ASSOCIAZIONE MUSEO DELLA SCUOLA
“I CARE!”
Sede provvisoria c/o IC “M. Bello - G. Pedullà - Agnana” - Via Turati 4 - 89048 SIDERNO (RC)
Segreteria tel. 0964/388464 - Presidente  333.13.75.110
VIAGGIO-STUDIO
a Barbiana
dal 2 al 5 settembre 2014
COLLAGE INFORMATIVO
arbiana si trova nel cuore del Mugello, a pochi chilometri da Firenze
Barbiana non è un paese, non è nemmeno un villaggio. Barbiana è una
chiesa con la canonica. Le case, una
ventina in tutto, sono sparse nel bosco
e nei campi, isolate tra loro.
Quando il 7 dicembre 1954 arrivò a
Barbiana il parroco don Lorenzo
Milani, non c’erano strade, acqua, luce
e scuola. All’epoca la popolazione di
Barbiana ammontava a 40 persone.
Per Don Lorenzo Milani il periodo di
Barbiana fu un vero e proprio esilio
ecclesiastico: un sacerdote di 31 anni mandato lassù per farlo tacere dato
che nel suo apostolato applicava il Vangelo senza alibi e compromessi.
Per comprendere appieno quanto fosse isolata Barbiana e quanto poco
opportuno apparisse destinarvi uno tra i sacerdoti più brillanti della diocesi
fiorentina, vale la pena di leggere la testimonianza di don Renzo: “Avrei
dovuto
andare
Barbiana
io
invece
a
di
Lorenzo. Nell’ottobre del
1954
Mons.
Tirapani,
Vicario
Generale
diocesi
di
chiamò
per
dirmi
appena
il
parroco
Barbiana,
della
Firenze,
mi
che,
di
don Torquato
Mugnaini,
fosse
trasferito
in
stato
un’altra
parrocchia, io avrei dovuto prendere il suo posto. Siccome erano ormai pochi
gli abitanti di Barbiana avrei potuto continuare ad abitare a Vicchio durante
la settimana e la domenica avrei fatto il servizio a Barbiana oltre che a
Rossoio, di cui ero parroco da due anni. A metà di novembre invece Mons.
Tirapani mi chiamò di nuovo per avvertirmi che non era più necessario che io
mi interessassi di Barbiana perché nel mio posto ci sarebbe andato don
Milani. Gli feci osservare che non capivo come mai un prete come don Milani
dovesse fare il parroco fisso a Barbiana mentre fino a pochi giorni prima
sarebbe bastato che io ci
andassi
soltanto
la
domenica; Mons. Tirapani
mi rispose che in quel
momento non c’erano altre
parrocchie libere adatte per
don Milani. Non è esatto
dunque dire che Barbiana
fu “aperta” per don Milani,
ma è vero che rimase
“aperta” soltanto per lui. La diocesi, che aveva intenzione di chiuderla quella
parrocchia, decise di mantenerla unicamente per don Milani.”
Don Lorenzo Milani: una vita breve ma intensa
di Michele Gesualdi
Don Lorenzo era uno di quegli uomini che, per le sue scelte nette e coerenti,
le sue rigide prese di posizione, il linguaggio tagliente e preciso, la sua
logica stringente di ragionare e argomentare, si tirava facilmente addosso
grandi consensi o grandi dissensi con schieramenti preconcetti che hanno
spesso offuscato la sua vera dimensione.
Su di lui è stato detto e scritto molto, sono state fatte opere teatrali e
quattro films, però resta ancora molto da scoprire soprattutto in quella
dimensione religiosa che è l’aspetto fondamentale di tutta la sua vita e delle
sue opere.
Non è possibile capire appieno don Lorenzo e i motivi delle sue scelte se,
quando ci si avvicina a lui,
non si tiene sempre presente
che era un prete e un prete
che aveva deciso di servire
Dio nel modo più completo,
dopo che da adulto si era
convertito al cristianesimo.
Tutto
il
suo
operato
successivo va ricondotto a
questa scelta.
La sua vita è stata breve ma
intensa.
A 20 anni (improvvisamente) abbandonò il mondo borghese raffinato e
colto a cui apparteneva la sua famiglia ed entrò in Seminario. I suoi, pur
restando sconcertati e soffrendo del “colpo di testa” di questo loro figlio
che consideravano molto promettente, non lo ostacolarono.
