Le Isole dei Sogni
Ogni riferimento a fatti, personaggi ed episodi, è frutto della fantasia.
A coloro che hanno guardato in faccia il Vuoto
e hanno avuto la forza di continuare
di Enrico Giacometti
“Esistono cose contro natura.
Cercare di fuggire dalla propria età, dalla propria condizione sociale porta alla tragedia. Pensateci ogni volta
che avrete la tentazione di scappare nei mari del Sud.”
(…)
“- I mari del Sud non li ha mai raggiunti.
-Che ne sa, lei!... ...Dove si trovano i mari del Sud?”
(I mari del Sud – Manuel Vàzquez Montalban)
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
I
LLUVIA
...come fa l’Europa quando piove
e si rintana a dipingere
le isole del sogno...
(Paolo Conte – Blue Haways)
Era un mese che stava piovendo, un intero mese.
L’autunno era giunto impietoso col suo carico d’umidità, inzuppando ogni cosa. Densi vapori impregnavano l’aria rendendola greve da respirare.
Le piante erano chine, intrise d’acqua. Il cielo era grigio, le
colline erano grigie, il lago era grigio. I fiumi non riuscivano
più a contenere l’acqua limacciosa e in vari punti erano straripati. I campi parevano risaie. Le foglie ingiallite cadevano a
migliaia ricoprendo le strade.
Era circa la metà di ottobre quando decisi che non avrei sopportato un attimo di più quel clima monsonico, per di più
freddo.
Io odiavo il maltempo. Mi accentuava il malumore, anche se
in quel periodo ero sereno.
Le previsioni non mi davano grandi speranze: su tutta
l’Europa gravava una depressione che assomigliava più ad un
ciclone che ad una normale perturbazione.
L’unica fonte di luce e di calore era il mio caminetto, davanti
al quale la sera mi consolavo abbrustolendo castagne e sor3
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
seggiando marsala invecchiato.
Ogni tanto bevevo anche un sorso di ron añejo, che mi scaldava dentro e mi dava l’illusione del calore del tropico.
Era un periodo di transizione.
L’architetto per cui lavoravo stava andando in pensione. Avrei ereditato la sua clientela, che ormai mi conosceva; però
lo studio era troppo grande per me da solo, e dovevo scegliere se trovarmi un socio, tentando la libera professione, oppure
collaborare con qualche altro studio professionale più grande.
Avevo già alcune proposte in questo senso.
Insomma, ero ad un bivio, ma non avevo né fretta, né voglia
di scegliere.
Inavvertitamente, era giunto il momento di riconsiderare la
mia vita.
Erano stati anni sereni. Il lavoro che svolgevo scorreva con
relativa facilità: a volte era più pesante a causa dell’ottusa e
assurda burocrazia, ma pur sempre accettabile.
Uscivo praticamente tutte le sere a ballare musica latina. Gli
allegri ritmi caraibici mi aiutavano a scrollarmi il grigiore che
spesso il mondo cercava di gettarmi addosso. Tornavo tardi,
stanco, ma allegro.
In qualche modo, avevo rivissuto la mitica “Età della Salsa”,
un periodo magico di grande spensieratezza di parecchi anni
prima, che ricordavo ancora con nostalgia.
L’Età della Salsa...
Avevo poco più di vent’anni... tutte le sere fuori a ballare
...sempre ragazze nuove... Che tempi!
Poi mi ero fidanzato e il ciclo si era spezzato.
Era seguito un periodo di alti e bassi, ma soprattutto di bassi.
Li ricordo come gli anni bui.
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Infine, tornato libero, avevo affannosamente cercato di riacchiappare quegli anni perduti, mitici, meravigliosi. Ci avevo
provato sul serio.
Ma non erano più gli stessi tempi...
Quando mi ero guardato attorno me ne ero accorto presto.
Molti amici avevano messo su famiglia.
Tanti compagni di allora, spariti chissà dove.
Ragazze un tempo splendide, con quindici chili di più addosso e l’aspetto di massaie.
Banche al posto di sale da ballo dove avevo trascorso serate
indimenticabili...
No, non erano più gli stessi tempi.
Ma avevo tentato lo stesso di farli ritornare, cercando di ricucire il tessuto della mia vita che per un lungo tratto si era sfilacciato.
E in alcuni attimi benedetti, mi sembrava davvero di esserci
riuscito.
A volte, mentre ballavo, mi sembrava di aver trascorso
un’unica interminabile serata, come se realmente quell’età
lontana non fosse mai finita.
E stavolta ero anche riuscito a non fidanzarmi più.
Avevo avuto un sacco di storielle leggere, divertenti, spensierate, come una volta.
Avevo assaporato tanti nuovi inizi: conquistare una ragazza,
uscire al primo appuntamento, il primo bacio...
Insomma, brevi avventure a termine, evitando la pesantezza
delle coppie di lunga data, la stanchezza della routine, i silen6
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
zi, le incomprensioni, le sceneggiate, in breve, tutte quelle
situazioni dove salta fuori il peggio d’una relazione.
Tutto sommato, avevo trovato un buon equilibrio, e da un
certo punto di vista, non avrei potuto chiedere molto di più
alla mia vita.
Mi aveva preso un senso d’inquietudine.
Ma che ci si poteva fare?
Non c’era soluzione.
Eppure...
Eppure, voltandomi indietro...
...mi sembrava che mi fosse sfuggito qualcosa...
Eppure...
Eppure in una pausa per riprendere fiato, mi ero reso conto
che...
Mi sembrava di rammentare qualcosa d’importante...
Frugavo nella memoria ma... restava solo quella strana sensazione...
...sebbene fossero stati anni belli...
...erano pur sempre passati...
Il tempo se li era portati via, e a pensarci adesso sembravano
evanescenti come un sogno.
Quei momenti ora non esistevano più, andati, finiti, spariti,
come se non fossero mai esistiti.
La vita serena e piacevole che avevo trascorso aveva finito
per illudermi che potesse durare per sempre, come se fosse
davvero possibile trovare un angolo al riparo dal flusso tumultuoso del divenire. Ma il tempo trasforma, dissolve, cancella. Le cose fluiscono e svaniscono come la propria vita.
E una volta che sono andate ...è come se non fossero mai esistite...
...come se non fossero mai esistite...
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Ricordavo solo che anni prima avevo attraversato una grave
crisi.
Avevo lasciato il lavoro, o forse in realtà era stato il lavoro a
lasciare me, ed ero precipitato in un abisso di domande senza
risposta. Avevo dovuto scardinare completamente la mia vita.
Tutte le mie presunte certezze si erano sgretolate.
Avevo passato momenti molto duri. Ma ricordavo che dopo
la dissoluzione era apparso misteriosamente qualcosa...
...qualcosa che mi aveva permesso di tornare a vivere, anzi,
forse per la prima volta di cominciare a vivere davvero.
Miracolosamente avevo scacciato l’ombra di molte inquietudini e lo spettro della depressione.
E infine avevo ricominciato esattamente da dove avevo lasciato.
Avevo ripreso il lavoro, la mia vecchia vita.
Ma con spirito nuovo.
Con una nuova consapevolezza, mi verrebbe da dire.
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
Poi il tempo era trascorso sereno e posso dire che avevo finalmente vissuto una vita che mi aveva soddisfatto.
Ma ora, fermandomi un attimo a riflettere, mi rendevo conto
che mi ci ero talmente immerso, che poco alla volta, inavvertitamente, ero scivolato alla superficie, smarrito in cento piccole cose.
Avevo perso quella dimensione di profondità che mi aveva
salvato e rinnovato la vita.
Ma cos’era?...
Ricordavo solo di aver trovato miracolosamente un significato per la mia esistenza.
Era stato un lampo di luce.
Ma piano piano quella comprensione si era svuotata di contenuto, era come sfuggita, scivolata come acqua tra le dita.
In alcuni momenti mi fermavo perplesso. Mi sembrava che la
mente si...
II
FRIO
...para olvidar un loco amor
que más que amor es un sufrir...*
(Nostalgias – Enrique Cadicamo)
Con Antonella avevo troncato definitivamente.
Non era stata facile, ma avevo finalmente compreso che con
quel continuo tira e molla che aveva caratterizzato la nostra
relazione, ci si faceva solo del male.
Antonella...
Ma era solo un attimo, e tornavo presto alla mia consapevolezza ordinaria.
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Antonella era stata una storia importante. Anzi, “LA” storia
importante. C'era stato un legame fortissimo tra noi.
Ma i fatti mi avevano dimostrato che era una storia impossibile. Era troppo libera, ancora più libera di me.
Bella, seducente, non le mancavano sicuramente le opportunità e le buone occasioni. Eppure, continuavamo ad attrarci
l'un l'altra e ad orbitarci attorno come stelle binarie.
Col tempo, però, il nostro rapporto era diventato più torbido.
La nostra relazione aveva preso una piega di aggressività che
non era sana.
Per lungo tempo mi ero illuso, o forse è meglio dire che avevo finto, sapendo di fingere, che la vera passione fosse così,
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
che l’amore vero avesse bisogno di quella tensione emotiva
per raggiungere gli apici che raggiungevamo noi.
Ma i picchi hanno bisogno delle valli. E più alto è il picco,
più profonda è la valle.
No, non era di quello che avevo bisogno, in verità.
Avevo bisogno di limpidezza e di cieli azzurri.
Me ne resi conto un giorno, mentre stavo sdraiato sul prato
dietro casa ad osservare il cielo e le nuvole, abitudine che
non avevo mai perso, quando il tempo e la stagione me lo
permettevano.
Non tutto era da rigettare. C’erano stati dei momenti molto
belli e profondi soprattutto agli inizi. Per questo era giusto
interrompere lì e così, prima che la qualità del rapporto scadesse ulteriormente.
A lungo avevo temuto l’abisso che si apriva lontano dalle sue
braccia e avevo desiderato ardentemente di trovare una sostituta che me ne facilitasse il distacco, come fanno tutti, di solito.
Ma, nonostante il tempo trascorso, nonostante le molte uscite
e i vari tentativi, non ero riuscito a trovarne nessuna che potesse definirsi una possibile alternativa, nemmeno alla lontana. Così è stata molto più dura.
Per lungo tempo quelle innumerevoli storielle senza capo, né
coda che riuscivo ad avere erano servite soltanto a tenere un
po’ a bada il ricordo di Antonella.
Ma era acqua salata: la sete non passava mai.
Poi, finalmente, un giorno rivelatore mi resi conto che in
fondo ...in fondo... cercavo sempre di ritrovare Antonella!...
Cercavo sempre di ritrovare Antonella in un altra!
Cercavo proprio ciò che volevo fuggire!
Che follia!
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Quella bruciante consapevolezza fu il colpo di grazia che mi
rese finalmente libero.
Così fui io a spezzare definitivamente quella catena che mi
legava a lei.
Antonella ci è rimasta davvero malissimo. Non riusciva a farsene una ragione. Era abituata a lasciare e non ad essere lasciata. E poi le donne sono fatte al contrario: se hanno un
uomo a completa disposizione, scontato, non lo degnano minimamente di attenzione. Se invece non possono averlo,
impazziscono.
E infatti ha provato con tutte le sue arti femminili di farmi
tornare da lei. Ma non ho ceduto, e sono rimasto sorpreso che
non mi sia costata nemmeno troppa fatica.
Qualcosa era davvero cambiato dentro di me.
Ma si dimentica mai veramente, un amore?
Il ricordo non è sempre facile da controllare.
A volte ti colpisce a tradimento, nel momento in cui sei più
indifeso... E proprio quando meno te l’aspetti, ti capita
all’improvviso quella certa canzone...
L’ultima volta era stato un tango.
Quanto l’avevamo ballato!
Che nostalgia...
E allora come un lampo ti compare il suo sorriso...
E per un attimo il tempo sembra svanire... di colpo torni indietro di cinque ...dieci anni... tutto sembra così vicino...
..così vicino...
....ma così irraggiungibile...
Ti prende una grande malinconia. Ma che fare? Che farci?
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
Fantasmi, soltanto fantasmi. Ora lo so.
E non si possono combattere i fantasmi. Perché è proprio
combattendoli che si dona loro apparente realtà.
E allora, con un sospiro ti arrendi, e li osservi passare davanti
in rassegna. Pazienza... Di solito durano poco ...una mezza
giornata... qualche giorno al massimo... e poi se ne vanno
come sono venuti. Ed è come se niente fosse accaduto.
Una sera la solitudine mi aveva buttato tra le braccia di Francesca, una mia vecchia amica.
Tra un uomo ed una donna è naturale che ci sia attrazione,
soprattutto quando c’è una profonda intesa ed intimità.
Le avevo preparato una cena di pesce. Antipasto di vongole
saltate con prezzemolo, pepe ed una punta di aglio, ostriche
“alla barbara”, come le chiamava lei, perché diceva che era
un delitto farle così, ovvero gratinarle al forno con un pizzico
di pangrattato e olio d’oliva (anche se poi le sbafava lo stesso
senza troppi rimpianti). Infine avevo preparato una grossa
mormora in crosta di sale, rimpinzata di salvia e alloro, con
contorno di patate arrosto.
Avevamo innaffiato il tutto con abbondante Bianco di Custoza.
Finita la cena ci eravamo seduti sul divano a sorseggiare un
limoncello davanti al caminetto acceso.
Un senso di buonumore e di soddisfazione dovuto alla buona
cena ed al vino ci aveva messo addosso uno strano languore.
Stavamo in silenzio, gli occhi catturati dalla fiamma guizzante del camino, ognuno smarrito nei propri pensieri.
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All’improvviso un forte boato ci fece sobbalzare, frantumando la tranquillità della sera. Scoppiò un furioso temporale con
mitragliate di grandine sulla tettoia.
D’istinto si strinse a me.
Me la trovai tra le braccia, i nostri visi vicini e la sua bocca a
pochi centimetri dalla mia. Era bellissima.
Ancora una volta il suo volto si confuse con quello della
donna che avevo amato da sempre.
Rimanemmo così alcuni secondi guardandoci negli occhi, poi
quei pochi centimetri tra noi si sciolsero in un lungo bacio
appassionato, profondo, disperato.
Quanto amore che avevamo da donare…
Ci baciammo con foga e passione, con la frenesia di chi, rotto
un antico equilibrio, vuol bruciare le tappe.
Sentivo la sua pelle rabbrividire sotto i miei baci ed il suo
profumo mi aveva ubriacato completamente.
Il sangue mi era salito alla testa. Era un po’ che non ero stato
con una ragazza. Le mie mani cominciarono a frugarla dappertutto e trovarono un seno morbido, caldo e sodo, quasi da
adolescente sotto la camicetta. Poi la mia mano scivolò nei
suoi jeans. Camicie e bottoni cominciarono a saltare. Ormai
la situazione stava precipitando...
Ma lo schianto d’un fulmine, così forte che credevo che avesse colpito la casa, ci fece sobbalzare.
Fu un attimo, il sangue ridiscese e la testa mi si snebbiò.
Presi un profondo respiro e mi sembrò di svegliarmi da uno
stato di trance.
Mi guardai attorno sorpreso.
Accidenti! Che cazzo stiamo facendo?
In che casino stiamo andando a metterci?
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
“E’ stata un’ottima cena Henry. Però ho bevuto un po’ troppo….
“Abbiamo bevuto un po’ troppo, Frenci”.
La abbracciai stretta e le baciai i capelli sulla tempia.
…senti…
“Già... Mi sento la testa leggera leggera”.
… volevo dirti………….
Mi fece una gran tenerezza. La baciai a lungo sulla fronte e
sulle guance. E la tenni abbracciata forte.
… Per quel che riguarda .... quello che …. dopo…”
“Frenci, non ricordo che sia successo niente...
“Mi sento così sicura con te…”
...niente di grave...
Quanto le volevo bene, tanto, troppo, per rischiare di rovinare
un’amicizia per un po’ di sesso.
Solo un po’…
“Non sai il bene che ti voglio Frenci!”.
…un po’ di solitudine …e di affetto
La tenni stretta a lungo, poi a poco a poco sentii che il suo
abbraccio si rilassava.
Si addormentò tra le mie braccia.
La adagiai sul divano e la coprii con un panno.
Il temporale era cessato così rapido com’era iniziato.
Uscii sotto al portico a prendere una boccata d’aria.
C’era un’aria fresca che sapeva di terra umida e di bosco.
Un cielo limpido e stellato avvolgeva la notte.
…tra due vecchi amici.
Niente di più.
Niente di male.
Non ci pensare più”.
“Ti voglio bene, Henry. Sei un amico vero. Non tutti…”
“Dai su, non vorrai farmi fare la figura del fesso, che mi sto
già pentendo, eh!?”.
La mattina dopo quando mi svegliai vidi che era già andata
via.
Più tardi mi telefonò.
Si mise a ridere. “Che sciocco!... Sei unico!...”.
A parte quella parentesi non c’erano più state tentazioni, e
15
16
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
tutto era tornato a posto tra di noi.
III
LONTANO, LONTANO
*...per dimenticare un amore folle, che più che un amore è una sofferenza...
Strenua nos exercet inertia: navibus atque quadrigis petimus bene vivere.
(Orazio – Epistola 1, 11)*
Niente mi tratteneva più lì.
L’unica certezza era che avevo bisogno di luce, di caldo e di
bel tempo.
Forse un bel viaggio mi avrebbe fatto bene.
Sì, avevo bisogno d’una vacanza. I mari del sud mi chiamavano. Mi sentivo una rondine ritardataria, e il mio istinto migratorio stava diventando incontenibile.
Mi recai in un’agenzia di viaggi e ne uscii carico di opuscoli
di proposte di vacanze. Poi mi collegai in rete e cominciai a
sfogliare tutte le offerte ultimo minuto.
Davanti a quelle immagini luminose di palme e di spiagge
assolate mi sentivo già più allegro e il solo pensiero di una
possibile fuga da quel grigiore, mi dava un senso di libertà.
Avrei potuto visitare le zone dell’estremo oriente che non avevo ancora visto, per esempio, fare un giro delle isole del
Mar Cinese Meridionale, ma adesso erano investite dal mon17
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
sone, come del resto la costa orientale dell’Africa...
Nell’America centrale e nei Caraibi, invece, la stagione delle
piogge con le tempeste tropicali e gli uragani doveva ormai
essere al termine.
Un bel giro del Centramerica, ecco cosa mi ci voleva!
A Cuba e nella Repubblica Dominicana ero già stato.
Potevo andare in Costa Rica, e passare per Panama. Sarebbe
stato un bel giro in mezzo a foreste tropicali e natura selvaggia, senza un itinerario prestabilito, come piaceva a me. Poi
alle San Blas, o sulle spiagge caraibiche del Costa Rica, avrei
potuto godermi il mare ed il sole dei tropici.
Ma con chi ci potevo andare?
I miei amici lavoravano tutti quanti, molti avevano famiglia.
Forse qualcuno avrebbe potuto prendersi un periodo di ferie,
ma sicuramente non così, all’ultimo momento, senza preavviso.
Certo potevo andarci anche da solo, non era la prima volta.
Anzi, spesso avevo stretto belle amicizie con gente conosciuta in vacanza. E poi i paesi del centramerica sono facili.
Però con qualche vecchio amico sarebbe stato ancora più divertente.
Un bel viaggio senza mete precise, on the road, come ai bei
tempi. Che bellezza!
Ma con chi potevo…?...
…Marco!…
Ma certo!
Marco... era quasi un anno che stava in Messico.
Era tanto che non ci vedevamo! Poteva essere un’ottima occasione.
...Marcone... ma certo!
Marco era partito per una vacanza e praticamente non era più
tornato.
Anche quella faceva parte delle sorprese della vita.
Chi l’avrebbe detto?
Un tempo lavorava in una azienda di Milano e si occupava di
import – export.
Era dotato, molto dotato. In breve tempo aveva fatto una carriera fulminante. Aveva avuto delle intuizioni brillanti ed aveva fatto delle scelte imprevedibili che avevano fruttato notevoli introiti all’azienda. Era quasi arrivato al soglio della
dirigenza.
Fino a quella vacanza in Messico…
Si prese tre settimane di ferie, cosa che non aveva fatto praticamente dai tempi dell’università.
Colse tutti di sorpresa, visto che faceva solo le festività obbligatorie di chiusura della ditta, ed era considerato più un
computer che un uomo.
Gli avevo telefonato casualmente proprio poco prima che
partisse.
“Bravo, sono contento per te”, gli dissi “era un pezzo che non
andavi in ferie. Sono importanti anche quelle. Fa bene stacca-
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
re un po’”
“No, è che mi sono proprio rotto i coglioni!”
“Ah!”
“Mi sono rotto i coglioni di tutto e di tutti!... Sul serio!”
“Bravo, bravo, hai tutta la mia comprensione...”
Attribuii il suo comportamento ed il suo linguaggio insolito
ad un periodo di stress passeggero.
Una bella vacanza gli farà bene, pensai.
Verso la fine delle tre settimane di vacanza Marco si ammalò.
Prese una strana febbre che i dottori del luogo non riuscivano
a guarire. Fu interpellato perfino uno specialista americano,
ma niente da fare, la febbre non se ne andava. A volte aveva
punte di quaranta e mezzo, pur prendendo degli antipiretici.
Delirava.
Fu avvisata l’azienda, che gli dette venti giorni di malattia.
I colleghi di lavoro già malignavano, dicendo che non era adatto alle vacanze, che non aveva più il fisico.
Dopo qualche giorno, però, la febbre di punto in bianco sparì,
rapida come era sopraggiunta.
Si sentì subito meglio e contrariamente al parere degli specialisti, si congedò dall’ospedale e andò al mare.
Dopo dieci giorni, giunse alla ditta una lettera di licenziamento.
Tutti presero la notizia con stupore e pensarono ad una qual21
che conseguenza della febbre. Su richiesta esplicita del direttore gli fu assegnato un altro mese di convalescenza.
Ma alla fine del mese non tornò.
Il direttore in persona gli telefonò quasi supplicandolo di ritornare, ma Marco fu irremovibile. Allora il direttore gli dette
un ultimatum di tre mesi per decidere.
Allo scadere dei tre mesi, Marco tornò qualche giorno a Milano per compiere delle formalità burocratiche.
I colleghi dell’azienda stentavano a riconoscerlo in perfetta
forma fisica, bello asciutto senza un centimetro di pancetta,
camicia fantasia, occhiali da sole, abbronzatura da copertina.
Lasciò tutto e tutti, perfino la fidanzata. Non che avesse perso
granché a mollare quella piagnona mai contenta, perennemente depressa, con la piega della bocca amara. Era carina,
molto curata, ma era una donna in carriera che cercava solo
cavalli vincenti, ed era sempre stressata...
Insomma carina, ma pesantissima!
Rimase sbigottita e offesa a morte ad essere piantata così.
Veniva da una delle famiglie bene di Milano, ed era abituata
a scaricare e non a essere scaricata. Attribuì anche lei il suo
comportamento a qualche strascico della febbre tropicale.
Era trascorso ormai un anno.
Da quando era in Messico ci tenevamo in contatto in rete,
scrivendoci un messaggio ogni due settimane circa.
Le notizie giungevano entusiastiche. Non l’avevo mai sentito
così di buon umore. Viveva in perenne vacanza.
Se sai come muoverti, si vive con poco, diceva, e lui aveva da
parte un bel gruzzolo.
Aveva perfino rifiutato un posto di lavoro offerto da una impresa di import – export concorrente della sua vecchia ditta
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
che aveva una filiale in Messico...
Il Messico...
...un sogno che avevo coltivato per anni.
Per un motivo o per l’altro non ero mai riuscito ad andarci.
Era una meta ideale perché sicuramente lì avrei trovato un
buon appoggio, senza scomodare nessuno dei miei amici.
Ed era anche un’ottima occasione per rispolverare lo spagnolo. A che serve parlare varie lingue se ne usi sempre a malapena una?
Gli scrissi e gli dissi della mia intenzione di andarlo a trovare. Sapevo che ne sarebbe stato felice.
Attesi tre giorni, ma non mi giunse alcuna risposta. Eppure
sapevo che leggeva la posta quotidianamente. Gli scrissi altre
tre volte, ma niente. Rimasi perplesso.
Gli telefonai al recapito dove abitava, ma mi rispose una signora che mi disse in spagnolo che non stava più lì da quasi
un mese. Aveva fatto le valigie in fretta e furia ed era partito.
Effettivamente, ripensandoci, era passato quasi un mese da
quando ci eravamo sentiti l’ultima volta...
Di parenti aveva solo sua madre, una donna rifatta lifting dopo lifting: trucco pesante, capelli rosso menopausa, come avrebbe detto mio padre.
Abitava nella casa in Liguria col suo nuovo fidanzato.
Non avevo il numero telefonico, perciò fui costretto a recarmi là di persona. Mi ricordavo a malapena come si arrivava
alla villa, c’ero stato solo una volta ad una festa, durante il
periodo universitario, quasi dieci anni prima.
Comunque riuscii a trovarla. La madre mi venne ad aprire
con aria interrogativa, aspettandosi forse un rappresentante o
23
qualche altro seccatore ambulante. Camminava tutta impettita
a piccoli passi, con le dita delle mani aperte in avanti e le
palme rivolte verso il basso per far asciugare lo smalto.
Aveva in testa un asciugamano avvolto a mo’ di turbante,
rossetto rosso rubino, stile “notti d’oriente”, ciglia finte, uno
sguardo che sembrava un’attrice degli anni trenta appena uscita dal camerino e ricordava perfino un po’ Bette Davis da
vecchia.
“Sì? Mi dica?”
“Buongiorno Signora. Sono Enrico, un amico di Marco”.
Mi guardò stupita. “Marco non abita più qui da anni!”.
“Lo so, lo so. So anche che è partito per il Messico quasi un
anno fa”.
Mi venne incontro ad aprirmi.
“Buon giorno” le strinsi la mano “Si ricorda di me? Sono un
amico di Marco. Ci siamo visti qualche volta”.
“Enrico…?...”
“Abito in una casa in campagna. Ho la passione delle piante,
una volta sono venuto a vedere la sua serra…”
“Ah... sì! Enrico! Quello dei giardini! Sì, sì mi ricordo!”
Meno male.
24
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
la sua mamma, fin da bambino... Io ho smesso di preoccuparmi da un pezzo... Quando vorrà, si farà vivo.”
“Cosa la porta da queste parti?”
“Volevo fare una vacanza in Messico ed andare a trovare suo
figlio, ma è più di una settimana che non riesco a contattarlo.
So che legge la posta elettronica tutti i giorni e ci siamo sempre sentiti ogni due settimane... Adesso è quasi un mese che
non ci sentiamo. Volevo sapere se aveva sue notizie o un recapito…”
“Mah, sta sempre al solito indirizzo, aspetti che glielo do”
“No, ce l’ho il suo solito indirizzo. Ma non abita più lì. Ho
telefonato e mi han detto che è partito all’improvviso”
“Oh, beh, a lui piace cambiare… Sarà in giro da qualche parte a divertirsi, beato lui!”
“Non lo so signora... sinceramente sono un po’ preoccupato.
Non è da lui sparire in questo modo”.
“Ma se ha piantato il lavoro in quattro e quattr’otto! Un lavoro ben pagato con la possibilità di far carriera!... E poi mollare quella povera ragazza così su due piedi... Una ragazza così
bella, di buona famiglia…”
Non aveva tutti i torti. Ormai ci aveva abituato a dei cambiamenti di rotta improvvisi.
“Beh, comunque è adulto. Che faccia le sue scelte, ma poi
non torni a piangere da me, eh! Non ha mai voluto ascoltare
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“Ma signora… e se gli è capitato qualcosa?...”
“Beh, e io che ci posso fare? Il Messico non è mica dietro
l’angolo! Non vorrà mica che prenda un aereo per andare in
Messico? Io devo stare tranquilla. Gli stress mi fanno male.
Sono due mesi che non si fa vivo con me. Ormai ci sono abituata. Lei è più fortunato di me che l’ha sentito un mese fa.
Ormai Marco non pensa più alla sua mamma...
Mah?!...
Stia tranquillo! Vedrà che tornerà a farsi vivo. Non si allarmi
per niente.
Ora mi scusi, ma ho un appuntamento tra un ora. Devo andarmi a preparare”.
“Va be’, arrivederci. Se dovesse telefonare, gli dica che l’ho
cercato e di chiamarmi sul cellulare”.
“Certo. Arrivederci e stia tranquillo. Io lo so come è fatto,
Marco”.
Forse aveva ragione lei. Forse tutto sommato non c’era motivo di preoccuparsi... E poi era uno che sapeva badare a se
stesso.
Decisi che sarei partito in ogni caso.
Andai in agenzia e comprai un biglietto di volo per Cancùn.
Mi collegai ad internet e mi scaricai un po’ di materiale sullo
Yucatan... itinerari, piantine, luoghi da visitare…
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
Riempii in cinque minuti la mia vecchia sacca-zaino che mi
aveva accompagnato in molti viaggi, con la solita dotazione
standard: un paio di jeans, due di pantaloni lunghi, due di
pantaloncini corti, quattro magliette, due camicie, una felpa,
un po’ di biancheria, il costume, maschera e boccaglio. Come
bagaglio a mano mi portai un paio di canne da spinning, due
da mosca, mulinelli e artificiali vari. Chiusi casa, il gas,
l’acqua, sbrinai il frigorifero e incaricai il mio vicino di casa
di dar da mangiare al gatto.
Ero pronto.
IV
EL DIA DE MUERTOS
...io volevo andare via
per scoprire un nuovo mondo,
ai confini del mio mare,
e scordare casa mia...
(Lucio Dalla- Sulla rotta di Cristoforo Colombo)
Un’irrequieta indolenza ci tormenta: per mare e per terra inseguiamo la felicità.*
27
La mattina della partenza era veramente una giornata grigia e
pioveva a dirotto, ma quando finalmente m’imbarcai e si richiuse il portellone, il mio umore decollò assieme all’aereo.
Nella sua strada verso il cielo l’aereo ritrovò in breve il sole
perduto, che non aveva mai smesso di brillare sopra quelle
nubi dense. Lo assaporai dal finestrino come un anticipo di
quel che avrei trovato nel Caribe.
Dodici ore di volo... Era un pezzo che non facevo un volo così lungo e per di più da solo. Ma ero sicuro che non avrei sofferto la solitudine. Un senso profondo di libertà mi aveva avvolto completamente. Finalmente senza itinerario preciso e in
solitario, come non facevo da tanto!
Era da tempo che non mi sentivo così allegro. Avevo ragione,
un viaggio era quel che mi ci voleva.
Mangiai qualcosa, mi guardai un pezzo di un film e mi addormentai, completamente rilassato. A metà del volo che fino
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
a quel momento era stato tranquillo, ci avvisarono che era in
corso una tempesta tropicale nei pressi di Cancùn ed i forti
venti impedivano l’atterraggio. Avremmo compiuto un giro
più largo per aggirare la tempesta e saremmo atterrati a Oaxaca. Avremmo pernottato in un albergo e la mattina seguente saremmo ripartiti per Cancùn.
Ci furono una serie di brontolii di disappunto che si calmarono solo quando, nei pressi della perturbazione, cominciammo
a ballare forte. Le hostess avevano un bel daffare a calmare la
gente. Alcune signore recitavano il rosario.
Finalmente superammo il grosso della perturbazione e atterrammo senza grandi problemi a Oaxaca.
“Noi ci limitiamo a portare dei fiori al cimitero e a dire qualche preghiera. Non è una festa. E’ solo un ricordo triste di
quelli che non ci son più...”.
“Invece da noi è una festa. Nel Dia de Muertos, i nostri cari
tornano vicino a noi, si fermano con noi, si crea di nuovo un
contatto tra i nostri mondi”.
“Allora non è triste”.
“Solo un po’ di nostalgia”.
“Bello. Una bella tradizione”
Sul pullmann che ci portava all’albergo, notai che le strade di
Oaxaca erano tutte addobbate di ghirlande di fiori arancioni,
di luci e di candele. Si sentivano scoppiare dei petardi.
“Sì”.
“Ma che fiori sono quelli delle ghirlande?”
“C’è una festa?” chiesi in spagnolo all’autista del pullmann.
“Cempasuchitl”
“Sì. El Dia de Muertos”
“Cempa…?”
....il Giorno dei Morti ?... Già, era il due novembre! Non ci
avevo pensato... Allegria!, cominciare una vacanza proprio il
giorno dei morti…
“Qui in Messico facciamo una grande festa in ricordo dei
nostri cari. Per le strade si fanno offerte di fiori e di cibo ai
defunti. Si fanno anche dei dolci di zucchero e marzapane a
forma di teschio.
