vispo come un fringuello, dagli occhi perfetti, dalle gambe perfette, dall’udito perfetto, è uno dei pochi eroi autentici, condannato a morte già nel 1852 e scampato alle forche dell’Austria, per la forza del suo carattere e per la grandezza del suo coraggio. Il dottor Pastro era in mezzo a noi tutto allegro e felice con la sua tubettina in capo, che cambiò subito con un cappellino a cencio. Appena sceso dal treno, andò subito in casa di un ingegnere, che ospitò lui e il senatore Del Lungo, e nonostante la pioggia, andò in legno a visitare il Duomo, la Pieve, la Fraternità, e saliva e scendeva per un par di ore. S.Maria del Fiore S.Maria Novella Pieve di S.Pietro Alla conferenza, che durò un’ora e mezza, questo vecchietto sempre vivace e mai stanco. Alle nove al banchetto e ti dico che mangiò con eccellente appetito, certamente assai più di me. Cominciarono a stuzzicarlo, perché parlasse delle vicende della sua vita e, data la stura, fu un succedersi di aneddoti interessantissimi, di ritratti vivaci, di versi da lui composti in carcere, che egli recitava con tanto sentimento da commuovere e con una memoria portentosa. Alcuni di questi versi, indirizzati dalla prigionia al padre, che sono veramente belli, mi ha promesso di mandarmi scritti di suo pugno. Fino a mezzanotte, tranne qualche brindisi, parlò sempre lui: davanti a quella eloquenza, avrebbero dovuto tacere tutti e difatti io, che dapprima mi ero proposto di dire qualcosa, ma dopo il Pastro non ebbi più il coraggio. Con quale spirito, con quale forza rievocava episodi e persone di quel periodo eroico! Ci passarono davanti Tito Speri, pezzo sublime, che andò alla forca come a nozze, vestito di tutto punto come un figurino di Parigi; Montanari, che il Pastro disse il più grande carattere di uomo che non mai aveva conosciuto e che non volle negare e preferì la forca, perché la bugia anche a costo della morte gli ripugnava, e i preti Tazzoli, Grioli, Grazioli, tutti impiccati nella fossa di Belfiore, e la trista figura del denunziatore, il Castellazzo, che anche a distanza di più di sessanta anni, faceva accendere di sdegno feroce gli occhi del vecchio Pastro: “Era una carogna!” - ha esclamato – “ed è falso che tentasse redimersi dopo: fu sempre una carogna!” Ed ha aggiunto: “Non avrei avuto difficoltà, come già mi fu proposto, di andare a Vienna e stringere la mano dell’imperatore d’Austria, contro il quale non sento alcun rancore, ma non ho mai cessato di odiare il Castellazzo il quale, invece di seppellirsi vivo, ha avuto l’audacia di voler succedere all’Aleardi nel Commissariato dell’emigrazione e di diventare deputato. Io, del resto, mi ricordo bene la campagna fatta dai repubblicani, con a capo il Cavallotti, per riabilitare il Castellazzo e lavarlo della macchia di aver denunziato a Mantova e fatti impiccare i più insigni patrioti”. Tito Speri Enrico Tazzoli Giovanni Grioli Non è facile ripetere la serie interminabile di aneddoti da lui narrati; per fortuna, buona parte è nel libro delle sue Memorie, che, se ne hai curiosità, tu troverai nella solita libreria delle autobiografie. Uno, però credo inedito e perché non mi esca dalla memoria, te lo voglio scrivere qui. Così avessi fatto, a Bologna, di tutti i miei colloqui col Carducci! Che bella messe di aneddoti di fatti interessanti avremmo ora! Mentre il Pastro era in prigione, seppe che nella cella accanto era una signora, sembra straniera, carcerata per ragioni politiche e molto amica dell’Italia; cominciò a corrispondere con lei, come facevano i carcerati, coi picchi sulla parete. Dapprima non capiva ma, dopo molte prove, riuscì ad insegnarle l’alfabeto dei picchi e cominciarono a comunicare fra loro e il Pastro le dava notizie, le recitava i versi, che scriveva, e finì con l’innamorarsene follemente. La sua fantasia si accese tanto che la vedeva già nelle sue braccia ed era sicuro che, dopo nove mesi, sarebbe nato un pastrino, futuro cittadino della nuova Italia. Pensò allora al nome che avrebbe voluto questo nome, spostando le lettere, cioè con un anagramma, dovesse significare le circostanze chi lo portava era stato generato. Il comandante della piazzaforte era il generale Culay, allora pensa e ripensa, decise che il bambino si sarebbe chiamato Lucio Santo Barnaba, con le cui lettere si poteva fare la frase nato in barba a Culay. Giuseppina Perlasca Luigi Castellazzo È inutile che il bimbo non nacque, per la semplice ragione che c’era di mezzo una grossa parete e che il Pastro non conobbe di persona la prigioniera che cinque anni dopo che era stato scarcerato. Molte altre cose egli ha raccontato, ma sarebbe troppo lungo scriverle. Dopo sette anni di carcere duro, fu amnistiato con altri compagni e, per un errore del telegrafista, fu omesso il suo nome dei liberati, in modo che gli altri fecero malinconici addii ed egli si era rassegnato a rimanere in carcere, quando il giorno dopo arrivò la rettifica. Così egli non poté provare come gli altri l’emozione del passaggio improvviso dalla prigionia alla libertà. Ieri sera, prima di separarci, disse ai giovani: “Voglio lasciarvi un consiglio: