Settanni Garzon Malaspina Tagni Mariolini Di Donato Boari Romelli Properzi Carollo Canziani Borgheresi Nicolazzo Munari Muscogiuri Bellezza Q. Francesco Andrea Donato Silvio Gino Giuseppe Filippo Angelo Piero Girolamo Luciano Aldo Vittorio Antonio Antonio Luca 01 03 04 04 05 05 07 10 10 12 17 18 18 20 23 25 D'Aurelio Salvino Ferrarini Carlo Fedon Giovanni Meneghello Ruggero Liaci Carmelo Ravani Martino Biciotti Mario Cecchini C. Alberto Viezzoli Lucio Papa Lorenzo Montuoro Francesca Colavero Giorgio Provenzano Luigi Bellomi Giuseppe Carlino Giuseppe Di Giambattista Cesare Salerno Luciano Ferraro Giuseppe 02 02 08 09 14 15 16 17 17 20 21 23 25 27 29 30 30 31 Franci Manara Casotto Ceragioli Montuoro Montuoro Rivis Casellato Guaccio De Toro Raneri Castagna Nencini Bonuccelli Bellezza Q. Colavero Resce Rajola Roberto 02 Luciano 04 Armando 05 Antonio 06 Federica 08 Filippo 08 Aldo Guido 11 Angelo F. 11 Alberto 11 Remo 15 Assunto 15 Roberto 18 Eros 19 Roberto 20 Carlo Alb. 21 Sergio 27 Ivan 30 Michele 31 ATTENZIONE: Chi è nato nei mesi di giugno, luglio e agosto e non è stato citato, mi mandi la sua scheda notizie, così conoscerò la sua data di nascita e potrò fargli gli auguri. R.S. Anno 5° - N. 15 - Notiziario del Gruppo Alpino ANGET - 18 - 21 aprile 2007 : 52^ Sessione Ordinaria del Consiglio Nazionale ANGET Il Gen. C.A. Luigi Campagna (sinistra) passa la carica di Presidente Nazionale ANGET al Gen. C.A. Maurizio Cicolin (destra). Al Gen. Campagna un sincero grazie del nostro Gruppo Alpino per quanto ha fatto per la nostra Associazione e l’invito a tornare spesso in mezzo a noi per verificare “dal vivo” che l’entusiasmo che lui ci ha aiutato a far crescere non è stato un fuoco di paglia ma un sentimento vero e ben radicato. Sommario Anno 5° . N. 15. Giugno 2007 - E’ scomparso il mitico Don Enelio Franzoni Direzione e redazione Via S.Erasmo 15—00184 Roma Tel. 348.7924800 e-mail: [email protected] www.gruppalpanget.it Direttore Roberto Scaranari Collaboratori per questo numero Stefano Mariech Luciano Salerno Vittorio Bernard Bruno Sancandi Camillo Sileo Germano Pollini - La 52^ Sessione Ordinaria del Consiglio Nazionale ANGET 7 - 8 Pag. 28 ISCRIZIONI (€ 21,00) Conto Corrente n. 43041086 intestato a Scaranari Roberto—Gruppo Alpino ANGET Via di S:Erasmo 15—00184 ROMA (per bonifici bancari: ABI=07601 CAB=03200) - La Centrale elettrica di Cardano (di Enrico Vadacca) 2 - 6 9 - 10 - Preghiera del mulo al suo conducente (da Arnaldo Ballico) 11 - 14 - 2° Btg.g.gua. Iseo - Escursioni estive 1988 (di S.Mariech) - La campagna acquisti 2007 - gli ultimi nuovi arrivi. Enrico Vadacca Arnaldo Ballico Piergiorgio Giunti Edmondo De Pompeis Carlo Alberto Bruschi Giorgio Colavero Giugno 2007 15 - 22 22 - Dal nostro inviato speciale in Libano (di E. De Pompeis) 23 - 25 - L’angolino della posta 25 - 26 - A settembre i Genieri della Pio-Pio a Muris 26 - La Bandiera del 2° Reggimento Trasmissioni in Libano 27 - Buon Compleanno 28 Al Gen. Cicolin, socio del nostro Gruppo, geniere alpino da sempre, già Comandante dell’Orobica e della Tridentina e adesso nuovo Presidente Nazionale ANGET, vanno le nostre più vive congratulazioni ed i nostri auguri per un’attività intensa e ricca di soddisfazioni. Dal nostro Gruppo riceverà sempre tutta la collaborazione che saremo capaci di fornirgli: ci potrà mancare la capacità, non certo la volontà. R.S. Ci scrive il socio e carissimo amico Luciano Salerno da Bologna: “Il 5 marzo si è spento nella Casa di Cura Villa Toniolo di Bologna, dove era ricoverato da alcune settimane per problemi respiratori, Don Enelio Franzoni. Negli ultimi istanti della Sua vita - secondo quanto gli è stato riferito da chi era presente - ha ripercorso, in pochi secondi, la stagione dei ricordi e la sua vita, prima in guerra e poi nelle parrocchie bolognesi. Poi ha stretto la mano a chi gli stava vicino e con un filo di voce ha sussurrato: " Pregate per me". Ora don Franzoni riposa nella Certosa di Bologna, nel campo dei religiosi, davanti al monumento ai Caduti in Russia. Per non lasciarli più soli! Scrive ancora Luciano Salerno: “la scomparsa di don Franzoni ha creato un vuoto dolorosissimo e incolmabile. Avevo avuto la fortuna e il privilegio di frequentarlo spesso e di essergli vicino in diverse circostanze. La sua parola infondeva una fede profonda, suscitando nell'animo sentimenti di viva commozione. Quando celebrava la S. Messa al Circolo Ufficiali di Bologna, a conclusione della sacra funzione, invitava sempre i presenti a cantare con Lui il nostro Inno Nazionale. Si può ben immaginare, quindi, quanta commozione e quanto amore per questo Sacerdote eccezionale che, al Vangelo, ci partecipava, con una serenità che è difficile riscontrare in chi ha tanto sofferto, le Sue esperienze luminose di Cappellano Militare in guerra e in prigionia. E che prigionia!. Don Franzoni era nato a San Giorgio di Piano (BO) il 19 luglio 1913; poiché sarebbe impossibile raccontare la sua vita, sarà sufficiente riportare la motivazione dalla sua Medaglia d’Oro al Valor Militare: Pag. 2 “Cappellano addetto al Comando di una Grande Unità, durante accaniti combattimenti recava volontariamente il conforto religioso ai reparti in linea. In caposaldo impegnato in strenua difesa contro schiaccianti forze nemiche, invitato dal comandante ad allontanarsi finché ne aveva la possibilità, rifiutava decisamente e, allorché i superstiti riuscirono a rompere il cerchio avversario, restava in posto, con sublime altruismo, per prodigare l’assistenza spirituale ai feriti intrasportabili. Caduto prigioniero e sottoposto a logorio fisico prodotto da fatiche e da privazioni, non curante di se stesso, con sovrumana forza d’animo, si prodigava per assolvere il suo apostolato. Con eroico sacrificio rifiutava per ben due volte il rimpatrio onde continuare tra le indicibili sofferenze dei campi di prigionia, la sua opera che gli guadagnò stima, affetto, riconoscenza ed ammirazione da tutti. Animo eccelso, votato al costante sacrificio per il bene altrui.” Fronte Russo dicembre 1942 Campo di prigionia 1942-1946 -------Ma il nostro amico Luciano non si è limitato a mandarci la triste notizia con questa pagina di accompagnamento. Poichè Mons. Franzoni era Socio Onorario del Centro di Studi Storico-Militari “Gen. Gino Bernardini” di Bologna, di cui Luciano Salerno è Vice Presidente, ci ha mandato una conferenza tenuta da Don Franzoni il 12 aprile 1996 autorizzandoci a pubblicarla integralmente. Lo facciamo con entusiasmo ringraziando per la gentile concessione, nella convinzione che le cose belle devono essere messe a disposizione di tutti, per la crescita del nostro spirito. LA BANDIERA DI GUERRA DEL 2° REGGIMENTO TRASMISSIONI NEL TEATRO OPERATIVO Il 9 aprile 2007 sono stati resi gli LIBANESE onori alla bandiera di guerra del 2° Reggimento Trasmissioni, che ha lasciato la sede di Bolzano per accompagnare il Reparto in Libano, nell’ambito dell’Operazione ONU denominata “LEONTE”. La bandiera, assegnata il 21 Marzo 1976, si fregia di una medaglia d’argento ed una di bronzo al valor Militare, concesse al termine della seconda Guerra Mondiale ai Btg. Genio “Julia”, Reparti alpini di cui il 2° Reggimento Trasmissioni è divenuto depositario spirituale. L’evento, definito “storico” dal Generale di Brigata Giuseppe Santomartino, Comandante della Brigata di Supporto alla Manovra del Comando Trasmissioni ed Informazioni Esercito in Anzio (RM) da cui il 2° Reggimento dipende, mette in rilievo l’importanza che ha assunto l’Arma delle Trasmissioni in ambito operativo. Il 2° Reggimento Trasmissioni, unica Unità tra le Forze Armate italiane a coniugare la peculiarità del Knowhow tecnologico alle capacità di operare in ambiente montano, vanta la partecipazione a tutte le operazioni di peace-keeping che hanno registrato la presenza dell’Esercito Italiano dal 1993 ad oggi (Mozambico, Albania, Bosnia, Macedonia, Kosovo, Iraq ed Afghanistan). Il Reparto, Comandato dal Col. Camillo SILEO, dal 12 aprile 2007, data del TOA (transfer of authority) ha assunto la responsabilità di tutte le comunicazioni del contingente ONU, subentrando ad una Task Force espressa dall’11° Reggimento Trasmissioni di Civitavecchia. In Libano il 2° Reggimento Trasmissioni si occupa della realizzazione dei sistemi di telecomunicazione per garantire alle unità di manovra l’esercizio del Comando e Controllo, e cioè di effettuare comunicazioni, in chiaro e classificate, sia telefoniche che