(K L. MACCARI ^Oj, -^^^E^- LA PEEIKEIEOMENE DI MENANDRO TRANI - DITTA TIPOGRAFICA EDITRICE VECCHI K C. 1909 „ .1 rv.-;>. . '^- ''^iìrmf'T r'r-!- ' ;r " l'-iià -• •'ù.-.ii *• -ti Ili L. MACCARI 5^X5^- LA " PEEIKBIEOMENE DI MENANDRO Abgegeben von der Mmlt i Wissenscriaficiì TRANI DITTA TIPOGRAFICA EDITRICE VECCHI 1909 •,«.- i.:'.'- E C. „ f -;%-; r*?;*'. «'j;'^-»w''"' Il "ì '^1 li li'ifihiiiiéBVi' . ^ ' <55^<Q^<t5e>^5C^>«S^<4»»<(5^^S»>«S^ Fra sia le commedie del celebrato poeta ateniese, che ^ Egitto, pure non interamente e come noi incontentabili avremmo voluto, ci ha restituite, w-'. l' lare e in certo trepontes », diamo oggi modo due hanno avuto una sorte singo- privilegiata. Di quella intitolata « Epi- già cosi apprezzata anche nell'antichità, posseresti di maggiore estensione, porta, meglio conservati che circostanza, mentre da un e quel che più im- quelli delle altre tre: e questa un lato offre materia preziosa per menandrea giudizio più positivo intorno all'arte e a qualche questione importante nella storia del teatro comico greco, dall'altra per la facilità relativamente maggiore che presenta a chi cerchi di ricostruire la « fabula » e stabilire ha reso possibile che in poco più di (1) La fortuna <^>. testo, un anno dalla divulga- zione deWeditio princeps del papiro d'Afroditopoli parissero ben sei altre edizioni il <^> del ne com« Taglio Fragments d'un manuscrìpt de Ménandre, découverts publiés par M. Gustave Lefebvre. — Le et Caire, Iraprimerie de rinstitut Frangais d'Archeologie orientale, 1907. (2) Circa due terzi ùeW Arbitrage, glio conservata, quella che dà anzi mano, insieme con due centinaia naturalmente il titolo di versi alla la parte me- commedia, for- della Samienne, gli ;È-vif&^'--- "•.:, — delle trecce »(^> non quanto e più la V>'. — invece tanto lo stato di conser- riflette vazione del testo o le 4 cure che filologi vi i hanno spese, combinazione davvero non comune, per la Extraits de Ménandre di Louis Bodin e Paul Mazon (Paris, Hachette et C.^®, 1908), edizione non venale, con utilissime e riusci' tissime note critiche e dichiarative. I Con sollecitudine poi e acume, che sarebbero stati forse meun testo più assicurato, comparvero, sempre glio spesi attorno a nel 1908, alla distanza di soli tre mesi l'una dall'altra, le edizioni dell'intero Ms. per cura di J. van Leeuwen (Leide, Sijthofif), la seconda delle quali» oltre a tener conto della copiosa letteratura accumulatasi nel frattempo sull 'argomento, è arricchita d'un ab- bondante commentario in latino. In questa seconda edizione egli si potè valere del notevolissimo contributo portato dal von Arnim nell'ultimo fascicolo della Zeitschrift fiir die OesterreichUichen Gymnasien del 1907, pubblicando criticamente il testo della sola commedia Epitrepontes, e distribuendo in nuovo modo i frammenti. Un'altra edizione di tutti i resti menandrei del Cairo preparò anche Cari Robert (Berlin, Weidmann, 1908), con ipotesi ! assai ardite sull'ordinamento delle varie parti del papiro e sulla ricostruzione delle commedie. Infine « last, noi least » nel fascicolo di luglio-ottobre 1908 della Revue des études grecques, Maurice Croiset, già fin dall'inizio e per varie parti benemerito del nuovo Monandro, presenta il testo deW Arbitrage con tutti i sussidi esegetici e critici necessari e un'elegante versione: commedia possono le sue osservazioni sulla composizione della in generale valere come definitive. Ha potuto mettere a profitto anche la collazione che del papiro ha fatta il KoRTE, dal quale si attende con legittima impazienza l'edizione classica dell'intero Ms. presso (1) Se il titolo dell'altra Teubner il commedia Epitrepontes — più facile a rendersi in italiano al van Leeuwen, di latinità, ha suggerito il Robert germanizza (« felice Disceptantes meno ben ziosa espressione francese il poco « La lasciando stare è alquanto il un po' troppo larghi di criteri forse questa PmfcezroTnen e è di Lipsia. , che in materia il titolo di riducibile: tanto la fiorita e le- belle aux boucles coupées », che dem gestutzten Haar »), Die schone mit mmì-^miémmm^ — latino, -!Sr ,. -r —5— quale una diecina d'anni fa i papiri d'Ossirinco <^> ci avevan dato in una cinquantina di versi la scena finale delia com- media, e circa un anno dopo che la fortunata scoperta del Lefebvre era entrata nel dominio degli studiosi, venivano in luce, scritti sempre regalatici dalla terra d' Egitto, ma questa volta frammenti della su pergamena, due altri importanti medesima commedia, che un vero benemerito di queste ri- cerche, Alfred Kòrte, ha editi e illustrati com'egli sa, ac- una riproduzione compagnandoli con conti R. Società della Sassone delle fototipica, nei Scienze di Reso- Lipsia ^^K C'è anzi di più, mentre per un altro verso potrebbe parere che meno ci fosse di primo dei due nuovi offre di di quel che ci si fogli, dei 61 nuovi soltanto 13; gli altri si tavano nell'edizione del Lefebvre i poteva aspettare: il versi che contiene, ce ne avevan di già, e por- numeri dal 71 in poi. Ora quanto il latino « Circumtonsa » che è piaciuto al van Leeuwen (pensiamo che non si dovrebbe né potrebbe uscire, nel rendere o dichiarare in latino i comici greci, dal vocabolario plautino e terenziano) non conservano il suo valore al participio presente, come già osservò il Weil {Études sur rantiquité grecque, Paris, Hachette, 1900, p. 274). Traducendo « La fanciulla tosata », non si direbbe con esattezza che la tosatura inflitta dal soldato geloso Polemone air ingiustamente sospettata Glicera fa in qualche modo parte sostanziale dell'azione nel suo complesso, anche se gli spettatori non eran testimoni della scena brutale, e si lascerebbe adito a supporre che il taglio dei capelli fosse non solo anteriore, ma quasi estraneo all'intreccio, o l'esser tosata costituisse una qualità permanente della ragazza indipendentemente dal fatto che dà origine alla commedia. Se con questo non si facesse troppa violenza alla lettera, si potrebbe pensare a un titolo come « Il soldato geloso » o « La treccia di Glicera ». (1) Voi. II, n. CCXL (2) Voi. LX, p. 145 sgg. (Classe filologico-storica) 24 maggio 1908. I due frammenti portano ora il : seduta del n. 613 della col- lezione di papiri nella R. Biblioteca dell'Università di Lipsia. 'Utàiàìim-'--^'-''^'^^''^'^"'^''^'-''-"'^^''^-^-''^^^''''^^ . jj..^:fi,rf» _6— essendo nella pergamena Lipsia di versi i assai meglio conservati che nel papiro del tando numerazione delle pagine la comuni spesso Cairo, e presen- due nuovi nei fogli indizi importanti, che insieme coi risultati della collazione del papiro eseguita dallo stesso Kòrte, chiariscono qual posto oc- cupassero nel contesto della commedia frammenti già prima ognuno riconosce l'importanza posseduti, coincidenza. « vantaggio che Il lieve. Prima di tutto, meno una parola, in giudicare anche meglio della stabilità del testo e della bontà del nostro Ms. del Cairo...: in 7 luoghi gamena è : corretta ma dal papiro; 4 di in Menandro di due Mss. discor- due volte una svista ortografica della una corruzione più grave aveva risarcimento. falsa Una per- questi guasti son lezione del resistito per la struttura fogli del papiro i papiro, e della 13 versi a ogni tentativo di pergamena nota come variante volta la una volta solo concordano nel medesimo errore. poi i testo il condizione di 3 già rimediati da congetture di moderni filologi; solo lievi, una Kòrte il un secondo Ms., questa parte ora è sicuro; e poi ora siamo dano fortunata della arreca » nota ci 158 sg.) « l'avere per 48 versi (op. cit., p. non è i — commedia nuovi che Importantissimi sono e la l'ordinamento pergamena dà principio della prima pagina, perché formano lido ponte di congiungimento papiro cairota... fra due due Mss. i dei al come un so- fogli già separati del » In maniera irrefutabile è stato assodato dal Korte che il quaderno contenente nel papiro del foglio ma si esterno, cioè della suppone anche da lui la « 1." Perikeiromene e 2.