Università Ca’ Foscari di Venezia Dottorato di ricerca in Storia sociale europea dal Medioevo all’età contemporanea (XXV° ciclo) Tutor professor Mario Infelise Dottoranda Alessia Castagnino progetto di ricerca: Le traduzioni italiane dei “classici” dell'Illuminismo scozzese (1767-1838) Tradurre l'Illuminismo. Il contributo di Pietro Antoniutti tra Settecento ed Ottocento Premessa Uno degli strumenti grazie ai quali le idee e le riflessioni degli Illuministi si diffusero in Europa furono le traduzioni, «un complesso laboratorio concettuale in cui significati ed obiettivi dell'autore subiscono, attraverso l'opera del traduttore, variazioni e modificazioni importanti, producendo risultati che costituiscono una documentazione di singolare interesse per lo studio della circolazione delle idee in età moderna»1. Tema tradizionalmente vincolato ad approcci socio-linguistici e di letterature comparate, solo a partire dagli anni Ottanta del Novecento, le traduzioni hanno iniziato a richiamare l'attenzione degli storici, ed in particolar modo degli studiosi di storia delle idee e di storia culturale, che ne hanno colto le potenzialità come fonti per la comprensione dei transfert culturali 2. La ricerca che sto conducendo si colloca in questo filone ed ha come interesse prevalente quello di verificare, 1 Girolamo Imbruglia, Rolando Minuti, Luisa Simonutti (a cura di), Traduzioni e circolazioni delle idee nella cultura europea tra '500 e '700, Napoli, Bibliopolis, 2007, p. 13. 2 Per una rassegna esauriente del dibattito storiografico sviluppatosi negli ultimi decenni sul problema della traduzione, si veda il saggio di Federica Mazzara, Studi sulla traduzione, pubblicato nel Dizionario degli Studi Culturali di Michele Cometa, a cura di Roberta Coglitore e Federica Mazzara, Roma, Maltemi, 2004, consultabile in una versione breve anche all'indirizzo internet http://culturalstudies.it/dizionario/lemmi/studi_sulla_traduzione.html. Per quanto concerne il concetto di “transfert culturale” rimangono fondamentali gli studi di Michel Espagne e Michel Werner (M.Espagne, Les transferts culturels franco-allemands, Paris, PUF, 1999); si vedano anche i contributi raccolti in Peter Burke e Ronnie Po-chia Hsia (eds), Cultural Translation in Early Modern Europe, Cambridge, Cambridge University Press, 2007 e P.Burke, Translating Knowledge, Translating Cultures, in Michael North (ed), Kultureller Austausch in der Frühen Neuzeit, Köln-Weimar-Wien, Böhlau, 2009. 1 attraverso l'analisi di alcuni casi specifici, quanto e come le traduzioni abbiano contribuito, nella penisola italiana tra XVIII e XIX secolo, alla conoscenza dei concetti e dei temi maturati all'interno di quella straordinaria esperienza intellettuale nota come Illuminismo scozzese. Le histories di William Robertson, i saggi filosofici e storici di David Hume, i contributi “sociologici” di Adam Ferguson e gli scritti economico-politici di Adam Smith non solo vennero letti nelle versioni francesi - e in alcuni casi anche in originale - ma, secondo motivazioni e modalità diverse, vennero offerti ad un pubblico sempre più vasto «volgarizzati in italiano idioma». Negli ultimi decenni del Settecento e nei primi dell'Ottocento videro la luce più di settanta tra prime edizioni, ristampe, nuove versioni di testi già tradotti, distribuite non omogeneamente secondo una geografia editoriale che aveva come centri principali Venezia, Napoli, la Toscana e, nel secolo successivo, Milano e Torino. Realtà politiche, economiche, sociali e culturali diverse, che riflettevano le loro peculiarità anche nelle scelte e nei processi traduttivi e che consentono l'adozione di una prospettiva d'indagine che, coniugando storia del libro e dell'editoria e storia intellettuale, permetta di valutare la traduzione nella sua complessità, come risultato di un “processo di negoziazione tra culture”. Una negoziazione linguistica, intellettuale e culturale tra un “contesto di partenza”, connotato da proprie caratteristiche, e uno “d'arrivo”, in cui, secondo esigenze specifiche e progettualità più o meno studiate e consapevoli, si devono adattare non solo i vocaboli, ma gli stessi concetti, ed in cui un ruolo di importanza non secondaria è svolto da editori, stampatori e, soprattutto, traduttori, che con il loro lavoro diedero un contributo alla trasmissione di una determinata immagine dell'Illuminismo scozzese3. Ed è attraverso la ricostruzione dell'attività di uno di questi ultimi, il prete friulano Pietro Antoniutti, “mediatore” della cultura britannica nel Veneto - con un progetto intellettuale selettivo negli autori di riferimento e ragionato nel loro adattamento - che verranno approfonditi alcuni nodi problematici della ricerca, dalla selezione delle fonti alla metodologia impiegata per il loro esame critico, anche attraverso l'esempio pratico dell'analisi dell'edizione italiana della History of England di David Hume. 3 Non si vuole ovviamente attribuire ad ogni caso la stessa importanza, sostenendo l'esistenza di un progetto complessivo di recezione dell'Illuminismo scozzese in Italia. Esistevano molteplici ragioni, intellettuali, ma soprattutto economico-commerciali, nella scelta di proporre determinati testi e traduzioni. Fondamentale, a mio avviso, diventa perciò lo studio di ogni singola edizione, senza scinderla dal contesto di produzione e dalla strategia editoriale. 