Appena entrato in Seminario cominciò energicamente a sopprimere il suo
“IO” del passato, i 20 anni che lui considerava “passati nelle tenebre”. Ogni
suo atto cercava di renderlo coerente con il Vangelo drasticamente, senza
mezze misure.
Aveva lasciato gli agi ed i privilegi dei borghesi, la loro cultura ed il loro
mondo per un’altra scelta di campo: servire il Vangelo, il Cristo, tentare cosi
di salvarsi l’anima stando dalla parte giusta dei poveri, cioè degli ultimi nella
scala gerarchica, cercare di conoscerli da vicino, di viverci insieme, di
imparare la loro lingua, insegnargliene un’altra, condividere le loro cause,
difendere le loro ragioni.
Per lui prete l’ingiustizia sociale era un male e andava combattuto perché
offendeva Dio.
Ordinato sacerdote a 24 anni fu mandato a San Donato a Calenzano come
cappellano del vecchio proposto, don Daniele Pugi.
Calenzano era già allora nel 1947 un paese in via di industrializzazione
(aveva 1300 abitanti, oggi ne ha 16.000); la sua popolazione aumentava ed il
vecchio Proposto non ce la faceva più a reggere la parrocchia. Espose al
Cardinale la necessità di avere un cappellano, ma non sapeva come fare a
pagarlo. Il Cardinale rispose: “Ho quest’anno un giovane prete, non ha
nessuna pretesa, e vuole vivere poveramente: un certo don Lorenzo Milani”.
Don Lorenzo arrivò a Calenzano pieno di entusiasmo come colui che ha
trovato il senso della propria vita: finalmente poteva mettersi al servizio del
suo prossimo e restituire
quanto per 20 anni aveva
ricevuto.
All’inizio
cercò
di
avvicinare i giovani alla
Chiesa col gioco del
pallone, il ping pong e il
circolo ricreativo come
facevano gli altri preti.
Presto però si rese conto
che non solo avvicinava
una sola parte di giovani ma, soprattutto, che era indegno e puerile per un
prete di Cristo abbassarsi a questi mezzi per evangelizzare, ma al contrario
proprio la mancanza di cultura era un ostacolo alla evangelizzazione e
all’elevazione sociale e civile del suo popolo.
Così un giorno il pallone e gli attrezzi del ping pong finirono in fondo a un
pozzo che era in mezzo al cortile della canonica e don Lorenzo organizzò
una scuola serale per giovani operai e contadini. “La scuola era il bene della
classe operaia, la ricreazione la rovina; bisognava che i giovani con le buone
o con le cattive capissero la differenza e si buttassero dalla parte giusta”.
Per lui prete la scuola era il mezzo per colmare quel fossato culturale che gli
impediva di essere capito dal suo popolo quando predicava il Vangelo; lo
strumento per dare la parola ai poveri perché diventassero più liberi e più
eguali, per difendersi meglio e gestire da sovrani l’uso del voto e dello
sciopero. Con quella tenacia di cui era capace quando era convinto di avere
intuito una verità andò a cercare uno ad uno tutti i giovani operai e
contadini del suo popolo. Entrò nelle loro case, sedette ai loro tavoli per
convincerli a partecipare alla sua scuola perché l’interesse dei lavoratori, dei
poveri non era quello di perdere tempo intorno al pallone e alle carte come
voleva il padrone, ma di istruirsi per tentare di invertire l’ordine della scala
sociale.
“Voi - diceva - non sapete leggere la prima pagina del giornale, quella che
conta e vi buttare come disperati sulle pagine dello sport. E’ il padrone che vi
vuole così, perché chi sa leggere e scrivere la prima pagina del giornale è oggi
e sarà domani dominatore del mondo”. Aveva una dialettica e una capacità
di leggere dentro
straordinaria.
Riusciva a toccare e
far vibrare le corde più
sensibili di ognuno.
