Settanni
Garzon
Malaspina
Tagni
Mariolini
Di Donato
Boari
Romelli
Properzi
Carollo
Canziani
Borgheresi
Nicolazzo
Munari
Muscogiuri
Bellezza Q.
Francesco
Andrea
Donato
Silvio
Gino
Giuseppe
Filippo
Angelo
Piero
Girolamo
Luciano
Aldo
Vittorio
Antonio
Antonio
Luca
01
03
04
04
05
05
07
10
10
12
17
18
18
20
23
25
D'Aurelio
Salvino
Ferrarini
Carlo
Fedon
Giovanni
Meneghello Ruggero
Liaci
Carmelo
Ravani
Martino
Biciotti
Mario
Cecchini C. Alberto
Viezzoli
Lucio
Papa
Lorenzo
Montuoro
Francesca
Colavero
Giorgio
Provenzano Luigi
Bellomi
Giuseppe
Carlino
Giuseppe
Di Giambattista Cesare
Salerno
Luciano
Ferraro
Giuseppe
02
02
08
09
14
15
16
17
17
20
21
23
25
27
29
30
30
31
Franci
Manara
Casotto
Ceragioli
Montuoro
Montuoro
Rivis
Casellato
Guaccio
De Toro
Raneri
Castagna
Nencini
Bonuccelli
Bellezza Q.
Colavero
Resce
Rajola
Roberto 02
Luciano
04
Armando 05
Antonio
06
Federica 08
Filippo
08
Aldo Guido 11
Angelo F. 11
Alberto
11
Remo
15
Assunto 15
Roberto 18
Eros
19
Roberto 20
Carlo Alb. 21
Sergio
27
Ivan
30
Michele
31
ATTENZIONE:
Chi è nato nei mesi di
giugno, luglio e agosto
e non è stato citato, mi
mandi la sua scheda
notizie, così conoscerò
la sua data di nascita e
potrò fargli gli auguri.
R.S.
Anno 5° - N. 15 -
Notiziario del Gruppo Alpino ANGET -
18 - 21 aprile 2007 : 52^ Sessione Ordinaria del Consiglio Nazionale ANGET
Il Gen. C.A.
Luigi Campagna (sinistra)
passa la carica di Presidente Nazionale ANGET
al Gen. C.A.
Maurizio Cicolin (destra).
Al Gen. Campagna un sincero
grazie
del
nostro
Gruppo Alpino per quanto ha fatto per la nostra Associazione e l’invito a tornare spesso in
mezzo a noi per verificare “dal vivo” che l’entusiasmo che lui ci ha aiutato a far crescere non è stato un fuoco di paglia ma un sentimento vero e ben radicato.
Sommario
Anno 5° . N. 15. Giugno 2007
- E’ scomparso il mitico Don Enelio Franzoni
Direzione e redazione
Via S.Erasmo 15—00184 Roma
Tel. 348.7924800
e-mail: [email protected]
www.gruppalpanget.it
Direttore
Roberto Scaranari
Collaboratori per questo numero
Stefano Mariech
Luciano Salerno
Vittorio Bernard
Bruno Sancandi
Camillo Sileo
Germano Pollini
- La 52^ Sessione Ordinaria del Consiglio Nazionale ANGET 7 - 8
Pag. 28
ISCRIZIONI (€ 21,00)
Conto Corrente n. 43041086 intestato a
Scaranari Roberto—Gruppo Alpino ANGET
Via di S:Erasmo 15—00184 ROMA
(per bonifici bancari: ABI=07601 CAB=03200)
- La Centrale elettrica di Cardano (di Enrico Vadacca)
2 - 6
9 - 10
- Preghiera del mulo al suo conducente (da Arnaldo Ballico) 11 - 14
- 2° Btg.g.gua. Iseo - Escursioni estive 1988 (di S.Mariech)
- La campagna acquisti 2007 - gli ultimi nuovi arrivi.
Enrico Vadacca
Arnaldo Ballico
Piergiorgio Giunti
Edmondo De Pompeis
Carlo Alberto Bruschi Giorgio Colavero
Giugno 2007
15 - 22
22
- Dal nostro inviato speciale in Libano (di E. De Pompeis)
23 - 25
- L’angolino della posta
25 - 26
- A settembre i Genieri della Pio-Pio a Muris
26
- La Bandiera del 2° Reggimento Trasmissioni in Libano
27
- Buon Compleanno
28
Al Gen. Cicolin, socio del nostro Gruppo, geniere alpino da
sempre, già Comandante dell’Orobica e della Tridentina e
adesso nuovo Presidente Nazionale ANGET, vanno le nostre più vive congratulazioni
ed i nostri auguri per un’attività intensa e ricca di soddisfazioni. Dal nostro Gruppo riceverà sempre tutta la collaborazione che saremo capaci di
fornirgli: ci potrà mancare la
capacità, non certo la volontà.
R.S.
Ci scrive il socio e carissimo amico Luciano Salerno da Bologna:
“Il 5 marzo si è spento nella Casa di Cura Villa Toniolo di Bologna, dove era
ricoverato da alcune settimane per problemi respiratori, Don Enelio Franzoni.
Negli ultimi istanti della Sua vita - secondo quanto gli è stato riferito da chi era
presente - ha ripercorso, in pochi secondi, la stagione dei ricordi e la sua vita,
prima in guerra e poi nelle parrocchie
bolognesi. Poi ha stretto la mano a chi
gli stava vicino e con un filo di voce ha
sussurrato: " Pregate per me".
Ora don Franzoni riposa nella
Certosa di Bologna, nel campo dei religiosi, davanti al monumento ai Caduti in
Russia. Per non lasciarli più soli!
Scrive ancora Luciano Salerno:
“la scomparsa di don Franzoni ha creato
un vuoto dolorosissimo e incolmabile.
Avevo avuto la fortuna e il privilegio di
frequentarlo spesso e di essergli vicino
in diverse circostanze. La sua parola
infondeva una fede profonda, suscitando
nell'animo sentimenti di viva commozione. Quando celebrava la S. Messa al
Circolo Ufficiali di Bologna, a conclusione della sacra funzione, invitava sempre
i presenti a cantare con Lui il nostro Inno
Nazionale. Si può ben immaginare, quindi, quanta commozione e quanto amore
per questo Sacerdote eccezionale che,
al Vangelo, ci partecipava, con una serenità che è difficile riscontrare in chi ha
tanto sofferto, le Sue esperienze luminose di Cappellano Militare in guerra e in
prigionia. E che prigionia!.
Don Franzoni era nato a San
Giorgio di Piano (BO) il 19 luglio 1913;
poiché sarebbe impossibile raccontare la
sua vita, sarà sufficiente riportare la motivazione dalla sua Medaglia d’Oro al
Valor Militare:
Pag. 2
“Cappellano addetto al Comando di
una Grande Unità, durante accaniti combattimenti recava volontariamente il conforto religioso ai reparti in linea. In caposaldo impegnato in strenua difesa contro
schiaccianti forze nemiche, invitato dal
comandante ad allontanarsi finché ne
aveva la possibilità, rifiutava decisamente e, allorché i superstiti riuscirono a
rompere il cerchio avversario, restava in
posto, con sublime altruismo, per prodigare l’assistenza spirituale ai feriti intrasportabili. Caduto prigioniero e sottoposto a logorio fisico prodotto da fatiche e
da privazioni, non curante di se stesso,
con sovrumana forza d’animo, si prodigava per assolvere il suo apostolato.
Con eroico sacrificio rifiutava per ben
due volte il rimpatrio onde continuare tra
le indicibili sofferenze dei campi di prigionia, la sua opera che gli guadagnò
stima, affetto, riconoscenza ed ammirazione da tutti. Animo eccelso, votato al
costante sacrificio per il bene altrui.”
Fronte Russo dicembre 1942
Campo di prigionia 1942-1946
-------Ma il nostro amico Luciano non si è limitato a mandarci la triste notizia con questa pagina di accompagnamento. Poichè
Mons. Franzoni era Socio Onorario del
Centro di Studi Storico-Militari “Gen. Gino Bernardini” di Bologna, di cui Luciano
Salerno è Vice Presidente, ci ha mandato una conferenza tenuta da Don Franzoni il 12 aprile 1996 autorizzandoci a
pubblicarla integralmente.
Lo facciamo con entusiasmo
ringraziando per la gentile concessione,
nella convinzione che le cose belle devono essere messe a disposizione di
tutti, per la crescita del nostro spirito.
LA BANDIERA DI GUERRA DEL
2° REGGIMENTO TRASMISSIONI
NEL TEATRO OPERATIVO
Il 9 aprile 2007 sono stati resi gli
LIBANESE
onori alla bandiera di guerra del
2° Reggimento Trasmissioni, che ha
lasciato la sede di Bolzano per accompagnare il Reparto in Libano,
nell’ambito dell’Operazione ONU denominata “LEONTE”.
La bandiera, assegnata il 21 Marzo
1976, si fregia di una medaglia d’argento ed una di bronzo al valor Militare, concesse al termine della seconda Guerra Mondiale ai Btg. Genio “Julia”, Reparti alpini di cui il 2°
Reggimento Trasmissioni è divenuto
depositario spirituale.
L’evento, definito “storico” dal Generale di Brigata Giuseppe Santomartino, Comandante della Brigata di
Supporto alla Manovra del Comando
Trasmissioni ed Informazioni Esercito in Anzio (RM) da cui il 2° Reggimento dipende, mette in rilievo l’importanza che ha assunto l’Arma delle
Trasmissioni in ambito operativo.
Il 2° Reggimento Trasmissioni, unica
Unità tra le Forze Armate italiane a
coniugare la peculiarità del Knowhow tecnologico alle capacità di operare in ambiente montano, vanta la
partecipazione a tutte le operazioni
di peace-keeping che hanno registrato la presenza dell’Esercito Italiano dal 1993 ad oggi (Mozambico,
Albania, Bosnia, Macedonia, Kosovo, Iraq ed Afghanistan).
