Anno IV - Numero 6 Settimanale della Scuola Superiore di Giornalismo della Luiss Guido Carli Reporter 12 Novembre 2010 nuovo Burlesqueoni Cazzullo: «Silvio fa male all’Italia» Agnelli Edoardo, un caso ancora aperto Dogane I pacchi dall’estero un buco nero Web-mania Allegati, girotondo delle emozioni I SIGNORI DEL DENARO DALLE BANCHE AGLI USURAI, AL MONTE DEI PEGNI. IL RUOLO DEI CONTROLLORI Politica La stampa straniera e le critiche a Berlusconi. Ne parliamo con Cazzullo del Corriere della Sera «Così Silvio fa male all’Italia» Le sue continue gaffe danneggiano l’immagine del nostro paese all’estero Tra Silvio Berlusconi e la stampa estera non corre buon sangue. Abbiamo chiesto ad Aldo Cazzullo, giornalista del Corriere della Sera, un parere su questo rapporto conflittuale. Cazzullo, l’ultimo numero dell’Economist definisce il nostro presidente del Consiglio Burlesqueoni e parla di commedia finita. Un attacco così pesante è giustificato? «Prima di tutto bisogna fare una premessa. All’estero non capiscono il fenomeno Berlusconi e perchè gli italiani lo votano. L’idea stessa che il capo del Governo sia il proprietario di metà del sistema televisivo generalista e nomini il direttore dell’altra metà è incomprensibile per l’opinione pubblica straniera. E’ una anche la moglie Michelle, giocandosi cosa che non esiste in nessun altro definitivamente il rapporto con gli paese del mondo, forse fino a poco Obama come chiunque negli Usa ti tempo fa esisteva in Thailandia, ma potrà confermare. Queste sono cose adesso non più. Detto questo, Ber- che finiscono su tutti i giornali del lusconi è quello che ha definito “ab- mondo. Lo spread dei nostri buoni bronzato” Barack Obama subito del tesoro è aumentato di un terzo dopo la sua elezione...». rispetto a quelli tedeschi a causa delUna vera e propria gaffe. la recente storia di Ruby, che ha fat«Decisamente sì, probabilmente to il giro del pianeta. Prendersela con la peggiore fatta dal la stampa straniera in nostro premier. Forse questo caso è sempliBerlusconi non lo sa, «Trovano in lui la cemente ridicolo». ma negli Stati Uniti Ecco, parliamo conferma di tutti delle vicende scan“abbronzato”, tanned in inglese, è un’espresdalistiche che hanno i pregiudizi sione fortemente invisto protagonista sugli italiani» giuriosa. Se chiami Berlusconi. All’estero così qualcuno in pubsembrano essere parblico ti arrestano, se lo ticolarmente severi dici nel ghetto ti danno un sacco di nel giudicarle. Perchè secondo lei? botte. E’ una cosa che un presiden«Non parlerei di particolare sete del Consiglio non può dire, una verità. Un primo ministro non può mancanza di rispetto anche per noi, telefonare a una questura per dire perchè è interesse nazionale avere che una prostituta ladra minorenne buone relazioni con il presidente de- deve essere immediatamente liberata gli Stati Uniti. E quando glielo han- perchè è la nipote di Mubarak. Un no fatto notare, per tutta risposta Ber- qualsiasi leader democratico dolusconi ha definito “abbronzata” vrebbe dimettersi un minuto dopo. BURLESQUEONI E’ intitolato così sull’Economist un severo editoriale su un Silvio Berlusconi giudicato sotto pressione. “La commedia è finita” è la conclusione dell’articolo, che riprende la battuta di Canio nel finale dei Pagliacci di Leoncavallo Se questo non avviene è perchè Berlusconi ha il quasi totale controllo del sistema dell’informazione televisiva. Diciamo così, all’estero non sembra vero di avere un premier italiano che confermi in pieno tutti i pregiudizi che loro hanno sull’Italia e sugli italiani. E questa è una cosa che mi fa doppiamente male, perchè io quando vado fuori per lavoro mi considero prima italiano che giornalista. Ho appena finito di scrivere un libro che si chiama Viva l’Italia, mi fa molto male vedere il nostro paese denigrato all’estero, un po’ per i pregiudizi nei nostri confronti e un po’ perchè vedono questi pregiudizi confermati dal comportamento del nostro primo ministro». Insomma lei è tra chi sostiene che Berlusconi danneggi l’immagine dell’Italia all’estero. «Questa non è una mia idea, è un fatto oggettivo. Ormai la politica interna di un paese è un affare che riguarda anche gli altri paesi». Qual è la differenza tra la stampa italiana e quella straniera nel- in America si parla dell’Italia non per i successi della Fiat a Detroit, per la qualità dei nostri prodotti, per i nostri artisti che fanno onore all’Italia nel mondo, ma solo come il paese del “bunga bunga”, questa è una cosa che danneggia tutti: l’immagine dell’Italia, il suo peso internazionale, il presidente del Consiglio. E’ ovvio che ai tedeschi conviene, ma a noi molto meno». Il premier però si vanta di avere rapporti eccellenti con tutti i potenti del mondo e di essere molto rispettato dalla comunità internazionale. Recentemente molti leader, per esempio Tony Blair, lo hanno elogiato. Perchè questa dissonanza? «Secondo me perchè Berlusconi l’affrontare le vicende del premier? è il più ricco tra i leader politici Se Berlusconi è lo specchio del- mondiali e molto spesso ha degli inl’Italia, come molti dicono, la stam- terlocutori che alla ricchezza sono pa tende ad adeguarsi a questa tesi? molto sensibili. Tony Blair è uno che «Io credo che esista una parte del nella vita prima di fare il capo del Lanostro paese, che non è necessaria- bour faceva l’avvocato, la moglie fa mente quella di sinistra, che non si l’avvocato e oggi Tony Blair è una riconosce in Berlusconi. Il problema macchina da soldi. Schroeder, per ciè che questa parte fa meno notizia tare un altro leader di sinistra, finiall’estero, fa più notizia l’Italia di ta l’esperienza di cancelliere è andato Ruby, della D’Addaa fare l’impiegato di rio, di Noemi, del Putin, andando a laconflitto di interessi. «Il clima da bunga vorare per la Gazprom. Gli stranieri, che in Questa insomma è fondo ci patiscono bunga fa più notizia gente per cui il denaperchè invidiano la dei nostri successi ro non è lo sterco del nostra cultura, il nodiavolo». nel mondo» stro stile, i nostri proPer concludere, lei dotti e la nostra quapensa che dietro quelità della vita, hanno sto atteggiamento di così confermata l’idea di un’Italia Berlusconi ci sia una strategia? Income paese dove si vive bene ma somma il premier ci fa o ci è? poco serio». «Credo che ci sia un pò di arroC’è il rischio secondo lei che a ganza, mista a una punta di mitolivello internazionale il clima da mania. Ma la colpa è comunque es“bunga bunga” tolga credibilità senzialmente nostra, perchè da noi al nostro paese sui temi più im- qualsiasi cosa dica trova sempre un portanti? uditorio che lo applaude. All’estero «Il rischio c’è. E’ evidente che se questo non succede». Varie le forme di dissenso all’opuscolo. Facebook al centro delle proteste Libro del Governo a casa? No grazie CONTESTATO La copertina del libro “Due anni di governo” 2 12 Novembre 2010 Un libro per raccontare due anni di governo Berlusconi, da inviare in tutte le case degli italiani. Il premier passa al contrattacco e prepara dieci milioni di copie del suo opuscolo che riepiloga l’operato dell’esecutivo al giro di boa. Del resto il Cavaliere lo aveva già preannunciato in una conferenza stampa ai primi di ottobre: “Visto che i media non dicono quello che abbiamo fatto, ci penseremo da soli”. E così il regalo di italiani per Natale è già pronto. Le misure per superare la crisi economica (manovra e lotta all’evasione fiscale), le emergenze risolte (terremoto de L’Aquila, rifiuti in Campania, salvataggio Alitalia), la lotta alla criminalità organizzata, saranno illustrate in un bel libro dalle pagine patinate con illustrazioni e grafici. Il tutto da gustare comodamente seduti sul divano di casa. Ma non tutti sembrano felici di ricevere il cadeau di Palazzo Chigi. “Due anni di governo”, questo il titolo dell’opera, sta infatti scatenando la fantasia degli internauti su come reagire all’arrivo del plico governativo. Al Popolo Viola va sicuramente la palma della proposta più ecologica. Il movimento nato nel 2009 in occasione del No Berlusconi day ha lanciato una campagna per riciclare la carta del libro, organizzando in tutta Italia centri di raccolta. Punti fissi o gazebo ad hoc per ricevere le copie del libro e per informare i cittadini con un controopuscolo in cui si critica l’operato dell’esecutivo del Cavaliere. C’è poi chi ha messo a di- Pagina a cura di Marco Cicala sposizione il testo predefinito di mail da inviare al sito internet di Palazzo Chigi. L’oggetto è eloquente: “Non voglio il libro “Due anni di governo”. E dopo un accenno al Codice in materia di protezione dei dati personali, si invita a destinare la somma risparmiata al Ministero della Pubblica istruzione e/o a quello del Ministero della Sanità. Non mancano poi proposte più drastiche, come quella di Forza Nuova Pescara e Montesilvano, che propone di bruciare i libri in piazza così da “dare fuoco alle menzogne scolpite all’interno”, oppure quelle più creative, che mirano a diffondere una copia pirata dell’opuscolo del Governo modificandone il contenuto. Centro nevralgico di queste innovative forme di protesta è sicuramente il social network Facebook, vero e proprio megafono del dissenso. I gruppi a sostegno di queste iniziative si moltiplicano di giorno in giorno e gli utenti che aderiscono crescono continuamente. Tra le pagine più agguerrite spicca quella intitolata “1000 modi per usare il libro Due anni di governo” dove gli internauti hanno dato sfogo alla loro fantasia. Origami e coriandoli tra le proposte più curiose. Reporter nuovo Primo Piano A quindici anni dalla scomparsa dell’erede Agnelli, nuovi elementi in un libro di Giuseppe Puppo Edoardo, un caso non ancora chiuso Smentito il complotto sionista, ma non fu suicidio. Un teste decisivo Una fiat Croma si allontana da Villar Perosa, storica residenza estiva della famiglia Agnelli, in provincia di Torino. Sono le 7.20 del15 novembre 2000. A bordo c’è Edoardo, primogenito dell’Avvocato. Agli uomini della scorta dice di voler fare un giro a Superga, da solo. Ma, secondo i tabulati del Telepass, la sua meta è un’altra. Alle 8.59 la Croma imbocca la Torino-Savona, esce e rientra un paio di volte dall’autostrada. Fino a raggiungere il viadotto “Generale Franco Romano”, lungo il quale Edoardo lascia l’automobile ancora accesa. Settantatre i metri che lo separano dalla vallata dove verrà ritrovato il suo corpo. Un volo archiviato dopo pochi giorni come suicidio, e che dopo dieci anni continua a destare interrogativi. L’ombra del delitto si insinua nel- le piaghe di un caso che ha sconvolto l’Italia. A dare l’allarme è Giuseppe Puppo, giornalista che due anni fa, con il suo “Ottanta metri di mistero” riaprì il caso Agnelli. Ora un nuovo libro promette di aggiungere elementi inediti, nella speranza che le indagini vengano riaperte, per dissipare ogni dubbio sull’argomento. «Non ho la presunzione di consuo libro le indagini non sono stasiderarmi un magistrato», dichiara te riaperte? a Reporter Nuovo Giuseppe Puppo. «Io ho informato il procuratore «I giornalisti possono solo dare Bosone, che allora si occupò del contributi per la ricerca della verità. caso, sui nuovi elementi che le ho apÈ questo ciò che ho voluto fare, perpena illustrato. Ma non ho ricevuto chè purtroppo dieci anni fa le indarisposte nella sostanza delle questioni, gini non furono abbastanza approsolo dichiarazioni formali. Addirittura fondite». Non esagera Puppo. QuelMaurizio Picozzi, attuale capo della la mattina non ci furono dubbi: Procura della Repubblica di Mondovì, Edoardo si era suicidato, aveva dein provincia di Cuneo, ha da poco diciso di gettarsi dal viadotto. Non fuchiarato che non ci sono elementi sufrono controllati i tabulati telefonici, ficienti