Nella
sua
scuola raccolse
giovani
operai
e
contadini
di
ogni
tendenza
politica,
presenza
che
mantenne e ampliò
perché dimostrò di servire la verità prima di ogni altra cosa: “Vi prometto
davanti a Dio che questa scuola la faccio unicamente per darvi una istruzione
e che vi dirò sempre la verità di qualunque cosa, sia che serva alla mia ditta,
sia che la disonori, perché la verità non ha parte, non esiste il monopolio
come le sigarette”, disse ai suoi giovani uno dei primi giorni di scuola a
Calenzano. Una scuola dove l’impegno sindacale e quindi l’impegno sociale
era considerato come un preciso dovere a cui un lavoratore cristiano non
poteva sottrarsi. Attraverso la scuola ed i suoi giovani conobbe i veri
problemi del popolo. Entrò nelle famiglie come uno di loro pronto a dare
un aiuto su qualunque questione.
Quando licenziarono Mauro da una tessitura di Prato, non avevano
licenziato solo uno del popolo, ma il “suo” Mauro del quale per mezzo della
scuola e le discussioni che venivano fatte ogni sera fino a tarda notte,
conosceva tutto: famiglia, problemi, gioie e disperazioni. Così a quel
licenziamento reagì con tutto il peso del suo pensiero e della sua parola. Per
giorni interi si discusse a scuola con sindacalisti, magistrati e ispettori del
lavoro su come reagire, come impedire una ingiustizia così grave.
Operava
per
far
prendere coscienza ai
giovani operai
sulla
necessità
che
divenissero protagonisti
del
loro
futuro
rifuggendo
da
schieramenti
preconcetti,
ma
distinguendo sempre il
vero
dal
falso.
Ragionando sempre con
la propria testa.
Era severo nei propri comportamenti e richiedeva ai giovani coerenza tra
idee, parole e comportamento pratico, senza mai rinunciare alla gioia di dire
sempre la verità e di vivere senza nessun formalismo.
La sua scuola accoglieva solo operai e contadini, perché intendeva eliminare
la differenza culturale che esisteva tra questi e altri strati sociali. Per questo
la definiva scuola classista, nel senso cioè di scelta dei poveri.
Questo suo schieramento, sempre giustificato alla luce del Vangelo, era un
aspetto costantemente presente nella sua attività scolastica e pastorale che
trapelava continuamente.
Un giorno un ragazzo di solida famiglia cattolica gli disse: “Ma lei insegna
anche a lui che è comunista e dichiarato nemico della Chiesa? Io gli insegno il
bene – rispose – gli insegno a essere un uomo migliore e se poi a rimanere
comunista, sarà un comunista migliore.”
E a Pipetta, il giovane comunista che gli diceva “se tutti preti fossero come
Lei, allora …”, rispondeva: “il giorno che avremo sfondato insieme la
cancellata di qualche parco, installato la casa dei poveri nella reggia del ricco,
ricordati Pipetta, quel giorno ti tradirò, quel giorno finalmente potrò cantare
l’unico grido di vittoria degno di un sacerdote di Cristo, beati i poveri perché il
regno dei cieli è loro. Quel giorno io non resterò con te, io tornerò nella tua
casuccia piovosa e puzzolente a pregare per te davanti al mio signore
crocifisso.”
Biografia
Don Lorenzo nasce a Firenze il 27 maggio 1923 in una colta famiglia
borghese. E’ figlio di Albano Milani e di Alice Weiss, quest’ultima di origine
israelita.
Nel 1930 da Firenze la famiglia si trasferì a Milano dove don Lorenzo fece gli
studi fino alla maturità classica. Dall’estate del 1941 Lorenzo si dedicò alla
pittura iscrivendosi dopo qualche mese di studio privato all’Accademia di
Brera.
Nell’ottobre del 1942, causa la guerra, la famiglia Milani ritornò a Firenze.
Sembra
che
anche
l’interesse per la pittura
sacra abbia contribuito a
far
approfondire
a
Lorenzo la conoscenza del
Vangelo.
In
questo
periodo
incontrò don Raffaello
Bensi,
un
autorevole
sacerdote fiorentino che
fu da allora fino alla morte
il suo direttore spirituale.
Nel novembre del 1943 entrò nel Seminario Maggiore di Firenze. Il 13 luglio
1947 fu ordinato prete e mandato in modo provvisorio a Montespertoli ad
aiutare per un breve periodo il Proposto don Bonanni e poi, nell’ottobre
1947 a San Donato di Calenzano (FI), cappellano del vecchio Proposto don
Pugi.
