Spiritualità Adulti 2010-2011 5 APRILE 2011 SERGEI KOURDAKOV “Ero stupito che anche giovani della mia età, della mia generazione, credessero in Dio, questo era troppo per me”. Da ateo comunista persecutore di cristiani, a cristiano perseguitato e ucciso Da: ANGELO COMASTRI, Dov’è il tuo Dio, Storie di conversioni nel XX secolo, Edizioni S.Paolo, Cinisello Balsamo (MI), quarta edizione 2007 Pagg.105-124 Devi essere contento di essere in prigione. Qui, hai tutto il tempo per pensare alla tua anima!». Ivan guardava il soffitto in silenzio. Non sapeva più nem−meno lui, se voleva tornare libero o no... Né si sapeva dove la vita sarebbe stata migliore: se qui o laggiù. Alioska non menti−va quando diceva che era contento di essere in prigione: lo si capiva dalla sua voce e dai suoi occhi. «Vedi, Alioska! — reagì, a un certo punto, Ivan —. Il tuo ra−gionamento fila liscio: Cristo ti ha detto di andare in prigione ed è per Cristo che ti trovi qui. Ma perché sono stato messo dentro io?». La domanda rimase senza risposta, perché un ennesimo controllo notturno, con relativa conta dei prigionieri, troncò il discorso. Però, in fin dei conti, la risposta era stata già data: «Bisogna pregare per l'anima, affinché il Signore ci tolga dal cuore la schiuma della cattiveria! ». Questo incantevole episodio è raccontato, non senza emo−zione, da Alexandr Solzenicyn ed è uno dei tanti meravigliosi fiori sbocciati in Unione Sovietica nel tempo drammatico della persecuzione dei credenti: dietro Ivan Denisovic, infatti, si na−sconde l'esperienza dello scrittore. Sergei Kourdakov: un fiore spuntato nel gelo La storia di Sergei Kourdakov sembra un romanzo di fanta−scienza: e invece è una storia vera che merita di essere cono−sciuta, per capire quanto siano infaticabili i passi di Cristo alla ricerca di ogni uomo. La storia di questo giovane impressiona, emoziona, coinvolge e fa esclamare: «Signore Gesù, veramen−te tu sei il pastore buono, che cerca la pecora smarrita anche nel precipizio più pericoloso: e la tua gioia sta nel sollevare la pecora ferita e posarla sulle spalle sicure del tuo amore senza limiti!» . Sergei nacque il 1° marzo 1951 a Novosibirsk, in Siberia, e rimase orfano dei genitori all'età di quattro anni e mezzo. La storia della sua famiglia è un' autentica tragedia: i nonni pater−ni morirono di stenti, perché si ribellarono al programma di collettivizzazione portato avanti da Stalin nel 1928; il padre fu fucilato nel 1955, quando Chruscev andò al potere e decise una larga epurazione dei collaboratori di Stalin; la madre morì di crepacuore pochi mesi dopo la morte del marito. Sergei rimase solo! Alcune famiglie, amiche dei genitori, si presero cura di lui fino all'età di sei anni e poi, come tanti altri orfani, fu indirizzato a un collegio di Stato. de responsabilità verso il mio popolo, specialmente per coloro che venivano perseguitati per la loro fede. Se tacevo, chi avrebbe parlato per loro? Chi avrebbe conosciuto le loro sofferenze? Conclusi che ero in debito verso di loro. Decisi di non riferire alle autorità quella minaccia. Dopo tutto, la decisione di parlare era mia e dovevo portarne la responsabilità. Naturalmente, desideravo avere una casa, una famiglia e una vita normale ordinata, qualcosa che non avevo mai avuto fino allora. Ma, prima di pensare alla mia vita, dovevo pensare a coloro che avevo lasciato. Dovevo raccontare la loro storia e aiutarli. Col mio esempio dovevo dimostrare agli altri, specialmente ai giovani, che Dio esiste e che egli può cambiare anche la vita peggiore, come aveva cambiato la mia. L'anima del grande popolo russo non è morta. Non è stata soffo−cata da una ideologia alienante, atea, sterile. E non lo sarà finché esi−steranno uomini come Alexandr Solgenitsin, donne come Natascia Zda−nova e milioni di altri come loro, nei quali non si è spenta la scin−tilla della fede e del vivere civile. Anzi, in migliaia di chiese clande−stine e in milioni di persone di tutta la Russia quel guizzo di fede avvampa in modo più splendente e l'adesione ai principi religiosi di−venta più forte, perché sono rafforzate dalle prove delle sofferenze brutali. E un giorno quei milioni di lucignoli fumiganti di fede e di vivere civile esploderanno e si fonderanno in un'unica gigantesca fiamma di fede. Nel mio cuore ho un messaggio da trasmettere ai credenti della Russia che mi hanno tanto aiutato a cambiare vita. Lo affido a questo libro, nella speranza che un giorno in qualche modo possa . arrivare a loro, ed essi capiranno. Alla signora Litovicenko, la moglie paralizzata del pastore che ab−biamo ucciso una domenica pomeriggio presso il fiume Elizovo: De−sidero dirle che mi dispiace, molto più di quanto possa credere. A Nina Rudenko, la bella ragazza la cui vita è stata rovinata dal mio gruppo di assalto io chiedo: Ti supplico, perdonaci. Infine, a Natascia, che ho picchiato selvaggiamente e che era pronta ad essere picchiata per la terza volta per la sua fede, voglio dire: Natascia, è soprattutto per merito tuo che la mia vita è cambiata e che ora sono un fedele credente in Cristo con te. Ho davanti a me una nuova vita. Dio mi ha perdonato; spero che anche tu possa perdo−narmi. Grazie, Natascia, dovunque tu sia. Non ti dimenticherò mai, mai! — È molto probabile, — disse il pastore —. È una delle Bibbie, stampate e introdotte in Russia dall'organizzazione denominata « Evan−gelismo Clandestino ». — Dove hanno la sede? — domandai —. Voglio ringraziarli e dire loro che le Bibbie passano i confini. Mi diede l'indirizzo dell'« Evangelismo Clandestino » e feci loro una chiamata telefonica. Parlai con il presidente, L. Joe Bass, il quale mi disse che si sarebbe volentieri incontrato con me e che presto sa−rebbe passato per Toronto mentre era in viaggio per l'Europa. Quando L. Joe Bass venne, ci incontrammo e parlammo per molte ore. Venni così a conoscenza del lavoro che quella organizzazione stava facendo per aiutare i credenti perseguitati in Russia e negli altri paesi comunisti e lo ringraziai a nome del popolo russo. Stavo terminando il mio corso di inglese e presto sarei stato pronto per assumere un impiego. Avevo avuto un'ottima offerta come ingegnere radiotecnico in un'industria elettronica e avevo buone prospettive per il futuro. Con quella compagnia avrei potuto percepire