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MERCOLEDÌ 4 OTTOBRE 2006
FIERA DEL LIBRO DI FRANCOFORTE
Da oggi all’ 8 ottobre torna la Fiera del Libro di Francoforte, il principale appuntamento europeo dedicato alla compravendita
di diritti editoriali. Oltre 170 mila mq di superficie espositiva, 70 stand collettivi nazionali, più di 7 mila espositori provenienti da
tutto il mondo, circa 285 mila visitatori nella
passata edizione. Il paese ospite d’onore
quest’anno è l’India, e infatti la fiera presenterà al suo pubblico oltre 40 autori e ben 150
case editrici indiane, il tutto all’interno di un
programma che come ogni anno si prospet-
Ritratto di famiglia. I vapori che galleggiano nel canale sono
esalazioni dense nella penombra,
si mescolano a nuvole di ragnatele e alla consistenza quasi solida
del respiro dei bambini. Vanja
strofina di piatto la lama del coltello sui pantaloni e la alza per
controllarla alla luce di una fiaccola fissata alla parete della caverna. Ripete l’operazione. Strofina lentamente e muove le labbra in un sussurro. Gocce di sudore gli colano dalla fronte sulla
mano che regge il coltello; quando una delle gocce tocca la lama
bagnandola, la pressione con la
quale la strofina sulla stoffa dei
pantaloni aumenta. Sopra la sua
testa un grande numero 13 è stato inciso nella pietra, probabilmente con la punta di un grosso
cacciavite. La luce delle fiaccole e
dei bracieri illumina l’ambiente a
intermittenza. Il suolo è uno strato di fango, rifiuti e bottiglie di
plastica. Negli angoli sono ammassati cartoni aperti e spugnati.
Le pareti di pietra, invece, sono
percorse da fasci di tubi arroventati e arrugginiti. Al centro della
stanza quattro ragazzini si passano una bottiglia piena di liquido
scuro e ridono sguaiatamente,
per poi piombare all’improvviso
in un silenzio teso e polveroso. In
quei momenti si sente il rumore
di acqua che scorre, come se fossero vicini a una cascata.
Nell’angolo opposto a quello
nel quale si trova Vanja una ragazzina di circa quattordici anni,
magra e con i capelli chiari della
consistenza della stoppa, è tenuta ferma da un ragazzino grosso
e muscoloso mentre un altro ragazzo le tiene aperte le gambe e
la penetra violentemente. Lei ride come una bambina ogni volta
che quello che è sopra di lei si ritira, un attimo prima di affondare di nuovo. Una fila di grossi topi costeggia una parete e si infila
in un buco nella parete che conduce a un piccolo canaletto che
sparisce verso il basso. Poco
lontano da Vanja un altro ragazzino, avvolto in una coperta
militare nonostante il caldo,
trema e si lamenta. Ha sangue
incrostato sul volto e sui vestiti.
Vanja strofina ancora, strofina
forte la lama sui pantaloni. Poi
la alza per controllarla alla luce
della fiaccola. La trova scintillante, quasi ci si può specchiare
dentro. Un sorriso impercettibile gli attraversa le labbra.
Un uomo con i capelli raccolti dietro la nuca e la faccia
butterata entra nell’ambiente a
passi pesanti, battendo le mani.
Ha in bocca un fischietto: tre
colpi prolungati, il segnale che
chiama a raccolta i maschi. Tutti i bambini si voltano a guardarlo con gli occhi spalancati.
Lui grida: «Forza angioletti! In
piedi! Si va a lavorare!».
L’innocent et la bombe
atomique. Il furgone li viene a
prendere da due anni sempre
nello stesso punto, in uno slargo
all’incrocio fra tre vicoli stretti e
luridi che portano i nomi di grandi città europee. Vanja aspetta il
suo turno per salire la scala. Davanti a lui ci sono tre compagni,
due di loro sono già in superficie,
con i piedi sul suolo della Città
Di Sopra; un altro ha appena iniziato la salita.Dietro di lui,ai piedi della vecchia scala di ferro, ce
ne sono altri due.
Hanno tutti fra gli undici e i
quindici anni.