A San Donato fondò una scuola popolare serale per i giovani operai e
contadini della sua parrocchia.
Il 14 novembre 1954 don Pugi moriva e don Lorenzo fu nominato priore di
Barbiana, una piccola parrocchia di montagna. Arrivò a Barbiana il 7
dicembre 1954. Dopo pochi giorni cominciò a radunare i giovani della
nuova parrocchia in canonica con una scuola popolare simile a quella di San
Donato. Il pomeriggio faceva invece doposcuola a in canonica ai ragazzi
della scuola elementare statale.
Nel 1956 rinunciò alla serale per i giovani del popolo e organizzò per i primi
sei ragazzi che avevano finito le elementari una scuola di avviamento
industriale.
Nel maggio del 1958 dette alle stampe Esperienze pastorali iniziato otto
anni prima a San Donato.
Nel dicembre dello stesso anno il libro fu ritirato dal commercio per
disposizione del Sant’Uffizio, perché ritenuta “inopportuna” la lettura.
Nel dicembre del 1960 fu colpito dai primi sintomi
(linfogranuloma) che sette anni dopo lo porterà alla morte.
del
male
Il primo ottobre 1964
insieme a don Borghi
scrisse una lettera a
tutti i sacerdoti della
Diocesi di Firenze a
seguito della rimozione
da parte del Cardinale
Florit del Rettore del
Seminario
Mons.
Bonanni.
Nel febbraio del 1965
scrisse
una
lettera
aperta ad un gruppo di
cappellani militari toscani, che in un loro comunicato avevano definito
l’obiezione di coscienza “estranea al comandamento cristiano dell’amore e
espressione di viltà”. La lettera fu incriminata e don Lorenzo rinviato a
giudizio per apologia di reato.
Al processo, che si svolse a Roma, non poté essere presente a causa della
sua grave malattia. Inviò allora ai giudici un’autodifesa scritta. Il 15 febbraio
1966, il processo in prima istanza si concluse con l’assoluzione, ma su
ricorso del pubblico ministero, la Corte d’Appello quando don Lorenzo era
già morto modificava la sentenza di primo grado e condannava lo scritto.
Nel luglio 1966 insieme ai ragazzi della scuola di Barbiana iniziò la stesura
di Lettera a una professoressa.
Don Lorenzo moriva a Firenze il 26 giugno 1967 a 44 anni.
Don Lorenzo è un convertito. La molla che lo spinge è la fede
Don Lorenzo Milani è un convertito che custodisce nel cuore, fino all’ultimo
istante della sua vita, il fuoco della prima folgorazione. Una frase della
Bibbia per cogliere la sua esperienza di fede, potrebbe essere il versetto
della II Lettera ai Corinzi dell’apostolo Paolo: ”…da ricco che era si è fatto
povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua
povertà”. Don Lorenzo era cresciuto in una famiglia che rappresentava la
cultura di Firenze al più alto livello. E’ questo mondo, questa cultura elitaria
che lui lascia. Certe pagine hanno certamente valore autobiografico: “
Povero Pierino, mi fai quasi compassione. Il privilegio l’hai pagato caro.
Deformato dalla specializzazione, dai libri, dal contatto con gente tutta
eguale. Perché non vieni via? Lascia l’università, le cariche, i partiti. Mettiti
subito a insegnare. La lingua solo e nient’altro. Fai strada ai poveri senza farti
strada. Smetti di leggere, sparisci. E’ l’ultima missione della tua classe.
Sarebbe un errore pensare che la sua contestazione alla Chiesa sia fatta in
nome di una certa modernità. Don Lorenzo sembra non conoscere crisi di
vocazione. E’ sicuro della sua consacrazione totale al Signore e del suo
celibato. Scrive: “Neanche un attimo della mia vita da che son cristiano (venti
anni) l’ho perso a desiderare una famiglia mia con cui sfogare il dispiacere
dell’apostolato,
o
del
cozzare degli ideali contro
il muro della realtà”.