2 Un eroico traduttore e la sua recezione della cultura inglese Nel 1974, recensendo la traduzione che Pasquale Salvucci aveva eseguito dell'Essay on the History of the Civil Society di Adam Ferguson4, Eugenio Garin aveva voluto richiamare l'attenzione sul poco conosciuto prete friulano Pietro Antoniutti, un «eroico traduttore» 5, che si distinse tra i suoi contemporanei per una sorprendente conoscenza della lingua e della cultura inglese, messa al servizio di un prolifico lavoro di traduzione di testi. Un'abilità riconosciutagli soprattutto nella scelta di cosa volgarizzare, ma non supportata, secondo alcuni commentatori successivi, da un'adeguata resa stilistica delle sue versioni6. Pietro Antoniutti nacque il 16 novembre 1732 a San Daniele del Friuli e compì gli studi nel collegio gesuitico di Gorizia, dove ebbe modo di dedicarsi alle lingue classiche e moderne. Dopo essere diventato sacerdote, si trasferì a Venezia e successivamente a Vienna 7. Fu in quel periodo che, come ricorda egli stesso, iniziò ad occuparsi del mondo inglese, attraverso la History of Great Britain di David Hume, un interesse che ebbe modo di approfondire nel soggiorno a Costantinopoli, dove si recò come cappellano e confessore di Gianantonio Ruzzini, bailo presso la Sublime Porta tra il 1764 e il 1768. L'esperienza fu determinante nella sua maturazione e nella sua competenza della lingua d'oltremanica, dal momento che ebbe la possibilità di frequentare il circolo intellettuale orbitante attorno all'inviato della corona britannica John Murray, con il quale decise di rimanere, al termine dell'incarico del Ruzzini. Fece ritorno in Venezia poco dopo, con Lord Edward Wortley Montagu e si dedicò per alcuni anni, con alterne fortune, all'attività di precettore dei figli del conte di 4 Eugenio Garin, Ferguson in Italia, in «Rivista critica di storia della filosofia», XXIX (1974), pp. 96-97. Definendo Antoniutti un “eroico traduttore” Garin si richiamava all'espressione usata da Giulio Natali nel saggio sui letterati veneti apparso nel volume “Il Settecento” da lui curato per la Storia della letteratura, Milano, Vallardi, 1962 (ed. or. 1929), p. 543. L'interesse dello storico della filosofia non si esaurì nella recensione, nella quale affermava anche di voler ritornare in seguito sull'argomento, ma ebbe un'appendice nel suggerimento dato ad Attilio Zadro affinché dedicasse uno studio al letterato. Si veda a questo proposito A.Zadro, Pietro Antoniutti e la consapevolezza storica nelle Venezie fra il XVIII e il XIX secolo, in «Giornale critico della filosofia italiana», LXIX (1988), pp. 71-79, che rimane, a mia conoscenza, l'unico saggio critico dedicato all'Antoniutti. 5 «Era tempo che un'opera di tanto significato, e di tanta incidenza storica, rientrasse in circolazione in Italia. E dico rientrasse perché esisteva già una traduzione italiana completa, e non soverchiamente malvagia del Saggio [...] Il volume si dovette alla instancabile attività di Pietro Antoniutti, eroico traduttore - come lo chiama il Natali - che dal 1781 al 1810 voltò in italiano un numero spaventoso d'opere inglesi, di storia e di filosofia» (E.Garin, Ferguson, cit., p. 96). 6 Critiche negative, che in un certo qual senso hanno influenzato gli studi sulla sua attività letteraria ancora nel Novecento, gli vennero rivolte da Girolamo Dandolo, che nel paragrafo a lui dedicato nello studio sulla caduta della repubblica di Venezia (Girolamo Dandolo, La caduta della Repubblica di Venezia ed i suoi ultimi cinquant'anni, Venezia, Pietro Naratovich tipografo editore, 1855, pp. 213-214) scrisse che «tutto il tempo non richiesto dall'esercizio de' suoi doveri fu da lui impiegato nel recare dall'inglese all'italiana favella molte eccellenti opere; ma quanto lodevole ne fu la scelta, altrettanto infelice dee dirsene l'esecuzione» (p. 213). 