in modalità informatica. Grazie all’elevata preparazione professionale dei militari e la possibilità di disporre di apparati con contenuti tecnologici sempre più all’avanguardia, il 2° Reggimento Trasmissioni ha tutte le potenzialità per soddisfare le esigenze di Information Technology richieste dal territorio libanese. Camillo Sileo Pag. 27 Ha scritto Germano Pollini e ci ha aggiornato sui successi della figlia Giulia che il 17 marzo ha partecipato con ottimi risultati alla “Women's Eights Regatta” a Londra. Risponde il Capo Gruppo: Germano, per un grande articolo aspettiamo almeno una medaglia d’oro europea. In ogni caso: Brava Giulia. Ha scritto Piergiorgio Giunti ma la sua lunga ed interessante lettera ha molti aspetti personali per cui gli ho risposto privatamente. Grazie Piergiorgio. Ha scritto Carlo Alberto Bruschi correndo quà e là con la sua fantasia e spaziando dal nostro Inno Nazionale alle ricette ed ai testi di vecchi canti alpini. Risponde il Capo Gruppo: Carlo Alberto, spero di avere più spazio a settembre per pubblicare almeno un sunto di quanto mi scrivi. R.S. Mi ha scritto il Gen. Bernard, sempre attivissimo o onnipresente, mandandomi un foglio con l’invito a partecipare al 7° Incontro dei “Veci” Pionieri e Guastatori della “Julia” a Muris di Ragogna (UD), domenica 30 settembre, per ricordare la costruzione della strada fatta 55 anni fa e la doppia ricostruzione della Chiesetta, dopo la Guerra e dopo il terremoto. E’ gradita la partecipazione di tutti i Genieri, con la penna e senza penna, che hanno operato sui monti della Carnia in difesa della Patria ed a beneficio delle popolazioni locali. Nell’occasione saranno ricordati i Caduti ed in particolare quelli del Battaglione “Gemona” scomparsi nell’affondamento della nave “Galileo” mentre stavano rientrando in Patria dal fronte Greco-Albanese. PROGRAMMA - ore 09.30 Riunione dei convenuti presso la sede del Gruppo ANA di Muris, vicino alla Chiesetta sul Monte. - ore 10.00 Bicchierata presso la sede del Gruppo - ore 11.00 Santa Messa nella Chiesetta sul Monte e deposizione corona ai Caduti. - ore 12.00 Breve allocuzione da parte dei nostri Comandanti - ore 13.00 Rancio Alpino presso la sede del Gruppo ANA. Avvertenze: 1. Non sono disponibili mezzi pubblici o collettivi per raggiungere il Monte di Muris. 2. Ai fini organizzativi, dare notizia della partecipazione al M.M.Aiut. Bruno Sancandi, Via dell’Ostella, 22 - 33100 Udine (Tel. 0432.282546). 3. Per gli aderenti all’iniziativa che dovessero raggiungere Udine la sera precedente, è prevista una cena - facoltativa - di incontro presso la Tavernetta di Remanzacco (UD), Piazza Municipio (Tel. 0432.667050). Annotazione del Capo Gruppo: Io spero di risolvere i problemi familiari che ho e di poter essere presente. In ogni caso invito tutti i lettori che possono ad andarci perchè sarà sicuramente una domenica di quelle che meritano di essere vissute. Pag. 26 “UN CAPPELLANO IN RUSSIA” Mi trovavo con colleghi nella caserma del 121° Reggimento di Artiglieria contraerea leggera qui a Bologna ed il discorso cadde sul cappellano militare in tempo di guerra. Un collega, rivolgendosi al Vescovo Mons. Marra, voleva ironizzare: “…come può il buon Dio ascoltare insieme il cappellano che prega per i suoi di qua dalla trincea e il cappellano che prega per i suoi dall’altra parte della trincea….” Mons. Marra, lentamente, scuotendo il capo “… e voi; quei ragazzi, vorreste lasciarli soli?!…” Chi è il Cappellano militare? E’ un prete come tutti gli altri, crede in Dio e nella gente; e per amore di Dio, si fa carico delle gioie, dolori, fatiche, speranze di quanti gli vengono affidati, per camminare con loro alla luce della fede. Per cui se gli vengono affidati dei giovani e questi un bel giorno debbono partire per il fronte, egli chiede, ed essi chiedono di andare con loro: è la vicenda, fra le tante, di Don Primo Mazzolari e di Don Carlo Gnocchi. Cappellano militare può essere un tranquillo Padre Francescano che vive nel suo Convento e un giorno gli vien detto che dovrà deporre il saio per indossare la divisa grigioverde e andare in un Ospedale da Campo. Ed egli parte e non è che provi chissà quale trauma: prima serviva Cristo educando i novizi in convento. Ora serve Cristo ferito, sanguinante su una brandina! Quando il Cappellano reduce dalla guerra vien chiamato nelle scuole e i ragazzi gli obiettano: come mai, tu che sei prete, sei andato a fare la guerra?! Il Cappellano risponde: non sono andato a fare la guerra ma c’erano giovani che andavano a fare la guerra e mi hanno detto: vieni con noi; tu non vieni per sparare; tu ci aiuterai a pregare e se saremo feriti, ci starai vicino; se resteremo uccisi, a casa nostra non andrà solo il maresciallo dei carabinieri a dare la notizia, ma arriverà anche la tua lettera per dire che abbiamo fatto il nostro dovere fino in fondo e che siamo morti da cristiani…. Il Cappellano dunque non spara? Può capitare che il plotone veda cadere il Tenente; c’è lo sbandamento; il Cappellano è lì; bisogna salvarli quei fanti; e l’unico modo è di prendere l’arma in pugno e di mettersi alla testa del plotone: e così fece Don Silvio Marchetti il 20 dicembre 1942 a Kantemirowka. Fu sopraffatto; fu ucciso; ma non importa; in quel momento egli doveva fare così. E poi c’è la legittima difesa; Don Carlo Chiavazza nel suo libro “Scritto sulla neve” dice che un russo gli si è avventato addosso ed egli l’ha prevenuto e l’ha ucciso. E’ il caso di Don Michele D’Auria: nell’isba in cui si trova entrano due soldati russi che gli sparano; si getta sotto il tavolo; si finge morto; ha modo di estrarre la pistola e fa fuori i due russi. Legittima difesa; legittima difesa per tutti, anche per il Cappellano. Ma l’arma vera, l’arma in dotazione, obbligatoria per il Cappellano in guerra, non è tanto la croce rossa cucita sul taschino della giubba, ma il Crocifisso, un Crocifisso vero, e l’altarino con il Calice. Ed ora si impone una digressione. Il cappellano sa che Cristo, il suo Maestro, redime il mondo versando il Suo sangue. E conosce il commento dell’Apostolo Paolo, quando dice che la Passione di Cristo non è completa senza la sua passione; l’Apostolo si dice lieto per essere chiamato a completare con la sua, quello che manca alla Passione di Cristo. Cristo è solo il capo; le membra siamo noi; il capo dona il Suo Sangue, le membra facciano altrettanto. Soprattutto i preti. Pag. 3 S. Caterina da Siena chiamava i preti “ministri del sangue” definizione che il Card. Giulio Bevilacqua applicava in particolare ai Cappellani militari; diceva: “Noi siamo i ministri del sangue; con quello di Cristo, il sangue di chi ci cade accanto, il nostro stesso sangue, nell’unico calice, per la redenzione del mondo.” Il 26 dicembre 1941 cade nella battaglia di Petropawlowka Don Giovanni Mazzoni del 3° Reggimento Bersaglieri! Il 26 agosto 1942 cadono in combattimento Don Ferruccio Morandi, del 47° Battaglione bersaglieri motociclisti e Don Francesco Mazzocchi del II Battaglione Chimico! Il 16 dicembre 1942, sempre in combattimento, cade Don Felice Stroppiana, dell’81° Reggimento Fanteria della Divisione “Torino.” Alla mattina questi cari colleghi (ho avuto la fortuna di conoscerli) avevano detto la loro Messa. Statene certi che anche quella mattina, la preghierina solita l’avevano detta: Signore, se oggi col tuo sangue ci vuoi mettere anche il mio, sappi che non mi dispiacerebbe; insieme a quello dei miei ragazzi. E il Signore in quel giorno accolse la loro offerta. Ma attenzione! Non è che questi Cappellani si siano gettati nella mischia per cercare la bella morte sia pure nel nome di Cristo: avevano qualcuno da salvare! A questo punto, una parentesi: quando fra le due guerre, negli anni venti, il Governo italiano discusse l’opportunità o meno della presenza permanente del Cappellano nell’Esercito, qualcuno obiettò che in guerra il Cappellano non contribuisce a rafforzare i nervi del soldato per l’assalto: il Cappellano, al soldato ricorda troppo la mamma lontana: non aiuta il soldato a stringere i denti…. Pag. 4 Il 16 dicembre 1942, trovandosi chi vi parla al caposaldo “Venere” sul Don, avendo incontrato in un angolo buio dei camminamenti due fanti….”cosa fate qui?” “Cappellano, abbiamo paura!” “Ma i vostri compagni sono fuori a combattere! Se vi trova qui il Capitano vi spara!” Il Cappellano ha fatto uscire i due fanti; forse li ha mandati a morire; ma il suo dovere in quel momento era