% 15." e con ragione, sul 16." di Menandro poteva contare, che il manca pagina: fondamento del solo calcolo dei versi che approssimativamente media » una com- principio della aMUitÉiMÉÉÉiiMMiMllA « Perikei romene » difficilmente potesse coincidere coi prin- quaderno che cipio del ma la riportava, preso nella fine del quaderno precedente. sorte un termine commedie titolo e chiama HPììS 0EO2:, personaggio divino che il secondo ogni vero- e che faceva, monologo simiglianza, se non con assoluta certezza, in un l'esposizione dell'intreccio — come succede commedia solo di cui ci la lacerazione del non occupiamo dopo un dialogo offre prin- il suo argomento metrico e l'elenco il delle « dramatis personae »: ora l'elenco Abbiamo per buona confronto nella prima delle quattro utile di del papiro, della quale ci resta appunto suo cipio, col com- fosse piuttosto fra due — infatti anche nella doveva venire in iscena , schiavi, che s'interrompe per ma papiro dopo una cinquantina di versi, alcun indizio per supporre che finisca subito dopo. Nei due esempi che hanno nel teatro si cosi collocati, le scene che precedono il latino di prologhi prologo hanno una certa estensione (78 versi nel Miles, 148 nella Cistellaria): rispettivi prologhi poi sono di 77 versi quello del Miles, i di 53 quello della Cistellaria; né è facile ammettere che quello della nostra « Perikeiromene » n'avesse molti prima pagina della sessantina. Si osservi d'altra parte che la commedia, che a torto il titolo hpqì;, — crediamo dopo l'argomento e — meno d'una continua a portare l'elenco, comprende solo 16 versi della prima scena; supponendo quindi che sero al principio della « Perikeiromene prime pagine del suo quaderno, anche cedente, si potrebbero distribuire fra principio del prologo, in pare abbastanza probabile (1) le Al Robert {Hermes, intendere che il cifra tonda, la »; oltre mancasdue alle ultime due del pre- scena iniziale e un 110 versi, il il che '^^. XLIV principio della [1909], p. 284 sg.) par necessario commedia occupi più d'un foglio "^'•! - 8- . , Ora quali personaggi interloquivano .;:-^; questa scena in d'apertura e di che parlavano? Possiamo cercare di ricavarlo da ciò che possediamo del resto e specialmente dal prologo che veniva immediatamente dopo questa scena, o se voglia- mo anche dopo più d'una, e che secondo un procedimento non AFNOIA. sonificazione, sto prologo che melli, li Commedia nuova insolito nella <•>, è detto da doveva dire nei primi versi di que- Si una povera donna aveva trovato due ge- maschio e femmina (Moschione e aveva avuti in affidato l'incarico quel che si una per- consegna dallo schiavo, poco umano, ma meno credere. Per voglia quanto Glicera), esposti, o al quale era stato raro nell'Attica di la commedia dei Greci e quindi dei Latini ci abbia avvezzati a vedere accen- nato fin dal principio lo svolgersi dell'azione e il suo scio- glimento, sottraendo agli spettatori quella curiosità, che per noi rappresenta invece la migliore attrattiva, non pare probabile che in questo caso si dicesse subito che aveva fatto esporre gl'infanti e perché esporre: questa sorpresa troviamo appunto Lipsia. Dice era nell'ultima dunque (vv. riserbata chi fosse colui li avesse verso la fatti fine, e la pagina della pergamena di 1-51) quaderno precedente; egli crede, ciò che ci sembra in verità monologo d' « Agnoia » manchi una parte considerevole. Supporrebbe quindi che il primo atto finisse prima ancora del detto monologo. Ma della divisione degli atti vedremo del un po' troppo, che del più avanti. (1) Se ne citano quello del Trimimmus altri tre e quattro forse plautino. Si confronti esempi, nonché l'opuscolo del no- Menozzi (Sull'HPQS di M., Firenze, tip. Carnesecchi, 1908, p. 4 sgg.), che contiene importanti osservazioni, ma del quale non vediamo che si sia tenuto il dovuto conto dagli studiosi, come spesso accade ancora per molta della produzione filologica italiana. Plauto divide nel Trinummus il prologo sebbene solo apparentemente fra due personificazioni: « Luxurla » e « Inopia». stro E. :. ><< ' — — i i£-. ^ ''r* ^\.: ^^àÈiÈtimÈÌÈitaiiLiaUÈ^ti^iiam .* '^> — 9 — L' Inconsapevolezza. avendo , casa femmina, e fatto idea d'allevare lei la tro bambino, di cederlo a una donna mezzi che sta di E e che, senza figlioli, ne desiderava uno. li, essendoci strettezze stati degli Non (1) si cosi fece. anni di guerra rovinosa e aggravandosi Corinzi dei l'al- in quella (i>, vecchia la può alludere a altre trovandosi Ma le imba- assai in guerre che a quelle dette dei Diadochi. Di qui non occorre inferire che la scena sia a Corinto, come fanno il p. 635) e Korte (Archiv il Croiset {Journ. d. Sav., N. S., 5, 12: dicembre 1907, filr Papyrusforschung, IV, 3-4: 11 feb- braio 1908, p. 512), pel quale l'espressione KopivO^axcòv xaxtBv avrebbe appunto per fine di determinare il luogo ove l'azione si svolge. il v. Wilamowitz {N. Jahrbiicher, Leo (Hermes, XLIII, p. 140), che ne trae un indizio per la data della composizione della commedia (circa 300 a. C). Interpretiamo seguendo la lezione che, in mancanza In Atene invece pongono la scena XXI [1908], p. 42) e il di meglio, ci pare più adatta allo spazio lasciato libero dalle brevi lacune dei vv, 5 e 6: [òXoJoù noXé|iou xaì xwv KopivGtaxóav xaxòiv [Sgju( vo[iéva)v. La vecchia sarebbe quindi Corinzia come Poi emone, avrebbe dato in séguito dini. il la figliola per le alle peggiorate condizioni generali dei Anche sarebbe senso maggiori angustie in cui possibile ex x]où noXéiio-j generale del passo (Vano t]où e le proposte d'altri come del Leo, Hermes, xaì xoù, dell' esigerebbero uno spazio si suoi concitta- e altererebbe di poco noXéjiou del Kòrte, del Lefebvre oux^oS, del Nicole Ellis [laxpoù, del v. maggiore). Resterebbe l'aver essa dato l'altro gemello a del ibid., [isxà xoù, Leeuwen la 5et,vo0, difficoltà del- una donna che abita bisognerebbe supporre che nel principio quale trovava al prologo in Atene: si dicesse che la vecchia s'era rifugiata in Atene, e i KopivGiaxà xaxi, oltre a peggiorare il suo stato, le avessero impedito di far ritorno in patria. Se non si ammette la nostra ipotesi, perché si sarebbe accennato con tanta precisione ai guai di Corinto e all'origine co- Né pare fuor di proposito osservare che la vecchia corinzia avrebbe pensato d'allevar lei la femmina al fine di trarne lucro coli 'avviarla in una professione, che fuori di Corinzia del soldato? rinto rendeva per tradizione famosa la stessa città. Certo l'epi- V ^:f^:^^^^*^-- '^:pr^> — razzo perché la — 10 ragazza che voi ; : avete veduta era cresciuta stessi abbastanza, e se n'era innamorato questo giovanotto impetuoso corinzio di nascita, facendo passare la ragazza per figlia propria, perché se la tenesse. Poi già prostrata per l'età e gliela diede prevedendo vicina una catastrofe, non le volle nascondere di che condizione fosse; e disse alla giovane come l'aveva raccolta e diede insieme anche quello che da rale, mai era avvolta allora. le fasce nelle quali non era conosciuto come lei presagendo qualcuno dei casi che ella avesse danno si E le le rivelò fratello natu- agli uomini, se bisogno di qualche aiuto; perché vedeva la vec- chia che questo era per la ragazza l'unico parente, e cercava di prendere qualche cautela, che a volte per causa mia, cioè delInconsapevolezza, non capitasse loro qualche caso spiacevole: l' vedeva e lei fratello passarsela in il poggio in colui, mori. Lui eh 'è qui. poi, Ma informò del le mezzo agli agi carina e giovane, e non vedeva per quale la lasciava in mano. Orbene, la vecchia al il soldato, or non è molto, comprò questa casa pure abitando vicina fatto, e non pareva in non umile la fortuna gli sempre briaco, e nessun sicuro ap- lei stato, ma giovane non al fratello, la volle ridurre ad altra condizione lui volle che godesse di quello che aveva concesso. Ora avendo occhio a costui, che è piuttosto temerario, ella per caso dato in come ho sempre con assiduità intorno casa, venendo egli mandare di sera in lo che già detto, e le un posto una serva: quand'egli accadde di la vide che s'era fatta sull'uscio, accorso difilato, la baciava, l'abbracciava: e quella, perché già praggiunto il chiaramente teto òXooìi lo conosceva per fratello, soldato forestiero vide tutto. lui stesso <i>. non soddisfa — non fuggi. Ma Il so- resto l'ha detto L'altro se n'era andato dicendo che con in tutto. Si può anche domandare in quali circostanze Glicera fosse informata dalla vecchia che Moschione era suo fratello. Ma si tratta d'un particolare, che forse bisogno d'esser chiarito. (1) XLIII, Leggiamo aòTóg, non o5xoc p. 143) riferendolo al come preferisce il non aveva Leo (HermeH, servo di Polemone o a Pateco, che ^-.\.v:fi — — 11 qualche fatto conoscere comodo le stata piangeva e s'alfliggeva che non li avrebbe cosaci). le fosse E quella re- lecito di for ciò liberamente. E l'avvenire e a fine che costui andasse in furia. Perché ero io quella che spingevo acciocché il questo incendio era suscitato in vista del- tutto il soldato, che cosi fatto non era per indole, rimanente avesse una prima spinta a due gemelli trovassero una volta i chiarirsi, e che è successo qualcuno ha avuto cattiva impressione, e l'ha mato degno ci si di grave biasimo, mette di mezzo, anche State sani, e buon fattoci segue assicurate il il si i loro parenti. Sicché se di ciò sti- deve ricredere. Che se un Dio male viso, o li per li inclina verso spettatori, anche il bene. di ciò che successo. avrebbe continuato l'esposizione dei fatti prima del prologo di Agnoia. Ma quando quest'ultima parla, anzi è già quasi alla fine del suo discorso, tutti i personaggi hanno lasciato la scena. Che Agnoia accennasse con oozo^ all'uomo che abita nella casa che ella indicherebbe, non par naturale. (1) Il passo non è dei più chiari: avremmo bisogno di qualche cosa di meno implicito in un punto cosi importante per determinare una parte essenziale dell'azione, trattandosi appunto della famosa scena di gelosia: è un fatto che del taglio dei capelli di Glicera non si parla affatto, il che par che escluda, come anche verosimile, che avesse luogo sotto gli occhi degli spettasoldato lo doveva raccontare in iscena. Notiamo di passaggio che al [ò'ó noXé(i(i)v] del v. 37 (supplemento del Croi- è — tori: lo stesso essendo i nomi propri evitati nei proSuDHAUS, Rheinisch. Mus., LXIII, p. 293. La difficoltà maggiore deriva dalla mancanza del verbo alla