7 Per una breve nota biografica sull'Antoniutti si veda la voce curata da Mario D'Angelo in Cesare Scalon, Claudio Griggio e Ugo Rozzo (a cura di), Nuovo Liruti: dizionario biografico dei friulani, Udine, Forum, 2009, vol II “L'età veneta”, pp. 282-284. Di fondamentale importanza per la bibliografia dei suoi scritti rimangono Gianantonio Moschini, Necrologia di Pietro Antoniutti, in «Giornale sulle scienze e lettere delle Provincie Venete», 1827 e Luigi Narducci, Notizie biografiche del sac. Pietro Antoniutti, Udine, Tipografia del Patronato, 1884. 3 Valvasone, finché nel 1789 ottenne l'incarico di cappellano del doge Ludovico Manin e successivamente, il 23 luglio 1793, la nomina a parroco di San Giacomo a Rialto, dove rimase fino alla morte avvenuta nel 1827. La sua attività letteraria ebbe una prima concretizzazione nel 1781, quando ad Udine, presso i tipografi Gallici, videro la luce i due tomi delle Riflessioni sopra la elevazione e dicadenza delle antiche repubbliche [...] tradotte dall'originale inglese8 del Montagu; il nome del traduttore non veniva esplicitamente indicato, ma il riferimento al rapporto d'amicizia con il lord, citato nell'Introduzione, e successivi richiami all'impresa in altre opere dell'Antoniutti suggeriscono che ne fosse lui l'autore. D'altronde i temi affrontati nel saggio rientravano a pieno titolo nel campo di interessi del prete friulano, attento soprattutto all'evoluzione politico-istituzionale di Venezia e degli stati europei ed in modo speciale del mondo anglosassone. Non è un caso che ricercasse modelli d'analisi storica e filosofica nei contributi di Lord Lyttleton, William Coxe, David Hartley o John Harris, o che tentasse di approfondire lo sviluppo della società inglese così come era venuta formandosi in rapporto alle vicende storiche: l'Inghilterra del Settecento per lui rappresentava un punto d'arrivo importante sia sul piano della riflessione religiosa, sia su quello concreto dell'azione politica. E per comprendere fino in fondo il suo contributo come mediatore e traduttore della Scozia dei Lumi, non si può, a mio avviso, prescindere da questa constatazione. La centralità dell'esperienza britannica era così evidente che anche l'edizione delle Riflessioni di Edmund Burke diventava un'occasione per presentare all'ambiente veneziano le posizioni più avanzate della pubblicistica radicale democratica 9. La traduzione -tra l'altro pubblicata contemporaneamente anche da Giovanni Gatti sulla base, però, della versione francese- non era che un pretesto per «offrire ai suoi lettori una documentazione diretta ed obiettiva del grande dibattito sulla costituzione inglese provocato dall'incalzare degli avvenimenti parigini» 10, a tal punto che la Francia e la Rivoluzione erano trattate «quasi accidentalmente» 11. La strategia adottata era stata quella di intervenire direttamente aggiungendo all'opuscolo di partenza gli scritti di Richard Price, Catherine Macaulay Graham e Joseph Towers, per far emergere delle tesi utili anche per il «dolce e libero governo di Venezia», a cui faceva riferimento nell'Avvertimento, immediatamente dopo la dedica alla memoria di Girolamo Giustiniani. Scorrendo anche sommariamente la produzione del letterato, si potrebbero rinvenire tantissimi altri 8 Edward Wortley Montagu, Riflessioni sopra la elevazione e dicadenza delle antiche repubbliche adattate al presente stato della Gran Bretagna del Cavalier Odoardo Montagù, tradotte dall'originale inglese, Udine, Gallici, 1781. 9 Tre lettere apologetiche di Mrs Macaulay Graham, di Mr Touers, e del Dr Price contra le «Riflessioni» di Mr Edmund Burke, sopra la Rivoluzione di Francia con un breve compendio delle stesse; il tutto volgarizzato dagli originali Inglesi da Pietro Antoniutti, Venezia, Tosi, 1791. 10 Roberto Zapperi, Burke in Italia, in «Cahiers Vilfredo Pareto», VI (1965), p. 10. 11 Idem, p. 9. 4 esempi del suo progetto di trasmissione della cultura inglese nella realtà veneta, orientato anche dalle vicende storiche contingenti12. Particolarmente rilevante ai fini della mia ricerca è, ovviamente, il fatto che si fosse cimentato con la traduzione di tre fra i più importanti contributi dell'Illuminismo scozzese - circostanza unica se si esclude l'operazione di Giuseppe Maria Galanti13 - inserendo ciascuno di essi nella sua prospettiva e offrendone delle versioni che meriteranno, in sede di stesura della tesi, di essere dettagliatamente analizzate. Su due di esse, la Storia di Scozia di William Robertson e il già ricordato Saggio circa la storia di civile società di Adam Ferguson14 mi soffermerò molto brevemente, mentre la terza, l'Istoria d'Inghilterra di David Hume, sarà oggetto di un esame più accurato nella parte conclusiva della relazione. Sarebbe a dir poco azzardato sostenere che l'Antoniutti avesse ben chiare le peculiarità della società scozzese rispetto a quella inglese, ma ciò che risulta evidente è che avesse consapevolezza