quello, anche se tutte le volte che rievoca il fatto, il suo cuore sanguina! Abbiamo accennato al Cappellano che, più di ogni altro ufficiale ricorda al soldato la famiglia: Quando si scrive dal fronte, in fondo alla lettera spesso e volentieri viene sollecitata l’aggiunta del Cappellano.. “….lo dica Lei a mia madre che sto bene; a me non crede… le dica che non mi manca niente;” Si stabilisce così un vero legame fra il Cappellano e la famiglia; il Cappellano diventa un po’ mamma, papà. Ed allora potrebbero avere ragione quelli che pensavano non opportuna la presenza del Cappellano in linea. Torniamo per un momento al caposaldo “Venere.” Ci chiediamo: se al posto del Cappellano ci fosse stata sua madre, li avrebbe mandati a combattere? Terribile! Una madre vera li avrebbe fatti uscire: per fare il loro dovere! Così come una madre si sarebbe lanciata per soccorrere suo figlio ferito a Petropawlovska, a Serafimovic, a Monastircina; al posto della mamma, Don Mazzoni, Don Ferruccio Morandi, Don Felice Stroppiana dicevamo più sopra:…avevano qualcuno da salvare… Sentirsi “famiglia” per ragazzi di vent’anni mandati a combattere verso il circolo polare artico: ecco il Cappellano in Russia. Ascoltate una pagina di Don 31 marzo 2007 - Resa di onori al Segretario Generale delle Nazioni Unite in visita. renti culture e religioni ed è il paese dove si applica il “confessionalismo”. Praticamente non ci sono partiti politici ma le religioni propongono i nominativi; persino le cariche più alte dello Stato sono per legge divise tra cristiani “Maroniti” (Presidente), e mussulmani “Sunniti” e “Sciiti” . Purtroppo sono stato anche a visitare, nel nord del Libano, vicino al monte Hermon, l’area denominata “Sheba farms” che e’ diventata un simbolo a causa della sua complica- ta storia; una piccola area di 25 Kmq, con 14 fattorie, occupata da Israele dal 1967 che tutti reclamano come propria. Siria e Libano dicono che è Libanese, Israele e UN dicono che è Siriana perché al tempo dell’occupazione Israeliana era della Siria e non si riesce a raggiungere alcun accordo. Ma mi chiedo: se gli Israeliani si ritirassero da „Sheba farms“, gli Hezbollah terminebbero di esistere? Edmondo De Pompeis Scrive Giorgio Colavero I soci Trentini sempre alla ribalta. La deposizione di una corona ai Caduti in Piazza della Portella a Trento, in occasione della Festa dell’Esercito del 4 maggio 2007, ha visto la presenza, tra le altre, della la Bandiera ANGET Trentino portata dall’Alfiere Cesare Marchi e accompagnata dai soci Giorgio Colavero, Eliseo Meli, Rosano Bravo, Attilio Murru e Vincenzo Stefanelli (questi ultimi hanno portato la corona). Risponde il Capo Gruppo – E bravi i soci Trentini. Se la prossima volta mi mandate anche una foto la pubblicherò volentieri. Pag. 25 ( United Nations Mines Action Cordination Centre di TYRE ) in quanto dalle stime effettuate sono state utilizzati circa 1.200.000 colpi dei quali un 30 per cento contiene Cluster bombs. Incredibile ma dalla fine dei bombardamenti solo UNIFIL ha disattivato oltre 25000 di queste mine Un team francese effettua una simulazione di ricognizione per lo sminamento. sono senza dubbio solo alcune delle caratteristiche meravigliose di questo paese che lo hanno fatto diventare la culla delle piu’ antiche civilta’ del mediterraneo. Sapere di camminare nei luoghi dove Gesù Cristo ha trascorso la Sua vita terrena, attraversare le citta’ di Tyr e Qana dove ha effettuato i Suoi miracoli e pensare a quanto sangue è stato versato in questo “fazzoletto” del mondo è una sensazione molto forte che ti invita a riflettere sul significato della vita stessa. Da cinquemila anni il Libano è stato la culla di diverse culture; ho potuto vedere la stretta fascia costiera dove si insediarono nel 2700 a.C. i Fenici, provenienti dalla leggendaria Babilonia, fondando le famose città-stato di Sidone e Tripoli, ho visto I segni del passaggio delle civiltà degli Assiri, dei Persiani, dell’Impero Romano e dell’Impero Ottomano e devo ammettere che l’attuale cultura Libanese riflette tutte queste splendide antiche civiltà. che rappresentano " una delle più diffuse e letali forme di inquinamento che il mondo abbia mai conosciuto". Rappresentano anche una grande fonte di "guada-gno" per le Società che si occupano di “smina-mento” nel mondo intero tramite UNMACC. (Quasi tutte UK) Sono stato “investito” da numerosi meeting, aggiornamenti e briefing ai quali occorre presenziare sempre ma, soprattutto, sono rimasto affascinato dal paesaggio del Li- Un mezzo sminatore cinese in azione. Il Libano, infatti, e’ considerato bano. Mare, montagne, neve, sole, un esempio di convivenza tra diffePag. 24 Carlo Gnocchi da “Cristo con gli Alpini:” “…Era un ferito grave e già presso a morire. Quando gli tolsero adagio, devotamente, la giubba, apparve la veste atroce e gioconda del sangue, che, come un velo liquido e vivo, fasciava e rendeva brillanti le membra vigorose. Senza parlare mi guardò. I suoi occhi erano colmi di dolore e di pietà, di volontà decisa e di dolcezza infantile. Al fondo vi tremava, attenuandosi, la luce di visioni beate e lontane. Come di bimbo che si addormenta poco a poco…” Don Gnocchi rivela in queste righe la sofferenza del Cappellano, che si fa ben più viva quando gli tocca di comporre il plico con le foto, le lettere, gli oggetti portati da casa che non servono più, perché il soldato è lì, morto davanti a lui. Bisogna spedire il plico a casa con una lettera, Cappellano. Il maresciallo dei carabinieri porterà l’annuncio ufficiale del decesso; ma la famiglia aspetta la tua lettera; vuole sapere come è morto, le sue ultime parole che solo tu hai sentito. Vuol sapere come l’hai sepolto e se è possibile, vorrebbe la foto della croce sulla sua tomba, con il suo nome. Solo Dio sa quello che tu provi, Cappellano, quando ti tocca aprire la terra col piccone perché è dura come il marmo per il gelo e mettere la bottiglietta sigillata con il nome del caduto dentro la cassa o nel telo. Ti può capitare di leggere quel biglietto con la tua firma dopo 55 anni, perché il bersagliere l’hanno trovato e l’hanno portato a casa. L’amore del Cappellano ai suoi soldati lo fa diventare stratega. Nel gennaio 1942 entrò malato nel mio Ospedale da Campo Don Guglielmo Biasutti, Cappellano della “Legione Tagliamento.” Di lui mi avevano già parlato i suoi militi; gli volevano un bene più che a un padre. Uno mi disse: “Io ho a casa due bambini. Se il Signore mi chiedesse uno dei miei bambini o il Cappellano, non saprei chi dargli.” Arriva a far visita al Cappellano il Comandante della Legione. Don Biasutti lo mette in imbarazzo perché esclama: “Comandante, non mandi i militi a morire a Voroscilova; non serve a niente occupare Voroscilova!” In seguito fu riconosciuto dai comandi che aveva ragione il Cappellano che, un bel giorno, non ce lo trovammo più in corsia: era ritornato in linea. Se c’era un ufficiale che contribuiva a rinsaldare i nervi dei suoi nell’affrontare ogni evenienza, era proprio lui; tornava in linea ad incitare ed a difendere. Emilio Lussu, nel suo celebre “Un anno sull’altipiano,” dice di un Cappellano austriaco che riuscì a far cessare una inutile avanzata. I nostri dovevano a tutti i costi occupare una posizione; cadaveri si ammucchiavano a cadaveri; il suo intervento avrebbe fatto cessare l’inutile strage. Una domanda provocatoria: Cappellano, ma tu, alla Patria vuoi bene sì o no?! Hai parlato di famiglia, di fede, ma la tua Patria dov’è?! Al Cappellano non è difficile rispondere: se esorto i soldati a compiere il loro dovere fino alla morte, lo faccio perché credo alla Patria che dobbiamo amare fino a dare la vita per lei. Quando celebra la Messa, più volte la liturgia gli fa baciare l’altare; ma il suo altare è il Tricolore; il suo calice è sempre poggiato al centro del Tricolore, che egli porta in dotazione nel suo altarino da campo. Nel campo di prigionia in Russia, campo 74, scoppia il tifo petecchiale. Vengo chiamato da un alpino che sta morendo. “Cappellano, vedi come mi tocca morire! Guarda che squallore! VePag. 