Panchine d’autore per sguardi d’amore Un percorso per vivere Verona con occhi di innamorati Le panchine gli autori 1 Giardino della Tomba di Giulietta Aldo Cibic 2 Ex Dogana Marco Della Torre 3 Lungadige Donatelli Alberto Garutti (progetto in fase di realizzazione) 4 Castel San Pietro Michele De Lucchi (* temporaneamente collocata al Panchine d’autore per sguardi d’amore Un percorso per vivere Verona con gli occhi degli innamorati. Sette progettisti, artisti, architetti, designer, hanno disegnato sette panchine dedicate a loro, ponti di collegamento tra la ricerca contemporanea e i siti storici della città. Un percorso lungo il fiume, dove le panchine offrono occasioni di sosta in punti suggestivi e romantici. Una nuova occasione di visita alla città. Lapidario della Tomba di Giulietta) 5 Lungadige San Giorgio Denis Santachiara 6 Riva San Lorenzo * Franco Purini 7 Ponte di Castelvecchio Luca Scacchetti Un percorso per vivere Verona con occhi di innamorati Giardino della Tomba di Giulietta “Se ami qualcuno portalo a Verona” … Il punto di partenza di inizia a lavorare come progettista disegnando oggetti nel 1979, quando si trasferisce da Vicenza a Milano. L’esperienza milanese è importante per e profondo di Giulietta e Romeo. La Tomba di Giulietta è frutto di una l’atmosfera culturale utopica e visionaria che respira in quegli anni sotto la guida spirituale e sistemazione attorno alla presenza di un sarcofago medievale nell’antico materiale di Ettore Sottsass. Il grande insegnamento che ne trae è soprattutto la consuetudine complesso della chiesa degli Agostiniani voluta tra gli anni ’20-’30 dall’allora ad assumere lo sperimentalismo come prassi. “Microrealities” rappresenta la riflessione con direttore del Museo Civico Antonio Avena. Da qui, da questo luogo in bilico cui Aldo Cibic è stato invitato alla Biennale di Architettura di Venezia del 2004. tra arte e letteratura, storia e leggenda, si è voluto far partire un percorso di visita alla città con occhi di innamorati. A loro in particolare le sette panchine d’autore sono dedicate, a loro in particolare hanno pensato i sette autori a cui è stato chiesto di progettare un momento di sosta in angoli particolarmente affascinanti della città, alcuni molto noti, altri meno, altri non sempre visitabili. Un momento di sosta che sia insieme un omaggio alla storia di ciascun sito e una sua rilettura in chiave contemporanea. Aldo Cibic ha scelto questo angolo appartato che si anima soprattutto al sabato, quando si avvicendano i cortei di coloro che scelgono di venire a sposarsi qui. La forma a cuore sulla seduta accoglie gli innamorati. Lo stile armonioso e solido, come Cibic stesso lo definisce, è frutto di 1 Aldo Cibic questo itinerario è nel giardino che racchiude lo scrigno dell’amore tragico un’iniziazione che per l’architetto viene dall’esperienza compiuta negli anni ’80 in “Memphis” accanto a Ettore Sottsass. Un’esperienza d’avanguardia nel campo del design, di allontanamento dalle “rigidità del sistema funzionalista” e di apertura verso “la possibilità di muoversi secondo un codice più vicino a quello delle emozioni che non a un codice strutturato.” Dietro al progetto di Cibic la filosofia delle sue “microrealities”, con l‘idea che “siano le azioni delle persone a poter determinare l’identità di uno spazio”. Quest’angolo di mondo romantico allora rinascerà dagli abbracci di chi si accoccolerà sulla panchina e dagli sguardi amorosi. La panchina è proprio pensata per loro. Il secondo sguardo d’amore è poi pensato vicino allo scorrere del di San Francesco. Il momento della sosta diventa dunque una proiezione nello fiume, nell’ambito dell’ex Dogana d’acqua, settecentesco complesso sorto spazio dell’ambiente circostante, una sorta di lunga vogata in cui il visitatore è in una zona storicamente legata alla circolazione e al controllo delle merci. immerso nel contesto e instaura un rapporto diretto con il fiume e con la riva. Progettato in stile rigorosamente neoclassico da Alessandro Pompei, costruito La panchina diventa infine anche il luogo dello scambio: dodici fori realizzati nel 1745 per iniziativa del Consiglio della Città di Verona, l’edificio è oggi sede nel basamento posteriore allo schienale consentono infatti di lasciare piccoli della Soprintendenza nella parte che funzionava