Vanja ha il cappellino di lana grigio messo di traverso, che
lascia scoperta la tempia destra
e copre l’orecchio sinistro. Lo
zaino verde militare è fermato
sulla schiena da due bretelle di
cuoio. Dentro lo zaino ci sono il
piede di porco, il cacciavite, il
martello, la leva da scasso, le
biette. Da qualche settimana
Vanja ha il privilegio di portare
gli attrezzi. Indossa un pesante
giaccone di lana marrone che
ha trovato in una casa nel Quadrante Nord e che Dragan gli
ha fatto tenere. Quando tocca a
ta ricco di appuntamenti e iniziative. L’Aie
(Associazione italiana editori) sarà presente
con il Punto Italia, uno stand collettivo che
offre agli editori italiani la possibilità di partecipare alla manifestazione con una serie di
vantaggi economici e organizzativi. La Fiera internazionale del Libro di Torino sarà
rappresentata a Francoforte dall’International Book Forum, il suo spazio «business to
business» appositamente creato per lo scambio dei diritti internazionali. Per maggiori
informazioni: www.buchmesse.de. SOTTOTENENTI PORTOGHESI
Tre ufficiali, tre scenari di guerra, tre vicende che si intrecciano in un raccordo di
avventure al limite del surreale. Tre racconti che hanno per protagonisti tre sottotenenti simbolo di una generazione di
portoghesi sconvolta dalla drammatica
esperienza della guerra coloniale combattuta in Africa ai tempi di Salazar. Reduci
dalle contestazioni studentesche, i tre ufficiali si ritrovano in una terra lontana dove
sono costretti a subire una vita brutale e
disumana, priva di valori e significato.
DI RICCARDO BRUN
I bambini invisibili e prigionieri della Città di Sotto
Imbottiti di Aurolac per svaligiare meglio le case
Al centro della stanza quattro ragazzini si passano una bottiglia e ridono
sguaiatamente, per poi piombare in un silenzio teso. Un uomo con i capelli raccolti e la
faccia butterata entra a passi pesanti. E grida «Forza angioletti! In piedi! Si va a lavorare!»
lui si issa facilmente sulla scala.
Senza parlare i sei ragazzini
attraversano a passo svelto i
giardini della Stazione e percorrono il vicolo che porta nello
slargo dove il furgone li aspetta
con il motore acceso, davanti al
banco di un rigattiere.
L’autista li vede arrivare,
un braccio e la testa fuori dal finestrino, grida, battendo la mano aperta contro la portiera:
«Maledette carogne! Muovetevi! Non voglio restare fermo un
minuto di più!».
Salgono a bordo con un salto.
Il furgone parte lasciando dietro
di sé una nuvola grigia.
Sul furgone Vanja guarda
Genu,seduto di fronte a lui,che si
pulisce le unghie con un coltello
dalla lama arrugginita.
Gli dice, senza guardarlo:
«Chiudi quel coltello,Genu».Genu alza gli occhi spenti su Vanja.
Gli altri ragazzi guardano il paesaggio che scorre senza convinzione, una sequenza di fotogrammi sbiaditi: i palazzi rovinati, il
cielo bianco, le luci di lampadine
che filtrano attraverso le persiane
chiuse delle case.
Vanja incrocia per un attimo gli occhi di Genu, poi torna
a fissare la punta delle sue scarpe: «Lame chiuse, nel furgone;
lo sai. Per via dei fossi». Genu
digrigna i denti, chiude con uno
scatto il coltello, ricomincia a
osservarsi le unghie lunghe.
Genu non parla quasi mai.
Era già nel gruppo quando Vanja
è arrivato, tre anni fa.
Attraversano le strade deserte della Città Di Sopra. Il vento
entra sferzante dai buchi del tendone arancione del camion;
Vanja alza il bavero del cappotto
e mette le mani in tasca.
Il furgone sobbalza, e il rumore di metallo allentato delle
sue giunture è uno sferragliare
ritmico e monotono. A volte la
pelle dei piedi gela e può capitare che poi si strappi insieme al
calzino, quelle volte che ti togli
le scarpe.Vanja batte le sue scarpe una contro l’altra, e muove le
dita dei piedi per far circolare il
sangue. Se di fronte hai un amico puoi allungare le gambe e
sbattere le tue scarpe con le sue,
suola contro suola, ma Majed è
ferito ed è rimasto nella Città Di
Sotto, e non ci sono amici di
Vanja nel furgone.