del ruolo che la Scozia di inizio Settecento aveva avuto nel ridisegnare rapporti di forza all'interno delle isole britanniche, con ripercussioni sulla situazione generale dell'Europa. Questo era uno dei temi fondamentali della History of Scotland, un'opera storiograficamente concepita per saldare i legami tra Londra ed Edimburgo, dimostrandone la valenza strategica anche a quegli “intellettuali” che avevano accolto con ostilità l'Atto di Unione del 1707. Il traduttore friulano aveva voluto proporla in polemica con l'editore senese Francesco Rossi, che nel 1778 ne aveva dato una versione “mutilata”15. Mancava, infatti, l'appendice, costituita da lettere e documentazione inedita su Maria Stuart, aggiunta dallo storico proprio in stretta connessione al suo progetto di una storia che potesse essere utile ed allo stesso tempo sorretta da solide fonti che tutti avrebbero potuto leggere. Era questa, assieme all'atteggiamento usato nel trattare delicati argomenti religiosi, la parte più originale che aveva consentito a Robertson di «allontanarsi dai precedenti scrittori, collocando le azioni in un 12 Mi sembra rilevante, anche se devo ancora approfondire la questione, che nel tradurre i saggi filosofici e linguistici di Harris, nel 1797, si soffermi con insistenza nella consueta premessa, sul concetto di nazione, di libertà e di linguaggio come elemento unitario. 13 Giuseppe Maria Galanti nel 1782 aveva compiuto un'interessante operazione editoriale scegliendo di integrare la sua pubblicazione della Storia filosofica e politica delle nazioni antiche e moderne del Millot (Napoli, Stamperia della Società letteraria e tipografica,1781-1782) con supplementi tratti da Chastellux, Adam Ferguson, William Robertson e David Hume, in cui veniva affrontato il tema dell'organizzazione feudale. 14 William Robertson, Storia di Scozia durando i regni di Maria e di Giacomo VI scritta dal dottor Guglielmo Robertson, e dall'Originale Inglese recata nell'Italiano idioma da Pietro Antoniutti, Londra [Venezia] per A. Millar e T. Cadell [Giovanni Gatti] 1784, un'edizione che presentò alcuni problemi iniziali per le concessioni di stampa, come rilevato da Gianfranco Tarabuzzi, Le traduzioni italiane settecentesche delle opere di William Robertson, in Rivista Storica Italiana, XCI (1979), pp. 486-509 (in particolare sulla vicenda pp. 489-490); Adam Ferguson, Saggio circa la storia di civile società di Adamo Ferguson ll. d. professore di filosofia morale nella Università di Edinburgo. Volgarizzamento di Pietro Antoniutti, Venezia, Santini, 1807. 15 Storia di Scozia sotto i regni di Maria Stuarda e di Giacomo VI, sino all'avvenimento di questo Principe alla Corona di Inghilterra, con un Compendio della Storia di Scozia ne' tempi che hanno preceduto queste epoche, del Sig. Guglielmo Robertson Dottore-Ministro di Lady Yester a Edimburgo, dall'Originale Inglese, s. l. [Siena], s. e. [Francesco Rossi], 1778-1779. 5 differente punto di vista filosofico»16 ed era perciò impensabile ometterla17. La traduzione, nel 1807, del Saggio di Ferguson era stata un'impresa di tutt'altro genere, dettata dal desiderio di comprendere meglio «la natura della specie umana», proseguendo un'analisi cominciata occupandosi del saggio sui selvaggi di Franklin e delle riflessioni di Whiston sugli aborigeni. L'unica versione italiana esistente era stata realizzata per Turra da Tommaso Cerato, avvocato vicentino18, che si era servito, però, come era usuale all'epoca, della traduzione francese. Mi limiterò ad alcune concise osservazioni stilistiche, quali emergono dalla lettura simultanea delle due edizioni. Va detto, innanzitutto, che le accuse di “poca conoscenza dell'italiano idioma”, che ricordavo in apertura, potevano trovare la loro fondatezza per quanto riguardava il volgarizzamento di autori dalla prosa lineare e piana, come era Hume, ma non erano convincenti in questo caso: lo stile dell'Antoniutti, articolato e pieno di lunghi periodi, si prestava bene per rendere giustizia al Ferguson, il meno “puro”, linguisticamente parlando, degli Illuministi scozzesi, a causa della sua nascita nelle Highlands. Cerato segue fedelmente la struttura francese, italianizza i nomi nelle citazioni bibliografiche e non si mostra quasi mai innovativo nelle scelte, rimanendo pedissequamente ancorato al testo; l'eroico traduttore dà prova, invece, di maggior rielaborazione, suggerendo soluzioni ragionate per termini di difficile interpretazione linguistica e concettuale come “polished” e “policy”, tradotti con “ingentilito” e “politica”, o “civilization”, che diventa “civilizzazione” (e “coltura” in Cerato) e rinunciando ad improbabili calchi quando il lemma non era presente in Italiano19. Dal punto di vista generale, erano presenti i consueti commenti e riferimenti interni ad altre opere precedentemente tradotte. Interessante notare come citasse, in almeno due occasioni, un testo che non ebbe un'eco consistente in Italia, l'Essay towards a General History of Feudal Property in Great Britain di John Dalrymple20, in cui veniva indagato il problema dell'organizzazione feudale come elemento di diversità tra Scozia ed Inghilterra. 