La forza della Parola
C’era in don Lorenzo
un’attenzione rigorosa alla
Parola di Dio. L’uso del
Nuovo
Testamento
nell’edizione critica curata
dal Merk con il Lexicon
greco dello Zorell erano i
libri che teneva sul banco durante la lezione del professore di Sacra Scrittura
al Seminario Fiorentino, come segno di contestazione verso un
insegnamento da lui considerato giustamente molto approssimativo e
insufficiente. Ai suoi figlioli in regalo di nozze ha sempre dato la sinossi del
P. Lagrange. E anche a Barbiana la scuola aveva alla fine questo scopo:
rendere possibile l’ascolto della Parola. Scrive in Esperienze pastorali: «È
tanto difficile che uno cerchi Dio se non ha sete di conoscere. Quando con la
scuola avremo risvegliato nei nostri giovani operai e contadini quella sete
sopra ogni altra sete e passione umana, per portarli poi a porsi il problema
religioso sarà un giochetto. Saranno simili a noi, potranno vibrare di tutto ciò
che fa noi vibrare. Tutto il problema si riduce qui, perché non si può dare che
quel che si ha. Ma quando si ha, il dare viene da sé, senza neanche cercarlo,
purché non si perda tempo. Purché si avvicini la gente su un livello d’uomo,
cioè a dir poco un livello di Parola e non di gioco». Il card. Martini commenta
questo brano dicendo: «Don Milani scrive Parola con la P maiuscola e in
corsivo. In tal modo egli intendeva porre l’accento sulla necessità che il
credente ha di rivolgere una Parola che impegni ed arricchisca, non una
parola qualsiasi che non impegna chi la dice e non serve a chi l’ascolta, non
una
parola
come
riempitivo del tempo». E
poi precisa che quando si
hanno idee chiare, «di
dignità è rivestita persino
la parola che spiega un po’
di aritmetica».
Ma in don Milani
c’è anche una forte
dimensione etica: il Gesù
di don Lorenzo è in
opposizione radicale a
tutti i falsi valori del
mondo. Scrive a don Ezio
Palumbo: “…pian piano andrai costruendo quell’immagine di prete più vera e
degna di te… Chi è in basso deve vederti in alto…”Ponete in alto i vostri cuori
e fate che sia come fiaccola che arda… Su questo punto non bisogna avere
pietà, di nessuno. La mira altissima, addirittura disumana (perfetti come il
Padre!) e la pietà, la mansuetudine, i compromessi paterni, la tolleranza
illimitata solo per chi è caduto e se ne rende conto e chiede perdono e vuole
riprovare da capo a porre la mira altissima… Ecco dunque l’unica cosa
decente che ci resta da fare: stare in alto (cioè in grazia di Dio), mirare in alto
(per noi e per gli altri) e sfottere crudelmente non chi è in basso ma chi mira
basso… La gente viene a Dio solo se Dio ce la chiama. E se invece che Dio la
chiama il prete (cioè l’uomo, il simpatico, il ping pong) allora la gente viene
all’uomo e non a Dio”. Qui si colloca la contestazione di don Lorenzo nei
confronti di una pastorale che ha puntato sui mezzi, sulle tecniche col fine
preciso di occupare un posto secondo i criteri del mondo. C’è stata una
assimilazione al mondo.
Possedere la parola. E’ la lingua che fa eguali.
La lingua, il possesso della lingua è un elemento fondamentale per
arrivare all’eguaglianza degli uomini.
Perché è solo la lingua che fa eguali. Eguale è chi sa esprimersi e
intende l’espressione altrui. Che sia ricco o povero importa meno. Basta che
parli. (L.P. pag.96)
La cultura vera, quella che ancora non ha posseduta nessun uomo, è fatta di
due cose: appartenere alla massa e possedere la parola.” (L. P. 105)
Guido Crainz in Autobiografia di una
repubblica scrive che la Lettera ad
una professoressa è il più importante
testo di culto della contestazione
studentesca del 1968. Certo è difficile
trovare operazioni culturali così
rigorose e incisive come quella di
Barbiana che fa della lingua e del suo
possesso l’elemento fondamentale
dell’uguaglianza umana.
Non si tratta solo di denunciare la
dispersione scolastica di cui è
colpevole un processo educativo che
prescinde da quelle che sono le
condizioni di partenza degli alunni.