A Vanja non dispiace stare
nel furgone e guardare fuori.All’andata di solito ha la testa vuota, senza pensieri, guarda gli edifici crepati, prova a immaginare
le vite che hanno contenuto, tende e rilassa i muscoli ritmicamente. Al ritorno invece rivede nella
sua mente l’Azione appena conclusa, ne fa un’analisi dettagliata,
isola i suoi movimenti e le sue
mosse come se fossero i frame di
un filmato.Si rivede al rallentatore per capire se ha sbagliato
La duplicità di Charles Baudelai-
re, la dissociazione tra biografia e attività artistica, sono al centro di questo
romanzo che racconta gli ultimi giorni di vita del poeta francese. Un romanzo che scava a fondo nella psicologia di Baudelaire e che, dando voce
ai personaggi che accorrono al suo
capezzale, riesce a rappresentare un’epoca, quella di primo Novecento, attraversata da una profonda tensione
morale e da decisive trasformazioni
sociali, politiche e scientifiche. Di seguito pubblichiamo un estratto tratto
da “Il compleanno di Baudelaire” di
Luca Cedola, Guida Editori, Napoli.
qualcosa, per non sbagliare più.
L’efficienza è una delle poche cose che hanno senso nella
mappa di sopravvivenza di Vanja.
Dopo aver percorso una
strada piena di fossi l’autista si
ferma davanti a una palazzina di
quattro piani. Manca un pezzo di
tetto. La facciata è come rosicchiata, piena di buchi e cavità.
Alcuni buchi più grandi sono stati prodotti da colpi di mortaio.
Altri, più piccoli e ravvicinati fra
loro, sono l’effetto di raffiche di
mitra.Genu,Cristo e Rafael sniffano una dose di Aurolac, una
vernice che Dragan distribuisce
Noir dell’Est
Arriveranno in edicola, a partire
da metà ottobre,ben quattro collane con periodicità mensile lanciate dal Consorzio PER i Libri Piccoli Editori Riuniti, un gruppo
di piccoli e medi editori che hanno
deciso di unirsi per fare sistema.
Oggi PER i Libri presenta quattro nuove Collane che vedranno
l’uscita di 48 titoli già nel primo
anno, scelti fra i cataloghi dei suoi
oltre cinquanta associati,tra i marchi più noti del panorama edito-
Quello che recitano è il copione di un’esistenza vissuta più da comparse che da
protagonisti, obbedendo a ordini assurdi
impartiti dall’alto da individui ignoranti e
fanatici. Nella fatale successione degli
eventi, sempre sul filo della tensione psicologica, ognuno di loro riuscirà a sfuggire,
in qualche caso tragicamente, a una realtà
governata dalla follia e a un conflitto che
incarna la negazione stessa dei loro ideali.
“I sottotenenti” di Mário de Carvalho,
Instar Libri, Torino VANJA E GLI ALTRI. CARTONI, POCO CIBO E TANTA COLLA DA SNIFFARE
Un paese dell’est europeo:
bambini senza famiglia vivono nelle fogne per non
morire congelati dal freddo
dell’inverno, sfruttati da loschi e violenti figuri che procurano loro un letto fatto di
cartoni, poco cibo e colla da
sniffare, in cambio della loro
opera nel “ripulire” le case
vuote e abbandonate. Pubblichiamo un estratto tratto
da “La città di sotto. Noir
dell’Est” di Riccardo Brun,
Stampa Alternativa/Nuovi
equilibri, Viterbo. alla sua banda in dosi da un sacchetto ogni settimana. La sniffano contemporaneamente, ognuno dal suo sacchetto, sincronizzati.È un flash e poi un calore,e poi
si comincia a scendere. È rabbia
e risate, annebbia la mente, scaccia i pensieri tristi, ti rende forte,
tagliente, coraggioso. È il paradiso dei bambini sotterranei. Non
c’è niente che faccia paura se sei
fatto per bene di Aurolac. Ma
Vanja sa che l’Aurolac è anche
una cosa nera e scivolosa, senza
appigli e scorciatoie,e da qualche
tempo è proprio la colla scacciapaure a fargli paura.