siate buoni, perché io ho dovuto persuadermi che essere buoni, dopo tutto, è anche una bella soddisfazione; siate ottimisti, e se v’ingannano, lasciatevi ingannare , che è sempre meglio essere ingannati che ingannare: il primo asino poteva ingannare Garibaldi, ma che cosa sarebbe stato Garibaldi, se avesse ingannato un solo asino”. Stamani, quando ero già nel vagone, mi ha abbracciato e tutto solo, giacché il De Lungo è tornato a Firenze, se ne è andato a Roma, per assistere ad una seduta del Senato. A vedere insieme questi due uomini, dei quali anche l’altro è un valentuomo, ma ho fatto involontariamente il confronto tra loro: il patriottismo dell’uno [Pastro] è nei fatti, quello dell’altro [Del Lungo] è delle parole; ed è facile vedere di quanto il primo superi s’innalzi sul secondo. Affettuosamente, Pasquale. Note • Papa Pasquale (S.Maria C.V. Ce 1860-Firenze 1937): italianista e dantista di fama europea, successe al Carducci sulla cattedra di letteratura italiana nell’Università di Bologna, poi archivista e Provveditore agli Studi. • Del Lungo Isidoro (Montevarchi Ar 1841-Firenze 1927), storico, letterato, critico letterario, senatore (1906-27). • Pastro Luigi (Selva Montello Tv 1822-Venezia 1915): medico, patriota e senatore (1910-15). • Alfieri. Il marchese Alfieri nominato nella lettera potrebbe essere Alfieri Carlo (Torino 18271897), liberale e patriota, giornalista, deputato, fondatore della Discussione, diretto da R.Bonghi, poi senatore, istituì a Firenze la Scuola di Scienze, lasciò scritti, libri ed opuscoli. • Tubettina: piccolo cappello a cilindro. • cencio: l’espressione a cencio si riferisce al berretto floscio. • Duomo: Cattedrale di S.Maria del Fiore a Firenze, costruita, a partire dal 1300, da Arnolfo di Cambio, da Giotto (campanile), da F.Talenti e G.da Lapo; infine, da F.Brunelleschi (cupola); fu consacrata nel 1436. • Pieve: dovrebbe essere la Pieve di S.Pietro, a Bagno di Ripoli, ai confini di Firenze, edificio risalente all’800. • Fraternità: si potrebbe trattare della Confraternita Domenica di Beato Angelico, nata dalla fusione tra i conventi di S.Marco e di S.Maria Novella; si rifaceva alla predicazione di S.Domenico. • stura: dare la stura equivale dare sfogo (a pensieri, parole, ricordi). • Speri Tito (Brescia 1825-Belfiore Mn 1853), patriota, martire di Belfiore. • Montanari Carlo (Verona 1810-Belfiore Mn 1853), patriota, martire di Belfiore. • Tazzoli Enrico (Canneto Oglio Mn 1812-Mantova 1852), sacerdote, patriota, martire di Belfiore. • Grioli Giovanni (Mantova 1821-1851): patriota, martire di Belfiore. • Grazioli Giuseppe (Lavis Tn 1808-Villa Agnedo Tn 1891), sacerdote, patriota. • Castellazzo Luigi (Pavia 1827-Pistoia 1890), patriota, ufficiale garibaldino, federalista, deputato; dopo due processi, su di lui grava ancora il sospetto di aver collaborato con la polizia austriaca, per consentire arrestare i patrioti di Belfiore. • Imperatore d’Austria: l’odiato Francesco Giuseppe (Schönbrunn 1830-1916), che regnò per quasi settanta anni. • Aleardi Aleardo (Verona 1812-1878), poeta, politico e senatore; lasciò varie opere, tra cui Canti e poemetti. • Commissariato: si tratta del Comitato per l’emigrazione, previsto da una legge emanata nel 1848 a Torino, per l’assistenza degli emigranti; altri simili Comitati si erano formati anche nel Veneto ed in Lombardia tra il 1860 e 1888; il Commissariato per l’emigrazione vero e proprio fu istituito con legge dello stato unitario solo nel 1901. • Cavallotti Felice (Milano 1842-Roma 1898), politico, poeta, drammaturgo, patriota, deputato. • Memorie: l’opera di L.Pastro s’intitolava precisamente Ricordi di prigione (1907). • Carducci Giosuè (Valdicastello Lu 1835-Bologna 1907): poeta della natura e della storia di tendenza anti-romantica, realista e classicista, docente di letteratura italiana all’Università di Bologna, premio Nobel 1906; lasciò un segno indelebile nella storia letteraria italiana. • signora: si trattava della signora Giuseppina Perlasca (Como 1809-1896), che prima col marito L.Bonizzoni e poi (dopo la sua morte) col compagno L.Dottesio frequentò liberali e patrioti in clandestinità, fu arrestata a Venezia e a Mantova (1851-53), liberata per grazia del sovrano, si dedicò ad opere assistenziali e fondò la prima sezione della Cri di Como; ucciso dalla polizia il compagno, sposò l’avv. F.Pedavilla; il figlio morì nella battaglia di S.Martino. L’episodio della conoscenza ed innamoramento tra Pastro e la patriota, compreso l’originale anagramma nato in barba di Culoz, è riportato da Ch.Klopp, Sentences, Toronto 1999. • picchi: colpetti sui muri, come un codice particolare, usato dai carcerati per comunicare da una cella all’altra. • Culay (dati n.r.): governatore generale di Mantova nel 1853, agli ordini di J.J.F.K. Radetsky, comandante supremo delle truppe austriache stanziate in Lombardia. • Garibaldi Giuseppe (Nizza 1807-1882) il più geniale patriota e generale dell’Ottocento, con le sue gesta, specie la leggendaria battaglia del Volturno (tra epopea e critica storica), consentì l’agognata unificazione nazionale.