un buon salario, comperarmi un'automobile, e poi in seguito sposarmi, mettere su casa e avere una mia famiglia. Tutto questo costituiva un forte richiamo per me. Ma, mentre nutrivo tutti questi pensieri di felicità, non potevo dimenticare le esperienze vissute in Russia. Non potevo dimenticare le migliaia di credenti che lì venivano ancora picchiati a motivo della loro fede. Non potevo dimenticare i giovani che avevano preso il mio posto nelle squadre di assalto. Non potevo dimenticare le Bibbie che ancora venivano bruciate e le chiese che ancora si riunivano in segreto. Non potevo dimenticare i milioni di giovani, come me, che nella loro ricerca della verità erano condotti fuori strada, ingannati, delusi. Dovevo fare tutto quello che era nelle mie possibilità per aiutarli. Incominciai a parlare nelle chiese e alla televisione, dicendo che cosa aveva significato per me la conversione a Cristo e chiedendo preghiere per il mio popolo. Parlai molte volte in pubblico descrivendo la persecuzione che si faceva in Russia. Un giorno uscii dalla stazione della metropolitana di Dundas West a Toronto e mi avviai verso casa. Mi accorsi di essere seguito. Mi fermai e mi girai di colpo. Mi trovai di fronte tre uomini robusti e ben piantati. Uno di loro mi disse parlando in perfetto russo: — Kourdakov, per il tuo bene, è meglio che, tenga la bocca chiusa e non parli più. Se apri ancora la bocca, ti potrà capitare un incidente mortale. Ricordatelo. Sei stato avvertito. Si voltarono e se ne andarono. Io mi avviai verso casa, ripensando a quello che mi avevano Conoscevo la polizia sovietica, perché ero stato uno di loro, e sapevo come agivano. Non era una semplice minaccia. Sapevo anche di avere una gran- Fino all'età di nove anni rimase nel Collegio Numero Uno di Novosibirsk: fu un periodo duro, senza affetti e senza il ca−lore di autentiche relazioni umane. Sergei ne soffrì tantissimo. All'età di nove anni fu trasferito in un altro collegio di Sta−to: a VerkhIrmen, una cittadina che sorge sulle acque del fiu−me Irmen a 65 chilometri da Novosibirsk. Il collegio, dopo un po' di tempo, fu chiuso perché i ragazzi, indisciplinati e vio−lenti, terrorizzavano la popolazione: Sergei viene destinato al collegio di Barysevo. In questo nuovo collegio Sergei imparò a lottare per soprav−vivere, divenne forte fisicamente e subito rivelò straordinarie capacità di leader: in pochi anni conquistò il titolo di «re di Barysevo», perché tutti i ragazzi lo temevano e si piegavano ai suoi ordini. Per la prima volta sente il nome di Dio A Barysevo scoprì anche che i suoi educatori avevano orro−re del nome di Dio e, ogni mattina, iniziavano la lezione così: «Buongiorno, ragazzi! Ricordatevi che non esiste alcun Dio». Sergei intanto venne a sapere che non tutti i ragazzi ospiti del collegio erano orfani: circa un terzo di loro era stato sottratto a genitori ancora viventi ed era stato inviato forzatamente a Barysevo. Perché? Sergei nel suo diario racconta: «Quanto venni a sapere, mi sbalordì. Alcuni si trovavano lì perché le loro madri erano prostitute o i loro padri erano alco−lizzati oppure perché i loro genitori credevano in Dio. Tali ge−nitori erano stati dichiarati "incapaci" dallo Stato e privati del−la patria potestà. I loro figli erano stati inviati a Barysevo. Uno di quelli i cui genitori erano credenti era un ragazzo di tredici anni. Per me egli era sempre stato un mistero, perché era com−pletamente diverso dagli altri ragazzi. Era piccolo per la sua età, sveglio, intelligente e sempre intento a studiare. Compiva i suoi doveri senza lamentarsi, ma poi se ne stava per conto suo. Tutte le volte che conversava con gli altri ragazzi, parlava di Dio. Quando mi parlarono di lui, ne rimasi affascinato. Nes−suno prima di allora mi aveva parlato di Dio a Barysevo e ne−gli altri collegi in cui ero stato. Un giorno qualcuno disegnò su una parete la caricatura del piccolo credente rappresentandolo come un prete, con un' aureola in testa e una folta barba. Un altro ragazzo ci scrisse sotto con la matita: "Il Diacono". Il no−mignolo era indovinato e da allora fu sempre chiamato con quel nome. «"Ehi, Diacono — gli gridai un giorno mentre passava —. Vieni qui. Sento dire che vai in giro parlando di Dio? È vero?". «"Sì, è vero", balbettò. «"Tu sei credente?", chiesi. «Ero molto incuriosito. Non avevo mai visto da vicino un credente. Per me era come chiedere a qualcuno se veniva da Marte o dalla Luna. Avevo sentito qualcosa sui credenti e an−che alcune voci secondo le quali mia madre era una di loro. Gli misi il braccio sulla spalla e parlai a lungo con lui. Capii che Diacono era un vero "missionario". Mentre di solito aveva un aspetto buio e depresso, quando parlava di Dio diventava subito vivace. Il suo volto si illuminava e non riuscivi più a fermarlo! Parlò della creazione del mondo e della storia di Dio e dell'uomo, e riempì il suo racconto con esempi ricavati dalla Bibbia. Ero stupito. Per me egli costituiva un oggetto di curiosità. Lo presi sotto la mia protezione e parlai spesso con lui». Nel 1966, quando aveva ancora quindici anni, per la sua straordinaria capacità Sergei è nominato capo della lega giovanile comunista della sua scuola: era un incarico importante. L' anno successivo consegue il diploma e, soprattutto, ottiene la bella soddisfazione di vedere riconosciuta l'organizzazione giovanile comunista di Barysevo come la migliore del distretto di Novosibirsk. Tale successo gli apre la strada per l'accademia navale di Leningrado: sembra il compimento di un sogno! Sergei è felice e parte per l'Accademia con il cuore pieno di progetti e di ambizioni. Mentre si reca a Leningrado, desidera passare per Mosca: ha un dovere da compiere ed è lui stesso a raccontarlo: «Dopo un viaggio lungo e faticoso, il treno entrò nella stazione Kasan a Mosca. Scesi dal treno per una sosta di due giorni nella capitale del nostro paese. «Il primo luogo al quale mi recai fu la tomba di Lenin. Lì mi misi in fila e attesi pazientemente il mio turno per parecchie ore. Come octobrianik ero stato suo nipote e come capo della lega giovanile comunista ero suo figlio. Un giorno, come membro dello stesso partito comunista, sarei stato suo compagno. «Quando entrai nel silenzioso santuario e mi avvicinai ai resti mortali del padre