per le merci di terra, articolata messaggi che verranno trasmessi ai passanti futuri. Ex Dogana d’acqua attorno ad un vasto peristilio a doppio loggiato, di ordine tuscanico e dorico. Il lato sul fiume invece funzionava per le merci che viaggiavano per via d’acqua. L’imponenza dell’edificio fu un segno poco gradito a Venezia che oppose Marco Della Torre, architetto milanese, accanto all’attività di progettazione una serie di contromisure fino alla caduta della dominazione. Solo nel 1790 si è impegnato, a partire dal 1998, in numerose collaborazioni con artisti autori di progetti si attuò una risistemazione con un molo fluviale progettato da Anton Maria di respiro ambientale o urbanistico: a Milano l’installazione di Sandro Martini nella galleria Lorgna, con un magazzino e con le mura di collegamento alla dogana di terra. Il Vittorio Emanuele o “Ago e filo” di Claes Oldenburg e Coosjie Van Bruggen in piazzale complesso però non ebbe un grande utilizzo e finì per cadere progressivamente Cadorna; la sua competenza tecnica è entrata in gioco in alcune delle opere di Mariko Mori, in un abbandono che durò fino agli anni Ottanta del ‘900. come “Dream temple”, “Alien” e “Wave Ufo” esposta anche alla Biennale di Venezia 2006. La zona di qua e di là dal fiume era abitata da nocchieri, traghettatori, 2 La sua collaborazione continua con altri artisti come: Carsten Höller, Charles Ray, Vanessa e nautieri, cioè conduttori di navi di proprietà. La definizione di nautieri in Beecroft, Marc Quinn, Pierre Huyghe, Doris Salcedo, Anish Kapoor. uso in epoca medievale, fu successivamente sostituita da quella di burchieri E’ consulente per gli allestimenti di importanti Fondazioni e Musei di Arte Contemporanea quando il burchio, tipico natante veronese da trasporto, prese il sopravvento. Il e collabora con Pirelli Real Estate. Nel suo curriculum anche un impegnativo progetto burchio percorreva la distanza da Verona a Venezia in cinque giorni d’estate e architettonico in Cina. otto d’inverno, quando vigeva il divieto di navigazione notturna. La panchina progettata per questo luogo da Marco Della Torre richiama nella sua fisionomia le attrezzature da ormeggio tipiche di una riva fluviale. Il lento movimento dell’oggetto, reso possibile dal manubrio disegnato sulla scia dei timoni che facevano muovere le imbarcazioni e dal meccanismo girevole, consente di abbracciare lo sguardo panoramico della riva dell’Adige, dalla collina di Castel San Pietro, al Ponte Navi, fino al Ponte Lungadige Donatelli il progetto è in fase di realizzazione Sempre seguendo l’Adige la sosta successiva è prevista in artistica nell’approccio sentimentale con quell’umanità (alterità) che non è il Lungadige Donatelli. Proprio qui, nel tratto di riva dedicata ad uno dei pubblico dell’arte, ma più in generale la gente. L’importante è che l’opera sia direttori dei lavori della costruzione dei nuovi argini artificiali, avvenuta protagonista e diventi il vero legame tra l’autore, il suo intervento e il contesto dopo l’ultima disastrosa inondazione del 1882, Alberto Garutti ha voluto urbano e sociale. Addirittura sostengo quanto non sia importante che il mio progettare una panchina che riconquisti un frammento di quel rapporto lavoro sia riconosciuto da tutto il pubblico come opera d’arte, ma che venga con il fiume che gli argini hanno per sempre negato, proprio qui dove il sentito dalla gente come sguardo nuovo e bello su una realtà a loro vicina. È rapporto con il fiume era particolarmente intenso. La zona infatti fin dall’età proprio nell’andare verso l’opera nella ricerca continua dello spettatore (che romana era probabilmente sede di un vero e proprio porto fluviale, le barche è in latino colui che si muove verso), nella relazione-incontro che egli intesse potevano scaricare le merci per i mulini agganciati a pettine alla riva. La con questa forma inafferrabile che è l’opera stessa.” L’oggetto-panchina è toponomastica della zona, che era costituita da una serie di piccoli vicoli e di capace allora di sparire in virtù del prevalere dell’interesse per il luogo. Un “vo’” di collegamento al fiume, era legata ai pesci dei cui nomi si fregiavano luogo già magico di per sé nel quale si apre semplicemente una finestra, anche le osterie, ormai da tempo quasi scomparse. riservata agli