Voi non festeggiate il Giorno dei Morti, in Italia?”
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“Cempasuchitl. E’ il fiore tradizionale. E’ un’antica usanza
che si dice che risalga addirittura ai Maya che già li coltivavano molto prima di Colombo”
Cempasuchitl... Chissà che fiori erano...
Oaxaca... La sorte mi aveva portato lì. Avevo ormai imparato
da un pezzo a non oppormi ad essa, ma anzi, a lasciarmi condurre, facilitando il compiersi degli eventi.
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
“Hasta luego”
“E’ una città pericolosa?”, chiesi all’autista.
“Hasta luego”
“Non più di tante altre. Basta evitare alcuni posti, per il resto
è tranquilla”.
“Ha qualche posto da consigliarmi per fare un giro e bere
qualcosa? Qualche posto tipico, un po’ fuori dai giri turistici?”.
“Non si ferma in albergo come gli altri? Non sente il fuso orario?”
“No. Non sono mai stato abituato a rispettare orari. E poi non
conosco nessuno”.
“Beh, se vuole io tra un’ora stacco e vado a bermi qualcosa
da Pepìn. E’ una bella Cantina.
Se vuol venire con me…”
“Beh, se non disturbo... perché no!”.
Eravamo arrivati a destinazione. Era un albergo anonimo di
una grossa catena, di quelli fatti con lo stampino, che puoi
trovare uguali a Parigi, come a Penang o in qualsiasi altra
parte del mondo.
“Allora ci vediamo tra un paio d’ore qua davanti”.
Entrai in camera, spensi subito l’aria condizionata, aprii la
finestra, mi tolsi di dosso gli abiti appiccicaticci per il viaggio
e mi feci una doccia rinfrescante. Mi stirai un attimo le ossa e
mi infilai degli abiti puliti. Già con queste semplici operazioni, la stanchezza mi era passata completamente come se avessi dormito.
Mi affacciai al terrazzino della camera d’albergo. Fuori c’era
un caldo umido tropicale, carico di essenze esotiche. Davanti
a me si stendeva la città.
Oaxaca... Se un indovino mi avesse detto solo alcuni giorni
prima che mi sarei trovato a Oaxaca, gli avrei riso in faccia.
Eppure ero lì.
Scesi nella hall dell’albergo e mi presi una birra ghiacciata.
Poi mi sedetti a mangiare un piatto di frutta nel patio al centro dell’albergo, adornato di piante tropicali.
Mi avvicinai curioso ad una ghirlanda di cempasuchitl.
Ne presi uno tra le dita. “...Ma sono tagetes! Ma sì, sono
proprio tagetes!”.
Erano semplici Tagetes, mi accorsi un po’ deluso, fiori di varie sfumature arancio e marrone che adornano spesso le nostre aiuole estive.
Ormai era l’ora dell’appuntamento con l’autista.
Ero un po’ dubbioso, dopo l’entusiasmo iniziale. Era uno
sconosciuto, alla fin fine, e avrei potuto trovarmi in qualche
strana situazione... Però, no, non ne aveva la faccia. Non a-
“Està bien”
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
vevo avvertito istintivamente un senso di pericolo, e ormai da
anni avevo imparato a fidarmi delle mie sensazioni.
Comunque all’albergo, per precauzione, feci sapere a tutti
che andavo a fare un giro della città con l’autista
dell’autobus.
Arrivò abbastanza puntuale, tutto sorridente e vestito di fresco. Si vedeva che aveva finito il suo turno.
“Come stai Italiano? Tutto bene? Sei stanco?”.
mi di diavoli rossi e di scheletri. Alcuni camminavano sui
trampoli.
L’atmosfera era molto suggestiva. Colori arancio e vaghe lucine di ceri nella notte.
Alcune bande intonavano marce malinconiche in memoria
dei defunti. Altre, fracassone, improvvisavano ritmi forsennati scanditi dalle trombe.
Tutto aveva un’atmosfera surreale, tra il magico e grottesco,
con un pizzico di macabro.
“No, tutto bene. A proposito mi chiamo Enrico, Enrique se
vuoi”.
“El dia de Muertos. Uno dei periodi più belli per venire ad
Oaxaca!”.
“Està bien Enrique, io mi chiamo Felipe” disse stringendomi
forte la mano.
“E’ stata la buena suerte a portarmi qui, allora”.
“Claro! Ecco, siamo arrivati”
“Allora, vamonos da Pepìn?”
“Da Pepin!”.
La prese larga, mi fece fare un giro turistico della città, mostrandomi la bellezza di Oaxaca.
Tutta la città era addobbata a festa e c’erano lumini accesi
dappertutto.
In memoria dei defunti sorgevano piccoli altari improvvisati,
adornati da offerte di cibo, fiori, ghirlande, sigari e sigarette
accese... E poi dolci a forma di teschio, scheletri di zucchero...
C’erano innumerevoli foto, ritratti sorridenti strappati al tempo di coloro che furono e non saranno mai più.
Gruppi di persone erano vestite come a carnevale con costu33
Ci fermammo proprio davanti al locale.
Si scendevano alcuni scalini per entrare. La cantina aveva
un’aria genuina. C’erano arredi di legno scuro stile anni trenta e vecchi poster di film alle pareti. Si percepiva un odore
greve di fumo.
Appena dentro giunse subito un coro di saluti rivolti a Felipe.
“Ciao ragazzi!”.
Andammo dritti al bancone.
“Ciao Pepin”.
“Ciao Felipe!”, rispose guardando me con aria interrogativa,
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
mentre asciugava un bicchiere.
o meno salati, piccanti e unti per tappare i buchi creati
dall’alcool.
Passammo la serata a offrirci a vicenda vari giri di mezcal e
di birra.
“Ho portato un amico italiano”.
“Enrique”, dissi salutando.
“Sei venuto in Messico per turismo?”
“Ciao Enrique” disse allargando i baffi con un sorriso. “Cosa
prendete?”
“Sì, sono venuto a trovare un amico”.
“Io una birra. E tu Enrique?”
“Italiano?”
“Mezcal!”.
“Sì. Sta a Isla Mujeres. Si è trasferito là da un anno, ma è un
mese ormai che non ho più sue notizie. Non riesco a rintracciarlo”.
Era da quando conobbi il Console, che ero curioso di sapere
che sapore avesse.
Si voltarono sorpresi a guardarmi.
“Ne ho sempre sentito parlare, ma non l’ho mai assaggiato...”, mi giustificai.
“Bueno!”, disse sorridendo Felipe “Bueno!”, disse dandomi
una pacca su una spalla, “entonces, mezcal para mi amigo y
para mi también!”.
Il barista ci versò due bicchierini colmi fino all’orlo di mezcal della miglior qualità.
Brindammo.
Lo annusai lentamente. Poi lo portai alle labbra. Era forte e
aveva un sapore etereo. La bocca restava un po’ anestetizzata. Mi piacque.
Il barista ci portò anche vari piatti di botanas, stuzzichini più
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“Mhhh”, disse con aria pensierosa. “Che tipo è, di quelli che
si cacciano nei guai?”
“No, no, è una persona in gamba. Non fa cretinate”.
“Allora vedrai che non ci sono problemi. Avrà solo cambiato
posto. Magari è in un luogo dove è difficile comunicare”.
“Lo spero. Comunque vado a vedere se riesco a rintracciarlo”, dissi assaporando il mezcal.
Si accese una sigaretta.
Mi guardò con aria interrogativa mentre aspirava il fumo.
“Ci sono tanti italiani che vengono a stare qui in Messico...
Come mai?”.
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
Mandai giù un sorso di mezcal.
Dall’abisso delle lettere, riemerse una frase.
“Chi ha respirato la polvere del Messico non troverà pace in
nessun’altra parte del mondo”.
“Come?”
“E’ una frase di uno scrittore che amava il Messico. Un inglese. Molto bravo. Muy borracho”.
“Mi piace. Bella!... non troverà pace in nessun’altra parte
del mondo...
È bello il Messico, eh?”
“La loro mamma se ne è andata un paio d’anni fa”, aggiunse
con lo sguardo basso, perso nel fondo del bicchiere. “Trentacinque anni, aveva, trentacinque anni soltanto!, ti rendi conto?” disse con la voce che usciva da profondità slabbrate
dell’anima. “Un brutto male me l’ha portata via. Che sofferenza... una gran sofferenza...
...non ho potuto fare niente... niente... me la sono vista morire sotto gli occhi senza potere fare nulla... Non c’è stato niente da fare, né cure, né preghiere, né santi, niente!”.
L’atmosfera divenne scura. Un senso di angoscia sembrava
strisciare nelle ombre della cantina e risalire sui muri.
Mandai giù una bella sorsata di Mezcal.
“Mi spiace, Felipe, davvero”. Gli appoggiai una mano su una
spalla. “Come fai coi bambini?”
“È pieno di contrasti, ma ha un fascino incredibile.”
Sorrise orgoglioso. “Allora brindiamo al Mexico e alla tua
ricerca!”
“Se ne occupa mia sorella. Io devo lavorare per mantenerli.
Non so come farei se non ci fosse lei”.
“Salute!”, dissi alzando il bicchiere.
“Sei in gamba Felipe. Sono sicuro che tua moglie sarebbe fiera di te”.
“Hai famiglia?” gli chiesi.
“Gracias”, disse con gli occhi lucidi.
“Sì, ho due bambini”.
“Dai su”, gli detti una pacca su una spalla. “Oggi è il Giorno
dei Morti, il giorno in cui tornano tra noi! Non c’è tristezza,
l’hai detto tu. Brindiamo. A tua moglie, ai nostri cari!”
Non chiesi dov’era la madre, aspettai semplicemente che
continuasse.
E infatti dopo un paio di sorsi…
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“Gracias. Ai nostri cari!” disse con un sorriso.
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
Alla fine della serata, tra un brindisi e l’altro, eravamo così
borrachos che non riuscivamo a ritrovare l’auto. Pensai che
fosse meglio prendere un taxi, viste le condizioni del mio autista, ma lui volle accompagnarmi a tutti i costi. Così, per non
offenderlo, sfidai la sorte dopo aver rivolto un pensiero fugace a San Cristoforo, o meglio a San Cristobal, protettore degli
automobilisti.
Nonostante le strombazzate e gli improperi degli altri autisti e
due o tre curve imboccate all’inglese, nonché vari semafori
rossi stracciati, arrivai sano e salvo all’albergo.
Mi era sembrato di viaggiare in un sogno. Gruppi di scheletri
danzanti che schiamazzavano e ridevano. Diavoli ubriachi
che si scansavano a fatica e si affacciavano a salutare al finestrino. Il panorama si mischiava con le luci ed i colori... sagome impastate che sfrecciavano velocemente e a tratti sembravano bloccarsi per un tempo interminabile... suoni che a
volte giungevano assordanti e a volte arrivavano ovattati da
remote profondità...
Barcollando, ci scambiammo i biglietti da visita e lo salutai e
ringraziai per la bella serata.
Il giorno dopo, i voli aerei su Cancùn erano ancora sospesi e
lo trascorsi pigramente a sonnecchiare, a leggere e a prendere
il sole a bordo della piscina dell’albergo, tra la vegetazione
tropicale, bevendo rigorosamente soltanto cocco e succhi di
frutta per cercare di smaltire i postumi della serata precedente
e quel fastidioso cerchio alla testa.
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V
DESAPARECIDO
...era meglio partire,
senza cartoline e sparire,
andarsene lontano...
(Lucio Dalla- L’altra parte del mondo)
Finalmente ritornò il bel tempo anche sul Mar dei Caraibi.
I voli erano tutti regolari e i collegamenti dei traghetti anche.
Giunto a Isla Mujeres, mi sentii davvero in vacanza.
Il sole era schietto e arrostiva la pelle. Lo sentivo piacevolmente rovente anche attraverso la maglietta.
Affittai una semplice cabana di legno che aveva una graziosa
veranda con un’amaca appesa. Davanti una striscia di palme
da cocco, che lasciavano intravedere una lingua di sabbia
bianca e le mille sfumature d’azzurro della laguna.
Entrai in casa, lanciai in un angolo la sacca, in un altro le
scarpe, i vestiti sul letto e mi buttai sotto la doccia. Poi ancora gocciolante con l’asciugamano avvolto in cintura, mi stappai una birra e mi sdraiai sull’amaca.
Mare. Sole. Brezza tiepida sulla pelle, carica di odori tropicali e di mare. Luce abbacinante.
Le foglie delle palme oscillavano lievi al vento, giocando a
nascondino con la luce del sole. Qualche nuvola bianca fioc40
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
cosa saliva dal mare.
Decisi che quel giorno l’avrei trascorso in pace e sarei andato
a cercare notizie di Marco solo l’indomani.
“Come primo giorno di vacanza al mare me lo voglio fare in
completo relax”.
Mi chiusi dietro tutti i pensieri, mi lasciai avvolgere dal fatalismo come una campana di vetro, lasciai cadere tutti i problemi e mi immersi a vivere all’istante, arte che dopo lunghi
anni di addestramento, ormai padroneggiavo.
Il giorno successivo mi recai all’indirizzo che mi aveva lasciato Marco prima di sparire. Era un appartamento al primo
piano di una casa di legno color lavanda con finiture bianche.
Vi si accedeva da una scala esterna.
Sembrava che non vi abitasse nessuno.
“Desidera qualcosa?”
Mi voltai e vidi una signora di mezz’età che si asciugava le
mani col grembiule e che mi sorrideva.
con gli occhiali. “L’italiano che stava qui? Alto, moro?”
“Sì questo”. Le mostrai una fotografia.
Avevo pensato di portarmi una foto che ci ritraeva insieme,
perché desse subito l’impressione che eravamo amici: non
volevo che la gente pensasse che lo cercavo per chissà quale
strano motivo...
“Sì, sì. Un buon ragazzo. Bravo. Pulito. Ma non lo vedo da
un mese. E’ partito all’improvviso, mi ha pagato qualche
giorno prima e poi è andato via”.
“E non le ha detto dove andava?”
“No, non mi ha detto niente. Si assentava spesso per qualche
giorno negli ultimi tempi. E’ successo qualcosa?”
“No, però non ho sue notizie da più di un mese. Ci sentivamo
ogni due settimane. E’ strano. Mi aveva chiesto tante volte di
andarlo a trovare in Messico...
L’appartamento è occupato?”
“Buongiorno signora. Lei è la proprietaria qui?”
“No, è ancora libero. Adesso è bassa stagione. Non abbiamo
più avuto richieste e non è più stato affittato da allora”.
“Sì, sono io”.
“Posso dargli un occhiata?”
“Mi chiamo Enrico, sono un amico di Marco, il ragazzo che
abitava qui”.
“Va bene, vado a prenderle le chiavi”
Mi guardò dubbiosa arricciando il naso per vedere meglio
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Entrammo. La signora aprì la finestra per cambiare aria.
L’appartamento non era stato ancora risistemato. In apparen42
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
za era rimasto così dal giorno della partenza di Marco. C’era
un letto matrimoniale in stile coloniale coperto da una zanzariera, due comodini, un armadio, un ventilatore a pale, un
grande poster del Belize su una parete.
A parte la polvere tutto sembrava in ordine. Sul pavimento
notai una serie di gocce scure ed una macchia più grande che
s’interrompeva ad un certo punto. Mi chinai ad osservarle.
“Io no, quando gli ho affittato la camera otto mesi fa non
c’erano tappeti. Ma adesso che mi ci fa pensare, credo ne avesse comprato uno. L’ho intravisto una volta quando mi sono affacciata sull’uscio”.
“Manca qualcos’altro?”
“No, la mia roba c’è tutta. Ha preso solo le sue cose”.
“Cos’è?”, mi chiese la signora.
“Si ricorda qualcosa di particolare del giorno che è andato
via?”
Le osservai e riosservai perplesso.
“Mmmmhh... Permette?”
“Mah? Verso sera è arrivato Marco con due ragazzi ed una
ragazza e sono entrati nell’appartamento”.
Andai in cucina e presi un bicchiere pieno d’acqua. Grattai
un po’ di una macchia secca con un coltello e la misi nel bicchiere. Dopo un po’ l’acqua cominciò a colorarsi di rosso.
Era un trucco che mi aveva insegnato un veterinario.
“Li aveva mai visti?”.
“No, solo la ragazza avevo visto altre volte. Una mora, carina, di carnagione scura”.
“Cos’è?” mi chiese la signora.
“Messicana?”
“Sembra sangue”.
“...sì. Ho sentito che la chiamava Carmen”
“Madre mia!”
“E gli altri?”
Mi chinai a vedere la macchia più grossa che sembrava avere
un bordo netto, dritto.
“Qui c’era qualcosa... Un tappeto... Si intravede ancora la sagoma sul pavimento. Aveva un tappeto signora?”
“Erano stranieri. Uno giovane con l’orecchino, capelli biondicci, legati a coda... L’altro era moro e grosso. Non l’ho visto bene...”
“E poi cos’hanno fatto?”
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Le isole dei sogni
“Mah, ho sentito dei rumori, credo che spostassero dei mobili”.
“Aveva dei mobili suoi?”.
“Sì, una cassapanca ed una cassettiera”.
mazioni, individuare una pista, avere contatti, informatori.
Nella realtà non sapevo da dove iniziare.
Di tutti i libri di Poirot che avevo letto, soltanto in uno avevo
indovinato il colpevole prima della fine...
L’unica cosa che sapevo, è che dovevo stare attento a non
generare io stesso dei sospetti, perché in questi paesi il concetto di democrazia e diritti umani ha dei confini molto labili.
Però a questo punto c’era poco altro da fare...
“Ricorda qualcos’altro?”
“Ad un certo punto ho sentito delle imprecazioni. Del movimento... delle porte che sbattevano. Poi più niente.
Ho visto che più tardi scendevano con la cassapanca. Hanno
fatto una fatica a scendere le scale e a caricarla sul furgone!”.
“Signora, io non mi sento tranquillo. Questa storia non mi
piace. Temo che dovrò avvisare la Polizia. Lei mi capisce vero?”
“C’erano tutti?”
Mi guardò perplessa. “Sì. Non c’è problema. Mai avuto guai
con la Polizia. Anzi! Mio cognato lavora qui al comando locale. Le può essere di aiuto. Lo avverto io”.
“No, solo i due ragazzi e la ragazza. Il suo amico non è sceso”.
Si avviò verso casa a telefonare.
Bene. Una fatica risparmiata.
“E dopo l’ha visto?”.
“Han detto che arrivano subito. Tra poco saranno qui”
“No, da quella volta non l’ho più visto, né sentito”.
Il poliziotto messicano me l’ero immaginato come il classico
“sceriffo” cattivo, grasso e corrotto del cinema, tipo il carceriere di Fuga di mezzanotte, ma a parte per i baffi, fortunatamente non gli assomigliava per niente. Era snello e di aspetto
atletico, carnagione scura, capelli neri tirati indietro col gel
ben curati. Aveva occhi vispi ed intelligenti. L’aiutante era
un ragazzo, sembrava un ragazzino, di aspetto europeo, con
capelli di colore castano chiaro tagliati a spazzola.
Si presentarono cordialmente con un sorriso ed una stretta di
I miei incubi si stavano materializzando.
Mi guardai intorno, ma non vidi nient’altro di interessante.
Odiavo fare quel che stavo per fare. Era una cosa che non tolleravo nemmeno in Italia. Figuriamoci in un paese straniero.
In queste cose non sapevo proprio come muovermi.
La cultura cinematografica e romanzesca non mi poteva essere di grande aiuto. Nei film era sempre facile trovare infor45
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
mano.
“Sono il sergente Juarez e questo è il mio aiutante Castillo.”
“Salve, mi chiamo Enrico”. Gli mostrai il mio passaporto.
“Allora, che succede? Cos’è che preoccupa la mia Ana?”,
disse sorridendo alla proprietaria della casa.
Gli raccontai la storia del mio viaggio, della ricerca di Marco,
del fatto che non riuscivo a rintracciarlo, della visita nel suo
appartamento e delle macchie di sangue, probabilmente.
Salirono a vedere. Aspettai sull’uscio ed anche Ana fu pregata di non entrare.
Uscirono dopo quasi un’ora.
“Qua a parte le macchie, sembra tutto a posto. Ne ho preso
dei campioni da analizzare. Ci vorrà un po’ di tempo. Dovrò
mandarlo alla centrale, qui non abbiamo il materiale necessario. Però ci potranno dire se è sangue umano. D’altronde potrebbe averlo perso in seguito ad un incidente. Non ce n’è
tanto da giustificare altre preoccupazioni...”
“Però ha visto che le macchie finiscono sul tappeto che non
c’è più? Si vede ancora chiaramente il punto in cui si trovava.
Sul tappeto avrebbe potuto essercene molto di più”.
“Sì, questo potrebbe essere strano. Ma lei è sicuro che il suo
amico sia veramente sparito? E perché i suoi parenti non ne
hanno denunciato la scomparsa?”.
“Ha solo una madre anziana, che non c’è del tutto con la testa
e che non ho voluto allarmare eccessivamente. Finché ero in
Italia, potevo ancora pensare che si trattasse di qualche semplice inconveniente, ma adesso… vedendo tutto questo… adesso sinceramente sono un po’ preoccupato. Non è da lui
sparire così”.
“E’ una persona che si caccia nei guai facilmente, il suo amico?”
“No, no. Né droga, né puttane, né affari strani, se è questo
che mi chiede... E’ un tipo a posto”.
“Meglio così. Lei sa che senza una vera e propria denuncia di
scomparsa, non potrei indagare, vero?”
“Me lo immagino. D’altronde io non vorrei allarmare sua
madre in Italia... Non può vedere se riesce a scoprire qualcosa?
Lei sicuramente sa muoversi meglio di me, è il suo lavoro...”
“Vedrò quel che posso fare.
Ana, non affittare l’appartamento e non toccare niente per il
momento”.
“Va bene... Era un così bravo ragazzo…” disse con aria
afflitta.
“Su Ana, non è detto che gli sia successo qualcosa”.
“Siete di Bologna tutti e due, vero?”, chiese il sergente.
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Le isole dei sogni
“Sì”.
“Ho una sorella che si è sposata con un Bolognese”, disse
sorridendo, “Mi manda delle cartoline ogni tanto. Mi ha già
invitato varie volte, ma non ci sono ancora andato. Bella città
Bologna!”.
Se lo diceva lui…
Forse non conosceva i lunghi grigi, gelidi inverni bolognesi,
né le brevi torride estati afose.
La sera mi feci un giro dei locali. Ce n’era uno dove Marco,
secondo la signora Ana, andava spesso a mangiare.
Entrai e mi diressi al bancone.
C’era un uomo, che da come si muoveva aveva l’aria di essere il proprietario.
“E’ lei il proprietario?”
“Sì, sono io”.
“Quindi sei emiliano...”, mi disse.
“Sono un amico di Marco, il bolognese”.
“Sì, come Zapata”.
“…? … Ah, sì! Come sta? E’ un po’ che non si fa vedere”,
disse mentre preparava un Mojito.
Si mise a ridere. “Allora ti chiamerò Emiliano”.
“Està bien”
Gli lasciai alcune foto di Marco per farne dei duplicati e degli
ingrandimenti, assieme a tutti i suoi dati.
“Non so. E’ un mese che non ho più sue notizie. A dire il vero speravo che mi sapesse dare qualche notizia più fresca.
...una tequila, grazie”.
“Bene, noi torniamo al comando. Stai tranquillo. Vai a rilassarti su una spiaggia”.
“No. Niente. Negli ultimi tempi era più nervoso del solito. Mi
ha detto che stava cercando di cambiar vita definitivamente.
Sale e limone?”
“Ok, grazie”.
“Sale e pepe ... macinato grosso, grazie”.
Tranquillo un accidente. Come facevo a star tranquillo?
Comunque non sapendo che fare me ne ritornai alla mia amaca, sulla veranda a rimuginare.
“Aveva per le mani un affare… non so di che si trattasse, ma
era teso, e sembrava anche stanco. Negli ultimi tempi aveva
viaggiato molto”.
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Le isole dei sogni
“Ciao Emiliano. Come va?”
“E dov’era stato?”
“Mi dica, Sergente, buone notizie?”, dissi saltando i preamboli.
“Non so. In giro per affari, diceva.”
“Non si riesce a ricordare dove era stato ?”
“Lo sapevi che il tuo amico ha lavorato per alcune settimane
in una ditta di Import-Export vicino a Cancun?”.
“So che alcune volte era andato a Isla Holbox”.
“Isla Holbox?”
“Sì, è un isola a qualche decina di chilometri da qui, molto
bella, con una natura splendida.
Non ti so dire altro”.
“Va bene. Ripasserò se le dovesse venire in mente qualcosa.
Grazie”
“Di niente”
“No... sapevo che aveva rifiutato il lavoro... Strano... A me
aveva detto che aveva rifiutato il lavoro...
Aveva lavorato a lungo in una ditta di Import- Export in Italia. Poi era venuto in Messico...”
Gli raccontai la storia completa dai tempi della laurea, al lavoro a Milano. Poi il viaggio in Messico.
“Insomma, non è un tipo così facilmente prevedibile... Uno
che molla lavoro, fidanzata, parenti, amici dopo un viaggio in
Messico… ci si può aspettare delle sorprese...”
“Ha qualcosa da dirmi sergente?”.
Il giorno seguente mi alzai di buon ora per andare al comando, ma quando uscii sulla veranda per sgranchirmi le braccia,
vidi che era già arrivato il sergente Juarez.
Si dondolava sulla sedia con le gambe distese ed i piedi in
alto incrociati sul parapetto.
La mattina, fino a quel punto serena, s’incupì.
“Buon giorno”, dissi. Mi sedetti sul parapetto. Temevo quel
che mi avrebbe detto.
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“Be’ ...la ditta dove ha lavorato adesso è sotto inchiesta per
dei traffici illeciti”.
“Di che tipo, se non è un segreto?”.
“Non è un segreto, era su tutti i giornali. Sembra che esportassero illegalmente manufatti precolombiani in Europa, in
mezzo alla normale merce. In mezzo agli oggetti di artigianato rifatti in stile maya, ce n’erano di autentici. Un nascondi52
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Le isole dei sogni
glio perfetto non ti pare?”.
non danno facilmente delle informazioni, soprattutto per telefono…”
“Come l’hanno scoperto?”.
Come si poteva fare? Non era un’informazione facile da ottenere. Ci voleva un’idea...
La madre era meglio non scomodarla… Forse…
“In seguito ad una soffiata”.
“Crede che il mio amico fosse implicato in qualcosa?”
“Be’, ha lavorato là per troppo poco tempo...”
“Pensa che possa aver visto o sentito qualcosa che lo abbia
messo in pericolo?”
“Per adesso non è da scartare nessuna ipotesi”.
“Il proprietario del locale dove Marco andava spesso a mangiare ha detto che viaggiava molto negli ultimi tempi. Ha detto che era stato più volte a Isla Holbox. C’è qualcosa di interessante a Isla Holbox?”.
“A Isla Holbox? Solo un bel mare.
Comunque sono stato alla banca locale e mi hanno detto che
aveva un conto presso di loro, ma lo ha chiuso poco più di un
mese fa. Da allora nessuna notizia. Ho chiesto al direttore di
contattare la banca italiana che gli inviava i bonifici, per vedere se aveva fatto qualche movimento successivo su qualche
altra banca. Ma credo che non sarà facile avere delle informazioni. Qua in Messico mi posso muovere bene, ma in Italia…”.
“Ah!… Aspetti! C’è un mio amico che è direttore di banca,
di un’altra banca italiana. Lui sa sicuramente come muoversi.
A lui è probabile che diano l’informazione di straforo. Lo
chiamo subito. Passiamo dalla banca locale a farci dare le coordinate del conto corrente di Marco in Italia”.
Telefonai al direttore mio amico e gli spiegai la situazione.
Mi rassicurò dicendo che avrebbe fatto il possibile e gli lasciai un recapito telefonico.
Mi sentivo già meglio.
Per vivere ci vogliono soldi, e seguendo i soldi si possono
seguire le tracce della vita.
O della morte...
“E delle persone che erano con lui, ha saputo niente?”
“Il tipo biondiccio con la coda, dalla descrizione fatta, potrebbe essere un piccolo spacciatore che sta solitamente nei
dintorni di Cancun, una nostra vecchia conoscenza... Ma per
il momento non è reperibile. Gli altri due non sappiamo chi
siano”.
“Sì, ha ragione, non sarà facile, tra diritto di privacy eccetera,
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54
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
“Nemmeno la donna che si chiamava Carmen?”
VI
“No, nessuno la conosceva.
Sei sicuro che non avesse problemi di droga, il tuo amico?”.
PENSIERI...
“Sì, sì, sono sicuro”.
...come se andare lontano fosse uguale a morire...
“Lo conoscevi bene?”.
(Lucio Dalla – Cara)
“Ma sì, certo”.
“E allora come spieghi la presenza dello spacciatore?”
“Non me la spiego affatto. E poi non siete mica sicuri che si
trattasse di lui, è solo un’ipotesi!”
Me ne tornai a casa. Aprii una birra ghiacciata e mi sdraiai
sull’amaca. Il mare, incorniciato dalle palme e dalla sabbia
candida, sfumava in infinite tonalità d’azzurro. Era un paesaggio idilliaco.
Ma un tarlo mi rodeva dentro.
“Certo, ma per ora non è da escludere nessuna pista”.
Ripensavo alle parole del sergente Juarez: “Sei sicuro di conoscerlo bene, il tuo amico?”.
Quella frase continuava a rimbalzarmi in testa.
...Conoscerlo bene...
Cosa significava conoscerlo bene?
Avevamo fatto l’università insieme. Ci eravamo frequentati
parecchio a quei tempi. Era un bravo ragazzo, molto inquadrato, intelligente, vispo. Nello studio era una locomotiva,
uno schiacciasassi, determinato, inesorabile. Si vedeva già
all’epoca che avrebbe fatto carriera. Era inflessibile e non si
lasciava distrarre dalla meta. Era un uomo di successo, pieno
di certezze.
Io ero diverso.
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
Ero pieno di dubbi, sia sul mio presente, sia sul mio futuro
...e perfino sul mio passato...
Non andavo male negli studi, anzi tutt’altro, ma il mio dilemma era il perché. Il mio dilemma era se mi sarebbe piaciuto fare quella carriera, se quel lavoro mi avrebbe realizzato. A dire il vero se mai esistesse, un lavoro in grado di realizzarmi... Se sarei riuscito ad affrontare una vita inquadrata,
il vuoto affaccendato, infiorettato di materialismo... begli oggetti, auto di lusso, bella casa... Abbellito, camuffato, ma pur
sempre vuoto.
Allora andavo avanti rimandando la risposta al domani, al
dopo università: la mia missione a quel tempo era di chiudere
quella fase.
Marco, invece era uno che sapeva quel che voleva dalla vita.
Non aveva dubbi, non aveva tentennamenti. Era sempre estremamente positivo.
Al lavoro, poi, aveva subito dimostrato una grande attitudine:
per questo era quasi arrivato al soglio della dirigenza.
Andava in palestra per tenersi in forma. Andava a letto presto. Mangiava solo cibi sani e leggeri. Aveva una fidanzata in
carriera.
Questo era Marco. Quello che conoscevo io.
Poi un giorno era andato in vacanza in Messico...
...e non era più ritornato.
Aveva mollato tutto e tutti.
Anche questo era Marco, ma era un Marco che stentavo a ri57
conoscere.
È difficile stabilire fino a che punto si conosce davvero una
persona.
Ci volevamo bene, e ci trovavamo bene insieme, nonostante
le nostre evidenti differenze.
A prima vista, agli occhi dei più, di quelli che giudicano affrettatamente e spietatamente, poteva sembrare più un robot
che un uomo. Ligio e devoto al lavoro. Il lavoro e la carriera
sempre prima di tutto.
Ma amava anche il cinema, i romanzi e la musica...
...e per chi ama la musica c’è sempre speranza...
Erano tre passioni su cui avevamo un punto di contatto, e nei
gusti ci trovavamo pienamente d’accordo.
Anche questo era Marco.
Quindi, qual era il vero Marco? Quale dei due?
L’uomo in carriera... o quello che aveva dato un calcio a tutto?...
E la storia dell’esportazione illegale di reperti archeologici?
E lo spacciatore?