Lenin, fui inondato da un sentimento di devozione e di venerazione. Mi fermai vicino e guardai con calma il corpo di quell'uomo le cui dottrine avevo studiato così intensamente e che per me era come un dio. Era il fondatore della mia "religione", che per la prima volta nella vita mi aveva dato qualcosa in cui credere. Egli aveva insegnato l'uguaglianza, la fraternità e la necessità di aiutare il debole. Chinai la testa e lo pregai. Non potrei definire quel gesto in altro modo. Pregai: "Padre Lenin, aiutami nella mia vita. Indicami la direzione giusta e guidami. Aiutami a capire e a seguire i tuoi insegnamenti. Rimuovi gli ostacoli e i pericoli dalla mia strada e dalla mia vita. Proteggimi e guidami. Aiutami, padre Lenin". «Alzai la testa, guardai ancora per alcuni istanti i resti di Lenin e uscii. Mi sentii in qualche modo più forte e maggior−mente in grado di affrontare quello che mi aspettava. «Il giorno seguente presi il treno per Leningrado, 640 chilo−metri a nordovest di Mosca, e vi giunsi dopo varie ore di viaggio per incominciare un nuovo capitolo della mia vita, una carriera come futuro ufficiale di marina, studente nell'Accade−mia navale Alexandr Popov». come bibliotecaria in una università vicino a Toronto. Mi disse che era cristiana. Avevo il suo indirizzo e le risposi. Mi invitò ad andare in una chiesa e io ci andai volentieri. Entrando in chiesa, ebbi l'impressione di trovarmi in un luogo fa−miliare. — Qui è come in Russia! — esclamai, pensando ai canti, allo spi−rito e alla comunione che avevo osservato nelle chiese clandestine in Russia. Il padre di Valentina mi diede il libro dei Salmi che mi fu di grande aiuto. Incominciai a frequentare le chiese ucraine di Toronto e vi trovai uno spirito meraviglioso, specialmente tra i giovani. Incontrai un pastore che aveva sentito parlare di me e conversammo insieme. Gli dissi che il mio cuore era ancora vuoto e che, sebbene ora fossi libero fisicamente, non mi sentivo completamente tale. Gli spiegai che sen−tivo dentro di me il desiderio di credere in Dio e di servirlo. — Capisco, — disse. Rispose a molte mie domande, mi insegnò le verità della Bibbia e mi indicò la via verso Dio. Gli sarò sempre grato per tutto questo. Un giorno, durante una celebrazione liturgica, mi disse: — Sergei, sei pronto a dedicare pienamente e completamente la tua vita a Dio? — Sì, — risposi. — Preghiamo, — disse. Mentre pregavamo, successe qualcosa in me, qualcosa di definito, concreto e preciso. Sentii il cambiamento. Sentii dentro di me la pace di Dio. Sentii che la mia lunga ricerca era terminata. Affidai la mia vita a Dio ed egli entrò nella mia vita. In quel giorno meraviglioso la mia vita rinacque nuovamente, e finalmente l'irrequietudine, la vanità, l'asprezza e il vuoto della mia vita furono riempiti da Gesù Cristo. Mi sentivo felice! Era meraviglioso sapere che ora anch'io ero un credente, proprio al fianco di Natascia, del pastore Litovèenko e degli altri credenti che avevo perseguitato! Adesso ero uno di loro! Il pastore mi insegnò ancora molte altre cose in modo che potessi crescere nella fede cristiana. Un giorno mi disse: — Sergei, ora che sei cristiano, hai bisogno di una Bibbia scritta nella tua lingua. E mi diede una piccola Bibbia russa con la copertina nera. Fu come se fossi stato colpito da un fulmine. Non credevo ai miei occhi. Il pastore notò il mio stato d'animo e mi chiese: — C'è qualcosa che non va? Cosa c'è? — Questa Bibbia, — esclamai —. Ne ho già vista una perfetta−mente identica. — Dove? — È lo stesso tipo di Bibbia che ho visto in alcune chiese clan−destine in Russia. La aprii e la sfogliai. Sì, era così. Era la stessa Bibbia. In Quebec ero seguito da un uomo dell'ambasciata russa che mi pedinava dovunque andassi. La polizia a cavallo mi avvertì che a Montreal era ancorata una nave russa e che stessi in guardia. — Se la minacciano, ci chiami, — mi dissero. A causa del pericolo costituito dal FLQ e poiché a Quebec i co−munisti erano molto forti, decisi di partire e di recarmi a Toronto. A Montreal c'era un consolato russo e a Ottawa c'era un'ambasciata russa e io volevo stare lontano da loro. Così arrivai a Toronto e presi alloggio presso una famiglia russa che aveva letto la mia storia e mi offrì un posto in cui vivere. Il governo canadese mi pagò le spese per lo studio della lingua inglese all'università e mi impegnai nell'apprendimento di questa nuova lingua. Nel mio spirito sentivo sempre il bisogno di Dio. Provavo una fame spirituale che è difficile spiegare. Sentivo che non sarei mai stato un uomo completo finché quella fame non fosse stata appagata. Non si trattava di un senso di rimorso per aver picchiato e ucciso credenti. Sapevo che Dio mi aveva perdonato, perché lo avevo fatto per igno−ranza. Quello che sentivo ora era un genuino e profondo bisogno spi−rituale nella mie mente libero fin fisicamente. Mi ricordai di aver udito un credente affermare durante un interrogatorio, che essi digiunavano quando pregavano per qualcosa che desideravano ardentemente. Pensai che probabilmente avrei dovuto fare la stessa cosa. Mi recai in una chiesa di Toronto che avevo già visitato con una famiglia che mi aveva aiutato. La chiesa era sempre aperta per chi voleva entrarvi a pregare. In quel momento non c’era nessuno. Perciò andai avanti e cominciai a pregare. Rimasi lì due giorni, bevendo soltanto un po’ d'acqua. Non sapevo quali parole dire, ma il mio cuore pregava per me. Il cuore era in grado di esprimere quello che sentivo. Dopo due giorni, durante i quali dormii solo soltanto tre ore per notte, dalle tre alle sei, uscii dalla chiesa e mi recai a scuola. Mi ricordai di aver udito un credente affermare, durante un inter−rogatorio, che essi spesso digiunavano quando pregavano per qual−cosa che desideravano ardentemente. Pensai che probabilmente avrei dovuto fare la stessa cosa. Mi recai in una chiesa di Toronto che avevo già visitato con una famiglia che mi aveva aiutato. La chiesa era sempre aperta per chi voleva entrarvi a pregare. In quel momento non c'era nessuno. Perciò andai davanti e inco−minciai a pregare. Rimasi lì due giorni, bevendo soltanto un po' d'acqua. Non sapevo quali parole dire, ma il mio cuore pregava per me. Il cuore era in grado di esprimere quello che sentivo. Dopo due giorni, durante i quali