per giustificare una riapertuné acquisite le cassette di sorvera delle indagini. A mio avviso, invece, glianza di Villar Perosa e il compubasterebbe riprendere l’incartamenter di Edoardo, né tantomeno fu dito di dieci anni fa e leggere gli atti delsposta l’autopsia sul cadavere. «Nel’inchiesta. Senza andare troppo in là gli anni, nessun libro», continua con le ricerche. A questo proposito riPuppo, «nessuna inchiesta sull’arcordo che, in base a semplici congomento, salvo un documentario iragetture, dopo molti anni dal decesso, niano che parla di un complotto siovenne riaperto il caso Tenco, morto nista ai danni del rampollo Agnelli. suicida durante il festival di Sanremo Il mio libro è stato il primo tentatidel 1967. Non capisco perché in quevo di ricostruzione della vicenda». sto caso nessuno voglia far luce sulC’è chi racconta che Edoardo si FINE DI UNA DINASTIA Il viadotto sotto il quale è stato trovato il corpo. A fianco Edoardo Agnelli con il padre l’argomento». fosse convertito all’Islam… Resta dunque la memoria di «No, assolutamente. Edoardo era gi della fisica che non possono essere macchina della polizia accorsa sul simo approfondiremo nuovi ele- Edoardo e tutti i misteri che la sua una persona che cercava la verità dal in alcun modo spiegati. Chi precipita luogo con le ruote impolverate». menti. Gliene anticipo uno: ho uno morte ancora trascina con sé… punto di vista religioso. È vero che da altezze considerevoli perde le scarAltri indizi? studio completo del professor Gui«Io sono contento, perchè ho studiò l’Islam, ma si interessò a tut- pe, anche se si tratta di scarponcini «Successivamente, mi sono reca- do Angeloni, perito grafologico del scoperto un personaggio straordite le religioni. Per quanto abbia da sci, ben saldi ai piedi. Edoardo to di persona sul luogo dell’omicidio Tribunale, sulle ultime annotazioni nario, Edoardo Agnelli, considerato professato questa fede e si sia reca- aveva ancora indosso i mocassini al e ho potuto constatare che il terre- di morti suicidi. In circa 260 docu- eccentrico, irresponsabile, disinteto più volte in Iran, è da escludere momento del ritrovamento, e le no è pietroso, roccioso, duro. Inol- menti esaminati, è stato riscontrato ressato, addirittura incapace di prenche sia stato un musulmano orto- bretelle ancora allacciate. Inoltre, in tre, non fu disposta l’autopsia, e le un segno ricorrente nella grafia. Ma dere le redini della Fiat. Invece il radosso». quei giorni zoppicava ed era so- tracce di terriccio che il cadavere pre- negli scritti di Edoardo non com- gazzo cercò a più riprese di entrare Suicidio o omicidio, dunque? vrappeso, per cui avrebbe impiega- sentava sotto le unghie non furono pare». nella gestione aziendale, ma glielo «Mi permetta innanzitutto di to non meno di 2 minuti per sca- analizzate. Penso che poi occorreMa chi avrebbe avuto interesse impedirono sebbene ne avesse le casottolineare che ho iniziato questa in- valcare il parapetto del viadotto. rebbe verificare le presenze di alcu- a uccidere l’erede Agnelli? pacità. Tutte conoscenze derivanti dachiesta per caso, senza pregiudizi, Strano che nessuno lo abbia visto in ni “attori” che a vario titolo inter«Io non credo nel complotto sio- gli studi: al di là dell’istruzione umamentre seguivo il proun tratto autostradale vennero quel giorno sotto il viadot- nista ipotizzato nel donistica, infatti, aveva cesso che vedeva Mardove, quel giorno, to, riguardo la loro titolarità a esse- cumentario iraniano. grandi competenze in «Sono circa venti transitavano circa otto re là, e la qualità del loro operato. An- Penso piuttosto che «Non è chiara la campo finanziario. gherita Agnelli, sorella di Edoardo, impemacchine al minuto». cora, il certificato di morte redatto in qualcuno voleva estro- presenza di alcune Nei suoi scritti riuscì gli elementi che gnata a capire a quanC’è dell’altro? loco parla di un uomo alto un me- mettere Edoardo dai a prevedere con largo confutano persone accanto anticipo la bolla speto ammontasse il pa«Certo. Nella Cro- tro e 75 per 80 chili. Ma Edoardo era vertici Fiat. Costituiva trimonio del padre. culativa che sarebbe la tesi ufficiale» ma abbandonata sul alto quasi due metri e pesava circa un pericolo, con il suo al cadavere» Lavorando sul web ciglio dell’autostrada 100 chili. E potremmo continuare a modo di essere e di scoppiata negli Usa, ho scoperto l’esistennon fu rinvenuta al- lungo.». pensare, che altre perdove è nato e creza del documentario iraniano. Ho in- cuna impronta digitale, neanche Tutti questi elementi parlano sone, in malafede, facevano appari- sciuto, annunciò con circa dieci cominciato a studiare e analizzare la quelle del proprietario (come se da soli… re eccentrico, inaffidabile. Molti te- anni d’anticipo le speculazioni derivicenda. E ciò che ho trovato è sta- qualcuno avesse ripulito la vettura, «E le assicuro che c’è ancora del- stimoni dicono che, a pochi giorni vanti dal turbocapitalismo e dalla gloto mezzo indizio che fa pensare al ndr). Ma a destare maggiori dubbi l’altro. Forse l’elemento più concre- dalla morte, gli venne addirittura chie- balizzazione. Intratteneva relazioni suicidio e circa 20 elementi concre- sono le condizioni del cadavere al to lo abbiamo scoperto di recente: sto di firmare un documento nel qua- con personalità internazionali imti che confutano questa tesi. Ho sem- momento del ritrovamento. Di soli- Luigi Asteggiano,un pastore pie- le rinunciava ai suoi diritti nella ge- portanti, tra cui Henry Kissinger e plicemente riportato ciò che ho tro- to, il corpo di chi precipita da una si- montese, dice di aver visto il cada- stione Fiat in quanto legittimo erede Colin Powell. Edoardo era convinvato». mile altezza, all’impatto presenta vere di Edoardo già alle 8.30. Quin- di Gianni Agnelli, in cambio di beni to che un nuovo tipo di economia, Può elencarci i più significativi? un effetto chiamato in medicina di tutti i movimenti dell’automobi- mobili e immobili, che rifiutò di si- in cui le aziende non servono gli in«Innanzitutto Edoardo non lasciò “sacco di noci” per cui c’è uno spap- le della vittima dopo questo orario re- glare. Questo getta una luce inquie- teressi degli speculatori finanziari ma alcun biglietto, sebbene amasse scri- polamento completo dello scheletro, gistrati dai caselli autostradali sa- tante sulla vicenda. Quindi c’è ragione delle comunità nelle quali operano, vere. Nulla lasciava trasparire un ma- assente nel caso di Edoardo. Secon- rebbero un depistaggio. Come vede di credere che chiunque voleva evi- era possibile. Un anticipatore dunlessere interno, né il suo comporta- do alcuni, la caduta fu attutita dal ter- non si tratta di considerazioni astrat- tare che Edoardo intervenisse nella que, che aveva tutte le intenzioni, olmento, né gli ultimi documenti da lui reno fangoso dovuto alla pioggia. Ma te. Nel libro che uscirà l’anno pros- gestione della Fiat abbia deciso di uc- tre che le capacità, di appropriarsi del redatti prima della morte. Ma so- una fotografia risalente al giorno del ciderlo». ruolo che gli spettava di diritto, e che Pagina a cura di Roberta Casa prattutto ci sono elementi legati a leg- ritrovamento del cadavere ritrae la Perché dopo la pubblicazione del gli è stato negato». Reporter nuovo 12 Novembre 2010 3 Economia All’Eur il convegno di H2Roma “Il percorso del futuro da oggi al 2010”: unanimi conclusioni Adesso un’altra auto è possibile Esposte vetture ibride, elettriche e a idrogeno. Test per il pubblico Ricerca e industria a confronto nell’ottava edizione di H2Roma, il grande convegno annuale sulla mobilità sostenibile. Coordinata da Fabio Orecchini, docente di Sistemi Energetici presso la facoltà di Ingegneria dell’università “La Sapienza”, l’iniziativa ha avuto come cornice il Palazzo delle Fontane, all’Eur di Roma. Convegni, workshop e tavole rotonde si sono alternate nell’arco delle tre giornate durante le quali si è articolato l’evento. Molti i temi trattati, dagli ultimi sviluppi della ricerca a un futuribile mondo senza petrolio e, nel pieno spirito dello slogan che caratterizza la manifestazione (“vedere, capire, provare”), la possibilità di toccare con mano (e guidare) i diversi prototipi messi a disposizione dalle varie case produttrici. Da Citroen a Toyota, da Lexus a Porsche, ormai tutti i marchi più prestigiosi del settore si sono tuffati nel campo della sperimentazione tecnologica sul terreno delle vetture ecologiche. A contorno delle tavole rotonde e delle varie prove su strada, la GreenExpo, l’area espositiva allestita all’interno e all’esterno del salone, con alcuni fra i modelli più interessanti delle vetture ecologiche di ultima generazione. Molti i dati importanti emersi dai singoli incontri. Le auto a idrogeno, in particolare, sembrano avere un futuro solare: l’ultima barriera rimasta da abbattere ormai è data dalla distribuzione, perché ad oggi l’idrogeno al kg costerebbe ancora molto, forse troppo in periodo di recessione. I test drive hanno comunque evidenziato un progresso dell’ingegneria applicata al settore che ha dell’incredibile, se si pensa che il fenomeno delle vetture ibride e a idrogeno è piuttosto giovane rispetto al mercato di appartenenza. Ad un pubblico già da tempo sensibilizzato sulla questione ambientale, H2Roma propone dunque di toccare con mano la concretezza degli sviluppi tecnologici, dimostrando con i fatti che un’altra auto è già possibile. 4 12 Novembre 2010 CAYENNE HYBRID MERCEDES F-CELL LEXUS RX 450H TOUAREG HYBRID Stile e tecnologia a consumi ridotti Con il futuro nelle nostre dita Compromesso fra città e viaggi Il suv tedesco è stato uno dei modelli più richiesti per il test drive della H2Roma, ed è facile intuirne i motivi: nascoste sotto la classe tipica della Porsche lavorano infatti le tecnologie di domani. In accensione, oltre all’eleganza degli interni, colpisce specialmente la silenziosità dell’abitacolo: a partire è, infatti, il motore elettrico, che spinge il veicolo fino alla soglia dei 50 km/h. L’ibrido propone un ottimo equilibrio fra consumi, emissioni e prestazioni. Assenza di emissioni nocive: questo l’ambizioso obiettivo della Mercedes, che presenta il nuovo modello della sua serie di vetture a idrogeno. L’innovazione più importante è data dall’autonomia: ben 400 km, contro i 180 della vecchia classe A del 2004. L’accelerazione è poco marcata e la ripresa soffre dopo curve molto strette. Non si riscontrano però altre differenze sostanziali con le “cugine” inquinanti, e questo forse è l’elemento che colpisce più di tutti. La 450 propone il comfort e l’eleganza targate Lexus in un suv di medie dimensioni, e si rivolge principalmente ai cittadini che combattono quotidianamente con il traffico ma che non vogliono privarsi dell’occasionale viaggio fuori porta. Acceso il motore elettrico, l’ottimo design dell’abitacolo garantisce un’assenza di rumore quasi totale a consumi bassissimi, l’ideale per la città, mentre il sistema EV aiuta nella spinta autostradale. Un ibrido per tutte le esigenze. La sensibilità nell’accelerazione La Volkswagen produce un suv ibrido assai peculiare, per cura nella scelta dei componenti e per design. La sensibilità dell’acceleratore è, come negli altri ibridi provati, assai elevata e perdona poco al guidatore: uno stile di guida più pacato è imprescindibile per una politica del risparmio, sia in termini di consumo che di emissioni. Con 27 centraline, 9 airbag e un’elettronica fra le più sofisticate di sempre, questo suv risulta estremamente piacevole e sicuro da guidare. A colloquio con Fabio Orecchini, coordinatore di un’iniziativa che registra un crescente successo Il confronto giova a ricerca e industria “Mi sembra che i petrolieri stiano sottovalutando