Che nella sua nuova vita si fosse dato veramente al crimine?
Che fosse così cambiato?
Ma la gente cambia veramente?
O cambia semplicemente la nostra immagine che ci siamo
fatti di loro? In fondo, come si può affermare di conoscere
veramente una persona?
Avevo conosciuto persone che negli anni, in apparenza, erano cambiate profondamente.
Sentendoli raccontare adesso la loro vita passata, da studenti
58
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
erano stati degli sfigati ...individui a dir poco brillanti, che
però, ad un certo punto, si erano lasciati andare...
Erano rimasti a lungo paralizzati in una specie d’accidia, un
torpore che li aveva bloccati in una ragnatela d’impotenza.
Ad un certo punto avevano perso di vista i loro scopi, si erano messi a vivere alla giornata, chiusi in camera ad ascoltare
musica, non si tagliavano più la barba, non si curavano più.
Passavano il tempo in mutande e canotta, con un mozzicone
perennemente all’angolo della bocca, trascinandosi dalla cucina alla camera da letto.
Avevano perso il controllo della propria vita.
Quale straordinario evento scatenante era accaduto?
Cos’era successo?
Niente...
Niente di speciale...
...solo un leggero spostamento di prospettiva: avevano semplicemente osservato le cose più in profondità... e non avevano saputo trovare alcun obiettivo degno da perseguire, né alcun significato alla propria esistenza...
Avevano semplicemente intravisto il vuoto immenso al di
sotto.
Studiare ...laurearsi ...lavorare, lottare per fare carriera... mettere su famiglia, allevare figli, crescerli, preoccuparsi per loro, aspettare che diventino adulti, per vederli ricominciare il
ciclo ancora e ancora... La cosiddetta razionalità del mondo, a
ben guardare, appariva pura follia, un eterno perpetuarsi di
situazioni senza vero senso... Tutto il sistema della vita ordinaria, tutta la logica del lavoro, della produzione, della quoti59
dianità, appariva un meccanismo micidiale e insensato, un
ingranaggio inesorabile che tritava l’esistenza di un uomo...
la sgretolava, mangiandosene grandi pezzi... di corsa, di corsa.... sempre di corsa... ma per arrivare dove?...
...per arrivare più rapidamente, affannati, al grande nulla che
attende alla fine?
Così, negli studi erano rimasti indietro, accumulando ritardi
storici negli esami.
Li vedevi vagare come fantasmi ai margini delle università.
A volte si erano inventati stratagemmi incredibili per nascondere la verità alla famiglia. In teoria avrebbero dovuto essere
al soglio della laurea ed invece erano a malapena a metà del
corso. Così il giorno della tesi si davano alla macchia.
Qualcuno addirittura la faceva finita...
Se ne sentivano spesso di queste storie che avrei detto incredibili, se non ne avessi conosciute anch’io, personalmente.
Alcuni avevano avuto esaurimenti nervosi, crisi depressive
tremende e si erano perduti irrimediabilmente, restando per
sempre fantasmi della vita.
Altri, dopo queste crisi, dopo queste aridità spaventose, dopo
questi terribili segreti dovuti confessare in extremis, si erano
rimboccati le maniche e avevano macinato esami con un ritmo impressionante e poi avevano finito per fare una carriera
strepitosa, diventando magari manager di importanti aziende
internazionali.
Ora che si erano inventati un obiettivo, che si erano votati
completamente ad esso con la furia disperata di chi teme di
risvegliarsi dal fragile sogno e di ritrovarsi nuovamente
nell’incubo del vuoto, avevano finito per vivere completamente per il lavoro e la carriera e basta.
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
Erano caduti nell’eccesso esattamente opposto: dopo essere
stati a lungo in balia degli eventi, ora volevano controllare
ogni aspetto della propria esistenza, cercando di non lasciare
nulla al caso, come se fosse davvero possibile.
S’infuriavano tremendamente di fronte agli imprevisti. Il solo
pensiero di non avere il controllo totale di una situazione li
angosciava. Tutto doveva essere preciso e pianificato, un ingranaggio perfetto.
Ma anche credere di poter dominare il caso, o il caos è
un’illusione.
È l’altra faccia della stessa medaglia, la reazione opposta allo
stesso problema, il vero problema, l’eterno problema: il Vuoto... l’assurdità dell’esistenza che aleggia sempre sullo sfondo
di ogni nostra azione...
E poi se non c’è corrispondenza tra le proprie aspirazioni
profonde e la vita concreta, il conto prima o poi viene presentato.
Ed è spesso un conto spaventosamente salato.
Il vuoto restava vuoto anche se ci mettevo un velo sopra.
Però non biasimavo nessuno. Sapevo bene che nella vita ci
sono bivi, dove ci passa un niente tra diventare un grande dirigente d’azienda... o trovarsi sotto un ponte con una bottiglia.
Li capivo, li capivo tutti quanti, forse meglio di chiunque altro. Conoscevo la logica per quanto labile e assurda che stava
dietro ogni scelta effettuata, dietro ogni strada intrapresa,
perché le avevo soppesate tutte quante.
E conoscevo anche le mie ragioni.
Io ero consapevole, e questa era la mia forza e la mia condanna.
Sapevo che non potevo nascondermi dietro sogni di carriera,
non potevo riempire il vuoto con qualcosa di fittizio.
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
Anni prima, immerso nel fango della mia vita quotidiana, il
mio sogno era proprio un’isola dei tropici, un’amaca tra le
palme in riva al mare. Ero certo che la mia vita sarebbe stata
finalmente Vita, ero certo che avrei finalmente trovato pace,
quella vera, profonda.
E finalmente c’ero arrivato...
VII
PARADISO
Caelum, non animum mutant, qui trans mare currunt.
(Orazio – Epistola 1, 11)*
Ce l’ho fatta, pensai.
Ce l’ho fatta!!!
Mi sentii vittorioso. Avevo finalmente raggiunto le isole tanto desiderate... il tropico... il sole d’inverno... a tempo indeterminato.. un mese... due mesi... tutta la stagione forse...
Per quanto viaggiamo in tutto il mondo per trovare
ciò che è bello, dobbiamo portarlo con noi, oppure
non lo troveremo.
(Ralph Waldo Emerson)
CI SONO!!!, mi dissi.
Mentre riflettevo su tutte queste cose, avvenne uno strano,
improvviso, cambiamento di prospettiva. Fu come se mi osservassi dal di fuori.
Mi vidi in un posto meraviglioso, paradisiaco, tra le palme in
riva al mare, sopra un’amaca, una birra fresca in mano...
Che meraviglia!
Cos’altro avrei potuto desiderare?
Quanto avevo atteso quel momento? Quanto?
A volte avrei dato tutto quel che avevo per poter vivere degli
attimi così.
63
Fu un momento meraviglioso. La sensazione mi avvolse
completamente.
Sapevo che prima o poi ce l’avrei fatta, anche se in alcuni
momenti pesanti, il dubbio mi aveva assalito feroce.
Ci sono arrivato!!!...
...dopo tanto tempo!!!...
Quanto tempo!!!... Ma ci sono riuscito!!!
Girai lo sguardo attorno più volte. Le palme mosse dalla
brezza. Il caldo, l’odore del mare. Il riflesso del sole
sull’acqua. Un paradiso su misura.
64
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
Avevo raggiunto i miei sogni.
Ed ora che finalmente avevo preso per la coda i miei sogni...
... ora che avevo sconfitto i pesanti inverni...
...ora che avevo raggiunto quell'estate perenne che desideravo
da sempre...
dosi nel sole... non era sufficiente chiudersi dietro il grigiore
del mondo di ogni giorno, spezzare gli usuranti schemi
consueti, per ritrovare la libertà e la pace...?
La domanda rimase aperta, sospesa, veleggiante nell’azzurro
del cielo tropicale.
Bevvi un’altra sorsata frizzante di birra.
Ora che sono riuscito...
Certo, riflettei, era la strana situazione che vivevo... la scomparsa misteriosa di Marco... l’incertezza sul da farsi...
...doversi muovere in un paese straniero alla ricerca di un amico sparito...
Eppure c’era qualcosa di più...
...che sono riuscito...
Mi fermai a soppesare la mia sensazione interiore.
Strano, eppure non c’erano dubbi...
No, non c’era alcun dubbio.
No, non era sufficiente fuggire lontano migliaia di chilometri.
I problemi ci seguono come l’ombra.
Non sono in pace lo stesso!
La mia euforia precipitò a terra.
Disorientato, esaminai quella cruda rivelazione...
...perché i problemi...
...la fonte dei problemi...
Non sono in pace lo stesso...
Ecco! sì, mi stavo ricordando!...
... possibile?, pensai tra me e me.
Eppure la sensazione non lasciava dubbi: avevo ancora un
senso d’inquietudine...
Mandai giù una profonda sorsata di birra.
Com’è possibile...?
Non era sufficiente nemmeno fare migliaia di chilometri, non
era sufficiente lasciarsi dietro la pioggia deprimente, tuffan65
...la vera fonte dei problemi...
...è la nostra stessa mente!...
La nostra stessa mente!!!... mai veramente soddisfatta...
Sempre sospinta da un senso d’incompletezza...
d’inadeguatezza... Sempre alla ricerca di qualcosa... Perennemente protesa nel domani alla ricerca di un’ipotetica felicità, e aggrappata al passato... Continuamente in fuga da un
presente insoddisfacente...
66
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
Ecco che cominciava a tornarmi la memoria!
VIII
Proprio così! La vera fonte dei problemi è la nostra stessa
mente!!
E quella ce la portiamo sempre con noi! Non possiamo liberarcene semplicemente cambiando luogo!...
CORRIERE
Ma i veri viaggiatori partono per partire e basta:
cuori lievi, simili a palloncini che solo il caso muove
eternamente, dicono sempre “Andiamo”, e non sanno perché.
(Charles Baudelaire- I fiori del male)
Ora cominciavo a ricordare!
Ma ricordavo anche di un pensiero grandioso apparso un
tempo... una soluzione forse...
Ma cos’avevo capito esattamente?...
Mi sentivo la mente intorpidita. Non riuscivo...
Mah?...
Strinsi le spalle, presi la canna e me ne andai a pescare nella
laguna.
Cambiano cielo, non animo, coloro che corrono attraverso il mare*
67
Il giorno seguente mi alzai all’alba e mi recai al porto.
Il sole del mattino inondava il cielo ed il mare di luce dorata.
Alcuni gabbiani pigolavano nella brezza.
Salii su un battello per Puerto Juarez e arrivai giusto in tempo
per prendere la coincidenza con la guagua che andava a Chiquilà.
Percorremmo una monotona pianura stepposa con vegetazione bassa e riarsa dal sole, alternata a paludi e distese di fango
rossiccio e salato, infestate dai mosquitos. Qualche raro avvoltoio veleggiava alto nel cielo.
Il paesaggio non era molto interessante, ma viaggiare su una
vecchia guagua in america latina era sempre un’avventura.
Amavo l’umanità variopinta e unica che vi si poteva incontrare: charros, massaie, contadine con ceste piene di galletti
chioccianti, viaggiatori stravaganti...
E poi, viaggiando, tutto sembra acquisire un significato differente, il tempo sembra sospendersi, vengono accantonati per
un attimo i problemi quotidiani e si riesce a rivolgere uno
68
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
sguardo più profondo su se stessi. Si creano legami effimeri,
ma intensi con sconosciuti, si fanno confidenze che si farebbe
fatica con amici intimi.
Camuffandosi per un attimo in vite alternative, tante scelte
che sembrano scontate non appaiono più una logica conseguenza inevitabile. La prospettiva cambia, gli schemi ricorrenti sembrano spezzarsi... sembrano sorgere altre possibilità... Un grande senso di libertà ti avvolge... la valigia dei sogni si apre...
Per qualche attimo benedetto, tutto, davvero tutto appare possibile.
I sogni volano alti...
... alti...
...veramente alti...
... la luce ridiventa opaca...
E ricomincia la vita di sempre.
Guardando fuori, intravedevo il mio riflesso di tre quarti sul
finestrino, ed era come se vedessi me stesso in terza persona.
Le immagini rapide e fuggenti risvegliavano ricordi di altri
viaggi, fluivano col paesaggio, correvano liberi come la strada.
Il presente ed il passato... le strade e gli anni si sovrimprimevano ...la percezione e la memoria si confondevano, si mescolavano...
A tratti sembrava esserci un filo conduttore, esile, appena
percettibile...
Ricordavo bene il mio primo viaggio.
Roma... scuole medie... prima gita senza genitori con la classe di un amico. Mi sembrò di esser partito ad esplorare
l’universo intero. Da allora, quando salgo su una corriera mi
sembra sempre di andare in gita scolastica.
Sembrava ieri la gita allo zoo-safari...
...una giraffa attraverso il finestrino socchiuso, aveva afferrato con la lingua i capelli d’una compagna, tra le sue urla terrorizzate, le nostre risate e la sua faccia schifata, mentre si
ricomponeva i capelli tutti sbavati...
Le corriere mi avevano accompagnato nei momenti più belli
delle superiori...
...Monaco... Venezia... Montecarlo...
E la mitica gita a Barcellona che aveva chiuso in bellezza il
liceo.
Ma è soltanto un breve attimo ritagliato nel tempo. E poi
Arrivederci!...
Ci si scambia in fretta biglietti e indirizzi...
...si scende...
...i colori si spengono...
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
Che follie! Quante ne avevamo combinate! Non mi sembrava
vero a ripensarci. Sembravamo più degli ultrà che dei liceali
in gita. Di passaggio ad Arles avevamo messo letteralmente
a ferro e a fuoco un hotel, in segno di rivolta per il pessimo
cibo e poi eravamo scappati all’alba con la complicità
dell’autista, prima che si accorgessero dei danni. Che tempi!...
Mi venne da sorridere e una grande nostalgia.
Mi apparvero i volti di tanti compagni che non vedevo più da
anni.
Per un attimo mi sentii solo, sperduto in un angolo periferico
del mondo, smarrito su una vecchia guagua lungo strade straniere ...io, un puntino insignificante in un universo sconfinato...
Mi prese un groppo di malinconia.
...dove siete finiti ragazzi?
...Zippo... Pez...
...Baldo...
Così era bello.
I ricordi...
Ma di cosa sono fatti realmente...?
Di niente... di meno di niente...
Eppure cerchiamo di aggrapparci a queste entità inconsistenti
e immaginarie e di non lasciarli sfuggire. Sembrano così importanti...
Ma dov’erano adesso quegli eventi lontani a cui davo tanto
valore?... Dove si trovavano?...
Soltanto dentro di me.
Solo vaghe impressioni.
In realtà non esistevano più e con me sarebbero svaniti per
sempre, proprio come se non fossero mai esistiti...
Soltanto dipinti di fantasia...
... dove sono finiti quegli anni?...
..che ne è rimasto?...
...colori immaginari su tela immaginaria...
La domanda svolazzò dal finestrino e si perse lungo la strada.
Sospirai. Quante cose avevo smarrito...
Ma in fondo i miei veri compagni di sempre erano i ricordi.
Quelli non mi abbandonavano mai.
E la cosa più bella era che, mentre viaggiavo, i ricordi si fondevano insieme ed avevo l’impressione che tutta la mia esistenza fosse stata un’unica continua gita scolastica.
71
Così tutto il passato, impalpabile come la scia di polvere lasciata dalla corriera.
Ma in fondo tutti quei piccoli ricordi erano il colore della vita.
E poi fortunatamente le strade non si erano ancora fermate.
Anzi erano diventate più rapide.
Questo mio vagabondare si era espanso, avevo cominciato a
viaggiare per il mondo.
Era come se fossi alla ricerca di qualcosa... perennemente al72
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
la ricerca di qualcosa...
Ancora una volta le corriere mi avevano accompagnato nei
momenti più belli.
Avevo scorrazzato in lungo e in largo per l'Asia e l’America
Latina.
Le immagini erano scorse sempre più veloci, sempre più veloci, il tempo sembrava aver accelerato.
E ora mi trovavo su questa corriera che sfrecciava per le strade del Messico.
Adesso era il presente.
Questo almeno era reale.
Forse.
Ma, in fondo, cos’è il presente ?...
Cos’è veramente il presente ?...
IX
NELLA CORRENTE
Row, row, row your boat
Gently down the stream... *
(Filastrocca popolare)
Arrivai verso le undici e mezza del mattino al porto di Chiquilà, una cittadina calma e sonnacchiosa. M’imbarcai subito
su un altro traghetto fino a Isla Holbox.
Il sole sprizzava gioia sull’acqua.
La laguna racchiusa tra l’isola e la terraferma era meravigliosa, di mille gradazioni d’azzurro con infiniti giochi di trasparenze. L’acqua era così cristallina e immobile che le barche
all’ancora sembravano fluttuare in aria.
Giunsi alla punta nord dell’isola dove c’era l’unico villaggio.
Era tutt’un’altra cosa rispetto a Isla Mujeres. Qui l’atmosfera
era a prova di tempo. C’era un’aria tranquilla da siesta. Le
strade erano asfaltate a sabbia di mare battuta e le case erano
di legno colorato.
Vigeva ancora un ritmo lento, antico. Solo qualche dettaglio,
come l’internet cafè, ricordava che la modernità aveva sfiorato anche quel posto.
Cercavo un posto isolato. Non che il paese non fosse tran-
Il presente?...
Soltanto un lampo fuggente...
al finestrino.
73
74
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
quillo, ma attorno volevo vedere solo natura.
Affittai una cabana un po’ oltre la fine del villaggio. Era molto simile a quella di Isla Mujeres e mi ci trovai subito bene.
Appoggiai la mia roba, tirai fuori la canna da pesca e mi diressi alla laguna. Avevo bisogno di distrarmi e di non pensare
a niente.
Benché fossi già ben abbronzato, mi infilai una maglietta,
perché sapevo che col riflesso dell’acqua, il sole del Caribe
non scherza e mi unsi bene con un olio solare le parti esposte,
non tanto per il sole, ma per i mosquitos.
I repellenti, nell’acqua, non servivano a molto. Invece con
una bella unta d’olio, i mosquitos rimanevano appiccicati e
morivano subito, e per di più, se era un olio denso, resisteva a
lungo in mare. Avevo imparato il trucco nella Repubblica
Domenicana: mentre pescavo in una laguna fui circondato da
una nuvola di piccoli moscerini dall’apparenza innocua. Avevo continuato a pescare ignorandoli, ma poi mi accorsi che
avevo tante piccole chiazze tipo morbillo. Lì per lì non ci
feci caso, perché non mi facevano prurito: il giorno dopo mi
sarei staccato la pelle a forza di grattarmi.
Mi avviai a piedi in mezzo alla laguna. L’acqua era bassa e
calda. Mi fermai con l’acqua alla cintura. Ero a parecchie
centinaia di metri da riva.
Montai un artificiale, lanciai e cominciai a recuperare.
Nell’acqua trasparente lo vedevo benissimo, ma non si scorgeva neanche l’ombra d’un pesce. Probabilmente anche i pesci mi vedevano e se ne stavano alla larga. Dopo vari lanci,
decisi di cambiare artificiale. Ne montai uno più pesante che
mi permetteva di lanciare più lontano. Appena lanciato, sentii
che l’artificiale non faceva resistenza, e cominciai a recupera75
re velocemente pensando che si fosse aggrovigliato.
Invece ci fu un’esplosione di spruzzi, la canna si fletté che
quasi mi scappava di mano, mentre la frizione liberava il filo
gemendo. Battagliai un bel po’ per portarmelo vicino. Era un
piccolo Tarpon sui tre chili. Quando fu sotto, con le pinze afferrai l’amo e lo slamai senza neanche estrarlo dall’acqua.
Lanciai di nuovo. Per un po’ non presi niente. Poi sentii un
forte strattone alla canna. Stavolta era qualcosa di più grosso.
La frizione fischiava che era un piacere.
Mi ci volle parecchio per portarlo a me. Era un bel Permit
che sarà stato quasi cinque chili.
Lo slamai e lo lasciai andare.
Mi spostavo lentamente lanciando per un po’ con vari artificiali e poi cambiavo zona.
Presi vari Bonefish, sempre molto divertenti, che rilasciai, ed
un Jack Crevalle di un paio di chili che invitai per cena.
La laguna era calma, senza nemmeno un’increspatura.
Restai a pescare anche dopo che il sole era calato nell’acqua,
finché la luce arancio di una stupenda giornata, non si estinse, lasciando posto alla sera tropicale.
A casa mi feci una bella doccia rinfrescante, sfilettai il pesce
e lo rosolai alla piastra col peperoncino.
Me lo gustai sulla veranda con una bella birra fresca.
La brezza si era fermata e l’aria della sera era tiepida e profumata. Ci doveva essere un gelsomino da qualche parte nelle
vicinanze. Una cucaracha voladora ronzava nell’aria.
Finita la cena, appoggiai le gambe sul parapetto e mi dondolai sulla sedia, ad osservare il cielo del tropico. Mi sentivo
veramente in pace.
Scolai un’altra birra e me ne andai a letto.
76
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
“Ah sì? Come si chiamava?”
La mattina dopo mi svegliai completamente riposato alle
prime luci dell’alba. La pesca del giorno precedente mi aveva
fatto bene. Mi sentivo la testa svuotata dalle preoccupazioni e
per un momento avevo ritrovato la mia serenità.
Mi recai in città a far colazione. Poi andai al porto a cercare
notizie di Marco.
Marco era un appassionato di pesca, soprattutto a traina. In
un posto del genere non si doveva essere lasciata sfuggire
l’occasione. Non c’erano tante barche che portavano a pescare.
Mi avvicinai ad un gruppetto di pescatori.
Chiesi informazioni per noleggiare una barca.
“Marco”
“Marco ...italiano... mmhh?…”
“E’ questo”.
Gli mostrai la foto che ci ritraeva insieme.
“Sì! Marco!.
E’ venuto a pescare con me almeno tre volte. Voleva comprare una barca...”
“Ne abbiamo varie... Che tipo di pesca vuol fare?”
“Comprare una barca?”
“Vorrei pescare a traina”.
“Sì una grossa barca. Ne cercava una che tenesse bene il mare e permettesse di raggiungere i posti più lontani”.
“Allora per la traina deve chiedere a Miguel.
Miguel!”
“E quand’è che l’hai visto l’ultima volta?”
Si affacciò un uomo tarchiato coi baffoni ed una bella pancia.
Aveva occhiali da sole ed un cappellino con disegnato un
Marlin.
“Saranno passati due mesi. Vieni, ti faccio vedere una cosa”.
“Buenos dìas”.
“Ecco, mira”.
“Buenos dìas. Volevo informazioni per affittare una barca per
la pesca d’altura. E’ venuto anche un mio amico italiano a
pescare e ha detto che si è trovato bene”.
C’era una grande foto di Marco assieme a Miguel che reggevano un tarpon enorme.
Lo seguii in una capanna.
“Questo l’ha preso Marco” disse soddisfatto.
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
Voleva comprare una grossa barca...
Non me ne aveva nemmeno accennato...
Rimuginavo sulla nuova informazione.
Che se ne faceva?
C’era sotto qualche traffico?
Ancora più disorientato me ne tornai alla mia cabana.
Il giorno successivo andai a pescare con Miguel ed un americano baffuto di mezz’età, camicia a fiori, bermuda bianchi,
cappellino e occhiali da sole, con cui divisi il costo del noleggio della barca.
Calammo solo tre canne in acqua. Nella mia avevo voluto
montare un artificiale ad imitazione di uno sgombro. Nelle
altre due canne erano montate delle aguglie vive innescate
con due ami.
Viaggiavamo a circa quattro nodi e le lenze erano in pesca a
cinquanta - sessanta metri, dove finiva la scia della barca.
Il primo a ricevere un’abboccata fu l’americano, ma il pesce
gli spappolò l’esca e se ne andò. Seguì un’altra abboccata,
senza risultato. Al terzo tentativo finalmente riuscì ad allamare un pesce, ma l’americano tirava come un disperato e non
frizionava. Infatti il filo si ruppe ed il pesce scappò senza che
riuscissimo a vedere cosa fosse. Poi fu la volta dell’altra canna, ma il pesce si slamò.
L’americano era diventato nero dalla stizza, e borbottava
continue imprecazioni.
79
Io continuavo a non vedere un’abboccata. Decisi di cambiare
esca e montai un grande artificiale piumato.
Pur non avendo preso niente, non ne soffrivo. Mi godevo il
paesaggio meraviglioso, sorseggiando comodamente una birra fresca.
Navigando in mezzo ai cayos, nella rigogliosa natura tropicale, tra palme da cocco, acque cristalline popolate da pesci variopinti, mante, razze, coralli, spugne multicolori, pescecani e
uccelli marini, non potevo fare a meno di pensare a cosa dovevano aver provato i primi viaggiatori arrivando in queste
terre... Dopo settimane di dura navigazione in mezzo
all’oceano, senza carte e senza strumenti, senza sapere la
longitudine e con una latitudine approssimativa, su vascelli
precari... trovarsi davanti ad una specie di paradiso terrestre
selvaggio ed incontaminato... una nuova frontiera... la possibilità di una nuova vita...
Non c’erano più opportunità del genere nel mondo odierno.
Le scoperte geografiche lo avevano reso piccolo e prevedibile.
Quelle isole erano state covo di pirati e di corsari. Si narrava
che Henry Morgan in persona vi avesse abitato e le avesse
usate come base per le scorrerie nel golfo del Messico. Il mare rigettava ancora antichi cannoni di bronzo e resti di vecchie ancore incrostate.
I pirati...
I “fratelli della costa”... L’ennesimo tentativo di fondare una
nuova società utopistica con un codice d’onore, fondata
sull’uguaglianza, la fratellanza ...e la rapina.
Vivere assalendo le navi di passaggio, sfidando ogni giorno
la sorte. Si viveva all’istante, ci si riempiva di rum e in poche
sere si sperperavano intere fortune al gioco o con le puttane...
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
Ma era un atteggiamento del tutto coerente con la precarietà
dell’esistenza. La vita era appesa ad un filo... ti poteva portare via all’improvviso una palla di piombo, una ferita che andava in cancrena o le febbri tropicali... Ma sempre meglio
che marcire in una miniera o in una prigione, o spaccarsi le
ossa zappando la terra coi morsi della fame...
Meglio vivere un grande senso di avventura a riscattare
un’esistenza incerta, che rischiare la lenta agonia di una vita
di stenti...
un fremito convulso, lasciando un rivolo di sangue.
Miguel lo finì con un colpo di mazza preciso.
Con un ultimo sussulto si fermò, e subito i colori iridescenti e
cangianti del principe dei mari divennero opachi e il suo occhio assunse una sfumatura vitrea.
Fu l’unica nota stonata di una meravigliosa giornata di pesca.
* Rema, rema sulla tua barca, dolcemente lungo la corrente...
L’improvviso stridio della frizione mi riportò alla realtà. Ferrai deciso ed un grosso tarpon schizzò fuori dall’acqua. Battagliai una buona mezz’ora e alla fine, aiutato dalle abili manovre di Miguel, lo tirai sotto barca.
Lo slamammo e lo guardai soddisfatto tornare a perdersi nel
blu. L’americano che aveva borbottato tutto il tempo non disse più niente.
Rimisi la lenza in pesca, più lontano, stavolta.
Dopo pochissimo la frizione gemette forte, seguita da
un’esplosione di spruzzi nell’acqua
Un pesce vela saltò alto nel cielo.
Era bellissimo e tirava come un dannato. Miguel sembrava
più emozionato di me. Lavorando di frizione e pompando a
lungo, aiutato dalle manovre della barca, riuscii a portarlo
sotto. Quando vidi Miguel col raffio, d’istinto cercai di mollare la lenza... ma rapido, lo aveva già arpionato.
Mi dispiacque molto, era un pesce troppo bello. Credevo lo
avrebbe liberato come il tarpon. Quando l’avevo portato sotto
barca per me la sfida era già vinta e avrei voluto ridargli la
libertà che un pesce del genere meritava.
Mi dispiaceva davvero; sulla plancia si dibatteva in preda ad
81
82
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
nell’appartamento dove stava Marco.”
X
Quando Ana aprì la porta mi diressi subito verso la parete di
fondo.
CAYOS
“Questo poster del Belize c’è sempre stato, eh, signora Ana?”
“No, l’ha attaccato Marco”
Riuscii a rilassarmi e a distrarmi veramente, e per un attimo
mi dimenticai di tutta la faccenda. Avrei potuto vivere benissimo là a tempo indeterminato, soldi permettendo.
Ma dovevo ancora capire cosa era successo a Marco, perciò
l’indomani ripartii per Isla Mujeres.
Il sergente Juarez era felice di vedermi. Gli dissi quel che avevo saputo ad Isla Holbox.
Guardai il poster. C’erano due palme che sostenevano
un’amaca su una striscia di sabbia bianca davanti al mare,
con una scritta
NO SHIRTS, NO SHOES, NO PROBLEM, PLACENCIA.
“L’ha portato lui dal Belize”, ricominciò, “mi ha anche inviato delle cartoline...”
“Una grossa barca…ummhh…”, disse pensieroso.
“Ce le può mostrare?”
“E lei cos’ha scoperto, sergente”.
“Ma certo. Vado a cercarle”.
“Dall’aeroporto di Cancun abbiamo saputo che ha preso tre
voli per il Belize, negli ultimi sei mesi”.
“Belize?”
“Sì. Purtroppo l’ultimo risale a due mesi fa”.
Una cartolina ritraeva un paesaggio tropicale di palme e mare. Welcome to Placencia.
Un’altra più recente, di circa due mesi prima, ritraeva una
foresta lussureggiante con scritto BlackRock, S. Ignacio.
“Credo proprio che farò un salto in Belize, sergente...”
Belize... Tre volte in Belize..., riflettei.
“Mi è venuta in mente una cosa, sergente! Torniamo
83
“Mi sembra una buona idea... però io là non posso esserti
d’aiuto...”
84
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
“Non si preoccupi, me la caverò. Grazie per tutto quel che ha
fatto finora.”
“Dovere, dovere”, disse con un sorriso.
“Le posso offrire qualcosa?”
“Adesso sono in servizio”.
“Stasera, se ne ha voglia, andiamo a berci qualcosa”.
“Volentieri. A stasera allora”.
La sera ci trovammo in un bar presso un pontile sulla spiaggia. Il sole stava tramontando nel mare, sprizzando riflessi
dorati e sfumando il cielo di rosa.
La calura aveva lasciato il posto alla fresca brezza della sera.
Una scodella di luna e una prima stella annunciavano la notte. I grilli cantavano a decine. Una fregata gridava in lontananza.
Ordinammo due birre ghiacciate.
“Allora, sergente, come si sta su quest’isola? Sembra un posto tranquillo, no?”
“Sì, Emiliano.
Le isole sono sempre più tranquille. Nei cayos, tutti si conoscono, è come un paesone.
E’ difficile che succeda qualcosa che non la vengano a sapere
tutti. E’ raro che avvengano furti, scippi, e tantomeno omici85
di, anche perché è difficile arrivare ed andarsene senza farsi
notare... Giusto qualche rissa ogni tanto tra ubriachi, per lo
più stranieri...
Qua ci conosciamo tutti... è un po’ come stare in famiglia...
Sono stato a tutti i matrimoni, a tutti i battesimi, e a tutte le
comunioni... Tutta brava gente...
Molti li ho visti nascere e crescere e qualcuno lo abbiamo accompagnato al camposanto...
In realtà più che fare il poliziotto, al massimo mi tocca di fare
il consulente coniugale. Ogni tanto volano dei piatti e qualche schiaffone, i vicini mi mandano a chiamare e quando arrivo tutti si calmano e mi stanno ad ascoltare, riescono a parlare senza tirarsi la roba e a far pace.
E’ un lavoro più da amico che da poliziotto.
Mi piace questo posto e questo lavoro. In dieci anni non ho
mai dovuto prendere in mano la pistola una sola volta. Ho
dovuto tirare qualche cazzottone, e rompere qualche naso ogni tanto, ma niente di più.
Per il resto...poca roba... qualche altro problema nasce quando ci sono i combattimenti di galli clandestini, che a volte
scatenano delle risse, anche a causa dell’alcool che scorre a
volontà. Ma vola per lo più qualche cazzotto, e qualche bottiglia, mai coltelli. Non è come in altre parti dove si scannano... Anche perché qua è tutta gente del posto, siamo tutti
mezzi imparentati...”
“Qual è stato il momento più pericoloso che ricorda?”
“Il momento più pericoloso?