fine del v. 39. È certo che l'ó nèv è Moschione, che nell'andarsene dice a Glicera qualche cosa, e più precisamente l'intenzione sua di spiegarsi con lei. Poiché il Kòrte dopo la revisione del papiro dà come sicuro un per prima lettera del verbo mancante, proporremmo i[8etv] aùxT^v ti pouXsG' voleva che ella a suo tempo vedesse, conoscesse da lui qualche cosa (intorno al suo atto improvviso e alle sue intenzioni). Pare anche strano che Moschione, che ha provocato una scena cosi violenta di gelosia, se ne vada cosi tranquillamente e nessun urto accada fra i due giovani, che Agnoia set) sostituiamo [8' 6 glvoc], loghi: — cf. i : I ci dà come cosi impetuosi. — E — 12 chiaro intanto dal prologo che sono Glicera e Polemone; cosi pare escluso che agli spettatori scono come l' stati si già in iscena svolga davanti incontro de' due gemelli che non successiva sorpresa da parte del soldato, tali e la giacché Agnoia sente del v. 47 è bensì cono- si il bisogno di darne relazione. — taglio dei capelli il Il toOt' che, fra parentesi, non è probabile fosse eseguito, come alcuno interpreta, colla stessa spada da guerra — , motivo ma per qualcuno degli spettatori, rettamente, ticolari si in presumibile disgusto di non quanto veduto in di- quanto sentito raccontare e desunto nei par- Sudhaus dalle scene espositive nel loro insieme. Pel {Rh. Mus., LXIII, 292) nella scena di apertura si vedrebbe Glicera coll'ancella Doride, che lasciano la casa del soldato geloso per fuggire in casa di Pateco. Robert poi Il ^^> vor--r (1) Heì-mes, XLIV, Nuovo Menandro, p. 53 al v. 283 sgg. (ó appoggia, come nel suo Si aopapò? -^iJiiv xxX.) e alla citazione di Agathias {Anth. Pai., V, 218: tòv èv 9up,éXi[jO!, MsvdvSpou xeJpavia y^uxspoùj zriz àXóxou 7rXoxc£|iooc) e aggiunge che le parole 6 oopapòg... Tptx«s non sarebbero state intelligibili, se il pubblico non avesse veduto coi propri occhi l'iroso signore. come dativo « etico » zione, intendendosi: sich vor unseren Anche — accanto ad l'^jiiv dtpxioog — che va inteso solo merita per lui considera- er hat sich uns eben als solcher dargestellt, « Augen so aufgeftihrt, namlich meinen und euern ». Ma l'informazione d'Agathias, attenuata dal Kob. stesso a p. 285, n. 4 per ciò che riguarda la « Scenerie >, è distrutta coU'am- mettere ch'egli fa, che nisse immediatamente la tosatura prima che i avvenisse dentro: che avve- due amanti venissero — in scena che si risolverebbe del resto a finire il loro acerbo contrasto per Glicera in un atteggiamento puramente passivo non è affatto necessario. Per la solita questione del part. pres. Ilept- — — xs'.pofiévTj il confronto coU'Anadyomene d'Apelle non è sufficiente: dà carattere e epiteto alla dea, se materialmente è compiuta, non è idealmente interrotta del tutto appena Afrodite è finita d'emerger dal mare, anche se il pittore probabilmente la l'azione che colse e la riprodusse in questo punto. -i»-.«l.C2?,.'^ÌA:ri: :-:'v--i\t;i.'ia . ". 4-..'i-^ii;-ii>;J>^ .i' '^ìLàìLi .- •jt*.' -•;/'.. :, — ,. . : rebbe che si — trovassero sulla scena cera e Doride, anche e forse 13 Pateco, e che dopo un dialogo fra Moschione suo schiavo, del quale non vediamo la il scena selvaggia fra punto più scabroso casa: « Polemone, Gli- Gegenspieler » Moschione e Davo « i oltre di il avvenisse la necessità, soldato e l'amante; il e non che se questa scena sarebbe accaduto in Polemon hat eben in hòchstem Zorn der Glykera hinter der Scene diese Beschimpfung angetan. Jetzt stiirtzt diese weinend auf die Biihne, Polemon scheltend hinter ihr drein tuta Ma ». precedente le seconda parte non questa naturalmente sarebbe po- si prolungare tanto, da dare col dialogo due lunghe scene, per le quali il Robert crede necessario immaginare un'estensione maggiore del testo per- E ancora duto prima del prologo. {Hermes, XLIll, compagnata p. 142 sg.), Leo preferibile l'idea del che Glicera probabilmente ac- dalla fida Doride aprisse la commedia. sonaggio maschile sarebbe però Polemone, che il Il per- Leo invece escluderebbe, e che in un monologo continuerebbe per noi a informare indirettamente lasciando cosi poco più nella Cistellaria, il pubblico di qualche particolare, da dire all'Agnoia, còme succede opportunamente richiamata dal Leo anche per la struttura generale di questo ammettiamo col Leo che da qualche giorno, e no v. Leeuwen 2, p. 76), la alla vigilia della vita o dello la fiera lite: mentando spirito i monologhi dei l'ingiuria patita si — vuole altri (cf. tre persoalla nuova due amanti dopo Glicera, piuttosto che sfogarsi con cennerà da Agnoia —, di come bisogna anche pensare che naggi alludano nei rispettivi dialoghi condizione principio. Soltanto, se scena violenta sia già accaduta Doride lamenti ai quali poi sarà consigliata sul modo si la- ac- migliore impedire che Polemone preparasse violenze nuove; Pole- mone si sarà già mostrato addolorato d'essersi lasciato così è :^,:^'*73''«^5^' 14 trasportare dall'ira, nonostante che avesse cercato di stordirsi invitando gli amici a far baldoria. i Rientrata Agnoia, Sosia servo di Polemone si presenta e dice (vv. 52-60): Lui che I poco fino a mostrava cosi arrogante fa ci si non può vedere tagliero, lui che alle donne piange disteso nel suo lettuccio. L' ho lasciato poco teneva a colazione que' suoi amici; e costoro punto per questo, ch'egli successo. fuori apposta perché gli portassi mandarmi spii che intrat- un mantello, per non vuol realtà egli in in giro. Vien poi fuori Doride mandata anche perché fa sono riuniti ap- informarsi di ciò che avviene qui, quanto non ne avesse punto bisogno; altro che si potesse meglio rassegnare a ciò eh' si E non avendo come m'ha mandato bat- e capelli in testa, ora lei dalla quel che accade in casa di Polemone padrona i \ (vv. 61-70): ' Mi metterò qui — Sosia. e come Mi Toh^ Doride! Come s'è fatta, in questo — lei, passan bene, a quel che mi pare, costoro! la Picchierò alla legge; non chiama i — servi) piange: proprio tutti insof- Oh c'è da fidarsene per niente. padrona mia, che ingiusta sorte subisci e ! — Ragazzi ! {bussa alla Sarà contento ora di sentire che questo voleva, lui! — Ragazzino (al ella servo che vien fuori), fammi... ! i Mancano 70 LX, p. 93), nò tenuto: cercar si versi Korte, Ber. Sachs. Ges. (cf. vede chiaro che cosa d. Wiss., in essi sia stato con- d'indagarlo, allo stato presente delle nostre cognizioni, sarebbe soltanto, r.v.T'*.-. :_4 il porta: nessuno di loro c'è fuori. che s'è messa intorno un soldato! Son ferenti di qualsiasi porta tempo! da parte. Doride. Poveretta la Se in essere! tirerò padrona, e vedrò tutto. io, come il Leo bene osserva {Her-^ ^, ' -^^i* ,••» ";* mes, XLIII, 144) « ein uns frei, eineii tun ». sicheren Schritt tiber Positivo è soltanto che frammento seguente segnano der Methode. Denn es Spiel die Ungewissheit zu sei versi coi quali i comincia coro <^>, e che Gli- cera viene accolta in casa di Mirrina; probabilmente (Kòrte, XOPOT, p. 301) amici degli il coro hanno che preso parte alla riunione allegra in casa di Polemone, e servo di Moschione, Davo, lo annunzia (Lef., 347; v. — fa bene la padrona a condur den- tro in casa nostra la ragazza. Cosi il padroncino: oh come stanno Nella le cose, te, deve fare una madre! Bisogna conducilo più presto che è possibile: mi pare che questo lunga scena in tetrametri s'apre l'atto seguente, (1) vv. 342- Ragazzi, dei giovanotti briachi s'avanzano in gran numero. Trovo veramente che a Samia il Leeuw.* 71-76): Davo. cercare il — già falsamente attribuito alla ^amia — la fine dell'atto coli' ingresso del è formato steht sia molto opportuno trocaici, colla ^2). quale Moschione è informato da Davo della Intorno all'ufficio del coro non è qui opportuno di ferHermes, il Kòrte (XOPOr: marsi. Si confronti ciò che ne dicono XLIII, p. 299 sgg.), r Immisch (Zusatz, ibid., p. 306 sgg.) e il Leo (XOPOr: ibid., p. 308 sgg.). L'ipotesi del Bethe (Ber. Sdchs. Ges. Wiss., LXI, 209 sgg.), che il coro entrasse dopo il primo atto e rimanesse durante tutta la commedia sulla scena o nell'orchestra, non pare probabile neanche al Robert (Herm., XLIV, p. 285 sg.). (2) Altri divide i versi fra vari personaggi. Ci pare adattino abbastanza anche al solo Davo: agitazione si e esprime saltuariamente presentano. Leggiamo col Kòrte (v. 347/76) che si servo è in una certa diversi ndinzoll" (v. pensieri che gli 343 72) e s5xaipov e col Leo (Nachr. d. K. Gesell. d. Wiss. zu Gottingen, 1908, p. 430) IX]e oOxog (v. 346/75). kÉlÉÉHM^ i il • .'*T,,.'' ';"' ;-:'r:-%'"'fV'v.'t''rK:^'-i^, . — — 16 circostanza propizia che ha condotto l'amata Glicera in casa madre della sua peggio conservate. Ci atteniamo alla una adottiva. Purtroppo questa parte è naturalmente nuova lezione procurata dal Kòrte in generale Samia (Lef., delle 348 v. ' Leeuw.