Il Reparto, Comandato dal Col. Camillo SILEO, dal 12 aprile 2007,
data del TOA (transfer of authority) ha assunto la responsabilità
di tutte le comunicazioni del contingente ONU, subentrando ad
una Task Force espressa dall’11°
Reggimento Trasmissioni di Civitavecchia.
In Libano il 2° Reggimento Trasmissioni si occupa della realizzazione dei sistemi di telecomunicazione per garantire alle unità
di manovra l’esercizio del Comando e Controllo, e cioè di effettuare comunicazioni, in chiaro
e classificate, sia telefoniche che
in modalità informatica.
Grazie all’elevata preparazione professionale dei militari e la possibilità
di disporre di apparati con contenuti
tecnologici sempre più all’avanguardia, il 2° Reggimento Trasmissioni
ha tutte le potenzialità per soddisfare
le esigenze di Information Technology richieste dal territorio libanese.
Camillo Sileo
Pag. 27
Ha scritto Germano Pollini e ci ha
aggiornato sui successi della figlia
Giulia che il 17 marzo ha partecipato
con ottimi risultati alla “Women's
Eights Regatta” a Londra.
Risponde il Capo Gruppo: Germano, per un grande articolo aspettiamo almeno una medaglia d’oro europea. In ogni caso: Brava Giulia.
Ha scritto Piergiorgio Giunti ma la
sua lunga ed interessante lettera ha
molti aspetti personali per cui gli ho
risposto privatamente. Grazie Piergiorgio.
Ha scritto Carlo Alberto Bruschi
correndo quà e là con la sua fantasia
e spaziando dal nostro Inno Nazionale alle ricette ed ai testi di vecchi
canti alpini.
Risponde il Capo Gruppo: Carlo
Alberto, spero di avere più spazio a
settembre per pubblicare almeno un
sunto di quanto mi scrivi.
R.S.
Mi ha scritto il Gen. Bernard, sempre attivissimo o onnipresente, mandandomi un
foglio con l’invito a partecipare al 7° Incontro dei “Veci” Pionieri e Guastatori della
“Julia” a Muris di Ragogna (UD), domenica 30 settembre, per ricordare la costruzione della strada fatta 55 anni fa e la doppia ricostruzione della Chiesetta, dopo la
Guerra e dopo il terremoto.
E’ gradita la partecipazione di tutti i Genieri, con la penna e senza penna, che hanno operato sui monti della Carnia in difesa della Patria ed a beneficio delle popolazioni locali.
Nell’occasione saranno ricordati i Caduti ed in particolare quelli del Battaglione
“Gemona” scomparsi nell’affondamento della nave “Galileo” mentre stavano rientrando in Patria dal fronte Greco-Albanese.
PROGRAMMA
- ore 09.30 Riunione dei convenuti presso la sede del Gruppo ANA di Muris, vicino
alla Chiesetta sul Monte.
- ore 10.00 Bicchierata presso la sede del Gruppo
- ore 11.00 Santa Messa nella Chiesetta sul Monte e deposizione corona ai Caduti.
- ore 12.00 Breve allocuzione da parte dei nostri Comandanti
- ore 13.00 Rancio Alpino presso la sede del Gruppo ANA.
Avvertenze:
1. Non sono disponibili mezzi pubblici o collettivi per raggiungere il Monte di Muris.
2. Ai fini organizzativi, dare notizia della partecipazione al M.M.Aiut. Bruno Sancandi, Via dell’Ostella, 22 - 33100 Udine (Tel. 0432.282546).
3. Per gli aderenti all’iniziativa che dovessero raggiungere Udine la sera precedente,
è prevista una cena - facoltativa - di incontro presso la Tavernetta di Remanzacco
(UD), Piazza Municipio (Tel. 0432.667050).
Annotazione del Capo Gruppo: Io spero di risolvere i problemi familiari che ho e di
poter essere presente. In ogni caso invito tutti i lettori che possono ad andarci perchè sarà sicuramente una domenica di quelle che meritano di essere vissute.
Pag. 26
“UN CAPPELLANO IN RUSSIA”
Mi trovavo con colleghi nella caserma
del 121° Reggimento di Artiglieria contraerea leggera qui a Bologna ed il discorso cadde sul cappellano militare in
tempo di guerra.
Un collega, rivolgendosi al Vescovo Mons. Marra, voleva ironizzare:
“…come può il buon Dio ascoltare insieme il cappellano che prega per i suoi di
qua dalla trincea e il cappellano che prega per i suoi dall’altra parte della trincea….”
Mons. Marra, lentamente, scuotendo il capo “… e voi; quei ragazzi,
vorreste lasciarli soli?!…”
Chi è il Cappellano militare?
E’ un prete come tutti gli altri, crede in
Dio e nella gente; e per amore di Dio, si
fa carico delle gioie, dolori, fatiche, speranze di quanti gli vengono affidati, per
camminare con loro alla luce della fede.
Per cui se gli vengono affidati
dei giovani e questi un bel giorno debbono partire per il fronte, egli chiede, ed
essi chiedono di andare con loro: è la
vicenda, fra le tante, di Don Primo Mazzolari e di Don Carlo Gnocchi.
Cappellano militare può essere un
tranquillo Padre Francescano che vive
nel suo Convento e un giorno gli vien
detto che dovrà deporre il saio per indossare la divisa grigioverde e andare in
un Ospedale da Campo. Ed egli parte e
non è che provi chissà quale trauma:
prima serviva Cristo educando i novizi in
convento. Ora serve Cristo ferito, sanguinante su una brandina!
Quando il Cappellano reduce dalla
guerra vien chiamato nelle scuole e i
ragazzi gli obiettano: come mai, tu che
sei prete, sei andato a fare la guerra?! Il
Cappellano risponde: non sono andato a
fare la guerra ma c’erano giovani che
andavano a fare la guerra e mi hanno
detto: vieni con noi; tu non vieni per sparare; tu ci aiuterai a pregare e se saremo
feriti, ci starai vicino; se resteremo uccisi, a casa nostra non andrà solo il maresciallo dei carabinieri a dare la notizia,
ma arriverà anche la tua lettera per dire
che abbiamo fatto il nostro dovere fino in
fondo e che siamo morti da cristiani….
Il Cappellano dunque non spara?
Può capitare che il plotone veda cadere
il Tenente; c’è lo sbandamento; il Cappellano è lì; bisogna salvarli quei fanti; e
l’unico modo è di prendere l’arma in pugno e di mettersi alla testa del plotone: e
così fece Don Silvio Marchetti il 20 dicembre 1942 a Kantemirowka. Fu sopraffatto; fu ucciso; ma non importa; in
quel momento egli doveva fare così.
E poi c’è la legittima difesa; Don
Carlo Chiavazza nel suo libro “Scritto
sulla neve” dice che un russo gli si è
avventato addosso ed egli l’ha prevenuto e l’ha ucciso.
E’ il caso di Don Michele D’Auria:
nell’isba in cui si trova entrano due soldati russi che gli sparano; si getta sotto il
tavolo; si finge morto; ha modo di estrarre la pistola e fa fuori i due russi.
Legittima difesa; legittima difesa
per tutti, anche per il Cappellano.
Ma l’arma vera, l’arma in dotazione, obbligatoria per il Cappellano in
guerra, non è tanto la croce rossa cucita
sul taschino della giubba, ma il Crocifisso, un Crocifisso vero, e l’altarino con il
Calice.
Ed ora si impone una digressione. Il cappellano sa che Cristo, il suo
Maestro, redime il mondo versando il
Suo sangue. E conosce il commento
dell’Apostolo Paolo, quando dice che la
Passione di Cristo non è completa senza
la sua passione; l’Apostolo si dice lieto
per essere chiamato a completare con la
sua, quello che manca alla Passione di
Cristo. Cristo è solo il capo; le membra
siamo noi; il capo dona il Suo Sangue, le
membra facciano altrettanto.
Soprattutto i preti.
Pag. 3
S. Caterina da Siena chiamava
i preti “ministri del sangue” definizione
che il Card. Giulio Bevilacqua applicava
in particolare ai Cappellani militari; diceva: “Noi siamo i ministri del sangue; con
quello di Cristo, il sangue di chi ci cade
accanto, il nostro stesso sangue, nell’unico calice, per la redenzione del mondo.”
Il 26 dicembre 1941 cade nella
battaglia di Petropawlowka Don Giovanni Mazzoni del 3° Reggimento Bersaglieri! Il 26 agosto 1942 cadono in combattimento Don Ferruccio Morandi, del 47°
Battaglione bersaglieri motociclisti e Don
Francesco Mazzocchi del II Battaglione
Chimico!
Il 16 dicembre 1942, sempre in
combattimento, cade Don Felice Stroppiana, dell’81° Reggimento Fanteria della Divisione “Torino.”
Alla mattina questi cari colleghi
(ho avuto la fortuna di conoscerli) avevano detto la loro Messa.
Statene certi che anche quella
mattina, la preghierina solita l’avevano
detta: Signore, se oggi col tuo sangue ci
vuoi mettere anche il mio, sappi che non
mi dispiacerebbe; insieme a quello dei
miei ragazzi.
E il Signore in quel giorno accolse la loro offerta.
Ma attenzione! Non è che questi Cappellani si siano gettati nella mischia per cercare la bella morte sia pure
nel nome di Cristo: avevano qualcuno da
salvare!
A questo punto, una parentesi:
quando fra le due guerre, negli anni venti, il Governo italiano discusse l’opportunità o meno della presenza permanente
del Cappellano nell’Esercito, qualcuno
obiettò che in guerra il Cappellano non
contribuisce a rafforzare i nervi del soldato per l’assalto: il Cappellano, al soldato ricorda troppo la mamma lontana:
non aiuta il soldato a stringere i denti….