16 Avvertimento del volgarizzatore, p. IV. 17 Si veda a questo proposito il commento apparso su Progressi dello spirito umano nelle scienze e nelle arti o sia Giornale letterario che contiene estratti […], s. l. [Venezia], s. e. [Antonio Graziosi], tomo XI (1784), per l'uscita della traduzione dell'Antoniutti: «Ma l'Ab.Antoniutti ch'è uom dotto, […] sa che una traduzione mutilata non può più dirsi traduzione se non per impostura libraria» (p. 196). 18 Saggio sopra la storia delle società civile di Adamo Ferguson professore di filosofia morale nella Università di Edinburgo, opera tradotta dall'inglese dal sig. Bergier ed ora dal francese in italiano da Tommaso Cerato avvocato vicentino, Vicenza, Turra, 1791-1792. 19 Ad esempio Antoniutti sceglie di lasciare “Raideer”, aggiungendo una breve nota esplicativa, “un animale simile al cervo”; Cerato aveva invece proposto “rangifero”. 20 John Darlymple, An Essay towards a General History of Feudal Property in Great Britain, printed for A. Millar, in the Strand, London, 1757. Lo stesso autore è citato dall'Antoniutti nella sua Introduzione alla Storia di Scozia e nella sua traduzione di Hume, in una nota che non compare in nessun'altra edizione italiana, né nell'originale. 6 L'Istoria di Inghilterra di David Hume La decisione di approfondire le vicende legate alla pubblicazione della History of England è dovuta al fatto che essa rappresenta un discreto “terreno di prova” per mettere in evidenza questioni generali di carattere metodologico ed interpretativo21. Se è vero che la History of England poteva essere letta nelle versioni francesi, e soprattutto in quella stampata ad Amsterdam dal 1763 al 1766, tuttavia la sua prima traduzione venne accolta con grande entusiasmo nelle gazzette letterarie ottocentesche. «La Storia d'Inghilterra di Hume meritava bene di essere tradotta in italiano, ed oggetto era quasi di stupore il vedere che da noi non se ne avesse alcuna versione. A questo voto ha creduto opportuno di riparare lo stampatore veneto Picotti, e non può dubitarsi che gli eruditi italiani gliene sapranno buon grado» 22. L'edizione così benevolmente salutata dalle pagine della Biblioteca italiana era quella commissionata dal veneto Picotti a Spiridione Castelli, noto letterato milanese 23 che però, nonostante le premesse, non fu all'altezza dell'incarico. Il suo lavoro fu interrotto, infatti, dopo il primo volume perché, come si legge nell'avviso dell'editore, il pubblico di colti lettori chiamati a dare un giudizio non ne aveva «aggradito il metodo della traduzione». Questa era la questione principale attorno a cui ruotava la lunga recensione che venne pubblicata su Lo Spettatore straniero24. In essa, con un metodo di attenta comparazione filologica tra l'originale e due versioni italiane, l'una dell'estensore dell'articolo, l'altra del Castelli, venivano messi in risalto gli errori di quest'ultimo, giacché «se non è gran vanto il serbarsi fedele in tradurre uno storico così facile e piano come Hume, di maggior biasimo riuscir dee l'alterare o travisarne i concetti» 25. Il commento era lapidario: parole usate in modo inappropriato, utilizzo di termini obsoleti, costruzione complessa dei periodi che non rispecchiava la “nobile semplicità”, ovvero una serie di tradimenti al precetto cardine che «colui che imprende a tradurre un autore non dee restringersi a voltare in altra lingua i concetti, ma deve ben anche conservarne il genio o, come si dice, il carattere» 26. Il tema centrale su cui vertevano i 21 Sulla pubblicazione della History si vedano i contributi di Gianfranco Tarabuzzi, Echi settecenteschi della storiografia inglese, in «Archivio Storico Italiano», CXXXVIII (1980), pp. 391-440, di Marialuisa Baldi, David Hume nel Settecento italiano: filosofia ed economia, Firenze, La Nuova Italia, 1983 e di Emilio Mazza, Translations of Hume's Works in Italy, in Peter Jones, The Reception of David Hume in Europe, New York, Thoemmes Continuum, 2005. 22 «Biblioteca Italiana o sia Giornale di letteratura, scienze ed arti compilato da vari letterati», Milano, Tomo XI (1818), pp. 133-134. 23 Della Storia d'Inghilterra di David Hume versione dall'inglese di Spiridione Castelli, Venezia, Picotti, 1818, tomo I. Si vedano le considerazioni di Gianluca Albergoni, I mestieri delle lettere tra istituzioni e mercato: vivere e scrivere a Milano nella prima meta dell'Ottocento, Milano, Franco Angeli, pp. 228-236. 