- 77 sgg.): sgg., v. ; " , I — MoscH. queste cose un uomo Davo, parecchie volte già mi non però ; la verità Ma in odio agli dèi. Davo. MoscH. Davo. ; se ma trovi la tua amata dentro a questa raggiungere il molti ragionamenti io e t'imbroglio oggi. un nemico, tratteresti tu non casa. quale ti Ma qualora tu venga a aflFannavi — e spendendo ho indotta a venire qua in casa nostra, 1' ho indotto tua madre a riceverla e fare tutto quel che pare — che cosa sarò io? , MoscH. — Che guardiamo un Davo (1) ti ^^K vita più di tutte quante ti Davo? piace, o Via, po': girare la macina, è la meglio? — Mi pare che quest'uomo sia disposto (fra sé). chierare: non bisogna irritarlo, p. proprio un impostore e sei dia qualche dispiacere, e ti fine, dietro al venuto a dire di anche questa volta m'imbrogli... — Fammi subito impiccare, se — Che dici? — Orbene, trattami pure come qualora la mia informazione sei Arnim Col V. dunque a chiac- <2). (Zeitschr. f. d. cisterr. Gyvnn., 1909, I Heft, verso 353 Lef. (82 Leeuw.'): a 8' è8e(j)xe[5, òjjv e attribuiamo a Davo le parole tic èoojia'. del v. 356/85. 13) leggiamo al [Xscp^Js aó, La difficoltà sintattica parole xal néiteix' aù-cY)v . si . . può eliminare facendo un inciso fino a aoi Soxsì. Anche per Moschione soddisfa assai l'integrazione del Piog ziz [lOcXiaO' I àpa 10 0a. Aàs, xSv [oÀtDj, {luXttìOpsiv -xpaT.oxov; — Al v. dcpéoxet Jiavxtov la delle risposta di Arnim, che seguiamo: o[oi; V. 352/81 <fép'] è7iipXec|;[(óne- non vediamo come I si possa dare a (2) eìj [tò] Sàxio per soggetto Glicera (Kòrte, X[y;pstv ^aivexat guv[Téo?. Leo, Nachr., p. 431. fiuto di Davo | oòioal — Il v. cpepófievos p. 96). yj|i[iv] [iirjSèv [oùv ò]- Arnim spiega come un ri' (p. 14). lÉrik -•}:. ^:--.,» ^ ., v •"r .-, : .— ._.-.--.'-. '-''---: _/::: '^ V;: ^:^^:' ,^.:;^--^ -Ti-^': vVV.--:' •- '^/'Vi<''^' >'.'-'» - ., ' -" .-^- ._•. - " ' '^-i'' - .- .;-:V' ' .- * - -^ ' / - .. . . . , MoscH. — Anzi voglio pigliare per factotum ti di tutte le cose mie, e per maggiordòmo, per comandante del mio esercito, o Davo, séguito è troppo lacero perché se ne possa cavare un II <^>: il dialogo continua sullo stesso tono fino ... per questo capitano impennacchiato, in odio senso continuato al V. 375/ 104: MoscH. — agli dèi. — Sicuro. MoscH. — Va' dentro Davo. tu, formati bene di tutto. Che Davo, fammi questo piacere, e dov'è fa, la mamma? Con in- che animo m'aspettano? Un'incombenza come questa, non c'è bisogno di spiegartela con tanta minuzia: sei accorto abbastanza. — Vado. MoscH. — E io t'aspetterò Davo. (Solo) Davvero mi m'avvicinai a lei ma mi dosso; cente, a quella sera: non mi sfuggi quando abbracciò e mi trattenne quel che pare, a vedermi e ma Atena, passeggiando davanti alla porta. fece capire qualche cosa di simile colle etère incontro. Non sono (2). quando le corsi tanto ad- spia- a praticarmi, penso, per E dunque proprio il caso ora di ringraziare e propiziarmi Adrastea. Davo. — Moschione, « lei » ha fatto il bagno e se ne sta seduta. MoscH. Davo. — — Oh, carissima! E mamma la tua gira per casa preparando non so che cosa. La colazione è pronta, e da quel che si sta facendo mi par che t'aspettino. (1) ferito èif otg Al V. 369/98 e da Davo : sg. etprjxa xoòxoiz: « io ti pancia fino a tre volte detto » (v. abbiamo l'indicazione del compenso pre- xó yaoTpi^soO' àpéaxs[tv] Arnim, p. V Hingi^ - -2_i'*'-J^^ [xplg sfiè xaO' -^[jiépav] mi piacerebbe giorno, in compenso dico che al Leo {Nachr,, | cpi^Jii', riempirmi la di quel che ho di 14). (2) TtepipxXoùo' è[7iéo7:ao]s, col .X*' se; p. 431). • . ;;^ / \ ..' • . ^' --^v.:,,.^^ ì • :-i\: » 18 — MoscH. spiacente ('), Mi desidernno, anche: perché, proprio, non sono Hai detto loro anche che va e via, lesto, — Davo. MoscH. Come io Nof E allora, vedi, ci ritorno. ! — (solo). Bisogna che ero qui? io diglielo. <2). appena entrato baci la mamma, e ne riacquisti la be- nevolenza interamente, faccia di tutto per lusingarla e viva con in confidenza: con quanta opportunità s'è condotta nella circostanza presente — Ma qualcuno fa ! questo, ragazzo? Come mi son presentato alla porta uscendo. sei lento e irresoluto e ho voglio sentir più nulla. O rumore — Sicuro, per Zeus! Davo. « detto alla dice, » che gliel'hai detto tu, dice non voglio che « mamma ci MoscH. me — — venga più qui, è Quando le ma Non ne « mie parole: ragazza, questa — « Tu » vattene subito di » torto per far c'eri, Proprio cosi. Vero? Ormai tutto è rovinato non voleva no, che avendo ascoltato » Che a venire, o Davo! chiacchierone, che corsa, ragazzo, fuori de' piedi! — è andata tutto a rovescio! impaurita, s'è rifugiata qui da noi? a lei pellaccia da frusta. Dir questo a niente, sul più bello ma a te che me? Sarebbe da — Dunque la mamma.... MoscH. — Che racconti Dice che Cioè, <3)! eri li, ridere. Davo. ? passo contro voglia, e no per persuasa a venire da Davo. — me Glicera amor mio? E ha fatto tu allora, questo come l'hai ! Io te l'ho detto, che l'ho persuasa a venire? Per Apollo, io no. MoscH. — Mi pare che in molte maniere e con molta furbizia tu m'inganni a buona. Tu, che poco fa dicevi d'aver indotto tu stesso la mamma ad accogliere qui per (1) xal 7to6où(is[0' • 7} yàp] oùx, col Leo me la ragazza! y- (ibìd.). (2) I due versi 292-3/121-2 sono cosi guasti, che è impossibile ricavarne nulla. (3) del Seguiamo dal Leo {Gotting., v. 404/133 a tutto il 413/142 la ricostruzione p. 433). ...-,. v.>^^>.«^...-^ )A^^y^i- <i'^<ni Davo. — MoscH. — E di credere che questo facesse per — Non potrei dire proprio questo: ma Davo. Questo, tu pensi, io dicevo? che cercavo d' indurla. — MoscH. Davo, MoscH. Davo. — Tu MosoH. — Davo. Forse — ma »). pigli in giro colle tue chiacchiere. stia a sentire. Glicera non vuole che tu mi metta cosi su corrente di queste cose al me! ero io quello di birbante, te n'accorgerai! mi — <2) e di come sono successe vuole che prima tu sappia... vuol sentire quel che tu Zeus dire, sicuro, per una senatrice MoscH. serio Ora ; puoi le Perché non è venuta mica come se fosse ! di flauto o — ricordo. , Per Asclepio, no davvero; purché tu chi sa? due piedi me ne già, vien qui! Bene, bene. — Dove? — Pezzo — Oh una miserabile puttanella! che ricomincio a credere che tu parli sul si, (3). Davo. — Ragiona cosi, ha dovuto abbandonare per tre o la quattro giorni com'è la cosa: non senza motivo ella casa e l'amante. Se tu da parte tua disposto a sei aspettare, verrà da te (1) La seconda metà del v. 416 145 e la prima del seguente portano delle parole sconnesse, frasi brevi e mozze, adatte all'im- barazzo del servo bugiardo còlto in contradizione, ma non è facile distribuirle e interpretarle. In sostanza Davo riconosce che i rimproveri del padrone son giusti, ma non lo vuol confessare esplici- Non tamente. è improbabile che da buon servo commedia pensi di intanto a una scappatoia. (2) Integrazione del Leo {Goti., p. 433 sg.): aspetterebbe però meglio un equivalente del dal Leo e Headlam, dall' ma |ji[oI |jiav9ivstv 9p](xaai. Si già proposto che non è possibile dopo la colla- zione del papiro. compie cosi il v. 422/151: rfkBs. M. Invece di ^XOs è possibile anche il Ségsxat del Kòrte. Anche pei versi che seguono fino a tutto il 427/156 ci teniamo alla lezione proposta dal Leo. (3) Il Leo {Gott., p. 434) NOv 8oxe]ìs Xéyetv , ; ~?v . '•"•^-•^^-llilllhfliiM-ilM"^'. n-fl - .. :. ./ ' J^ * . fiot Aàs ti TidXtv. . iM'riÉfiriwlÉiiiiiiii i«ifi rìi?1ÌiinÉiiÌi ii tÉÉÌiiMUfiiiirfMMai : - .~ - :. •«.,?;-!,;. ••«> ^>^r -^ 20 « qualcheduno che tu Questo mi »... si — faceva capire: perché ora bisogna lo sappia. — E dove la posso lasciare al sicuro, Davo? Tu mi mandi a spasso per troppo tempo. Veramente anche ora ora m'hai MoscH. dato ad intendere delle ciance non vere. — Davo. perder Tu non mi — calma la dai tempo — te lo consiglio modo e , come di pensare! Senza se niente fosse stato e con buone maniere entra in casa. MoscH. Davo. MoscH. Davo. — Quante me ne — Credo bene. — Mi — C'è non do per vinto che offre, se (1) come V. il non solo di 431,100 e noi forse Menandro caratteri, i Supponiamo aioxf-à, forza di chiacchierare; che que- un (2). po' troppo lunga, ce ne fosse bisogno, ancora una prova della tendenza analitica verista {esce). mettono bene come credevo prima si Dopo questa scena per ma *'>. mancato poco, per Eracle, che anche questa un polmone a volta consumassi ste faccende dirà! noXXà ma cpjpioei. con scrupolo nel dipingere lo svolgersi e Possibile il formarsi dei anche qualche cosa nonostante la rarità del dattilo, ola 8è. II seguente non si prestano a risarcimenti probabili: uixpà, o, il senso del 431 si adatterebbe per attribuirne gran parte a MoDavo e vorrebbe schione, che resisterebbe ancora ai consigli di mettere in forse già atto il espresso proponimento tradizionale nella commedia, dopo che era stato sorpreso con Glicera, di andarsene lontano (ècpó5t' oùx 5p<fs n'èxeiv;). Poi Davo insiste; il verso seguente è abbastanza chiaro « entrando là dunque aggiusterai ben presto qualcuna di queste cose ». (2) Alla fine del verso il Kòrte non vede altro che un eùxpeiiYj o sù7tpo{iyj, che non danno un senso preciso. : ,f':-\T^j^,'i-i::<..i-' <V.. ìaiSS^M^:l\.<.. . %.'f?fr^ — divari sentimenti nei suoi personaggi, fuga di Glicera, che Sosia. — abbiamo viene a scoprire si '2), perché dica quando ritorno da lui. io veda che cosa A stento a dire che ho sorpreso in casa il d'altra parte lui, colla sua clamide fa Glicera e glielo mi trattengo dall'andargli ganzo, per farlo saltar su e ve- nire di corsa: glielo farei, questo scherzo, se riguardo compassione di effetti della 435/164 sgg.)'