la portata del fenomeno” Professor Orecchini, ormai H2Roma va avanti dal 2002, è un’iniziativa che ha preso piede e l’attenzione di pubblico e media è cresciuta esponenzialmente nel tempo. Quale è stato secondo lei il fattore determinante di questo successo? «H2Roma è un progetto nato sicuramente al momento giusto. All’inizio si pensava che le tecnologie che andavamo analizzando fossero troppo “in là” nel futuro; poi invece tutti hanno capito che noi conoscevamo a fondo ciò che accadeva nei nostri laboratori e ciò che accadeva nei laboratori dell’industria, e quindi sapevamo bene che loro avrebbe- ro portato a breve nel mercato determinati prodotti. La stampa si è accorta di questo anche in tempi non sospetti: quando abbiamo cominciato, infatti, l’ecologia era un aspetto marginale della ricerca di settore. Poi il tema è diventato attuale e il numero di riflettori puntati sul nostro progetto è aumentato». E così anche l’attenzione dell’industria. «H2Roma è un progetto rafforzato da un’idea unica: un salone su tecnologia e mobilità saldamente nelle mani della ricerca indipendente. Questa caratteristica è unica al mondo: qui CNR ed ENEA decidono i temi. La grande industria accetta ed anzi gradisce molto questo “terreno neutro” per venirsi a confrontare, e in questo modo secondo me ci guadagniamo entrambi: noi come ricerca indipendente perché dimostriamo di poter e saper parlare con l’industria, loro perché dimostrano di sapere e voler dire la loro anche in un terreno dove chiunque può tranquillamente sostenere una tesi opposta». Oggi chi sta effettuando gli investimenti maggiori nel settore? «Guardi, una risposta esatta a questa domanda forse non c’è, anche perché in realtà parliamo di cordate: c’è chi su una tecnologia è partito prima, come i giapponesi sull’ibrido a fine anni 90, e chi è rimasto più indietro e sta spendendo adesso ma non ha speso prima. Di sicuro c’è che gli investimenti oggi sono molto grossi». I petrolieri come stanno reagendo a questo cambio, potremmo quasi dire “epocale” nel mercato automobilistico? «Mi sembra che stiano sottovalutando la portata del fenomeno. Guardando le Pagina a cura di Raffaele d’Ettorre proiezioni al 2030 della IEA (International Energy Agency) sul mercato del petrolio e del gas, tutto sembra in grande crescita, e questi sono i numeri che loro leggono. Per questo investono ancora nella ricerca di nuovi pozzi e nel migliore sfruttamento di quelli che hanno. I segnali che vediamo noi invece sono contrastanti: dal nostro punto di vista il loro business è in pericolo, perché le persone non vogliono più il petrolio, non vogliono un nuovo Golfo del Messico, non vogliono più le guerre per l’oro nero. Sicuramente uno dei due si sbaglia, o noi o loro. Staremo a vedere». Reporter nuovo Focus I signori del denaro Panoramica sul complesso mondo degli istituti di credito in espansione Sotto la banca l’Italia arranca L’economista Manghetti: «I grandi gruppi non soccorrono le imprese» Un paese dominato dalle banche. L’Italia economica, nonostante la crisi finanziaria, continua a ruotare intorno ai suoi istituti di credito: Unicredit, Intesa Sanpaolo e gli altri big del mercato. I numeri più recenti della Banca d’Italia (del 2008) confermano che mettere i soldi in banca resta in termini assoluti la forma privilegiata di risparmio delle famiglie: oltre 1000 miliardi di «Bisognerebbe domandarsi se le banche oggi stanno davvero promuovendo lo sviluppo in Italia». Alla fine dell’intervista, il dubbio che l’economista e presidente della Cassa di Risparmio di Volterra, Giovanni Vanghetti, lascia in sospeso è questo: perché, come vanno ripetendo Confindustria e le altre associazioni di categoria, in un sistema come quello italiano sono le banche i veri signori del denaro. E sulle loro spalle è sbilanciata la responsabilità di fornire alle imprese italiane le risorse che servono per rilanciare l’economia. I numeri della relazione della Banca d’Italia dicono che oggi nel paese operano 788 banche. Ma non tutte hanno lo stesso peso: cinque, cioè Unicredit, Intesa Sanpaolo, Monte dei Paschi di Siena, Banco Popolare e Ubi, controllano da sole oltre la metà delle attività del sistema in Italia. Accanto ad esse ci sono moltissimi piccoli istituti che operano soprattutto a livello regionale, o addirittura provinciale. La crisi ha colpito soprattutto i grandi, che hanno ridotto i loro prestiti, mentre i piccoli hanno continuato ad espandere il credito, anche se meno che in passato. E a rimetterci sono state proprio le imprese: nei 12 mesi del 2009 hanno ricevuto il 3 per cento in meno di finanziamenti. Dati che preoccupano Giovanni Manghetti. «In Italia c’è un tasso di concentrazione più alto che negli altri paesi europei. L’obiettivo era superare l’estrema frammentazione del passato e creare grandi gruppi in grado di aiutare meglio le imprese all’estero». Ma i nuovi istituti non sono stati “digeriti” bene. «E’ come mangiare una buona pietanza ma con troppi ingredienti: ti rimane sullo stomaco per diverse ore», chiosa Manghetti. Tutto alla fine ha un nome preciso: la “finanziarizzazione” degli istituti. Cioè, ricavi pompati con le plusvalenze, operazioni ri- Reporter nuovo euro tra depositi e obbligazioni. Ma gli istituti di credito controllano anche il sistema dei finanziamenti alle aziende e, con la crisi, stanno entrando sempre più spesso nel capitale delle imprese. Ultimo esempio è l’Unicredit, che sta per diventare l’unica proprietaria della società Italpetroli della famiglia Sensi, dopo anni di rate scadute. Mentre la holding del costruttore siculo- milanese Salvatore Ligresti spera nei 140 milioni offerti dai francesi di Groupama per non essere “mangiato” dai creditori, Mediobanca e Unicredit in primo luogo. Ma qual è la situazione attuale delle banche italiane? Ne abbiamo parlato con l’economista e consigliere dell’Abi Gianni Manghetti e con il presidente del Codacons Carlo Rienzi. CONTESTATE Attesa agli sportelli e vignetta satirica. Mentre per Giovanni Manghetti, le grandi banche non sono vicine alle esigenze di imprese e famiglie schiose con i derivati, e una politica che ha privilegiato i guadagni della speculazione piuttosto che lo sviluppo del credito alle imprese. «Una distorsione, perché si è creata finanza fine a se stessa che poi è stata “divorata” nella crisi americana». Presidente di una piccola e dinamica banca toscana, ma anche consigliere dell’Associazione bancaria italiana e, fino a non molti anni fa, an- che professore di tecnica bancaria alla Luiss e consigliere di amministrazione dell’Isvap, Manghetti è un sostenitore del “piccolo è bello”. E per questo, dal suo punto di vista, diventa prevedibile anche lo strano fenomeno registrato negli ultimi anni (almeno fino allo scoppio della crisi) che ha visto crescere molto le banche locali e le loro filiali a fianco dei grandi gruppi. «Le piccole banche sono cresciu- te di più delle grandi. Sembra una contraddizione, ma non lo è: perché stare sul territorio vuol dire avere un rapporto diretto con i propri clienti, famiglie e imprese, e riuscire a rispondere ai loro bisogni in modo più adeguato di quanto possano fare funzionari di grandi banche mandati da Torino, Milano o Siena, per i quali le piccole e medie aziende sono poco più che numeri». Alla critica delle associazioni dei consumatori, secondo cui è mancata una vera concorrenza che portasse a veri benefici per i consumatori in termini di costi dei servizi finanziari e di interessi pagati ai semplici correntisti, Manghetti replica: «La situazione attuale del sistema europeo è quella che è. I tassi sono molto vicini allo zero; 18 mesi fa erano al 5 per cento. Sui prestiti alle imprese non si può spuntare niente, perché siamo schiacciati dalla concorrenza internazionale, mentre dal lato della raccolta, vista la grande fame di denaro, la forza è passata dalla parte dei depositanti. Oggi non si può dire: “correntisti di tutta italia unitevi”». Manghetti è più preoccupato per la situazione internazionale. «La bolla finanziaria non è ancora scoppiata completamente. Gli istituti sono legati l’un l’altro attraverso i derivati, e ci sono ancora soggetti potenzialmente detonatori, come lo è stata la Lehmann Brothers». L’Italia fortunatamente è meno esposta, come paese, rispetto a Usa e Inghilterra. Il vero compito delle banche italiane, alla fine, deve essere la promozione dello sviluppo. «Serve la banca immaginata da Joseph Schumpeter, l’economista austriaco: un organismo intelligente, che fa analisi in modo che il banchiere sappia confrontare le opzioni più convenienti ai fini della crescita del reddito e della ricchezza di un paese». Il presidente del Codacons Rienzi: manca la concorrenza I clienti? «Limoni da spremere il più possibile». Critico come al solito, Carlo Rienzi, presidente del Codacons, non risparmia le accuse ai banchieri italiani. Dottor Rienzi, le banche sostengono che i correntisti non sono penalizzati. «E’ assolutamente falso. Le politiche bancarie, lo dice il termine stesso, sono tutt’altro che tese a favorire i correntisti, ma semplicemente ad ingrossare le casse delle banche». Gli istituti però sostengono che la scarsa redditività dei conti correnti è frutto delle politiche della Banca centrale europea, che tiene da mesi l’euribor ai minimi e quindi ha ridotto il margine «Per i banchieri i clienti sono limoni da spremere» tra i tassi attivi e passivi su cui Unicredit, Intesa e soci costruiscono i loro ricavi. «E’ una visione di parte. Non dobbiamo pensare solo ai tassi di interesse, ma anche ai costi che gli istituti di credito addossano ai clienti, per qualsiasi tipo di servizio. Costi commissioni e balzelli vari che aumentano sia quantitativamente - con l’introduzioni di nuove e fantasiose commissioni - sia percentualmente, attraverso un incremento di quelle già esistenti». Che ne pensa della liberalizzazione della raccolta del risparmio? L’apertura del mercato italiano alla concorrenza delle filiali di banche estere che si stanno aprendo sul territorio si è tradotta in vantaggi per le famiglie? «Così avrebbe dovuto essere, ma non è stato, al punto che l’Antitrust ha avviato indagini sul settore bancario proprio per capire le dinamiche concorrenziali esistenti Pagina a cura di Francesco Alfani nel settore. Addirittura il nostro timore è che vi siano veri e propri cartelli, tesi a limitare la concorrenza e mantenere elevate le tariffe a danno degli utenti». Fino all’esplosione della crisi, era effettivamente più facile ottenere un prestito, come sostengono all’Abi? «Anzitutto non bisogna dimenticare che la colpa della crisi è da imputare prima di tutto alle banche, anche se a pagare, come al solito, sono stati i cittadini. Vero è che gli istituti di credito sono diven- tati più accorti nell’utilizzo dei propri fondi, e ottenere un prestito oggi richiede spesso di superare un percorso ad ostacoli». Ma secondo lei cosa servirebbe davvero per garantire un vantaggio effettivo ai clienti delle banche italiane? «L’unico vero vantaggio sarebbe quello di creare una vera concorrenza tra banche». Come? «Servono ribassi seri di costi e commissioni. Serve anche aumentare i tassi di interesse pagati a chi fa depositi o apre conti correnti. E devono aumentare in modo massiccio gli sportelli degli operatori stranieri sul territorio italiano». 