5 nendo in guerra, sapevo che potevo morire ma non in un lazzaretto di appestati; morire combattendo! Gridando! Gridando Viva l’Italia!” Dovrei piangere ma non ne ho la forza; guardo; guardo con tutta la tenerezza quella vita, quella luce che si spegne. Ma l’alpino riprende a parlare: “Cappellano, è la stessa cosa: anche qui muoio per l’Italia.” La morte gli dischiude la mano; nella mano, un piccolo Tricolore. Quel giovane alpino aveva attinto dal- la sua bandiera stretta forte durante l’agonia, la forza di morire con la dignità di un eroe. Ho conservato quella bandiera dall’aprile 1943 fino al settembre 1946 quando a Fossano la potei consegnare a sua madre. Sono riuscito a sottrarla a tutte le perquisizioni e vi confesso che anche a me quel lembo d’Italia ha dato la forza per superare ogni prova e comportarmi da italiano verace. Mons Enelio Franzoni insieme ad un nutrito gruppo di soci ed amici del Centro di Studi Storico-Militari “Gen. Gino Bernardini” di Bologna. Nota del Capo Gruppo Alpino ANGET Di solito il nostro notiziario dedica il suo spazio ad articoli più allegri e spensierati, ma quando succedono fatti come questo non si può restare in silenzio e lasciare che un personaggio unico come Don Franzoni “vada avanti” senza dedicargli un pensiero. Lo avevo conosciuto personalmente nel 1968, al Rifugio ai Caduti dell’Adamello e sul Corno di Cavento, in occasione del Cinquantenario della Guerra Bianca in Adamello e vi assicuro che sentirlo parlare era un vero piacere per lo spirito, specie quando l’altare maggiore della cattedrale che ci ospitava era un piccolo altarino da campo appoggiato sul ghiaccio candido del Pian di Neve e le pareti cirPag. 6 dove lavoro non conoscevano il cappello alpino ed ho provveduto a coprire la dolorosa lacuna con apposito briefing, esposizione del cappello e, su richiesta, anche con foto. Strano che i cinesi non conoscano la storia delle nostre truppe alpine, ma in sostanza verosimile, in quanto era la loro prima missione all’estero e soprattutto perché il sottoscritto è il primo italiano arrivato in UNIFIL indossando il cappello alpino e non il basco azzurro. Devo dire che il primo mese è trascorso in un baleno grazie al nuovo incarico che sono venuto a ricoprire. Ho passato diversi giorni a rivedere tutte le disposizioni vigenti sul “Demining” nelle Il Ten.Col. De Pompeis fa provare il Cappello da Geniere Alpi- Nazioni Unite e no al collega cinese che è andato a sostituire. mi sono scontral’onore di avere come comandante to con centinaia di nuove sigle e abdella KMNB a Kabul, durante il mio brevazioni. IL Demining coordination cenmandato ed ho ritrovato altri colleghi con la “penna’ che ricoprono posi- tre di UNIFIL e' la sezione che affronta uno dei piu' sensibili impegni zioni “chiave” nella missione. Da un sondaggio effettuato, ho umanitari delle Nazioni Unite in stretscoperto che proprio nella sezione ta collaborazione con UNMACC Ad un anno esatto dal mio rientro dalla missione NATO a Kabul, sono riuscito a rientrare nelle Nazioni Unite da cui mancavo dal lontano 1990, quando terminai i due anni di missione presso UNMOGIP in India e Pakistan. A Naqoura, in Libano , il Comandante della missione UNIFIL e’ il Generale Graziano , che ho avuto Pag. 23 E per concludere, trascriviamo quello che resta del ruolino di compagnia: 1° Plotone S.Ten Pasquetti Sebastiano 2° Plotone S.Ten. Bonacina Fabio 3° Plotone S.Ten Mariech Stefano 1^ Squadra Cap.le Diotto Flavio G.A. Borgogno Roberto G.A. Chiappara Gianfranco G.A. Di Dio Salvatore G.A. Maltese Francesco G.A. Mangiameli Marcello G.A. Villano Fabrizio 1^ Squadra Cap.le Crivellaro Cap.le Ombelli G.A. Rigola Alessandro G.A. Russo G.A. Scarpa G.A. Sinisi Gabriele G.A. Tomaino Piero 1^ Squadra Cap.le De Ciero Leonardo G.A. Alfieri Gianluca G.A. Busetti G.A. Cursale G.A. D’Amora G.A. Isabello Walter G.A. Manco Luigi 2^ Squadra Cap.le Avanzi Ettore G.A. Cara Massimiliano G.A. Ferrero Sandro G.A. Meloni Roberto G.A. Montecalvo G.A. Pandolfo G.A. Zangirolami 2^ Squadra Cap.le Spini Pietro G.A. Canale G.A. Ferrandi G.A. Godardi Stefano G.A. Malafronte G.A. Pastorino 2^ Squadra Cap.le Corgiat Loia Gius. Cap.le Ferri G.A. Egger G.A. Fraschetti G.A. Fusaro G.A. Guglielmino Mario G.A. Pinardi Luca 3^ Squadra Cap.le Bosio Carmine G.A. Audano Massimo G.A. Bosisio G.A. Costarelli Mario G.A. Ferro G.A. Finazzi G.A. Folini G.A. Gens Marco 3^ Squadra Cap.le Cotugno Matteo G.A. Broggio G.A. Franceschetti Mauro G.A. Granero Corrado G.A. Ortiello Aiello G.A. Pistol Sabatino G.A. Riccobono Giuseppe 3^ Squadra Cap.le Bertolo Cap.le Furno G.A. Alessandrello G.A. Castelnuovo G.A. Cerizza G.A. Gabattoni Alla data del 15 maggio, hanno rinnovato la propria iscrizione 210 soci (157 Ordinari, 37 Simpatizzanti e 16 Aderenti) e ne mancano ancora all’appello 40 (32 Ordinari, 4 Simpatizzanti e 4 Aderenti). La questione dei rinnovi sta diventando preoccupante perchè dal 2005 al 2006 abbiamo perso 30 soci ed i 40 ancora mancanti quest’anno non lasciano presagire niente di buono. Anche con questo notiziario manderò a ciascuno di loro un sollecito che non consentirà ulteriori ritardi (o dentro o fuori). Pag. 22 Stefano Mariech Cogliamo invece l’occasione per dare il benvenuto nel Gruppo Alpino agli ultimi sei nuovi soci (dal 1° marzo al 1° giugno). Sono tutti Soci Ordinari; eccoli: - Ferruccio Pellegatta - Valmadrera (LC); - Mario Gatto - Arco (TN); - Pietro Angiolini - Trento; - Renzo Ronda - S.Giorgio Piacentino; - Franco Butti - Lecco - Riccardo Blandino - Collegno (TO). Oltre al benvenuto, a loro va l’invito ad essere attivi e partecipare alla nostra vita associativa. R.S. Chianciano, 18-21 aprile 2007 Due giorni e mezzo di riunioni per fare il punto di situazione su quanto avvenuto nel corso del 2006 e per discutere di varie problematiche, oltre che per eleggere il nuovo “Direttivo” dell’ANGET. Oltre al Presidente, di cui avete già letto in prima pagina, sono cambiati i Vice Presidenti - Gen. Carlo Mittoni per le Trasmissioni e Gen. Marios Lombardo per il Genio ed il Segretario Generale - Gen. Alberto Clava. Inoltre il Gen. Raniero Ranieri ha sostituito il Gen. Nicola Vozza al vertice del collegio dei Probi-Viri. A tutti le nostre congratulazioni e gli auguri per un Buon Lavoro. Non vi posso fare il resoconto esatto di tutto quanto si è detto e fatto durante le giornate di Consiglio ma citerò i fatti più significativi. 11 e 12 aprile 2008 - Raduno Nazionale ANGET a Trieste Per il momento non ne so molto di più ma la conoscenza delle date è sufficiente per farvi evitare altri impegni e per consentirvi di programmare la vostra venuta a Trieste. Appena possibile, spero con il prossimo notiziario di Settembre, vi darò indicazioni su alberghi, pensioni, camere, trasporti ecc.. per consentirvi di pianificare al meglio, in relazione alle possibilità di spesa di ciascuno. Una cosa è certa: A Trieste dovre- mo esserci tutti, con mogli, figli, nipoti e chi più ne ha più ne porti. Gruppo Nazionale di Sminamento Umanitario : HDIG Il Gen. Vittorio Bernard, Presidente di questo Gruppo veramente importante per l’opera che svolge in tutto il mondo grazie all’attività appassionata del Col. Pellegrino, ha indicato la possibilità di devolvere ad esso il 5 per mille in sede di dichiarazione dei redditi. Il numero da citare è: 97191910583 Se fate ancora in tempo per questo anno, altrimenti ricordatevene per il prossimo, fatelo. Non vi costa nulla e farete un’opera meritoria. Costo del Bollino Annuale ANGET In relazioneall’aumento generalizzato del costo della vita e tenuto presente che il costo del bollino era immutato da almeno 6 anni, il Consiglio ha approvato l’aumento da 8 a 9 Euro, ovviamente a partire dai rinnovi e nuove iscrizioni per il 2008. Sarò più preciso in seguito, quando avrò fatto le necessarie verifiche, ma penso di riuscire a lasciare invariata la quota di iscrizione al nostro Gruppo a 21 Euro. Nuovo Sito Internet dell’ANGET Attualmente ci sono due siti Internet della Presidenza Nazionale e, per essere sincero come sono sempre stato, li ritengo estremamente riduttiPag. 