*': (v. Ancora una volta mi ha mandato e colla sua spada gli non avessi sotto ogni povero padrone cosi disgraziato non ho mica sognato: lo so contrattempo ch'egli sia ancora qui! : per averlo veduto; che (3>. (1) Il passo è e rimarrà forse uno dei più tormentati, specialmente per la distribuzione delle « battute » fra i vari perso- La difficoltà maggiore deriva dall'indicazione no, che il Kòrte ha veduto in margine accanto al v. 453 e che non potrebbe significare altro che noXÉfiwv. Ma gli argomenti del von Amim e del Robert, specialmente riguardo alla poca convenienza della parte al personaggio di Polemone, persuadono, a nostro avviso, ad attribuire a Sosia anche il principio della scena presente. Solo ci pare diffìcile convenire col Robert (p. 274) nell'idea che Glicera, prima d'andare in casa di Mirrina, passasse per una « stazione intermedia », cioè per un postribolo, e che la meretrice Abrotono uscendone pronunziasse i versi 442/171-446/175, rimanendo poi naggi. come spettatrice muta nel fondo (p. 276). Abrotono, presa probabilmente come flautista nel festino offerto agli amici o come amante provvisoria a dispetto di Glicera, entra solo con tutta l'altra gente di Polemone e con lui, quando si tratta di dare il famoso assalto alla casa di Mirrina. prevede con spavento il Secondo questa il ritorno dalla ipotesi il SeaTróxTjs, di cui si campagna, sarebbe appunto tenutario di quella casa di piacere. (2) Non vediamo perché il Robert mantenga al cpépovxa il Wilamowitz {Neue Jahrb., XXI, I, 1, intenda che Sosia entri in arnese da soldato, se non è senso datogli già dal von p. 44) e stato ancora scoperto il fatto della fuga di Glicera. (3) Sosia ha veduto realmente Moschione entrare in casa della madre adottiva oppure uscirne, mentre si credeva che fosse an- i ••vrf,~/s" -..''.'*: -.•-':• - • vfv^c**'^/.-- }/».*. i-:\:^ 22 Davo. — Il . — forestiero è venuto questa faccenda va male as- : solutamente, davvero, per Apollo qui vicino calcolo ancora la cosa principale: (i>. E bella, che non padrone. Se per caso ritorna il più presto dalla campagna, che buscherio farà appena sarà qui Sosia. — (esce di ancora son dentro:) casa infuriato E e ! grida agli altri servi che voi l'avete lasciata andare, bestiacce sa- crileghe, l'avete lasciata andare fuori della porta, quella sciagu- rata? Lei, che Polemone vi consegnò in custodia, E lei lo sapete bene! se n'è andata dritta dritta dal vicino, è chiaro, dal ganzo, mandandoci alla malora! ; Davo. indovino. Sosia. Davo. Sosia. Davo. — Ha ha in quest'uomo un vero (in disparte) Il soldato dato nel segno. — — (interviene) Sciagurato, — — E Picchierò alla porta. che vuoi? E che hai? Levati di qui, all'inferno! che spedizione movete? Cora lontano dopo il brutto incontro. Per scuoterlo e indurlo nelle sue idee bellicose, alle quali Polemone, sinceramente triste, non sa aderire, sarebbe tentato d'inventare d'avere scoperto qualche cosa di più. Conserviamo, Leo (Herm., XLIII, meno che pel v. 440/169, la lezione del dando però le parole da 6 gévog 7iapa,p[ave£?] a Davo, come fa anche il van àcfìx-cat fino a 7101^061 Leeuwen ', p. 94 sgg. È necessario che qualcuno rimanga in iscena dopo che Sosia è entrato in casa del padrone e prima che ritorni. p. 151 sg.), — Davo è entrato nel frattempo e ha (1) E 'AitóXXeov àYuietig. veduto Sosia (pvoc) e ne arguisce che Polemone suo padrone sarà presto informato da lui della fuga di Glicera e verrà via dalla campagna, dove aveva offerto la colazione agli amici. Cosi intende potrebbe anche pensare che Davo arguisse il van LeeuAven. Si dalla presenza di Sosia che anche Polemone fosse tornato, e allora col 5£oiróxy]v sarebbe indicato Moschione, che poteva essere andato in campagna forse per ordine della mamma, che non lo voleva in casa con Glicera, forse obbedendo al consiglio di Davo di starsene lontano per qualche giorno. Propenderemmo per questa seconda supposizione. » • «j,- >' - j^rfi . ,; t - ?^ -? ;r^*^^'Y>'''J'<!p!r. — 24 — . , Nel dialogo che segue all'uscita di Davo dalla scena, Sosia trova con una donna, mandata da Mirrina o da Gli- si cera a pregarlo d'informare Polemone della verità. Questa donna è con ogni probabilità Doride, l'ancella di Glicera, r unica persona minor di questo sesso che co- risulti finora nosciuta dagli spettatori, e la più adattata per un incarico simile. Ma Robert il si domanda prima di tutto (p. 273) di scappata fuori questa Doride cosi all'improvviso; e in sia secondo luogo dimostra che escogitata dal van la lezione Leeuwen per ovviare a questa difficoltà dalla dal v. dove Sjóxrw assicurata lezione modo che 480/209, in lita Abrotono. Ma si resa impossibile è Kòrte al tenteremo si seconda metà del verso la lezione della un dipresso appena Doride fra loro questo dialogo Doride. Sosia. ci si- con- senso delle parole corse il s'è avvicinata a la lezione del che tutt' altro hanno finora proposte soddisfacenti, di arguire a del rende necessario pensare alla so- 478/207 e della prima parte del seguente è cura; e se non principio von Arnim Sosia. (vv. Seguiamo in 479/208-484/213): — — Te lo dico prima, Doride, ti darò qualche bella le- zione. Sei stata tu la principale colpevole di questi guai. Doride. — Cosi tu possa esser felice e soddisfatto, digli (a Polemone) che Glicera spaventata s'è rifugiata in un posto, da una donna... Sosia. — Doride, Spaventata... in — un posto... Sicuro, è andata da Mirrina, la nostra vicina. Cosi mi potesse accadere quel che desidero Dopo tre versi assai guasti questo foglio e (1) Il rifugiarsi '\-Zi '• .- " I '^iw'itffc'^ 'k Jl- f • .»v;. da una donna? il <^* principio della il ! papiro è interrotto. Fra pergamena senso del primo verso è che la di Lipsia devon ragazza « è andata a appunto nella casa dov'è l'oggetto del suo amore ». v' ^.iL«...^Lurr.-^_'cìxw^/>.;AfrT# ~.^'.t J>A;dv^'ùtMtt ;S?r^;.^J — correre, secondo computo il sessantina di versi; i 25 — del Kòrte, in cifra tonda, una quali, oltre alla continuazione del dia- logo fra Sosia e Doride, probabilmente assai presto inter- Polemone rotto dal sopraggiungere di contenevano uno di quegli assalti e dei suoi compagni, pseudoguerreschi, che dovevano costituire un espediente tradizionale nelle commedie, dove figurava un miles e dove una donna per qualche motivo, quasi sempre una tra casa la lite amorosa, abbandonando l'amante. Vien scena deìVEunuchus media omonima di quel che riguarda ^^\ si rifugiava in un'al- fatto Menandro, contaminandola col K.0AA3 per le parti del soldato e del parassita, e che somiglianza, sulla quale non è È un fatto richiamare che Terenzio ridusse dalla com- offre del resto colla nostra « Perikei romene » commedie di che Menandro il si qualche altra momento ora d'insistere. ripeteva nell'orditura delle assai spesso^-' e riusciva probabilmente a ottenere Ci pare adatta questa constatazione in bocca di Sosia, che se ne deve mostrare scandalizzato. (1) Il soldato Thraso assalta la casa di Thais per ritoglierle la creduta schiava: lui stesso comanda le magnas copias e dà le disposizioni per l'attacco, atteggiandosi a spaccone: finisce natu- ralmente che non conclude nulla. Le magnae copiae erano poi dei i quali un lavapiatti. Anche in Terenzio tutta la scena dell'assedio non oltrepassa la cinquantina di versi. In Menandro servi, fra spedizione si sarà composta in parte di gente più per bene, sebbene l'appellativo naiSsg non lasci dubbi sulla qualità dei più di loro, ma probabilmente ancora ubriaca; Sosia sarà stato poco corretto, e Abrotono si sarà prestata anche nella parte mancante a qualche lubrica allusione. Anzi sarà stato d'effetto sicuro il contrasto fra la turba degli assedianti e il loro capo malinconico, che lascia perfino il comando al servo fidato Sosia. Plauto doveva avere qualche cosa di simile nella Frivolaria (cfr. framm. Ili, IV e V ed. Goetz e Scholl, 1896). (2) Si confronti quel che si dice nel prologo dell' Aiidria terenziana riguardo all'ANAPIA e alla HEPINeiA di Menandro. la — v^^** Ì??^-?T|^A«^'^?