Pag. 4
Il 16 dicembre 1942, trovandosi chi vi parla al caposaldo “Venere” sul
Don, avendo incontrato in un angolo
buio dei camminamenti due fanti….”cosa
fate qui?” “Cappellano, abbiamo paura!”
“Ma i vostri compagni sono fuori a combattere! Se vi trova qui il Capitano vi
spara!”
Il Cappellano ha fatto uscire i
due fanti; forse li ha mandati a morire;
ma il suo dovere in quel momento era
quello, anche se tutte le volte che rievoca il fatto, il suo cuore sanguina!
Abbiamo accennato al Cappellano che, più di ogni altro ufficiale ricorda
al soldato la famiglia: Quando si scrive
dal fronte, in fondo alla lettera spesso e
volentieri viene sollecitata l’aggiunta del
Cappellano.. “….lo dica Lei a mia madre
che sto bene; a me non crede… le dica
che non mi manca niente;”
Si stabilisce così un vero legame fra il Cappellano e la famiglia; il Cappellano diventa un po’ mamma, papà.
Ed allora potrebbero avere ragione quelli
che pensavano non opportuna la presenza del Cappellano in linea.
Torniamo per un momento al
caposaldo “Venere.” Ci chiediamo: se al
posto del Cappellano ci fosse stata sua
madre, li avrebbe mandati a combattere?
Terribile! Una madre vera li
avrebbe fatti uscire: per fare il loro dovere!
Così come una madre si sarebbe lanciata per soccorrere suo figlio
ferito a Petropawlovska, a Serafimovic, a
Monastircina; al posto della mamma,
Don Mazzoni, Don Ferruccio Morandi,
Don Felice Stroppiana dicevamo più
sopra:…avevano qualcuno da salvare…
Sentirsi “famiglia” per ragazzi
di vent’anni mandati a combattere verso
il circolo polare artico: ecco il Cappellano
in Russia.
Ascoltate una pagina di Don
31 marzo 2007 - Resa di onori al Segretario Generale delle Nazioni Unite in visita.
renti culture e religioni ed è il paese
dove si applica il “confessionalismo”.
Praticamente non ci sono partiti politici ma le religioni propongono i nominativi; persino le cariche più alte
dello Stato sono per legge divise tra
cristiani “Maroniti” (Presidente), e
mussulmani “Sunniti” e “Sciiti” .
Purtroppo sono stato anche a
visitare, nel nord del Libano, vicino al
monte Hermon, l’area denominata
“Sheba farms” che e’ diventata un
simbolo a causa della sua complica-
ta storia; una piccola area di 25
Kmq, con 14 fattorie, occupata da
Israele dal 1967 che tutti reclamano
come propria. Siria e Libano dicono
che è Libanese, Israele e UN dicono
che è Siriana perché al tempo dell’occupazione Israeliana era della Siria e non si riesce a raggiungere alcun accordo.
Ma mi chiedo: se gli Israeliani
si ritirassero da „Sheba farms“, gli
Hezbollah terminebbero di esistere?
Edmondo De Pompeis
Scrive Giorgio Colavero
I soci Trentini sempre alla ribalta. La
deposizione di una corona ai Caduti
in Piazza della Portella a Trento, in
occasione della Festa dell’Esercito
del 4 maggio 2007, ha visto la presenza, tra le altre, della la Bandiera
ANGET Trentino portata dall’Alfiere
Cesare Marchi e accompagnata dai
soci Giorgio Colavero, Eliseo Meli,
Rosano Bravo, Attilio Murru e Vincenzo Stefanelli (questi ultimi hanno
portato la corona).
Risponde il Capo Gruppo – E bravi
i soci Trentini. Se la prossima volta
mi mandate anche una foto la pubblicherò volentieri.
Pag. 25
( United Nations Mines Action Cordination Centre di TYRE ) in quanto
dalle stime effettuate sono state utilizzati circa 1.200.000 colpi dei quali
un 30 per cento contiene Cluster
bombs. Incredibile ma dalla fine dei
bombardamenti solo UNIFIL ha disattivato oltre 25000 di queste mine
Un team francese effettua una simulazione di ricognizione per lo sminamento.
sono senza dubbio solo alcune delle
caratteristiche meravigliose di questo
paese che lo hanno fatto diventare la
culla delle piu’ antiche civilta’ del mediterraneo.
Sapere di camminare nei luoghi dove Gesù Cristo ha trascorso la
Sua vita terrena, attraversare le citta’
di Tyr e Qana dove ha effettuato i
Suoi miracoli e pensare a quanto
sangue è stato versato in questo
“fazzoletto” del mondo è una sensazione molto forte che ti invita a riflettere sul significato della vita stessa.
Da cinquemila anni il Libano è
stato la culla di diverse culture; ho
potuto vedere la stretta fascia costiera dove si insediarono nel 2700 a.C.
i Fenici, provenienti dalla leggendaria Babilonia, fondando le famose
città-stato di Sidone e Tripoli, ho visto I segni del passaggio delle civiltà
degli Assiri, dei Persiani, dell’Impero
Romano e dell’Impero Ottomano e
devo ammettere che l’attuale cultura
Libanese riflette tutte queste splendide antiche civiltà.
che rappresentano " una delle più
diffuse e letali forme di inquinamento
che il mondo abbia mai conosciuto".
Rappresentano anche una grande
fonte di "guada-gno" per le Società
che si occupano di “smina-mento”
nel mondo intero tramite UNMACC.
(Quasi tutte UK)
Sono stato “investito” da numerosi meeting, aggiornamenti e briefing ai quali occorre presenziare
sempre ma, soprattutto, sono rimasto affascinato dal paesaggio del Li- Un mezzo sminatore cinese in azione.
Il Libano, infatti, e’ considerato
bano.
Mare, montagne, neve, sole, un esempio di convivenza tra diffePag. 24
Carlo Gnocchi da “Cristo con gli Alpini:”
“…Era un ferito grave e già
presso a morire. Quando gli tolsero adagio, devotamente, la giubba, apparve la
veste atroce e gioconda del sangue,
che, come un velo liquido e vivo, fasciava e rendeva brillanti le membra vigorose. Senza parlare mi guardò. I suoi occhi
erano colmi di dolore e di pietà, di volontà decisa e di dolcezza infantile. Al fondo
vi tremava, attenuandosi, la luce di visioni beate e lontane. Come di bimbo che si
addormenta poco a poco…”
Don Gnocchi rivela in queste
righe la sofferenza del Cappellano, che
si fa ben più viva quando gli tocca di
comporre il plico con le foto, le lettere, gli
oggetti portati da casa che non servono
più, perché il soldato è lì, morto davanti
a lui. Bisogna spedire il plico a casa con
una lettera, Cappellano. Il maresciallo
dei carabinieri porterà l’annuncio ufficiale
del decesso; ma la famiglia aspetta la
tua lettera; vuole sapere come è morto,
le sue ultime parole che solo tu hai sentito. Vuol sapere come l’hai sepolto e se è
possibile, vorrebbe la foto della croce
sulla sua tomba, con il suo nome.
Solo Dio sa quello che tu provi,
Cappellano, quando ti tocca aprire la
terra col piccone perché è dura come il
marmo per il gelo e mettere la bottiglietta
sigillata con il nome del caduto dentro la
cassa o nel telo. Ti può capitare di leggere quel biglietto con la tua firma dopo
55 anni, perché il bersagliere l’hanno
trovato e l’hanno portato a casa.
L’amore del Cappellano ai suoi
soldati lo fa diventare stratega.
Nel gennaio 1942 entrò malato
nel mio Ospedale da Campo Don Guglielmo Biasutti, Cappellano della
“Legione Tagliamento.”
Di lui mi avevano già parlato i
suoi militi; gli volevano un bene più che
a un padre.
Uno mi disse: “Io ho a casa
due bambini. Se il Signore mi chiedesse
uno dei miei bambini o il Cappellano,
non saprei chi dargli.”
Arriva a far visita al Cappellano
il Comandante della Legione. Don Biasutti lo mette in imbarazzo perché esclama: “Comandante, non mandi i militi a
morire a Voroscilova; non serve a niente
occupare Voroscilova!” In seguito fu riconosciuto dai comandi che aveva ragione
il Cappellano che, un bel giorno, non ce
lo trovammo più in corsia: era ritornato in
linea. Se c’era un ufficiale che contribuiva a rinsaldare i nervi dei suoi nell’affrontare ogni evenienza, era proprio lui;
tornava in linea ad incitare ed a difendere.
Emilio Lussu, nel suo celebre
“Un anno sull’altipiano,” dice di un Cappellano austriaco che riuscì a far cessare una inutile avanzata. I nostri dovevano a tutti i costi occupare una posizione;
cadaveri si ammucchiavano a cadaveri;
il suo intervento avrebbe fatto cessare
l’inutile strage.
Una domanda provocatoria:
Cappellano, ma tu, alla Patria vuoi bene
sì o no?! Hai parlato di famiglia, di fede,
ma la tua Patria dov’è?!
Al Cappellano non è difficile
rispondere: se esorto i soldati a compiere il loro dovere fino alla morte, lo faccio
perché credo alla Patria che dobbiamo
amare fino a dare la vita per lei.
Quando celebra la Messa, più
volte la liturgia gli fa baciare l’altare; ma
il suo altare è il Tricolore; il suo calice
è sempre poggiato al centro del Tricolore, che egli porta in dotazione nel
suo altarino da campo.
Nel campo di prigionia in Russia, campo 74, scoppia il tifo petecchiale. Vengo chiamato da un alpino che sta
morendo. “Cappellano, vedi come mi
tocca morire! Guarda che squallore! VePag. 5
nendo in guerra, sapevo che potevo morire ma non in un lazzaretto di appestati;
morire combattendo! Gridando! Gridando Viva l’Italia!”