...una volta che mi hanno chiamato dalla vecchia Elvira”
86
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
“La vecchia Elvira?”
“Sì, una vecchia contadina, che stava in una baracca in fondo
all’isola. Aveva litigato col marito. Appena sono arrivato, mi
ha sparato addosso. Per fortuna non aveva mira e sparava con
una specie di vecchio trombone da brigante che sarà appartenuto a Cortès in persona. Però se ti pigliava andavi al creatore lo stesso! Lì ho proprio pensato “Cazzo, va a finire che mi
fa la pelle una vecchia rimbambita di ottant’anni!””.
“Ma cos’era successo?”
“Niente, era andata giù di testa, diceva che suo marito la tradiva con la vicina di casa. Figurati, suo marito ha ottantacinque anni e manco si regge in piedi... E la vicina ha novant’anni... Solo che a lei, la sclero, le ha preso così.
Appena sentiva un rumore sparava. Non c’era verso di farla
ragionare. Castillo aveva preso in mano il fucile …quando
l’ho visto, gli ho dato uno scapaccione che gli ho fatto volare
il cappello a tre metri! ‘Sti giovani hanno il grilletto facile!
Non potevo mica sparare alla vecchia Elvira! Ricordo ancora
le torte che ci faceva quando eravamo bambini.
Abbiamo dovuto allontanare i curiosi e poi l’abbiamo fatta
sparare a vuoto finché non ha finito le cartucce... Allora siamo entrati le abbiamo preso il fucile e le abbiamo fatto fare
un’iniezione di sedativo dal medico. Dopo ci aveva riconosciuti, ci benediva, diceva che eravamo dei bravi ragazzi e mi
pregava di mandare i saluti a mia mamma che è morta
vent’anni fa... Poi voleva andare a messa a tutti i costi, e abbiamo dovuto chiamare il prete alle tre di notte... Poveretta...
Brutta cosa la testa quando non funziona più!...
87
Dopo quell’episodio, pian, piano, ho sequestrato tutti i fucili
che c’erano in giro, perché son più pericolosi e imprevedibili
‘sti contadini col grilletto facile, dei trafficanti”.
Gli offrii un altro giro di birra.
“C’è poco da raccontare, tutto sommato. Meglio così...”
“Be’, sembra proprio un’isola felice”.
“Ma sì. Una volta la vita era dura. A campare di sola pesca
non era facile.
Col turismo è arrivato il benessere. Certo, ci sono stati dei
problemi, perché hanno costruito un po’ a casaccio e hanno
disboscato molto. Però ultimamente c’è più rispetto per la
natura. C’è più ordine”.
“Insomma niente disordini, niente crimini, immagino nemmeno casi di persone scomparse...”
“Qui no. Però ci sono arrivate delle segnalazioni da Playa del
Carmen e da altri siti. Per lo più qualcuno che era sparito in
mare ed è stato ripescato qualche giorno dopo, annegato.
Nel resto del Messico, però sono scomparse parecchie persone. Soprattutto messicani, ma anche stranieri.
Sulla costa pacifica sono state segnalate varie sparizioni”.
“E come si spiega?”
“Mah, per vari motivi. Alcuni fuggono da mogli, soci, creditori... eccetera.... Altri finiscono in qualche giro losco di dro88
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
ga o prostituzione o ricettazione e devono sparire, o li fanno
sparire...
Qualche anno fa si pensò anche ad un omicida seriale”
“Un serial killer?..”
“Sì. Scomparvero misteriosamente varie coppie di turisti, per
lo più in auto... soprattutto vicino a spiagge isolate... Ma non
furono trovati elementi convincenti per collegare i vari casi.
Si pensarono a casi distinti di rapina, finiti male... Comunque
le sparizioni terminarono improvvisamente”.
documenti, ma dalla foto segnaletica non assomiglia al tuo
amico, è magrolino ed è più basso, calvo.
Un altro è stato trovato morto a Playa del Carmen dopo una
rissa, probabilmente... Una coltellata all’addome. E’ stato ritrovato morto in spiaggia senza documenti, lontano dal centro
abitato. Ma era biondo e più alto, un tipo nordico.
Un altro corpo è stato ritrovato nei pressi di Tulum, in una
zona disabitata, vicino ad una discarica. Era praticamente nudo con solo un paio di slip addosso. Il corpo è irriconoscibile,
era là da molti giorni.
Era zeppo di coca. Forse è morto di overdose e l’hanno buttato là per non avere guai”.
“E nessuno fu mai ritrovato?”
“E’ irriconoscibile? Sono sicuri che sia uno straniero e non
un messicano?”
“No”
Scomparsi e mai più ritrovati.
Gente che cercava la vita, il divertimento... in una terra dei
sogni che si era improvvisamente trasformata in un luogo da
incubo... A volte basta poco, troppa confidenza a qualche
sconosciuto... una svolta in una strada sbagliata... una sosta in
un luogo appartato... Tra palme, acqua trasparente, sabbia
bianca... parvenze di paradiso...
Il richiamo della vita...
“E’ una possibilità. Aveva un paio di slip di marca italiana”.
“Si è fatto mandare i dati segnaletici?”
“Sì, ma ti ripeto è irriconoscibile. Maschio, altezza circa uno
e ottanta, età presumibile tra i trenta ed i quaranta. Nessun
segno caratteristico.”
Il profilo era vago, ma poteva coincidere, purtroppo.
E la morte dietro l’angolo...
“Il tuo amico zoppicava?”
“Nell’ultimo mese è stato ritrovato qualche corpo non identificato?”
“No”.
“Un ragazzo è stato ripescato a Cancun. Annegato, non aveva
“L’autopsia ha evidenziato una grave artrosi al ginocchio de-
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
stro, probabilmente in seguito ad un vecchio incidente... Avrebbe dovuto zoppicare parecchio...”
sono persone che prima ti cacciano il coltello nella pancia e
poi ti chiedono cosa vuoi”.
“Il mio amico camminava benissimo, almeno fino ad un anno
fa, quando l’ho visto per l’ultima volta.
Se non gli è successo qualcosa dopo…”
“D’accordo, stia tranquillo”.
“No, no, è un problema di vecchia data, che sicuramente il
defunto aveva da molti anni”.
“Allora certamente non è lui”.
Mi sentii sollevato. Pensai però ad un disgraziato che era
morto sconosciuto, in un paese straniero, abbandonato come
un cane in una discarica... Chissà chi era, cosa cercava, quali
erano i suoi desideri, le sue speranze, i suoi sogni...
E adesso, tutto finito... STOP!... GAME OVER!..
I sogni a volte si sciolgono come cera al primo sole.
Salutai il sergente e lo ringraziai della bella chiacchierata e di
tutto quello che aveva fatto per me.
“Di niente Emiliano. E tienimi aggiornato!”.
“Claro! Appena so qualcosa le telefono subito. Stia tranquillo”.
“E stai attento a non apparire troppo curioso nel cercare il tuo
amico. Non sappiamo ancora in quale guaio si è ficcato. Ci
91
Il sergente aveva ragione. Dovevo stare in orecchio. Avevo
già fatto troppe domande in giro e potevano non essere tutte
persone amichevoli.
Camminavo verso casa immerso in queste considerazioni,
quando mi accorsi che qualcuno mi seguiva. Girai appena la
testa e con la coda dell’occhio scorsi un tipo losco coi baffoni
ad una trentina di passi da me. Voltai per la prima strada a
sinistra allontanandomi dal mare. La zona era semideserta,
ideale per le imboscate: dovevo assolutamente dirigermi di
nuovo verso un luogo affollato.
Giro di nuovo e il tipo dietro, affretto un po’ il passo e il losco pure.
AZZ! Un vicolo cieco!
Sono nella merda!
Mi giro appena in tempo per intravedere il tipo nascondersi
in una laterale.
“Bastardo! Si è nascosto, si prepara all’agguato!”.
Sudore. Battiti a mille.
Un sapore metallico in bocca.
Per fuggire devo tornare indietro. Devo passargli davanti
per forza.
Forse un attacco di sorpresa lo disorienterà.
Faccio pochi passi lentamente verso di lui e poi girò l’angolo
di corsa.
È acquattato nella penombra. Scatta in piedi, ma lo anticipo.
Un calcio frontale da manuale.
92
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
Cade come una pera.
Gli salto addosso, lo prendo per la gola pronto a colpirlo con
un destro in faccia.
“ALLORA CHE VUOI DA ME BASTARDO? CHE CAZZO VUOI DA ME, EH?”
E’ stravolto.
Gli do uno scrollata.
“PERCHÉ MI SEGUI, EH?”
Mi guarda terrorizzato.
“NO SENOR, NO! NO. NO SEGUO NESSUNO!...
...STO CAGANDO!”.
casa.
Dopo quasi un chilometro, mi fermai a pisciare contro un albero. Mi sentivo le gambe di burro. Buttai fuori l’aria, la tensione si sciolse.
Cominciai a ridere e a ridere. Un altro po’ mi pisciavo sui
sandali. E ridevo e ridevo, non riuscivo a smettere.
Poveraccio... S’è visto saltare addosso un matto... mentre
stava cagando...
Ahahahahahah!!! Ay madre mia!! Che risate!!
Che puttanata!
Sono un bel giustiziere del cazzo!
Abbiamo visto troppi film, troppi!
Cacchio, che cazzata che ho fatto!
Poveraccio...
Ridevo come un matto.
L’episodio, alla fin fine, mi aveva messo di buon umore. Pedalai cantando sotto le stelle fino a casa.
Cagando?
Cacchio!, ha i pantaloni giù!
“NON MI FAR MALE SENOR!”, dice con voce tremante.
Le sue budella fanno un forte gorgoglio, dev’esser lo spavento.
“Va be’, va be’, ma tu riga dritto, ti tengo d’occhio. Va’ a
cagare a casa tua, SPORCACCIONE!”.
Lo lasciai seduto per terra e me ne andai con fare minaccioso.
Cercavo di mantenere un contegno da duro, ma in realtà tremavo per la scarica di adrenalina. Mi sembrava di avere il
Parkinson. Arrivai alla bicicletta e cominciai a pedalare verso
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94
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
XI
PUNTI DI FUGA
“libertà va cercando, ch’è sì cara
come sa chi per lei vita rifiuta”
(Dante Alighieri – Divina commedia)
Il giorno dopo presi il primo volo da Cancun a Belize City.
Era una cittadina di tipiche case coloniali tutte colorate, per
lo più di legno, senza alcun interesse particolare. Tutti i negozi e le case avevano delle grosse spranghe alle finestre, e
c’erano guardie armate di fucili a pompa ad ogni angolo: la
delinquenza doveva essere un bel problema.
Nonostante la mia preferenza per i viaggi in corriera, temendo di non riuscire a trovare una coincidenza per Black Rock,
affittai una jeep all’autonoleggio dell’aeroporto e mi diressi
sulla Western Highway verso S. Ignacio, al confine col Guatemala.
La strada si snodava in mezzo a piantagioni di canna da zucchero, banani, e sterminati agrumeti che riempivano l’aria di
profumo di zagare.
In lontananza s’intravedevano le cime delle misteriose Montagne Maya.
Mentre salivo sulle colline, i campi coltivati cominciarono a
95
diradarsi finché lasciarono posto alla foresta che, avanzando,
diveniva sempre più lussureggiante.
Arrivai a S. Ignacio che cominciava a scendere la sera. Il
tramonto aveva infuocato le Montagne Maya di tonalità rossicce e gli ultimi raggi di luce filtravano tra le gole delle colline, accendendo forti chiaroscuri sulla foresta.
In lontananza si udivano allegre musiche caraibiche provenienti dai bar e dalle locande sperdute nella foresta attorno a
S. Ignacio.
Mi fermai a prendere qualcosa da bere e da mangiare al volo
e ripartii subito: non volevo perdere tempo, speravo di arrivare prima che facesse buio.
Grandi alberi ricoperti di liane e bromeliacee svettavano sulla
foresta. Rami nodosi contorti, ricoperti di muschi, felci ed
orchidee si protendevano sopra la strada che saliva ripida
mentre mi addentravo tra le montagne. Alcune piante riuscivano a crescere perfino sui fili della luce.
L’asfalto finì presto e mi ritrovai su una strada sterrata. La
stagione delle piogge aveva lasciato grosse buche e scavato
solchi. Bisognava procedere con molta cautela.
Ormai era buio e non sapevo nemmeno se stavo andando nelle direzione giusta. Da un po’ non vedevo cartelli, e non c’era
nessuna auto in giro.
Con l’avanzare della sera, la giungla assumeva un’atmosfera
magica e misteriosa. Improvvisamente, intravidi un movimento con la coda dell’occhio. Frenai d’istinto, mentre una
grossa sagoma bianca e nera mi attraversò la strada
all’improvviso.
Al pelo!
Sparì rapido come era apparso.
Fiuuuu!!!!
96
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
Il cuore mi batteva a mille per lo spavento.
Doveva essere un tapiro...
In quel momento mi sentii solo come poche altre volte in vita
mia, e lontano, estremamente lontano da casa. Mi sentivo un
esploratore che aveva raggiunto il limite del mondo
conosciuto.
Dopo alcune curve trovai un cartello con scritto Black Rock.
Mi rincuorai e dopo poco vidi un chiarore in lontananza.
Arrivai al lodge che era ormai tardi.
All’accettazione c’era una mulatta che mi guardò con aria
sorpresa. Non c’erano molti altri turisti in giro.
Affittai una capanna che aveva muri di pietra e tetto di legno
e foglie di palma intrecciate. C’era un comodo letto ed un
bagno essenziale con doccia. Appesi i vestiti in alto e misi il
mio bagaglio chiuso su una seggiola per evitare incontri indesiderati con ospiti striscianti della foresta.
Tutto il lodge era all’insegna delle fonti di energia rinnovabili, la corrente elettrica di giorno era fornita da pannelli solari,
come del resto l’acqua calda, e di notte da batterie di accumulo. Pertanto si cenava a lume di candela o di lampade ad
olio.
Mi feci una doccia al volo, m’infilai pantaloni e una camicia
a maniche lunghe e mi cosparsi di repellente antizanzare.
Uscii per recarmi al bar-ristorante.
Era una palafitta di legno e di foglie di palma sospesa sopra
un pendio che digradava verso un fiume.
C’era solo un signore in un angolo che faceva un solitario.
Quando mi avvicinai al bancone vidi che si alzava per venirmi incontro.
re”.
“Buonasera. Volevo sapere se avevate qualcosa da mangia-
“Lei è il proprietario qui?”
97
“Mi spiace ma a quest’ora la cucina è chiusa...”
“Allora da bere...”
“Cosa le preparo?”.
“Qualcosa a base di rum”.
Mi preparò un cocktail a base di succo di arancia, rum e lime
con molto ghiaccio tritato.
Era molto dissetante.
“Me ne faccio uno anch’io così le tengo compagnia”.
“Grazie.”
Mi preparò anche una ciotola piena di frutta secca, anacardi,
noccioline, ed un piatto di frutta fresca con papaia, arance
tropicali, e frutti della passione.
“Ecco qui, giusto per chiudere il buco allo stomaco”.
“Perfetto. Grazie”.
Ci sedemmo ad un tavolo illuminato da una fioca candela.
Era un uomo di circa cinquant’anni alto, robusto, con pizzetto
sale e pepe, e occhiali.
98
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
gazzo un paio di mesi fa, con una ragazza...”
“Sì”
“Si chiamava Marco?”
“Americano?”
“Marco? Sì, direi di sì... Come fai a saperlo? ”
“Sì”
Mi raccontò che veniva dall’Oregon e a lungo aveva fatto la
guida nelle escursioni sulle montagne rocciose.
“E’ questo?” gli dissi mostrandogli la fotografia di noi due
insieme.
“Sì è lui. Ma guarda...”
“...poi non sopportavo più gli inverni che ogni anno mi sembravano più lunghi e rigidi, e ho cercato un posto più caldo e
soprattutto vivibile la maggior parte dell’anno... Ho
conosciuto questo posto dieci anni fa e me ne sono
E’ stato un po’ complicato all’inizio. Ogni cosa qui la devi
innamorato.
conquistare a fatica, te la dovevi portare su a dorso di mulo,
soprattutto durante la stagione delle piogge, quando la strada
che era molto peggio di adesso, diventava impraticabile...
E’ stata una scommessa e una bella battaglia, ma mi sentivo
come al tempo dei pionieri. Ne è valsa la pena. Adesso abbiamo un bel giro di turisti, senza che però diventi una cosa
di massa. Non deve diventarlo, se no si rischierebbe di rovinare in fretta l’ambiente.
Comunque la natura da queste parti ha le sue armi per scoraggiare i colonizzatori più agguerriti...
E tu da dove vieni?”
“Dall’Italia”.
“Ah, dall’Italia. Credevo che fossi spagnolo. Non se ne vedono tanti di italiani da queste parti... Abbiamo avuto un ra99
“E’ un mio amico”.
“Ti ha consigliato lui di venire qui?”
“No, a dire il vero lo stavo cercando”.
Il proprietario mi sembrava una brava persona. Gli raccontai
un riassunto delle peripezie che mi avevano condotto fin là,
alla ricerca di Marco.
“Così non hai più avuto sue notizie…”
“Esatto”.
“Mah. Non ho da raccontarti granché. E’ stato qui una settimana, un paio di mesi fa. Era molto interessato alla vita qui
nei lodge... a come ci si riforniva ...se erano posti tranquilli,
dove si poteva stare un po’ al riparo dalla frenesia della civiltà e dai seccatori... Mi ha domandato se ce n’erano in vendita,
se era difficile avviare l’attività e cosa potevano costare.
100
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
Voleva un posto appartato, lontano.
Era un gran appassionato di natura. Faceva delle escursioni a
piedi in mezzo la foresta. Più volte gli ho detto di star attento,
perché la giungla non scherza. Capita anche ai più esperti di
trovarsi in brutte situazioni. Un tipo che diceva di aver viaggiato in lungo ed in largo per l’Africa, l’abbiamo ritrovato
dopo tre giorni affamato e disidratato in mezzo alla foresta
con una gamba rotta. L’abbiamo salvato per un pelo.
Comunque il tuo amico era uno prudente, sapeva muoversi
bene, senza esagerare.
Voleva fare un’escursione in Guatemala. Mi ha chiesto più
volte se c’erano pericoli.
Però non credo che ci sia andato...”
Ha detto che voleva lasciare il Messico. Comunque l’ho
sconsigliato di venire a vivere in un lodge in mezzo alla foresta se cercava la vita tranquilla e comoda...”
“Le ha dato l’impressione che avesse dei problemi, che stesse
scappando da qualcosa o qualcuno?”
“Velenose?”
“Mah, qui, sai, sono le ultime frontiere. Qui arriva gente di
ogni tipo, da avventurieri a sognatori, idealisti, gente che
vuol cambiare vita o che deve cambiar vita.
La vita è dura... c’è da combattere col fango, gli insetti, le
zanzare e la dengue... Durante la stagione delle piogge,
l’acqua ruscella da tutte le parti, ingrossando spaventosamente i fiumi e rendendo pericolosi i ponti e impraticabili le strade sterrate... Si sta settimane senza vedere il sole... immersi
in un’umidità spaventosa... E nei brevi intervalli di pioggia,
nuvole di insetti assetati di sangue... e ragni, scorpioni e millepiedi in fuga dall’acqua che invadono le capanne e si infilano dappertutto...
Vivere qua è una scelta estrema...
Il tuo amico non saprei dire cosa cercasse...
101
“A proposito, guarda che cos’abbiamo trovato oggi in lavanderia”
Aprì una scatola di latta con due grossi ragni pelosi, neri col
ventre rosso.
“Sono tarantole?”
“Sì”
“No. Mordono, ma forano solo la pelle, come spini. Non sono pericolose. Guarda”.
Se ne fece arrampicare uno su un braccio.
I ragni assieme alle scolopendre erano gli unici animali che
mi facevano ribrezzo.
“Vuoi provare?”
“Sicuro che non siano pericolosi?”
“Garantito”.
Non so quale follia mi prese, ma volevo vincere anche questa
mia paura. Imponendomi di controllarmi, allungai la mano e
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
me lo feci camminare sopra. Il contatto faceva solletico. Il
ragno, grande come una mano, si muoveva lentamente, pigro.
Ma era solo un’illusione... Fece uno scatto improvviso e saltò
lontano, cominciando a correre velocissimo. Lo riuscì a catturare al volo con un cestino rovesciato.
“Azz! Sembrava giuggiolone!…”
“Ti fregano, con la loro lentezza apparente”, disse ridendo,
“Sono animali forti e veloci, per la loro taglia. Pensa che riescono a catturare dei topi e perfino dei piccoli uccelli.
Non tessono la tela. Sono ragni di terra che costruiscono una
tana e tendono imboscate. Appena sentono una vibrazione nel
terreno, saltano fuori pronti a ghermire la preda”.
la mia stanza. Mi sentivo riposato e di buon umore.
Uscii dalla capanna. L’aria del mattino era fresca e carica
d’odori di foresta umida e di fiori.
C’erano zenzeri ed orchidee, spighe di heliconie rosse e ananassi che crescevano semispontanei, come da noi le erbacce.
La foresta era piena di canti e strani versi di insetti, rane e
uccelli. Dalla palafitta del ristorante si vedevano dei gruppi di
tucani, di pappagalli e di altri uccelli variopinti che mangiavano dei frutti caduti sotto un albero in riva al fiume.
Densi vapori salivano dalla giungla, sulla quale svettavano
imponenti alberi dai fiori gialli.
Sembrava un mondo primordiale, di prima dell’avvento
dell’uomo.
In quei momenti magici si capiva bene cosa spingesse un
uomo a vivere in quei luoghi.
“Che se ne fa?”
“Vado a liberarli domattina lontano da qui”.
La stanchezza del viaggio cominciava a farsi sentire. Sbadigliavo sempre più spesso. Salutai, ringraziai per la serata e
me ne andai in camera.
Nel bagno c’era un cartello con una scritta in inglese: “se vedete ragni, scorpioni, serpenti o altri animali, lasciateli stare. Ricordatevi che siete voi nel loro ambiente!”.
Benché sapessi di essere nel loro ambiente, ispezionai a lungo il letto e le lenzuola alla ricerca di ospiti indesiderati, attaccai la mia zanzariera da viaggio con una fune alle travi del
tetto sopra al letto, e mi coricai.
Mi risvegliai alla luce dell’alba che inondava di colori rosati
103
L’americano mi aveva detto che Marco, il giorno che era partito, si era recato al Caracol, un imponente sito Maya sperduto nella giungla al confine col Guatemala.
“Vale la pena di visitarlo”, mi aveva detto, “non è affollato
come i siti messicani, con torme di pullman stracolmi di turisti giapponesi con macchine fotografiche e telecamere.
Ancora non è così conosciuto, c’è poca gente, anche perché è
lontano e la strada non è asfaltata. Inoltre è probabile che il
tuo amico si sia fermato in un qualche lodge sulle Mountain
Pine Ridge, perché tra andare e tornare dal Caracol ci vuole
molto tempo ed il sito è grande. Ce ne sono tre in zona, di cui
due sono molto cari. E’ più facile che abbia pernottato nel
Pine Lodge”
Me ne andai a malincuore a fine mattinata, ringraziando il
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
proprietario e facendogli i complimenti per il bel posto, rispettoso della natura.
Decisi di seguire il suo consiglio e invece di tornare subito
verso Placencia feci una deviazione per visitare il sito archeologico.
Tornai indietro, a S. Ignacio e mi diressi verso il Caracòl.
Mi addentrai in mezzo alla foresta lungo una strada sterrata
piena di buche. Il territorio era disabitato, e la natura regnava
incontrastata.
Non si vedeva anima viva. Incontrai un solo camion chiassoso e sbilenco pieno di arance dopo un’ora di viaggio, durante
la quale percorsi solo i primi trenta chilometri.
Speravo solo di non forare o avere un guasto. Il viaggio in
solitario nel profondo della giungla mi metteva un senso di
inquietudine e di eccitazione al tempo stesso.
Dopo una curva, apparvero dei veicoli fermi al limitare della
foresta. Rallentai. C’era della gente in mimetica.
Cazzo, ma sono armati! Saranno banditi! Oppure i Contras!
Cazzo! ...e adesso?
Mi avevano detto che c’erano state delle imboscate ai turisti
da parte di contras, guerriglieri sbandati, che avevano sconfinato dal Guatemala, e vivevano alla macchia, in mezzo alla
Giungla.
C’è solo questa strada. Se mi do alla fuga m’inseguono e mi
sparano dietro. Merda!
L’unica era proseguire e far buon viso a cattivo gioco. Rallentai.
Ormai ero a pochi metri ed andavo a passo d’uomo. Avevo la
fronte imperlata di sudore e la schiena completamente bagnata, il cuore mi batteva in gola. Mi fermai, abbassai il finestrino e sorrisi con tutta la noncuranza che potevo trovare.
105
“Buenos dìas”, dissi.
“Good evening”.
Good evening? Inglese?
Strano...
Il soldato aveva una faccia da europeo e non sembrava affatto
un indio. Pure gli altri.
Guardai meglio le divise.
British Army.
Inglesi! Cazzo, sono soldati inglesi! Fiuuu!
Soffiai fuori l’aria, ma mi sentii improvvisamente spossato
come se avessi avuto dieci anni di più addosso. Raccolsi tutta
la disinvoltura che riuscii a trovare.
“Ehm... is it good for Caracol?...”, chiesi con noncuranza.
“Yeah, straight on”, mi disse con un cenno della mano.
“Thank you. Good bye!”
“Bye”, mi risposero con un cenno.
Proseguii. Soldati inglesi in mezzo alla giungla del Belize...
Ma che diavolo ci facevano? Chissà, forse un corso d’addestramento, o un’operazione contro i terroristi... Mah?...
Mi stappai una birra e ne bevvi una buona sorsata.
106
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
La strada finì improvvisamente dopo una curva. La selva si
aprì in un’ampia radura e mi apparve l’imponente spettacolo
del tempio maya.
Per un attimo compresi il grande senso di mistero e di magia
che dovevano aver provato gli esploratori del passato nello
scoprire resti di antiche civiltà sconosciute che emergevano
dalle profondità della giungla e del tempo...
Solo alcuni templi erano stati scavati e liberati dall’intrico
della vegetazione. Altri erano ancora sepolti sotto ammassi
di radici aeree di ficus e liane rampicanti, e ad un primo
sguardo apparivano semplici collinette di terra.
Non c’erano turisti, solo un gruppo di archeologi che pranzava sotto una tenda.
Mi arrampicai sul tempio principale. Da lassù la giungla appariva un mare verde a perdita d’occhio. Era decisamente un
valido punto d’osservazione. C’era anche una bella arietta
rinfrescante, al contrario dell’aria immobile e afosa poche
decine di metri più sotto a livello della foresta.
Era impressionante pensare alle migliaia di tonnellate di roccia che erano state scavate e avevano dovuto essere state trasportate fin là. Lo sforzo doveva essere stato immenso, in
mezzo al caldo afoso tropicale, e a nugoli di insetti molesti e
pericolosi.
Chissà quale istinto, sentimento, o terrore religioso aveva
spinto quegli uomini a compiere una fatica così immane.
Un calendario solare... un osservatorio ...un posto per rendere
omaggio agli dei sanguinari dei Maya...
Era un tuffo in un altro mondo, come visitare una civiltà aliena.
L’Americano aveva avuto ragione, ne era valsa la pena.
107
Ritornai indietro verso S. Ignacio e mi diressi verso la
Mountain Pine Ridge per pernottare. Salendo in alto il paesaggio tropicale mutò, trasformandosi da intricata foresta tropicale a rada foresta di pini che sembrava più un paesaggio
delle Montagne Rocciose.
Il cambiamento era impressionante, sembrava di essere in
una zona molto più a nord, in un clima temperato. Eppure dicevano che anche lì c’erano gli animali della foresta tropicale
come i giaguari, benché sembrasse più un paesaggio da puma.
Arrivai al lodge al tramonto che inondava di luce rossastra le
sterminate pinete.
Chiesi una camera alla reception, andai a fare una rapida
doccia rinfrescante e mi fermai sulla veranda avvolto
nell’asciugamano ad osservare le ultime luci del giorno che
scivolavano nella notte.
Più tardi, dopo aver mangiato, feci quattro chiacchiere coi
proprietari, complimentandomi per il bel posto.
Parlammo a lungo degli animali che si potevano vedere nei
paraggi.
Mi dissero che non era come nei documentari e non era affatto facile vederli. Però potevano apparire quando meno te
l’aspettavi... Una volta delle ragazze tedesche mentre andavano a fare il bagno nel fiume si trovarono davanti un giaguaro che si abbeverava tranquillo. Fecero delle urla tali, che non
si sapeva se fossero scappate più in fretta loro o il giaguaro.
Secondo il proprietario erano state molto fortunate perché era
uno degli animali più difficili da vedere. Dubitavo, però, che
le ragazze si sentissero così fortunate ad aver fatto un incon108
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
tro del genere...
Dissi ai proprietari che mi aveva parlato bene del posto un
amico, che era stato da loro un paio di mesi prima. S’incuriosirono e tirai fuori una foto.
XII
INCUBI
“Ah sì. L’italiano. E’ stato da noi una sola notte di ritorno dal
Caracol. Era molto curioso, voleva sapere come si viveva
quassù nei lodge, se c’erano molte zanzare o altri insetti molesti. Gli dissi che non c’erano tanti insetti come nella foresta
pluviale, ma comunque la vita non era così semplice nemmeno qui, soprattutto durante la stagione delle piogge...”
Non seppi molto altro.
In ogni caso stavo seguendo la pista giusta...
Dunque era così che si moriva,
tra sussurri che non si riusciva ad afferrare.
(Ernest Hemingway - Le nevi del Kilimangiaro)
La mattina seguente mi alzai all’alba, bello riposato, feci colazione sorseggiandomi un tè con fette biscottate e marmellate di arance e di maracuja, ammirando il risveglio della vallata e ascoltando il canto degli animali notturni che si acquietava.
Il viaggio di ritorno a Belize City fu scorrevole. Arrivai nel
primo pomeriggio e lasciai la macchina all’autonoleggio.
Andai subito presso la compagnia aerea che effettuava i collegamenti tra Belize City e Placencia.
Dovevo cercare di giocare d’astuzia per ottenere informazioni sugli spostamenti di Marco.
“Buon giorno. Desidera?” mi disse una signorina bionda ossigenata, tutta sorridente, in uniforme da hostess.
“Buon giorno. Volevo informazioni per un volo per Placencia
o per Punta Gorda.”
109
110
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
“Per Placencia ce n’è uno tra un’ora, per Punta Gorda, alle
sette.”.
“Bene.”
Il sergente Juarez mi aveva detto: “Quando vuoi sapere
qualcosa, mostra il passaporto. Vedrai che col passaporto in
mano si sentiranno tutti più tranquilli. soprattutto se ti ricorderai di mettergli dentro, casualmente, una decina di dollari...”
“Dove preferisce andare?”
Ora veniva la parte delicata. Il sergente mi aveva detto:
“Cerca di non essere troppo insistente nelle domande.
Non sembrare troppo curioso”
“Mah, devo raggiungere un mio amico, ma non so se sia andato a Punta Gorda o a Placencia. Non ci siamo più riusciti a
mettere in contatto da quando l’uragano ha danneggiato la
linea telefonica.”
“Eh sì, è stato un bel problema.”
Bene, stavo andando bene, la fortuna era dalla mia...
“Lei non riesce a vedere se ha preso un volo recentemente?”
“Beh, sono informazioni riservate, e poi ci vuole tempo...”
Fortunatamente non c’era nessuno in fila.
“E’ giusto per non fare un viaggio a vuoto... Io credo sia andato a Placencia, ma se sbaglio mi tocca di tornare a Belize
City e poi prendere un altro aereo per Punta Gorda... Gliene
sarei molto grato. Comunque questo è il mio passaporto.”
Le allungai il passaporto.
111
Infatti i dollari sparirono misteriosamente e gentilmente ottenni l’informazione che volevo, accompagnato da un gran
sorriso: “C’è stato un volo prenotato per Placencia, a nome
del suo amico, ma risale a due mesi fa. Nessuno per Punta
Gorda, né per altre destinazioni. In tutto è stato tre volte a
Placencia negli ultimi tre mesi.”
“Allora direi... Placencia! Grazie”
Salii su un piccolo aereo monomotore da una ventina di posti.