Una volta, dopo aver sniffato
per tre giorni consecutivamente
senza mai salire in superficie, stava per uccidersi.Con una lametta
si riempì il braccio di ferite e poi
cercò di penetrare la carne del
polso alla ricerca delle vene.Vorticava fra gusci rotti, croci di ferro, onde lucide, cordoni luminosi,
e scivolava veloce di pancia con
la testa che tirava da un’altra parte, scivolava verso un vuoto iridescente e insopportabile. Gli sembrò certo che a qualche centimetro di profondità nella sua carne,
lì dove sentiva pulsare, ci fosse la
fine e la soluzione di quella caduta frenetica e allucinata. La lametta entrava e usciva tagliando
il braccio a casaccio. Fu in quei
momenti, attraverso la nebbia
che ottundeva la sua mente, che
Vanja vide per la prima volta il signor Blovo.Lo guardava dal buio
con le braccia conserte, e scuoteva la testa rassegnato. Per Vanja
fu subito molto importante conquistare la sua fiducia e il suo apprezzamento. Tese verso di lui la
LETTERE ALL’EDITORE. IL POETA SE LA PRENDE CON TUTTI
lametta insanguinata, per chiamarlo e invitarlo presso di sé. Poi
qualcuno gli diede una botta in
testa e si risvegliò con una benda
stretta intorno al polso.
Ha smesso di sniffare l’Aurolac. Sono forse tre mesi che
ha smesso. Adesso baratta le
sue dosi con sigarette, candele,
vestiti, cibo.
Molti dei suoi compagni sniffano più Aurolac di quanto Dragan ne distribuisca.
Quando l’hanno finito digrignano i denti, arricciano le labbra, lo cercano più del cibo, più
della luce, più dell’Azione.
Hanno tutti grosse croste
scure sotto le narici.
Alcuni adulti della Città Di
Sopra li chiamano gli aurolaci. I
bambini aurolaci.
In azione. I ragazzi scendono dal furgone uno alla volta,con
un salto. Quando sono tutti a terra, a un cenno di Cristo, partono
di corsa.Vanja è il secondo a infilarsi nel portone. A ogni piano
due di loro entrano in una porta
sfondandola o scassinandola.
Conviene sempre entrare in due.
Durante una delle prime
azioni Vanja entrò da solo in una
casa e fu aggredito a bastonate.
Ci mise qualche minuto a capire
che si trattava di due vecchi, un
uomo e una donna. Fu costretto
ad accoltellare l’uomo e a fuggire
mentre la donna lo malediceva e
chiamava aiuto.Tutta l’Azione fu
compromessa. Se fossero stati in
due avrebbero potuto senza problemi legarli, imbavagliarli e
svuotare l’appartamento.
Ora Vanja si trova al secondo piano con Genu, che cerca
di sfondare la porta con una
spallata, ma la porta non cede.
Allora Genu appoggia la fronte
allo stipite e inizia a tempestare
la porta di calci brevi, veloci e
ravvicinati. Borbotta: «Troia.
Troia. Troia. Troia schifosa».
Vanja dice: «Spostati. Ho gli attrezzi per aprire le porte».
DI LUCA CEDOLA
rate in un miracolo? Non credete sia
singolare quanto mi è accaduto? A
me, che ho vissuto solo per scrivere e
per parlare, ora è completamente impedito di farlo. L’unico contatto con il
mondo sono i miei occhi, i miei grandi occhi stanchi.
Amico mio, sì, prendete la mia
mano, parlatemi di voi. Io non desidero che ascoltarvi. Vivete ancora in
Belgio? Avete risolto i vostri problemi qui in Francia? E le vostre pubblicazioni… ne avete di nuove? Ne avete di belle? So che voi potete intendermi, anche se non udite le mie parole. Quante cose ci uniscono: l’amicizia, i debiti, i processi e soprattutto i
Fiori. Sì, mio editore coraggioso, mio
diletto Auguste Poulet Malassis.
Alzatevi pure, Malassis, osservate
il mondo dalla finestra di questa
stanza. Voi non avete paura di guardare il mondo né che il mondo vi
guardi. Ricordate i balconi di
Bruxelles. Una città di balconi… nessuno ai balconi… almeno così sembrava: tutti lì indietro a spiare. E poi
gente che cammina senza sosta,
guardandosi sempre indietro e urtandosi continuamente: un popolo
privo di sguardo, quello belga. Un
popolo mentitore, feroce, astuto e
molto civilizzato. Ricordo quella sera
a casa vostra, sì, quella sera in cui
esagerai con l’acquavite. Voi cercavate di non farmi bere; avete sempre
cercato di farlo. Si parlava della Repubblica. Voi dicevate che il Belgio
era fortunato ad avere una Costituzione. Ed io, un po’ alticcio, a sostenere che la Costituzione è solo un
pezzo di carta e che i costumi sono
tutto. In Belgio la libertà è sancita
dalle carte ma in realtà non esiste…
nessuno ne ha bisogno… è stata soppressa dalla stupidità nazionale.