Dovrei piangere ma non ne ho
la forza; guardo; guardo con tutta la tenerezza quella vita, quella luce che si
spegne. Ma l’alpino riprende a parlare:
“Cappellano, è la stessa cosa: anche qui
muoio per l’Italia.”
La morte gli dischiude la mano; nella mano, un piccolo Tricolore.
Quel giovane alpino aveva attinto dal-
la sua bandiera stretta forte durante
l’agonia, la forza di morire con la dignità di un eroe.
Ho conservato quella bandiera dall’aprile 1943 fino al settembre
1946 quando a Fossano la potei consegnare a sua madre.
Sono riuscito a sottrarla a
tutte le perquisizioni e vi confesso
che anche a me quel lembo d’Italia ha
dato la forza per superare ogni prova
e comportarmi da italiano verace.
Mons Enelio Franzoni insieme ad un nutrito gruppo di soci ed amici del Centro di
Studi Storico-Militari “Gen. Gino Bernardini” di Bologna.
Nota del Capo Gruppo Alpino ANGET
Di solito il nostro notiziario dedica il suo spazio ad articoli più allegri e spensierati,
ma quando succedono fatti come questo non si può restare in silenzio e lasciare
che un personaggio unico come Don Franzoni “vada avanti” senza dedicargli un
pensiero.
Lo avevo conosciuto personalmente nel 1968, al Rifugio ai Caduti dell’Adamello e sul Corno di Cavento, in occasione del Cinquantenario della Guerra
Bianca in Adamello e vi assicuro che sentirlo parlare era un vero piacere per lo spirito, specie quando l’altare maggiore della cattedrale che ci ospitava era un piccolo
altarino da campo appoggiato sul ghiaccio candido del Pian di Neve e le pareti cirPag. 6
dove lavoro non conoscevano il cappello alpino ed ho provveduto a coprire la dolorosa lacuna con apposito
briefing, esposizione del cappello e,
su richiesta, anche con foto. Strano
che i cinesi non conoscano la storia
delle nostre truppe alpine, ma in sostanza verosimile, in quanto era la
loro prima missione all’estero e soprattutto perché il sottoscritto è il primo italiano arrivato in UNIFIL
indossando
il
cappello alpino e
non il basco azzurro.
Devo dire che il
primo mese è
trascorso in un
baleno grazie al
nuovo
incarico
che sono venuto
a ricoprire. Ho
passato diversi
giorni a rivedere
tutte le disposizioni vigenti sul
“Demining” nelle
Il Ten.Col. De Pompeis fa provare il Cappello da Geniere Alpi- Nazioni Unite e
no al collega cinese che è andato a sostituire.
mi sono scontral’onore di avere come comandante to con centinaia di nuove sigle e abdella KMNB a Kabul, durante il mio brevazioni.
IL Demining coordination cenmandato ed ho ritrovato altri colleghi
con la “penna’ che ricoprono posi- tre di UNIFIL e' la sezione che affronta uno dei piu' sensibili impegni
zioni “chiave” nella missione.
Da un sondaggio effettuato, ho umanitari delle Nazioni Unite in stretscoperto che proprio nella sezione ta collaborazione con UNMACC
Ad un anno esatto dal mio rientro dalla missione NATO a Kabul,
sono riuscito a rientrare nelle Nazioni
Unite da cui mancavo dal lontano
1990, quando terminai i due anni di
missione presso UNMOGIP in India
e Pakistan.
A Naqoura, in Libano , il Comandante della missione UNIFIL e’ il
Generale Graziano , che ho avuto
Pag. 23
E per concludere, trascriviamo quello che resta del ruolino di compagnia:
1° Plotone
S.Ten Pasquetti Sebastiano
2° Plotone
S.Ten. Bonacina Fabio
3° Plotone
S.Ten Mariech Stefano
1^ Squadra
Cap.le Diotto Flavio
G.A. Borgogno Roberto
G.A. Chiappara Gianfranco
G.A. Di Dio Salvatore
G.A. Maltese Francesco
G.A. Mangiameli Marcello
G.A. Villano Fabrizio
1^ Squadra
Cap.le Crivellaro
Cap.le Ombelli
G.A. Rigola Alessandro
G.A. Russo
G.A. Scarpa
G.A. Sinisi Gabriele
G.A. Tomaino Piero
1^ Squadra
Cap.le De Ciero Leonardo
G.A. Alfieri Gianluca
G.A. Busetti
G.A. Cursale
G.A. D’Amora
G.A. Isabello Walter
G.A. Manco Luigi
2^ Squadra
Cap.le Avanzi Ettore
G.A. Cara Massimiliano
G.A. Ferrero Sandro
G.A. Meloni Roberto
G.A. Montecalvo
G.A. Pandolfo
G.A. Zangirolami
2^ Squadra
Cap.le Spini Pietro
G.A. Canale
G.A. Ferrandi
G.A. Godardi Stefano
G.A. Malafronte
G.A. Pastorino
2^ Squadra
Cap.le Corgiat Loia Gius.
Cap.le Ferri
G.A. Egger
G.A. Fraschetti
G.A. Fusaro
G.A. Guglielmino Mario
G.A. Pinardi Luca
3^ Squadra
Cap.le Bosio Carmine
G.A. Audano Massimo
G.A. Bosisio
G.A. Costarelli Mario
G.A. Ferro
G.A. Finazzi
G.A. Folini
G.A. Gens Marco
3^ Squadra
Cap.le Cotugno Matteo
G.A. Broggio
G.A. Franceschetti Mauro
G.A. Granero Corrado
G.A. Ortiello Aiello
G.A. Pistol Sabatino
G.A. Riccobono Giuseppe
3^ Squadra
Cap.le Bertolo
Cap.le Furno
G.A. Alessandrello
G.A. Castelnuovo
G.A. Cerizza
G.A. Gabattoni
Alla data del 15 maggio, hanno rinnovato
la propria iscrizione 210 soci (157 Ordinari, 37 Simpatizzanti e 16 Aderenti) e ne
mancano ancora all’appello 40 (32 Ordinari, 4 Simpatizzanti e 4 Aderenti).
La questione dei rinnovi sta diventando preoccupante perchè dal 2005
al 2006 abbiamo perso 30 soci ed i 40
ancora mancanti quest’anno non lasciano presagire niente di buono. Anche con
questo notiziario manderò a ciascuno di
loro un sollecito che non consentirà ulteriori ritardi (o dentro o fuori).
Pag. 22
Stefano Mariech
Cogliamo invece l’occasione per dare il
benvenuto nel Gruppo Alpino agli ultimi
sei nuovi soci (dal 1° marzo al 1° giugno). Sono tutti Soci Ordinari; eccoli:
- Ferruccio Pellegatta - Valmadrera (LC);
- Mario Gatto - Arco (TN);
- Pietro Angiolini - Trento;
- Renzo Ronda - S.Giorgio Piacentino;
- Franco Butti - Lecco
- Riccardo Blandino - Collegno (TO).
Oltre al benvenuto, a loro va l’invito ad
essere attivi e partecipare alla nostra vita
associativa.
R.S.
Chianciano, 18-21 aprile 2007
Due giorni e mezzo di riunioni per
fare il punto di situazione su quanto
avvenuto nel corso del 2006 e per
discutere di varie problematiche, oltre che per eleggere il nuovo
“Direttivo” dell’ANGET.
Oltre al Presidente, di cui avete già
letto in prima pagina, sono cambiati i
Vice Presidenti - Gen. Carlo Mittoni
per le Trasmissioni e Gen. Marios
Lombardo per il Genio ed il Segretario Generale - Gen. Alberto Clava.
Inoltre il Gen. Raniero Ranieri ha sostituito il Gen. Nicola Vozza al vertice
del collegio dei Probi-Viri.
A tutti le nostre congratulazioni e gli
auguri per un Buon Lavoro.
Non vi posso fare il resoconto esatto
di tutto quanto si è detto e fatto durante le giornate di Consiglio ma citerò i fatti più significativi.
11 e 12 aprile 2008 - Raduno Nazionale ANGET a Trieste
Per il momento non ne so molto di
più ma la conoscenza delle date è
sufficiente per farvi evitare altri impegni e per consentirvi di programmare
la vostra venuta a Trieste.
Appena possibile, spero con il prossimo notiziario di Settembre, vi darò
indicazioni su alberghi, pensioni, camere, trasporti ecc.. per consentirvi
di pianificare al meglio, in relazione
alle possibilità di spesa di ciascuno.
Una cosa è certa: A Trieste dovre-
mo esserci tutti, con mogli, figli,
nipoti e chi più ne ha più ne porti.
Gruppo Nazionale di Sminamento
Umanitario : HDIG
Il Gen. Vittorio Bernard, Presidente
di questo Gruppo veramente importante per l’opera che svolge in tutto il
mondo grazie all’attività appassionata del Col. Pellegrino, ha indicato la
possibilità di devolvere ad esso il 5
per mille in sede di dichiarazione dei
redditi. Il numero da citare è:
97191910583
Se fate ancora in tempo per questo
anno, altrimenti ricordatevene per il
prossimo, fatelo. Non vi costa nulla e
farete un’opera meritoria.
Costo del Bollino Annuale ANGET
In relazioneall’aumento generalizzato del costo della vita e tenuto presente che il costo del bollino era immutato da almeno 6 anni, il Consiglio
ha approvato l’aumento da 8 a 9 Euro, ovviamente a partire dai rinnovi e
nuove iscrizioni per il 2008.
Sarò più preciso in seguito, quando
avrò fatto le necessarie verifiche, ma
penso di riuscire a lasciare invariata
la quota di iscrizione al nostro Gruppo a 21 Euro.
Nuovo Sito Internet dell’ANGET
Attualmente ci sono due siti Internet
della Presidenza Nazionale e, per
essere sincero come sono sempre
stato, li ritengo estremamente riduttiPag. 7
vi, cioè con poche notizie e spesso
in grosso ritardo con gli aggiornamenti.