24 «Lo Spettatore straniero, ovvero mescolanze di viaggi, di statistica, di storia, di politica, di letteratura, di belle arti e di filosofia», stampato in Milano presso gli Editori A.F.Stella e Comp., Tomo XI (1818), pp. 320-326. 25 Ibidem, pp. 321-322. 26 Ibidem, p. 325. 7 commenti era, dunque, l'individuazione delle caratteristiche che doveva avere un testo per essere reputato una “buona traduzione” e, secondo tali parametri, il lavoro del Castelli non fu ritenuto accettabile. Datane l'importanza, l'impresa non venne comunque abbandonata e, in sostituzione, venne chiamato il parmense Michele Leoni, già volgarizzatore di Shakespeare, un personaggio che, nella mia tesi, meriterà un approfondimento ulteriore. Molto versato sia nell'inglese che nell'italiano, compose una quanto mai garbata Istoria in dodici tomi, usciti tra il 1819 e il 1826, accompagnati da una lunga premessa sul metodo adottato27. Dopo aver puntualizzato che non si era «fatto lecito di manomettere un lavoro di tanta eccellenza col mescolarvi eterogenei elementi, che forse ne avrebbero sfigurata la filosofica e politica sembianza», entrava poi nel dettaglio delle idee humeane in materia di religione, sostenendo che non dovessero essere alterate da nessun intervento. L'edizione, dato il suo pregio, sarebbe finita solo tra le mani di leggitori capaci di comprenderne la matrice protestante, e mai sarebbe giunta «sott'occhio di gente del tutto idiota, che non sappia discernere l'abuso dal dogma»28. Una dichiarazione di intenti rispettosi del testo originale che richiamava perfettamente quella del “collega” friulano, la cui pubblicazione della Storia d'Inghilterra presso Parolari29 ebbe, però, una storia «travagliatissima»30 a causa della censura ecclesiastica, che ne permise la stampa solo a seguito dell'inserimento di un corposo corredo di note. L'Antoniutti, dal canto suo, si era sempre dimostrato cauto nel presentare autori che con le loro interpretazioni avessero potuto urtare violentemente la sensibilità cattolica31, ma non aveva mai accettato la manipolazione diretta del testo, nascosta al lettore nell'adattamento dei termini o nell'omissione di frasi e di interi paragrafi. Un'attenzione per l'originale che, come nel caso della Storia di Scozia, era rivolto all'intera struttura del volume, appendici ed apparati documentari compresi. In questa occasione era stato compiuto un lavoro ancora più accurato per restituire un'integrità iniziale, che non era stata mantenuta neanche nelle edizioni inglesi successive alla prima. La History32 aveva avuto un processo di composizione molto particolare e nelle ristampe non solo erano stati riorganizzati cronologicamente i volumi Hume era partito dagli Stuarts ed era giunto ai secoli medievali - ma erano stati risistemati alcuni 27 Istoria d'Inghilterra di David Hume recata in italiano da Michele Leoni, Venezia, Picotti, 1819-1826. Avviso del traduttore, pp. 9-13. 28 Ibidem, p. 11. 29 Istoria dell'Inghilterra di David Hume dalla invasione di Giulio Cesare sino alla rivoluzione 1688. Volgarizzata dall'abate Pietro Antoniutti, Venezia, Parolari, 1818-1820. Antoniutti fu l'unico traduttore a riportare correttamente il titolo integrale. 30 Giampietro Berti, Censura e circolazione delle idee nel Veneto della Restaurazione, Deputazione Editrice, Venezia 1989, p.312. 31 Nel caso di testi controversi, aveva adottato la precauzione di inserire brevi note nei passaggi più delicati in cui venivano attaccati la tradizione e l'ordine sociale e religioso. Ne è esempio l'intervento sul già citato pamphlet di Richard Price, annotato e addirittura compendiato in alcuni punti. 32 The History of England from the Invasion of Julius Caesar to the Revolution in 1688, printed for A. Millar, in the Strand, London, 1754-1762. I primi due volumi uscirono col titolo di The History of Great Britain, printed by Hamilton, Balfour and Neill, Edinburgh, 1754-1756. 