7 vi, cioè con poche notizie e spesso in grosso ritardo con gli aggiornamenti. Ne sto preparando uno nuovo (e questo ovviamente mi piace visto che lo sto facendo io) e l’ho presentato. Appena sarà inserito in rete, sarete informati. Presentazione Anno 2006 del Gruppo Alpino ANGET. Come hanno fatto tutti gli altri ho presentato la situazione del nostro Gruppo al 31.12.2006: 2005 2006 Soci Ordinari 182 189 Soci Simpatizzanti _28____41_ Totali 210 230 Soci Aderenti 19 20 (In realtà i nuovi soci Ordinari sarebbero 32 ma 25 dei vecchi non hanno rinnovato, per cui, in totale, 7 in più). La situazione finanziaria Entrate Situazione 31.12.2005 Incassati per iscrizioni Vendite libri e distintivi Interessi CC postale Totale Entrate € 3.989,17 € 7.120,00 € 1.011,00 € ____ 0,52 € 12.120,69 Uscite Acquisto e spediz. libri € 691,83 Pagati Bollini Anget € 2.008,00 Francobolli e spese post. 2.015,09 Produzione notiziari € 599,06 Cancelleria e Stampante 530,09 Spese raduno Pinzolo € 470,90 Fondo cassa BZ e TN € 202,00 Striscione,Bandiere € 418,50 Rinnovo dominio sito € __27,19 Totale Uscite € 6.942,66 Rimanenza 31.12.2006 € Pag. 8 5.178,03 E quindi, alla fine del 2006, avevamo in cassa 1.188,86 Euro in più rispetto alla fine del 2005 e questo nonostante l’acquisto di una stampante laser (210 Euro), di uno striscione in tela plasticata (280 Euro), di due Bandiere per TN e BZ (59,50 Euro), tutti materiali che, di fatto, vanno ad incrementare i beni patrimoniali del Gruppo. Ma la maggior disponibilità di fondi è dovuta all’anticipo nei pagamenti dei rinnovi per il 2007 agli ultimi mesi del 2006 e pertanto nulla di miracoloso. State tranquilli: se fossi capace di aumentare un capitale del 25% in un anno, lo avrei già fatto per il mio conto corrente. Ho completato la presentazione relativa al nostro Gruppo con una previsione per il 2007. Solo con i 21 nuovi iscritti che abbiamo già avuto per il 2007, ammesso che anche gli ultimi 28 che ancora non hanno rinnovato la loro iscrizione lo facciano e tenuto conto delle perdite che abbiamo avuto, nel 2007 potremmo essere 248. Certo che siamo ancora lontani dai 300 che ci eravamo prefissati ma se non mi aiutate tutti voi facendo propaganda nelle vostre città, fra gli amici ed i colleghi, non ci arriveremo mai. Anche nel 2006, comunque, abbiamo avuto un incremento assoluto e percentuale che ci avrebbe fatto meritare la ormai consueta “targa” di benemerenza per il proselitismo. Tuttavia, giustamente, il Presidente Gen. Campagna ha preferito premiare altre piccole Sezioni, anche come incoraggiamento. R.S. Ma ad attendere il sottoscritto ed il Vicecomandante di Compagnia c’era anche la notizia di un nostro ritorno anticipato a Bolzano per preparare nuovamente lo zaino con destinazione “Casera Razzo”, per un’esercitazione. La 5^ partì la mattina del 10 per il trasferimento in autocolonna che, passando da Carbonin, Dobbiaco, Brunico e Bressanone, riportò la Compagnia a Bolzano. La 6^ Compagnia Come già anticipato, mi limiterò alla sola descrizione delle attività effettuate dalla 6^ Compagnia al comando del Cap. Roberto Franci, non avendo io partecipato direttamente a tali attività. Lo sviluppo totale del campo della 6^ Compagnia fu di 90 Km con il superamento di 9.260 m. di dislivello in salita e 8.190 m. in discesa. Il campo fisso Lunedì 22 agosto trasferimento in autocolonna lungo il percorso Bolzano, Bressanone, Dobbiaco, S.Candido, Sesto, Passo Monte Croce Comelico, S. Stefano di Cadore e sistemazione del campo fisso in loc. Pramarino. Martedì 23 addestramento alpinistico a Passo del Palombino. Mercoledì 24 marcia d’irradiamento con percorso Bivio Ciadon, M.ga Dignas, M.ga Campobon, Mga Cecido, q. 1666. Giovedì 25 marcia d’irradiamento con percorso For.la Zovo, q. 2044, M.ga Londo. Venerdì 26 marcia d’irradiamento con percorso M.ga Manzon, Le Drottelle, Costa d’Antola. Sabato 27 addestramento alpinistico a Passo del Palombino. Domenica 28 soggiorno. Il campo mobile Lunedì 29 inizio del campo mobile con scavalcamento di passo sul percorso q. 1519, Passo del Mulo, Rif. M. Ferro. Pernottamento a Granvilla. Martedì 30 scavalcamento di passo sul percorso q. 1248, Passo Enghe. Pernottamento a C.ra Campo. Mercoledì 31 trasferimento di Compagnia sul percorso Valico Ciampigotto, C.ra Doana, Passo Dellandro. Pernottamento a Chiandarens. Giovedì 1 settembre scavalcamento di forcella sul percorso Rif. Giaf, For.la Scodavacca. Pernottamento al Rif. Padova. Venerdì 2 trasferimento notturno sul percorso Vallesella , Domegge. Pernottamento a S. Rocco. Sabato 3 trasferimento di Compagnia sul percorso Rif. Pellegrini, q. 1440. Pernottamento a Ponte da Rin. Domenica 4 soggiorno. Lunedì 5 trasferimento di Plotone con pernottamento in quota. Il primo Plotone sul percorso C.ra Crociera, Rif. Auronzo. Secondo Plotone sul percorso Colonie Montane, Rif. Carducci. Martedì 6 trasferimento di plotone con scavalcamento di forcella. Primo Plotone sul percorso Rif. Locatelli, For.la Toblin. Il secondo Plotone sul percorso For.la Giralba, Strada degli Alpini. Mercoledì 7 trasferimento di compagnia sul percorso q. 2056, q. 1833, For.la Pian di Biscia. Pernottamento al Rif. Berti. Giovedì 8 preparazione all’ascensione. Pernottamento al Rif. Berti. Venerdì 9 ascensione alpinistica della Croda Rossa. Pernottamento al Rif. Lunelli. Sabato 10 trasferimento in autocolonna sul percorso Valgrande, Passo di M. Croce, Sesto, Dobbiaco, Brunico, Bressanone, Bolzano. Pag. 21 decisione gravavano quindi per il cinquanta per cento sulle mie spalle. Qui la cronaca del campo della 5^ Compagnia si divide. Il primo Plotone, alle mie dipendenze, aveva in programma il superamento di Forcella Toblin e del Rif. Locatelli (q. 2405), del Rif. Lavaredo (q. 2344) ed il raggiungimento del Rif. Auronzo (q. 2330) nel cui prato sottostante fu sistemato l’attendamento in assenza di strutture fisse. L’organizzazione della tappa si dimostrò fin dalla partenza soddisfacente; le cose filavano per il meglio con il Capitano che si era riservato il compito di controllare la situazione. Giunti però sul pianoro che precede il Rif. Locatelli, sopra la testa del Plotone fece la sua comparsa un elicottero del 4° Corpo d’Armata Alpino. Come di prassi chiamai il radiofonista per mettermi in contatto con l’elicottero, pronto a concentrarmi per fare il punto. E qui successe il più classico degli imprevisti. Nonostante le mie raccomandazioni della sera precedente, il Caporal maggiore addetto alla radio si era dimenticato di ritirare le batterie di ricambio dell’apparecchio e quelle in dotazione, visto il prolungato uso, risultavano scariche. Dopo un primo momento di imbarazzo, seguito da quello che normalmente si chiama rimprovero ma che in quelle circostanze si chiamava “cazziatone” al Caporale, decisi di proseguire la marcia incurante delle conseguenze, considerato anche che l’elicottero sembrava essersi allontanato. Percorso un breve tratto però e superato una piccolo rilievo del terreno si presentò alla nostra vista il muso dell’elicottero che nel frattempo era atterrato. Lasciato il Plotone al comando del Caporal maggiore anziano, raggiunsi di corsa il velivolo pronto alla lavata di caPag. 20 po. Quando ero ormai a pochi metri dalla fusoliera, scese dall’elicottero il Ten. Col. Nicola Celesti il quale, con mia viva sorpresa, non diede troppo peso al mancato collegamento e, visto l’ordine con il quale il Plotone stava affrontando la marcia, si complimentò con il sottoscritto e diede appuntamento a tutti al Rif. Auronzo, meta della marcia, per una bevuta (era andata più che bene). Il tramonto di quella impegnativa giornata ripagò tutti della fatica e me in particolare dello spavento; il cielo rosso fuoco dietro le Tre Cime di Lavaredo faceva da contorno ad una trentina di piccole tendine mimetiche diligentemente allineate dalle quali balenavano i piccoli fuochi delle razioni K. Il secondo Plotone della 5^ Compagnia, agli ordini del Ten. Bernardelli, aveva nel frattempo terminato la propria fatica raggiungendo il Rif. Zsigmondy Comici (q. 2224), superata Forc. Giralba (q. 2431), pernottando nei pressi del Rif. Carducci (q. 2297). Il giorno 8 era in programma il completamento del trasferimento di Plotone. Il primo Plotone scendendo per il Vallone di Lavaredo raggiunse la loc. Casera della Crosera (q. 1198), mentre il secondo Plotone scendendo dalla Val Giralba raggiunse la loc. Colonie Montane (q. 950) nei pressi dell’abitato di Giralba. I due Plotoni si ricongiunsero per ricomporre la Compagnia in loc. Casera Bombassei (q. 1000) dove era previsto il pernottamento. Il campo stava per finire ma ancora una tappa aspettava la ricomposta 5^ Compagnia nella mattinata del 9. Il Programma prevedeva uno scavalcamento di forcella. Salendo la Val d’Onge, la Compagnia superò il Tabià di Val d’Onge (q. 1715), raggiunse il Rif. Città di Carpi (q. 2100) e, superata Forc. Maraia (q. 2089), raggiunse il Lago di Misurina dove era ad attenderla il campo fisso. Chiunque sia stato nel 2° Genio all’epoca della minaccia del terrorismo ha conosciuto la centrale elettrica di Cardano. Ancora adesso, transitando sull’autostrada che porta al Brennero, passandoci accanto, non posso non ricordare i “bei”periodi ivi trascorsi. Appena rientrato dal Corso di ardimento, vi fui mandato.I turni settimanali, e talvolta quindicinali, erano svolti, alternativamente, dal IV° btg. di Bolzano e dal XIV° btg.di Trento. In caso di impegni esterni di uno dei 2 reparti citati, arrivava in soccorso il VII° di Riva del Garda. E così ci alternavamo io con il ”Pierone” ( i” vecchi” sanno a chi mi riferisco!), con Tomaselli che mi parlava del”pampino” (“bambino” non in slang), certe volte Ammanniti o Cesari e, quando mi andava male, veniva a darmi il cambio Acquaviva. Era pignolissimo, contava e registrava nel passaggio di consegne dei materiali persino i”ribattini”che collegavano la coppa al manico del mestolo! Si arrivava con la dotazione di carbone e legna che sulla carta dove- va essere sufficiente per la settimana del turno. Dopo qualche giorno già imploravo il mio amico Magazzù, era nell’ufficio Servizi, (che Dio lo abbia in gloria, amico eccezionale la cui scomparsa mi addolorò e mi addolora ancora), di mandarmi un’integrazione. L’ufficiale comandante della guardia dormiva in una casermetta Morteo, ovviamente non coibentata. Si portava una stufetta elettrica da 800 W, praticamente, come accendere un fiammifero in una cella frigorifera: pia illusione di ottenere anche un minimo senso di calore! I miei maestri sono stati il già citato ”Pierone”, il compianto Salvatore Di Blasi, impareggiabile amico, generoso, altruista, bravissimo e il Tomaselli, oltre chiaramente agli altri colleghi, tutti vicini al mio cuore. Chi è stato lì non può non ricordare il guardiano della centrale, un veneto il cui cognome mi sfugge ma terminava con “in”, e le sue telefonate ”Signor Tenente, c’è alla porta l’ispezione”. Arrivavano di solito o il Ten.Col. Corrà o il Ten.Col. Panzini o il Ten.Col. Dalò, (tutti del Comando Genio del 4° Corpo d’Armata Alpino!), ed anche il comandante della compagnia che forniva la Guardia. Breve giro, talvolta offrivo un caffè, trascrizione dell’effettuata ispezione sul registro e un ”buon lavoro” come saluto. Il giorno del cambio… festa grande! 24 ore di affiancamento piacevolissimo. Aggiornamenti su Pag. 9 quanto avvenuto al Reggimento, qualche confidenza piccante. Mi sfuggiva di ricordare il trasmettitore addetto al collegamento radio. Questo povero ragazzo trascorreva in quella landa quasi tutto il suo servizio di leva. Al pomeriggio, verso le 17, effettuava il “tentativo” di collegamento con il Corpo d’Armata. L’apparato radio, tanto voluminoso e pesante quanto vecchio, incominciava a ”sbaffare” sul fischio di frequenza. Talvolta si riusciva anche a prendere il contatto! Il panorama visibile dal corpo di guardia era la Strada Statale n. 12 ed un distributore dell’Agip. D’inverno, il personale civile che abitava nella centrale allestiva una pista di ghiaccio. Il ”Pierone” calzava i pattini e si esibiva. Quando era in arrivo l’ispezione chiedeva al portiere all’ingresso alla centrale di fare attendere, così aveva il tempo di togliersi i pattini e presentarsi in uniforme “di combattimento”. Bei tempi! Questo è un aspetto della vita di reparto che conducevamo noi ”supporti”. Un giorno andai a trovare gli amici dell’Orobica: Sciocchetti, Neri, Veneri ecc. Per caso incontrai il Tenente Scaranari. Era in abbigliamento sportivo. Gli chiesi inopportunamente dove stesse andando. Rispose che andava a sciare. Noi”supporti”scoppiettavamo , gli alpini ”doc” praticavano lo sport! Adesso capisco. Il Ten.Scaranari risparmiava le energie per organizzare, verso i 65 anni di età, raduni sul K2 da raggiungere a piedi, zavorrati! Credo sia inutile chiarire che in fondo a questo mie righe c’è il sentimento di ricordo di tutti gli amici che ho avuto il piacere di conoscere ed apprezzare durante il mio servizio a Bolzano. Di alcuni ho perso le tracce e mi piacerebbe ritrovarle. Agli altri, andati avanti, la mia preghiera ed un grazie di cuore per quanto mi hanno dato che è sicuramente di più di quanto io sia riuscito a dare loro. Enrico Vadacca Poiché sono stato chiamato in causa sento il dovere di intervenire. Intanto ringrazio il nostro socio Enrico Vadacca per avermi inviato questa bella fettina di vita vissuta che ci riporta tutti ai tempi delle guardie, delle ispezioni e delle “goliardate” che spesso con un po’ di leggerezza abbiamo compiuto. Poi vorrei cancellare la falsa immagine di “gaudente sciatore in ore di servizio”: ammesso che sia riuscito ad andare a sciare a Merano 2000 o ad Obereggen qualche volta, di domenica, facendo le code con tutti gli altri sciatori e pagando regolarmente le risalite (qualche volta con lo sconto grazie ai biglietti procurati dalla cognata di Giancarlo Astegiano), sicuramente non sono mai riuscito ad andare a sciare per diletto nelle ore di servizio (lo avrei fatto volentieri ma con Sciocchetti al Comando della Compagnia e Daz Capo di Stato Maggiore della Brigata c’era poco da scherzare). Non ricordo l’episodio ma probabilmente si trattava della fine del 1967 o dell’inizio del 1968 quando stavo mettendo insieme ed allenando la squadra dei Reparti Minori dell’Orobica per i “GISTA” ed allora era evidente che dovevamo andare sulla neve e non certamente in tuta da combattimento. Concludo mettendo in risalto lo spirito di collaborazione di Enrico che ha capito perfettamente che cosa serve al nostro notiziario: brevi frammenti di vita vissuta, scritti con semplicità e con tutto il sentimento che accompagna i ricordi più cari di fatti e persone che rimarranno per sempre incisi dentro di noi. R.S. Pag. 10 sufficiente per dare un’idea dello sviluppo dei percorsi e del territorio su cui si sono svolte il campo fisso. In nero il percorso delle escursioni, ovviamente della sola 5^ Cp. aveva fatto, salutò i Plotoni in marcia con un alpino “Occhio alla penna”. La raccomandazione era riferita alla pericolosità rappresentata dalla discesa del primo tratto del canalone nord che, dal Passo della Sentinella, porta in Val Fiscalina. Il tracciato, attrezzato dalle Squadre alpinistiche, nonostante la stagione, era infatti per alcuni tratti ancora ricoperto di neve. Completata la discesa, la Compagnia si attendò qualche centinaio di metri sotto Capanna Fondovalle (q. 1540). Il giorno seguente può a ragione essere definito come il più signifi- cativo di tutto il campo per due motivi. Il primo, di carattere generale, era rappresentato dal fatto che la tappa conduceva alle Tre Cime di Lavaredo, un luogo di impareggiabile ascendente per gli amanti della montagna; il secondo, di carattere personale, costituito dal fatto che il Programma prevedeva per quel giorno il Trasferimento di Plotone con pernottamento in quota e scavalcamento di forcella. Il Capitano decise di dividere la Compagnia in due Plotoni affidando il comando del primo al sottoscritto ed il comando del secondo al Vicecomandante di Compagnia, Ten. Carlo Bernardelli. Le responsabilità derivanti da questa Pag. 19 Prefazione del Gruppo ANA di San Daniele del Friuli Perché il Gruppo Alpini di San Daniele del Fr. (UD) ha voluto riprodurre questo opuscolo? Perché pensiamo che lo stesso sia rimasto forse l’unico esistente ed è nostro piacere farlo conoscere. Esso era edito dalla Brigata Alpina “Orobica” e veniva dato in dotazione ai militari conducenti di mulo, al loro primo incarico. Lo scopo era ben preciso: quello di insegnare a convivere con detti animali senza fare o ricevere danno. In fondo essi chiedevano solo di essere trattati con un certo riguardo. Dunque lo scopo è quello di dare il giusto riconoscimento a questi amici degli Alpini, ormai dispersi, che con loro hanno condiviso la naja, aiutandoli a convivere ed a vivere nelle asperità della montagna, portando sulla loro soma quanto serviva al sostentamento ed al combattimento. Con questa divulgazione, vogliamo dunque che il moderno progresso e la tecnologia non facciano dimenticare ANCHE i loro sacrifici, silenziosamente sopportati in pace ed in guerra. Grazie ad Arnaldo Ballico per avermelo mandato. Non ridere, o mio conducente, ed ascolta questa mia preghiera. Una veduta d’insieme, necessariamente non dettagliata per la grande scala utilizzata, ma te le escursioni. In bianco a tratteggio nero il percorso delle marce di irradiamento durante di pulizia. sentire. L’ultima settimana di campo iniziò all’alba del 5 e portò la 5^ Compagnia da Padola al Rif. Berti (q. 1950) lungo la strada che costeggia dapprima il Torrente Padola e poi il Torrente Risena passando per il Rif. Lunelli (q. 1568). Lungo questo tratto la Compagnia incontrò il Magg. Leonardo Figliolini, autore del Programma delle escursioni estive, al quale furono resi i saluti formali. Raggiunto il Rif. Berti la Compagnia si attendò, in attesa di quella che senza dubbio fu la tappa più difficile ed impegnativa di tutto il campo, complice anche la stanchezza che iniziava a farsi All’alba del 6, la 5^ Compagnia attaccò il duro canalone che dal Rif. Berti raggiunge il Passo della Sentinella (q. 2717) fra la Croda Rossa e Cima Undici. Come detto la tappa fu difficilissima soprattutto per via della forte pendenza del percorso che, in alcuni tratti, sbilanciava all’indietro i militari gravati dal peso dello zaino e dell’arma. Raggiunto il Passo, la Compagnia fu oggetto del terzo incontro con il Vicecomandante del 4° Corpo d’Armata Alpino il quale, dopo un breve discorso dal quale traspariva un celato soddisfacimento per quanto la Compagnia Pag. 18 Quando rientriamo in caserma dopo un servizio, non abbandonarmi subito, anche se ti senti stanco; pensa che anch’io ho lavorato e sono stanco più di te. Se sono sudato, strofinami con un pò di paglia e mettimi presto al riparo; per te è poca fatica e mi risparmi dolori reumatici, tosse e coliche. In scuderia, specialmente di notte, lasciami legato lungo, perché io possa giacere e riposarmi. E’ vero che io posso dormire stando anche in piedi, ma, credilo, io dormo e riposo bene anche quando sono sdraiato. Ogni giorno puliscimi i piedi e lavami con una spugna ben bagnata. Ogni tanto, e specialmente durante le piogge, dammi un po’ di grasso ai piedi, così mi eviterai malattie allo zoccolo. Certo, io non sono un animale fine; ma guardati bene dal pulirmi gli occhi con la spugna con la quale hai pulito gli occhi ad un altro mulo, senza prima averla ben lavata; inoltre adopera due spugne, una per gli occhi e l’altra per le altre parti del corpo, così mi eviterai malattie. Pag. 11 Se faccio qualche movimento brusco, pensa che forse avrò avuto paura, non strapparmi con le redini e non darmi calci, ma abbi pazienza e fammi qualche carezza. Vedrai che diventerò subito tranquillo. Un giorno ho sentito dire dal Capitano ad un conducente: “Un buon governo vale mezza razione”, e questo è vero. Io lavoro spesso nella polvere e nel fango, sudo, ho bisogno di essere ben governato; quando la mia pelle è pulita, io mi sento rinfrancato e mangio di buon appetito, e tu fai bella figura perché mi presenti ai tuoi superiori col mantello ben lucido. Fammi bere spesso acqua fresca e pulita, anche durante il lavoro. Se vedi che io non riesco a vincermi e bevo troppo in fretta, distaccami dall’acqua; ma non farlo con brutti modi, perché mi faresti paura, e poi lasciami ancora bere quando voglio, senza avere fretta; l’acqua mi fa bene e non mi ubriaca. Nel mettermi le bardature io divento irrequieto e tiro qualche calcio in aria; considera che anch’io, come te, posso soffrire il solletico in qualche parte del corpo. Accarezzami spesso e parlami, così imparerò a conoscere la tua voce, ti vorrò bene, sarò sempre buono e lavorerò tranquillo. Pag. 12 Anche se tu sei stanco e sudato, o le mani sono intirizzite dal freddo, non risparmiarti la piccola fatica di accorciare la braca quando si va in discesa, e di allungarla quando si va in salita, e soprattutto non attaccarti alla mia coda, non tanto per la maggior fatica, quanto per i giorni di rigore che mi priverebbero della tua compagnia. Nelle salite ho bisogno di essere libero nei movimenti, e perciò allungami la braca; e se la salita è forte, cerca di accorciare il pettorale in maniera che il carico non mi vada sulle reni. Facendo ciò, mi risparmierai fiaccature e cadute, ed io lavorerò tranquillo. Nelle salite io vado più svelto e tu non attaccarti al guinzaglio: mi stanchi, mi fai male alla bocca e puoi farmi perdere l’equilibrio e cadere. In discesa io vado più piano e tu non tirarmi; vedrai che arriveremo lo Passo Col di Caneva (q. 1842) ed infine il Rifugio Calvi (q. 2167) nei pressi del quale sostò la notte e tutta la giornata di martedì 30, in preparazione all’ascensione alpinistica del Monte Peralba fissata dal programma per il successivo mercoledì 31. L’ascensione mise a dura prova tutta l’organizzazione della 5^. Il percorso prescelto fu infatti la via normale la quale, dopo il superamento del Sasso del Bersagliere, prevede alcuni tratti di via ferrata ed il raggiungimento di q. 2694 che rappresenta la vetta del Monte Peralba, anche se la cima del monte è in realtà costituita da una serie di piccole cime e di piccoli pianori. La Compagnia, diligentemente distribuita in Plotoni e Squadre, affrontò con impegno e sufficiente serietà la salita che per alcuni militari rappresentava la prima esperienza lungo una via ferrata. Adeguatamente attrezzato dalle squadre alpinistiche, il percorso si dimostrò comunque scevro da rischi e la Compagnia, verso mezzogiorno di mercoledì 31, si schierò sulla cima del Monte Peralba per la celebrazione della S. Messa e la presentazione al Vicecomandante, e futuro Comandante, del 4° Corpo d’Armata Alpino, Gen. Angelo Becchio. Fu quello il primo di una serie di incontri con alti Ufficiali del Comando di Corpo d’Armata che seguirono con interesse il campo del 2° “Iseo”. Ricomposti i Plotoni e le Squadre, la Compagnia scese in ordine la via a nord del Peralba lungo il ripido ed esposto canalone adeguatamente attrezzato, e raggiunse di nuovo il campo nei pressi del Rifugio Calvi. Il giorno successivo - 1 settembre - la Compagnia, salutato il Rifugio Calvi e le Sorgenti del Piave, attraverso il Passo dell’Oregone q. 2241 scese a Malga Chivion (q. 1745) e quindi si attendò nuovamente in Val Visdende in località Pramarino. La giornata del 2 rimase impressa per le avverse condizioni meteorologiche che la contraddistinsero. Raggiunto il Bivio Ciadon, la Compagnia superò il Passo Palombino (q. 2032) e quindi, oltrepassata la Casera di Melin (q. 1675), si sistemò in alcune baracche a q. 1458 alla confluenza fra il Rio Melin e il Torrente Digon. Due ricordi di quella giornata restano indelebili. Il primo è rappresentato dall’apparire, sotto un’acqua scrosciante, del Vicecomandante del 4° Corpo d’Armata Alpino il quale, incurante del diluvio, rispose con fermezza al saluto e all’”Attenti a ...” ordinato dai Comandanti di Plotone al loro passaggio. Il secondo ricordo per la verità riguarda l’alba del 3 settembre. Come detto, la Compagnia, dopo una giornata di marcia interamente sotto la pioggia, si acquartierò in due baracche usate in estate per l’alpeggio. Durante la notte la temperatura scese di alcuni gradi sotto lo zero ed i capi d’abbigliamento, lasciati dai militari vicino al fuoco con l’illusione di una loro asciugatura, gelarono. Poca cosa se paragonata a quanto patito dai nostri “veci” in altre circostanze, ma la sensazione provata al mattino nel vestire una camicia ed un paio di pantaloni rigidi dal ghiaccio è difficile da spiegare; molto più espressivi furono le imprecazioni ed i salti fatti dai Guastatori nel tentativo di scongelare e riscaldare i propri capi d’abbigliamento. Superato questo momento di imbarazzo, la Compagnia attese tutto il giorno la partenza per la marcia notturna prevista per la notte sul 4. Il trasferimento notturno portò la Compagnia a superare Dosoledo ed ad attendarsi a Padola. Domenica 4 fu dedicata, come di consueto, alle attività di riordino e Pag. 17 Il reparto N.T.L. Al comando del Ten. Sergio Di Vita, aveva come compito principale il sostegno logistico al Battaglione e fissò la base dal 22 agosto al 2 settembre in loc. Pramarino in Val Visdende e dal 3 al 9 settembre in loc. Ponte da Rin (vds. carta a pag. 18 e 19). La 5^ Compagnia Il campo fu preparato nei minimi dettagli dal Comandante di Compagnia, Cap. Graziano Busetti de Luna, cui diedi tutta la mia collaborazione. Nel mese precedente effettuammo delle dettagliate ricognizioni di tutto il tracciato percorrendo, a volte, fino a tre tappe nella stessa giornata e redigendo anche i rilievi speditivi di tutte le aree di sosta della Compagnia che furono poi consegnati all’Ufficiale addetto allo spostamento del materiale da campo durante il campo mobile. Base di appoggio di questa attività ricognitiva fu spesso Col Piccolo. Lo sviluppo totale delle escursioni fu di 75 Km, con il superamento complessivo di 8.220 m. di dislivello in salita e 7.500 m. in discesa. Molto prima dell’alba di lunedì 22 agosto 1988 iniziò il