12 Novembre 2010 5 Focus I signori del denaro Con Pietro Reichlin l’analisi del ruolo dei controllori finanziari La crisi è una lezione da imparare Le istituzioni saranno più prudenti, i requisiti di capitale più rigorosi FEDERAL RESERVE Fu Wilson a istituirla Autonoma dal 1981 È la Banca Centrale degli Stati Uniti d’America, istituita dal presidente Woodrow Wilson nel 1913, con l’ approvazione del Congresso, per fornire alla Nazione un sistema finanziario e monetario più sicuro, flessibile e stabile, gestendo i tassi di interesse sul dollaro. All’interno della Fed si distingue il Federal Open Market Committee, l’organo di indirizzo della politica monetaria, che influenza la quantità di moneta in circolazione. Le sue attività sono regolamentate dal Federal Reserve Act del 1913, creato sull’onda del panico per la grande crisi bancaria del 1907. La Banca centrale regola le situazioni bancarie per assicurarne la stabilità e proteggere i diritti dei consumatori, contiene il rischio sistemico che può nascere nei mercati finanziari e fornisce i servizi di tesoreria per le istituzioni depositanti, il governo degli Stati Uniti e le istituzioni ufficiali straniere, inclusa la supervisione del sistema dei pagamenti nazionale. Secondo lo statuto delle banche nazionali americane, gli istituti azionisti Fed, comprese banche estere di levatura internazionale, sono suddivisi in 12 distretti. Appartengono al distretto di New York anche la fallita Lehman Brothers, protagonista della crisi mondiale dell’economia del 2008, la Goldman Sachs e la Rothschild di Londra. Parte integrante dell’Eurosistema, la Banca d’Italia ha una storia secolare: nata alla fine dell’Ottocento come istituto di emissione di banconote sul neonato territorio nazionale, ha raggiunto la piena autonomia dal governo con una legge del 1992 che attribuisce al suo governatore il potere di disporre di variazioni del tasso ufficiale di sconto senza concordarle con il Ministero del Tesoro. Già nel 1981, però, c’era stato il “divorzio” dallo Stato, con la soppressione dell’obbligo, prima gravitante sulla Banca d’Italia, a coprire i deficit pubblici attraverso l’acquisto di obbligazioni statali. Tuttavia, presta consulenza agli organi costituzionali in materia di politica economica e finanziaria. Lo status giuridico di ente pubblico esclude la possibilità di fallimento della Banca d’Italia e, tramite il suo intervento nei casi di crisi, la possibilità di fallimento delle banche private, garantendo la stabilità dell’intero sistema bancario italiano. L’Istituto promuove il regolare funzionamento del sistema dei pagamenti attraverso la gestione diretta dei principali circuiti ed esercitando poteri di indirizzo, regolamentazione e controllo propri della funzione di sorveglianza. Tale attività, insieme all’azione di supervisione sui mercati, determina la stabilità del sistema finanziario. BANCA CENTRALE EUROPEA Controllore dei prezzi La Bce svolge un ruolo di monitoraggio sistematico, in collaborazione con le banche centrali nazionali, degli andamenti strutturali e ciclici nel settore bancario e finanziario dei sedici paesi dell’area dell’euro. Istituita nel 1992 con il Trattato di Maastricht, ha lo scopo di gestire il sistema monetario comunitario e il potere d’acquisto della moneta unica, soprattutto attraverso il controllo dell’andamento dei prezzi nell’ Eurozona e il contenimento del tasso di inflazione di medio periodo a un livello inferiore al 2 percento. ùTra gli strumenti a disposizione della Bce, oltre le operazioni di mercato aperto, il più importante è la fissazione del Tur, tasso di riferimento interbancario, al quale le banche possono scambiarsi il denaro. Caratteristiche primarie di questo organo di controllo finanziario sono l’autonomia e l’indipendenza: gli obiettivi sono stati posti dalla politica, ma gli strumenti e i percorsi seguiti per il loro conseguimento sono tutti legati alla sua discrezionalità. Insieme alle banche centrali nazionali fa parte del cosiddetto “Eurosistema”, che contribuisce alla regolare conduzione delle politiche perseguite dalle autorità competenti in materia di vigilanza prudenziale sulle istituzioni creditizie e di stabilità del sistema finanziario. 6 BANCA D’ITALIA 12 Novembre 2010 SOTTO ACCUSA Riunione di banche centrali. Avrebbero dovuto limitare il leverage I controllori finanziari sono considerati tra i principali responsabili della attuale crisi finanziaria. Ne parliamo con Pietro Reichlin, docente di macroeconomia alla Luiss. Professor Reichlin, ritiene necessario un nuovo sistema di regolamentazione? Quali le caratteristiche? «Il difetto principale dei sistemi di controllo è che si sono concentrati su un particolare settore finanziario, quello delle banche commerciali. Di conseguenza, sono sfuggiti alla regolamentazione altri tipi di istituzioni finanziarie, come le banche di investimento, che svolgono un ruolo importante nell’intermediazione. È accaduto che gli operatori finanziari hanno cercato di fare il cosiddetto “arbitraggio regolamentativo”, concentrando la propria attività su settori in cui la regolamentazione era minore. Di fronte all’evoluzione del sistema finanziario degli ultimi anni la regolamentazione è rimasta un po’ indietro. Bisogna aggiornarla tenendo anche conto dello sviluppo dei contratti derivati». Quali gli errori dei controllori? «Oltre ad estendere la regolamentazione a tutto il comparto dell’intermediazione, avrebbero dovuto limitare il leverage, il rapporto tra passività e capitale, più di quanto non abbiano fatto. Tutti i sistemi di controllo del rischio che vengono adottati dai singoli istituti finanziari generalmente non considerano il cosiddetto “rischio sistemico”, cioè il pericolo di corsa collettiva alla vendita delle attività, che ha effetti a catena e può generare una crisi. Si tratta di fenomeni di cui difficilmente può tener conto la singola istituzione finanziaria, ma che il controllore dovrebbe cercare di anticipare». Con gli ultimi provvedimenti, gli istituti hanno aperto i rubinetti del credito, iniettando liquidità nel sistema. Quali sono i rischi di queste operazioni? «Al momento la liquidità iniettata non è utilizzata in pieno perchè le istituzioni finanziarie sono molto prudenti. Il rischio maggiore si presenterà quando il mercato ripartirà, perchè tutta «La Bce è più prudente della Fed, non essendosi presentati grossi squilibri» questa liquidità darà luogo ad un eccesso di credito, che potrebbe generare inflazione. Soprattutto la Fed dovrà trovare il modo di arginare l’ espansione di liquidità in maniera rapida, se ciò si verificasse. Un altro rischio è relativo agli squilibri sul mercato dei cambi: il dollaro si sta deprezzando enormemente nei confronti delle altre valute, specialmente l’Euro e le monete asiatiche. Questo potrebbe generare una guerra valutaria, per cui tutti cercano di evitare l’apprezzamento della valuta per non colpire il bilancio commerciale, ed Pagina a cura di Ida Artiaco eventualmente anche un ritorno al protezionismo». Quale è la situazione in Italia? «La Banca d’Italia ha un ruolo limitato, rientrando nell’Eurozona. La parte del leone la fa la Bce, che è sicuramente più prudente della Fed, anche perché l’ Europa sta subendo la crisi in maniera asimmetrica: la Germania va bene, a differenza di paesi come la Spagna e la Grecia. Ma devo dire che finora la Banca Centrale si è comportata bene, non essendosi determinati grossi squilibri. Dovrà, però, fare attenzione al deprezzamento del dollaro, per non mettere fuori gioco, rendendole poco competitive, le economie del sud Europa». Immaginiamo il futuro: come cambierà, secondo lei, il settore bancario in seguito alla crisi? «Alcuni esperti, un po’ estremisti, propongono un ritorno alla separazione tra banche commerciali e banche di investimento, cercando di avere una super regolamentazione sulle prime e di tenere il credito al riparo dalle speculazioni finanziarie. Io non credo però che questo avverrà, e, volendo essere ottimisti, non credo cambierà molto. Si può considerare questa crisi come una lezione da imparare: le istituzioni finanziarie saranno infatti più prudenti in futuro e saranno imposti requisiti di capitale più rigorosi. Ciò potrebbe evitare di farci ritornare in una situazione di recessione». CONSOB Vigila sulle anomalie La Commissione Nazionale per le Società e la Borsa è un’autorità amministrativa indipendente, dotata di personalità giuridica, la cui attività è rivolta alla tutela degli investitori, alla trasparenza e sviluppo del mercato mobiliare italiano. Istituita nel 1973 come organo di vigilanza sulle società quotate in Borsa, la Consob ha visto estendere nel tempo le sue funzioni, in relazione al progressivo evolversi del mercato finanziario e della legislazione in materia, in particolare con l’avvento del Testo Unico di Finanza del 1998. Tra le sue funzioni, centrale è il controllo delle informazioni fornite al mercato dalle società quotate, attraverso l’accertamento di eventuali andamenti anomali delle contrattazioni sui titoli interessati. Il finanziamento della Consob avviene in parte mediante un fondo previsto nel bilancio dello Stato e in parte attraverso contribuzioni versate direttamente dagli organismi e dagli operatori del mercato. Inoltre, annualmente (entro il 31 luglio) la Consob segnala al Ministro del Tesoro il proprio fabbisogno finanziario per l’anno successivo, ed indica la previsione delle entrate contributive. Su tale base, il Ministro del Tesoro determina l’ammontare annuo del fondo a carico del bilancio statale. Reporter nuovo Focus I signori del denaro Una mattinata al Monte di Pietà di Roma, affollato a ogni ora del giorno La banca dei nuovi poveri e non solo Accanto a chi deposita catenine d’oro c’è chi riscatta o compra pellicce Andrea Andrei C’è un orologio digitale appeso al muro, in alto, simile a quelli delle stazioni ferroviarie. Segna le 9.26 di lunedì 18 ottobre. Ma oggi è mercoledì, è il dieci del mese e siamo a novembre. E, soprattutto, sono le undici passate. Dieci sportelli, un numerino elettronico per fare la fila. In pratica, quello che succede in una normale banca, o alla posta, quando si vanno a pagare le bollette. Ma la natura dello scambio in questo caso è molto diversa. Si fa un gran parlare della nuova povertà, di quelli che non riescono ad arrivare a fine mese. Ma difficilmente si riesce ad avere un quadro definito della situazione finché non la si guarda nel volto. E uno dei suoi volti, uno dei più crudi, sta lì, nel cuore del centro storico di Roma, a due passi da Campo de’ fiori e a quattro dai negozi delle grandi firme di via dei Condotti e via Frattina, circondato da botteghe di compratori e venditori di oro. Uno dei risvolti più espliciti dell’ultima crisi economica a Roma ha un indirizzo, che è lo stesso da parecchi anni. Piazza del Monte di Pietà è il luogo dove si trova la sede dell’istituto del banco dei pegni, oggi gestito dal gruppo Unicredit. Il palazzo signorile che ospita il LO SCAMBIO Dallo sportello banconote in cambio di oggetti personali d’oro banco è in fase di ristrutturazione. L’interno è spoglio, i soffitti sono alti chilometri. Quando si attraversa l’atrio si entra, quasi senza accorgersene, in una dimensione diversa, estranea per chi non vi sia abituato. Una dimensione in cui c’è chi ti avvicina e ti dice sottovoce che puoi lasciare il pegno a lui, che ti puoi fidare, che se vuoi compra il tuo oro a quotazioni più vantaggiose. Bisogna salire le scale per rag- giungere il primo piano, dove sono le casse. Ce ne sono due, una per depositare, l’altra per ritirare. Quest’ultima è piena di gente, nell’altra c’è una fila di una ventina di persone. Ci sono anziani, ragazzi poco più che maggiorenni, giovani coppie di sposi. C’è anche Giada, una donna sulla quarantina, accompagnata dalla madre. È qui da un’ora ed è quasi il suo turno. Racconta che la prima volta che mise piede qui dentro fu traumatico, che era subito prima dell’estate e che in questa stanza si faceva fatica ad entrare. «Forse perché le persone in quel periodo hanno bisogno di soldi per le vacanze», dice. Molti usano