Ne sto preparando uno nuovo (e
questo ovviamente mi piace visto
che lo sto facendo io) e l’ho presentato. Appena sarà inserito in rete,
sarete informati.
Presentazione Anno 2006 del
Gruppo Alpino ANGET.
Come hanno fatto tutti gli altri ho presentato la situazione del nostro
Gruppo al 31.12.2006:
2005 2006
Soci Ordinari
182
189
Soci Simpatizzanti _28____41_
Totali
210 230
Soci Aderenti
19
20
(In realtà i nuovi soci Ordinari sarebbero 32 ma 25 dei vecchi non hanno
rinnovato, per cui, in totale, 7 in più).
La situazione finanziaria
Entrate
Situazione 31.12.2005
Incassati per iscrizioni
Vendite libri e distintivi
Interessi CC postale
Totale Entrate
€ 3.989,17
€ 7.120,00
€ 1.011,00
€ ____ 0,52
€ 12.120,69
Uscite
Acquisto e spediz. libri €
691,83
Pagati Bollini Anget
€ 2.008,00
Francobolli e spese post. 2.015,09
Produzione notiziari
€
599,06
Cancelleria e Stampante
530,09
Spese raduno Pinzolo €
470,90
Fondo cassa BZ e TN €
202,00
Striscione,Bandiere
€
418,50
Rinnovo dominio sito € __27,19
Totale Uscite
€ 6.942,66
Rimanenza 31.12.2006 €
Pag. 8
5.178,03
E quindi, alla fine del 2006, avevamo
in cassa 1.188,86 Euro in più rispetto
alla fine del 2005 e questo nonostante l’acquisto di una stampante laser
(210 Euro), di uno striscione in tela
plasticata (280 Euro), di due Bandiere per TN e BZ (59,50 Euro), tutti
materiali che, di fatto, vanno ad incrementare i beni patrimoniali del
Gruppo.
Ma la maggior disponibilità di fondi è
dovuta all’anticipo nei pagamenti dei
rinnovi per il 2007 agli ultimi mesi del
2006 e pertanto nulla di miracoloso.
State tranquilli: se fossi capace di
aumentare un capitale del 25% in un
anno, lo avrei già fatto per il mio conto corrente.
Ho completato la presentazione relativa al nostro Gruppo con una previsione per il 2007.
Solo con i 21 nuovi iscritti che abbiamo già avuto per il 2007, ammesso
che anche gli ultimi 28 che ancora
non hanno rinnovato la loro iscrizione lo facciano e tenuto conto delle
perdite che abbiamo avuto, nel 2007
potremmo essere 248. Certo che
siamo ancora lontani dai 300 che ci
eravamo prefissati ma se non mi aiutate tutti voi facendo propaganda
nelle vostre città, fra gli amici ed i
colleghi, non ci arriveremo mai.
Anche nel 2006, comunque, abbiamo avuto un incremento assoluto e
percentuale che ci avrebbe fatto meritare la ormai consueta “targa” di
benemerenza per il proselitismo.
Tuttavia, giustamente, il Presidente
Gen. Campagna ha preferito premiare altre piccole Sezioni, anche come
incoraggiamento.
R.S.
Ma ad attendere il sottoscritto
ed il Vicecomandante di Compagnia c’era anche la notizia di un nostro ritorno
anticipato a Bolzano per preparare nuovamente lo zaino con destinazione
“Casera Razzo”, per un’esercitazione.
La 5^ partì la mattina del 10
per il trasferimento in autocolonna che,
passando da Carbonin, Dobbiaco, Brunico e Bressanone, riportò la Compagnia
a Bolzano.
La 6^ Compagnia
Come già anticipato, mi limiterò alla sola
descrizione delle attività effettuate dalla
6^ Compagnia al comando del Cap. Roberto Franci, non avendo io partecipato
direttamente a tali attività.
Lo sviluppo totale del campo
della 6^ Compagnia fu di 90 Km con il
superamento di 9.260 m. di dislivello in
salita e 8.190 m. in discesa.
Il campo fisso
Lunedì 22 agosto trasferimento in autocolonna lungo il percorso
Bolzano,
Bressanone,
Dobbiaco,
S.Candido, Sesto, Passo Monte Croce
Comelico, S. Stefano di Cadore e sistemazione del campo fisso in loc. Pramarino.
Martedì 23 addestramento
alpinistico a Passo del Palombino.
Mercoledì 24 marcia d’irradiamento con percorso Bivio Ciadon, M.ga
Dignas, M.ga Campobon, Mga Cecido,
q. 1666.
Giovedì 25 marcia d’irradiamento con percorso For.la Zovo, q. 2044, M.ga Londo.
Venerdì 26 marcia d’irradiamento con percorso M.ga Manzon, Le
Drottelle, Costa d’Antola.
Sabato 27 addestramento
alpinistico a Passo del Palombino.
Domenica 28 soggiorno.
Il campo mobile
Lunedì 29 inizio del campo
mobile con scavalcamento di passo sul
percorso q. 1519, Passo del Mulo, Rif.
M. Ferro. Pernottamento a Granvilla.
Martedì 30 scavalcamento di
passo sul percorso q. 1248, Passo Enghe. Pernottamento a C.ra Campo.
Mercoledì 31 trasferimento di
Compagnia sul percorso Valico Ciampigotto, C.ra Doana, Passo Dellandro.
Pernottamento a Chiandarens.
Giovedì 1 settembre scavalcamento di forcella sul percorso Rif.
Giaf, For.la Scodavacca. Pernottamento
al Rif. Padova.
Venerdì 2 trasferimento notturno sul percorso Vallesella , Domegge.
Pernottamento a S. Rocco.
Sabato 3 trasferimento di
Compagnia sul percorso Rif. Pellegrini,
q. 1440. Pernottamento a Ponte da Rin.
Domenica 4 soggiorno.
Lunedì 5 trasferimento di Plotone con
pernottamento in quota. Il primo Plotone
sul percorso C.ra Crociera, Rif. Auronzo.
Secondo Plotone sul percorso Colonie
Montane, Rif. Carducci.
Martedì 6 trasferimento di
plotone con scavalcamento di forcella.
Primo Plotone sul percorso Rif. Locatelli,
For.la Toblin. Il secondo Plotone sul percorso For.la Giralba, Strada degli Alpini.
Mercoledì 7 trasferimento di
compagnia sul percorso q. 2056, q. 1833, For.la Pian di Biscia. Pernottamento al
Rif. Berti.
Giovedì 8 preparazione all’ascensione. Pernottamento al Rif. Berti.
Venerdì 9 ascensione alpinistica della Croda Rossa. Pernottamento
al Rif. Lunelli.
Sabato 10 trasferimento in
autocolonna sul percorso Valgrande,
Passo di M. Croce, Sesto, Dobbiaco,
Brunico, Bressanone, Bolzano.
Pag. 21
decisione gravavano quindi per il cinquanta per cento sulle mie spalle.
Qui la cronaca del campo
della 5^ Compagnia si divide.
Il primo Plotone, alle mie
dipendenze, aveva in programma il superamento di Forcella Toblin e del Rif.
Locatelli (q. 2405), del Rif. Lavaredo (q.
2344) ed il raggiungimento del Rif. Auronzo (q. 2330) nel cui prato sottostante
fu sistemato l’attendamento in assenza
di strutture fisse.
L’organizzazione della tappa
si dimostrò fin dalla partenza soddisfacente; le cose filavano per il meglio con
il Capitano che si era riservato il compito
di controllare la situazione.
Giunti però sul pianoro che
precede il Rif. Locatelli, sopra la testa
del Plotone fece la sua comparsa un
elicottero del 4° Corpo d’Armata Alpino.
Come di prassi chiamai il radiofonista per mettermi in contatto con
l’elicottero, pronto a concentrarmi per
fare il punto. E qui successe il più classico degli imprevisti. Nonostante le mie
raccomandazioni della sera precedente,
il Caporal maggiore addetto alla radio si
era dimenticato di ritirare le batterie di
ricambio dell’apparecchio e quelle in
dotazione, visto il prolungato uso, risultavano scariche.
Dopo un primo momento di
imbarazzo, seguito da quello che normalmente si chiama rimprovero ma che
in quelle circostanze si chiamava
“cazziatone” al Caporale, decisi di proseguire la marcia incurante delle conseguenze, considerato anche che l’elicottero sembrava essersi allontanato.
Percorso un breve tratto però
e superato una piccolo rilievo del terreno
si presentò alla nostra vista il muso dell’elicottero che nel frattempo era atterrato.
Lasciato il Plotone al comando del Caporal maggiore anziano, raggiunsi di
corsa il velivolo pronto alla lavata di caPag. 20
po. Quando ero ormai a pochi metri dalla
fusoliera, scese dall’elicottero il Ten. Col.
Nicola Celesti il quale, con mia viva sorpresa, non diede troppo peso al mancato collegamento e, visto l’ordine con il
quale il Plotone stava affrontando la
marcia, si complimentò con il sottoscritto
e diede appuntamento a tutti al Rif. Auronzo, meta della marcia, per una bevuta (era andata più che bene).
Il tramonto di quella impegnativa giornata ripagò tutti della fatica e me
in particolare dello spavento; il cielo rosso fuoco dietro le Tre Cime di Lavaredo
faceva da contorno ad una trentina di
piccole tendine mimetiche diligentemente allineate dalle quali balenavano i piccoli fuochi delle razioni K.
Il secondo Plotone della 5^
Compagnia, agli ordini del Ten. Bernardelli, aveva nel frattempo terminato la
propria fatica raggiungendo il Rif. Zsigmondy Comici (q. 2224), superata Forc.
Giralba (q. 2431), pernottando nei pressi
del Rif. Carducci (q. 2297).
Il giorno 8 era in programma il
completamento del trasferimento di Plotone. Il primo Plotone scendendo per il
Vallone di Lavaredo raggiunse la loc.