dormii soltanto tre ore per notte, dalle tre alle sei, uscii dalla chiesa e mi recai a scuola. Mi sentii rinvigorito spiritualmente, ma mi mancava ancora qual−cosa. Ricevetti una cartolina da Valentina Bubovic, una ragazza russa che lavorava Nel luglio del 1968, quando era trascorso appena un anno nell'accademia navale di Leningrado, comunicano a Sergei che era stato destinato a completare gli studi nell'Accademia navale di Petropavlovsk, nella provincia di Kamciatka. La Kamciatka era conosciuta come «gli occhi della Russia»: esse− re mandati in quell'Accademia navale rappresentava un grosso passo in avanti. Sergei scopre l'esistenza dei «religiozniki», cioè i credenti Sergei parte con l'entusiasmo di sempre ed è preceduto da un'ottima relazione sul suo impegno a favore del partito. È, per questo motivo, nominato capo della lega giovanile comu−nista dell'Accademia, che contiene milleduecento allievi: un bel colpo, un bel passo in avanti! Ma non finisce qui. Nel maggio 1969 è contattato da Ivan Azarov, maggiore del Kgb (polizia segreta) della Kamciatka, e gli viene offerto l'in−carico di diventare capo di un gruppo speciale di polizia, che avrebbe operato come una branca segreta della polizia di Pe−tropavlovsk. Sergei è sorpreso... ma è anche soddisfatto: in quei tempi un simile incarico apriva orizzonti ambitissimi per la carriera di un uomo. Velocemente organizza il gruppo speciale di azione e sce−glie una ventina di giovani dell'Accademia, che rispondevano perfettamente alle esigenze del caso. Sono inviati a sedare risse nei bar pieni di gente alcolizzata oppure ad aiutare la poli−zia nella ricerca di qualche pericoloso assassino e, per ognuna di queste missioni, ricevono compensi altissimi, di cui poche persone potevano godere nella Russia di quei tempi. Tutto andava a gonfie vele... ma un giorno il gruppo è con−vocato nella stazione di polizia, dove li aspettava Ivan Azarov, il ben noto e temuto maggiore del Kgb. Egli, senza preamboli inutili, disse: «Bravi, mi hanno parlato bene di voi. Ora è venuto il mo−mento di andare al nocciolo del vostro compito, al lavoro ve−ramente importante. «Volevo che faceste un po' di esperienza in questo lavoro prima di affidarvi gli incarichi veramente importanti. In Unio−ne Sovietica ci sono varie specie di criminali. Sono nemici dello Stato gli assassini, gli ubriaconi e le prostitute. Ci siamo occupati di gente di questa specie. Ma questi contano vera−mente poco. Esistono criminali molto più pericolosi per la si−curezza del nostro paese e per il nostro sistema di vita. Sono molto più pericolosi, perché lavorano pacificamente in mezzo a noi, minando le fondamenta del nostro sistema e minaccian−do l'esistenza del nostro paese. La gente, di cui parlo, esterna−mente sembra innocua. Ma non fatevi ingannare. Essi diffon−dono i loro pensieri velenosi, minacciando la vita della nostra società, avvelenando la mente dei nostri figli con falsi inse−gnamenti e minando le dottrine del leninismo e del marxismo. Costoro sono i religiozniki, i credenti nella religione. «Sono ancora più pericolosi perché non sembrano pericolo−si. Gli assassini e i ladri sono visibili. Questa gente è menzo−gnera, astuta e furba. Prima che voi ve ne accorgiate, hanno già minato le cose per le quali abbiamo lavorato con tanta fati−ca, hanno avvelenato il popolo e fatto i loro danni». Sergei rimase fortemente impressionato dalle parole di Aza−rov e nel suo diario, a distanza di qualche anno, riferisce pun−tualmente l'effetto di quel discorso diabolicamente convin−cente: «Quando Azarov ebbe finito di parlare, noi consideravamo i credenti come demoni, come cospiratori che si riunivano se−gretamente nelle case per complottare sul modo di far cadere il nostro governo e avvelenare i bambini. Volevamo entrare subi−to in azione, dare loro una lezione ed eliminarli. «Il discorso di Azarov fu ribadito, nelle due settimane che seguirono, da molte altre conferenze quasi simili. Imparammo quali erano i metodi e le tecniche usate dai credenti. Durante una di quelle conferenze chiesi perché non veniva usato il ter−mine "persone religiose" o "cristiani" invece di "credenti". «Azarov rispose: "È una domanda intelligente, Kourdakov. Voglio risponderti. Non è stato il compagno Lenin a insegnarci tanto tempo fa che non è la religione che bisogna temere ma i credenti? Sono essi il nostro peggior nemico. Possiamo di−struggere la religione e chiudere le chiese. Guardatevi attorno qui in Kamciatka. Che cosa vedete? Ci sono chiese? Natural−mente no! Non le permettiamo. Non c'è nessun luogo religio−so in tutta la Kamciatka. La chiesa non è un pericolo. La reli−gione non è un pericolo. Sono i credenti in se stessi che biso −gna temere". «Fece una pausa e guardò l'assemblea per vedere quale ef−fetto avevano prodotto le sue parole. Evidentemente soddisfat−to, continuò: "Una volta il compagno Lenin disse che si posso−no facilmente chiudere le chiese e mettere in prigione i capi, ma che è molto difficile sradicare la fede dal cuore dell'uomo una volta che ne sia stato contaminato. Questo, compagno Kourdakov, è il motivo per cui il nostro nemico sono i creden−ti, e non la religione. Questo è il motivo per cui non li chia−miamo cristiani o persone che vanno in chiesa. Li chiamiamo credenti. Credono dentro di sé, e sradicare la fede dai loro cuori è un compito veramente difficile". «Ciò mi fece molta impressione. «La sede del nostro club nel collegio di Barysevo era una chiesa chiusa. Non è difficile chiudere le chiese. Ora lo capivo. Il nostro compito era di impedire che la fede mettesse radici nel nostro popolo, specialmente nei giovani e nei bambini. «"Grazie, compagno Azarov — dissi a nome dei miei uomini. — Sono state riunioni molto importanti. Non avevamo la minima idea dei problemi causati da questa gente apparentemente innocua», delle chiese clandestine possedevano. Desideravo avere ciò che Natascia aveva». Ma un giorno, mentre Sergei Kourdakov usciva dalla stazione della metropolitana di Dundes West a Toronto, fu raggiunto da tre uomini robusti. Uno di loro in perfetto russo gli disse: «Kourdakov, per il tuo bene è meglio che tu tenga la bocca chiusa, ti potrà capitare un incidente mortale. Ricordatelo: sei stato avvertito!». Sergei Kourdakov continuò a parlare e... il 1° gennaio 1973 fu