Andavamo, insieme, in giro, a dichiararci voi un ateo ed io un gesuita.
stati costretti a lasciare l’appartamento. Ma a Vanja non interessa.
Deve muoversi con velocità. La
velocità è tutto durante l’Azione.
Mentre sente Genu che fruga nel
mobile all’ingresso,Vanja prende
tutte le posate dai cassetti. Poi si
sposta nell’altra stanza e prende
una radio a transistor in plastica
color legno, un carillon con due
ballerine, un paio di scarponi neri
senza lacci incrostati di fango, un
libro dalla copertina dura e ingiallita dal titolo L’Innocent et la
bombe atomique. Mette tutto
nello zaino.Vanja e Genu si ritrovano dopo due minuti nell’ingresso. Genu gli fa l’occhiolino.
Tornano di sotto e salgono sul
furgone. Non sono i primi: Cristo
e Rafael sono già ai loro posti.Lo
zaino di Cristo sembra più pieno
degli altri. Quello di Rafael invece è floscio e sembra vuoto. Gli
altri due ragazzini arrivano nel giro di un minuto.
L’autista riparte. Genu ha smesso con il piede, lo tiene sollevato, sospeso,
ciondolante. Adesso batte la
fronte contro la porta. Colpi
leggeri, ritmo costante. Vanja lo
tira via bruscamente per una
spalla: «E spostati, cazzo!».
Vanja è veloce, forse un paio
di minuti in tutto. Spinge forte:
lo schianto della serratura riecheggia nella tromba delle scale.
Restano,Vanja e Genu, qualche
secondo in attesa, fermi all’ingresso dell’appartamento. Poi
entrano. C’è un momento sospeso e irreale fra il rumore della serratura che cede e il silenzio
che segue, un momento che
Vanja ha imparato ad assaporare come una delizia.
È una casa piccola: due stanze più il bagno e una piccola cucina.La tavola in cucina è apparecchiata per due.In un piatto c’è del
riso giallo e nero. Nell’altro briciole e un pezzo di pane. Forse
stavano mangiando quando sono
calunnia, la diffamazione, in cui si gode delle disgrazie altrui e nel quale
non è possibile lodare un uomo in
maniera disinteressata. Malassis,
guardate da quella finestra Parigi.
Mi sono spacciato per criminale, per Dov’è la città che conoscevamo,
un informatore della polizia e i miei dov’è? È stata sventrata, stuprata non
interlocutori parevano crederci. E nel per perseguire un ideale di bellezza
credermi, non facevano che ignorar- ma solo perché doveva essere più
mi. A teatro, una sera, mi presentai controllabile… e perché i banchieri e
con un vestito e un soprabito chiari, gli accaparratori potessero arricchircon dei grossi anelli sui guanti; eppu- si sempre di più. Non credete, forse,
re, passai completamente inosservato: che il Barone Haussmann sia stato
insomma anche l’uomo più brillante solo il sicario dei commercianti e desi spegne ormai nell’indifferenza uni- gli speculatori? Capite, Malassis, coversale! Anche la possibilità di un’esi- sa sarà il mondo se anche Parigi è castenza vanitosa è preclusa!
duta? Cosa può attendersi l’umanità
Ma, d’altra parte, cosa c’è da se, ora come ora, la Francia dimostra
aspettarsi da un Paese dove la gente al mondo intero che il primo venuto,
viene istruita solo per diventare un impadronendosi del telegrafo e della
banchiere o un ingegnere, in un pae- Stampa nazionale, può governare
se dove alberga l’odio per
una grande nazione?
la letteratura, per la poe- Imbecille è chi pensa
sia e per ogni forma di meche cose del genere possaDomani non
tafisica? In Belgio non si
no accadere senza il peressere conformi messo del popolo o che la
esalta che il commercio. E
il commercio è per sua esgloria di un uomo non possarà il vero,
senza satanico. Il commersa che fondarsi sulla virtù. I
grande crimine
cio è il prestito con il sotdittatori sono solo i dometinteso: rendimi più di
stici del popolo e la gloria
quanto ti do. Lo spirito di
che si procurano non proogni commerciante è corrotto per- viene che dal loro spirito di adattaché, per lui, la stessa onestà è una mento alla stupidità nazionale. Sarà
speculazione lucrosa. Non parliamo così, in gloria della stupidità, che la
poi dei Giudei, bibliotecari e testi- gente si assocerà perché possa essere
moni della redenzione, sono i peg- dispensata dall’avere una propria
giori tra i commercianti. Dovrebbe idea; si creeranno infinite commissioorganizzarsi una cospirazione per lo ni perché ciascuno possa compiacersi
sterminio della loro razza!