campo della 5^ Compagnia con il trasferimento in autocolonna lungo il percorso Bolzano, Bressanone, Dobbiaco, S.Candido, Sesto Pusteria, Passo Monte Croce Comelico, Santo Stefano di Cadore, Val Visdende. La Compagnia si attendò quindi in località Costa d’Antola a q. 1330 a poche centinaia di metri dal locale denominato “Da Plenta”. Il campo fisso Il campo fisso si protrasse dal 23 al 28 agosto. Scopi principali di questa prima settimana erano l’addestramento alla realizzazione di tutti gli elementi necessari per la costruzione di un campo fisso nonché l’ambientamento montano con Pag. 16 conseguenti prime marce di allenamento e addestramento alpinistico per i più dotati. Martedì 23 si svolse la prima marcia di irradiamento con il raggiungimento dei traguardi fissati in q. 1456, Malga Chiastellin (q. 1968), q. 2010, M.ga d’Antola (q. 1760 e q. 1872), M.ga Chivion (q. 1745) e chiusura dell’anello. Mercoledì 24 una prima aliquota di Guastatori fu impegnata nell’addestramento alpinistico al Passo Col di Caneva, in prossimità delle sorgenti del fiume Piave, ove era presente una parere attrezzata integrata dal Nucleo alpinisti. Giovedì 25 la marcia di irradiamento raggiunse i traguardi fissati nelle località Le Drottelle (q. 1812), M.ga Manzon (q. 1890), M.ga Cecido (q. 2014), M.ga Campobon (q. 1941), M.ga Dignas (q. 1686), Bivio Ciadon (q. 1436) e chiusura dell’anello. Venerdì 26 proseguì l’addestramento alpinistico al Passo Col di Caneva. Sabato 27 la marcia di irradiamento prevedeva lo scavalcamento del Passo del Mulo (q. 2356), la successiva discesa verso il Rif. M. Ferro (q. 1563) e l’arrivo in località Granvilla di Sappada ove erano pronti i mezzi per il ritorno autotrasportato al campo base. Domenica 28 fu destinata al soggiorno, e la Compagnia ne approfittò per le attività di organizzazione del campo mobile, che sarebbe iniziato il giorno successivo, ma soprattutto per un’energica attività di pulizia personale nelle gelide acque del torrente. Il campo mobile (Le escursioni) La prima tappa del campo mobile di lunedì 29 fu imperniata sullo scavalcamento di passo. La Compagnia in marcia, lasciato definitivamente l’attendamento di Costa d’Antola, raggiunse dapprima Casera Sesis (q. 1435), quindi il stesso. Lasciami il guinzaglio e permetti che io veda dove metto i piedi. Stai però pronto a sostenermi con le redini nel caso che io inciampi. Basta il tuo aiuto per un secondo per evitarmi la caduta. Se inciampo aiutami, e ricordati che io sto più attento che posso per non cadere; non aggiungere alla mia paura le tue strapponate e le tue parolacce che mi bene la bardatura e guarda che ogni cinghia sia della lunghezza giusta; in tal modo mi eviterai dolori e fiaccature. Quando mi fai governo non mi passare la striglia sulle gambe e sulla testa; pensa che mi fai male e mi puoi produrre qualche ferita. Quando sei di guardia alla scuderia non ti dimenticare di passare la biada allo staccio; così leverai la polvere che c’è sempre in mezzo e mi eviterai riscaldi. Cerca di capirmi e non sfogare mai il tuo nervosismo su di me. Sappi che le mie origini sono remotissime, che Omero accennava ai miei servigi nell’Iliade e nell’Odissea, e così Erodoto nella narrazione della spedizione di Ciro nel 583 a.C. in Babilonia; che i romani mi adibirono al traino dei carri e che quelli dei miei antenati, che avevano la fortuna di avere un mantello bianco candido, furono prescelti per essere attaccati alle bighe unitamente alle zebre. Papi e clero mi prescelsero per cavalcature di cerimonia. mi rendono nervoso e mi fanno venir voglia di scappare. Ed in guerra, sulle bianche giogaie delle Alpi o sull’aspra pietraia del Carso, attraverso disagi e privazioni, non fui forse il fedele amico del combattente al portavo il rancio caldo talvolta persino Se qualche volta io scappo ciò significa che io mi sono impaurito, adesso che ci sono per le strade tante macchine che fanno rumore e che al mio paese non ho mai visto. Io non le conosco ancora tutte e ti confesso che qualche volta mi impressionano assai. Quando capita una macchinaccia di queste, non mi tirare le redini, che mi impaurisco di più, ma accarezzami, specialmente sugli occhi, e parlami con voce buona; vedrai che rimarrò tranquillo e non cercherò di fuggire. Abbi pazienza e non trattarmi male, perché io non sono cattivo. MettiPag. 13 in trincea, ed i miei compagni non vennero forse feriti ed uccisi oppure ebbero la loro brava ricompensa, anche se questa fu loro concessa sotto forma di aumento permanente della razione? Non dimenticare che so sopportare ogni privazione: freddo, fame, sete, tormenta, fatica, mostrando di avere la generosità del cavallo guerriero e dell’asino contadino, la pazienza. Qualche volta, prossimo alla meta, una pallottola o una scheggia ha mandato i miei compagni a gambe all’aria con tutto il carico, giù in fondo al burrone. Sii sempre buono e paziente e pensa che anche noi siamo di carne come te ed anche noi soffriamo. E’ vero che ho dei difetti ma, credilo pure, non sono una bestia feroce, e le mie orecchie tradiscono sempre le intenzioni poco amichevoli. Chi non mi conosce bene ritiene che io sia sospettoso, cattivo, caparbio, irrequieto, vendicativo, ma chi vive la mia vita sa con quanta rassegnazione e volontà io esplichi tutti i servizi, anche i più gravi, e con quale docilità e fedeltà io serva chi ha cura di me. Caro conducente, quando anPag. 14 drai in congedo e dovrai darmi in consegna al conducente recluta, cerca di spiegargli bene i miei difetti, e raccomandagli come deve trattarmi così mi risparmierai un periodo di sofferenze, ed al dispiace- re di vederti andar via non dovrò aggiungere quello di capitare in mano ad un coscritto poco pratico e cattivo. Il tuo amico mulo Nella tarda estate del 1988, il 2° Battaglione Genio Guastatori Alpini “Iseo” fu impegnato nel campo d’arma (Escursioni estive) nel settore operativo a cavallo fra le Province di Belluno e di Bolzano. L’area di interesse riguardò in particolare la zona che dalla Val Visdende e dal Monte Peralba si estende fino al gruppo delle Dolomiti di Sesto. I contenuti di questa relazione sono tratti direttamente dal Programma delle escursioni e dal ruolino di marcia conservati da chi scrive, allora Sottotenente di complemento della 5^ Compagnia e in quella occasione comandante del terzo Plotone in marcia. Va detto che il Programma, elaborato dall’Ufficio addestramento del Battaglione, si caratterizza per la ricchezza di informazioni e per la precisione dei dati riportati, segno tangibile di accuratezza e professionalità da parte di chi ne ha curato la stesura. Per evidenti motivi, quanto di seguito riportato riguarderà principalmente i fatti relativi alla 5^ Compagnia, limitandosi a riassumere il solo programma delle attività della 6^ Compagnia. Il 2° Battaglione Genio Guastatori Alpini “Iseo” aveva sede, nel periodo al quale la presente relazione fa riferimento, presso la Caserma Vittorio Veneto - Cadorna nel quartiere Gries a Bolzano ed era composto dalle Compagnie Guastatori 4^ “La Valanga”, 5^ “La Romantica” e 6^ “La Tormenta” nonché dalla Compagnia Comando e Servizi e dalla Compagnia Attrezzature speciali. Questa numerazione, per la verità, non era gradita all’allora Coman- dante del Genio Alpino del 4° Corpo d’Armata Alpino, Col. Pietro Rapaggi, il quale sosteneva che, anche per le Compagnie guastatori del 2° Btg “Iseo”, valesse la numerazione progressiva dall’1 al 3 come per il 4° Btg Pionieri “Orta” di Trento; ma le tradizioni, si sa, sono dure a scomparire e pertanto il 2° Battaglione mantenne, almeno fra i propri organici, la numerazione sopra riportata. Comandante del Btg. era il Ten. Col. Onelio Job. La 4^ Compagnia era in quel periodo impegnata nei lavori di fortificazione di Col Piccolo e quindi il Battaglione in marcia era composto dalle due Compagnie Guastatori, la 5^ e la 6^, quest’ultima appena rientrata dal secondo ciclo addestrativo concluso a Caldaro, con rinforzi di elementi provenienti dalle Compagnie Comando e Servizi e Attrezzature Speciali. Il supporto logistico alle due Compagnie fu assegnato al N.T.L. (Nucleo Tattico Logistico) composto da personale della Compagnia Comando e Servizi e della Compagnia Attrezzature speciali, ed al reparto S.S.A. Le forze impegnate all’inizio dell’esercitazione sono riassunte nella seguente tabella: Reparto U. SU. Tr. 5^ Compagnia 5 2 91 6^ Compagnia 5 2 95 N.T.L. 6 7 39 S.S.A. - 1 5 16 12 230 Totali Pag. 15