La tesi di Barbiana è molto più
profonda: è guidata da due
convinzioni di fondo: la forza della parola e la fiducia nell’uomo, di ogni
uomo che ha in sé ricchezze infinite e deve esser messo in condizione di
esprimerle. La parola alla quale fa riferimento la Lettera ad una
professoressa è prima di tutto quella che Dio stesso ha pronunciato nel
cuore dell’uomo, di ogni uomo, e che non può esser ridotta al silenzio. Non
valorizzare al meglio il fattore umano è spreco della risorsa più importante.
A Barbiana è anche esaltata la conoscenza delle lingue straniere come
estensione evidente della conoscenza della parola. Si approfittava di ogni
occasione per confrontarsi con persone di madrelingua ed era cercata in
ogni modo l’opportunità di andare all’estero non solo per imparare le
lingue ma per conoscere ed avvicinare una cultura diversa.
Si può obbiettare che certe espressioni della scuola di Barbiana,
pur importanti e sorprendenti, risalgono agli anni ’60, ma il mutamento
che è intervenuto con la diffusione dei media, dei social network e con la
omologazione della lingua ha solo in apparenza ridimensionato il
problema. Già oggi emerge il problema del divario digitale cioè la
distinzione fra quella parte di mondo che conosce ed è in grado di
utilizzare gli strumenti della comunicazione ed elaborazione informatica e
quella parte di umanità che alla rivoluzione digitale non è in grado di
accedere. Per questo il richiamo al riscatto degli ultimi come diritto
affermato dalla Costituzione a tutela e promozione di una dignità umana
altrimenti negata, è divenuto, con il processo di globalizzazione e la
competizione fra territori, un elemento essenziale per un paese che se non
riesce a valorizzare al massimo il proprio fattore umano incorre nello spreco
della risorsa più preziosa e rischia di farne pagare il prezzo alle generazioni
successive.
Bisogna che ognuno si senta l’unico responsabile di tutto.
La vera cultura non è solo possedere la parola, esser messi in condizione di
potersi esprimere, di poter
mettere a disposizione di tutti
quello che noi abbiamo ricevuto:
è anche appartenere alla massa
ed essere consapevoli di questa
appartenenza. E appartenenza
significa anche farsi carico di
tutti. Scrive don Lorenzo in una
lettera a Francuccio: “La cultura
è una cosa meravigliosa come il
mangiare ma chi mangia da solo è una bestia, bisogna mangiare insieme alle
persone che amiamo e così bisogna coltivarsi insieme alle persone che
amiamo.” Quindi mai una cultura elitaria: nella scuola di Barbiana tutti
vanno a scuola e tutti fanno scuola: educazione partecipata a tutti e
partecipata da tutti. Già la vita di relazione è luogo educativo fondamentale.
Ma essa deve diventare partecipazione attiva alla vita di tutti: nella scuola,
nella vita pubblica, nella politica, nel sindacato. L’ I care è il motto di
Barbiana. La risposta polemica ai cappellani militari della regione toscana
sull’obbiezione di coscienza e la successiva lettera ai giudici in occasione
del processo intentato contro di lui (e contro P. Balducci) per apologia di
reato sono due parti di un unico messaggio che va sotto il
titolo: L’obbedienza non è più una virtù.: “…I nostri nomi - scrive P. Balducci
sul suo diario al 26 giugno 1967, quello stesso della data di morte di
don Milani - erano intrecciati nell’esecrazione o nel plauso, imputati
ambedue per l’apologia dell’obiezione di coscienza. Era toccato a lui condurre
la causa comune fino ai vertici della lucidità e della passione morale, con
la Lettera ai giudici, straordinario capolavoro di realismo cristiano”. E Clara
Urquhart, da Londra, in data 22 luglio 1966, a nome di Eric Fromm gli
scrive: Eric Fromm mi ha letto, in tedesco, la vostra lettera ai giudici. Eravamo
ambedue profondamente scossi e lui la paragonava all’apologia pro vita sua
di Socrate…” Certamente il testo per il quale don Lorenzo fu condannato nel
secondo grado di processo, quando egli era già morto, è un documento di
grande tensione morale: fortissima l’affermazione del primato della
coscienza individuale. “Bisogna avere il coraggio di dire ai giovani che essi
sono tutti sovrani, per cui l’obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più
subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti
agli uomini, né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l’unico
responsabile di tutto”. Questa dunque è la risorsa unica che rimane all’uomo
per affermare la sua dignità e per sottrarsi all’egemonia di poteri sempre più
subdoli e invasivi. Quando don Lorenzo scrive la lettera ai giudici le
contrapposizioni ideologiche nella società sono molto forti. Certamente la
Scuola di Barbiana non è un luogo asettico: queste contrapposizioni si
avvertono. Viene spesso richiamato il ruolo del sindacato, dei partiti, c’è
anche nella lettera ai cappellani militari l’indicazione esplicita dei due
tentativi considerati i più nobili per ricercare la libertà e la giustizia nel
mondo, cioè il sistema democratico e il sistema socialista. Ma nella Lettera
ad una professoressa c’è anche una singolare efficacissima definizione della
politica dai significati assolutamente post-ideologici e laici: “Ho imparato
che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica.