innamorati, come la dedica precisa inequivocabilmente. Un L’abside della chiesa trecentesca di Santa Anastasia si affaccia oggetto che si carica di senso non in quanto significativo in se stesso, ma quasi sul fiume esattamente nel punto dove al tempo dei romani doveva proprio in quanto elemento che si integra nel tessuto urbano scomparendo lanciarsi sull’acqua il Ponte Postumio, razionale continuazione della via in esso, perfettamente omogeneo all’esistente. Postumia. La via consiliare che, entrando in città lungo la direttiva degli attuali Corso Porta Palio, Corso Cavour, Corso Porta Borsari e Corso Sant’Anastasia 3 (il decumano massimo), proseguiva poi verso Vicenza una volta attraversato il fiume. Alberto Garutti, docente all’Accademia di Brera di Milano e alla Facoltà di Architettura di Venezia, è autore di installazioni artistiche che interagiscono con lo spazio Il progetto di Alberto Garutti sparisce quasi, per sua specifica architettonico e urbano. Suoi interventi sono stati progettati per le città di Bolzano, volontà, mimetizzandosi nella linea degli argini. La scelta progettuale Bergamo, Ragusa, Instanbul, Gent, Kanazawa, Düsseldorf. Il suo operare è mutevole e minimale di Garutti coincide con una sua precisa metodologia operativa: imprevedibile, a volte si sposta al limite della visione, come quando prevede che l’opera “L’artista - scrive Garutti - deve essere capace di scendere dal celebrativo sia lo strato di vernice fosforescente stesa su semplice mobilio che si rivela solo al buio, a piedestallo che il sistema dell’arte gli ha costruito, pena la progressiva museo chiuso e visitatori assenti, per passare in altri casi ad un’adesione incondizionata e fatale emarginazione dalla società. L’artista che incontra la città ha all’emotività più istintiva e immediata, come quando lavora sull’idea stessa della vita e un’occasione straordinaria per ridare valore e forma etica all’operazione della nascita associandola alla luce. Si lascia ora la riva per salire sul colle di San Pietro un tempo raggiungibile Castel San Pietro con una funicolare: l’impianto fu dismesso negli anni ’60, completamente nascosto la panchina è temporaneamente collocata al Lapidario della Tomba di Giulietta di Castel San Pietro, mentre un altro, sempre a destra ben visibile, fu trasformato in santuario dopo la seconda guerra mondiale. poi dalla vegetazione, è stato recentemente rimesso in luce. Dall’alto si può leggere Michele De Lucchi è salito in cima al colle di San Pietro, nel punto più il disegno della città romana dentro l’ansa dell’Adige con il decumano massimo alto di questo percorso e della città. Una volta arrampicatosi, ciò che lo ha catturato che la taglia nettamente e coincide con la via Postumia. Già dall’VIII-IX secolo la è stata la molteplicità dei punti di vista di cui si può godere dalla terrazza della Postumia perse il naturale punto di passaggio sul fiume con il crollo del ponte fortezza austriaca. Così la sua panchina, nel rigore geometrico del disegno che Postumio che, insieme al Ponte Pietra, inquadrava scenograficamente l’imponente contraddistingue la sua ricerca formale, attuata come di consueto nel suo linguaggio macchina del Teatro Romano (di cui resta solo una minima parte, la sua ricostruzione attraverso le tavole di rovere, permette di aprire lo sguardo a trecentosessanta gradi è visibile al Museo Archeologico). Il colle di San Pietro, con il sottostante Isolo, un sulla città e le colline. In una rivisitazione in chiave contemporanea del gioco delle tempo risultante dalla biforcazione dell’Adige interrata dopo la costruzione degli sedie, il progetto di De Lucchi sembra aver interpretato il tema amoroso in chiave argini, è la zona degli insediamenti più antichi. In epoca scaligera fu costruita la ludica. Ognuno potrà liberamente accogliere l’invito a sedersi in una direzione o cinta muraria che ancora si vede e che, con le sue snelle torri di avvistamento, dà il nell’altra, ognuno sceglierà lo sguardo che più preferisce. nome di “Torricelle” alle colline che abbracciano la città a nord. La struttura è ben visibile sia a destra che a sinistra della terrazza di Castel San Pietro. Mentre a sud 4 della città la linea delle mura è stata ripresa e rimodernata in epoca veneziana, il Michele De Lucchi è nato a Ferrara nel 1951. Architetto