Casera della Crosera (q. 1198), mentre il
secondo Plotone scendendo dalla Val
Giralba raggiunse la loc. Colonie Montane (q. 950) nei pressi dell’abitato di Giralba. I due Plotoni si ricongiunsero per
ricomporre la Compagnia in loc. Casera
Bombassei (q. 1000) dove era previsto il
pernottamento.
Il campo stava per finire ma
ancora una tappa aspettava la ricomposta 5^ Compagnia nella mattinata del 9.
Il Programma prevedeva uno scavalcamento di forcella. Salendo la Val d’Onge,
la Compagnia superò il Tabià di Val d’Onge (q. 1715), raggiunse il Rif. Città di
Carpi (q. 2100) e, superata Forc. Maraia
(q. 2089), raggiunse il Lago di Misurina
dove era ad attenderla il campo fisso.
Chiunque sia stato nel 2° Genio all’epoca della minaccia del terrorismo ha conosciuto la centrale elettrica di Cardano.
Ancora adesso, transitando sull’autostrada che porta al Brennero, passandoci
accanto, non posso non ricordare i
“bei”periodi ivi trascorsi.
Appena rientrato dal Corso
di ardimento, vi fui mandato.I turni settimanali, e talvolta quindicinali, erano
svolti, alternativamente, dal IV° btg. di
Bolzano e dal XIV° btg.di Trento. In caso
di impegni esterni di uno dei 2 reparti
citati, arrivava in soccorso il VII° di Riva
del Garda. E così ci alternavamo io con
il ”Pierone” ( i” vecchi” sanno a chi mi
riferisco!), con Tomaselli che mi parlava
del”pampino” (“bambino” non in slang),
certe volte Ammanniti o Cesari e, quando mi andava male, veniva a darmi il
cambio Acquaviva. Era pignolissimo,
contava e registrava nel passaggio di
consegne
dei
materiali
persino
i”ribattini”che collegavano la coppa al
manico del mestolo!
Si arrivava con la dotazione
di carbone e legna che sulla carta dove-
va essere sufficiente per la settimana del
turno. Dopo qualche giorno già imploravo il mio amico Magazzù, era nell’ufficio
Servizi, (che Dio lo abbia in gloria, amico
eccezionale la cui scomparsa mi addolorò e mi addolora ancora), di mandarmi
un’integrazione.
L’ufficiale comandante della
guardia dormiva in una casermetta Morteo, ovviamente non coibentata. Si portava una stufetta elettrica da 800 W, praticamente, come accendere un fiammifero in una cella frigorifera: pia illusione di
ottenere anche un minimo senso di calore! I miei maestri sono stati il già citato
”Pierone”, il compianto Salvatore Di Blasi, impareggiabile amico, generoso, altruista, bravissimo e il Tomaselli, oltre
chiaramente agli altri colleghi, tutti vicini
al mio cuore.
Chi è stato lì non può non
ricordare il guardiano della centrale, un
veneto il cui cognome mi sfugge ma terminava con “in”, e le sue telefonate
”Signor Tenente, c’è alla porta l’ispezione”. Arrivavano di solito o il Ten.Col.
Corrà o il Ten.Col. Panzini o il Ten.Col.
Dalò, (tutti del Comando
Genio del 4° Corpo d’Armata Alpino!), ed anche il
comandante della compagnia che forniva la Guardia. Breve giro, talvolta
offrivo un caffè, trascrizione dell’effettuata ispezione sul registro e un ”buon
lavoro” come saluto.
Il giorno del cambio…
festa grande! 24 ore di
affiancamento piacevolissimo. Aggiornamenti su
Pag. 9
quanto avvenuto al Reggimento, qualche confidenza piccante.
Mi sfuggiva di ricordare il
trasmettitore addetto al collegamento
radio. Questo povero ragazzo trascorreva in quella landa quasi tutto il suo servizio di leva. Al pomeriggio, verso le 17,
effettuava il “tentativo” di collegamento
con il Corpo d’Armata. L’apparato radio,
tanto voluminoso e pesante quanto vecchio, incominciava a ”sbaffare” sul fischio di frequenza. Talvolta si riusciva
anche a prendere il contatto!
Il panorama visibile dal corpo di guardia era la Strada Statale n. 12
ed un distributore dell’Agip.
D’inverno, il personale civile
che abitava nella centrale allestiva una
pista di ghiaccio. Il ”Pierone” calzava i
pattini e si esibiva. Quando era in arrivo
l’ispezione chiedeva al portiere all’ingresso alla centrale di fare attendere,
così aveva il tempo di togliersi i pattini e
presentarsi in uniforme “di combattimento”.
Bei tempi!
Questo è un aspetto della
vita di reparto che conducevamo noi
”supporti”. Un giorno andai a trovare gli
amici dell’Orobica: Sciocchetti, Neri, Veneri ecc. Per caso incontrai il Tenente
Scaranari. Era in abbigliamento sportivo.
Gli chiesi inopportunamente dove stesse
andando. Rispose che andava a sciare.
Noi”supporti”scoppiettavamo
, gli alpini ”doc” praticavano lo sport!
Adesso capisco. Il Ten.Scaranari risparmiava le energie per organizzare, verso i
65 anni di età, raduni sul K2 da raggiungere a piedi, zavorrati!
Credo sia inutile chiarire che
in fondo a questo mie righe c’è il sentimento di ricordo di tutti gli amici che ho
avuto il piacere di conoscere ed apprezzare durante il mio servizio a Bolzano. Di
alcuni ho perso le tracce e mi piacerebbe ritrovarle. Agli altri, andati avanti, la
mia preghiera ed un grazie di cuore per
quanto mi hanno dato che è sicuramente
di più di quanto io sia riuscito a dare loro.
Enrico Vadacca
Poiché sono stato chiamato in causa sento il dovere di intervenire.
Intanto ringrazio il nostro socio Enrico Vadacca per avermi inviato questa
bella fettina di vita vissuta che ci riporta tutti ai tempi delle guardie, delle ispezioni e
delle “goliardate” che spesso con un po’ di leggerezza abbiamo compiuto.
Poi vorrei cancellare la falsa immagine di “gaudente sciatore in ore di servizio”: ammesso che sia riuscito ad andare a sciare a Merano 2000 o ad Obereggen
qualche volta, di domenica, facendo le code con tutti gli altri sciatori e pagando regolarmente le risalite (qualche volta con lo sconto grazie ai biglietti procurati dalla
cognata di Giancarlo Astegiano), sicuramente non sono mai riuscito ad andare a
sciare per diletto nelle ore di servizio (lo avrei fatto volentieri ma con Sciocchetti al
Comando della Compagnia e Daz Capo di Stato Maggiore della Brigata c’era poco
da scherzare).
Non ricordo l’episodio ma probabilmente si trattava della fine del 1967
o dell’inizio del 1968 quando stavo mettendo insieme ed allenando la squadra dei
Reparti Minori dell’Orobica per i “GISTA” ed allora era evidente che dovevamo andare sulla neve e non certamente in tuta da combattimento.
Concludo mettendo in risalto lo spirito di collaborazione di Enrico che
ha capito perfettamente che cosa serve al nostro notiziario: brevi frammenti di vita
vissuta, scritti con semplicità e con tutto il sentimento che accompagna i ricordi più
cari di fatti e persone che rimarranno per sempre incisi dentro di noi.
R.S.
Pag. 10
sufficiente per dare un’idea dello sviluppo dei percorsi e del territorio su cui si sono svolte il campo fisso. In nero il percorso delle escursioni, ovviamente della sola 5^ Cp.
aveva fatto, salutò i Plotoni in marcia
con un alpino “Occhio alla penna”.
La raccomandazione era riferita alla pericolosità rappresentata dalla
discesa del primo tratto del canalone
nord che, dal Passo della Sentinella,
porta in Val Fiscalina. Il tracciato, attrezzato dalle Squadre alpinistiche, nonostante la stagione, era infatti per alcuni
tratti ancora ricoperto di neve.
Completata la discesa, la
Compagnia si attendò qualche centinaio
di metri sotto Capanna Fondovalle (q.
1540).
Il giorno seguente può a ragione essere definito come il più signifi-
cativo di tutto il campo per due motivi. Il
primo, di carattere generale, era rappresentato dal fatto che la tappa conduceva
alle Tre Cime di Lavaredo, un luogo di
impareggiabile ascendente per gli amanti della montagna; il secondo, di carattere personale, costituito dal fatto che il
Programma prevedeva per quel giorno il
Trasferimento di Plotone con pernottamento in quota e scavalcamento di forcella. Il Capitano decise di dividere la
Compagnia in due Plotoni affidando il
comando del primo al sottoscritto ed il
comando del secondo al Vicecomandante di Compagnia, Ten. Carlo Bernardelli.
Le responsabilità derivanti da questa
Pag. 19
Prefazione del Gruppo ANA di San Daniele del Friuli
Perché il Gruppo Alpini di San Daniele del Fr. (UD) ha voluto riprodurre
questo opuscolo? Perché pensiamo che lo stesso sia rimasto forse l’unico esistente ed è nostro piacere farlo conoscere. Esso era edito dalla Brigata Alpina
“Orobica” e veniva dato in dotazione ai militari conducenti di mulo, al loro primo
incarico. Lo scopo era ben preciso: quello di insegnare a convivere con detti animali senza fare o ricevere danno. In fondo essi chiedevano solo di essere trattati
con un certo riguardo.
Dunque lo scopo è quello di dare il giusto riconoscimento a questi amici
degli Alpini, ormai dispersi, che con loro hanno condiviso la naja, aiutandoli a convivere ed a vivere nelle asperità della montagna, portando sulla loro soma quanto
serviva al sostentamento ed al combattimento.
Con questa divulgazione, vogliamo dunque che il moderno progresso e la
tecnologia non facciano dimenticare ANCHE i loro sacrifici, silenziosamente sopportati in pace ed in guerra.