di avere un qualche grado e sarà imE il Belgio, Malassis, è il mondo possibile credere che un uomo pensi
che verrà. Sì, il mondo lo immagino diversamente dalla massa. Qualsiasi
così. Un posto inabitabile, intriso da dissidente sarà visto come un pericoun’atmosfera di sonno, di lentezza lo e non essere conformi sarà il granuniversale e su cui soffia il vento del- de, vero crimine. Forse non ci saranno
l’imbecillità. Profetizzo, dal mio letto più criminali di professione ma la ladi morte, un mondo in cui si vive solo cuna sarà compensata dalla disonestà
per essere uguali agli altri, in cui si di tutti ed il più bravo a derubare l’alpensa che se una persona ha fatto tro sarà solo il più stimato. Nessuno si
qualcosa di bello tutti la possono rea- batterà più per alcuna idea perché
lizzare, perché, in forza dei principi nessuno amerà più pensare. Il mondo
dell’ottantanove, siamo tutti uguali.
sarà l’America, una vasta gabbia, un
Vedo il mondo ridotto ad una pic- grande istituto di computisteria, una
cola città in cui si esercita l’invidia, la barbarie illuminata a gas. Le maledizioni al mondo di Baudelaire morente
La giustizia farà interdire i cittadini che non sapranno arricchirsi, le nostre mogli non saranno che delle
mantenute, le nostre figlie, già nelle
loro culle, sogneranno di vendersi per
un milione e nessuno vi troverà niente da ridire, nulla da rimpiangere. Forse, questi tempi sono prossimi; forse
sono addirittura già venuti ed è solo
l’inverno dei nostri cuori ad impedirci di accorgercene.
Comunque, grazie di essere qui,
Mattina di venerdì, 30 agosto 1867 amico mio. Erano giorni che desideParigi, Rue de Dome, Clinica del
ravo di parlare con qualcuno. Che
dottor Duval
sorpresa e che gioia! Vi trovo bene.
Da quando è che non ci vedevamo?
Il mondo sta per finire!
Forse era gennaio…? Sì,
La sola ragione per cui fratello mio, abbracciatemi
potrebbe durare è che esie stringete la mia mano, inHaussmann è
ste. Questa ragione è debofinitamente. Ho percepito
solo il sicario
le, non credete? Cosa ha da
che la prima cosa che avefare, ormai, il mondo? Supdi commercianti te osservato, entrando in
poniamo pure che continui
questa stanza, è stato il
e speculatori
ad esistere materialmente:
crocifisso sopra il mio letsarebbe un’esistenza deto.Avrete certamente pengna di questo nome? Non
sato a quella frase del nodico che il mondo sarà ridotto agli stro amico fotografo: «Gesù Cristo
espedienti e al disordine farsesco del- che si esercita al trapezio». Ho notale Repubbliche del Sudamerica o che to anche un certo imbarazzo. Non
torneremo ad uno stato primitivo. vergognatevi. Lo so, voi non siete coUna sorte del genere presupporrebbe me gli altri uomini che quando ritrola permanenza di una qual certa ener- vano un loro amico in un letto hanno
gia vitale. Noi moriremo per le ragio- il desiderio segreto di vederlo morire
ni per cui abbiamo creduto di vivere. per constatare che aveva una salute
Il progresso avrà atrofizzato, in noi, inferiore alla loro o nella speranza di
tutta la parte spirituale; la meccanica studiare un’agonia.
ci avrà talmente americanizzati che la
C’è una certa agitazione intorno a
fine sarà segnata dall’avvilimento dei me. Il dottor Duval entra nella stanza
nostri stessi cuori.
di continuo, mi sente il polso e ha uno
I figli fuggiranno dalle loro fami- sguardo che non promette nulla di
glie a dodici anni, non per andare al- buono… mia madre prega continuala ricerca di avventure eroiche ma mente… è certo, oramai, è giunta la
per fondare un commercio, per ar- mia ora. Mi domando cosa si provi ad
ricchirsi e fare concorrenza al loro osservare un’incomprensibile sfinge.