e designer, studia disegno originario trecentesco merlato è rimasto quasi intatto a nord, monumento a Ferrara e a Firenze, dove si laurea nel 1975. Cofondatore del gruppo artistico Cavart, inizia di eccezionale significato e valore. l’attività di designer a Milano con Centrokappa e, dal 1978, con lo studio Sottsass. Dal 1984 All’epoca della dominazione Viscontea, tra la fine del ‘300 e l’inizio del apre uno studio in proprio a Milano. Consulente per Olivetti, autore di mobili per Alchimia ‘400, si deve la ripresa delle fortificazioni con la costruzione, in questo lato della a Memphis, progetta per Acerbis, Artemide (Compasso d’oro nel 1989 con la lampada città di Castel San Pietro. La massiccia mole di Castel San Pietro è visibile in una tarsia Tolomeo), Arflex, Bieffeplast, Cleto Munari, Mandarina Duck, lignea cinquecentesca nella chiesa di Santa Maria in Organo, poco distante da qui. Moroso, Pelikan, Rosenthal, Vitra. Svolge un’intensa attività Furono poi gli austriaci a dare l’attuale aspetto al castello fortificato. Le tracce più progettuale, oltre che per lo sviluppo di prodotti, anche per consistenti del loro passaggio a Verona restano appunto nella forma che diedero allestimenti di negozi ed esposizioni, nel mondo dell’immagine, al castello intorno al 1840, nell’edificazione dell’Arsenale e nella fortificazione di ecc. Nel 1983 realizza la casa per vacanze alla Triennale di alcune parti della struttura difensiva scaligera e poi veneziana sia nella linea a sud Milano. che in quella a nord con l’inserimento di alcuni forti. Uno di questi è visibile alla destra Lungadige San Giorgio Lungadige San Giorgio, da ponte Garibaldi a ponte Pietra, è uno dei più Anche Denis Santachiara ha progettato la sua panchina pensando agli panoramici. La sua costruzione è un po’ più tarda rispetto al resto della cinta di argini innamorati. La città si apre qui in uno sguardo panoramico sul fiume, privo, rispetto e rappresentò uno dei momenti di più accesa discussione in città comportando il agli altri siti scelti, di intimità. Il sole estivo batte sulla pietra grigia della panoramica sacrificio di una parte storica in nome di principi di salute e sicurezza. Lungo l’acqua passeggiata lungo l’ansa dell’Adige che qui si fa particolarmente ampia. Di fronte si trovava infatti una linea di case delle quali fu deciso l’abbattimento in seguito a questa forzata apertura dello sguardo, Santachiara ha reagito raccogliendo il suo al crollo di una di esse nell’estate del ’34 dopo un violento nubifragio. Contro progetto in una forma a nido in pietra tibetana color cotto. Nella sua panchina gli questa scelta scesero in campo, inutilmente, molti cittadini, capeggiati dal pittore innamorati possono nascondersi sotto una cupola d’edera, quasi a voler strappare Angelo Dall’Oca Bianca. In questa zona popolare che correva alle spalle delle case alla città un momento di intimità e confidenza.. affacciate direttamente con portici sul fiume, riva Sant’Alessio, Camillo Boito aveva ambientato lo svolgersi di alcuni momenti del racconto Senso, la storia d’amore fra una nobildonna veneziana e un giovane ufficiale austriaco, da cui nel ’53 Luchino Denis Santachiara, nato a Campagnola (Reggio Emilia) nel 1951, designer Visconti trasse uno dei suoi più famosi film. Il nuovo lungadige fu inaugurato il 4 e artista autodidatta, inizia la sua lunga attività progettuale nel campo della carrozzeria novembre del 1936 con il nome di Littorio, denominazione mutata nel ’43 in Paolo automobilistica e del mobile per aziende italiane e straniere. Outsider nel panorama Caliari e successivamente in San Giorgio in onore della chiesa rinascimentale (con la internazionale, inizia con opere tra arte e design esposte in varie manifestazioni tra cui: Biennale bellissima cupola opera di Michele Sanmicheli) edificata sulla base di un monastero di Venezia 1980; “Tutte le arti tendono alla Performances” in Palazzo dei Diamanti, Ferrara, benedettino risalente al 1046. 