Assomigliava più ad una corriera con le ali che a un aeroplano. Mi trovai subito a mio agio.
Il volo era bellissimo, si volava bassi, e si potevano scorgere
tutti dettagli della costa con grande precisione.
Atterrammo su un pista di terra battuta ad un passo dal mare.
Placencia era una lunga lingua di terra orlata di sabbia candida e palme. C’erano poche abitazioni lungo la strada. La
maggior parte si trovavano vicino al porto.
Benché fosse una penisola, sembrava di essere su di un’isola
e c’era la stessa atmosfera rilassata dei cayos.
Le abitazioni si stendevano lungo l’unico percorso di collegamento, una lingua di cemento larga un metro che sembrava
più un viottolo di un parco privato. Le case erano semplici e
variopinte, sopra palafitte di legno. Ognuna, anche la più u112
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
mile, aveva un piccolo giardino di piante tropicali dai colori
quasi sfacciati, con aiuole delimitate da gusci di conchas,
conchiglie giganti sbiancate dal sole. Passando per strada tutti
si fermavano a salutare e attaccavano bottone. Così per fare
trecento metri ci misi mezz’ora, ma, in compenso, ebbi varie
dritte sui posti dove mangiare e pernottare.
Mi piacque subito come posto. Ti sentivi a casa. Non sembrava di essere un turista, ma un ospite di riguardo.
Andai al Renegade Hotel, affittai una camera sul retro con
una grande finestra sul palmeto, e buttai in un angolo le mie
cose. Mi sentivo stanco ed indolenzito. Avevo anche un raschietto alla gola. L’aria condizionata dell’aeroporto mi aveva fiaccato. Me ne ero accorto subito quando ero entrato sudato e accaldato: dentro c’era un freddo polare e il fiato faceva quasi la nuvoletta.
In camera ci saranno stati trentadue gradi, ma spensi subito il
ventilatore.
Avevo la fronte imperlata di sudore freddo. Provai a farmi
una doccia bollente, mi misi una maglietta pulita e mi sdraiai
un po’ sul letto. Dopo un po’ mi coprii col lenzuolo.
Riaprii gli occhi nel buio, in preda ai brividi. Avevo perso la
cognizione del tempo. Era già notte o mattina? Che ora era?
Mi sentivo la gola bruciare e tossicchiavo. Non riuscivo a
scaldarmi. Mi misi una felpa e uscii. Ero tutto un brivido ed
un sudore. Le articolazioni mi facevano male, mi sembrava di
esser finito sotto un camion. Andai al bar e mi ordinai un rum
doppio. Forse non era l’ideale per quel che avevo, ma almeno
mi dava una sensazione di calore. Bevvi e me ne andai subito, perché il ventilatore del bar mi dava fastidio.
Tornai in camera. I brividi aumentavano.
Sicuramente ho una febbre da cavallo. Non ho il termometro.
113
L’ultima volta che mi sono sentito così avevo quasi quarantuno...
Presi un’aspirina.
Dalla grande vetrata di camera mia vedevo le cime delle
palme. In un angolo c’era una luna piena allucinante, di aspetto malevolo, tossico. Ci si poteva aspettare che alla sua
luce malata uscisse una creatura mostruosa dal mare.
Tum-tuturu-tutum- tuturu-tutum.
Sulla veranda, un anziano rasta accompagnato da un tamburo, cantava vecchie canzoni reggae. Riuscivo a sentire solo le
percussioni. Tum-tuturu-tutum- tuturu-tutum.
Il ritmo del mio cuore. Tum-tuturu-tutum- tuturu-tutum.
La luna tossica. Tum-tuturu-tutum- tuturu-tutum.
Le foglie delle palme come artigli nella notte.
Tum-tuturu-tutum- tuturu-tutum. Nuvole fosforescenti attorno alla luna.
Tum-tuturu-tutum- tuturu-tutum. La notte malata, insanabile,
inguaribile.
Tum-tuturu-tutum- tuturu-tutum. La fronte brucia. Sudore.
Tum-tuturu-tutum- tuturu-tutum. Il frastuono aumenta. Tumtuturu-tutum- tuturu-tutum. Il ritmo accelera. Tum-tuturututum- tuturu-tutum. Ho preso vari pizzichi nella foresta.
Tum-tuturu-tutum- tuturu-tutum.
Mi sarò preso il dengue... Tum-tuturu-tutum- tuturu-tutum.
Forse la malaria.... Tum-tuturu-tutum- tuturu-tutum Sono
fregato... Tum-tuturu-tutum- tuturu-tutum.
Il ritmo della vita. Tum-tuturu-tutum- tuturu-tutum.
Sempre più forte. Tum-tuturu-tutum- tuturu-tutum.
Che ora è? Quanto manca all’alba?
Tum-tuturu-tutum- tuturu-tutum. Che sia malaria veramente?
Ci vuol poco a lasciarci la pelle.
114
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
Sto tremando. Non riesco a respirare bene.
Non so come vada a finire stavolta. Tum-tuturu-tutum- tuturu-tutum.
Ma che diavolo ti viene in mente! E’ solo un po’ d’ influenza!
Tum-tuturu-tutum- tuturu-tutum. E se mi son preso una malattia tropicale? La malaria e il dengue si possono scambiare
facilmente per influenza. Non sarebbe la prima volta.
Tum-tuturu-tutum- tuturu-tutum.
Sto malissimo...
...il povero Josh… stava benissimo e se n’è andato in quattro
e quattr’otto laggiù in Africa...
Smettila, di pensare delle cretinate!
Non è così che me la immaginavo. Tum-tuturu-tutum- tuturututum. È vero che ho sempre pensato di fare una fine tragicomica, più comica a dire il vero... Tum-tuturu-tutum- tuturu-tutum. Sono troppo lontano da casa....
Mi metteranno in un cimitero come quello che c’è a San Pedro sulla spiaggia... Con le tombe tutte colorate tra le palme,
tra i bambini che giocano e le fregate che volano nel cielo.
Per sempre, tutte le sere di fronte al sole che tramonta nel
mare. Ed il rumore della risacca per l’eternità. Tum-tuturututum- tuturu-tutum.
Non ho potuto salutare i miei amici, non ho mai visto il vecchio Popo. …una volta ho visto il Kilimangiaro, …ma i leoni
nella savana non li ho mai visti. No, non può essere la fine…
il grande Sahara? …non ho mai visto le oasi nel sud
dell’Algeria… i canti dei nomadi Tuareg… le carovane seguendo le stelle nel mare di sabbia… Tum-tuturu-tutum- tuturu-tutum. ... vedere il bagliore fosforescente dell’aurora boreale su nel grande nord... nella notte ghiacciata…
i falò nella savana… i canti degli sciamani….
115
i tamburi…
...ci sono tanti amici da salutare… tanti posti da vedere…tante cose da fare…
Che brividi. Il petto mi opprime. Mi sento un macigno sopra.
Tum-tuturu-tutum- tuturu-tutum. è stata così Josh, eh, è stata
così?… Tum-tuturu-tutum- tuturu-tutum. C’erano tamburi
anche per te? Ti sei sentito solo? Hai avuto paura? Non è facile andarsene così, in solitudine, non è bello.............. Tumtuturu-tutum- tuturu-tutum. ...sento….
….i miei ricordi diventano fievoli…
…i pensieri …
…svaniscono…
…la testa si svuota…
la musica…… il ritmo….
….il ritmo…
Tum- ………tuturu-tutum……..tuturu-tutum ....
………..tuturu-tutum ....
………….TUM!!!..................................
.......................................
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
luce della luna.
Fiori giganteschi color latte appesi alle liane, riempivano
l’aria di un profumo intenso, pungente che ti entrava nel cervello.
Un intrico di vegetazione impenetrabile, primordiale.
La luna ora irradiava una luce vischiosa sempre più intensa,
quasi insopportabile, feriva gli occhi, sembrava emettere un
suono, una vibrazione sempre più intensa come una zanzara
gigante, crescente, uno stridio, un rumore gracchiante, assordante ……IIIIIII- iiiiii IIIIIIi iiiii ….
insopportabile, che mi risucchiava, strappandomi dalla giungla in una vertigine…
......silenzio............
............................
....................
...........
.....
….un turbine mentre tutto girava sottoinsù,
.....un silenzio immenso. Buio....
……IIIIIII- iiiiii IIIIIIi iiiii ….
Mi alzai da letto. Non avevo più brividi. Non sentivo più
niente. Aprii la porta.
Non c’era più nessuno in giro.
Il rasta era sparito.
Il bar era vuoto, ma le luci erano accese.
Sempre più acuto …
…tremendo …
…straziante…
Silenzio assoluto....
……IIIIIII- iiiiii IIIIIIi iiiii ….
Scesi in giardino, attraversai il palmeto.
MA NON C’È NESSUNO? avrei voluto gridare, ma non avevo voce, la gola mi bruciava.
Ma dove sono andati tutti?
Fortuna che ci si vedeva bene alla luce della luna.
Ero in una radura circondato dalla foresta, ma dove?
C’erano alberi grotteschi, disumani, alieni, luminescenti alla
117
......CHIIIIIIIIIII!!!!!!!!!!!:....
...CHIiiiiiiiiiiiiIIIIIII!!!!!!.............
118
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
…..CHICCHIRICCHIIIIIII!!!!!!!!!!
…CHICCHIRICCHIIIIII!!!!!!!!….
Un gallo???...
Come un lampo, la luce del primo sole mi ferì gli occhi. Ma
dove sono?
Mi guardai attorno...
Riconobbi la stanza.
Ero nel letto, inzuppato di sudore. Avevo un caldo terribile.
CHICCHIRICCHIII …
Che accidente di sogno!!!
....fortuna che mi son svegliato!!...
Un gallo si era fermato a cantare proprio sul parapetto sotto
la finestra, facendo tornare il giorno, come nelle leggende.
Una volta tanto ringraziai un gallo per avermi risvegliato,
mentre di mattina in campagna, gli avrei tirato il collo volentieri.
La notte era passata, finalmente.
Non c’è cosa peggiore di una nottata in un posto straniero,
quando si sta male.
Mi lavai e mi cambiai.
Bevvi un paio di litri d’acqua d’un fiato. Mi sentivo una sete
inestinguibile. Però stavo meglio, decisamente meglio. Forse
non avevo più neanche la febbre.
Andai al bar e mi feci fare un bel tè abbondante con molto
119
lime e zucchero.
Mi sentivo decisamente meglio. La vita aveva acquistato una
prospettiva diversa, ed un sapore differente dopo la malattia.
Già il fatto di stare bene mi bastava.
Presi un’altra aspirina e me ne tornai a letto.
Non sognai niente, ma mi svegliai sudato e affamato.
Mi cambiai e mi lavai e andai a mangiare un boccone al ristorante di sotto.
Ero fiacco, ma mi sentivo bene. Azzardai anche una passeggiata in spiaggia.
Dal mare soffiava una brezza calda e leggera. Una piccola
nuvola all’orizzonte saliva dal mare.
Era un paesaggio bellissimo, e mi sentivo rinato. Le palme
ondeggiavano alla brezza... la risacca un mormorio leggero...
La nuvoletta si stava ingrandendo a vista d’occhio.
Le fregate cominciavano a volare sempre più in alto. La nuvola in cinque minuti divenne livida e occupò buona parte del
cielo. Avanzava sempre più velocemente.
Brutto segno.
Decisi di rientrare alla svelta. Accelerai il passo verso
l’albergo.
Arrivai alle scale che cominciavano i primi goccioloni.
Feci appena in tempo ad entrare in camera che si scatenò una
bufera d’acqua con raffiche di vento che scuotevano le palme.
Mi rimisi a letto a dormire.
120
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
...Sayin', ("This is my message to you-ou-ou:")... XIII
...il mio messaggio per te.... ogni piccola cosa andrà a posto...
Ma sì, certo!
LE ISOLE DEI SOGNI
…e’ la magia di rischiare tutto per un sogno
che nessuno vede, tranne te…
La giornata iniziava bene.
Feci un giro del corso, rilassato, ammirando i giardini tropicali semplici, ma ben curati. C’erano bougainvillee sgargianti, heliconie, alpinie, alberi di guaiabo, passiflore, grandi foglie di felci abbarbicate sugli alberi e licheni a festoni
Era davvero un posto d’incanto.
Un grande cartello portava scritto:
(Scrap - Million Dollar Baby)
Mi svegliai la mattina seguente con un bel sole nel cielo limpido a rallegrare la giornata. Mi sedetti nella veranda del bar
a far colazione. Gli uccelli cinguettavano e la temperatura era
perfetta.
Mi sentivo rimesso a nuovo.
Da una casa vicina giungeva la musica di una canzone reggae:
NO SHIRT,
NO SHOES,
NO HAY PROBLEMA:
PLACENCIA!
Don't worry about a thing,
'Cause every little thing gonna be all right.
Singin': "Don't worry about a thing,
'Cause every little thing gonna be all right!" ♪...
Erano anni che non la sentivo. Piena d’allegria e di fiducia.
Il vecchio Bob.
121
Lungo il cammino un ragazzo passeggiava con un cucciolo di
coati a guinzaglio. Non ne avevo mai visto uno prima. Era
una specie di procione, una creatura simpaticissima con una
lunga coda folta ad anelli bianchi e bruni, un musetto lungo
con un nasino quasi prensile e dei dentini aguzzi con cui
mordicchiava e assaggiava tutto, con quella curiosità tipica
dei cuccioli. Aveva due manine quasi da scimmietta che infilava in ogni tasca cercando qualcosa d’interessante. Era un
122
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
bell’incontro.
Proseguii verso il mare.
Il corso finiva sul porto. In fondo c’era un’isoletta distante un
centinaio di metri dalla terraferma.
Mi parve di vedere qualcosa nell’acqua tra la costa e l’isola...
Una pinna!
UN DELFINO!... DUE!...
Ma sono quasi a riva!
Era di sicuro un’allucinazione…
“Ma che ca...?! ...non è possibile! ”, disse, “Non è possibile!!… Ma tu... tu... tu non sei… …?
...Henry?”
L’allucinazione mi rivolgeva la parola.
Avevo il cuore a mille.
Mi fermai a guardarli incantato. Amavo i delfini.
Era un buon segno.
Quando s’immersero e sparirono dalla vista, proseguii sul
lungo pontile di legno dove erano attraccate le barche.
Che bella giornata, ero proprio rilassato. Mi sentivo in armonia con la vita.
Un pescatore con occhiali da sole e cappellino bianco, stava
scendendo da una barca d’altura con un grosso pesce ed una
canna in mano. Gli andai incontro per vedere che pesce era.
Sembrava un Dorado.
Stavo per chiedergli qualcosa, quando ebbi una specie di allucinazione. Non so se fosse la calura, o il pontile traballante,
una recrudescenza della febbre, ma mi sembrò che la testa mi
girasse. Per un attimo…
…mi era sembrato…
Mi sorrise cordiale, avvicinandosi. Fece per parlare, ma non
disse niente, si bloccò di colpo, rimanendo a bocca aperta con
aria sorpresa.
Nonostante l’abbronzatura, gli occhiali da sole, il fisico asciutto…
123
“...ACCIDENTI!...
..MARCO.....!
...MARCO!!!”
“Ma... sei proprio tu ....Henry?! ...non è possibile!…
...HENRY?!?...”
“SÌ SONO IO!”.
Gli andai incontro. Lasciò cader per terra il pesce. Ci abbracciammo forte.
“Non è possibile… non è possibile… ma come hai fatto …
come mai… che cosa…?...”
Mi sentivo le gambe malferme.
“...questa poi!!!... Henry?... ma che cacchio ci fai qui,
Henry?”
124
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
“ACCIDENTI!...
…è una storia lunga, lunga!…
...ma prima devo sedermi un attimo...”
Mi appoggiai di peso ad una bitta del pontile, soffiando fuori
l’aria, “Fiuuu... ragazzi che giornata....!...”
“Che bel sogno, che bel sogno!... Pensa un po’... era tanto
che ...
...stavo pensando a te proprio l’altro giorno...
...ma guarda la coincidenza...
Eccole qua! Alla salute! Cin!”
“Salute! A noi!”
“Secondo me sto sognando, è impossibile che tu sia qui davvero... vedrai che mi risveglio sull’amaca... mi devo essere
appisolato dopo pranzo...
Qualche tempo fa ho sognato che parlavo con mio padre...
...comunque è un bel sogno ...andiamo al bar qua vicino e
prendiamoci due birre ghiacciate, che voglio finire il sogno in
bellezza!
È un incontro ai confini della realtà...
...Henry!
Sto sognando! E’ sicuro!”
Mi venne da ridere.
Ci sedemmo al bar, una palafitta di legno col tetto di paglia
raggiungibile con un lungo pontile in mezzo al mare.
“A noi!
Ahhhh, ci voleva... bella fresca...
...che bello... bello quando si fanno sogni così!...
...non svanire subito, eh?...finiamoci prima il bicchiere...”
Mi fece ridere.
“Che bellezza!... Un sogno... proprio un sogno...”.
Si stirò le braccia, sbadigliando. Respirò profondamente.
Si fermò un attimo a guardarmi perplesso, e poi mi sorrise.
“Ma dimmi, Henry... come mai sei qui ?...”
“Henry!” disse mettendomi una mano sulla spalla, “Ma sei
proprio tu?... Ancora non riesco a crederci. Come hai fatto ad
arrivare qui?
Aspetta che beviamo qualcosa... Una birra?”
“Ti stavo cercando.”
“Ok”
“Niente, credevo…
…credevo…”
“Cercando? Come mai? ...Che è successo?”, chiese preoccupato.
“Due birre, grazie”, disse al barista.
“Cosa?”
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
che son qui. Ho dei problemi con la vecchia casella di posta
elettronica... Qui i collegamenti non sono granché... Adesso
ne ho una nuova, più efficiente e più capiente...
Ho avuto un sacco di cose da fare e aspettavo di sistemarmi
meglio. E poi volevo farvi una sorpresa!”
“..che ti fosse successo qualcosa....”
“Che cosa?”
“Qualcosa di brutto”
“Una sorpresa? Accidenti che sorpresa! Ho girato mezzo centramerica per trovarti! Dal Messico al Belize per seguire le
tue tracce!”.
“Cioè...?”
“...temevo che... che...”
“Ma perché hai pensato che mi fosse successo qualcosa di
brutto? Come ti è venuto in mente?”.
“...che?...”
“...insomma… che fossi morto...”
“MORTO!? ...ma che cazzo dici!!! Tiè!”, disse toccandosi.
“Come mi è venuto in mente? Ah, sono io il matto adesso, sta
a vedere! Oltre ad essere scomparso misteriosamente, nel tuo
appartamento abbiamo trovato delle macchie di sangue.”
“Ma come ti è venuto in mente?...”
“Sangue?”
“...come mi è venuto in mente?!...sei sparito all’improvviso,
senza dir niente a nessuno! Nessuno ne sapeva niente! Pensavamo al peggio!”
“Sì. E la signora Ana mi ha detto che la sera prima della partenza si sono sentite delle urla venire dal tuo appartamento,
poi ha visto due tipi loschi che scendevano con una cassapanca pesante. Li accompagnava una ragazza messicana. Uno
dei due tipi, quello col codino, era uno spacciatore.
Da quella sera nessuno ti ha più visto né sentito...”
“Ma va là! Ma che diavolo mi racconti?”
“Ti ho cercato e ti ho scritto varie mail, ma non mi hai mai
risposto... all’indirizzo che avevo non abitavi più da un mese... nessuno ti aveva più visto né sentito. Ti sembra normale?”
“Uno spacciatore? ...Una ragazza messicana?.... Ma che storia è?”
“Ah, te lo domando io, che storia è!”
“Normale? Beh, non mi sono fatto vivo perché non è molto
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
“Mah?!? Senti, so solo dirti che la sera prima della partenza
sono venuti due facchini a darmi una mano per il trasloco.
Nel vuotare la cassapanca avevo fissato male il coperchio a
ribalta che mi è caduto giusto sul naso, mentre ero chinato
dentro. Un male bestiale. Credevo di essermelo rotto. Ho pisciato sangue dal naso per mezz’ora! Dovevo star sdraiato,
perché ogni volta che mi alzavo, ricominciavo a sanguinare,
così sono stato fermo a letto e gli altri sono andati via.
Credevo di aver pulito bene ...forse me ne è sfuggita qualche
goccia …
Ecco tutto...
La mattina dopo mi sono alzato prima dell’alba e sono partito.
Abbiamo fatto il viaggio dal Messico al Belize in furgone
perché avevo tutti i miei bagagli e i mobili da trasportare. Ma
cosa c’entra lo spacciatore?”
“La polizia ha detto che quello con il codino era uno spacciatore.”
“Carmen?!”
“Sì”
Si mise a ridere.
“Carmen!...
Ahahahahah! “Carmen!, la messicana!” Ahahahah!”
“Che c’è da ridere?”
“Tutto! Aspetta... aspetta... Oddio! Fammi riprendere fiato...
ahahah ... oddio... “Carmen!, la messicana!” ahahahah!”
Non smetteva più di ridere.
"ahahah!!
...aspetta... oi oi... ah che mal di pancia!
...non ce la faccio più!!... aspetta... ahi ahi!!!
“Mah? Non ne so niente. Era la prima volta che li vedevo.
Me li avevano consigliati come facchini”.
CARMEN, CARMEN! VIENI!
“E la ragazza messicana?”
Vieni, Carmen!”
“Ma quale ragazza messicana?”
Ci venne incontro una bella mora dalla pelle scura.
“La signora Ana ha detto che eri assieme ad una ragazza
messicana, una mora, scura di pelle. Ha detto che credeva di
ricordarsi che si chiamava...?... che si chiamava?... aspetta...
Carmen... sì... ecco...!”
“Che c’è Marco?”, disse in perfetto italiano, mentre si asciugava le mani col grembiule.
129
“Eccola! Ecco qua la tua Messicana!”
130
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
“Vi porto qualcosa?” chiese Carmen.
Da seduto le cinse le gambe col braccio tirandola al suo fianco.
“Sì, portaci altre due birre, belle fresche, tesoro. Grazie!”
“Amore, ti presento Enrico, un mio vecchio amico di Bologna...
Eccola, la tua Messicana!”
La seguii con lo sguardo. Proprio molto carina.
“Ciao” , dissi stringendole la mano.
“Esatto.”
“Ti sembra Messicana?”
“E come hai fatto a trovarmi?”
“Beh, non saprei…”
“Ho seguito, anzi, abbiamo seguito le tue tracce. Avevo avvisato la polizia messicana a Isla Mujeres, che però senza una
vera e propria denuncia di scomparsa non poteva intervenire.
Per fortuna il sergente Juarez è il cognato della signora Ana,
la tua vecchia padrona di casa, e mi ha dato una mano lo stesso. Abbiamo raccolto informazioni, abbiamo seguito i tuoi
movimenti. Sono stato anche a Isla Holbox per cercarti!
Il sergente ha pure guardato le foto segnaletiche di gente ritrovata cadavere e non ancora identificata...
Infine ha saputo che eri stato varie volte in Belize, e a me è
venuto in mente il poster in camera tua con scritto PLACENCIA. Poi la signora Ana mi ha mostrato delle cartoline
che le hai scritto e allora ho deciso di venirti a cercare qui.”
“Ma se è romagnola!”
“Romagnola?”
“Puro sangue! E’ di Cesena”.
“E si chiama Carmen...”
“Sì. Non è colpa sua se i suoi genitori l’han chiamata così!...
E’ solo abbronzata, e di spagnolo ha solo il nome! Ah, ah!
Carmen, ti hanno scambiata per messicana! Te l’avevo detto
di non esagerare col sole!”
“E così ti sei preoccupato e sei venuto a cercarmi...”
“Bravo! Dovresti fare il detective!”
Si fecero una gran risata.
“Ma vaff… guarda che ti mando per davvero!...
...pensa un po’...! mi prende pure per il culo!!...”
“Ma senti che storia...”
131
132
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
Carmen ci portò due belle birre ghiacciate.
“Grazie tesoro”:
Ci sorrise e tornò in cucina.
“Salute”
“Salute” risposi alzando il bicchiere, “...ma dimmi tu, Marco, piuttosto...
...che diavolo hai fatto tutto ‘sto tempo?
...e che cacchio ci sei venuto a fare qui?...”
“Beh, Henry...”
Bevve un lungo sorso di birra per raccogliere le idee.
“...è che...”
Guardò lontano all’orizzonte. Alcune nuvole leggere salivano
dal mare.
“...ero stanco di stare attaccato al telefono dieci ore al giorno...
...ero stanco di vedere sfumare le mie giornate...
...ero stanco di vederle svanire nel mucchio...
La mia vita era troppo grigia, troppo vuota, troppo inutile...
Un giorno sarei morto e non se ne sarebbe accorto nessuno...
Della mia vita non sarebbe fregato un accidente a nessuno, e
sai che ti dico, per come vivevo al tempo, nemmeno a me...
Sai, quando diventi un manager credi di essere uno importan133
te, perché tutti ti cercano, tutti ti telefonano, molti dipendono
da te. Ma il giorno in cui muori o te ne vai in pensione, è allora che capisci quanto vali veramente...
Ne ho visti vari. Anche il povero Sandrini, Super-MegaDirettore, temuto e rispettato, persona importantissima, a cui
telefonavano da mezzo mondo... una vita spesa per il lavoro e
la carriera... A forza di tirar la corda, un bel giorno ha tirato
una crepa.
Per un paio di giorni ci sono state pagine e pagine di epitaffi
ed annunci sui giornali ...e poi non se ne è parlato più...
Dopo una settimana c’era già un sostituto.
Credi di contar qualcosa... invece non conti un cazzo... Sei
sostituibile, intercambiabile, soltanto un nome e un ruolo
scritto su una porta... Soltanto una casella nel quadro del personale...
Non potevo più andare avanti così. Ho capito che non aveva
senso. Non potevo proiettarmi completamente in un futuro
ipotetico di agi e privilegi, dove vivere una vita piena, che
probabilmente non verrà mai.
La vita avevo voglia di viverla subito... avevo bisogno di
riappropriarmi del mio tempo...
E poi di cos’è che ha veramente bisogno un uomo?
Di una super Ferrari?... di un appartamento in via Montenapoleone?... di una mega carriera?... di una fotomodella da copertina sempre in posa?... tutti lussi carissimi, pagati con
stress e tempo prezioso e insostituibile della tua vita?...
O un uomo ha bisogno di sentirsi in armonia con se stesso?...
Mi ero stancato di sentire tutti i manager che conoscevo fare
gli stessi discorsi a tutte le cene... rimpiangere la tranquillità,
134
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
la serenità di una vita semplice, ma più adatta ad un uomo,
circondato da amici veri, da donne che ti amano per quello
che sei e non per quello che hai o che rappresenti...
Volevo il tempo di apprezzare ed assaporare i piccoli piaceri
della vita che sono anche i più appaganti: una serata con gli
amici, una passeggiata in riva al mare con la ragazza che ami,
una birra al fresco sotto una pergola... Avere il tempo per
leggere un buon romanzo, per ascoltare musica... Bene,
quando sei un manager in carriera, sono tutte queste cose che
ti appaiono un grande lusso, mica la Ferrari!... perché non hai
mai tempo per niente... e brami solo di poter fare una breve
vacanza, di poterti fermare un po’, di riprendere fiato, strappando il tempo con le unghie al lavoro tiranno che ti assorbe
completamente...
E quando alla fine arrivano qui in vacanza, li vedi rimpiangere con occhi sognanti e tristi, una vita che non hanno potuto
fare e che non faranno mai... Li vedi quasi invidiare questi
indigeni che non hanno niente, ma vivono in una capanna in
riva al mare sotto le palme...
Quando sono arrivato ad Isla Mujeres, quando ho visto per la
prima volta il cielo tra le palme, quando ho visto il candore
abbagliante della sabbia nella luce schietta del sole tropicale... la sera le sagome nere delle palme stagliarsi su tutte le
sfumature del tramonto dall’arancio al rosso, ho capito che
non potevo più tornare indietro...
La mia vita non era tra la nebbia di Milano, non era in un anonimo ufficio di periferia alla luce fasulla dei neon, nei precoci pomeriggi invernali...
Così ho deciso di restare.”
135
XIV
UN CALCIO ALLE REGOLE
… tu eri il dirigente, … e io quello che finiva cadavere prima dei trentatré anni.
L’ho sempre pensato.
E adesso tu mi sputtani tutta la mia costruzione
mentale. Sembra proprio che tu abbia dato un
calcio alle regole.
E te ne sono grato.
Non hai neanche idea, fratello, di quanto te ne sia
grato.
(Paco Ignacio Taibo II - Giorni di battaglia)
“I primi tempi ero al settimo cielo, e forse anche più su.
Vivevo alla giornata... Ogni giorno era denso, pregno di sensazioni e lo assaporavo fino in fondo.
Ho provato più emozioni in tre mesi che in tutto il resto della
mia vita...
Trascorrevo giorni interi in spiaggia, mangiavo solo quando
avevo veramente fame, senza orari ...cibi semplici, poco elaborati, ma gustosi: pesce, frutta, verdure...
Passeggiavo, nuotavo, pescavo. Ho perso vari chili senza neanche accorgermene, mentre a Milano faticavo a perdere un
grammo, nonostante le diete e la palestra...
Niente giacca, niente cravatta, niente ventiquattrore, niente
136
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
scarpe. A torso nudo e scalzo tutto il giorno, col vento sulla
pelle.
Tutto era incanto. Credo che uno appena uscito dalla galera
veda il mondo così.”
Export qui in Messico, concorrente della mia vecchia ditta,
ma dopo poco ho mollato.”
“Ma non hai avuto dubbi, tentennamenti, paura del tuo futuro? ...dell’ignoto? ...Non è facile mollare tutto.”
“Che bruciato?”
“Credimi, avevo molta più paura del mio presente e del mio
futuro prevedibile a Milano, che dell’ignoto in Messico...
In fondo, che cosa ti ricordi di questa vita fasulla? I giorni
che hai trascorso a lavorare?
Come puoi? Sono tutti uguali ed indistinguibili gli uni dagli
altri.
Cosa ti ricordi? Le promozioni? La carriera?
Con chi ne parli, di te, dei tuoi progetti, se sei solo come un
cane, proiettato nella lotta per il successo, e tutti quelli che ti
trovi davanti diventano ostacoli o avversari?
No, te lo dico io: ti ricordi i giorni che hai strappato al lavoro.
I pochi giorni di vacanza. Qualche notte sognante trascorsa
con una nuova ragazza a fare all’amore... Ti ricorderai le emozioni di un concerto rock... un falò sulla spiaggia al tramonto... una serata con gli amici a suonare la chitarra... Ti
ricorderai quei pochi giorni e i sogni che hai avuto, se non
avrai paura nel guardarli, di sentire la tua vita nell’insieme
troppo vuota...
Dopo qualche mese però ho capito che non potevo vivere così per sempre... non avevo abbastanza forza economica, e ho
cominciato a cercarmi un’attività.
Ho accettato un periodo di prova in una ditta di Import137
“Hai sentito puzza di bruciato?”
“Il traffico illegale di reperti archeologici. C’era su tutti i
giornali.”
“Davvero?... Non ne sapevo niente... Non leggo mai i giornali. Proprio non mi mancano i quotidiani, né la televisione.
Proprio no... Sono solo un’accozzaglia di cazzate, di pettegolezzi, di notizie tendenziose che alimentano soltanto la negatività.
Ma guarda!... traffico di reperti archeologici...”
“Pensavo che fosse quello il motivo per cui avevi lasciato il
posto.”
“Macché, ho lasciato perché la ditta era un casino, disorganizzata da far paura, e poi non avevo voglia di tornare a passare dieci ore al giorno al telefono.”
“E che hai fatto?”
“Ho cercato un’altra attività che mi desse più soddisfazione.
Un giorno sono andato ad Isla Holbox a pescare. E’ un posto
meraviglioso...”
“Ci sono stato! Ho pescato a traina e ho preso un bellissimo
138
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
pesce vela!
Ho visto anche la tua foto con Miguel ed il tarpon gigantesco!”
Là, la vita è dura, la giungla dà filo da torcere, e poi ci sono
lunghi mesi di pioggia con umidità e zanzare a migliaia”.
“Ci sono stato! Al Black Rock! E al Pine Ridge!”
“Davvero? Ma dai... Hai visto che roba? Bel pesce, eh?
È lì che ho pensato per la prima volta di comprare una barca
da pesca e mettermi a far la guida.