infame padre. Allora tutto ciò che Cosa pensate, cosa pensate, davvero,
somiglierà alla virtù, tutto quello amico mio? Vi faccio pena, compasche non sarà denaro, diventerà sione, ritenete sia meglio che tutto
un’immensa ridicolaggine.
questo finisca il prima possibile o spe-
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MERCOLEDÌ 4 OTTOBRE 2006
INFANZIA BRUCIATA
Giovanni Russo, autore di
Israele in bianco e nero (Avagliano Editore, Roma) ha visitato
Israele nel 1963 con Vittorio Dan
Segre,in un momento in cui il Paese viveva con grande tensione ideale la costruzione dello Stato. Dopo
quarant’anni, l’autore è tornato a
incontrare il suo protagonista - che
è stato ministro e dirige un centro
studi in Svizzera - per farsi descrivere le trasformazioni sociali e politiche di Israele, delle sue strutture
sociali e il rapporto con le nuove
ondate di immigrati e il mondo del
vicino Oriente. Ne è nato un confronto tra le realtà di ieri e di oggi
che aiuta a comprendere com’era
Israele a pochi anni dalla sua fondazione, le radici dei problemi che
già allora si intravedevano, e perché è così difficile arrivare alla
creazione di due Stati che finalmente convivano in pace.
In Israele non si può rimanere
un osservatore o uno spettatore. Il
vostro viaggio professionale o turistico diventa un’avventura personale nel mondo dello spirito, delle
idee, della morale. Cercherò di
spiegarmi con degli esempi.All’aeroporto di Tel Aviv mi aspettava
Joseph, un “sabra”, come mi ha
detto orgogliosamente, perché è
nato a Gerusalemme. Mi avrebbe
fatto da guida e da interprete,indispensabile per comunicare in
ebraico. (La lingua della Bibbia è
stata resuscitata; ha un suono cantilenante; il fatto incredibile è che
tutti, anche gli emigranti, dopo pochi mesi, la parlano correntemente; è come se noi italiani ci mettessimo a discorrere in latino).Joseph
mi ha accompagnato in automobile a Beer Sheva, la capitale del deserto del Neghev. Correvamo per
una strada asfaltata, fiancheggiata
da alti eucaliptus. Osservavo, dietro la cortina alberata, i campi coltivati,i frutteti,gli aranceti,le vigne.
Stormi di uccelli, di pernici, si alzavano pigramente dalla strada davanti ai pneumatici. Gli israeliani
non vanno a caccia. «Tutti questi
Una lingua non si apprende, s’imma-
gina. Partendo da questo presupposto,
Aaron Janvier, ubriacone loquace e colto
che vive sotto il Pont Neuf,racconta la sua
storia a una donna altrettanto sbronza.
Aaron è un eccellente traduttore dallo
spagnolo al francese con la passione per
la scrittura, che inizia a scrivere romanzi
immaginando di tradurre testi di famosi
autori spagnoli.Poi comincia a contattare
direttamente gli autori spagnoli, proponendo loro di scrivere i romanzi che lui
stesso ha già redatto in francese, e di assumersene la paternità,di creare cioè l’originale della sua traduzione. Numerosi autori accettano, facendolo diventare così
un «negriero di scrittori». Le sue traduzioni riscuotono grande successo e la fama di Aaron continua a crescere fino al
giorno in cui un autore non accetterà una
delle sue storie assurde, minacciando di
rivelare l’inganno.Aaron si vedrà dunque
costretto a eliminare il pericolo, ovvero lo
scrittore, causando l’inizio della fine della
sua carriera. Il brano è tratto da “I negri
del traduttore” di Claude Bleton.
Vedi, ora mi dedico alla forma. A
quella delle bottiglie, per esempio. Ovali,
allungate, panciute. Le mie dita scorrono
sulla loro sagoma.Compro,stappo,svuoto. Con entrambe le mani tra il culo e il
collo. In via del tutto accessoria, bevo.
Una volta leggevo le etichette, sceglievo
i crus, restavo a lungo incerto. Sapere
quello che si fa, sapere quello che si beve. L’attesa faceva parte del piacere.
Quando bevevo, ne lasciavo sempre un
po’ sul fondo - la feccia. Una parola fin
troppo carina rispetto a ciò che designa.
Poi buttavo la bottiglia. Vedi, un buon
modo per misurare la strada fatta: ora
me ne frego del gusto.Da questo mi rendo conto che sono cambiato.Ma mi chiedo quando sia successo.