il banco anche soltanto come deposito, in particolare per le pellicce, perché lì vengono ben conservate. «Almeno qui le cose stanno al sicuro», sospira Giada, «e poi ci sono più tutele. Anche se ogni volta ho un’angoscia tremenda di dimenticare la scadenza per il riscatto o di perdere i moduli. Se sbagli anche di un solo giorno, va tutto all’asta». E così diventa impossibile avere indietro le proprie cose, il che succede nel cinque per cento dei casi. Arrivata alla cassa, Giada lascia cadere sul banco un mucchietto di catenine. La cassiera le guarda, le soppesa con le mani, ci giocherella un po’ mentre Giada compila i moduli e poi le mette sulla bilancia. Per l’oro danno 8,40 euro al grammo. Le lascia qualche banconota. Seduto ad aspettare c’è anche Luciano. Non veniva qui da due anni. Ora vive a Firenze. Spiega che «lì non c’è niente di simile al monte dei pegni. Ma se tutto va bene, fra poco mi riprendo tutto». Se al primo piano si nutre ancora la speranza di poter tornare, a piano terra, di speranze, non ce ne sono più. Ci sono le sale esposizione, dove vengono raccolti i beni non riscattati. In quelle vetrine giacciono gioielli di ogni tipo, ma anche pellicce e oggetti di arredamento. Pezzi di vita vissuta, vecchie glorie del passato di cui si andava fieri. Come una serie di splendidi manufatti orientali in avorio intarsiato e pietre preziose, ognuno dei quali ha una base d’asta che può arrivare anche a ventimila euro. Viene da pensare dove potevano trovarsi prima, quale bellissimo salone arredavano. E adesso sono lì, alla mercè di singolari personaggi armati di taccuino e lente d’ingrandimento, che esaminano gli oggetti che proveranno ad aggiudicarsi alla prossima asta nella sala accanto, per poi rivenderli nei propri negozi o in chissà quale mercato. Ogni cosa è ben ordinata e ha il suo cartellino descrittivo. Non ha il marchio della gioielleria, ma quello della Banca di Roma. Un simbolo che compare anche sulle stampelle per le pellicce. C’è un cartello, in particolare. “Anelli fede oro incisi opacizzati. Base d’asta: 140 euro”. Stanno adagiati sul velluto bianco di una vetrinetta. Legati tra loro, abbracciati l’uno all’altro, forse per l’ultima volta. Dentro, solo poche parole. “Ettore e Maria 6-7-92”. Il fenomeno dell’usura in ascesa con un giro di affari di 100 miliardi di euro I cravattari braccano mamme e papà Emiliana Costa Un giro di affari stimato intorno ai cento miliardi di euro, portato avanti dall’ “amico dell’amico” che nel momento di difficoltà, invece della solita spalla su cui piangere, offre un prestito a tasso vantaggioso. Prestito che si trasforma, però, in una vera e propria condanna con interessi da usura. Il fenomeno sta diventando un’emergenza sociale, che sembra coinvolgere in Italia oltre 150 mila esercizi commerciali all’anno, senza contare le famiglie che non riescono ad arrivare a fine mese. “La situazione – spiega Fabio Picciolini, segretario nazionale dell’associazione consumatori Adiconsum – si è aggravata negli ultimi due anni, a causa della crisi economica e di una politica che non ha premiato gli stipendi fissi. Il salario di un operaio non supera i 1.300 euro, difficile arrivare così alla quarta settimana”. Nel mirino dei cosiddetti cravattari, dunque, Reporter nuovo non ci sono più solo giocatori d’azzardo incalliti o imprenditori sul lastrico. Ma sempre più mamme e papà che non riescono a mantenere i propri figli, senza dimenticare i single e i genitori separati. “Non si cade più nelle mani degli strozzini per pagare le finanziarie o le rate della legge n. 108 del ’96 non permette ai privati di concedere denaro e stabilisce una pena che va da uno a sei anni di reclusione per il reato di strozzinaggio. “Il nostro sportello antiusura – spiega Picciolini – è dedicato ai nuclei familiari colpiti da un sovra-indebita- «Non si cade più nelle mani degli strozzini per pagare le finanziarie o le rate della macchina, ma per sopravvivere» macchina, ma per sopravvivere”, aggiunge Francesco Iorio, responsabile del fondo anti-usura dell’Adiconsum. Ma quand’è che scatta il tasso illegale? In Italia, il limite oltre il quale gli interessi sono considerati usurari viene stabilito ogni tre mesi dal ministero del Tesoro e varia a seconda del tipo di prestito richiesto. Tuttavia, gli unici enti che possono “far credito” sono le banche e le finanziarie. La mento al quale non riescono più a far fronte. Forniamo loro le garanzie per richiedere prestiti agli istituti di credito, con un tetto massimo di 25 mila euro. Una forma di prevenzione rispetto al denaro poco pulito che può provenire da privati senza scrupoli. Tuttavia, oggi riusciamo ad aiutare solo una famiglia su quattro, a causa delle richieste sempre più pressanti”. Negli ultimi dieci anni l’Adicon- sum si è occupata di 13 mila casi e il trend è in aumento. Non è tutto. Se fino al 2008 le domande di credito si aggiravano intorno ai 12 mila euro, oggi, a causa della crisi economica, superano i 18 mila. “Il reddito delle famiglie italiane – aggiunge Picciolini – è praticamente fermo da sei anni, con una crescita dello 0,6 per cento”. Tra i clienti dello sportello, in aumento anche il numero degli immigrati che provano ad aprire un’attività in proprio, ma che poi non riescono a far fronte alle spese. “Le vittime dell’usura – racconta Iorio, responsabile del fondo Adiconsum – si rivolgono a noi per interrompere un’emorragia economica. Molto spesso, però, sono restie nell’ammettere di essere cadute nella rete. Per questa ragione ci avvaliamo dell’aiuto di psicologi”. Fondamentale anche il lavoro delle forze dell’ordine, che ogni anno stanano centinaia di “cravattari”. Cravattari che, però, si ingegnano e scovano nuovi CRAVATTARI Un piccolo “aiutino” con interessi alle stelle modi per estorcere denaro. L’ultima frontiera del ricatto cresce tra i chicchi di caffé. Gli usurai impongono ai creditori, titolari di bar e ristoranti, forniture a prezzi che possono superare dieci volte quelli di mercato. Una strategia che obbliga, nel giro di pochi mesi, gli imprenditori a rincarare i listini. Fino alla scelta estrema di cedere la licenza ai criminali. Tra gli strozzini, poi, ci sono quelli che alle minacce preferiscono il pugno duro. Una banda di usurai romani si avvaleva dell’ “aiuto” di un ex campione di box, Mauro Galvano, pronto a sferrare raffiche di pugni ai malcapitati inadempienti. Senza dimenticare il “tassista strozzino”, che nella Capitale era diventato il punto di riferimento per i conducenti di auto bianche in difficoltà. L’usura, dunque, compie passi avanti. “Per arginare l’emergenza – conclude Picciolini – è necessaria una politica economica che ponga fine al sovra-indebitamento delle famiglie”. 12 Novembre 2010 7 Focus I signori del denaro Le grandi banche d’affari Usa e i subprime: fenomenologia di un disastro Quei colossi dai prestiti d’argilla Oggi si rischia nuovamente di rientrare nello stesso pericoloso circolo Chi pensa che i mutui subprime appartengano ai manuali di storia, si dovrà ricredere. Hanno causato una crisi che il Fondo Monetario Internazionale ha stimato in 4mila miliardi di dollari, eppure sono tornati con il benestare dell’amministrazione Obama. Infatti, l’approvazione dell’ultima riforma finanziaria, la Dodd-Frank Bill, firmata nel luglio 2010 dal presidente degli Stati Uniti, il Se- nato ha bocciato un emendamento presentato dall’onorevole Robert Corner. Proponeva di ridurre la possibilità di erogare mutui a famiglie poco affidabili. E così, anche oggi, si rischia nuovamente di entrare in un pericoloso circolo: prima le banche concedono mutui alle famiglie in difficoltà, poi il debito viene venduto ai risparmiatori, ingannati dai giudizi positivi delle agenzie di rating. Tre anni fa il cerchio si chiuse con un’importante flessione degli indici borsistici e la scomparsa delle banche d’affari più note: Lehman Brothers, Goldman Sachs e Morgan Stanley. Di prospettive e storia dei mutui subprime abbiamo parlato con Adriano Bonafede, caposervizio di Affari e Finanza di Repubblica, e il preside della Facoltà di Economia dell’università di Tor Vergata, Michele Bagella. «La Federal Reserve non ha vigilato sulle operazioni» «Servono maggiori controlli sui grandi gruppi bancari» Lorenzo d’Albergo Francesco Alfani Bonafede, secondo molti economisti, le banche americane non avrebbero mai dovuto concedere mutui alle famiglie ad alto rischio di insolvenza. È una posizione condivisibile? «No, non si può negare ad un’intera fetta di popolazione la possibilità di accendere un mutuo. Il problema è un altro: i subprime sono stati inventati dalle grandi banche d’affari come Goldman Sachs e Lehman Brothers per moltiplicare la leva finanziaria. Attraverso questo tipo di mutui, gli istituti di credito hanno aumentato il loro patrimonio. Così hanno potuto prestare più soldi e produrre una liquidità aggiuntiva, quella moneta solitamente creata dalle banche centrali. Ma queste operazioni erano coperte da garanzie fallaci, quelle dei mutui subprime. Quindi le banche hanno creato un castello di carte. Caduta la prima, è cominciato a crollare un intero sistema». Perché le agenzie di rating hanno permesso alle banche d’affari di vendere prodotti legati ai mutui subprime? «Quando i titoli legati ai mutui subprime sono stati impacchettati in panieri da vendere agli investitori, le agenzie di rating hanno giudicato la loro affidabilità. Spesso questi derivati si sono guadagnati una tripla “A”, un giudizio che solitamente si dà a un investimento sicuro. All’acquisto di titoli di stato di una nazione come la Germania, non certo a questi prodotti finanziari dalle gambe d’argilla. Le agenzie di rating, dei soggetti privati, sono state e ancora oggi sono messe sotto accusa per questi giudizi sballati. Sicu- Obama ha fatto le mosse giuste. Michele Bagella, preside a Roma all’Università di Tor Vergata e docente di economia monetaria, promuove il piano promosso a luglio dall’amministrazione democratica per evitare una nuova crisi finanziaria. Professor Bagella, ritiene che le banche americane abbiano agito correttamente nella gestione di titoli legati ai mutui subprime? «C’è stato sicuramente un eccesso di azzardo morale da parte degli istituti di credito. Le banche sapevano che i mutui venivano impacchettati in portafogli di prestiti e venduti a comuni investitori. Non hanno tenuto nella giusta considerazione il profilo di rischio dei clienti. Se fossero state più attente al rischio di credito e alla possibilità di avere restituito il prestito effettuato, credo che la bolla non sarebbe stata così devastante». Come mai allora le autorità di vigilanza hanno permesso che i mutui subprime venissero cartolarizzati e venduti liberamente sul mercato? «La vendita di questo tipo di titoli negli Stati Uniti è sempre stata legale. Avendo alle spalle un’ipoteca sulle abitazioni acquistate con i soldi del mutuo, i subprime erano ritenuti titoli “coperti” e quindi relativamente sicuri. Ad ogni modo, una legge che risale all’inizio degli anni 80 consentiva di venderli senza nessuna forma di controllo, purchè gli acquirenti fossero degli investitori istituzionali: fondi pensione, fondi di investimento, che in linea di principio avrebbero dovuto prestare molta attenzione alla loro valutazione». La Sec però ha messo 8 12 Novembre 2010 IN BILICO «Pensavo che stessimo semplicemente comprando una casa!». Si legge nella didascalia di una rivista americana ramente più grave, però, è stata la quasi totale assenza di controlli pubblici». Infatti, sono le banche centrali che dovrebbero essere tenute a controllare fenomeni del genere. «La Federal Reserve non ha vigilato sulle operazioni delle grandi banche d’affari. Ripeto, sono mancati