trovato fulminato da un colpo di pistola nella sua stanza... così come avevano preavvisato i tre misteriosi uomini un po' di tempo prima. Ma ormai Sergei Kourdakov aveva incontrato Gesù! E nel Vangelo di Gesù ci sono queste parole che ben commentano la sua vicenda commovente: «A voi miei amici, dico: Non temete coloro che uccidono il corpo e dopo non possono più fare nulla» (Lc 12,4). Queste rassicuranti parole si trovano nel capitolo XII del Vangelo di Luca, vicino a quella pagina di Vangelo trascritta a mano, che Sergei lesse con stupore ed emozione in una notte di luglio dell'anno 1970: non è qualcosa di più di una coincidenza? Da: SERGEI KOURDAKOV, Perdonami Natascia, Editrice Elle Di Ci, Torino, 1986 Pagg.230-234 ………. Due giovani bulgari, che erano fuggiti in Canada parecchi mesi prima, mi aiutavano facendomi da interpreti e accompagnandomi in giro. Lasciai un biglietto per loro, informandoli dove stavo andando, e mi recai all'indirizzo indicato dal messaggio che mi era stato dato. Ero atteso da molte persone. Ma esse non volevano parlarmi di lavoro. Erano membri del. FLQ, l'organizzazione terrorista dei separatisti francesi del Quebec, che aveva fatto vari attentati dinamitardi e aveva anche ucciso alcuni diplomatici nel tentativo di separarsi dal Canada. Ave−vano molti legami con i comunisti, dai quali ricevevano aiuti. Mi guar−dai attorno e mi accorsi subito che non si trattava di un colloquio per motivi di lavoro. Ero caduto in una trappola. — Kourdakov, — mi ammonirono —, se apri la bocca e dici cose che non dovresti, ti facciamo tacere per sempre. Cercai di parlare per guadagnare tempo e trovare il modo di scap−pare. Intanto, arrivarono i miei amici bulgari. Avevano trovato il biglietto ed erano subito corsi. Uscii immediatamente con loro, se−guito da voci minacciose di avvertimento. Mi resi conto che anche lì, da uomo libero, non sarei stato lasciato tranquillo. Mosca allun−gava ancora la mano su di me. Sergei, dopo un po’ di tempo, chiede di essere momentaneamente sospeso dal lavoro nella particolare squadra di polizia segreta: tentato di dissuaderlo, gli propongono di andare all’Accademia di polizia di Tomsk (posto ambitissimo da tutto!), ma alla fine viene restituito all’Accademia navale marconista ed entra come sottotenente nella marina sovietica. Il 4 marzo 1971 è a bordo di un sottomarino destinato a un servizio di perlustrazione nell'Oceano Pacifico, vicino alle isole Hawaii. Il 25 giugno 1971 viene trasferito dal sottomari−no in una nave spia, la Ivan Serede, che aveva bisogno di un marconista. Nel mese di agosto dello stesso anno viene desti− nato a un' altra nave spia chiamata Elegin. Dopo aver preparato tutto meticolosamente, Sergei decide la fuga dalla nave spia nella notte tra il 3 e il 4 settembre 1971: la nave si trovava a pochissimi chilometri di distanza dalla costa canadese e la fuga miracolosamente riuscì. Sergei ricevette l'asilo politico in Canada e, data la notorietà del suo caso subito reclamizzato dalla stampa e dalla televisio−ne, molte persone si offrirono per accoglierlo e per aiutarlo. Passarono alcuni mesi di incontri e di interviste, ma il suo pensiero era uno solo ed è lui stesso a raccontarlo nel suo dia−rio: «Il mio primo compito era quello di trovare Dio. Ma come? Dove? Praticamente non sapevo niente di Dio e non conosce−vo nessun suo ministro per parlarne. Ma al centro di Quebec avevo visto una grande chiesa, la chiesa cattolica di Sant'An−na, e decisi di andarvi. "Se questa è una chiesa, in essa posso trovare Dio", pensavo. «Vi entrai, senza sapere che cosa dovevo fare. Entrarono an−che alcune altre persone e decisi di fare come facevano loro. Andarono davanti e si inginocchiarono. Io feci la stessa cosa. Le guardai attentamente per sapere che cosa bisognava fare dopo. Incominciarono a pregare e io feci lo stesso, ma non sa−pevo che cosa dire e inoltre mi sentivo fuori posto e indegno della casa di Dio. In Russia avevo picchiato e ucciso i credenti. Avevo disperso più di centocinquanta riunioni clandestine di preghiera. Avevo bruciato Bibbie. Avevo fatto del male a donne anziane e a molti credenti. Ero indegno di stare nella casa di Dio. Eppure dentro di me provai un sentimento di pace e ringraziai Dio. «Sentivo però nel cuore una pena. Mi sembrava di essere come un uomo che cerca il pane e non riesce a trovarlo. In quella bella chiesa sapevo di essere vicino a Dio, ma desideravo essergli ancora più vicino. Ebbi un sentimento di bellezza, di pace, di un peso che veniva sollevato. Desideravo provare ancora maggiormente quel sentimento. Se era un dono di Dio, lo desideravo moltissimo. Dopo tre ore di preghiera, sentivo di essere stato aiutato, ma il mio cuore cercava ancora qualcosa di più, qualcosa che i fedeli Agosto 1969: un battesimo di sangue! La missione speciale del gruppo guidato da Sergei non tardò ad arrivare. All'inizio si trattò di incursioni in qualche saletta nel retro dei bar, dove alcuni credenti segretamente si radunavano per pregare; oppure in assalti in case isolate dei quartieri di periferia, dove alcune persone si ritrovavano per leggere la Bibbia o per trascrivere alcune preghiere da trasmettere ad altri: erano povere e umili persone, che improvvisamente erano aggredite da un branco di lupi, che le lasciavano piene di lividi e con il volto sanguinante. Ma queste persone non si fermavano, perché la fede nelle persecuzioni si rafforza! Ma nell' agosto 1969 si presentò un' occasione straordinaria.Era stata segnalata da un «traditore» (purtroppo ce ne sono sempre... fin dai tempi di Giuda!) una riunione di credenti in mezzo al bosco, lungo il fiume Avace, a circa 56 chilometri a di Petropavlosk: e, addirittura, l'informatore aveva riferito che era previsto il battesimo di alcuni giovani. Il boccone era veramente ghiotto! Sergei studiò la mappa della zona e preparò tutto minuziosamente. La riunione di preghiera era prevista per le ore 16, ma il gruppo dei giovani poliziotti si recò sul luogo fin dalle ore 9 del mattino. Nascosero il furgone, bivaccarono in un luogo solitario e si riempirono di vodka e poi, verso le due del pomeriggio, si appostarono ben nascosti, in attesa del momento fatale. E il momento venne! Un gruppo di cristiani sbuca dal sentiero e si avvia verso il fiume pregando sommessamente: alcuni di essi sono vestiti di bianco e sono tutti giovani. Racconta Sergei: «Osservando il gruppo dei credenti radunati vicino all'acqua, ne contai sette in abiti bianchi. Il partito ci aveva detto che la religione non ottiene udienza presso i giovani. Ma ciò contrad−diceva quanto stavo vedendo in quel momento con i miei stessi occhi e quanto avevo potuto vedere anche in altre occasioni. Questo mi infastidiva e in qualche modo mi fece arrabbiare. «Dopo aver parlato per alcuni minuti e letto qualcosa da un libro, Vasil Litovcenko, capo della piccola comunità, intonò un canto che il gruppo continuò. Mi sforzai di capire le parole, ma senza successo. Compresi che il canto aveva a che fare con Dio, perché questa fu l'unica parola che udii più volte. Dopo il canto, Litovcenko incominciò a entrare nel fiume, seguito dai sette credenti vestiti di bianco, uno alla volta, finché l'acqua non gli arrivò alla vita. Gli altri stavano sulla sponda del fiume cantando a voce bassa. Il sole picchiava forte e la foresta era immersa nel silenzio, se si eccettua il canto dei grilli. Sullo sfondo si poteva sentire il sussurro delle acque del fiume. Non potei fare a meno di notare la bellezza e serenità della scena. «Ma ormai era giunto il momento dell'azione. La mia gente era accovacciata e pronta. A un tratto balzai in piedi e gridai: "Pronti, andiamo! Via!". «Immediatamente i miei uomini scattarono da dietro i ce−spugli, si precipitarono giù per la collina brandendo i manga−nelli e piombarono in piena velocità sulla sponda sabbiosa. Irrompemmo nel gruppo dei fedeli spaventati e li colpimmo fa−cendoli cadere lunghi e distesi in acqua. Dopo il nostro primo attacco non ne rimase in piedi nemmeno uno. Scaraventati in acqua e sbalorditi dalla sorpresa, cercavano di nuotare mentre noi li rincorrevamo a uno a uno» Lo spettacolo era raccapricciante: il pastore Vasil Litovcen−ko fu ucciso a manganellate (gli spaccarono il cranio!), cadde nel fiume e fu portato via dalla corrente; le donne vennero denudate, caricate nel furgone e scaricate nella sede della poli−zia: le rinchiusero, per quella notte, nel grande salone dove ve−nivano ammassati gli ubriachi pericolosi raccolti nelle strade. La scena era stomachevole e lo stesso Sergei rimase disgu−stato, ma ormai non poteva sottrarsi al ruolo che gli era stato assegnato. A meno che... La bella «religiozniki» Siamo nell'anno 1970: un incontro sta per folgorare Sergei Kourdakov e gli apre gli occhi sul mistero affascinante della fede in Cristo: strumento di Dio fu una ragazza di nome Natascia! Tutto si svolse come sempre: a Sergei viene comunicata una ennesima operazione di polizia in una casa dove si sarebbero riuniti alcuni credenti per pregare; Sergei organizza il suo fa−migerato gruppo d'assalto e si dirigono, sul far della notte, verso l'abitazione segnalata: in via Okeanskaya, 66. Riferisce Sergei Kourdakov: «Presi la rincorsa e diedi una spallata alla porta, che si aprì. All'interno c'erano quindici persone spaventate, che stavano pregando e cantando in ginocchio. Ci guardarono sbigottite. Si resero conto di quello che stava succedendo e sui loro visi si poteva leggere un misto di sorpresa e di paura. Alcuni conti−nuarono a pregare e tre o quattro continuarono a cantare, senza perdere una nota. "Questa gente è davvero incredibile!", pen−sai tra di me. Ammiravo il loro coraggio, ma nello stesso tem−po esso mi fece andare su tutte le furie. Gridai: «"Che cosa state facendo?". «"Preghiamo", rispose uno. «”Chi?” «"Dio". «"Non esiste Dio, pazzi – urlai -. Non lo sapete? Pregate nel vuoto. Dov'è il vostro Dio in questo momento? Ditegli di aiutarvi ora!”. «Li spingemmo e li urtammo, scaldandoci per l’attacco. Poi improvvisamente uno dei miei uomini agitò il suo manganello e così incominciò la lotta. Spingemmo, colpimmo e demmo calci: il sangue scorreva sul volto di quei poveretti!». A un certo punto Victor, uno degli uomini più violenti del gruppo di Sergei, nota una bellissima ragazza che stava tentando di fuggire in un’altra stanza: la raggiunge e la colpisce violentemente. Sergei, che assiste alla scena, resta affascinato dalla bellezza della ragazza e chiede la sua carta d’identità: si chiama- lezione a un altro gruppo clandestino di credenti... ma accadde qualcosa di assoluta−mente inatteso. Lasciamo parlare Sergei: «Appena i miei uomini si misero al lavoro, subito si alzaro−no in aria forti grida. Io premetti la levetta del mio manganel−lo, riducendone la lunghezza in modo da poterlo maneggiare meglio in quella stretta stanza. Volavano pugni e manganelli, e le urla dei credenti, che gridavano per la paura o per i colpi che ricevevano, erano tali da rompere i timpani. «Vicino a una parete vidi una donna anziana con una faccia spaventata e le labbra che mormoravano una preghiera. Non riuscii a capire ciò che diceva a causa del rumore. Il fatto che stesse pregando mi fece infuriare e alzai il mio manganello per colpirla. Si accorse subito che stavo prendendo lo slancio e che ero pronto a colpirla e si mise a pregare forte. Ascoltai per un secondo la sua preghiera, più per curiosità che per altro. Con il braccio alzato, pronto ad abbassare il manganello sulla sua testa indifesa, udii le sue parole: "O Dio, perdona questo giovane. Mostragli la giusta via. Aprigli gli occhi e aiutalo. Perdonagli, mio Dio". «Rimasi sbalordito. Perché non chiede aiuto per sé, invece che per me? È lei che sta per ricevere il colpo di grazia! Ero furibondo per il fatto che lei, che non era nessuno, pregava per me, Sergei Kourdakov, un capo della lega giovanile comunista. In un impeto di rabbia, strinsi ancora più forte il mio manganello e feci per colpirla sulla testa.. Stavo per vibrare con tutta la mia forza un colpo sufficiente per ucciderla. Incominciai a ruotare il braccio. Ma in quel momento mi accadde la cosa più strana. Non so descriverla. Qualcuno mi afferrò il polso e lo tirò indietro. Mi spaventai. Sentii un dolore. Non era immaginazione. Era una pressione reale sul mio polso, tale da farmi veramente male. Pensai che fosse un credente e mi voltai di scatto per colpirlo. Ma non c'era nessuno! «Guardai indietro. Nessuno poteva avermi afferrato il braccio. Eppure, qualcuno mi aveva afferrato! Sentivo ancora il dolore. Rimasi fermo, sotto shock. E sangue mi salì alla