In fondo è la cosa che ho sempre sognato: lavorare divertendomi...
Era un sogno, ma perché no?
Non voglio trovarmi un giorno da vecchio a chiedermi cosa
sarei potuto diventare.
Sono andato là tre volte per cercare di capire se era un affare
che poteva andare, ma poi mi sono reso conto che il mercato
era già saturo...”
“...nel frattempo ho conosciuto Carmen”, continuò, “Si era
appena laureata ed i genitori le avevano regalato un viaggio
come premio. Ci siamo trovati subito bene insieme. Anche lei
era alla ricerca dell’isola dei suoi sogni.
Sogno per sogno...
...praticamente ci siamo incontrati in sogno...”
Sorrise.
“Bello! Mi piace raccontarla così... incontrati in un sogno...
Abbiamo girato lo Yucatan in lungo ed in largo ed infine
siamo andati fino in Belize.
A San Pedro e a Caye Caulker, ormai era pieno di attrezzature turistiche. Sembrava di essere a Isla Mujeres...
Siamo stati in un lodge in mezzo la foresta per vedere se
c’era una qualche possibilità d’investimento.
Sono posti meravigliosi, ma da turista, per breve tempo.
139
“Davvero?”
“Sì, avevo trovato tue tracce...”
“Però... Bravo Henry!...
...e infine siamo arrivati a Placencia. Ce ne siamo innamorati
subito. La gente è cordiale e c’è un’aria famigliare.
Qui il turismo è ancora agli inizi. E’ un posto molto ordinato,
le case sono curate. In compenso il cibo fa schifo, è english
style, unto e pesante.
Ho trovato un occasione e ho comprato una barca da pesca.”
“Con che soldi? Non c’erano bonifici recenti sul tuo conto
corrente.”
“Come fai a saperlo?”
“Ti stavamo cercando, te l’ho detto, e abbiamo seguito la pista della banca di Isla Mujeres... così abbiamo saputo il numero del tuo conto corrente e tramite un amico italiano ho
saputo che non c’erano stati più movimenti da un mese a
questa parte, e comunque nessuna grossa somma di denaro.”
“Infatti ho utilizzato l’altro conto corrente che ho in un’altra
banca...”
140
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
Tutto tornava.
Bevvi un lungo sorso di birra rinfrescante.
Lo guardai, lo vidi sereno, in pace, sorridente come mai prima...
“Hai comprato una barca da pesca... Sei diventato una guida... Tutto il giorno in mare, al sole, a pescare, come hai
sempre sognato...”.
“Come nel più bello dei miei sogni!”.
“E come vanno gli affari? Ci sono clienti?”
“Ho appena iniziato, ma gli affari vanno a gonfie vele! Ho
mantenuto i contatti coi dirigenti delle varie ditte di import–
export e gli indirizzi di tutti i grossi clienti della mia vecchia
ditta. Ho creato un sito web e ho inviato una mail a tutti con
una mia foto con un grosso Marlin, dicendo che se avevano
bisogno di contattarmi, da ora potevano trovarmi qui.
Ho avuto un sacco di risposte entusiastiche e di prenotazioni.
Tutti mi conoscevano come una persona seriosa e inquadrata.
Molti vengono solo per vedere un matto che ha avuto il coraggio di cambiar vita.
E si sentono più liberi anche loro. Vedono che gli schemi si
possono sempre spezzare. Sono un esempio vivente che la
possibilità di fuga esiste.
Gli vendo sogni. Il mestiere più bello e più apprezzato, che
non conoscerà mai declino.
E’ il lavoro che ho sempre sognato. Mi diverto e guadagno.
Faccio escursioni personalizzate, pesca a mosca, a traina, a
spinning...
141
A volte pernottiamo sulla barca. A volte sbarchiamo su
un’isoletta, accendiamo un falò, arrostiamo i pesci alla brace,
beviamo rum, cola e succo di lime e ci addormentiamo
sull’amaca sotto le stelle. A volte li porto a vedere i manati o
i pellicani e altri uccelli marini, oppure prendiamo una barca
più piccola e risaliamo il Monkey river.
E’ bellissimo, dovresti vederlo. Ti ci porto.
Ci sono bellissimi alberi tropicali pieni di animali. Grosse
iguana arboricole con la cresta e la coda ad anelli neri, che
prendono il sole pigramente sugli alberi. Uccelli di tutti i colori, stupendi fiori tropicali, orchidee e piccoli caimani ad asciugarsi al sole ai bordi del fiume. Infine si sbarca, si fa un
pezzetto di giungla primordiale a piedi tra gigantesche felci
arboree, ed a un certo punto senti degli urli disumani che credi di veder arrivare un dinosauro da un momento all’altro...
Invece sono le scimmie urlatrici, che nonostante la piccola
taglia gridano fortissimo.
La gente è entusiasta.
La sera quando torniamo, li porto a mangiare o a bere una
birra in questo locale che ha preso in gestione Carmen.”
“E’ di Carmen?”
“Sì. Visto come si mangiava male da queste parti ha deciso di
aprire un locale. Io gli ho dato una mano. La gente impazzisce con le piadine, le crescentine e le pizze. È molto brava...
D’altronde d’estate lavorava a Rimini nello stabilimento
balneare di suo zio.
Lavora solo di sera ed è sempre pieno. Le do una mano
anch’io. Finito di mangiare mettiamo su un po’ di musica latino-americana, che alterniamo al reggae che da queste parti
142
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
va per la maggiore.
Qui la salsa non l’ascoltava nessuno. L’abbiamo importata
noi e adesso, dopo cena, facciamo anche lezioni di primi passi di salsa e bachata. La gente si diverte da matti e anche noi.
Ci sembra di essere in una festa continua”.
sovrastrutture... i gusti personali, le passioni... dettagli di poco conto.
“Ti ringrazio Marco”
“Di cosa?”
Si fermò un attimo pensieroso e rivolse lo sguardo al sole che
scintillava sul mare.
“Di avermi fatto sentire normale”.
“Comunque vada a finire, ne è valsa la pena...”
“In che senso?”
Lo guardai, abbronzato, in perfetta forma fisica, pareva anche
ringiovanito, sembrava un’altra persona davvero, o forse
sembrava la persona che avrebbe dovuto essere da sempre: si
era solo completata la metamorfosi.
Rimanemmo in silenzio, ascoltando il debole sciacquio delle
onde nel pomeriggio luminoso.
Dopo le forti emozioni della giornata, stavo riordinando le
idee pian piano.
Respirai a fondo.
Nuvole leggere come speranze si libravano all’orizzonte.
“Nel senso ...che mi sentivo un alieno a volte... Pensavo di
essere solo io a provare certe cose... ad avere certi pensieri...
Tu mi hai fatto sentire normale”.
Mi guardò sorridendo e mi appoggiò una mano sulla spalla.
“Chi l’avrebbe detto che saremmo finiti qui in Belize,
all’ombra delle palme... e per di più insieme!...
Nemmeno nel più bello dei sogni!!!”, dissi, “Non credevo
proprio che sarebbe finita così! Il lieto fine ormai non me
l’aspettavo più”.
Sorrise.
Lo guardai. Quanto eravamo simili nel profondo! Molto più
simili di quanto avessimo mai sospettato. Tutto il resto erano
143
144
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
I mari del sud...
Il mito della rinascita ad una nuova esistenza. Una specie di
iniziazione attraverso grandi prove.
Era facile lasciarci la pelle, questa era la verità.
In molti erano naufragati assieme ai loro sogni sulle spiagge
dei mari del sud. Cinquantenni in fuga dalle loro mogli, dalla
loro famiglia, dalle loro stesse vite, inseguendo sogni di giovinezza perduta, rincorrendo fantasmi di vita non vissuta per
le angherie della sorte, o per propria ottusità, per non aver
saputo ascoltare la voce della propria anima, credendo di poterla seppellire sotto cumuli di sciocchezze.
Io li capivo meglio di chiunque altro e non condannavo nessuno. Eravamo tutti peccatori.
Il nostro peccato era stato quello di non credere nelle nostre
potenzialità.
Ad un certo punto ci eravamo fermati ad ascoltare le voci
malevole che sconsigliavano di proseguire e cercavano d’incatenarci ad una vita nella quale non credevamo.
XV
SUEÑOS
...merrily, merrily, merrily, merrily...
Life is but a dream...
(Filastrocca popolare) *
I loro desideri hanno le forme delle nuvole.
(Charles Baudelaire - I fiori del male)
Mi voltai a guardare le palme sul mare, i bassi fondali trasparenti, le isole che si perdevano in lontananza, il sole che sfavillava sull'acqua.
I mari del sud...
Un antico mito da Morgan, a Gauguin.
La possibilità di fuga da una vita monotona ed insoddisfacente. La possibilità di differenziare i giorni così che non siano
più un cumulo di grande volume e poca sostanza. Qualcosa
da ricordare e da far risaltare sul resto dell'uniforme grigia
monotonia.
Il non arrendersi mai alla consuetudine, né al pensiero che la
felicità sia al di fuori della nostra portata.
145
Spinsi lo sguardo più lontano che potevo, fino al confine
dell’orizzonte.
Esistevano ancora i mari del sud?
Si potevano ancora raggiungere in questo mondo frenetico e
affaccendato, persi ad inseguire mete assurde, spaventosamente vuote?
E dove si trovavano?
I mari del sud...
A volte li avevo cercati tra le braccia di Antonella... e a tratti,
per un breve attimo fuggente, mi pareva pure di averli intravisti...
146
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
Ma il libro degli amori sbagliati ogni giorno ha centinaia di
pagine nuove...
tornare a pescare insieme... e ancora non ci siamo andati...”
“Quando vuoi tu!”
I mari del sud erano attorno a me adesso.
Ma li avevo veramente raggiunti?
“Non sei stanco del viaggio? Non vuoi riposare?”
“Niente è per sempre”, disse Marco.
“Riposare?!? Dopo tutte le emozioni di oggi ho una carica
addosso che potrei star sveglio tre giorni!”
“Come?”
“Allora andiamo!”
“Niente è per sempre, nemmeno noi stessi. E’ una verità
semplice e nota a tutti, ma si cerca di non pensarci mai. Dovremmo invece ricordarcene in ogni momento, quando le cose vanno bene, e quando vanno male... Sempre.
Ci aiuterebbe ad apprezzare di più le cose belle e a superare
meglio quelle spiacevoli.
È così breve ‘sta vita... Se la sprechi a fare ciò che non ami...
che senso ha?”.
Lo guardai, temendo di vedere da un momento all’altro il suo
capo circondato da un alone luminoso.
Che bel cambiamento. ...Marco... che bel cambiamento...
“Sono perfettamente d’accordo”, risposi
Mandai giù una sorsata di birra che mi liberò dagli ultimi residui dei pensieri che mi avevano accompagnato durante questa ricerca.
“Allora, quando andiamo a pescare?”, disse, “Sono almeno
dieci anni che continuiamo a dire che prima o poi dobbiamo
147
“Andiamo! Anzi, aspetta un momento! Devo prima fare una
cosa importante. Hai il giornale d’oggi?”
“No, non leggo giornali... Ma forse l’hanno qui al bar. Aspetta...”
Tornò col giornale.
“Che te ne fai?”
“Reggilo un attimo così con la prima pagina ben in vista…
Aspetta che appoggio la macchina fotografica. Ecco,
l’autoscatto… Via! Sorridi!”, dissi mentre correvo a mettermi
in posa con una mano sulla sua spalla.
“Che fai, è per un riscatto?”
“Ahahah!” mi fece ridere, “No, per un amico. Glielo devo.
Hai una stampante ed un computer?”
148
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
“Sì li abbiamo nel retro”.
“Gracias! Adios”. Riattaccai.
“Allora stampami la foto in bianco e nero, bella grande, che
possa stare in un fax, però”.
Tornò dopo qualche minuto con la stampa.
Scrissi una frase in uno spazio bianco del foglio.
“Anche questa è fatta!”
“Chi era?”
“E adesso un fax”.
“Agli ordini!”disse scattando sull’attenti.
Spedii la foto via fax e attesi qualche minuto. Poi alzai il telefono e composi il numero.
“Il sergente della polizia che mi ha aiutato a cercarti. Una
brava persona, in gamba.
Ora siamo a posto.
Non ci resta che andare a pescare”.
* Allegria, allegria, allegria, La vita non è altro che un sogno
“Sergente Juarez?”
“Emiliano! Lo hai trovato allora!”
“Sì”.
“Tutto bene, quindi!”
“Non potrebbe andare meglio”.
Gli raccontai per sommi capi il resto della ricerca.
“Mi fermo qui ancora qualche tempo, ma il resto glielo racconto di persona, davanti ad una bella birra ghiacciata, è una
promessa!”.
“Està bien, Emiliano. Ti aspetto!”, disse con voce allegra.
149
150
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
XVI
“A noi, cin!”
OMBRE DEL PASSATO
“Dimmi Henry, e col lavoro?”
“L’architetto sta andando in pensione... e devo prendere delle
decisioni importanti... Ma per adesso non ne ho voglia... Voglio pensarci con calma... È giunto il momento di rivedere un
po’ la mia vita...”
Maximum vivendi impedimentum est exspectatio,
quae pendet ex crastino, perdit hodiernum.
...
Protinus vive
“E con Antonella?”
(Seneca – De brevitate vitae)*
“E’ finita”.
“Fino alla prossima volta”, disse con un sorrisetto di uno che
la sapeva lunga.
La barca sfrecciava veloce sull’acqua, tra le isole.
Il vento mi scompigliava i capelli e rinfrescava la pelle. Odore di mare. Spruzzi di salsedine.
Un senso di benessere generale mi aveva avvolto.
Arrivati sul posto innescammo gli artificiali, calammo le lenze in acqua e cominciammo a trainare lentamente.
Finiti i preparativi ci mettemmo comodi a sedere.
Il motore al minimo faceva solo un leggero borbottio riposante.
“No, stavolta no. Stavolta è definitiva”.
“Sul serio?” disse con aria sorpresa dal mio tono deciso.
“Una birretta fresca, Henry?”
“Sì. Mi è scattato qualcosa dentro. Si dev’essere innescato un
sistema di autodifesa, un po’ in ritardo, ma è scattato. Il rapporto stava diventando malsano.
Un giorno sono diventato consapevole del senso di oppressione che mi lasciava.
Avevo bisogno di limpidezza...”
“Sì, ci vuole proprio. Grazie”
“E lei?”
“A noi”.
“Non l’ha presa bene. Non era abituata ad essere lasciata.
151
152
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
Non così. Ma non sono tornato sui miei passi. E ti dirò che
non ho fatto nemmeno troppa fatica.
Per questo ti dico che qualcosa si dev’essere rotto dentro di
me.
A lungo avevo pensato che mi mancasse come l’aria.
Invece era proprio l’aria che mi mancava. Quest’aria leggera
di mare, quest’aria pulita e tersa” dissi, riempiendomene i
polmoni.
Le cose passano e vanno. Ogni cosa ha il suo tempo...
Comunque non dimenticare che non tutto è da buttare. Avete
passato anche dei bei momenti... e tanti”.
“Guarda Marco! Di là!”
Lontano si vedeva una mangianza.
“Ho visto, ho visto! Adesso ci passiamo in mezzo!”
Respirai lentamente, profondamente. Un senso di leggerezza
mi stavano pervadendo come non provavo da tempo.
I pensieri si stavano schiarendo. La mente si stava liberando.
Rimasi in silenzio, assorto, per un po’.
“Adesso mi rendo conto che avevo passato il segno”, continuai, “Il mio rapporto con lei, anzi la mia dipendenza - sì la
posso chiamare proprio così - era diventata indecorosa. Avevo perso la dignità... Devo essere apparso una barzelletta anche agli occhi dei miei amici”.
“Sei solo stato innamorato, è sufficiente dire così.
Tutto il resto vien da sé...
Cadiamo tutti nelle stesse trappole in certi momenti della nostra vita. Personalmente non ti ho trovato affatto ridicolo, anzi, mi sono preoccupato più volte per te. Non te l’avevo voluto dire prima, perché ho visto che eri ancora troppo perso di
lei, ma pensavo la stessa cosa, che il vostro rapporto fosse
diventato troppo opprimente...
Bella ragazza, molto bella e affascinante... facile capire cosa
provavi... e facile capire che non dev’essere stato semplice.
Ma sono contento che tu sia riuscito ad andare oltre.
153
Girò il timone e si diresse verso i gabbiani che si tuffavano
frenetici in mare.
“Sì, hai ragione”, continuai, “Non tutto è da buttare... Però
con quello che accade dopo, ti sembra che molte cose non
abbiano più senso...”
“Non è il modo giusto di ragionare.
Solo perché le cose non si sono svolte nel modo previsto, non
è corretto dire che non avevano senso.
A quel tempo avevano un senso ed un valore.
E poi erano decisioni da prendere in mancanza di dati sufficienti, una scommessa con il futuro. Né più, né meno: una
scommessa. Come la maggior parte delle azioni che compiamo ogni giorno. Perché la logica, checché ne creda la gente,
non ci aiuta molto nella vita, visto che funziona solo se si
hanno dati sufficienti e sicuri.
E nella vita di certezze non ce ne sono molte ...e per di più i
dati sono sempre incompleti...”
“Eppure non ci è dato di temporeggiare più di tanto”, conti154
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
nuò, “le decisioni vanno prese in fretta.
A volte son più dannosi il ristagno e la paralisi.
È importante imparare ad apprezzare il valore delle cose in
sé, quando ci sono... Anche se non durano... perché, in fondo,
cos’è che dura?... Niente dura... proprio niente...
Altrimenti si cade nell’assurdo di sostenere che la vita stessa
non ha un senso, perché un giorno si morrà...
Ha senso mentre si vive.
La vita trova il suo significato in sé.
Come le cose belle.
E il vostro amore è stato bello e profondo.”
“Già... anche se poi è terminato...”
“Tutto finisce, tutto si trasforma. Ogni cosa ha un ciclo vitale.
Alcune cose giungono a vecchiezza, altre s’interrompono
prima.
Occhio alle canne! Ormai ci siamo in mezzo” disse mentre
rallentava un po’, “Guarda che roba! Guarda come saltano!
Ci dev’essere della roba grossa!
Recupera un po’ di lenza!
Ecco, bravo, così va bene!”
Virò leggermente per passare proprio in mezzo alla mangianza.
“Ogni periodo ha le proprie esigenze”, continuò, “le proprie
necessità, che cambiano col tempo, come noi stessi”.
Lo guardai sorridendo e gli appoggiai una mano sulla spalla.
Marco… Chi l’avrebbe detto? Che bella metamorfosi!
155
Un gabbiano ci passò vicino gridando e si librò alto nel cielo.
La mia anima lo seguì in volo al di sopra delle nubi, più leggera dell’aria. Vidi coi suoi occhi il cielo vertiginoso sopra di
noi, perso nell’azzurro vuoto.
Mi sentii libero, davvero libero, per la prima volta dopo tanto
tempo. Mi sembrava di essere uscito definitivamente da un
sogno molesto e la vita mi appariva meravigliosamente bella
e fresca.
Mi sentii affrancato definitivamente dalla presenza di Antonella, svincolato dai ricordi malinconici del passato, di un
passato immaginario, di una falsa, mitica età dell’oro che a
lungo avevo creduto smarrita per sempre.
Mi sentii libero dal lavoro, libero di scegliere, senza fretta né
costrizioni dovute alla necessità o agli schemi mentali.
E mi ricordai che la libertà, quella vera, nasce sempre soltanto dall’anima.
“Marco, mi pare di essere tornato agli anni dell’università...
quando facevamo fuga per ritagliarci un po’ di tempo per
noi...
Ti ricordi le pescate che facevamo?
Mi sembra che siano ancora quei vecchi tempi, come se non
fossero mai terminati...”
“Hai ragione Henry! Anche a me fa lo stesso effetto!”, disse
sorridendo. “Ricordi quando andavamo a lucci e persici in
quel lago di montagna? E in barca, a sgombri e palamite?...”
“Certo che mi ricordo! Che pescate! Quanto ci divertivamo!”
156
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
Mandò giù un sorso di birra. “Le fughe... quegli attimi strappati ai vari impegni avevano un gusto impagabile... mi davano un grande senso di libertà...”
“Già, Marco, proprio così.
Vedi che abbiamo fatto bene? Se no adesso cosa ci ricorderemmo di quegli anni? ...gli esami? ... il Teorema di non-sochi...?
E invece guarda che bei ricordi!
Anzi, avremmo dovuto farne ancora di più di fughe!”
I gabbiani e le fregate avevano ripreso a tuffarsi freneticamente proprio nella scia della barca.
“Già, bei tempi... tante promesse davanti...”
Si fermò un momento a scrutare l’orizzonte lontano.
“...tante promesse... tanti sogni...”
Sembrò farsi prendere dalla malinconia.
“C’era ancora un forte senso di libertà... prima che il lavoro
appiattisse tutto quanto...”
Tornai indietro col ricordo. Il contrasto tra gli anni da studente e la vita successiva era stridente. Finita l’università, sembrava quasi che le nostre vite si fossero inceppate, come se
avessero avuto un’imprevista battuta d’arresto. Tutto era
sembrato come sfuggire di mano, prendere una strana piega,
volgere al grigio...
Da come faceva crepitare la frizione doveva essere grosso.
Rallentai un po’ la barca.
“Sì... bei tempi, dicevo... Ma adesso è anche meglio!”
Proprio bei tempi... i sogni erano ancora grandiosi. Tutto,
proprio tutto appariva ancora possibile...
E ora mi sentivo così di nuovo.
“Sono d’accordo!”, risposi, mentre mi precipitavo a prendere
una canna che si era piegata di colpo.
Era un momento di grazia. Calandoci completamente nel
combattimento coi pesci, il tempo sembrò perdere significato.
Sembrava proprio che fossero ancora quei vecchi tempi e che
tutti gli eventi successivi fossero stati soltanto una strana,
volgare, fantasticheria.
Il più grande ostacolo al vivere è l’attesa, che dipende dal domani, e perde
l’oggi.
... Vivi adesso! *
“Sì... bei tempi... ma...”, s’interruppe di colpo. Ferrò un pesce
con decisione.
“Eccolo! Preso!! Ce l’ho! Senti come tira!”
157
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
Subito fui avvolto dalla pesante consapevolezza della fugacità che rende già passata un’esperienza proprio mentre viene
vissuta. Tutto apparve opacizzato, ricoperto dalla patina del
già trascorso, impacchettato di nostalgia.
Sospirai.
Un pesce saltava lontano, increspando l’immobilità della sera.
Tutto estremamente precario, tutto estremamente effimero.
Eppure, benché effimero, incredibilmente bello.
XVII
FUGIT IRREPARABILE TEMPUS*
... praeteritum et futurum, quomodo sunt, quando
et praeteritum iam non est et futurum nondum
est? praesens autem si semper esset praesens nec
in praeteritum transiret, non iam esset tempus,
sed aeternitas
E soprattutto è adesso! Non è ricordo, non ancora.
Respirai a fondo.
(S. Agostino – Confessiones - Liber XI - 17)*
Catturammo vari Bonitos, un bel Dorado, ed un grande Wahoo che ci fece sudare parecchio prima di averne ragione.
Ritornammo indietro nell’acqua immobile della sera. Una
grande chiazza di luce rosata si stendeva sul mare. Nere sagome di gabbiani volavano verso il tramonto. I profili delle
mangrovie disegnavano forme fantastiche e misteriose.
Quando entrammo nella laguna, procedemmo a passo
d’uomo.
Era un momento magico.
Avrei voluto che durasse per sempre.
Per sempre...
Ma cosa dura per sempre?
Era soltanto un attimo nell’abisso del tempo.
Solo un attimo... più veloce ed effimero d’un pensiero.
Soltanto un rapido movimento nella sfuggente danza del divenire.
159
...è solo la mia mente che sta velando la percezione con abitudini e ricordi... Non è ancora passato: è adesso! È solo una
percezione distorta. Guarda che scherzi che fa la mente!,
pensai sorridendo.
Con un leggero sforzo mi concentrai sulla pura percezione,
cercando di non farmi trascinare dai pensieri.
Suoni. E silenzio.
Movimento. E quiete.
Luci. E ombre.
Forme. E spazio.
Sempre a coppie, inscindibili, inseparabili, come le facce di
una stessa moneta. E tra quelle infinite facce opposte, o meglio, complementari, si dispiega la Realtà.
C’era qualcosa che mi stava tornando in mente... qualcosa
d’importante...
160
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
Sarà stata l’ora della sera, quell’ora in cui tutto appare inconsistente e fluido, eppure...
Era solo un attimo. Solo un attimo ritagliato nell’abisso del
tempo, eppure...
I miei pensieri rallentarono.
E l’assenza di tempo ...
Il respiro si fermò.
Un momento che non termina mai...
...come se fosse infinito...
...l’assenza di tempo ...
Mi stava tornando in mente qualcosa... Respirai lentamente.
...È
...ETERNITÀ...
Aspetta... non riesco... è come se...
...mi sfugge...
Avevo la mente intorpidita. Tuffai una mano in acqua e mi
bagnai la faccia, cercando di schiarirmi le idee.
Respirai ancora più lentamente.
Un pensiero si affacciò all’improvviso. Mi apparve come un
lampo, di una chiarezza impressionante, evidente al di là di
ogni possibilità di dubbio.
È sempre adesso! Sempre!
Il passato non esiste più... solo un ricordo, fallace, effimero...
Il futuro non esiste ancora... una chimera....
Esiste soltanto l’adesso!
Un brivido mi risalì lungo la schiena...
Il momento si espanse, divenne sconfinato, occupò l’intero
campo di percezione. E rimase sospeso...
Un senso di gioia profonda mi pervase. Mi sentii come inebriato.
Era un’idea che stravolgeva completamente la prospettiva
abituale. Eppure per me divenne evidente come il fatto di esistere.
Ora ricordo!
Ma certo!
Il tempo è soltanto un movimento illusorio della coscienza in
se stessa!!...
Il tempo è un’illusione... soltanto un’illusione!...
Esaminai quel pensiero come una gemma preziosa. Era pieno
d’infinite implicazioni.
Niente futuro, niente passato. Solo adesso!
Soltanto ADESSO!!!!
Assenza completa di tempo!
E se è un’illusione, se non c’è prima e dopo, ma esiste solo
l’Adesso, dove sono la causa e l’effetto? Come possono es161
162
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
serci “avvenimenti”?...
O è corretto parlare soltanto di “esperienze”?
...nessuna nostalgia...
Venere brillava già sopra l’orizzonte.
...nessuna malinconia...
Ma certo!!! Soltanto esperienze!!!... soltanto esperienze...
Tutto all’interno dello sperimentatore!!!...
...ma certo!...
...niente da ottenere...
...niente da desiderare...
...niente da preservare...
Un pensiero, volteggiando leggero, si posò su di me.
Niente è mai accaduto...
...nessuna perdita... nessun guadagno...
...MAI!...
Era un pensiero bellissimo che mi riempiva di pace, una pace
profonda che era gioia.
Un brivido potente mi risalì la schiena fino alla sommità del
capo e sembrò salire oltre.
Che bellezza!...
..un meraviglioso gioco della coscienza in sé stessa...
...soltanto un meraviglioso gioco della coscienza in se stessa!!
Ora mi è chiaro! Ora mi è estremamente chiaro!!!
Il tempo fugge irreparabilmente*
(Ovidio – Metamorfosi)
Niente tempo... niente avvenimenti!...
il passato ed il futuro come possono esistere, quando il passato non è
...niente anni che passano...
...niente gioie, né dolori...
...niente sofferenza...
...niente amici perduti, né amori svaniti...
...niente occasioni sfumate, niente delusioni, niente rimpianti...
163
più e il futuro non è ancora? E il presente, se fosse sempre presente e
non si traducesse in passato, non sarebbe tempo, ma eternità*
164
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
Ridacchiai.
XVIII
“Si vede?”
PARVENZE
“Sì, si percepisce.
Allora, di cosa ti sei ricordato?”
Vedete ogni cosa così:
come un miraggio,
un castello di nuvole,
come un sogno,
un fantasma.
Tutto privo di essenza,
ma con qualità visibili.
(Samadhirajasutra)
“Niente, qualcosa che avevo dimenticato... idee stravaganti...”
“Dimmele anche a me”
“Sicuro?”
“Sì”
Ridacchiai tra me e me.
Era tanto che non mi sentivo così bene.
“Mi è tornato in mente un pensiero... è un pensiero strano...
ma è un bel pensiero... sembra folle... ma è fonte d’infinita
libertà... ”
“Che c’è, Henry?”
“Cioè?”
“Niente”
Sorrisi. “Sicuro che lo vuoi sapere?”
“Dimmi”
“E dai! Allora? Che fai, il misterioso?”
“Niente, mi sono ricordato di una cosa...”
Ridacchiai.
Sorrise. “Ti vedo bene, in pace, veramente in pace, una pace
profonda”.
“No, è solo che se non è interpretato nella maniera giusta...
...non è facile...”
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166
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
Spense il motore di colpo, “Guarda, un manati!”, disse puntando col dito.
Più avanti la sagoma nera di un bestione dalla forma improbabile sguazzava nell’acqua.
Si tuffava, scodava, riemergeva.
“Niente è mai accaduto”
Silenzio.
“Ma che significa?”
“Ce n’è un altro, laggiù!”, dissi indicandolo.
Mi misi a ridere per la sua espressione.
Pascolavano tranquilli le erbe del fondo.
“Te l’avevo detto che non era facile!”
“Che animali fantastici!”, disse “sembrano finti, dei pupazzoni! Ne ho visti decine, ma tutte le volte mi emozionano!”
“Ma dai, spiegati, che vuoi dire?”
Il vento era cessato del tutto e l’acqua era completamente
immobile, rosa, increspata solo dai movimenti dei manati,
ampi cerchi che si allargavano all’infinito.
“Niente è mai accaduto, perché niente accade mai”.
“Che meraviglia!”
“Ma in che senso?”
La barca si era fermata.
C’era un gran silenzio, amplificato dagli sciacquii dei manati.
Qualche fregata gridava in lontananza.
Era un’atmosfera da sogno.
Respirai a fondo.
Mi guardò perplesso.
“Niente è mai accaduto”
“Vedi... il tempo …
...il tempo...
...è un’illusione...
Soltanto un illusione...
...Passato, presente e futuro sono un’illusione, anche se persistente, diceva il grande Einstein che da vero Scienziato,
benché potenzialmente distratto da formule, calcoli ed esperimenti non si era lasciato ingannare”.
“Come?”
“Ma...?...”
“Allora qual’è questo pensiero?”, disse.
Presi un profondo respiro.
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
“Cioè, se non c’è il passato... cosa vorresti dire che ho immaginato tutto? Ma è assurdo!”
“È sempre adesso. Sempre. Pensaci. È vero o no?”
“Beh, “adesso”... e il passato e il futuro?”
“Il passato è solo un fascio di ricordi, che ti rammenti adesso.
Il futuro è solo immaginazione, fantasia, proiezione che avviene adesso”.
“Pensaci con calma. Ripeto: senza la tua memoria dov’è il
tuo passato? Quando il momento ha cambiato forma, dov’é?
Dove lo trovi?”
“Ma come fa il momento a “cambiar forma”, come dici tu,
se non c’è il tempo?!?”
“Ma che dici? Io ricordo bene il mio passato e...”
“Davvero? E quando lo ricordi, ieri, ieri l’altro, domani o adesso?”
“Beh ...adesso... ma è qualcosa che è avvenuto tempo fa, non
adesso”.
“Il passato è fallace, immaginario, fasullo, come i ricordi.
Completamente una costruzione mentale. Come il ricordo di
un sogno. Senza la tua memoria dov’è il tuo passato? Dove
puoi trovarlo? Semplicemente non esiste. Il tuo ricordo del
passato è solo una fantasia che avviene adesso.
E il cosiddetto futuro è immaginazione che avviene adesso, è
solo un pensiero.
Il contenuto del momento sembra cambiare, trasformandosi
in un momento successivo, ma è solo la forma del momento
che cambia, in realtà è sempre e soltanto adesso. Non ci si
può allontanare dall’adesso. La tua vita è sempre e soltanto
adesso, non prima, non dopo.”
“L’apparente scorrere del tempo è solo la modalità di funzionamento della nostra percezione. Sembra percepire una sequenza di immagini e sensazioni e costruisce una continuità
apparente.