i con- «Hanno lasciato andare il cavallo senza briglie» trolli pubblici. I vertici della banca centrale americana hanno lasciato andare il cavallo senza briglie e poi si sono accorti troppo tardi che correva all’impazzata. Pensavano di poterlo domare. Invece, si è persa la possibilità di governare la crisi». E anche l’Europa è stata inghiottita dalla crisi dei mutui subprime. Questa tipologia di prestito è diffusa soprattutto nei paesi anglosassoni, Stati Uniti e Inghilterra, mentre non lo è negli altri grandi paesi industrializzati. Perchè? C’è una differenza di tipo “culturale”? «In America c’è una società più liberistica, dove i poteri pubblici tendono a non far pesare la propria presenza. In Europa, invece, i controlli delle banche centrali sono molto più forti. Basti pensare alla rigidità di alcuni provvedimenti delle banche centrali di Francia, Germania, Italia e Spagna. Negli Stati Uniti le maglie dei controlli sono molto più larghe: si può fare qualsiasi cosa purché non sia vietata. Allora le banche erogano mutui a una fetta di clientela non perfettamente sicura. In parte, lo stesso discorso vale per la Gran Bretagna. Londra è una piazza molto finanziarizzata, mentre quelle europee sono molto più tradizionaliste». Anche le banche europee, però, hanno usato il trucco della leva finanziaria. «Si sono indebitate per far contrarre altri debiti. E quando succedono queste cose, c’è sempre uno che rimane con il cerino in mano. Una volta spento dalla recessione, si è innescata una reazione a catena che ha finito per ripercuotersi su tutti». INSTABILI «In questi giorni ci capita di vedere molti più problemi di questo tipo alle fondamenta!» sotto inchiesta Goldman Sachs per frode. Il suo comportamento non rientrava nella cornice della legge? «La Goldman è una società quotata. I suoi bilanci devono essere veritieri e le singole poste devono essere prezzate correttamente. L’intervento della Sec non ha messo in discussione l’emis- «La vendita dei subprime è sempre stata legale» sione di derivati. Evidentemente l’ipotesi è che ci sia stata una consapevole sopravvalutazione dei titoli derivati del suo patrimonio, un comportamento scorretto forse dal punto di vista contabile. Ma sicuramente in generale la responsabilità riguarda tutte le banche del sistema. Questi titoli erano usati come liquidità pura, come la moneta; li si prendeva senza pensarci troppo». E’ stato giusto salvare le banche? «Lo Stato doveva intervenire per evitare che si sfa- sciasse tutto. C’è stato un momento di panico in cui è crollata la fiducia del cittadino comune nei confronti del sistema bancario: la gente stava già preparando la corsa agli sportelli». Cosa pensa del piano Obama per la riforma delle leggi che regolano il mercato finanziario? «Mi sembra un ottimo progetto. D’altronde noi abbiamo un sistema iper regolamentato per tanti aspetti della vita produttiva; è più che giusto estendere le regole per tutelare una risorsa fondamentale come il risparmio. Il Financial Stability Board è stato messo insieme proprio per cercare di fare evolvere le legislazioni nazionali e raggiungere due obiettivi: evitare rischi sistemici e, soprattutto, prestare maggiore attenzione ai grandi gruppi. Fino a ieri partivamo dalla convinzione che tutti gli operatori del mercato finanziario fossero uguali. Ma non è così. Una delle grandi novità del piano è riconoscere che esistono soggetti in grado di diventare essi stessi, con le loro attività, una fonte di rischi per il sistema». Reporter nuovo Mondo Dove va lo Yemen: i terroristi lasciano la tradizione. Intervista a Daniele Mastrogiacomo Al Qaeda ora cerca nuovi Bin Laden Necessario più lavoro di intelligence. Le difficoltà del musulmano Barack Emiliana Costa «Al Qaeda si sta riorganizzando». A sostenerlo è Daniele Mastrogiacomo, inviato speciale di Repubblica, in risposta alle domande di Reporter Nuovo sulla questione dello Yemen, dopo i recenti pacchi bomba inviati dal Paese a diversi leader europei. «Il santuario del terrore più famoso del mondo – aggiunge - si allontana dalla tradizionale guida di Osama Bin Laden e del dottore Ayman al-Zawahiri, cercando rifugio in altri territori. Oltre allo Yemen, anche la Somalia e il triangolo Mauritania, Mali e Niger rappresentano nuove realtà dove l’organizzazione sta prendendo piede. Fermo restando che Bin Laden potrebbe essere ancora vivo, nascosto in una provincia delle zone tribali a cavallo tra Afghanistan e Pakistan». E’ appena stato bocciato a Bruxelles il piano tedesco che prevedeva una lista nera degli aeroporti a rischio. Il parlamento europeo ha fatto la scelta giusta? «Sarebbe necessario imporre agli aeroporti regole più ferree. In questo caso le autorità yemenite non sono state in grado di bloccare i GEO-TERRORE Nella mappa lo Yemen, la nuova “casa” di Al Qaeda e il Golfo di Aden, crocevia del mercato petrolifero. Sulla destra, Osama Bin Laden pacchi pericolosi. Si può arrivare quindi a “embargare” alcuni scali temporaneamente, ma credo che il problema del terrorismo vada risolto in altro modo». Obama nello Yemen valuta nuove opzioni militari. Si tratta di un modo per delegare il controllo delle operazioni all’intelligence scavalcando il governo yemenita? «Questo è un eterno pro- blema. C’è la questione della sovranità da rispettare, ma allo stesso tempo scarsa fiducia nell’amministrazione locale. Accade anche con il Pakistan. Nonostante gli ingenti finanziamenti che gli Usa inviano al Paese, il governo ha un atteggiamento ambivalente. Nel caso dello Yemen, da un lato gli americani continuano a inviare i soldi per rafforzare le forze di sicurezza interne. Ma dal- l’altro, ritengono che sia ora di colpire le “zone rosse” segnalate dai servizi segreti». A nove anni dall’11 settembre il terrore viaggia ancora in aereo. I cargo sembrano essere i mezzi meno sicuri. Come porre rimedio a questa situazione? «La soluzione è quella di attuare controlli meticolosi, anche a scapito della velocità nelle azioni di carico merci. Le misure di sicurezza, però, non hanno effetto se non sono supportate da un efficace lavoro di intelligence. Gli ultimi pacchi bomba sono stati scoperti grazie alla soffiata di un pentito di Al Qaeda». Il leader di Al Qaeda, Anwar al Awlaki, si trova attualmente nello Yemen e ha incitato i suoi a uccidere tutti gli americani. Si tratta di una reale minaccia post 11 settembre? Il paese è ancora in ginocchio ma, secondo gli istituti internazionali, il peggio è alle spalle La Grecia ci prova a uscire dalla crisi Ida Artiaco “Ven iparsi salìo”. I greci avranno ripetuto spesso questa frase dallo scoppio della crisi finanziaria che ha colpito le penisola ellenica all’inizio del 2010. Nella loro lingua, musicale e senza tempo, queste parole significano “non c’è più niente”. Parole antiche, dall’ascendenza omerica, che fotografano la tragedia moderna di un paese che, dopo oltre un decennio di crescita costante, ha subito una brusca inversione di tendenza, con un prodotto interno lordo inferiore all’1 percento e un debito pubblico superiore al 113 percento. Una recessione senza precedenti dovuta, secondo gli esperti, da un lato agli effetti della crisi economica internazionale, dall’al- Reporter nuovo tro a elementi di debolezza per i prossimi tre anni in se- però, fermato a 250 milioni. interna, tra cui un’ economia guito al piano di aiuti per 110 Qualche greco ha smesso di inefficiente e fortemente re- miliardi concesso dall’Euro- fumare, molti sono passati al golamentata, povera di un si- gruppo. Non solo: sono pre- mercato parallelo gestito dai stema di liberalizzazioni e visti tagli e congelamenti sul contrabbandieri italiani. concorrenza, e un mercato piano occupazionale, sala- L’obiettivo è scongiurare la del lavoro troppo rigido. Per riale e pensionistico, anche previsione di alcuni econonon parlare della dilagante nel settore privato, oltre a un misti, secondo i quali il decorruzione bito pubblico in settori greco arriverà come quel- La situazione è difficile: i prestiti e i consumi sono entro tre anni lo dell’assial 150 percendrasticamente calati, il mercato delle auto si è stenza sanito del prodottaria pubbli- dimezzato, quello degli elettrodomestici è in stallo to interno lorca. Nonodo. I prestiti e stante, sei consumi condo la Banca Centrale Eu- aumento intorno al 10 per sono drasticamente calati: il ropea e il Fondo Monetario cento delle imposte su car- mercato delle auto si è diInternazionale, il peggio sia buranti, alcol, beni di lusso e mezzato, quello degli eletormai alle spalle, il paese è sigarette. Basti pensare che trodomestici è in pieno stalancora in ginocchio e conti- oggi il prezzo di un pacchet- lo. Secondo Eurostat i preznua quotidianamente a fare i to di Malboro gold è stato zi al consumo sono calati delconti con la manovra di au- portato a 3,80 euro, con la lo 0,5 percento, ma non basterità da 30 miliardi di euro, speranza di incassare a fine sta. Anche il mercato imche il governo socialista di anno 1,13 miliardi. Nei pri- mobiliare sta attraversando George Papandreu ha varato mi sei mesi il gettito si è, un periodo di crisi, mentre i commercianti stanno mettendo in atto una vera e propria fuga, dal momento che circa il 17 percento dei negozi ha chiuso i battenti negli ultimi dieci mesi. Una vera e propria macelleria sociale. Ma, anche se le misure di austerity adottate dal governo sono risultate impopolari, come testimoniano i quattro scioperi generali che si sono svolti ad Atene e hanno paralizzato l’intero paese, esistono buoni presupposti per essere ottimisti. Nell’opinione pubblica sta crescendo la consapevolezza che ostacolare le riforme di fatto porta solo alla tutela dei privilegi di cui beneficiano soltanto poche persone. Anche perché solo con questi interventi governativi si può effettivamente scongiurare il default della Grecia. «Questo è un momento di stanca. Al Qaeda è in difficoltà e ha bisogno di apparire sulla scena mediatica. Dopo le “missioni del terrore” in Iraq e in Afghanistan, l’organizzazione ha bisogno di trovare una nuova collocazione come guida per la lotta jihadista a livello mondiale. Si tratta, dunque, di propaganda per diffondere nuovi obiettivi capaci di attrarre la popolazione». Al Qaeda punta a impadronirsi del Golfo di Aden, nello Yemen, crocevia del mercato petrolifero. Un espediente per “soffocare” Israele? «E’ una forma di condizionamento economico e commerciale non solo di Israele, ma di tutti i grandi Paesi, dagli Usa alla Cina. In questo modo, controllerebbero il passaggio del 40 per cento delle merci a livello mondiale». Alla conferenza stampa di Bombay, Obama ha chiarito che non intende iscrivere il Pakistan tra i Paesi terroristici, perché si tratta di un grande Paese che va aiutato. Cosa c’è dietro questa dichiarazione? «Ci sono sicuramente le origini musulmane del presidente, una sua particolare sensibilità verso la causa religiosa. Ma anche una vera e propria strategia politica. Il Pakistan è un alleato fondamentale degli Usa nella regione, sia per la guerra in Afghanistan che per i rapporti con l’Iran». 