1982; “Documenta 8”, Kassel; Triennale di Milano negli anni 1982, ’84, ’86, ‘96, 2001, ’04; Sulla riva destra la struttura medievale della città, con il Duomo nella sua 5 tessitura in tufo e cotto tipica del romanico veronese. Il complesso, con la Biblioteca Capitolare, l’antichissimo scriptorium dei Canonici veronesi (la più antica biblioteca del mondo) che conserva rarissimi codici, i palazzi dei Canonici e il Vescovado (costruzione della fine del Quattrocento), insiste sulla zona che già in epoca romana aveva posto qui delle mura di contenimento del fiume e probabilmente un porto fluviale. La zona infatti si apriva in uno slargo (braida secondo un termine di origine longobarda). Sulla riva sinistra sorsero nel ‘900 i giardini dedicati a Cesare Lombroso (1835-1909, il celebre medico originario di Verona), nell’area dell’antico bastione realizzato dai veneziani nel XVI secolo e rimaneggiato dagli austriaci. Quadriennale di Roma 1998. E’ autore di articoli per varie riviste del settore. In Riva San Lorenzo si svolgeva un’intensa attività commerciale: da qui una soluzione linguistica di tonalità concettuale risolta in un fatto visivo dotato di provenivano infatti rifornimenti di sabbia e ghiaia e vi si svolgeva un intenso traffico una certa enigmaticità. Realizzato in un unico pezzo, il semplice monolite nel suo di legname. Dalla rampa ancora esistente anche dopo la costruzione degli argini irradiare “stabilità” e intensità gravitazionale, instaura con lo spazio una relazione fluviali i carretti scendevano per i rifornimenti. Il toponimo del vicino vicolo Calcina, energica ed esclusiva, nel momento stesso in cui la sua stessa concentrazione che conduce sul corso Cavour, indica proprio la presenza di fabbriche, depositi e materica crea una sua autonoma spazialità.>> mercanti di calce. Riva San Lorenzo Volgendo lo sguardo a sinistra, verso Castelvecchio, si vede la loggia 6 residua (la gemella fu demolita in seguito all’inondazione del 1882) che dal retro Franco Purini, docente di Composizione architettonica e urbana a Valle Giulia, del sanmicheliano Palazzo Canossa (1529) tende verso il fiume. Alle spalle la è nato ad Isola di Liri (Frosinone) nel 1941, studia architettura a Roma con Ludovico Quaroni, chiesa romanica di San Lorenzo. L’edificio attuale è del XII secolo con la facciata con cui si laurea nel 1971. Lavora inizialmente con Maurizio Sacripanti e, dal 1969 al 1973 con caratterizzata dalle due torri cilindriche scalari e il fianco con la classica alternanza di Vittorio Gregotti (lo ZEN di Palermo, l’Università di Firenze e di Cosenza). Nel 1980 partecipa al tufo e cotto. All’interno una magnifica struttura a tre navate con matronei. laboratorio di progettazione “Belice ‘80” con alcuni progetti per Poggioreale e Castelvetrano. L’area adiacente invece sulla destra ha subìto una profonda Dopo aver insegnato dal 1977 al ‘81 a Reggio Calabria e dal 1981 al ‘94 a Roma, è docente trasformazione con la costruzione del ponte della Vittoria (1926-29) che ha tagliato presso l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia. Lavora a Roma con Laura Thermes dal in due un tratto di Adige in passato strettamente collegato, ma ha consentito 1966 con cui partecipa più volte alla Biennale di Venezia e alla Triennale di Milano. È conosciuto l’espansione sulla riva sinistra nella zona della Campagnola con nuovi edifici, dai principalmente per i suoi disegni densi di trame, sedimi, campiture, da dove emergono villini con giardino liberty alle abitazioni plurifamiliari, fino ai condomini razionalisti oscure strutture dalle grandi cariche visionarie, una ricerca che segue una linea sperimentale promossi dall’amministrazione fascista. fortemente razionale associando suggestioni figurative tratte dalla tradizione La panchina “Ve(t)ra” progettata per questo luogo da Franco Purini è classica. La complessità della ricerca grafica è traslata, al momento realizzativo, in marmo rosso di Verona e alloggia in una sua profonda incisione uno schienale di nelle sue architetture altrettanto complesse e spesso simboliche, dense di cristallo. Il volume è costituito da un parallelepipedo largo sessanta centimetri per sfalsamenti, rotazioni, dissoluzioni ed effetti chiaroscurali, ma anche di una quarantacinque d’altezza, lungo tre metri, al quale si aggiunge una parte sagomata accentuata logicità progettuale sempre pronta ad di forma triangolare. <<“Ve(t)ra” è un oggetto plastico-architettonico che gioca essere smentita o destabilizzata. sul contrasto tra la densità “meditativa” del marmo – un peso che si identifica, “etimologicamente”, con il “pensiero” – e la trasparenza, vicina