^^^^ >" — %. ' — 26 maggior varietà dando una parte più importante a un persviluppando di sonaggio commedia, treccio. in una confronto con quelli d'un'altra di eguale in- Come è dell'indole dei riduttori barbari, avrà natu- ralmente il poeta latino esagerato e reso più volgare burlesco di queste operazioni quale d'un tipo più lo studio in il pentimento per l'offesa il lato Polemone, nel d'assedio. In recata alla sua Glicera e . il dolore per l'abbandono subito vincono sull'arroganza raillantatrice del tipo, questo lato parodico sarà stato certo assai attenuato, né sarebbe d'altra parte opportuno cercare in Me- nandro quel che commedia la l'interpretazione che dà Robert il tono è pregata di dare (sTCìd/iy-ìnvov inammissibile a prima vista. (p. • di di 267) al meno (jyi(x£ìov delicato: che Abro- Tourécxi sTcìTrapSov) ci pare Ciò non elemento burlesco appaiano qua e larmente nelle parole dà latina ci questo toglie che di là tracce evidenti, partico- Sosia. Nei versi perduti cadeva anche l'entrata d'un personaggio nuovo, Pateco, che rivelerà poi si come padre dovuto al fatto che è probabilmente melli: e l'intervento due ge- dei Pateco, informato dalla vicina dell'imbroglio e forse richiesto momento di consiglio, si trovava in casa di lei al e per preghiera delle esce fuori a placare due donne, spaventate del subbuglio, i bollenti del spiriti particolare missione datagli sulla scena da piuta da lui in casa delle donne non pensare come proporrebbe a tale andata non si dell'assalto, il allude v. ci Arnim mai nel A una soldato. Polemone e com- pare necessario di (p. 3); prima perché Pateco e dialogo fra Polemone, e in secondo luogo perché l'andata per incarico Polemone si ha di seconda andata nel verso nel senso che il padrone contro in séguito, e testo. gli é non è designata Basta intendere rrix-st comunissimo: Sosia mette Pateco, che già è in come una del in iscena da primo guardia qualche JSS*. « battuta » e cerca di placare zione che « viene » di là, il considera- soldato, colla dalla città nemica assediata, dove è presumibile che abbia avuto denari per tradire l'esercito assediante, del cui capo egli è chiaramente amico; cioè sia stato persuaso dalle donne Polemone. Ecco tredici i che il torto è nuovi versi della parte di dalla pergamena di Lipsia: nell'attribuzione ai vari personaggi ci scostiamo al- quanto cosi dal Kòrte, come dal v. Arnim e dal Robert: Sosia (a Polemone che sta parlando con Pateco). costui viene di là, e ha avuto del denaro: — da' retta a Bada che me, tra- disce te e tutto l'esercito. — Pateco. (a Sosia) Va', va' a letto, amico, e lascia stare co- non deste battaglie: sei in cervello. Con te già è inutile che parli, sicuro, che sei briaco. Sosia. — Briaco io, che ho bevuto meno del solito, forse un quartuccio, in previsione di tutte queste cose, poveretto, riser- bandomi per l'avvenire! — Pateco. Si si, dici bene. — (a Polemone) Segui il mio consiglio. — Polemone. — Pateco. ma a te E Ora che è quello che mi suggerisci? si che domandi come Sosia. — Abrotono, dà segnale! — Prima di tutto manda via E io te lo dirò, a casa costui (Sosia) e giovani che conduce. Abrotono (a sparte) Leverà colla forza Sosia). l'assedio, — Malamente dirigi (1) la guerra. (In di- mentre era possibile prendere (i). (Perg. V. 14, Lef. 71, Leeuw. S2S. — nfoxeos /* bi**a^-^;^i:vi:*. ! il Pateco. i deve si solo. - • èxei06v -S^itei xPW'^''^' eiXifjqjwc, 7tpo8i8a)o£v as xal tò « 217 sgg.) è\ii0i aTpaTÓ7ts6ov. — la piazza •'.l "'Jrt-T^P' ">•*?" — Sosia. — E 28 — • J questo Pateco qui quel che mi danneggia. Non è buon capitano. — PoLEMONE, — Sosia. cosa di buono. Per Me ne —E uomo, vattene via! gli dèi, vo. Mi credevo che tu avresti fatto qualche o Abrotono, c'eri tu, che hai qualche infatti, qualità vantaggiosa per l'assedio, e sei capace a arrampicarti, a circondare la piazza... Dove un — Se il fatto sta come veramente sposata quella che — PoL. PoL. — — Non — VT) tóv t' TTsfoGyj-cC HAT. 10 2223. ABP. me l'ha data? • w où^ ò^taiveic • òp9(tìg — èpeoTijis v5v 'Appóxovov, à7:ó:is{i4'OV — XaX® — S22. — ^ttcv nOA. — Da jiaxapis, ool 6 zi * fiotx*? Sg néTzwK, loog èyòi ii} aoi y' èp&. — HAT. — xaxffl? Stoixelg xòv nóXs(iov. — 222. — Sys'.. — — — E'j Xéystg. S xsXsóetg s|ié xe rcaiSag oOg ègòv XaPslv xaxà xpocxog. "càg • 8uaT«xi^C, b" èoxlv èuio:^p,T)vov. xoii?; sé. — HAT. — è{iauTÒv stg xò [iéXXov. |ioi.. — — npfflxov chi 7ipoei8(bg Ttacvxa TaùG', xo-cuXy)v, TTjptòv c'è qualche differenza? Io l'ho vera, [ie6ueig fdp. • E xtxGsuS' àrtsXGcóv, Taù-cag èàoag 5 tua moglie è gridare: chi è che te l'ha data in moglie? A me, HAT. voi altri, e dite tu pretendi di riavere... Pateco? dici, come moglie considerata Pat. Che bel che! con Abrotono: gli altri rimangono) {esce Pat. porcellona? Ti sei scanda- volti, ti lizzata? Si, perché te ne importa — stati) — ; xouxovd SiaXyoexat, o&xoot {is y*? 6 Ilocxaixog è^óXXuoiv. oùx Sa6' rjysjiwv. invece dell'espediente della punteggiatura consigliato si potrebbe intendere ^xxov.. xoxóXyjv coll'ellissi comune deH'ri, senza bisogno di correggere in xoxtiXrjg, come fanno il Kòrte e il Robert. V. 10: Ordina a Abrotono, che fa come da subalterno a SoAl V. 6, dal v. Arnim, sia, alle di dare il segnale di ritirata. Polemone, che ci piace di non far partecipare direttamente disposizioni dell'assalto, ottempera al v. 15, 72y218 al consi- glio di Pateco. ^^•^é it^ih-^^As: — — p^T. Bene n'è andata perché tu non — PoL. dato il la trattavi Che dici? Non come come deve? si A E ora non più. se deve. si dirmi questo mi hai dispiacere più grosso di tutti, — Dovrai Pat. che ora fai è da suasivi, per — PoL. stupido. un uomo E ; — Dove altro Pat. — — PoL. — non ! te. c'ero ha abusato di lei, me? ma se farai un giudizio: perché quest'offesa sottoposto a ma un atto vio- non com- rimprovero. Neanche ora, che Glicera è andata in casa di lui? Neanche ora. non so che Io piccherò. Glicera o Pateco come costui de' torti verso di te, tali da rimproverarlo, porta una punizione, PoL. quello che ricorrere a mezzi per- qualora tu venga a discussione con lui: lento, sarai — che bene andare, o a rapir chi? e innamorato quello che mentre io Ha lo so lasci ti non resta afflitto dei torti verso di Pat. — io dire in séguito Costei è padrona di sé non ha ma caro forse ullora, le eri : — 29 Ma dire, per Demetra, se non che m'im- m'ha abbandonato, m'ha abbandonato via, se pure cosi hai idea di fare — Glicera, giacché eri in relazione e molte volte in passato hai parlato con lei — va' e parlaci, falle quest'ambasciata, te ne supplico! Pat. PoL. — Questo appunto, vedi, ho idea di fare. — E sei anche capace a parlare, credo. Pat. — Cosi cosi. PoL. — Ma proprio è necessario, o Pateco. Qui sta dio di quest'imbroglio. Perché que modo... E la se roba che ha, se tu Pat. PoL. — — io, non ho avuto per lei se mai l'ho sempre offesa il rime- in qualun- tutte le attenzioni... — la vedessi! Sta bene a roba, è vero. Vieni a vedere, Pateco, per gli dèi: cosi avrai più compassione di me. Pat. PoL. — {Comincia a impazientirsi) Oh, Posidone! — Vieni qui: che vestiti! e che figura quando fa mette uno! Forse non li avevi mai j^...^.jxj -•-''»'''>*— se ne ìgmm visti. lattMrilii^Édì W .,.^-,^,;^,,^,^;fl^• i^;>.-. •!^^11r 1 . •«'.- _ Pat. Si, PoL. — - . ' , I si. i E Ma davvero. 30 poi la grandiosità di questi vestiti, era da vedersi che tiro grandiosità, sbalordito che sono, fuori la chiacchierando di cose estranee? — — Pat. PoL. Per Zeus, no davvero. No proprio? Ma bisogna davvero che tu li veda; vieni qua. — Pat. Fammi strada, vengo ti Osserva opportunamente mura di Polemone dietro. Robert il 280) che (p. remmo anche non — ingegnoso troppo ; — aggiunge- ma non è rivolto, com'egli vuole, a lasciare la scena libera pel seguente nologo di Ventr'acte Moschione esce — MoscH. mi son sta canaglia. Davo < poi... il — quali dirige le vi leverete di torno saltati fuori ! un Ma pure « i solo Sosia! — di questi ! il persone che suo sfogo: po' più svelti, voi? E a espu- » mi raccontava questi famosi mercenari sono Per quanto numerosi ne sian venuti su mercenari — da come appaiono, que- nemici avevano > seguente dell'atto E non sarebbero buoni di rondini, a giudicarli dei soldati mercenari tempo d'oggi, principio di casa e trova quella raccolta di Non un nido Al (^>. stanno uscendo, e contro gnare... mo- Moschione, bensì a dar posto alle evoluzioni del coro durante Colle lance pre- robe di voler mostrare a Pateco le nel Glicera non è altro che un espediente scenico / la — al perché di questo prodotto c'è stata di questi tempi una bella raccolta fra gli Elleni, quant'al- Robert invece (p. 277) l'atto finirebbe con uno dei mancanti prima del testo conservato nella pergamena di Lipsia. Ma una simile fine d'atto supporrebbe che le evoluzioni del coro accompagnassero i preparativi dell'assedio e il riunirsi della gente di Polemone. Ci pare più proprio incominciare l'atto nuovo coir ingresso di un personaggio che non figurasse nella (1) Pel versi scena precedente. "^ li II '^fciÉii -iiiT 1 ìkAAéaÉfliftiii - '- -- , S'r-i^ì.V-i Z' ;. ' _31 _, , ;: mai tra — , Ora mamma gli altri nel frattempo verrà la me ne e qui mamma, non ho chiamato ei'o poi Davo altro. me poca cura e tro Avita la colazione servi, s'è messo a rimpinzarsi lo me stomaco. Or ora « : a riferirmi da parte della mia amata, a che con- dizioni acconsente a mettersi d'accordo con me... Dopo questo monologo stiche del giovane avrebbero subito le ci previsioni aiuta ottimi- una delusione, abbiamo ampie lacune e brevi di ». Moschioue che non di per niente, se non per indovinare che un alternarsi a non Mando arrivato, tanto e giacendo sul letto dicevo fra io mamma che sempre sono andato lontano da tutti stavo tutto ritirato. a farle sapere che prendendosi di egli, pronta per E ma nessuno della gente di casa, una stanza, in . fatto nulla di quel ero solito, né mi son presentato alla dalla . credo che fra tanti nessuno viva cosi disgraziato io come me. Appena entrato, non ho me -. . passi conservati, che riassumiamo qui secondo l'ultima parte dello specchietto formulato dal Arnim v. in séguito alle constatazioni (p. 2) del Kòrte. Versi mancanti circa 150 (foglio ultimo del l.°e primo del 2." quaderno). > » » 17 (principio del » conservati num. 18 (séguito del framm. Leeuw. » mancanti circa > conservati mancanti circa (séguito 7 (fra glio). num. 60 » conservati » mancanti circa 100-150. » conservati » Leeuw. K ^ secondo fo- K^: Lef. 161-178; 307-324). 