12 Novembre 2010 9 Cronaca Italia pecora nera dell’e-commerce mondiale. Spedizioni perse, danni e arrivi a rilento I pacchi dall’estero, un buco nero Le proteste di venditori e acquirenti su eBay. Sotto accusa Poste Italiane Lorenzo d’Albergo “We don’t ship to Italy”, non spediamo in Italia. Basta una frase, bastano cinque parole, per diventare la pecora nera dell’e-commerce mondiale? Sì, in particolar modo se vengono ripetute 32mila volte. Tante sono le inserzioni pubblicate su eBay, la piazza di compravendita on-line più frequentata del mondo, che tagliano fuori l’Italia dal villaggio globale. Nei forum messi a disposizione degli utenti dalla piattaforma di shopping virtuale, i power-seller, i venditori con il più alto numero di transazioni riuscite, sanno con chi prendersela. «Effettuiamo spedizioni verso 89 nazioni e in otto anni abbiamo i venditori è quello di dover rimborraggiunto il 100 per cento di transa- sare la merce spedita, senza neanche zioni concluse positivamente in 88 averla più indietro. Oppure di perdere paesi. Soltanto in Italia - racconta in credibilità. Su eBay esiste il sistel’utente Recordrat, specializzato nel ma dei feedback: l’acquirente può commercio di dischi musicali e film dare un giudizio negativo, ovvero da collezione - siamo al 47 per cen- contribuire alla cattiva fama di un to. Perchè? Perchè i pacchi conti- venditore, se il pacco viene consenuano a sparire nel buco nero italia- gnato in ritardo o se la descrizione no?». In Australia c’è nell’inserzione non chi ha trovato la dracorrisponde all’oggetstica soluzione al proto effettivamente riceIn trentaduemila blema. «Ci sono due vuto. inserzioni su eBay rimedi. Non vi affidaNaturalmente, non te al disastrato sistema si pratica l’embargo sono solo i commerpostale italiano e specianti a vivere nel terverso l’Italia dite i vostri oggetti trarore di avere a che fare mite corriere privato. con il nostro servizio Oppure, più semplipostale. Cancellato dal cemente, eliminate dalla vostra ru- mondo delle compravendite on-line, brica i clienti italiani». «Purtroppo anche l’utente italiano che cerca l’afqualcosa non funziona nel nostro si- fare in rete è disperato. Gli eBayer nostema doganale», risponde ai due un strani scrivono guide, si scambiano imbarazzato eBayer di Milano. i numeri di telefono dei centri di smiInviare merce da un paese extra- stamento dei pacchi e consigli per comunitario verso il nostro paese è, combattere un nemico comune: le infatti, una vera e propria scom- dogane. messa. E di ogni scommessa bisogna In ognuno dei quattro magazzini calcolare il rischio. In questo caso, per - Roma, Genova, Lonate Pozzolo, in GENOVA Uno dei più grandi gateway di Poste Italiane si trova nel capoluogo ligure. Qui arrivano dai duemila ai tremila pacchi al giorno provincia di Varese, e Roserio, nel milanese - arrivano tra i duemila e i tremila pacchi al giorno. Magazzini che non possono, però, essere definiti quali vere e proprie dogane. Della gestione di questi giganteschi porti del commercio on-line si occupa Poste Italiane. I funzionari dell’Agenzia delle dogane possono accedere a questi centri solo per eseguire controlli a campione. Il servizio di sdoganamento dei pacchi postali è quindi offerto direttamente da Poste Italiane in regime di domiciliazione, ovvero senza più l’obbligo di far ispezionare al personale delle dogane le merci provenienti da paesi extra-comunitari. «Premesso che la normativa doganale è particolarmente complessa - spiega l’avvocato Giuseppe Calabi, esperto di diritto commerciale e collaboratore di NetComm, consorzio che promuove lo sviluppo dell’ecommerce in Italia - è difficile dare un quadro completo della situazione. Si può però tranquillamente affermare che la lentezza burocratica e, più in generale, la scarsa efficienza delle do- stema di pagamento collegato a eBay, li costringe a restituire la somma incassata al termine dell’asta. Basta che chi ha comprato inoltri al sistema il reclamo entro 45 giorni dalla spesa. Una volta rimborsato il cliente, per il venditore inizia un nuovo, indeterminato, periodo di attesa: il pacco fermo in dogana dovrebbe essere rispedito al mittente. «La merce dovrebbe tornare indietro - spiega Calabi - dipende dagli accordi presi da Poste Italiane con i fornitori di servizi postali esteri. Si dovrebbero soltanto pagare, o quanto meno negoziare, i costi di rientro». Ma sul forum di eBay fioccano le lamentele: gran parte dei pacchi provenienti da paesi extra-comunitari gane scoraggiano gli utenti e il nu- non torna al mittente e il venditore mero di italiani che si rivolgono al- perde tempo, soldi e merce spedita. l’e-commerce stenta a decollare». Il Perde la voglia di trattare con poproblema arriva al momento della tenziali acquirenti italiani. consegna della spedizione, il passo E l’Italia rischia di rimanere agli successivo al custom clearing, ovve- ultimi posti nella classifica dell’ero quando il pacco entra in uno dei commerce anche per i prossimi quattro centri di smistamento di Po- anni. La digitalizzazione dei prodotti ste Italiane e viene registrato dal culturali, che, grazie alle nuove tecpersonale. A questo nologie, si può già tocpunto la merce ordicare con mano, portenata finisce nel “buco L’avvocato Calabi: rà con sé nuovi pronero” degli hub itablemi. Secondo l’av«Rischi anche per vocato Calabi, la prosliani. Ritardi, bolle per lo sdoganamento l’avvento dell’editoria sima grande discusspesso compilate in sione nel mondo dell’edigitale» modo errate e, nel commerce sarà quella peggiore dei casi, danrelativa all’editoria dineggiamenti o smargitale. «Gli e-book rimenti degli oggetti acquistati su in- scontano un’aliquota superiore riternet sono all’ordine del giorno. spetto a quella prevista per i libri carGli eBayer vivono nell’incertezza: tacei, per i quali è previsto un tratpossono trascorrere giorni, setti- tamento particolare per quanto rimane, addirittura mesi, prima di ri- guarda il pagamento dell’Iva. L’incevere un pacco che abbia avuto la dustria dei contenuti digitali, in visfortuna di passare per uno dei sta di una prossima grande espanquattro centri gestiti dal servizio po- sione, è già molto preoccupata da stale italiano. E più passa il tempo, questa situazione e non tarderà a farpiù i venditori tremano. Paypal, il si- si sentire». Dopo il concorso-beffa con oltre 3.000 partecipanti per 200 posti da notaio Chiara Aranci Una casta sempre più chiusa ed elitaria quella dei notai. Una professione antica che nel corso degli anni ha conquistato sempre più prestigio. Per via dell’accesso difficile e sempre più selettivo alla professione, per via dell’autorevolezza, per via dei compensi elevati che richiede ogni sigillo di notaio: nell’ultimo concorso sfumato per presunte irregolarità durante le prove i concorrenti sono stati 3300. Un numero alto se si considera che i posti a disposizione erano solamente 200. In epoca romana il notarius era lo schiavo che ave- 10 12 Novembre 2010 Perchè quel sigillo è tanto ambito? va il compito di scrivere velocemente le note. Con Carlo Magno gli atti stipulati dal notaio danno certezza dei rapporti giuridici e sotto questo profilo si è sviluppata la professione attuale, che è quella di un ufficiale pubblico che ha la funzione di garantire la validità dei contratti e dei negozi giuridici, attribuendo pubblica fede agli atti e sottoscrizioni apposte alla sua presenza. Solo nei paesi dove vige il civil law (76 su 192, tra cui la Cina) esiste la figura del notaio di tipo latino, mentre nei paesi di common law le funzioni notarili sono svolte dagli avvocati. Tra le certezze che offre la professione di notaio vi è sicuramente il compenso economico. Il tariffario è stabilito dal Consiglio Nazionale del Notariato e segue criteri proporzionali per il valore dell’atto che si va a stipulare. Nei costi di un atto notarile rientrano l’ammontare delle imposte e delle tasse che il notaio riscuote per lo Stato, delle spese che devono essere sostenute presso pubbliche amministrazioni per la pre- parazione dell’atto e dei successivi adempimenti e gli onorari spettanti al notaio per l’attività che svolge ma anche la garanzia che la regolarità di un atto notarile possa evitare futuri contenziosi in tribunale. Ma forse sempre più rientrano nei costi del notaio gli anni passati a studiare per prepararsi al concorso, spesso anche usufruendo anche di costose scuole private, a cui si accede dopo una laurea in giurisprudenza e diciotto mesi di praticantato presso uno studio notarile. Chi arriva al concorso lo fa con l’estrema convinzione di potercela fare perchè il concorso è complicato e richiede una preparazione di alto livello. Oggi, la mancanza di un mezzo fluido, come gli ultimi fatti di cronaca hanno dimostrato, per accedere a una delle professioni più ambite e che gode ancora oggi di un prestigio storico, rende la corsa al sigillo sempre più competitiva e molti, attratti anche dai ragguardevoli compensi dedicano anni della propria vita a inseguire l’abilitazione. Forse un’implicita volontà da parte di chi è già dentro, di mantenere ristretta quella che è per antonomasia “la casta ” anche se sul territorio le sedi da coprire sono ancora circa millecinquecento. Bisogna sfatare un luogo comune per cui solo i figli dei notai avrebbero accesso alla professione. Se nel passato questo poteva essere vero, e ciò accadeva per mantenere in vita l’attività dello studio e tramandare la professione di padre in figlio, oggi sono solo il 17, 5 percento di chi esercita la professione è figlio di notai, una percentuale molto minore rispetto ad altre professioni come quella dell’avvocato o dell’architetto. Reporter nuovo Costume & Società Sempre più intenso sui siti internet e nelle caselle email il bombardamento di lanci con storie di ogni genere in arrivo da ogni parte del mondo: luoghi esotici e testimonianze visive dalle realtà più diverse tra loro Il girotondo delle emozioni Sono in aumento gli entusiasti (e innocui) untori telematici dell’allegato Sorridenti donne soldato, vecchie pubblicità degli anni Cinquanta, colorati carri ornati di fiori e frutta. Immagini che scorrono una dopo l’altra, che fanno viaggiare nel tempo e nello spazio, esplorare luoghi esotici, rivivere momenti memorabili o solamente sorridere per un attimo. Tutto senza muoversi dalla propria sedia e dal proprio computer. Tutto grazie ai tanti file dalla provenienza pressoché sconosciuta che riempiono ogni giorno le nostre caselle di posta elettronica. Chi di noi, aprendone uno, non si è mai chiesto: “Ma da dove arriveranno? Chi e perché inventa queste postmoderne catene di Sant’Antonio in cui, però, non si chiede nulla in cambio?” L‘uomo è un animale sociale, sentenziava Hobbes. Che è anche una mosca prigioniera del virtuale, lo ha aggiunto Baudrillard due secoli e mezzo dopo. E in uno spazio così anonimo e selvaggio come è il web, in cui ogni individuo si riduce ad una combinazione di numeri ed impulsi elettrici, an- IN RETE Quattro esempi di fotomontaggi tratti da una delle numerose email dedicate a pubblicità che hanno ricevuto premi: Burger King, Pepsi, Nike e Bayer che il navigatore più solitario non può fare a meno di ancorarsi nel porto sicuro dell’altro, condividendo con amici e conoscenti pensieri, parole, informazioni, emozioni. Così, nell’era postmoderna dell’ipervelocità, l’homo ludens va alla ricerca di un modo rapido ma efficace per mantenere la sua rete di relazioni, augurando buona giornata o facendo ridere con storielle divertenti, stupendo con meravigliosi tour virtuali di città lontane o rilassando con piacevole musica classica. L’importante è esserci. Ad esaudire ogni esigenza ludica ci pensano dei siti internet che, con un certosino lavoro di catalogazione in base agli argomenti, raccolgono gallerie fotografiche per tutti i gusti. Amore, cuccioli di animali, frasi di personaggi famosi che donano pillole di saggez- za in musica. Oppure basta andare su YouTube, un potenziale contenitore infinito di divertimento, scaricare un video e allegarlo a una mail. E il gioco è fatto. Ma c’è anche chi, per passione o per lavoro, crea la propria personale presentazione in Power Point e la manda ad amici e conoscenti. A diffondersi, in poco tempo, ci penserà da sé: come un virus (il messaggio) che si espande a suon di starnuti (i destinatari che a loro volta diventano mittenti), l’allegato