all’immateriale, del cristallo. Sul marmo, lasciato a filo sega, sono incise le misure della panca, in Ponte di Castelvecchio Il percorso termina al ponte di Castelvecchio, ultima sede Negli ultimi giorni di guerra del secondo conflitto mondiale, durante trecentesca della signoria veronese. Il Castello, reggia da una parte, al di fuori il ritiro delle truppe tedesche, il ponte, come tutti, compreso il romano ponte della linea delle mura cittadine a difesa da insurrezioni interne, e arsenale militare Pietra, fu fatto saltare. Prevedendo questa drammatica possibilità, l’allora dall’altra, vide insediarsi la lunga dominazione veneziana alla quale seguì la soprintendente Piero Gazzola aveva fatto fare precisi rilievi che permisero, con breve stagione francese. Gli austriaci invece vollero costruire il proprio arsenale il recupero parziale del materiale dal letto del fiume e la riproduzione fedele militare sul lato opposto del fiume rispetto al castello medievale. Realizzato tra all’originale di quanto non fu possibile recuperare, la ricostruzione del ponte il 1854 e il 1861, in asse con il ponte di Castelvecchio, l’ex arsenale si confronta inaugurata nel 1951. con lo stile romanico veronese, con la tipica alternanza di tufo e cotto che si vede in lontananza anche nella basilica di San Zeno. Un luogo denso di storia sul finire del centro storico della città, dove un grande architetto contemporaneo come Carlo Scarpa lasciò il suo segno negli anni ’60 del ‘900 ristrutturando il Museo di Castelvecchio. Affacciata sul fiume, l’ultima panchina, quella di Luca Scacchetti, è un omaggio a Verona, alle sue pietre, la rosa di Prun e il marmo rosso, ai suoi colori, alla tradizione shakespeariana nel verso inciso come dedica agli innamorati “che si sovrappone alla ricerca di una contemporaneità, rivendicando un ruolo anche letterario e romantico al progetto”. La panchina è un omaggio anche 7 al linguaggio dell’architetto che proprio qui vicino ha lasciato un segno molto forte: “le giunture - scrive Scacchetti - tra un pezzo e l’altro sono segnate da spessori e dettagli in bronzo in un chiaro omaggio scarpiano”. Da questo punto si può avere una visione privilegiata dell’ardita costruzione del ponte, concepito come via di fuga privata per la famiglia degli Scaligeri. Il ponte, che si lancia su tre sole arcate a superare il fiume, la prima di 48 metri, mentre le altre due si allungano rispettivamente per 29 e 24 metri, portava sulla strada verso nord. Alla destra della reggia correva il ramo secondario dell’Adige detto Adigetto lungo il quale sfilavano le mura comunali e poi scaligere. Luca Scacchetti nasce a Milano nel 1952. Nel 1975 si laurea alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano dove dal 1976 diventa docente di Composizione Architettonica. Dal 1987 insegna Progettazione Architettonica presso il Dipartimento di Architettura dell’Istituto Europeo di Design a Milano dove dal 1990 al 1995 è direttore del Dipartimento di Architettura. Dal 1993 insegna Elementi di Architettura e Urbanistica presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Cura l’organizzazione di seminari e conferenze sulla giovane architettura italiana (cfr. Architetti Italiani, Milano, Idea Books, 1994), scrive saggi e articoli sui rapporti tra modernità e tradizione, sulla storia dell’architettura e la metodologia della progettazione. Ha realizzato numerosi progetti di edifici pubblici o destinati a civili abitazioni e uffici, sia in Italia che all’estero. Svolge lavoro di design con numerose e importanti aziende italiane ed europee (Tecno, Poltrona Frau, Matteograssi – per la quale ha curato la riedizione di Ulrich). È attivo anche nell’arredo urbano e negli allestimenti di mostre (cura la sezione classico in occasione di Abitare il Tempo, manifestazione della quale presiede il comitato scientifico). Percorso realizzato con la coordinazione di Camilla Bertoni con la collaborazione di Verona Fiere - Abitare il Tempo. Si ringraziano per la realizzazione delle panchine le aziende: MARSOTTO SRL , Bovolone (Vr) ALBI , San Martino B.A. (Vr) PIETRA DELLA LESSINIA , Sant’Anna d’Alfaedo (Vr) FASANI CELESTE srl , Grezzana (Vr) PIBA MARMI, Chiampo (Vi) LECHELR, Como Opuscolo stampato con il contributo della L.R. 33/2002 Impaginazione e grafica roberto_vassanelli