Sortirne da soli è l’avarizia”.
PROGETTO FORMATIVO
Promosso dall’Associazione Museo della Scuola “I Care!”
in collaborazione con Edoardo Martinelli - allievo della Scuola di Barbiana
e il Centro di Documentazione Don Milani Vicchio (FI)
Tema
“La scuola è il luogo per imparare ad apprendere, a pensare con la propria testa, ad
essere responsabili”
Finalità
Ricercare, studiare e realizzare percorsi formativi integrati finalizzati al successo
formativo mediante strategie di integrazione e di orientamento
Obiettivi
 Contestualizzare le tecniche educativo-didattiche della scuola di Barbiana alla
scuola d’oggi
 Educare e formare alla motivazione responsabile del soggetto educante
 Costruire un ambiente educativo inclusivo il cui compito spetta a: dirigenti,
docenti, personale ATA, genitori, alunni, società/fuori
 Partire dal motivo occasionale per arrivare al cuore dell’intervento educativoformativo
Metodologia di lavoro
Applicare la metodologia del lavoro cooperativo, nel significato milaniano del termine,
come metodo formativo di ricerca da sperimentare successivamente con gli allievi sia in
aula che nello spazio museale in allestimento
Responsabile e referente: prof. Vito Pirruccio -
Presidente dell’Associazione
Museo della Scuola “I Care!” e dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo “M. Bello - G.
Pedullà - Agnana” di Siderno (RC)
Direttore del corso e relatore:
prof. Edoardo Martinelli, allievo della Scuola di
Barbiania di don Lorenzo Milani e autore di “Don Lorenzo Milani - dal motivo occasionale al
motivo profondo” - SEF - Società Editrice Fiorentina
Destinatari




Docenti Infanzia, Primaria e Media
Personale educativo
Personale ATA
Genitori
Data e sede di svolgimento
Barbiana - Vicchio (FI) - dal 2 al 5 settembre 2014 secondo il programma allegato
CORSO DI FORMAZIONE PRESSO LA SCUOLA DI BARBIANA
VICCHIO (FI) 2/5 SETTEMBRE 2014
TITOLO DEL CORSO
“La scuola è il luogo per imparare ad apprendere, a pensare con la propria testa,
ad essere responsabili”
da Lettera alla Scuola
MARTEDÌ 2 SETTEMBRE 2014
Ore 8,00: partenza in autobus dalla Scuola Primaria “M. Bello” - Via Turati 4, Siderno
Ore 20,00: arrivo a Vicchio (FI) - (km. 944)
Sistemazione in hotel (Hotel Marrani - Via Fiorentina 128 - RONTA (FI), cena e pernottamento
MERCOLEDÌ 3 SETTEMBRE 2014
 Ore 7,00: prima colazione in hotel
 Ore 8,30: incontro a Vicchio (Casa del Popolo di CISTIO) con i responsabili del Centro di
Documentazione Don Lorenzo Milani
 Ore 9,30 - 12,30: corso di formazione - “La Scuola della prevenzione educativa e del
disagio: il successo formativo, strategie di integrazione e di orientamento”;
 Ore 13,00: Pranzo (Casa del Popolo di Cistio)
 Ore 15,00: partenza per Barbiana e visita alla Scuola - Incontro formativo: “Tecniche
didattiche nella Scuola di Barbiana”;
 Ore 18,30: rientro a Vicchio e visita alla cittadina del Mugello
 Ore 20,30: cena e pernottamento
GIOVEDÌ 4 SETTEMBRE 2014
 Ore 7,00: prima colazione in hotel
 Ore 9,00: Casa del Popolo di CISTIO: incontro presso il Centro di Documentazione Don
Lorenzo Milani - “Dinamiche cognitive e relazioni: da trasmettitori di nozioni a facilitatori
dell’apprendimento”
 Ore 13,00: Pranzo (Casa del Popolo di Cistio) (km 9,1)
 Ore 15,00: partenza per FIRENZE e visita alla città (km 38,9)
 Ore 20,30: rientro a Vicchio, cena e pernottamento
VENERDÌ 5 SETTEMBRE 2014
 Ore 7,00: prima colazione in hotel
 Ore 9,00: rientro per Siderno
 Ore 13,00: sosta in Autogrill pranzo a carico dei partecipanti
P.S. E’ in programma l’incontro con i docenti dell’Istituto Comprensivo di Scampia che, negli stessi giorni, si
trovano a Barbiana per un corso di formazione
Ha detto
*L’obbedienza non è più una virtù
Avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l’obbedienza non è
ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far
scudo né davanti agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno
l’unico responsabile di tutto.