8 paragrafi, uno dei quali fu completamente omesso. È Antoniutti stesso che ricostruisce questa storia editoriale, sia nell'Introduzione che fece per la sua traduzione, stampata nel 1816 da Santini in Venezia, sia nelle pagine della premessa vera e propria. «Il trasportare il Carattere de' Puritani dal quinto al quarto tomo e l'omettere il Carattere dei Cattolici in tutte le edizioni posteriori alla prima non sono già le alterazioni contemplate da Mr Hume, essendo alterazioni degli Editori inglesi […]», ma, proseguiva, «in questa italiana edizione il tutto è riposto a suo luogo»33. Il prete friulano aveva iniziato ad appassionarsi al filosofo negli anni viennesi, quando gli fu possibile consultare una copia dell'originale conservata nella Biblioteca Imperiale, ma solo nel 1818 raggiunse lo scopo di stamparne una versione italiana, che per altro si arrestava al tomo IV su Elisabetta. Un'interruzione indipendente dalla volontà del traduttore 34, che, come dimostrano frequenti citazioni tratte dai capitoli mancanti, aveva lavorato su tutto il testo. Fu determinata dai censori35, che, per concedere l'autorizzazione alla stampa dei primi quattro volumi, imposero l'aggiunta di note, firmate dall'editore. Esse andarono a concentrarsi soprattutto nel I e III tomo, in corrispondenza di passi critici sull'atteggiamento di re e Chiesa nell'età medievale, sulla diffusione dei monasteri o sulle figure di Lutero, Leone X e Thomas More. All'«ingiusto ed imparziale» Hume, colpevole di «alterare la verità, purché la Chiesa Romana sia di neri colori offuscata» 36, venivano contrapposti, tra gli altri, gli scritti del gesuita Alfonso Muzzarelli, che sarebbero stati utili «onde togliere ogni sinistra impressione alle franche asserzioni di cotanto storico»37. Lo studio delle note da solo non è, ovviamente, sufficiente e va integrato con un esame puntuale ed integrale dei testi e, a questo proposito, può essere utile entrare più nel dettaglio delle edizioni di Antoniutti e Leoni38. Dal punto di vista della struttura, in entrambe compaiono, in apertura, la Vita di David Hume scritta da lui medesimo e la Lettera di Adam Smith a Guglielmo Strahan. Il Friulano, però, non aveva riportato integralmente la lettera e, soprattutto, aveva scelto di inserire una serie di riflessioni a piè di pagina sul modo in cui lo scozzese affrontava le questioni religiose 39. L'edizione Picotti presenta, 33 Introduzione di Pietro Antoniutti, Venezia, Santini, 1816, p.14. 34 Interessante notare un'affermazione diretta dell'Antoniutti, che riteneva una possibile causa del poderoso intervento della censura «l'esservi citato F. Paolo», le cui tesi erano già state da lui difese in un breve scritto del 1813 (Osservazioni di Pietro Antoniutti sopra la Storia Arcana di F. Paolo ed il paragrafo del Bossuet omesso nella veneta edizione e la Storia di Persenio, Tipografia Santini, Venezia, 1813). 35 La History sarà iscritta all'Indice il 10 settembre 1827, con grande ed esplicito rammarico di Antonio Clerichetti, modesto traduttore lombardo, che nel periodo se ne stava occupando per l'editore Bettoni e «si ritenne danneggiato e utilizzò la questione come pretesto per ottenere un aumento della pensione da funzionario». L'episodio è ricordato da Albergoni, I mestieri delle lettere, cit., p. 249. 36 Istoria dell'Inghilterra, trad. Antoniutti, Tomo I, p. 53. 37 Ibidem, Tomo III, p. 205. 38 Ho scelto di proporre alcune riflessioni emerse dal confronto tra la traduzione di Antoniutti e quella di Leoni, lasciando da parte quella più tarda del citato Antonio Clerichetti, Storia d'Inghilterra di David Hume, traduzione dall'originale inglese di Antonio Clerichetti, Milano e poi Capolago, Bettoni e Tipografia Elvetica, 1825-1837. 39 La Lettera era già comparsa in appendice ad un altro suo lavoro, la traduzione di William Adams, Saggio in risposta 9 invece, un interessante ultimo volume, comprendente i capitoli sulla restaurazione degli Stuarts fino alla gloriosa rivoluzione. In esso venne pubblicato, preceduto da un avviso del tipografo, «un salutare antidoto», «uno squarcio»40 tratto dalla Storia della Riforma Protestante di William Cobbett, inserito per mettere in guardia i lettori dalla malafede dello Hume, anche perché non si erano ritenute sufficienti le rassicurazioni iniziali del traduttore. Proseguendo con una lettura comparativa, appaiono evidenti alcune differenze stilistiche. Antoniutti, sebbene ecceda a volte con una costruzione sintattica un po' troppo elaborata, si dimostra il più fedele possibile al significato del testo originale, cercando di riprodurre le sfumature terminologiche (sceglie “liberi pensatori” per “freethinkers”, mentre Leoni aveva optato per un generico “spiriti forti”). Ciò nonostante, si concede alcune libertà aggiungendo singoli aggettivi o avverbi per rafforzare un concetto. Vediamo alcuni esempi concreti. Nel capitolo I, Hume si sofferma sull'azione riformatrice di Gregorio VII e afferma che: «the controversy between the Pagans and the Christians was not entirely cooled in that age; and not pontiff, before Gregory had ever carried to greater excess an intemperate zeal against the former religion»41. Queste le versioni italiane: «la dissenzione fra i Pagani e i Cristiani non «la controversia fra i Gentili e i Cristiani non era affatto sopita; né alcun Pontefice, prima di era ancora raffreddata del