Il tempo sembra esserci perché tu ci sei, non il contrario.
C’è un vecchio proverbio molto profondo, che dice : Senza
un osservatore, niente mai accade.
Il passato sembra esserci solo perché ci sei tu”.
Il silenzio era profondissimo.
“Ma... ma... se fosse vero quello che dici tu, allora... allora...
staremmo vivendo una vita fasulla... una vita virtuale... immaginaria....
Ma è assurdo, ti rendi conto?”
Gli sorrisi. “Te l’avevo detto che non era semplice... che era
un pensiero stravagante!”
“Stravagante!? FOLLE!!, FOLLE PROPRIO!!”
Rimase in silenzio per un po’.
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
È sempre adesso. Ed è talmente evidente che solitamente lo
ignoriamo!”
Mi misi a ridere.
“E se sparisce il tempo”, continuai, “se ne va anche il rapporto di causa ed effetto.
E senza rapporto di causa ed effetto, se ne vanno i cosiddetti
“avvenimenti”.
E quindi...
“Ma no, ma no... è folle! Ti rendi conto? Ti rendi conto di
quel che dici?
Non può essere vero!”
...niente è mai accaduto”.
“Sei matto, matto da legare!”
Mi fece ridere.
“Non ti preoccupare, è normale, ci ho messo molto prima di
capirlo. Bisogna eliminare pian piano strati su strati di condizionamenti del nostro abituale modo di pensare.
Vedi, il presente sembra non esistere, tanto è sottile. Appare
essere uno spartiacque tra il passato ed il futuro, così esile da
essere inafferrabile. Quando cerchi di coglierlo è già passato.
Solo il passato ed il futuro sembrano avere un estensione.
Questo è il nostro consueto modo di pensare, perché la nostra
mente tende ad afferrarsi ai concetti, di renderli stabili, conoscibili, e quindi si attarda in un ipotetico passato e si proietta
in un immaginario futuro. Ma in realtà è esattamente il contrario! Il passato ed il futuro non esistono! Non hanno alcuna
realtà! L’unico momento che esiste è l’Adesso! L’Adesso ha
un marchio di realtà che lo rende unico e privilegiato. La vita
può essere solo adesso. Non si può vivere domani o ieri.
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172
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
“Cosa vuol dire dov’è?”
XIX
“Dove risiede”
IL PROFUMO DELLA ROSA
“Nella rosa, ovviamente!”
Dopo tutto, qual è la verità riguardante le cose
di questo mondo, se non il modo in cui vengono
sperimentate nella propria coscienza?
(YogaVasistha)
...il nostro dilemma di fondo è che non possiamo distinguere, dal punto di vista operativo e in modo
comprensibile, "l'informazione" dalla "realtà"...
........ Secondo la fisica classica e anche secondo il
senso comune, la realtà viene per prima e
l’informazione su questa realtà è invece qualcosa di
derivato e di secondario.
Ma forse è vero anche il contrario. Tutto ciò che abbiamo sono le informazioni, le nostre impressioni
sensoriali, le risposte a domande che facciamo noi.
La realtà viene dopo: è derivata e dipendente dalle
informazioni che riceviamo.
(Prof. Anton Zeilinger –Il velo di Einstein)
“Ti faccio una domanda, Marco, prendiamo come esempio
una rosa. Tu vedi la rosa, ne senti il profumo. Ma dov’è il colore della rosa? Dov’è il profumo della rosa?”
173
“Sicuro?
E se non ci fossero i tuoi occhi a percepirne il colore?... che
colore avrebbe la rosa? E se non ci fosse il tuo naso a percepirne l’odore?
In realtà il colore della rosa non è nella rosa... e non è nemmeno negli occhi o sulla retina o nel cervello, ma appare
nell’osservatore come sensazione...
E il profumo della rosa non è nella rosa...e non è nemmeno
nel naso o nel cervello ...non ha una localizzazione ben precisa, ma sembra apparire nel percettore come sensazione....
Gli oggetti esterni possono essere conosciuti solo tramite i
sensi. Qualsiasi cosiddetto oggetto esterno si riduce solo a
una serie di sensazioni dentro di sé. Sempre. Ogni oggetto è
sempre totalmente “colorato” dalla soggettività. Non può essere diversamente.
Una rosa alla fine è solo un insieme di sensazioni in me. Siccome le sensazioni sono mie, ciò che percepisco è solo un
aspetto di me stesso.
Non ho la sensazione della rosa, ma sono la sensazione della
rosa!
La mente cerca di separarsi da sensazioni e percezioni, perché in qualche modo cerca di osservare il proprio funzionamento, oggettivandolo. Invece mente e sensazioni sono un
tutt’uno. La sensibilità, che si divide idealmente in udito, vi174
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
sta, tatto, eccetera, è in realtà soltanto un aspetto della mente.
La divisione è fittizia.
È la mente che dà forma alle sensazioni. Infatti i sensi non
funzionano in assenza di mente e non è possibile fare alcuna
esperienza se non per mezzo del pensiero.
Il colore, il profumo, il tatto... tutto ciò che definisce
l’oggetto rosa è soltanto un insieme di sensazioni ...
Io sono quelle sensazioni.
Io sono il colore della rosa. Io sono il profumo della rosa. Io
sono ogni aspetto percepibile della rosa. Quindi in verità
l’oggetto “rosa” non è altro che un insieme di sensazioni che
sono solo aspetti di me stesso, interamente.
Io sono la rosa.
E questo vale per ogni oggetto.
Io sono il blu del cielo. Io sono il bagnato dell’acqua. Io sono
il canto delle rondini. Io sono la luce del sole...
Ogni “oggetto” è in realtà il soggetto.”
“Aspetta un momento... mi stai dicendo...”
“Vedi, la percezione umana è sempre stata un mistero, per
generazioni e generazioni di filosofi e di scienziati.
Il più grande mistero era come facesse il cervello a percepire
gli oggetti là fuori.
Secondo le teorie convenzionali, gli stimoli sensoriali trasmessi dai sensi arrivano “all’interno” nel cervello. Pertanto,
la logica vorrebbe che gli oggetti fossero percepiti all’interno
e non all’esterno di sé, perché le percezioni sono interne.
Eppure li percepiamo come se fossero fuori di noi. Il che
vuol dire, anche da un punto di vista scientifico, che il
cervello ricostruisce gli oggetti sugli stimoli ricevuti e li
riproietta in qualche modo al di fuori di sé. Cioè, anche dal
175
qualche modo al di fuori di sé. Cioè, anche dal punto di vista
prettamente scientifico, è innegabile che noi percepiamo
sempre una Realtà totalmente ricostruita...”
Presi fiato e continuai, “In verità la spiegazione è molto più
semplice... e pazzesca al tempo stesso... pazzesca perché è
talmente al di là del “senso comune”...”
Mi fermai un momento.
Il silenzio era profondo.
Una nuvola che saliva dal mare era illuminata di luce dorata
dagli ultimi raggi del sole.
Respirai a fondo e continuai
“...in verità è tutta soltanto immaginazione, pura percezione
in sé e per sé, senza che esista realmente qualcosa di percepito!!...
Tu pensi di vedere degli oggetti, ma gli oggetti sono soltanto
percezione, nient’altro... solo vuota percezione, proprio nella
loro essenza...”
Mi fermai un attimo. Soppesai il significato profondo di quello che stavo dicendo. A tratti appariva una follia anche a me,
eppure...
“Aspetta... aspetta... ora mi stai dicendo che nemmeno gli
oggetti...!?! ”
“Quando cerchiamo di analizzare i cosiddetti oggetti che sono apparentemente là fuori... troviamo solo il vuoto... scopriamo che non ci sono oggetti... ma solo forme apparenti...
176
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
forme senza sostanza...”
“Ma che...?”
“Pensa alla fisica. Tutti gli oggetti materiali anche quelli apparentemente più compatti sono costituiti da un reticolato di
atomi così distanziati tra loro che in pratica sono completamente spazio vuoto”.
“Sì, va bene, ma gli atomi...”
“... gli atomi non sono oggetti in senso comune... gli atomi
stessi sono costituiti da un nucleo centrale di neutroni e protoni, ed un guscio esterno costituito dall’orbita degli elettroni.
Il nucleo centrale è piccolissimo rispetto al volume totale
dell’atomo... Se il nucleo dell’atomo fosse reso visibile ingrandendolo fino alle dimensioni di un granello si sabbia, diciamo un millimetro, mantenendo le proporzioni, l’orbita degli elettroni creerebbe un guscio esterno di circa cento metri
di diametro! E tra il nucleo centrale e il guscio di elettroni è
tutto spazio vuoto! Completamente vuoto!
I neutroni e protoni a loro volta sono costituiti da quark, che
sono piccolissimi rispetto al volume occupato dal singolo
neutrone o protone...
Anche l’atomo stesso, in pratica, è costituito interamente da
spazio vuoto... E i neutroni, i protoni, gli elettroni, i quark
non sono oggetti in senso tradizionale, non sono pezzetti di
qualcosa... sono soltanto energia, qualcosa d’impalpabile, estremamente
rarefatto...
indefinito...
qualcosa
d’indeterminato...
La materialità degli oggetti è un’illusione della nostra perce177
zione.
In verità gli oggetti del mondo quotidiano, sono vuoti, interamente spazio vuoto... pertanto è meglio parlare di forme,
più che di oggetti... Soltanto vibrazioni, fluttuazioni di un
campo energetico, qualunque cosa ciò significhi, privo di sostanza... Un vuoto vibrante che sembra interagire coi sensi e
dare origine ad una percezione...
Ma tutto è proiettato dalla coscienza in se stessa...”
“Ma se non esistono gli oggetti... cosa esiste....? ...non esiste
niente!... Ma ti rendi conto della follia?!? Te ne rendi conto?!?”
“È una follia sostenuta dalla fisica, una follia che è dimostrata da esperimenti scientifici!”.
“Il mondo è fatto solo di percezione...” continuai.
“Ma allora cosa vediamo? Cosa percepiamo? Perché qualcosa percepiamo, questo è innegabile, no?”
“Possiamo solo dire che c’è percezione...
Vedi, non è possibile distinguere la Realtà dalla conoscenza
che abbiamo di essa...
L’unica cosa che possiamo conoscere è solo una sequenza di
sensazioni che si alternano in noi, sulle quali costruiamo degli eventi con una sequenza temporale e dei rapporti di causaeffetto... Da tutto questo deduciamo l’esistenza di una realtà
esterna indipendente da noi...
Ma desumere l’esistenza di una Realtà esterna a noi ed indipendente da noi è solo un inferenza... una deduzione fatta su
178
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
percezioni la cui validità non è dimostrabile, poiché i nostri
sensi dovrebbero dimostrare la validità di se stessi, e quindi è
un serpente che si morde la coda...”
“Cioè la Realtà esterna non esiste... ma è assurdo... ma ti rendi conto di ciò che dici? ... ma allora io e te...?”
“Anche i nostri corpi sono fatti di atomi, come tutto quanto...
...pertanto...
...anch’essi sono fatti di vuoto, sono fatti di nulla, o meglio,
appaiono esistere, ma non ci sono...
I nostri corpi si riducono soltanto a un fascio di sensazioni.
Ma è il pensiero che organizza queste sensazioni, dà loro
forma e le interpreta come corpo. Ma le sensazioni, abbiamo
detto che non sono altro che mente... Pertanto il nostro corpo
è soltanto un’idea intrattenuta dalla mente, come tutto il resto.
Noi interpretiamo queste sensazioni come nostro corpo fisico, con un confine, un involucro, che ci separa da tutto il resto... Ci siamo noi, col nostro corpo, e c’è la realtà esterna,
separata, indipendente da noi...
Ad un’analisi attenta la falsità del concetto di corpo separato
dal resto è evidente anche da un punto di vista puramente
scientifico. Continuamente avviene uno scambio di ossigeno
ed altri gas tra il nostro corpo e l’ambiente... di liquidi, di sostanze nutrienti che entrano ed escono e ne cambiano continuamente la composizione... di energia che entra ed esce sotto forma di calore...
Non puoi essere separato dal tuo ambiente circostante: è solo
un’astrazione priva di reale significato.
179
Pertanto l’idea che ci sia qualcosa di separato dal resto è solo
un’idea falsa.
È un flusso continuo, un unico processo in continuo apparente divenire.
In realtà dal punto di vista fisiologico non siamo nemmeno
un unico organismo, ma un organismo collettivo. Siamo
composti di cellule, ovvero siamo delle colonie di esseri viventi. Eppure solitamente non ragioniamo così, ma ci sentiamo un essere unitario.
E le cellule del corpo cambiano continuamente, muoiono e
sono rimpiazzate da altre. Nel giro di qualche anno tutte le
cellule sono sostituite completamente. Quindi non si può
nemmeno dire che siamo gli stessi di prima. Perfino le cellule
cerebrali mutano. E quindi anche da un punto di vista scientifico, il cervello che si crede sede della memoria, della percezione, e della nostra personalità, di tutto quello che pensiamo
di essere, insomma, si trasforma, muta con le cellule.
É solo l’illusoria memoria che non è altro che un insieme di
immagini e associazioni della mente che ci da un senso di
continuità.
Ma è soltanto un “senso”, una “sensazione” perché in fondo è
la mente che ci dice che siamo gli stessi di prima e non può
avere altri termini di confronto se non se stessa.
Perciò quello che crede, così appare essere.
Pertanto più che un oggetto stabile, il corpo è più simile ad
un flusso in continuo mutamento, è più simile ad un vortice
nella corrente di un fiume. Il vortice appare stabile... mutare
solo lievemente, ed essere un’entità ben definita, ma i confini
sono apparenti, e ovviamente il gorgo non può esistere indipendentemente dall’acqua del fiume. E l’acqua che lo compone cambia continuamente, non è sempre la stessa...
180
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
Perciò, quando la materia ad un attenta analisi svanisce nel
vuoto, con essa se ne va tutto quanto...
XX
LA SOSTANZA DEI SOGNI
Né alberi, né case, né cielo, né mare, né terra, né stelle...
...né spazio, né tempo...
Sii felice.
La tua natura è Consapevolezza,
nel quale l’universo appare
proprio come le onde nel mare.
Questo è ciò che sei, senza alcun dubbio,
dunque sii libero da ogni disturbo.
...né corpo, né persone...
...quindi né infanzia, né vecchiaia...
...né nascita, né morte...
Abbi fede, mio caro, abbi fede
e non essere incantato dai miraggi della mente.
(Ashtavakra Samhita)
...pertanto...
...niente è mai accaduto...
Nulla di ciò che esiste in questo mondo
è al di fuori di te.
Cerca bene in te stesso
ciò che vuoi essere, poiché sei tutto.
(Djalâl-ud-Din Rûmî)
Il silenzio era sceso profondo.
Sbatté le palpebre, inquieto, alcune volte.
“ma allora... allora... vorresti dire che...
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182
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
...cioè, io e te non esistiamo!...
...eppure siamo qui che ci stiamo parlando!... ma è impossibile!!! Un concetto nega l’altro! Non ha senso!!”
“Certo, non ha senso ...apparentemente.
Infatti, benché il soggetto possa negare gli oggetti materiali,
il soggetto non può mai negare se stesso... È impossibile,
perché nel momento in cui si nega, per negarsi deve esserci,
che ovviamente è un controsenso...
Quindi, riassumendo, gli oggetti materiali appaiono, ma non
esistono... però esiste colui che li percepisce...”
sa ...gli oggetti ...il corpo ...lo spazio ...il tempo... tutto...”
“Pura coscienza?... ma com’è possibile...ma come fa ?... senza che ci sia niente... ”
“Beh, in realtà, ne abbiamo un esempio ogni notte...”
“E cioè?”
“Durante il sogno”
“Durante il sogno?”
Rimasi un po’ in silenzio, e poi ricominciai.
“Ma in che modo esiste?
Ovviamente non come corpo, poiché abbiamo detto che gli
oggetti materiali sono soltanto vuoto, e anche il corpo è un
oggetto materiale...”
“E quindi...?”
“L’unica possibilità è che noi siamo...
...Pura Coscienza....
...pura capacità conoscitiva, pura capacità di esperire, senza
un vero corpo materiale...”
Il silenzio divenne immenso.
Continuai: “Tutto viene proiettato dalla Coscienza in se stes183
“Esatto, durante il sogno.
Di notte sogni e la tua coscienza immagina tutto, case, persone, oggetti, animali, mari, montagne, stelle... Sembrano avere
un’esistenza indipendente, ma sono prodotti della tua coscienza. Perfino il corpo che hai nel sogno è una proiezione
mentale, anche se sembra provare sensazioni reali, se sente
odori inesistenti, se ode suoni che non ci sono, se vede forme
che non sono oggetti materiali... Sono aspetti di te stesso, sono proiezioni di te stesso.
E quando osservi il contenuto del tuo sogno, in realtà in qualche modo stai osservando te stesso...
Nel sogno perfino lo spazio ed il tempo traggono origine da
te. Dormi qualche istante e magari sogni che siano passati
mille anni, e sembra tutto normale. Cominci appena a sognare e subito appaiono montagne già vecchie di milioni di anni...
Poi viene il mattino, la sveglia suona, svanisce tutto e ti risvegli.
184
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
O almeno così credi.
In realtà passi da un sognare ad un altro”.
casa....”
“...un sogno...”
“Ma è pura follia!!!”
“Ha una sua logica coerenza, però, è innegabile. E potrebbe
rimanere soltanto una curiosa speculazione filosofica, se non
fosse che ne abbiamo una prova...”
“Guardati attorno Marco. Io e te in Belize su una barca da
pesca sul far della sera ...ad osservare i manati... Osserva
senza interpretare...”
Si girò attorno a scrutare il panorama. Era proprio quell’ora
della sera in cui le forme, le luci e le ombre diventano evanescenti e sembrano sfumare le une nelle altre.
“Quale?”
“Il fatto che gli oggetti sono soltanto vuoto!!!, sono solo forme!!!, forme astratte, come figure geometriche ideali, sagome senza sostanza!!! Non oggetti!
Non c’è niente di concreto quando vai a cercare in profondità
in un cosiddetto oggetto!!! Questo lo afferma la fisica, con
tanto di prove!!!
Quando indaghi in profondità, in realtà viene svelata la struttura stessa del sogno... scopri che dove dovrebbe esserci
qualcosa, non c’è niente!... c’è solo apparenza!...
...e la spiegazione è semplice e pazzesca al tempo stesso: è
solo un movimento illusorio della coscienza in se stessa...”
“Un sogno... ma ti rendi conto?!... ma è pazzesco!...
...ma poi... il sogno di chi?... è il mio sogno o il tuo? ... sono
io che sto sognando o sei tu?...”
Stette in silenzio per un po’ a riflettere.
“... è pazzesco!!....”
I manati come giganteschi animali mitologici sguazzavano
nell'acqua, si tuffavano e riemergevano lentamente.
Venere brillava già all’orizzonte.
“È pazzesco!”
“Lo so, ma so anche che sicuramente pure tu, più volte nella
tua esistenza hai avuto la forte sensazione che fosse tutto un
sogno. Ne sono certo, perché è una sensazione che hanno avuto tutti, anche se i più hanno cercato presto di dimenticarla,
o l’hanno liquidata come una cretinata...
In realtà è il nostro promemoria, è il nostro invito di ritorno a
185
“...sembra quella storia...”, continuò, “...di quello che aveva
sognato di essere una farfalla e dopo essersi svegliato non
sapeva più se era un uomo ad aver sognato di essere una farfalla, o se era una farfalla che stava sognando di essere un
uomo...
...è pazzesco!...”.
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
“Sì, il grande Chuang-tzu!... uno dei primi ad aver visto attraverso il sogno... attraverso la Grande Illusione...
Duemilacinquecento anni fa... ti rendi conto?... Già duemilacinquecento anni fa!...
Ma è più corretto dire un sogno fa...
...ecco è meglio dire così, più che parlare di passato, perché il
tempo è un’illusione...
Comunque in verità, il sogno non è ne mio, né tuo... c’è soltanto un sognare... impersonale...
...dove ogni cosa e ogni persona che appare, proprio come in
un sogno, è soltanto un aspetto del sognatore...
È soltanto un meraviglioso gioco della coscienza in sé stessa... di quell’Unica Coscienza, che essendo Uno senza secondo, per cercare di conoscersi, si separa immaginariamente in
conoscitore e conosciuto... e costruisce idealmente degli oggetti materiali immaginari basandosi sul proprio percepire,
senza che ci sia realmente qualcosa di esterno...
Ma tutto ciò che viene apparentemente percepito, non è che
un aspetto della coscienza sognante stessa...
L’intera Manifestazione è un aspetto di quell’Unica Coscienza Eterna ed Infinita che si manifesta come Tutto ciò che
c’è... ”
“È chiamata in infiniti modi...
Purtroppo al nome Dio sono associate molte immagini. Molti
si figurano un vecchio severo dalla barba bianca, seduto su
una nuvola da qualche parte nei cieli... Nel migliore dei casi
alcuni immaginano una specie di Luce benevola e amorevole... Ma Dio è Quello che rende possibile la conoscenza e non
può essere un oggetto di conoscenza, perché è il Soggetto
Assoluto che non può mai essere oggettivato”.
“Quindi noi saremmo... i sogni di Dio?...”
“Beh, in un certo senso...
...però pensa al sogno notturno... ricordati che nel tuo sogno
tutto quello che appare è un aspetto di te stesso... ogni oggetto e personaggio nel sogno è immaginato e interpretato da te
stesso, ovvero dal sognatore del sogno... quindi in qualche
modo È te stesso... Ogni personaggio ed ogni oggetto del tuo
sogno sei tu, soltanto tu...
Pertanto possiamo dire che quella Coscienza Infinita, in
quanto sognatore, è ogni essere sognato...
...e che ogni personaggio del sogno è in realtà ...il Sognatore!!!...
Ogni persona è quel Sognatore!!!”
Rimase in silenzio per un po’
Mi fermai un attimo e poi continuai
“Vorresti dire... vorresti dire ...
“Definirsi persone è quanto mai appropriato. La parola “persona” deriva dal latino e vuol dire letteralmente “maschera”.
Noi siamo le Sue maschere. Ogni persona è una delle infinite
maschere di Dio.
...Dio...?...”
Sorrisi.
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
Non è un caso se ci siamo chiamati così. L’abbiamo sempre
saputo, nel profondo...
In realtà c’è sempre stato soltanto Dio!!! Soltanto Lui!!! Lui
è Tutto Ciò che Esiste!!!! Noi appariamo solo come Sua immaginazione!”
Mi misi a ridere forte. Che gioia!
Mi sentivo vibrante di Vita.
Affiorarono dalle profondità antichi insegnamenti che ora assumevano tutt’un altro significato...
...Io dico : voi siete Dei...
...Il Regno dei Cieli è dentro di voi...
...siete il Tempio dello Spirito Santo...
Rabbi, hai cercato di farcelo capire in ogni modo... ma era
una rivelazione troppo bella... incredibile... assolutamente
incredibile!...
Ecco il vero significato di tutte le scritture!... La Natura Divina dell’Uomo! ...a Sua Immagine e Somiglianza!
Che rivelazione meravigliosa!... Meravigliosa!...
Ma che Scherzo!...
“...ogni persona è quella Pura Coscienza Infinita, da cui apparentemente trae il proprio essere, separato, distinto.
Ma è proprio quella, senza alcuna vera separazione, la differenziazione è solo apparente!!
189
Siamo i figlioli prodighi, che in realtà non hanno mai lasciato
la casa del Padre!!!... Non l’abbiamo mai lasciata!!! MAI!!!
Da Lui traiamo il nostro essere e quindi non ci possiamo realmente separare da Lui!!!... È impossibile!!!
Il senso di separazione è stato l’origine della Caduta, Caduta
che altro non è che il sentirsi disgiunti da Dio”, continuai,
“quando l’uomo, emanato apparentemente da Dio a Sua Immagine e Somiglianza, si è nutrito dell’Albero della Conoscenza e ha immaginato di essere diviso da Lui...
Ma è un processo impossibile la separazione da Dio... assolutamente impossibile!!!....
Pertanto c’è stato solo un “senso” di separazione... un “sentimento” di abbandono... ma è stata solo un’idea immaginaria... tutto un processo virtuale... Virtuale!!!
È soltanto un’idea di Dio che ha immaginato di essere separato da Se Stesso. Capisci?
E non è stato un evento accidentale, non è stato un incidente... non è stato un caso... è tutto andato sempre come doveva
andare!!... La Caduta, il Peccato, la Redenzione! ...il senso
d’individualità... di separazione... d’incompletezza... di essere
l’agente delle proprie azioni... È solo Dio, la Coscienza Infinita che sperimenta se stessa, che gioisce di se stessa, che
celebra se stessa.
Va proprio tutto come deve andare!... tutto secondo i piani!!... non c’è stato alcun errore!! Niente e nessuno ha mai
deviato!!! tutto fa parte di un Grande Progetto... di un Grande Schema... ed è meraviglioso! Meraviglioso!!”
Mi fermai un momento pieno di allegria.
“Esiste solo quella Coscienza Eterna ed Infinita che è tutto,
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
proprio tutto.
La molteplicità è solo apparente, perché vera sostanza del
Tutto è la Coscienza”, continuai.
XXI
COME LE ONDE NEL MARE
Lasciai passare un po’ di tempo. Poi pronunciai le parole.
“... e tu sei quella Coscienza!...”
Il mondo esiste a causa dell'esistenza della Coscienza
ed il mondo è il corpo della Coscienza. Non c'è divisione, non c'è differenza, non c'è distinzione.
Perciò l’universo può essere detto sia reale che irreale.
Reale a causa della realtà della Coscienza che è il
suo fondamento, ed irreale perché l'universo non esiste come universo indipendente dalla Coscienza.
(YogaVasistha)
Mi guardò stupefatto. Annuii con la testa.
“Sì, proprio tu!
...e ovviamente si può dire la stessa cosa di ciascuno...”
Nella nostra concezione allora, l’informazione, la conoscenza, è la materia primordiale dell’universo.
Possiamo chiederci: la conoscenza di chi? Chi deve
avere informazioni? Questo non porta ad un solipsismo puro, cioè a presupporre che nel mondo esista
solo una coscienza, la propria, e che tutto avvenga al
suo interno? Spesso anche l’interpretazione di Copenaghen è accusata di essere puramente soggettivistica, perché ammetterebbe l’esistenza del mondo solo
nella coscienza dell’osservatore.
(Prof. Anton Zeilinger –Il velo di Einstein)
Mentre pronunciavo quelle parole, ne afferrai di colpo il senso profondo, al di là del ragionamento.
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
Fu un attimo meraviglioso.
D’improvviso persi il confine di me stesso, quel confine illusorio che apparentemente separava quel processo che chiamavo “me stesso” da tutto il resto...
Era tutto un unico processo, in realtà, senza alcuna separazione... il mio corpo e lo spazio, il cielo e il mare, la barca e il
vento, gli alberi, e tutto il resto... soltanto un flusso in continuo divenire... un tutto vibrante di vita...
Il pensiero mi riempiva di gioia.
Ci fu un lungo silenzio. Il tempo sembrava essere svanito.
Un profondo senso di gratitudine mi aveva pervaso, ma non
avevo parole sufficienti per esprimerlo.
Ormai cominciavano ad apparire le prime stelle.
“Sono senza parole”, disse Marco, “mi hai sconvolto”.
Gli sorrisi e gli misi una mano sulla spalla.
“Henry, non ti conoscevo sotto questo aspetto... Sapevo che
eri una persona riflessiva... che avevi molti interessi, tra i più
disparati, ma...
...e poi tu dici che io sono cambiato!...
Ma dove hai imparato tutto questo?”
“Riflessioni... solo riflessioni... indagini... ricerca... Non c’è
niente di straordinario, chiunque, se volesse, e si prendesse il
tempo per riflettere, potrebbe arrivare alle stesse conclusioni...”
“La gente solitamente pensa a far quattrini e a che auto com193
prare, ad andare a donne o a come divertirsi.
E tu pensi allo spazio e al tempo, a Dio e al nulla...”
Mi fece ridere.
“Ma come mai? Cos’è accaduto?”
Presi un profondo respiro.
Lo sciacquio del mare giungeva pacato. All’orizzonte
l’ultima luce aveva assunto una sfumatura verde. Ormai
s’intravedeva l’Orsa Maggiore.
Ripercorsi velocemente nella memoria quel sentiero imprevisto e improbabile che mi aveva condotto fin lì.
“È che...
...viene un momento nella vita... in cui ti scontri col Nulla,
col Vuoto...
Può avvenire all’improvviso, quando meno te l’aspetti.
...un giorno capita che in un barlume di lucidità, ti rendi conto che l’esistenza viene dal nulla e al nulla ritorna. L’hai
sempre saputo in realtà, ma ne diventi profondamente consapevole...
Se osservi dalla prospettiva della morte, ti rendi conto che è
tutta fatica vana...
Tutta l’esistenza ti appare solo una breve pantomima sul teatro del Nulla.
Tutti gli sforzi umani appaiono la pena di Sisifo... condannati
ad un continuo ripetersi senza un vero senso di gesti ed azioni... affannati a costruire e realizzare cose che non durano...
effimere come nebbia...
Perché tutto quel che hai fatto tornerà nel nulla, così come te
stesso, la tua personalità a cui eri così aggrappato... i tuoi ri194
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
cordi a cui tenevi tanto, e tutto quanto...
Sono momenti terribili, spaventosi, estremamente deprimenti.
Niente sembra avere più alcun significato...
L’intera esistenza appare assurda...
Ti dici “che senso ha continuare tutta questa farsa? Perché
non farla finita subito? Perché prolungare questa inutile agonia, nutrita solo d’illusioni?”
E precipiti così giù che rischi veramente di lasciarci la pelle.
Tutti nella propria vita hanno intravisto quel vuoto, dovuto
alla mancanza di un vero scopo evidente, di un vero
significato dell’esistenza.
L’hanno visto, e l’hanno evitato con orrore.
Qualcuno riesce a continuare ad illudersi, a continuare la vita
di sempre e ad immergersi ancora di più nell’illusione, a perdersi nel tran tran quotidiano, se il sogno non diventa un incubo troppo opprimente.
Altri sono costretti a risvegliarsi proprio a causa dell’incubo
stesso. Non ce la fanno proprio più a sopportarlo. La sofferenza costringe a risvegliarsi. Bisogna affrontarla.
Qualcuno sposa qualche ideologia, più o meno assurda, alla
quale si aggrappa come l’ultima illusione rimasta, da difendere a tutti i costi, anche a costo della vita. La storia è tragicamente piena di esempi di questo tipo e di gente che finisce
per marciare col fucile in spalla...
Ma se nemmeno qualche ideologia o ideale riesce a soddisfarti, se intravedi palesemente l’inganno ed il vuoto anche al
di sotto di essi, allora inevitabilmente diventi un cercatore.
Ti butti a capofitto alla ricerca di un qualche significato che
scacci quel senso di vuoto. Cerchi di conoscere il Mondo, di
saperne di più sulla natura delle cose, affronti studi sul sapere
umano, sulla Scienza... E più ne sai, più ti rendi conto che
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non se ne sa nulla.
E più vai in fondo e più trovi vuoto.
Oltre al vuoto dovuto all’apparente completa assenza di significato, trovi un vuoto dovuto proprio alla completa assenza di cose...
Quando ti addentri nella fisica, scendendo nelle profondità
della materia, appare un vuoto sconcertante... A quel punto,
quando comprendi che tutta la materia è spazio vuoto, non sai
nemmeno se ciò che ti accade è vero. L’esistenza appare ancora più insensata. Ti senti l’assurdità in persona.
Sono momenti durissimi, estremamente deprimenti e rischiosi. Non trovi pace... e non puoi fermarti...
Allora ti dedichi ancora di più alla ricerca... vai oltre la scienza... studi argomenti di carattere religioso... ma non appaiono
soddisfacenti... studi insegnamenti metafisici di grandi mistici, ma ti appaiono incomprensibili...
Poi finalmente, un giorno benedetto, sorge l’intuizione.
Se tutto è fatto di vuoto, pure tu lo sei.
E il vuoto che tu sei è tutt’uno col vuoto che sta alla base
dell’intera Realtà... non c’è separazione...
Eppure per quanto tu sia fatto di vuoto, hai innegabile capacità conoscitiva, sei autocosciente, autoconsapevole.
Pertanto sei un vuoto pervaso di consapevolezza.