16 (principio del num. 19 160; » « K ', framm. quaderno). 2.** glio del e la framm. K » 2 ^). » : Lef. 142- 288-306). pergamena di Lipsia, 2." fo- . (perg. di Lipsia, 2.° foglio). num. 51 (papiro ti' Ossirinco). -A»:^>i. >t. t*» ^, j^- 'j2 -jjtJei^UM-.^-?; .. — fcvfkt ....-XJÌL... i :'r5^"^-~-' •_:.'>" " Come si una vera vede, 32 strage, resa dalla cattiva conservazione dei e di mezza pagina del 2." K* porre col Robert che — ancora più grave due brevi frammenti foglio di Lipsia. K * e K ^ Possiamo sup- contenga, lacunoso com'è e d'in- certissima interpretazione, una scena di spiegazione fra Gli- cera e Moschione Glicera e Pateco davanti a Pateco, o soli. Ma meglio ancora fra sarebbe arrischiato voler trarre da un passo integrato con mere ipotesi illazioni pel contenuto dell'ampia lacuna precedente, o viceversa curare l'integrazione di questa e dell'altra pagina del framm. K, basandosi sull'ipotetico contenuto del resto ^^^ (1) di più si 301 sg.) dopo il monologo di Modoveva dire che Mirrina gli aveva rinunziare a Glicera, sarebbe venuto in iscena il Secondo il Robert schione, in fine del quale consigliato di Qualche cosetta (p. si Robert identifica col Filino degli ultimi una sua figlia spuria, che vorrebbe fare sposare a Moschione. Moschione si rifiuta e se ne va irato, mentre Filino entra in casa colla figlia. Allora Glicera scappa di casa: c'è una scena di lei col fratello, che ritornerebbe non si sa come e cercherebbe di confortarla. Pateco escirebbc dalla casa di Polemone, dove non si sa quando e perché fosse andato ma non bisogna dimenticare che pel Robert la terza e Moschione lo inforcasa sulla scena è quelia del Tiopvopoaxóg merebbe della situazione. Qui s' inserirebbe K^, che però il Robert non è pienamente convinto che debba esser messo, come il Korte ha dimostrato, prima di K*. La necessità di intrudere questo nuovo personaggio ci sfugge, tanto pili che si creerebbero corto delle complicazioni con Mirrina, che non se la dovrebbe sentir troppo di ricevere la figlia spuria del marito; preferiamo di credere che l'idea del matrimarito di Mirrina (che il versi del pap. d'Ossirinco) con — — , che non può più sposare la desiderata Glili per li sulla fine della commedia, su per giù come neìV Hautontimorumenos di Terenzio. Anzi, se l'idea non è troppo arrischiata, si potrebbero intendere le ultime parole conservate della nostra commedia w y^ monio di Moschione, cera perché scoperta sua sorella, venga espressa xaL bsol come un'espressione Il ili di mei'aviglia, come se la figlia di iiìlMliBìlhÉiMaiÉhflIl^iiÉMÉMyMaMiiìMft — 33 — - può ricavare da K*, dove però non par necessario ammettere che Moschione sia presente. Glicera ha accennato agli che possiede e Pateco yvwp{'j(AaTa sa che nei versi precedenti ha chiesto le perduti il fra sé di qualche sospetto che gli era lare di infanti esposti, considerando di vederli: chi vecchio non dicesse venuto sentendo par- anche l'età dei due ge- melli? Nei primi versi Glicera parla della vecchia corinzia: Glicera. — ... del mio babbo e della mia mamma, e mi disse di tener questi oggetti Perché dunque vuoi che Pat. — li sempre presso me di e custodirli. Lo conosci bene costui (i). che da te questo mi fosse con- porti qui? Figlia cara, vorrei cesso. — Glic. Sarà questa è da ridere davvero. fatto: l'obbligo dì volerti bene più che a ogni altro (2)^ Ma sento io voglio e ti con- tentare. Filino non piacesse e se ne dovesse cercare un'altra, nello stesso Clitipho, non piacendogli la sposa proposta dalla mamma, ne sceglie una di gusto suo: può darsi che fosse un motivo non modo che raro. Il significato di questa espressione s'accosterebbe cosi a Kretschmar (De quello dei luoghi citati a questo proposito dal Men. suna rell., Lipsiae, MCMVI, commedie p. 104). osservi di più che nes- Si Menandro conservate avrebbe né più né meno di nove personaggi non parliamo della 2 AMIA, troppo frammentaria per prestarsi a una constatazione simile. Nei poeti latini il numero dei personaggi è maggiore, anche per effetto della contaminatio. Si confronti ciò che abbiamo detto àéiV EuniLchus delle di : di Terenzio. (1) Col Robert leggiamo versi a Glicera, mentre o]ù y' o'Jv. Diamo però tutti questi ne attribuisce parte a Moschione. Nel resto cfr. v. Leeuwen*. Pateco conosce bene il marito di Mirrina e si può informare da lui di tutto, senza bisogno di vedere gli oggetti. Glicera non pensa nemmeno a spiegarsi questa cuegli riosità di Pateco. (2) èpà]v o', secondo l'indicazione del Kòrte p. 113. .. . --^-.-^liiiiiiiiiiiitfniiitji- ,-- '* :: '.. * '^ — — Conosco Glic. — Cosi è. Pat. io — 34 meglio di '" I tutti ciò che mi riguarda. — Qualcuna delle ancelle sa dove hai questi oggetti? — Chiami ora qualcuno Doride. — Doride lo Glic. — Pat. sa. Si. Pat. — DoR. — Che c'è, Pat. — Non sai — Portami Ma tuttavia, Glicera, per gli dèi (entra Doride) Glic. Pat. (a Doride). — guaio. il fuori, o Doride, la cestella che racchiude i che t'ho dato a custodire. belli oggetti e DoR. padrona? qual'è — Che aspetti a andare, disgraziata? Provo un non so che, per Zeus salvatore *'>. Nei pochi versi che mancano la cestella era stata portata e l'esame degli oggetti incominciato conservata ci viene poi la parte pergamena, per l'intelligenza della quale nella riferiamo all'ingegnosa giusta e Arnim, che Moschione assista mento : degli oggetti alla supposizione scena come testimone non del visto, von del riconosci- insieme con Davo, in disparte. Sarà, crediamo, venuto in iscena per curiosità, (1) avendo visto escir Il Korte (Archiv u. casa Doride colla cestella di a.) attribuisce a Doride: il v. <2). Se Leeu- — wen^ a Glicera, che deve però rimanere ancora indifferente. Molte espressioni, rese letteralmente, avrebbero un valore preciso, se conoscessimo il resto. Se, come non è impossibile, i due punti segnassero una pausa invece d'un cambio di persona, queste parole starebbero bene a Pateco. Anche l'espressione il vàp oùv àXóstg potrebbe appartenere ancora a Glicera. (2) « Dass Glykera seine Schwester ist, hat Myrrhine dem Moschion angedeutet, um seine Werbungen entgegenzutreten sie à9X(a; ; hat ihn aber in ist, dem Glauben gelassen, dass er ihr rechter nun auch Glykera so dass er fiir eine Tochter der Myrrhine halten muss, ohne indessen uber diesen Mutter gehòrt zu haben I^^.-tóii^ '.1 ; '.:, .. : ' ».'.' . . .i .^J- » (p. Sohn Punkt 12). .M\M\l'<Jti^iÀtuJ-^'^'.-!^.^j^'!r-AAK'^:\''-^^-i. niiheres von der ';'.- ':'::. per tutto _ resto il . siamo voluti limitare a dare ci ridotto alla meglio — 35 in par necessario italiano, ci gare per questa nuova parte di testo dero- proposito di aspet- nostro al il tare a riprodurlo nell'edizione che stiamo preparando di tutti Cairo resti del i — HAT, 5 ov] xaL xót' sXio'/. xjpdfoi TIC, §o]xt]xev ; Poùj, ri — tà xP'>i]^*'t' oòx iojxt XTjv x^s yiyyv.txòi TrjC où xpxfoz. — ot8a. — HAT. — ymI xsxoOaav xo'jxì xp{xov ^[i'^S àOXìa?. |ji(£X' àJSuvixwv èoxl xtòv èfiTjv èaxtv, — TArK. — soxì xaOxa, xac — nùg; MOS. nap' aùtòv ouxooC sXaqp og, yiXxax', y' èxet xoùx'. Jisxjsivòg Ikkoz. — où xotouxi OTj[pt]ov ri — FArK, — — xépa] HAT. : — xoùx', è(iot 5oxstv. (irjxépa xtpSl 7iapa9]éo9a'. Ooyaxép' aùx^g yevojjiévTjv. 10 sì 8' iax' à8ùvaxo]v xoùx', &òsX(pri 0Ò8' aùxòg aùx^g HAT. — — 81^X0]», FArK. HAT. 15 FArK. MOS. ijxo) xùv xàTTÌXotTta — è|X(ùv. — — FArK. — MOS. — HAT. — FArK, — oùoa zaiSiov. èv xo]ta8' àvQpéGyjv nox' èTtjivays oauxòv nixpòv, sEg xù^i'lS p.óvYj où àg xatpòv oìxsiag lytó. 8'lxeioo; zorixo S'^x', (5ió6[q) xavùv — -fài.p oi^natvé jioi. àSsXcpòv 8' ègé6['»jx]s xdciis xtg. uù)g oùv sxu)p£[oGYj]x' àn' àXXi^Xwv 8[{xa Èxotfi' xà|ià 8é y' èpctìxa, 25 sxsiva 8' MOS. — aùx^ — ^..-^:.is>Lf^.:^^^ jìt] e[ì7rel]v ^Tjxà x'Q ó 8è -' fV notvx' àxT]xoulòc yàp xaùx' sox( cppiastv òjitófioxa. x]al x[où]xó ò]|i(ì)nox6v IIAT. — — — — — xouxì fièv Iv noi xt&|v s|i]ol ^rjxo'jjiévMv. ctv ii.[i'jxpC • |iot oùaaTjiiov Ttojù nox' et|jil ; — aot, |ioi, — etpTjxev aaipég. y'^»» Xapwv as [xat xp]s^Q)v n — pouXsi, xoOxo nuvOocvou x' èfioù. nóOev] Xa^oùca xaùxa xéxxTjaat; ^pctoov. — — IIAT. 20 xiv' T^87j ^sy', SI xi] — 8' sax' è^i^, ó SuaxoxilS, èyw. s]t{i', xtg f^v itìliifeniÌÉrniiÉÌìÉÌiliÉritftti>ifiiiiHÉÉ' noxe; — i'BBBHBttÌÌÉteìiti<iÌiÌÌlÌiÉÌTiii ini' ^ ---^-^ • '> ' tV"'^V?*K '^^^-' — — HAT. — FArK. — HAT. — FATT. — HAT. — FArK. — où HAT. — KÓXX' FArK. YUV1Q xpT^[v»]v] [elne x]al xótcov y' òtióox'.ov. xiv' xòv aùxòv, Svnsp xii 6 8' |ièv fi xdpiol cppiaov. - ó 8è xpécpeiv òxvwv ày^- • sì ; xtOelg «aie, òbv Géjxtg, «axi^p, xivog x*P-'*' èoxlv ipy' òcnioxa, èunpooGsv S' ]it.6f, — — HAT. FArK. — HAT. — FAFK. Fjnépqc v ycvexaC 7io9' zi èv Tcó&g ruiépcf, iìjxouoa ; (b ; vaùv xtjv d)$ . . . . 45 • — — xacXaiv' sywys, '^[yyjo]d|iYjV 6eo{, — [èyw. x'^g — 8etvo0 nó[xfiO'j. itapsix' i^ "^niv xp[o9i^v — — TóxvjS è^óXxiov. 