Grazie ad Arnaldo Ballico per avermelo mandato.
Non ridere, o mio conducente, ed ascolta questa mia preghiera.
Una veduta d’insieme, necessariamente non dettagliata per la grande scala utilizzata, ma
te le escursioni. In bianco a tratteggio nero il percorso delle marce di irradiamento durante
di pulizia.
sentire.
L’ultima settimana di campo
iniziò all’alba del 5 e portò la 5^ Compagnia da Padola al Rif. Berti (q. 1950)
lungo la strada che costeggia dapprima
il Torrente Padola e poi il Torrente Risena passando per il Rif. Lunelli (q. 1568).
Lungo questo tratto la Compagnia incontrò il Magg. Leonardo Figliolini, autore del Programma delle escursioni estive, al quale furono resi i saluti
formali. Raggiunto il Rif. Berti la Compagnia si attendò, in attesa di quella che
senza dubbio fu la tappa più difficile ed
impegnativa di tutto il campo, complice
anche la stanchezza che iniziava a farsi
All’alba del 6, la 5^ Compagnia attaccò il duro canalone che dal Rif.
Berti raggiunge il Passo della Sentinella
(q. 2717) fra la Croda Rossa e Cima
Undici. Come detto la tappa fu difficilissima soprattutto per via della forte pendenza del percorso che, in alcuni tratti,
sbilanciava all’indietro i militari gravati
dal peso dello zaino e dell’arma.
Raggiunto il Passo, la Compagnia fu oggetto del terzo incontro con
il Vicecomandante del 4° Corpo d’Armata Alpino il quale, dopo un breve discorso dal quale traspariva un celato soddisfacimento per quanto la Compagnia
Pag. 18
Quando rientriamo in caserma
dopo un servizio, non abbandonarmi
subito, anche se ti senti stanco; pensa
che anch’io ho lavorato e sono stanco
più di te.
Se sono sudato, strofinami con
un pò di paglia e mettimi presto al riparo;
per te è poca fatica e mi risparmi dolori
reumatici, tosse e coliche.
In scuderia, specialmente di notte, lasciami legato lungo, perché io possa giacere e riposarmi. E’ vero che io
posso dormire stando anche in piedi,
ma, credilo, io dormo e riposo bene anche quando sono sdraiato.
Ogni giorno puliscimi i piedi e
lavami con una spugna ben bagnata.
Ogni tanto, e specialmente durante le piogge, dammi un po’ di grasso
ai piedi, così mi eviterai malattie allo
zoccolo.
Certo, io non sono un animale
fine; ma guardati bene dal pulirmi gli
occhi con la spugna con la quale hai
pulito gli occhi ad un altro mulo, senza
prima averla ben lavata; inoltre adopera
due spugne, una per gli occhi e l’altra
per le altre parti del corpo, così mi eviterai malattie.
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Se faccio qualche movimento
brusco, pensa che forse avrò avuto paura, non strapparmi con le redini e non
darmi calci, ma abbi pazienza e fammi
qualche carezza. Vedrai che diventerò
subito tranquillo.
Un giorno ho sentito dire dal
Capitano ad un conducente: “Un buon
governo vale mezza razione”, e questo è
vero. Io lavoro spesso nella polvere e
nel fango, sudo, ho bisogno di essere
ben governato; quando la mia pelle è
pulita, io mi sento rinfrancato e mangio
di buon appetito, e tu fai bella figura perché mi presenti ai tuoi superiori col mantello ben lucido.
Fammi bere spesso acqua fresca e pulita, anche durante il lavoro. Se
vedi che io non riesco a vincermi e bevo
troppo in fretta, distaccami dall’acqua;
ma non farlo con brutti modi, perché mi
faresti paura, e poi lasciami ancora bere
quando voglio, senza avere fretta; l’acqua mi fa bene e non mi ubriaca.
Nel mettermi le bardature io divento irrequieto e tiro qualche calcio in
aria; considera che anch’io, come te,
posso soffrire il solletico in qualche parte
del corpo.
Accarezzami spesso e parlami,
così imparerò a conoscere la tua voce, ti
vorrò bene, sarò sempre buono e lavorerò tranquillo.
Pag. 12
Anche se tu sei stanco e sudato,
o le mani sono intirizzite dal freddo, non
risparmiarti la piccola fatica di accorciare
la braca quando si va in discesa, e di
allungarla quando si va in salita, e soprattutto non attaccarti alla mia coda,
non tanto per la maggior fatica, quanto
per i giorni di rigore che mi priverebbero
della tua compagnia. Nelle salite ho bisogno di essere libero nei movimenti, e
perciò allungami la braca; e se la salita è
forte, cerca di accorciare il pettorale in
maniera che il carico non mi vada sulle
reni. Facendo ciò, mi risparmierai fiaccature e cadute, ed io lavorerò tranquillo.
Nelle salite io vado più svelto e
tu non attaccarti al guinzaglio: mi stanchi, mi fai male alla bocca e puoi farmi
perdere l’equilibrio e cadere.
In discesa io vado più piano e tu
non tirarmi; vedrai che arriveremo lo
Passo Col di Caneva (q. 1842) ed infine
il Rifugio Calvi (q. 2167) nei pressi del
quale sostò la notte e tutta la giornata di
martedì 30, in preparazione all’ascensione alpinistica del Monte Peralba fissata
dal programma per il successivo mercoledì 31.
L’ascensione mise a dura
prova tutta l’organizzazione della 5^. Il
percorso prescelto fu infatti la via normale la quale, dopo il superamento del Sasso del Bersagliere, prevede alcuni tratti
di via ferrata ed il raggiungimento di q.
2694 che rappresenta la vetta del Monte
Peralba, anche se la cima del monte è in
realtà costituita da una serie di piccole
cime e di piccoli pianori. La Compagnia,
diligentemente distribuita in Plotoni e
Squadre, affrontò con impegno e sufficiente serietà la salita che per alcuni
militari rappresentava la prima esperienza lungo una via ferrata.
Adeguatamente
attrezzato
dalle squadre alpinistiche, il percorso si
dimostrò comunque scevro da rischi e la
Compagnia, verso mezzogiorno di mercoledì 31, si schierò sulla cima del Monte Peralba per la celebrazione della S.
Messa e la presentazione al Vicecomandante, e futuro Comandante, del 4° Corpo d’Armata Alpino, Gen. Angelo Becchio.
Fu quello il primo di una serie
di incontri con alti Ufficiali del Comando
di Corpo d’Armata che seguirono con
interesse il campo del 2° “Iseo”.
Ricomposti i Plotoni e le Squadre, la Compagnia scese in ordine la via
a nord del Peralba lungo il ripido ed esposto canalone adeguatamente attrezzato, e raggiunse di nuovo il campo nei
pressi del Rifugio Calvi.
Il giorno successivo - 1 settembre - la Compagnia, salutato il Rifugio Calvi e le Sorgenti del Piave, attraverso il Passo dell’Oregone q. 2241 scese a Malga Chivion (q. 1745) e quindi si
attendò nuovamente in Val Visdende in
località Pramarino.
La giornata del 2 rimase impressa per le avverse condizioni meteorologiche che la contraddistinsero. Raggiunto il Bivio Ciadon, la Compagnia
superò il Passo Palombino (q. 2032) e
quindi, oltrepassata la Casera di Melin
(q. 1675), si sistemò in alcune baracche
a q. 1458 alla confluenza fra il Rio Melin
e il Torrente Digon.
Due ricordi di quella giornata
restano indelebili. Il primo è rappresentato dall’apparire, sotto un’acqua scrosciante, del Vicecomandante del 4° Corpo d’Armata Alpino il quale, incurante
del diluvio, rispose con fermezza al saluto e all’”Attenti a ...” ordinato dai Comandanti di Plotone al loro passaggio.
Il secondo ricordo per la verità
riguarda l’alba del 3 settembre. Come
detto, la Compagnia, dopo una giornata
di marcia interamente sotto la pioggia, si
acquartierò in due baracche usate in
estate per l’alpeggio. Durante la notte la
temperatura scese di alcuni gradi sotto
lo zero ed i capi d’abbigliamento, lasciati
dai militari vicino al fuoco con l’illusione
di una loro asciugatura, gelarono. Poca
cosa se paragonata a quanto patito dai
nostri “veci” in altre circostanze, ma la
sensazione provata al mattino nel vestire
una camicia ed un paio di pantaloni rigidi
dal ghiaccio è difficile da spiegare; molto
più espressivi furono le imprecazioni ed i
salti fatti dai Guastatori nel tentativo di
scongelare e riscaldare i propri capi d’abbigliamento.
Superato questo momento di
imbarazzo, la Compagnia attese tutto il
giorno la partenza per la marcia notturna
prevista per la notte sul 4.
Il trasferimento notturno portò
la Compagnia a superare Dosoledo ed
ad attendarsi a Padola.
Domenica 4 fu dedicata, come di consueto, alle attività di riordino e
Pag. 17
Il reparto N.T.L.
Al comando del Ten. Sergio Di Vita, aveva come compito principale il sostegno
logistico al Battaglione e fissò la base
dal 22 agosto al 2 settembre in loc. Pramarino in Val Visdende e dal 3 al 9 settembre in loc. Ponte da Rin (vds. carta a
pag. 18 e 19).
La 5^ Compagnia
Il campo fu preparato nei minimi dettagli
dal Comandante di Compagnia, Cap.
Graziano Busetti de Luna, cui diedi tutta
la mia collaborazione.
Nel mese precedente effettuammo delle dettagliate ricognizioni di
tutto il tracciato percorrendo, a volte, fino
a tre tappe nella stessa giornata e redigendo anche i rilievi speditivi di tutte le
aree di sosta della Compagnia che furono poi consegnati all’Ufficiale addetto
allo spostamento del materiale da campo durante il campo mobile. Base di appoggio di questa attività ricognitiva fu
spesso Col Piccolo.