tutto; e niun Gregorio, portò tant'oltre il suo zelo contro la Pontefice, innanzi a Gregorio, avea spinto precedente falsa religione». tant'oltre uno zelo intemperante contro la (ANTONIUTTI, Tomo I, p.40) vecchia religione». (LEONI, Tomo I, pp.74-75) Come si può notare, mentre Leoni ricalca l'originale (es. “cooled” diventa “raffreddata”), Antoniutti ribadisce, con l'aggettivo “falsa”, la tesi che Hume stava sostenendo sulla matrice di certe manifestazioni religiose. Altro caso è l'epiteto dato ad Offa, che in originale è chiamato semplicemente “prince”, ma in Antoniutti diventa “barbaro principe”; nel capitolo dedicato alle crociate, invece, esse vengono definite un “capriccio”, un lemma che non ha riscontro nelle altre versioni e venne criticato in una nota («pare che la parola “capriccio” sia inavvertitamente caduta di a Mr Hume circa i miracoli di Guglielmo Adams, anno Domini 1751, Venezia, Santini, 1806. 40 Istoria dell'Inghilterra, trad. Leoni, Tomo XII, pp. I-VIII. 41 The History of England, Tomo I, p. 34. 10 penna»42). Dal canto suo Leoni, contravvenendo alle promesse di rispetto assoluto del testo fatte nel suo Avvertimento, interviene modificandolo in alcuni punti. Si trovano, ad esempio, vere e proprie omissioni di periodi, come nel Tomo I, quando, all'interno di un brano sull'uso delle immagini sacre fatto dai Sassoni, viene tralasciata un'intera frase (presente nell'altro caso, «in que'tempi una tale divozione raccomandassi ad Offa da Carlo Magno, quantunque sembri non essere stata ricevuta senza ostacolo dalla Chiesa d'Inghilterra»43). Oppure, durante la descrizione della vicenda di Thomas Becket, la mente del popolo non viene definita, come nell'originale, in preda alla superstizione («the influence of supestition over the minds of the people» 44 tradotto dall'Antoniutti «popolo sempre più fanatico»45). Alterazioni più o meno significative che, comunque, modificavano il messaggio, attenuandolo in un caso, potenziandolo nell'altro. Il discorso sull'edizione dell'Istoria d'Inghilterra non può esaurirsi, ovviamente, in queste poche righe, ma ciò che mi premeva era illustrare per sommi capi il metodo di analisi dei testi e suggerire alcune parziali riflessioni su come l'opera di Hume venne presentata dai primi due traduttori. Conclusione Pietro Antoniutti fu solamente uno dei tanti letterati che si occuparono di testi cardine del pensiero illuministico scozzese, ma la sua vicenda, per quanto eccezionale - e assolutamente non paradigmatica dell'operato dei traduttori tra Settecento ed Ottocento - mi ha consentito di mettere in evidenza, con un esempio concreto, alcuni aspetti della mia ricerca. Quello che, nel corso di queste pagine, ho definito un “progetto selettivo e ragionato”, sostenuto da una impareggiabile dimestichezza con la lingua inglese, si articolò in una accurata riproposizione dei contributi più innovativi che provenivano dall'Inghilterra, sia in campo storiografico che filosofico, e anche l'immagine della Scozia dei Lumi che trasmise con le sue traduzioni deve essere collocata all'interno di questa prospettiva. Attento lettore di Hume e Robertson, seppe cogliere alcune delle loro innovazioni ai paradigmi della storiografia del XVIII secolo, come la sua funzione civile, la necessità di un'interpretazione filosofica dei fatti e, non ultimo, il diritto dello storico di affrontare, con rigore e senza preconcetti, anche temi delicati della sfera religiosa. Un terreno sul quale si mosse sempre in modo molto cauto, cercando, nell'equilibrio globale delle sue traduzioni, uno strumento per consentirne la pubblicazione senza divieti da parte dei censori, così che ogni 42 Istoria dell'Inghilterra, trad. Antoniutti, Tomo I, p. 241. 43 Istoria dell'Inghilterra, trad. Antoniutti, Tomo I, p. 64. 44 The History of England, Tomo I, p. 464. 45 Istoria dell'Inghilterra, trad. Antoniutti, Tomo I, p. 311. 11 messaggio ritenuto importante potesse avere una circolazione. La fitta rete di rimandi e citazioni da un'opera all'altra permetteva poi al lettore di costruirsi una biblioteca di quanto di meglio ed utile offrisse il dibattito intellettuale di quegli anni, con la speranza che alcune idee potessero avere un risvolto pratico anche in area veneta. Allo stato attuale delle mie conoscenze mi pare di poter affermare che la sua volontà di incidere concretamente nell'azione politica e nelle discussioni del suo ambiente fosse, però, rimasta senza risultati tangibili. Il nome di Pietro Antoniutti venne polemicamente alla ribalta solamente per la difesa che fece di Paolo Sarpi, unico caso in cui aveva messo da parte quella “moderazione” nell'esposizione delle tesi, che probabilmente gli derivava dalle sue letture scozzesi. 12