7:[xa)]xòv 8t) — xàXaiv' xpé|iii), Ssivjòv xaX'J'4^ai TtéXayog Aìyataj àXój. HAT. xXóetv 7iai8{ov, — 5 piov èxetv [eìGtonévog. uévTjc èyevó|iTjv, FAIK. — [loi. xexoOo' 5jiàg yàp èxXednst ptov {lèv eù9óg, 40 tt^elg etpYjxé x<«> oùxóg èaxiv 8' ègéOTrixac 35 - xóx' el8s xstnévYjv. vinep] 8è T[óTto]u zi [nvrjjjióveuiict ooi Xéyei; - xot> 30 sepe[4'', |i' — 36 òvxa uat8{a xpé^Jsiv à[Pou]Xou TiavxsXàis àvSpòg xpón[ov d). (1) V. La maggior parte 1. delle integrazioni è del Korte (p. 161 sgg.). Robert: anche probabile w; o §xi dip. da un verbo di ricordarsi le parole lino a ioxrjxev sono per lui di Mo; schi one. V. Pateco dice 3. où fino a oi8a.., à6X£ac;. xà)v. è9sXov]xL |isx' èfioS 7ipo]éo6a'.. dcXX' sì xexuxiìxsjv. fiÒTi V. 16. V. 20. fióO[(p Il V. xocxtox' ècpOa]cpn'. xavùv è del V. Arnim. (Moschion Arnim corregge xc&v V. 23. Kòrte: xà S' àXX' èptóxa. Circa la natura degli oggetti esaminati, menti per pronunziarci con sicurezza. un anello, o a una Il stoffa ricamata, forse sposalizio della madre. Robert si rivolge a Davo). èui^Tjxoutiévwv. non abbiamo Kòrte (p. un pezzo ele- 164) pensa a del vestito da 290 sgg.) spende un lungo ragionamento per indagare come Moschione, che egli fa presente alla Il (p. — ài — Degli altri 15 versi, eccessivamente laceri, solo due un senso compiuto di = 115 Kòrte: 60 = 121 »; e sfugge: certo accettando mai l' il si v. avvicina? si ma ») ipotesi del v. Arnim un coro Kòrte: « oh, dèi, l'insieme della scena ci riconoscimento non è finito resta Anche però li. da domandarsi come che Moschione fa in disparte cessano col le interruzioni 25: « c'era qui 54 giovanette danzanti chi è questo che V. (v. danno potrebbe pensare che escisse per andare a inter- rogare Mirrina su questo punto cosi capitale. Già è stata notata l'intonazione tragica di questo xvzyvwpt<7[AÓ5. A noi sia lecito trovare un po' troppo fredda l'ac- coglienza che fa Glicera alla notizia che Pateco è suo padre; e anche lui non prende davvero troppo a cuore, per se la quanto abbia ritrovato una figlia aveva avuto, come tanti avevano, Neanche Moschione si che parla è sua sorella: creduta morta: è vero che il coraggio di farla esporre riscalda troppo a sentire che quella ma con ogni probabilità scappa a sincerarsi del dubbio sortogli dalla creduta madre. Gli molto di più di non perdere prologo d'Agnoia) in iscena ! Non rato è sua sorella: la la Moschione A una (v. ritorni più ragazza di cui era innamo- parlerà di lui solo alla fine, quando Pateco penserà a dargli un'altra sposa nella lino, preme sua condizione di Àajxxpó; è probabile che dopo, appurato che si ! scena sentimentale fra il padre e non c'è da pensarci assolutamente. Finito fra padre e figlia, Glicera sarà stata il figliola di i figli Fi- ritrovati riconoscimento naturalmente accolta casa di Pateco; sul resto siamo interamente al in buio. scena, sia venuto anche lui a conoscere questi oggetti: un par d'orecchini mina; di cui uno l'avesse il pensa a maschio, l'altro la fem- e tutto questo per giustificare l'assegnazione di xal xó-i'eìSov a Moschione. Ma è proprio necessario? -V>j»..Ì,^_Vv' -^ . -. — 38 - Al principio dell'ultimo frammento troviamo Polemone, che insofferente distacco, del avrà raccomandarle d'interporsi presso sia successo prima non si la chiamato pad roncina. Quel che arguisce senza pericolo di hariolari. Ancora una volta sarà da dar ragione Menandro più che l'intreccio cercavano l'^Oo;: è inutile colmare le ci affannarsi a cercar di lacune del testo immaginando complicazioni, alle quali non è probabile che Non agli antichi, che in scene e la rarità del- vivacità delle la Menandro pensasse nemmeno. sappiamo esimere dal dare anche queste scene modo che ultime conservate nel noto papiro d'Ossirinco, in sparse e vessate le tutte insieme, per ci per Doride membra della commedia siano raccolte quanto non ne possiamo ricavar nulla che illumini sulle parti invidiateci dalla fortuna. Ci atteniamo per questa parte, dal V. Leeuwen Polemone. Doride. PoL. — ^ — — meno qualche (vv. variazione, al testo accettato 325-375). ... Per andarmi a impiccare. Oh, questo no, via! Ma che devo Doride? Come potrò vivere, tre fare, volte infelice, separato dalla mia dilettissima? <'>. DoR. — Ritornerà da PoL. — Per DoR. — Qualora tu faccia proponimento di condurti con gli dèi, te. che diamine dici! lei d'ora innanzi senza maliziosi sospetti. PoL. — Non saprei trascurar nulla, sappilo bene dici benissimo. Va', e io esce, prima ancora che Ze domani ti che Polemone abbia finito). devi dire:... Toh, se n'è andata! (1) «[v vfiz (fiXtocTyjg, Robert seguendo Ma — o'ijioi [jTiapaxoni^], perché tu sta' gli editori Rob. *-5.^*t«.-'.-ì;vi^ì-aW-4^ì^* a sentire quel Ah, pazzia Hunt). (2) ; farò libera, o Doride (Doride jjfcL-....-. (2) , come (Grenfell e _ ti •- — .-^ impadronita di sei non l'amante, e : . -^ a forza! Baciò quella voltai'» mostro geloso, da vero sbalordito io come avrebbe misi a trattare mia rovina me — 39 fatto un ubriaco. E sùbito mi cosi procurai la mentre stavo cosi bene! {Doride (3), fratello, il <2) ritorna). — Che Doride cara? c'è, DoR. PoL. DoE. — Buone nuove: viene da — Di' la verità, voleva pigliar — per Afrodite, che sta come te. si Si, veste lunga padre il le faceva tante domande. gnerebbe che tu ora presto facessi un buona novella, ora che una volta PoL. — Ma una biso- che Glicera ha raggiunto la felicità. — Si, per Zeus, dici bene quel che bisogna fare: c'è dentro un cuoco. Sacrifichi la troia di DoR. ^*>? per festeggiare la sacrifizio sai l'accaduto e me dico; s'è messa ti E (S). gioco di — Ma — Bene, canestro dov'è, e il rito. le cose che ci vo- altre gliono ? PoL. il canestro lo preparerà dopo: sgozzi la troia. Anzi voglio prendere anch'io dall'altare una corona e cinger- mela <6'. DoR. PoL. DoR. PoL. — Cosi crederà molto più volentieri. — Ora fate venir Glicera, presto! — Giusto appunto era per venir via, — Lui? Che cosa può capitare? ti lei e il padre. (esce). (1) è[cp£X7jasv xóze, (2) à[ny]xavu)xaTa, Rob. PiccoLOMiNi (Atene e Roma, III, 14, 50, n. 2*). (3) [à7KoXó|iT]v] cogli editori. (4) xaTeY£>.[a y'è\iob; col Croiset, seguito dal Robert. (5) èvs8óeT[o axaxóv cogli editori. (tì) Osserva lo Stengel {Hermes, XLIII, p. 466 sg.) l'incongruenza delle espressioni di Polempne riguardo all'ordine delle non conosce le regole o è indifferente: anche Doride avrà scosso la testa ». Si pensi però che Polemone è in preda a una forte agitazione, per quanto gioiosa. varie operazioni del rito. « non solo il pubblico, ma xt--^ij''.fi',ìf,i'iiij^A>/,^xQ-y- iiiÉiyai.'. . JÈÌSlmb^ -^•'-''^^— '' • — DoR. — — quel che può bisognare gli la felicità — Approvo assai 1 Te ne vai? Vien qua! Vo dentro anch'io per — Ma aiutarlo in (via). (entrano Pateco Pat. 1. — 40 Bel lavoro! Che fai? fanno rumore alla porta. . ' il tuo Glicerà) e « mi riconcilierò con lui » dopo che t'è venuta. Aspettar questo prima di ricevere una soddisfazione, è segno di sentimenti degni di una greca. — Ma qualcuno chiami fuori subito Polemone. PoL. (tornando). — Eccomi vada bene, ora che ho quelli : ho sacrificato perché tutto che voleva. Pat. Senti. fuori inteso che Glicera ha trovato realmente — Davvero parli bene, e Questa, perché si procreino bene voglio parlare anch'io. legittimi, figli io ti do in moglie. PoL. — — — Pat. — PoL. Pat. non Accetto. E di dote tre talenti. Sta bene. In avvenire scordati che sei modo da soldato in far niente di temerario a' tuoi cari. PoL. — O Apollo! Io che anche questa volta per poco non mi son rovinato, dovrei fare ancora qualche cosa Nemmeno — per sogno ^^K di temerario? Glicera, fa' la pace, carina: solo que- sto ti chiedo. Glicera. — Giacché per noi è stata origine di contentezza la tua temerità — Bene, cara. — Per questo hai ottenuto perdono da PoL. — Via, Pateco, aiutami a fare Pat. — Altre nozze devo procurare per mio PoL. Glic. il il sacrifizio. : figliola di Filino. PoL. — (1) où5è Oh |i[7ìv terra, o dèi ! òvap, cogli editori me. e col Robert. figlio prendo la :.>_?,:,.>-.;* . :', ; ; ; Dove — da porre sia giacché i principii rispettivamente e ^ •" .' v'" robe di Glicera •^> — - ;. principio il degli 2.° e del 3.° del li abbiamo Polemone atti collocati Moschione e Pateco a vedere l'uscita di — un problema come resta ultimi due della scena trocaica fra all' inizio Davo e dopo 41 " il le contenuto dei versi scomparsi. Con ogni probabilità l'intervallo era segnato dalle evoluzioni del solite coro, che al principio del 4." e non riesciamo a capire che cosa avesse che del 5.° atto ve- dere coH'azione: solo per questo riguardo sarebbe opportuna l'idea d'un gruppo di coristi che scena, almeno rimanesse, se non sulla nell'orchestra. Fare apprezzamenti particolari sull'arte Menandro di in questa commedia equivarrebbe a ripetere quel che s'è detto ormai abbastanza sulle qualità di lui in generale. occhio im- gerare in male né in bene e considerando con parziale, si Terenzio può dire che ci il Senza esa- precursore e modello del castigato mostra con abbastanza chiarezza la fase, nella quale la commedia attica era entrata, contrassegnata da una pacatezza fin fredda e fiacca nell'azione, dalla prevalenza data all'analisi psicologica sulla vivacità delle scene, da una so- miglianza insomma che colpisce mimiambo. Decadenza? Non crediamo che si coli' idillio e il possa parlare mai d'arte decaduta o inferiore: ogni età ha l'arte sua, specialmente nella Grecia antica. it'iir ìiii tii'iÌÉt1ìiìÌiÉIÉfiiÉi1liÌiÌMMiMMÌÌÉÉÌlM . .• r. --.-vy . -;;fr-;^ ~ •';'-'»" '•*»-• .. ,i^.^.\