E allora ti tornano in mente insegnamenti spirituali di grandi
santi e mistici e capisci che probabilmente hanno ragione,
capisci che, essendo la materialità del tuo corpo un’illusione,
probabilmente sei spirito, intendendo per spirito, qualcosa di
non materiale, qualcosa che è oltre la materia.
Comprendi che tu sei la consapevolezza che appare come
196
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
vuoto... e che intrattiene l’idea di vuoto... Appare vuoto perché non può essere reso oggetto di conoscenza, ma non è realmente il nulla... è solo la Coscienza che cerca di osservare
se stessa... e si vede come vuoto, cioè totale assenza di cose.
Ma in verità è il sostrato di tutto... è lo sfondo su cui si svolge
l’intera Manifestazione... è lo sfondo che permette ai pensieri
di apparire... alle immagini di mostrarsi... alle sensazioni di
manifestarsi...
Il vuoto sembra apparire nel momento in cui il percepire cerca di percepire se stesso.
Capisci che affinché il concetto di vuoto appaia ci devi essere
tu...
Pertanto tu devi essere oltre il vuoto...
Questa è la verità sottintesa, di difficile comprensione.
Quando finalmente riesci a capirlo, riesci ad andare oltre il
concetto di Vuoto, e scopri che è un Tutto pieno d’infinite
potenzialità.
Ed è un momento meraviglioso!..
Quando la mente si snebbia, comprendi che il vuoto e le forme nascono insieme. Sono due concetti che devono andare di
pari passo. Le forme possono essere definite solo per mezzo
dello spazio vuoto che le separa. E il vuoto può essere definito solo in presenza di forme.
Ma il vuoto e le forme sono solo concetti. E devono essere
concetti per qualcuno.
Gli oggetti, hanno apparente esistenza perché c’è qualcuno a
percepirli e a concepirli come insieme di proprietà.
Considera questo Universo... Cosa sarebbe questo Universo
senza una coscienza osservante? Cosa sarebbe questa Manifestazione senza qualcuno ad osservarla, a percepirla, a spe197
rimentarla? Quali proprietà avrebbe? E per chi avrebbe certe
proprietà?...
Le proprietà nascono da una valutazione... e chi ci sarebbe a
valutare?... Ha davvero senso cercare di definire delle proprietà senza la presenza di un osservatore?
Ha veramente senso domandarselo? Ha veramente senso
l’astrazione di immaginare l’intera Manifestazione senza
qualcuno a percepirla, come se esistesse così come è, di per
sé...?
In verità, la descrizione della Manifestazione è fatta dalla Coscienza, che non si limita a darne solo un’interpretazione, ma
le dà forma, la struttura, creando letteralmente e totalmente la
Realtà...”
Mi fermai un attimo a guardare l’orizzonte. C’era una grande
quiete. I manati pascolavano indisturbati.
La sera era limpidissima. Le prime stelle ammiccavano spensierate.
La luna che sorgeva dal mare, sembrava un sorriso.
Respirai a fondo.
“Però sono idee talmente al di fuori della normale consapevolezza che fai fatica ad accettarle... E allora dopo le prime intuizioni, cominci a cercare conferme, cominci a leggere, a
cercare, e ti accorgi che moltissimi primi di te hanno intuito
le stesse cose... Molti mistici, ma anche poeti, filosofi, scienziati... e le hanno capite molto meglio... anche se poi quando
si cerca di esprimerlo a parole, il significato profondo sembra
perdersi... ingrigirsi... diventare piatto... a due dimensioni...
E poco alla volta, dopo i primi barlumi d’intuizione, tutti i
tasselli del rompicapo cominciano ad andare a posto e com198
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
prendi il significato profondo di antichi insegnamenti spirituali, e ti rendi conto che non sono stati affatto capiti, che il
vero significato è stato disatteso...
E che... va bene così!!!... Va tutto bene così!!!... sul serio!
Non sei mai stato lasciato solo! Nessuno ti ha mai abbandonato! Sei sempre stato al sicuro!
E se ti guardi intorno e dentro di te, tutto ti sta richiamando a
casa. Hai infiniti segnali che ti indicano la strada. Tutto esprime la Verità! Tutto te l’insegna, tutto te la racconta in infiniti modi diversi. Perché la Verità si autoafferma, basta solo
aver orecchi per intenderla, occhi per vederla, mente per saperla cogliere...”
Il cielo si stava popolando di stelle. Ormai si vedeva bene anche la Stella Polare.
“Che dici, Marco, torniamo a riva, finché c’è un briciolo di
luce?”
“...certo... andiamo...”
“Mi hai demolito. Mi hai tolto il terreno sotto i piedi...”
Gli sorrisi e gli appoggiai una mano sulla spalla.
“Coraggio, è soltanto l’inizio di un viaggio meraviglioso!
MERAVIGLIOSO! Te lo assicuro!
Adesso la Conoscenza è stata ripristinata...
Ti ci vorrà del tempo per accettarla e comprenderla nel suo
senso più profondo, ma il processo è già iniziato.
La meta alla fine del viaggio è...
Soltanto Te Stesso...
Ti troverai alla fine, come all’inizio.
E tutto sarà diverso”.
Sorrisi. Mi rivedevo in lui i primi tempi della Ricerca.
Presi un profondo respiro. Mi sentivo bene, veramente bene.
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200
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
cotte nel forno a legna. Gliene compriamo anche per il ristorante. I clienti sono tutti molto contenti quando sanno che sono state fatte a mano da vecchie massaie. Sono tradizioni che
vanno scomparendo, purtroppo.
Ogni tanto i turisti vogliono conoscere le cuoche e allora le
mando a chiamare e loro arrivano tutte agghindate coi loro
abiti migliori, pronte per farsi scattare delle foto. Sono un po’
timide, ma dopo, vedessi l’orgoglio nei loro occhi...”
XXII
PAUSA
Solo la mia sete di vita è stata la mia schiavitù.
(Ashtavakra Samhita)
“Sei sempre stato una brava persona, Marco, sapevo che non
avresti potuto cambiare sotto questo aspetto”.
Ci facemmo guidare dalle lucine delle capanne e arrivammo
al porto che ormai faceva buio.
Scaricammo le canne e trasportammo il dorado al ristorante
di Carmen, per la cena della sera.
Altri pesci li regalammo ad alcune famiglie che avevano
bambini piccoli e non navigavano nell’oro.
Una piccola vecchia garifuna cotta dal sole, che sembrava
fatta di cuoio ci venne incontro. Aveva i capelli bianchi candidi ed il viso bonario e sorridente. Senza più denti, la mandibola quando parlava sembrava toccarle il naso. Ci ringraziò
dei pesci e ci benedisse a lungo, con una cantilena mista di
inglese, spagnolo e termini dialettali.
“Mi vogliono tutti bene. Sono brava gente. Io gli porto dei
pesci, e loro mi regalano oggettini intagliati a mano, della
frutta, mi preparano qualche dolce... Ogni tanto gli regalo
della farina e dello zucchero con la scusa di farmi fare qualche torta, perché non voglio offenderli. Gli dico: ti porto della farina, così mi fai un bel dolce come piace a me, perché
come lo fate voi… e loro sono fieri di farmi le torte migliori,
201
Sorrise.
Avevo ritrovato un amico, smarrito per un attimo tra gli interrogativi della sua scomparsa. Un amico: infinitamente più di
qualsiasi tesoro...
Cenammo a lume di candela sotto la grande tettoia di foglie
intrecciate del ristorante. C’erano alcuni turisti che chiacchieravano pacatamente.
Musica reggae di sottofondo rallegrava l’atmosfera.
Benché dall’altra parte del mondo, non mi ero mai sentito così a casa.
Il dorado cotto alla brace in foglie di banano, assieme a patate e yucca, con peperoncino, aglio e cipolla, era squisito.
La birra fresca andava giù che era un piacere.
Per dessert c’era un ottimo dolce di banane.
A fine pasto sorseggiammo un bicchierino di buon rum artigianale.
“Ecco Maria!”, disse Marco indicando l’entrata.
202
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
“Sì, sì, sarà ...ma mi fanno paura!”
Mi voltai. Una ragazza dai lunghi capelli castani ci venne incontro.
Rimasi sorpreso, come abbagliato.
“Niña, hay la buenasuerte, y la malasuerte!”, dissi allargando
le braccia in segno fatalistico.
Sorrise con aria maliziosa.
“Ciao Marco!”
“Lei è Maria, sorella di Carmen. Lui è Enrico, un mio amico
di Bologna”, disse presentandoci.
“Ciao”.
Era molto bella.
Ci fu un occhiata intensa tra noi, mentre la salutavo trattenendole la mano più del dovuto. Nessuno abbassava lo
sguardo.
“Mettiamo un po’ di musica come digestivo!”, disse Marco,
“Vai con la salsa, Carmen!”.
Andò a mettere della musica latina ed alzò il volume.
Marco e Carmen cominciarono a ballare al centro della sala,
sotto gli occhi ammirati degli altri turisti.
Il ritmo mi stava prendendo alle gambe.
“Maria, sai ballare?”
“Claro”.
“Allora, Mary, come è andato il viaggio?” disse Marco, interrompendo una situazione che stava diventando imbarazzante.
Ritirò velocemente la mano dalla mia.
“Bene. E’ stata un po’ dura venire qui da Belize City in pulmann, ma...”
“In pullmann? Non sei venuta in aereo?” le chiesi.
“No. Io su quella specie di zanzaroni non ci salgo! Sembrano
gli aerei della prima guerra mondiale!”
“Ti va?”
Mi tese la mano.
Entrammo subito in sintonia. Era veramente brava. Avevamo
un’intesa perfetta, come se avessimo ballato insieme da sempre.
La sorella sorrideva maliziosa gettandoci occhiate mentre
ballavamo, e tutt’e due ce ne eravamo accorti.
Approfittammo del cambio di canzone per prendere fiato e
berci una piña colada, appoggiati alla balaustra, guardando il
mare alla luce della luna.
“Ma sono i più sicuri!”
“Brava! Sei bravissima!”.
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
“Grazie, anche tu! Sembra che balliamo insieme da sempre!”
“Meglio del Tenente Colombo”.
“Già, ho pensato proprio la stessa cosa...”
“Già, ma tutto da ridere!”.
Ero inebriato dal suo profumo e dalla sua presenza. E mi
sembrava pure di piacerle.
“Dai, raccontami”.
Accidenti... non avevo voglia di complicazioni sentimentali...
Ricominciare ancora...? ...no... basta... quante volte c’è bisogno di ripetere le stesse scene con attrici diverse?...
Non era il momento, proprio no.
Ne avevo già avuto abbastanza di casini.
Le raccontai della mia carriera investigativa improvvisata e
del viaggio che mi aveva portato da Oaxaca fino a Placencia
passando per isole da sogno e foreste tropicali.
Mi dovetti fermare per farle riprendere fiato allorché le raccontai di quando saltai addosso al tipo che secondo me mi
stava pedinando, e invece si era solo fermato a cagare in un
angolo appartato...
“Allora, quanto ti fermi qua?”, mi chiese.
“Non so, non ho ancora deciso. E’ già parecchio che sono in
giro. Ho fatto un viaggio in Messico prima di venire qui”.
“Basta, basta! Tra un po’ me la faccio sotto!”, disse con le
lacrime agli occhi dalle risate.
“Già. C’è poco da ridere... O meglio, adesso c’è parecchio da
ridere, ma prima…”
Risi a lungo anch’io, liberandomi definitivamente dalle ultime tensioni che avevo vissuto durante le settimane precedenti.
Mi sentivo proprio bene.
La guardai negli occhi sorridenti.
Be’, una volta tanto, era un rapporto che cominciava in allegria.
Ripensai a tutta la vicenda.
“E tu quanto ti fermi?”, le chiesi.
“Mi ero costruito tutta una storia nella mia testa… tutti i dettagli coincidevano alla perfezione… Ogni tassello sembrava
andare al suo posto”.
“Adesso sono in vacanza. Ho appena dato un paio di esami e
me ne mancano altri due, più la tesi”.
“Me lo ha detto, Carmen. Mi ha detto che stavi cercando
Marco, che credevi addirittura ...che fosse morto...”, disse
con un sorrisetto canzonatorio.
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Le isole dei sogni
“Che cosa studi?”
“La passione cosa ti dice?”
“Lingue”.
“La passione? ...cosa mi dice la passione…”
“Ti piace?”
Già la passione... Cosa ti dice, Henry, la tua passione?
“Molto.
E’ il dopo che mi spaventa...
Mi sono iscritta alla facoltà seguendo la passione. Ma la ragione mi dice che col lavoro cominceranno i problemi. Cosa
vado a fare? La supplente a vita, in attesa di entrare in graduatoria?...”
“Seguire la propria passione è sempre una bella cosa. Sempre. Credimi. Perché ad ingannarsi si paga alla fine un prezzo
molto più elevato, un tributo di sangue pagato in insoddisfazione, che ti crea squarci di vuoto nell’anima.
Bisogna sempre seguire la propria passione!”.
“Mi fa coraggio sentire le tue parole...
Comunque, Carmen ha bisogno di aiuto. Le piacerebbe che
mi fermassi qui per un po’ a darle una mano”.
“Bene”.
Mandai giù l’ultimo sorso dissetante di piña colada.
“… mi dice… mi dice di cambiar lavoro”.
“Allora cambia! Bisogna sempre seguire la propria passione:
lo hai detto tu!”
“Che fai, mi rivolti contro i miei insegnamenti?” dissi sorridendo.
“Allora, che lavoro ti piacerebbe fare?”
Sospirai.
“La mia ambizione è grande, molto grande, per questo faccio
fatica a seguirla. La ragione mi ritrascina a terra”.
“E non hai paura degli squarci di vuoto, come li chiami tu?”
“Ma tu non lavori?”
“Sì, davvero, credimi!”.
“L’architetto presso cui lavoravo sta andando in pensione. Ho
avuto delle altre proposte di lavoro, ma mi sono preso un periodo di riflessione. Devo scegliere se dedicarmi alla libera
professione, oppure no. Non è facile”.
207
“Allora che passione hai, eh? Mi hai incuriosito. Fai il misterioso?”
“No, forse te ne parlerò un giorno o l’altro. Se avremo la pos208
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
sibilità di conoscerci meglio.
Non avertene male. Sono fatto così”.
XXIII
Mi guardò perplessa e incuriosita. “Ok”.
IL VIAGGIO
...avevamo molta strada da fare.
Ma non importava, la strada è la vita.
(Jack Kerouac – On the Road)
Viaggiare è come sognare
(Edgar Allan Poe)
Mi affacciai al parapetto a scrutare il mare rischiarato dalla
luna, l’orizzonte lontano che si perdeva nell’oscurità.
Che viaggio, che viaggio meraviglioso era stato! Dal Messico
al Belize... Ma non solo.
Ora mi rendevo conto che in fondo era da sempre che stavo
viaggiando.
Perché in verità, il viaggio più incredibile era proprio
l’esistenza stessa.
Un viaggio dove ne erano successe di ogni. Di belle e di bruttissime. Di allegre e di pesantissime.
Ma, ora mi rendevo conto che anche nei momenti più belli
aveva strisciato sempre sul fondo un senso di precarietà... che
tutto non sarebbe durato, che il trionfo poteva trasformarsi in
sconfitta, che l’amore di oggi poteva trasformarsi nella delusione di domani. Che la giovinezza si trasformava inesorabilmente in vecchiaia, la crescita in dissoluzione, con la mor209
210
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
te che ci attendeva alla fine.
Mi divenne evidente che la felicità non poteva venire dalla
sistemazione delle circostanze difficili della propria vita, che
per quanto efficace, poteva essere solo temporanea.
Non era possibile trovare nel mondo alcun tipo di stabilità, né
di salvezza. Anzi, la ricerca stessa di stabilità era un’illusione
malefica, perché impossibile.
Per anni tutto questo mi era stato drammaticamente evidente,
ma non ero riuscito a trovare alcuna soluzione. Apparentemente non c’era via d’uscita. Mi ero arreso e mi ero consegnato alla mia consapevolezza che non mi permetteva
d’ingannarmi più. Mi ero arreso al Male di Vivere.
La sorte umana mi appariva terribilmente spietata e deprimente e a lungo avevo invidiato la gente totalmente ignara e
inconsapevole, che viveva trasognata come bambini, sempre
proiettata nel domani, d'impegno frivolo in impegno frivolo,
come se la propria esistenza terrena fosse eterna.
Ma io non potevo seppellire la mia consapevolezza... Potevo
ingannarmi per un po’ e ci avevo anche provato a più riprese,
ma sempre tornava a presentarmi il conto.
Ma ora, benché avessi passato dei momenti molto difficili, ne
ero grato.
Cosa sarebbe stato di me, senza quei momenti duri?
Avrei mai avuto la motivazione per una tale revisione globale
delle mie credenze e delle mie apparenti conoscenze e certezze?
Sarei mai arrivato alla soglia di una simile comprensione?
No, probabilmente avrei vissuto trasognato anch’io, completamente perso nell’illusione.
E mi sarei trovato un giorno con tutta la mia vita alle spalle e
211
niente più futuro. Sarei giunto alla fine della mia esistenza
completamente impreparato...
Ma soprattutto, e questo era l’aspetto veramente importante,
avrei vivacchiato una vita intera, sempre proiettato nel domani e aggrappato al passato, senza riuscire mai a vivere interamente al presente e a percepire la perenne pienezza della
vita.
Perché la vera gioia duratura che dava compimento alla propria esistenza, poteva venire solo dalla comprensione profonda della propria reale Natura.
Tutto il resto era illusione. Completa illusione.
Mi tornò in mente una frase del Maestro che mi aveva accompagnato e perseguitato a lungo.
...conoscerete la Verità, e la Verità vi renderà liberi...
Per anni era stata la mia chimera.
Ma ora sapevo per certo che non avrei potuto trovare nessun
altro tipo di libertà, in nessun altro modo. Non era assolutamente possibile.
La Vera Libertà nasceva solo dalla comprensione profonda.
Che bellezza!... che gioia!... che leggerezza!!!! Hai mantenuto la promessa Rabbi!!! L’hai mantenuta!!!
... Sii benedetto, Rabbi! Sii benedetto!!!
Avevo trovato molto più di quello che stavo cercando. Immensamente di più. Infinitamente di più.
Non avrei mai immaginato nemmeno alla lontana che avrei
trovato tanto.
212
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
Mi ritornarono in mente più chiare che mai le parole del Maestro...
...colui che cerca, non smetta di cercare finché non avrà trovato; quando avrà trovato si stupirà. Quando si
sarà stupito, si commuoverà e regnerà su tutto...
...proprio così Rabbi, proprio così!...
Sì, adesso capisco!... adesso capisco!... è incredibile... e meraviglioso, Rabbi... sii benedetto!... sii benedetto in eterno!...
Ora mi era estremamente chiaro. E ora mi rendevo conto perfettamente che il viaggio più incredibile che avessi intrapreso, era stato un viaggio nella Conoscenza...
Quello sì che era stato un Viaggio!!! Davvero imprevedibile.
Non avrei mai immaginato di arrivare dove ero arrivato.
E alla fine del viaggio ero arrivato...
....ero arrivato...
...come se andare lontano fosse uguale a morire...
Quell’eterno desiderio di viaggiare era proprio così. Era
desiderio di non essere più dov’ero, di non essere più chi
ero. Era desiderio di far morire questa identità fasulla, questa identificazione con un pesante corpo materiale immerso in una realtà grossolana, con la perenne sensazione di
non essere al posto giusto...
Ma era soltanto desiderio di tornare alla mia vera dimora.
In realtà era desiderio di tornare alla mia vera Natura. Ma
non potevo sforzarmi per diventare quello che già ero, anzi, quella era proprio l’illusione più grande.
Di fatto si trattava soltanto di un ritorno alla Comprensione.
...e ora che avevo ritrovato la mia vera dimora che non avevo
mai lasciato...
Ora che avevo riscoperto la mia vera Natura...
...che gioia!!!.. che splendore!!!...
... a me stesso...
...soltanto a me stesso....
...esattamente dove ero sempre stato...
Avevo cercato di andare lontano... lontano...
Mi tornò in mente una canzone.
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214
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
Che meraviglia! Che meraviglia delle meraviglie!
Ora avevo finalmente capito! Ora avevo capito e accettavo
tutto, proprio tutta la mia esistenza in blocco.
Mi sentii come ringiovanito di qualche miliardo di anni.
XXIV
AL DI LÀ DELLE ISOLE
Aspetta, come diceva?... come diceva la canzone del vecchio
Frank...?
Mio caro, tu sei Pura Consapevolezza.
Il mondo è Te stesso.
Dunque cosa mai vi è da accettare o da rifiutare, come potrebbe esserci e perché?
(Ashtavakra Samhita)
I've had my fill, my share of losing
And now, as tears subside, I find it all so amusing... ♪*
Danza!, quando sei perfettamente libero.
(Djalâl-ud-Din Rûmî)
Sì, proprio così... proprio così!... trovo tutto così divertente...
Tutto, proprio tutto, così divertente!...
...I've loved, I've laughed and cried
...Tutto!!! L’allegria e la sofferenza, la disperazione e la fede...
Soprattutto avevo compreso chiaramente che l’esistenza non
poteva essere separata nelle sue parti.
Era assolutamente impossibile e puerile.
Tutte le cose belle e brutte si armonizzavano, si definivano a
vicenda come i complementari di luce ed oscurità, spazio e
forme, soggetto e oggetto, conoscenza ed ignoranza. Erano
tutti aspetti inseparabili della Manifestazione.
Tutto era incredibilmente meraviglioso!!! La gioia ed il dolore, l’allegria e la depressione, la solitudine e la compagnia,
l’amore e la delusione, la passione ed il distacco, la noia e
l’entusiasmo, lo squallore e la poesia, la nascita e la morte...
tutto contribuiva a creare un Bene Superiore che non aveva
contrario.
215
Accoglievo tutto come una benedizione.
Fu un momento bellissimo. Un forte senso di aver vissuto in
abbondanza m’impregnò l’animo. Sentii veramente nel profondo, la mia vita completa, densa, piena, e soprattutto
perfetta così com’era.
Rimasi immerso per un po’ in quella stupenda sensazione.
Poi l’esperienza scese d’intensità.
Un grande sogno... un sogno meraviglioso..., pensai.
Niente era mai accaduto.
216
Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
Mai!!!
Questo era il pensiero più bello.
Come a guardare un film.
Quando l’hai guardato, quando ti sei immedesimato nei personaggi e nelle situazioni fino a perderti in esse per un breve
intervallo di tempo, cosa mai è accaduto?
Niente, assolutamente niente.
Solo fantasie. Meravigliose fantasie.
Si poteva osservarle con un divertito umorismo.
Tutto in qualche modo era una proiezione di me stesso.
Io ero tutto. E niente. Assolutamente niente. Un niente assolutamente pieno. E un tutto assolutamente vuoto di tutto ciò
che c’è.
Cosa rimaneva a questo punto?
Niente, assolutamente niente.
Ma adesso non ero affatto spaventato. Era un niente pieno
d’infinite potenzialità.
Non più causa ed effetto.
Non più tempo.
Tutto Adesso, tutto possibile.
Com’è che dicevi Rabbi?
...tutto è possibile, per colui che crede...
...già... tutto è possibile...
...proprio tutto...
... Sii benedetto in eterno, Rabbi!
Un brivido di gioia mi percorse la schiena.
Riguardavo il riflesso della luna sul mare, i profili delle pal217
me in lontananza. La notte placida, serena come non mai, un
po’ trasognata, fatata.
Era un sogno, ora ne ero assolutamente certo. Uno di quei
sogni che si fanno all’alba, poco prima di svegliarsi.
Era solo il momento magico dei sogni, tra la notte e il giorno,
il momento del tempo sospeso dove tutto appare possibile.
Ma questo mio sognare non poteva durare ancora a lungo...
Presto sarebbe suonata la sveglia.
Sarei dovuto tornare a casa, che mi attendeva al di là della
notte e del mare.
O forse no?
Forse potevo fare proprio come quando nel tepore del mio
letto, sapendo che ormai era mattina, sprofondavo nella dolcezza del sonno, e sognavo ancora più intensamente, assaporando gli ultimi minuti prima del risveglio.
Ma sì, ma sì!
E proprio come quando dormivo, quando sarebbe suonata la
sveglia, l’avrei spenta e avrei strappato altri cinque minuti
ancora di sogno alla notte. Mi sarei abbandonato ad un dolce
languore.
Sì, avrei fatto così! Avrei spento la sveglia e sognato ancora
più forte, assaporando fino all’ultimo la dolcezza di quegli
effimeri momenti.
Sì, avrei spento la sveglia!…
Forse stavo rischiando parecchio, ma... in fondo ad ogni istante si rischia tutto...
...e alla fin fine...
...niente...
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
...proprio niente...
In ogni caso, ne valeva la pena, comunque fosse andata. Certamente!
È tutto vuoto... è vero... ma ho imparato a surfare sul vuoto!...
Mi piacque quel pensiero, mi fece sorridere.
Che il sogno prosegua pure, pensai, ma senza condizionamenti, libero... svincolato, completamente fluido...
In fondo, in un certo senso, a qualche livello, era anche il mio
sogno...
Osservai Maria. Era proprio bella, bella da favola.
Proprio da “favola”, pensai. È proprio tutta una specie di
favola...
...una principessa di sogno tra isole di sogno ... in un sogno...
Aspetta! com’è che diceva, com’è che diceva ...!? ...com’era
il dialogo tra il principe e il mago?...
Sì, mi piace: surfare sul vuoto... Per anni e anni ho temuto il
vuoto... ho camminato sul filo dell’abisso vuoto col timore di
precipitarvi...
Ma ora ho imparato a danzare sul vuoto... perché adesso so
che è tutta la vita che danzo sul vuoto...
Una danza sul vuoto... del vuoto nel vuoto...
Quel vuoto è me stesso... come posso averne paura?..
...sì, ora finalmente ricordo ciò che credevo di aver dimenticato!!!...
Danzo per il puro gusto di danzare!!!...
...non ho alcun altro scopo!!!...
Mi fermai un attimo a riflettere.
Pian piano la frase affiorò dalla profondità della memoria.
...“Devo conoscere la verità, la
verità dietro la magia”... **
Danzo per il puro gusto di danzare!!!...
che bellezza! ...che libertà!
Mi sentii leggero come l’aria e aperto ad infinite possibilità...
E la risposta drastica, disilludente, definitiva...
...e allora danziamo pure!...
“Non vi è alcuna verità, dietro la
magia”...
...avanti!...
Proprio così... .non vi è alcuna verità, dietro la magia...
È tutto vuoto, pensai....
Guardai Maria. Le sorrisi. Ricambiò il sorriso.
Era davvero bella, splendente... E cosa sarebbe l’esistenza
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
senza la Bellezza?
Ma siamo Noi la reale fonte della Bellezza, Noi capaci di
provare quel senso di meraviglia e d’incanto dinnanzi agli
innumerevoli aspetti della nostra vera Natura che si rispecchiano ovunque.
Maria mi guardava con occhi che brillavano.
Buon segno, pensai, sorridendo tra me e me.
“Comunque... stavo pensando di prendermi un periodo di riflessione...”, ripresi.
Mi misi al centro della sala e cominciai a spiegare i primi rudimenti di salsa, cercando di coinvolgere tutti. Andai ai vari
tavoli e li incoraggiai a ballare. Iniziammo con un brano allegro, spensierato, di quelli che ti fan ballare anche se non ne
hai voglia. Poco alla volta cominciarono a raggiungermi.
Alcuni ballavano un ritmo proprio, altri ciondolavano la testa
come l’orso Baloo, altri ancora avevano una mossetta un po’
ambigua, ma tutti si divertivano, soprattutto le donne. Alla
fine della lezione, feci ballare qualche signora per cortesia.
Così riuscimmo a coinvolgere tutti quanti, e varie coppie improvvisate ballavano, chi a tarantella, chi a sincopato, chi a
sette ottavi, ma tutti sembravano divertirsi.
“Marco, non è che hai bisogno di un aiuto guida turistica, o
di un cameriere-cuoco tuttofare?”
“Bravo Henry! Sei riuscito a farli ballare tutti!
Vedi, Carmen, com’è Henry? Sempre allegro, sorridente! Ha
un’allegria contagiosa! È il nostro uomo!
Potrebbe essere il tuo nuovo mestiere, Henry: maestro di ballo in Belize!”, disse con aria poco seria.
“Certo che ne ho bisogno! Quando cominci?”
Gli lanciai un’occhiata come a dire: “Ma va a …”.
“Subito!”
Invitai di nuovo Maria a ballare e la feci volteggiare a lungo.
Mi scocciava un po’ ammetterlo, ma mi piaceva proprio
quella ragazza. Aveva uno sguardo molto sensuale e sembrava sempre allegra, rilassata.
Ne avevo proprio avuto abbastanza di commedie e tragedie in
stile Antonella.
Guardai lontano all’orizzonte. La luna spandeva sul mare una
luce irreale, fatata. Le isole si perdevano in lontananza nella
notte.
Sì, al di là delle isole ci sono sempre altre isole...
Marco si stava avvicinando a noi.
“Allora vai con una lezione di primi passi di salsa! Dai che
facciamo un po’ divertire ‘sta gente!”
Mi misi a ridere.
“Va bene, allora, danziamo pure!
Danziamo pure!! Ahahahah!”.
Ero pieno d’allegria.
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
tarlo”. **
È davvero tutto un sogno, pensai, è tutto irreale...
Tutto irreale....ma estremamente bello.
...riesco a sopportarlo...
Di nuovo fu un momento meraviglioso, la realtà ed il sogno
sfumarono l’uno nell’altro come i colori d’un acquerello.
Sì, ora lo vedevo chiaramente, l’avevo sempre saputo. Avevo
sempre saputo che era tutto un sogno... sia il sogno notturno... sia la cosiddetta realtà dello stato di veglia...
L’avevo sempre saputo, ma a tratti quella consapevolezza era
apparsa e scomparsa, proprio come un sogno... Intermittente
come gl’intervalli di coscienza tra un sogno e l’altro.
Ma che importanza aveva alla fin fine?... che andasse o venisse quella consapevolezza, cosa cambiava realmente?
Ero sempre stato assolutamente al sicuro, sempre al di là di
tutto.
Ripensai alla risposta del mago al principe.
...non vi è alcuna verità, dietro
la magia...
Una rivelazione, dura, di pietra, pesante come un macigno, in
apparenza impossibile da accettare.
Una rivelazione che ti consegna tra le braccia del Nulla...
Ma poi il miracolo.
La Vita che si autoafferma sempre.
Il passaggio più bello, commovente...
...Il principe rabbrividì. Ricordò
le isole, belle ma irreali, e le
belle, ma irreali principesse.
“Va bene”, disse “riesco a soppor223
...per uno che ha guardato in faccia il vuoto, ci vuole
un’enorme forza d’animo... davvero un’enorme forza
d’animo...
Ma io che per Grazia sono riuscito ad andare oltre il nulla,
al di là del Vuoto, invece voglio dire:
“Va bene, posso amarlo! “
Posso amarlo!!!!
Posso amare tutto questo!!!
Mi girai intorno, guardai le isole lontane, la luna sul mare,
qualche fioca stella.
Ero immerso completamente nell’illusione, ma sentivo un
grande amore e una grande compassione per tutto questo. E
anche un profondo senso di gratitudine.
Soltanto un’eco senza melodia... un’aria evanescente... la
musica udita in un sogno... rime sussurrate nel vento... segni
tracciati sull’acqua...
...soltanto illusioni...
...ma quanta poesia e quanta bellezza!....
Ma sì, avevo ancora voglia di mari azzurri e di isole serene.
Forse ero pronto per un nuovo viaggio verso i mari del sud.
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Enrico Giacometti
Le isole dei sogni
I Mari del Sud...
Li avrei raggiunti davvero stavolta?
E dove si trovavano? ...dove?...
* Ho amato, ho riso e pianto
Ho avuto le mie soddisfazioni, la mia dose di sconfitte.
E ora che le lacrime si placano, trovo tutto così divertente
(My Way)
Dove?....
............
...Dove?!?...
** (The Magus – John Fowles)
I Mari del Sud sono solo uno stato dell’anima.
E le isole dei sogni si trovano proprio là dove la realtà finisce
per confondersi con la tua fantasia.
Rev 31/12/14
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Bologna, 6 Agosto – 31 Dicembre 2005
pera nonché il diritto di utilizzazione economica in qualsiasi forma e modalità
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