Lo sviluppo totale delle escursioni fu di 75 Km, con il superamento
complessivo di 8.220 m. di dislivello in
salita e 7.500 m. in discesa.
Molto prima dell’alba di lunedì
22 agosto 1988 iniziò il campo della 5^
Compagnia con il trasferimento in autocolonna lungo il percorso Bolzano, Bressanone, Dobbiaco, S.Candido, Sesto
Pusteria, Passo Monte Croce Comelico,
Santo Stefano di Cadore, Val Visdende.
La Compagnia si attendò quindi in località Costa d’Antola a q. 1330 a poche centinaia di metri dal locale denominato “Da
Plenta”.
Il campo fisso
Il campo fisso si protrasse dal 23 al 28
agosto. Scopi principali di questa prima
settimana erano l’addestramento alla
realizzazione di tutti gli elementi necessari per la costruzione di un campo fisso
nonché l’ambientamento montano con
Pag. 16
conseguenti prime marce di allenamento
e addestramento alpinistico per i più dotati.
Martedì 23 si svolse la prima
marcia di irradiamento con il raggiungimento dei traguardi fissati in q. 1456,
Malga Chiastellin (q. 1968), q. 2010,
M.ga d’Antola (q. 1760 e q. 1872), M.ga
Chivion (q. 1745) e chiusura dell’anello.
Mercoledì 24 una prima aliquota di Guastatori fu impegnata nell’addestramento alpinistico al Passo Col di
Caneva, in prossimità delle sorgenti del
fiume Piave, ove era presente una parere attrezzata integrata dal Nucleo alpinisti.
Giovedì 25 la marcia di irradiamento raggiunse i traguardi fissati nelle
località Le Drottelle (q. 1812), M.ga Manzon (q. 1890), M.ga Cecido (q. 2014),
M.ga Campobon (q. 1941), M.ga Dignas
(q. 1686), Bivio Ciadon (q. 1436) e chiusura dell’anello.
Venerdì 26 proseguì l’addestramento alpinistico al Passo Col di
Caneva.
Sabato 27 la marcia di irradiamento prevedeva lo scavalcamento del
Passo del Mulo (q. 2356), la successiva
discesa verso il Rif. M. Ferro (q. 1563) e
l’arrivo in località Granvilla di Sappada
ove erano pronti i mezzi per il ritorno
autotrasportato al campo base.
Domenica 28 fu destinata al
soggiorno, e la Compagnia ne approfittò
per le attività di organizzazione del campo mobile, che sarebbe iniziato il giorno
successivo, ma soprattutto per un’energica attività di pulizia personale nelle
gelide acque del torrente.
Il campo mobile (Le escursioni)
La prima tappa del campo mobile di lunedì 29 fu imperniata sullo scavalcamento di passo. La Compagnia in marcia, lasciato definitivamente l’attendamento di Costa d’Antola, raggiunse dapprima Casera Sesis (q. 1435), quindi il
stesso. Lasciami il guinzaglio e permetti
che io veda dove metto i piedi. Stai però
pronto a sostenermi con le redini nel
caso che io inciampi. Basta il tuo aiuto
per un secondo per evitarmi la caduta.
Se inciampo aiutami, e ricordati
che io sto più attento che posso per non
cadere; non aggiungere alla mia paura
le tue strapponate e le tue parolacce che
mi bene la bardatura e guarda che ogni
cinghia sia della lunghezza giusta; in tal
modo mi eviterai dolori e fiaccature.
Quando mi fai governo non mi
passare la striglia sulle gambe e sulla
testa; pensa che mi fai male e mi puoi
produrre qualche ferita. Quando sei di
guardia alla scuderia non ti dimenticare
di passare la biada allo staccio; così leverai la polvere che c’è sempre in mezzo
e mi eviterai riscaldi.
Cerca di capirmi e non sfogare
mai il tuo nervosismo su di me. Sappi
che le mie origini sono remotissime, che
Omero accennava ai miei servigi nell’Iliade e nell’Odissea, e così Erodoto nella
narrazione della spedizione di Ciro nel
583 a.C. in Babilonia; che i romani mi
adibirono al traino dei carri e che quelli
dei miei antenati, che avevano la fortuna
di avere un mantello bianco candido,
furono prescelti per essere attaccati alle
bighe unitamente alle zebre. Papi e clero
mi prescelsero per cavalcature di cerimonia.
mi rendono nervoso e mi fanno venir
voglia di scappare.
Ed in guerra, sulle bianche giogaie delle Alpi o sull’aspra pietraia del
Carso, attraverso disagi e privazioni, non
fui forse il fedele amico del combattente
al portavo il rancio caldo talvolta persino
Se qualche volta io scappo ciò
significa che io mi sono impaurito, adesso che ci sono per le strade tante macchine che fanno rumore e che al mio
paese non ho mai visto. Io non le conosco ancora tutte e ti confesso che qualche volta mi impressionano assai. Quando capita una macchinaccia di queste,
non mi tirare le redini, che mi impaurisco
di più, ma accarezzami, specialmente
sugli occhi, e parlami con voce buona;
vedrai che rimarrò tranquillo e non cercherò di fuggire.
Abbi pazienza e non trattarmi
male, perché io non sono cattivo. MettiPag. 13
in trincea, ed i miei compagni non vennero forse feriti ed uccisi oppure ebbero
la loro brava ricompensa, anche se questa fu loro concessa sotto forma di aumento permanente della razione?
Non dimenticare che so sopportare ogni privazione: freddo, fame, sete,
tormenta, fatica, mostrando di avere la
generosità del cavallo guerriero e dell’asino contadino, la pazienza. Qualche
volta, prossimo alla meta, una pallottola
o una scheggia ha mandato i miei compagni a gambe all’aria con tutto il carico,
giù in fondo al burrone.
Sii sempre buono e paziente e
pensa che anche noi siamo di carne come te ed anche noi soffriamo.
E’ vero che ho dei difetti ma,
credilo pure, non sono una bestia feroce,
e le mie orecchie tradiscono sempre le
intenzioni poco amichevoli. Chi non mi
conosce bene ritiene che io sia sospettoso, cattivo, caparbio, irrequieto, vendicativo, ma chi vive la mia vita sa con quanta rassegnazione e volontà io esplichi
tutti i servizi, anche i più gravi, e con
quale docilità e fedeltà io serva chi ha
cura di me.
Caro conducente, quando anPag. 14
drai in congedo e dovrai darmi in consegna al conducente recluta, cerca di spiegargli bene i miei difetti, e raccomandagli
come deve trattarmi così mi risparmierai
un periodo di sofferenze, ed al dispiace-
re di vederti andar via non dovrò aggiungere quello di capitare in mano ad un
coscritto poco pratico e cattivo.
Il tuo amico mulo
Nella tarda estate del 1988, il 2°
Battaglione Genio Guastatori Alpini
“Iseo” fu impegnato nel campo d’arma
(Escursioni estive) nel settore operativo
a cavallo fra le Province di Belluno e di
Bolzano.
L’area di interesse riguardò in
particolare la zona che dalla Val Visdende e dal Monte Peralba si estende fino al
gruppo delle Dolomiti di Sesto.
I contenuti di questa relazione
sono tratti direttamente dal Programma
delle escursioni e dal ruolino di marcia
conservati da chi scrive, allora Sottotenente di complemento della 5^ Compagnia e in quella occasione comandante
del terzo Plotone in marcia.
Va detto che il Programma, elaborato dall’Ufficio addestramento del
Battaglione, si caratterizza per la ricchezza di informazioni e per la precisione dei dati riportati, segno tangibile di
accuratezza e professionalità da parte di
chi ne ha curato la stesura.
Per evidenti motivi, quanto di
seguito riportato riguarderà principalmente i fatti relativi alla 5^ Compagnia,
limitandosi a riassumere il solo programma delle attività della 6^ Compagnia.
Il 2° Battaglione Genio Guastatori Alpini “Iseo” aveva sede, nel periodo
al quale la presente relazione fa riferimento, presso la Caserma Vittorio Veneto - Cadorna nel quartiere Gries a Bolzano ed era composto dalle Compagnie
Guastatori 4^ “La Valanga”, 5^ “La Romantica” e 6^ “La Tormenta” nonché
dalla Compagnia Comando e Servizi e
dalla Compagnia Attrezzature speciali.
Questa numerazione, per la
verità, non era gradita all’allora Coman-
dante del Genio Alpino del 4° Corpo d’Armata Alpino, Col. Pietro Rapaggi, il
quale sosteneva che, anche per le Compagnie guastatori del 2° Btg “Iseo”, valesse la numerazione progressiva dall’1
al 3 come per il 4° Btg Pionieri “Orta” di
Trento; ma le tradizioni, si sa, sono dure
a scomparire e pertanto il 2° Battaglione
mantenne, almeno fra i propri organici,
la numerazione sopra riportata.
Comandante del Btg. era il
Ten. Col. Onelio Job.
La 4^ Compagnia era in quel
periodo impegnata nei lavori di fortificazione di Col Piccolo e quindi il Battaglione in marcia era composto dalle due
Compagnie Guastatori, la 5^ e la 6^,
quest’ultima appena rientrata dal secondo ciclo addestrativo concluso a Caldaro, con rinforzi di elementi provenienti
dalle Compagnie Comando e Servizi e
Attrezzature Speciali.
Il supporto logistico alle due
Compagnie fu assegnato al N.T.L.
(Nucleo Tattico Logistico) composto da
personale della Compagnia Comando e
Servizi e della Compagnia Attrezzature
speciali, ed al reparto S.S.A.
Le forze impegnate all’inizio
dell’esercitazione sono riassunte nella
seguente tabella:
Reparto
U.
SU.
Tr.
5^ Compagnia
5
2
91
6^ Compagnia
5
2
95
N.T.L.
6
7
39
S.S.A.
-
1
5
16
12
230
Totali
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