testa. Sentii caldo e fui sopraffatto dal terrore. Il fatto era al di sopra delle mie capacità. Ero confuso. Lasciai cadere il manganello e corsi fuori,col sangue che mi saliva alla testa e con la faccia arrossata e scottante. Sulle mie guance incominciarono a scendere le lacrime. «Per quanto posso ricordare, dall'età di quattro anni ho pianto una sola volta. Non piansi nemmeno in collegio quando il direttore mi picchiò brutalmente. Ero troppo ostinato per piangere. Avevo giurato che nessuno mi avrebbe mai fatto piangere. Piangere era segno di debolezza. Ma ora, mentre fuggivo da quell'incubo, piangevo. Vere lacrime mi solcarono le guance. Ero confuso, perduto. Era successo qualcosa che non capivo. Corsi, camminai, poi corsi ancora, senza sapere quello che facevo. Passarono parecchie ore. Non ricordo altro se non che ho corso e pianto. Quando ritornai in me, era già buio» Improvvisamente quelle parole uscirono dalle pagine ed entrarono nel mio cuore. Continuai a leggere, avvinto da quelle affermazioni di Gesù. Era esattamente l'opposto di quanto mi aspettavo. La mia incapacità di comprendere, che era stata come una benda davanti agli occhi, sparì e quelle parole mi colpirono profondamente. Era come se con me nella stanza ci fosse qualcuno che me ne spiegava il significato. Esse produssero un profondo impatto su di me. Le rilessi più volte, poi mi sedetti per riflettere pieno di meraviglia ed esclamai: "Così sono queste le cose in cui Natascia credeva!", «Le parole mi presero il cuore. Mi sentivo turbato e a disagio, come chi cammina in un luogo sconosciuto. Lessi e rilessi quelle righe, poi le posai, ma esse continuavano a ritornarmi nella mente. Quelle parole avevano fatto di Natascia una persona migliore e l'avevano spinta ad aiutare gli altri. Esse mi ossessionarono. Era un sentimento completamente nuovo per me. «Quelle frasi di Gesù mi accompagnarono per i giorni e le settimane seguenti. Per quanto tentassi di liberarmene, non ci riuscii. Desiderai non averle mai lette. Nella mia vita tutto era ben organizzato, ma quelle parole avevano cambiato qualcosa. Provai sentimenti che non avevo mai provato prima. Non riuscivo a spiegarli e a comprenderli. Conservai quelle pagine e le lessi e rilessi per molte settimane. Riuscivo a capirle soltanto in parte, più in là c'era soltanto confusione. Era come trovarsi vicino alla riva del mare, in mezzo a un turbinare di nubi,e allungare la mano. Sai che al di là c'è qualcosa, qualcosa da toccare, da afferrare, da conoscere. Ma ti sfugge. Vedi soltanto un turbinare di nubi. «Qualcosa di profondo, una piccolissima scintilla di umanità, era ancora viva dentro di me. La vita che conducevo non era quella che avrei voluto condurre. Picchiare donne anziane non era il genere di vita che avevo a lungo sognato fin dalla fanciullezza. Credevo con tutto il cuore alla mia prima religione, il comunismo, e mi ero dato a essa senza riserve. Era stata la prima cosa nella quale avevo creduto da quando l'avevo scoperta a Barysevo. Ma ora quella fede stava svanendo, di−strutta dalla realtà della vita che avevo conosciuto. Tuttavia nulla di soddisfacente finora aveva preso il posto della mia vecchia fede. «Alla fine di luglio, mentre mi trovavo in quello stato di confusione mentale, arrivò per me il tempo della licenza mili−tare. Lasciai in aereo la Kamciatka e partii per 1' ovest, verso Novosibirsk. Durante il volo mi convinsi che non potevo più continuare quel genere di vita. Non avevo la minima idea di come avrei potuto cambiarla; sapevo soltanto da come dovevo cambiare. Decisi di fuggire dalla Russia e di abbandonare quel genere di vita. Qualcosa mi spingeva e mi costringeva» . Una mano invisibile Nell'ottobre del 1970 un altro fatto sconvolse l'animo già turbato di Sergei Kourdakov. Convocato da Nikiforov, egli partì con i suoi uomini per dare una va Natascia Zdanova. Intanto, terminata 1'operazione, il gruppo torna alla stazione di polizia portando con sé due uomini arrestati. Uno di essi, durante il tragitto, ha la forza di dichiarare: «Sappiamo che tra di noi ci sono delle spie: non siamo cosi stupidi. Ma abbiamo la grande responsabilità di invitare la gente ad andare a Dio. Noi crediamo che la nostra responsabilità di condividere la fede con gli altri sia più importante della nostra sicurezza». Sergei commenta: «Che pazzi questi credenti!». Il suo pensiero però è rivolto alla ragazza colpita da Victor: perché una ragazza cosi bella si dichiara credente e correva rischi cosi gravi per la sua incolumità? Tre giorni dopo, comunque, il solito gruppo di assalto fa l’ennesima irruzione in un’altra casa segnalata. Ma…ecco la sorpresa: Natascia era ancora lì, dopo pochissimi giorni, a pregare e a rischiare! Perché? Tutti notarono quella presenza inattesa e decisero di scoraggiare la ragazza dal frequentare quegli incontri indegni di lei. Anche Sergei si scagliò contro Natascia, che si accasciò mordendo il labbro inferiore per trattenere le grida: il sangue cominciò a scorrerle sul mento. Peccato, per il suo bellissimo volto! Il capo del gruppo di preghiera venne arrestato e condotto alla stazione di polizia. Il giorno seguente venne interrogato dal capo della stazione, un uomo rude di nome Nikiforov; e Sergei era presente all'interrogatorio. Nikiforov chiese: «Credi in Dio?»; la risposta fu immediata: «Sì!». Nikiforov reagì: «Ma sei pazzo?!». Il giovane credente re−plicò: «Ebbene, signore, lei non capirà mai perché io credo, né ciò in cui credo, perché ciò in cui credo è qualcosa che non so−no in grado di spiegarlo completamente. Credo in Dio, perché egli è vivo e abita nel mio cuore». Nikiforov gridò: «Taci!». E, detto ciò, chiamò la guardia e il giovane prigioniero fu condotto nella cella. In seguito fu con−dannato a parecchi anni di lavori forzati. Sergei, intanto, cercò di rintracciare la bella Natascia per dissuaderla dal frequentare gli incontri dei credenti: la fece convocare nella sede centrale della polizia e, con grande stupore, la trovò decisa nella sua fede. Ella ebbe il coraggio di dire: «Perché non dovrei essere una credente? Cosa preferisce che io sia: un' alcolizzata... o una prostituta?». Sergei non poté rispondere, ma ammonì la ragazza che avrebbe avuto serie difficoltà se avesse continuato per quella strada. Il terzo incontro: un fatto incredibile! Circa una settimana dopo, Sergei è convocato al quartiere generale di polizia per un'altra azione contro un gruppo clan−destino di credenti. Ascoltiamo il suo racconto, che conserva tutta la freschezza del testimone: «Arrivati sul luogo della riunione, piazzai come al solito le sentinelle e bloccai la strada. Quando tutto fu pronto, irrom−pemmo nella casa agitando furiosamente i manganelli. «I credenti, sorpresi e terrorizzati, incominciarono a disper−dersi, cercando di ripararsi dalla grandine di colpi. La stanza era piccola, e con otto credenti e noi sei era veramente stracol−ma. Ci fu molto chiasso: urla e grida. In quel momento gettai lo sguardo su una faccia familiare. Non potevo crederci! Era di nuovo lei: Natascia Zdanova! «Anche parecchi dei miei uomini la notarono. Alex Gulyaev si diresse verso Natascia con un’espressione carica di odio e con il manganello alzato sopra la sua testa. Ma ad un tratto accadde qualcosa che non mi sarei mai aspettato. Senza nessun preavviso, Victor si frappose tra Natascia e Alex , fronteggiando Alex. Victor non si mosse. Alzò il manganello e disse in modo minaccioso: “Alex, ti avverto, non toccarla! Nessuno lo tocchi!”. «Ascoltavo stupito. Era incedibile. Victor uno dei miei uomini più brutali, proteggeva una credente! «"Fatti indietro! – gridò a Alex - .Fatti indietro e te lo faccio provare". «Victor fece scudo a Natascia, che stava accucciata sul pavimento. Alex gridò da arrabbiato: “La vuoi solo per te, vero?”. «"No — gridò nuovamente Victor - . Essa ha qualcosa che noi non abbiamo! Nessuno la tocchi! Nessuno!”. «Dovevo intervenire e subito. Col suo temperamento violento Alex era pronto a lottare. “Guarda Alex – gridai, indicando un altro fedele che cercava di fuggire-. Prendilo!”. «Così distratto, Alex lo rincorse. Mandai un sospiro di sollievo. Victor stava ancora con le braccia spalancate per proteggere Natascia, sfidi dando Alex o chiunque altro a fare un passo verso di lei. verso di lei. Natascia si era alzata e stava dietro a Victor, senza capire che cosa stesse succedendo. Non era il genere di trattamento che si aspettava dal mio gruppo. Le feci un cenno col capo e poi le feci segno di uscire. Ella si girò e usci. Feci segno alle guardie di lasciarla passare. «Fu una delle poche volte nella mia vita in cui fui profondamente toccato. Natascia aveva qualcosa! Era stata picchiata selvaggiamente. Era stata ammonita e intimidita. Era passata attraverso sofferenze indicibili, ma era nuovamente lì. Persino Victor era stato colpito e aveva riconosciuto questo. Ella aveva qualcosa che noi non avevamo. Avrei voluto correrle dietro e domandarle: “Che cosa è?”. «Avrei voluto parlarle, ma se n'era andata. Quella eroica ra−gazza cristiana, che aveva tanto sofferto per causa nostra, mi commosse e nello stesso tempo mi turbò profondamente. «Poco tempo dopo, Natascia lasciò la Kamciatka e ritornò a casa sua in Ucraina. Gli scherni e le derisioni dei compagni di lavoro le rendevano la vita insopportabile. «Inviai il suo dossier personale alla lega giovanile comuni−sta del suo paese di origine in Ucraina, fornendo un resoconto dettagliato della sua vita di credente. «Ero stranamente triste per la sua partenza. Per la prima volta mi resi conto che i credenti non dovevano essere quei pazzi e nemici che avevo creduto. Natascia aveva scosso tutte le mie idee sui credenti». Una pagina di Vangelo.., è un raggio di luce! Nel mese di luglio dell'anno 1970 Sergei se ne sta tranquillo nella sala d'attesa della stazione di polizia con alcuni dei suoi uomini fidati; aspetta, come sempre, qualche segnalazione di attività di credenti da stroncare immediatamente. Nell'attesa decide di fare spazio nello scantinato destinato agli ubriachi, nel quale si era accumulato tanto materiale se−questrato ai credenti. Ecco il suo racconto: «Invitai Vladimir Zelenov a venire con me. Scendemmo le scale ed entrammo nella fredda stanza di disubriacamento. Quel giorno non c'era nessun ubriaco nella cella. In un angolo, accanto alla grande stufa di metallo, c'erano tre grandi casse di legno. Due erano piene fino all'orlo di fogli confiscati. « "Accendi il fuoco!", dissi a Vladimir. «Egli introdusse alcuni fogli, accese un fiammifero e fece divampare il fuoco. Lasciammo aperta la porta di ferro della stufa e incominciammo a buttare nel fuoco i fogli manoscritti. Nonostante il fuoco acceso, la stanza era fredda, e perciò mi venne voglia di scaldarmi con un bicchierino. Chiesi a Vladimir di andare a prendere qualcosa da bere. Intanto continuai a gettare fogli nel fuoco, una manciata alla volta. Li guardavo bruciare e pensavo che bella robaccia servire soltanto a questo. «"Che cosa trovano i giovani in questa porcheria?”. Pensai nuovamente a Natascia. Improvvisamente fui preso da grande curiosità. Avevo anche tentato di leggerli, ma non ci avevo mai trovato nessun senso. Tutto quello che avevo trovato erano storie di qualcuno o cose del genere. Per me erano come qualsiasi altro libro di storia, soltanto erano molto meno interessanti. Ma ora, solo, mentre Vladimir era andato a prendere della vodka, preso dalla curiosità di sapere che cosa ci trovavano Natascia e gli altri giovani, presi un opuscolo e incominciai a leggere. «Conteneva il capitolo XI del Vangelo di Luca, scritto a mano. Mancavano alcuno righe. Pensai che era stato scritto a memoria e che lo scrivano non ricordasse alcune frasi e che perciò avesse lasciato uno spazio vuoto da riempire in seguito. Il mio sguardo si posò su parecchie parole. Erano una specie di preghiera o qualcosa del genere. Poi, mentre guardavo, udii i passi di Vladimir che ritornava con la vodka. Strappai velocemente dal quaderno un paio di pagine scritte e le infilai in tasca. «"Eccola", annunciò Vladimir, arrivando con la vodka. «Bevemmo alcuni sorsi, gettammo nel fuoco il resto degli scritti cristiani samizdat (clandestini),la stufa e risalimmo. «Quella sera, appena ne ebbi la possibilità, sdraiato sul mio letto all'Accademia navale, tirai fuori quei fogli e mi misi nuovamente a leggerli. Gesù stava parlando e insegnando a qualcuno a pregare. Mi incuriosii maggiormente e continuai a leggere. Non si trattava certamente di materiale sovversivo. Insegnava come diventare migliori e a perdonare coloro che ti fanno un torto.