contagerà sempre più persone, fino a diventare un vero e proprio pezzetto di cultura indipendente (un meme). I primi a sfruttare questa potenzialità virale del web, neanche a dirlo, sono stati i pubblicitari, che per raggiungere un consumatore sempre più bombardato di messaggi, hanno inventato un tipo di marketing - virale, appunto che veicola video e siti internet apparentemente innocui ma che poi si rivelano pubblicità. Sicuri di voler aprire l’allegato? Parla Elio Mauro, che si definisce allegatomane: «Ne ricevo da tutto il mondo» Un modo per divertirci tra amici Allegati come pezzi di sapere erranti, come memi (questo il nome Richard Dawkins ha coniato per le unità di evoluzione culturale ne “Il gene egoista”) che si propagano in tutto il mondo. Ne parliamo con Elio Mauro, ex dirigente Iri, un «allegato mane», come si è definito lui stesso. «Solitamente - rivela Mauro a Reporter Nuovo - mi arrivano cinque o sei allegati al giorno ma ne rispedisco solo due». Un bel numero, che presuppone un attento lavoro di selezione dei materiali più interessanti. «I miei fornitori più prolifici sono vecchi amici che abitano all’estero: belgi, olandesi, americani… Ma anche una italiana che li riceve dal Sudafrica. Su internet la globalizzazione c’è da decenni…». Che tipi di allegati riceve e decide di Reporter nuovo rispedire? «Intanto ci sono le gallerie fotografiche che raccolgono i soggetti più vari: paesaggi, animali, opere d’arte, spesso create dagli stessi autori per pubblicizzarsi. Poi ci sono i filmini, la maggioranza dei quali si trova su YouTube, e le barzellette che fanno il giro del mondo: la stessa storiella su Berlusconi, per esempio, la ritrovo in francese su Sarkozy. Poi ci sono gli allegati con messaggi politici e persino quelli per bambini. Insomma, c’è una gamma infinita di soggetti e modi di rappresentare eventi». Per quale motivo manda mail con questi allegati? «Avendo vissuto all’estero ho amici in Pagina a cura di Giulia Cerasi tutto il mondo e questo è un modo per tenerci in contatto, per divertirci insieme. Per l’80 percento invio e-mail con contenuti divertenti. Poi ci sono le informazioni di vario genere, come ad esempio sulla salute. E qui bisogna stare attenti perché girano molte bufale. Questo è il lato negativo». Cosa si aspetta da chi riceve queste mail? «In primo luogo reciprocità: se io mando allegati ma nessuno me li rimanda il meccanismo non funziona. E poi è un modo per dire a una persona lontana “ti penso, ti voglio bene”. Ma sempre in maniera personale: ad ogni allegato aggiungo un commento mio, una chiave di lettura e quindi trasformo l’allegato standard in un messaggio su misura». FANDANGO Col web 2.0 operazione di marketing Un tavolo di legno grezzo con diversi oggetti poggiati sopra: due tavole di Rorschach, un santino, un chiavetta usb, un cellulare. Un’immagine misteriosa, corredata da un simbolo ancor più oscuro che solo chi ne era a conoscenza poteva identificare come una X e una Y intrecciate. Di che si tratta? Della campagna pubblicitaria, tutta virale, lanciata dalla casa editrice Fandango per promuovere il nuovo libro di Sandro Veronesi, già autore di “Caos calmo”. Per suscitare curiosità e passaparola intorno all’uscita del libro, “XY” appunto, avvenuta il 21 ottobre scorso, sono state sfruttate tutte le potenzialità del web 2.0, disseminando qua e là indizi da decifrare: un enigmatico sito internet, frasi e immagini su Facebook, ma soprattutto alcuni video (piuttosto inquietanti) che a partire da YouTube hanno fatto il giro dell’Italia (e non solo) sulle e-mail di tanti curiosi. Un’operazione di viral marketing di tutto rispetto, che in sei mesi ha ottenuto ottimi risultati. Nelle sole prime 24 ore, oltre 10.000 persone hanno visitato e commentato il sito di XY sulle pagine ufficiali del progetto sui social network. Ancora nessuno può sapere quante copie in più la campagna regalerà al libro, di certo c’è che finalmente il web e i suoi utenti sono stati “usati” dall’editoria libraria in modo innovativo. La parola ora passa ai lettori. 12 Novembre 2010 11 Costume & Società In Italia boom delle riviste patinate. Ce ne sono 83 e vendono molto di più dei quotidiani L’irresistibile fascino del gossip Il conduttore Gianni Ippoliti: «Taroccano le foto, e i lettori applaudono» Francesco Alfani Se siete snob vi potete dedicare alla lettura delle sobrie “Gioia”, “A” o “Vanity Fair”. Oppure vi piace proprio affacciarvi dal buco della serratura: in quel caso, vi rivolgerete a qualcosa di più aggressivo, come un “Eva tremila”, una “Cronaca vera” o un “Vip”. Volete ancora altro gossip? Scegliete a caso tra questi: “Di Tutto”, “Donna Più”, “Tutto di tutti”, “Vivo”, “Vera”, “Di Più Tv”, “Visto”, “In”, “Grazia”, “Chi, “Gente”, “Novella Duemila”. Se volete la cronaca rosa, siete nel paese giusto e nel momento giusto. Lo sa bene Gianni Ippoliti, giornalista Rai che da ormai sette anni tiene una “rassegna stampa rosa” nel corso della trasmissione “Mattino in Famiglia”, su Raidue, in cui scherza sull’invasione della cronaca di costume nelle edicole italiane. «Siamo arrivati a 83 testate», ci racconta, «molte delle quali nate recentemente. Una iperdiffusione che penalizza la qualità dell’informazione». I settimanali che spifferano le in- INVASIONE Le edicole sono piene di settimanali di costume discrezioni sul “divorzio” tra Fabrizio Corona e Belen Rodriguez o intervistano un miracolato da Padre Pio, infatti, vanno bene. Il caso più eclatante è quello di “Di Più Tv”, che, fondata nel 2005, ha rapidamente scalato le posizioni in classifica e oggi, con una tiratura di oltre 600 mila copie, sta davanti ad ammiraglie come “Chi”, “Gente” e “Donna Moderna”. Ma per vendere usano tutti i mezzi, come, ad esempio, un uso “creativo” delle foto. «I settimanali abusano di immagini di repertorio totalmente decontestualizzate; il politico con la giacca quando è estate, o abbronzato in inverno», racconta divertito Ippoliti. «Leggi che tra Christian Vieri e Melissa Satta è tornato il sereno, e sopra c’è una foto di Bobo con la faccia inc... Ma come si fa?». Sfruttare gli archivi non è l’unica pecca delle riviste rosa. «C’è anche il photoshop, che per me è la forma di manipolazione più esilarante, o se vuoi la più grave. Leggi “splendida come una ventenne”, e ti domandi: splendida chi? Anche perché quando confronti la foto ritoccata con l’originale, spuntano rughe, borse, volto sfigurato da lifting o da operazioni sbagliate». Gli imputati non sembrano prendere male le critiche. «Arrabbiarsi? Figurati. Siamo sempre alle solite, tutti vogliono essere citati. Anche perché la rassegna stampa fa segnare il picco di share della trasmissione». Del resto, il settore gode oggi di un ottimo stato di salute, confrontato con il panorama generale della carta stampata. A ottobre è apparso sulla scena anche il primo free press che si occupa solo di costume. “Io Spio”, questo il nome della testata, si trova nei bar e nelle stazioni della metropolitana di Roma e Milano, e già alla seconda uscita è andato esaurito in sole tre ore, convincendo l’editore, Mario Farina, a portare la tiratura del settimanale da 800 mila copie a 1 milione. La cronaca rosa sembra pagare: “Io Spio” vende gli spazi pubblicitari sulle sue colonne a 8 mila euro a pagina. Dopo il caso Califano un’analisi sulla società che tutela i diritti d’autore Questa Siae vale solo per i Bixio Vengono favoriti i vari vertici della produzione artistica Chiara Aranci Roberta Casa «Non so bene come funzioni la Siae, so solo che prendo circa diecimila euro a semestre che misteriosamente non aumentano nè diminuiscono». Il “povero” Franco Califano non ha dubbi: di diritti d’autore non si vive, e il cantante ha invocato la legge Bacchelli per porre rimedio all’indigenza che, dopo una vita forse troppo spericolata, gli vieta una dignitosa vecchiaia. E allora, come funziona la Siae? La Società Italiana Autori ed Editori, si definisce “ente pubblico a gestione privata”, che si occupa di incassare e ripartire i diritti d’autore, ovvero l’utilizzazione esclusiva dell’opera (riproduzione, esecuzione, diffusione) e i diritti morali (paternità, integrità, pubblicazione) riconosciuti dalla legge del 1941. La normativa istituì per la prima volta in Italia la tutela dei “prodotti” di carattere creativo in tutti i settori dell’arte. Chi vuole tutelare l’utilizzo della propria opera può rivolgersi alla Siae, diventandone 12 12 Novembre 2010 socio pagando una tassa d’iscrizione di 220 euro, che va rinnovata ogni anno. Costo, circa 90 euro. La capillarità dell’ente fa sì che molti decidano di rivolgersi alla Siae, che segue l’utilizzazione delle opere comunque e dovunque. Una sorta di “securitate” del pro- web terreno fertile, grazie al passaggio al digitale. Capostipiti di questo nuovo modo di tutela, la licenza “creative commons” e il sistema di archiviazione di file denominato marcatura temporale, entrambe gratuite. Nel caso della Siae, invece, Piccoli e grandi soci hanno lamentato poca chiarezza nella gestione e nella ripartizione delle entrate dotto, che sembra utilizzare gli stessi meccanismi della vecchia polizia di regime per quanto riguarda l’impenetrabilità e la poca trasparenza. Piccoli e grandi soci hanno spesso, infatti, lamentato poca chiarezza sia nella gestione che nella ripartizione delle entrate, specialmente nel settore musicale. C’è addirittura chi sostiene l’inutilità dell’ente, dal momento che il compito di sorveglianza potrebbe essere svolto dalla Guardia di Finanza. Per non parlare delle nuove formule di tutela del diritto d’autore, che trovano sul la convenienza nell’associarsi è soltanto per chi è sicuro di trarne vantaggi economici. Per coloro al di fuori del mercato musicale su larga scala, l’iscrizione rappresenta una perdita, che non verrà mai sanata da un guadagno futuro. Perché i meccanismi di ridistribuzione dei guadagni sono contorti e favoriscono i vertici dell’associazione, composti proprio dai grandi “signori”del mercato musicale. Ad esempio, nel 2001, uno dei più grandi editori musicali italiani faceva parte del consiglio di amministrazione della Siae. Si tratta di Franco Bixio, figlio di Cesare Andrea, meglio conosciuto per aver scritto canzoni di enorme successo come “Mamma”, “Parlami d’amore Mariù” e molte altre. Proprio il Cda decise di prevedere una maggiorazione sugli introiti delle canzoni “evergreen”. E per un curioso caso, il maggior beneficiario fu proprio lo stesso Franco. Ma da dove arrivano i soldi per pagare i diritti? Nel campo musicale i guadagni provengono dal controllo sulle riproduzioni di un brano registrato, dai passaggi in radio ai concerti, fino alle feste private in locali pubblici. Ma la cifra viene ridistribuita secondo statistiche campionarie, frutto di logiche commerciali, e non tra gli autori della musica effettivamente eseguita in quelle occasioni. In più, parte del denaro è assorbito da costi strutturali della stessa Siae, a discapito degli artisti. In molti esprimono il dubbio che ci si trovi di fronte a un vero e proprio “ente inutile”, che sottrae risorse e crea molti più problemi di quanti ne risolva. IMPOVERITO Franco Califano ha chiesto la legge Bacchelli Reporter nuovo Settimanale della Scuola Superiore di giornalismo “Massimo Baldini” della LUISS Guido Carli Direttore responsabile Roberto Cotroneo Comitato di direzione Sandro Acciari, Alberto Giuliani, Sandro Marucci Direzione e redazione Viale Pola, 12 - 00198 Roma tel. 0685225558 - 0685225544 fax 0685225515 Stampa Centro riproduzione dell’Università Amministrazione Università LUISS Guido Carli viale Pola, 12 - 00198 Roma Reg. Tribunale di Roma n. 15/08 del 21 gennaio 2008 [email protected] ! www.luiss.it/giornalismo Reporter nuovo