(Lettera ai giudici )
(Una lezione alla scuola di Barbiana)
* Purtroppo la mia previsione è che sarete pecore, che vi piegherete completamente alle
usanze, che vi vestirete come vuole la moda, che passerete il tempo come vuole la
moda.[…] Rifletteteci! Ne avete l’età.
(Una lezione alla scuola di Barbiana)
* “La povertà dei poveri non si misura a pane, a casa, a caldo. Si misura sul grado di
cultura e sulla funzione sociale……… La distinzione in classi sociali non si può dunque fare
sull’imponibile catastale, ma su valori culturali” (p. 209)
* “La cultura vera, quella che ancora non ha posseduto nessun uomo, è fatta di due cose:
appartenere alla massa e possedere la parola.
Una scuola che seleziona distrugge la cultura. Ai poveri toglie il mezzo d’espressione. Ai
ricchi toglie la conoscenza delle cose”
* “Quando avete buttato nel mondo d’oggi un ragazzo senza istruzione avete buttato in
cielo un passerotto senza ali” (La parola
fa eguali)
* Il fine giusto è dedicarsi al prossimo. E
in questo secolo come vuole amare se
non con la politica o con la scuola?
Siamo sovrani.
Non è più tempo delle elemosine, ma
delle scelte.
(Lettera a una professoressa)
* La differenza tra il mio figliolo e il vostro non è nella quantità, né nella qualità del
tesoro racchiuso dentro la mente e il cuore, ma qualcosa che è dentro la soglia stessa:
la Parola
* Non c’è nulla che sia ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali.
(Lettera a una professoressa )
Le Lettere di Don Milani sono un gioiello perché rivelano, senza nulla nascondere o
addolcire, le caratteristiche della sua personalità quanto mai ricca ed originale, dandoci
la possibilità di rivedere giudizi avventati e gratuiti che da sempre feriscono gravemente
la persona cui sono diretti. Da tutte traspare la sua anima sacerdotale, dimentica di sé,
che cerca con passione e in tutti i modi il bene dei suoi “figli”. Sorprende enormemente,
infatti, la sua capacità inventiva che con coraggio e determinazione mette su a Barbiana
una scuola tutta nuova, diversa da tutte le altre.
SISTEMAZIONE ALBERGHIERA
Complesso Turistico MARRANI Via
Faentina, 128 50032 Ronta Mugello (Fi)
Tel. 055 8403005 Fax 055 8403370
www.hotelmarrani.it - E-mail:
[email protected]
L'Hotel Ristorante Marrani è
situato
in
posizione collinare a 400 mt di altitudine, nella
valle del Mugello, in prossimità dell'omonimo
autodromo internazionale.
Le sue camere dotate di servizi, per 286 posti letto, le piscine, il campo da tennis, il
grande parcheggio privato per bus e auto, il ristorante per ogni evento, rappresentano
una comoda base per escursioni in tutta la Toscana.
A SSOC I AZI ON E M US EO D EL L A S C U OL A
“ I C ARE”
Scarica

viaggio-studio - Home Page - Museo della Scuola" I CARE"