Un tempo bevevo un primo bicchiere, lentamente, passaggio obbligato
lungo il palato. Gli altri a seguire. Oggi
tutto ha lo stesso sapore, dall’inizio alla
fine. E non lascio più nulla sul fondo,
perché dovrei, visto che non si deposita
più nulla nelle bottiglie. Potrei tranquillamente cominciare dall’ultimo bicchie-
LIBRI INDIPENDENTI IN EDICOLA
riale indipendente del nostro paese. Una sorta di originale catalogo,
nato dall’unione dei titoli proposti
dai soci, che spaziano dalla narrativa classica o contemporanea
(Collana “Trame senza tempo”),
alla saggistica di profonda ma immediata lettura (Collana “Saperi”), alle guide di vita quotidiana
(Collana “Strumenti”), alle biografie celebri o testimonianze contemporanee (Collana “Tempi mo-
derni”). Fra le prime uscite, una
raccolta di brevi meditazioni di
Thomas Moore, sul filo dei ricordi di un’esperienza monastica giovanile (“Nel chiostro del tempo”,
Moretti & Vitali), un romanzo a
firma di Giorgio Cosmacini che
affronta con profondità scientifica
e sociale i problemi dell’essere medico (“Romanzo di un giovane
medico”,Viennepierre), l’onirica e
appassionante storia familiare di
REPORTAGE. RITORNO IN TERRA DI ISRAELE, QUARANT’ANNI DOPO
Francesco Venditti (“My sweet family”, Manni editori), l’approfondimento della conoscenza fino alle tecniche di cura della diffusa
sindrome da panico (“Panico:
istruzioni per l’uso”, Armando
editore).Tra i titoli che seguiranno
c’è anche un romanzo giovanile di
Jack London, per la prima volta
tradotto in Italia (“La crociera del
saetta”, Robin edizioni) e un saggio di De Ruiter sullo scenario po-
DI GIOVANNI RUSSO
Il forestiero rapito dall’entusiasmo degli ebrei
alberi», mi ha detto a un tratto Joseph, «sono stati piantati da noi.
Prima c’era solo sabbia. Ma nella
Bibbia c’era scritto che questo
Paese, quando lo abitavamo noi,
era ricco di alberi, di frutta, di uccelli».Molte altre volte sentirò dire
«nella Bibbia c’era scritto» e il riferimento è fatto come se richiamasse un ricordo recente, di pochi anni fa. Voi udite il cinguettio degli
uccelli,guardate il verde dei campi
disseminati dalle case dei villaggi
agricoli e pensate alla Bibbia.Siete
abituato a considerare quel libro
un paesaggio del vostro spirito.
Questo paesaggio è invece vivo e
reale intorno a voi:un pensiero che
si è miracolosamente incarnato.
Se visitate un kibbutz, se parlate con un maestro di scuola, con
un tecnico agricolo,con un funzionario,con uno studente universitario il vostro colloquio finirà sempre con il dilagare oltre gli argini
dell’argomento specifico e con
l’arrivare alle questioni fondamentali,quelle che noi discutiamo solo
con gli amici più stimati o riserbiamo, talvolta, alla meditazione: l’organizzazione della società, la funzione dell’uomo nello Stato,lo scopo dell’esistenza. Da principio
questo fatto può sorprendervi e
anche un po’ irritarvi.Poi si capisce
che è proprio questo il motivo per
il quale anche voi,forestiero curioso e passeggero, vi sentite coinvolto nella vita di un Paese geograficamente così lontano. La verità è
che Israele è anche uno Stato con
una polizia, un esercito, un Parlamento, ma è soprattutto il luogo
dove le teorie e le idee che costituiscono il nostro patrimonio morale,
culturale, scientifico (nella cui elaborazione il pensiero ebraico ha
avuto una parte così importante)
sono messe alla prova nello sforzo
di creare una società che assorba e
utilizzi il meglio del nostro vecchio
mondo occidentale e sia, nello
stesso tempo, capace di aprirsi alle
aspirazioni dei mondi asiatici e
africani che sono stati risvegliati
dal vento della storia. Queste teorie voi potete osservarle calate nell’attuazione come in un laboratorio e giudicarle al vaglio della
realtà pratica.Avete il privilegio di
valutare il sacrificio, l’orgoglio, la
volontà, il sangue, la saggezza e la
follia antiche di una umanità che
non si stanca di
tentare la realizzazione dei suoi
pensieri.
La retorica
su Israele è considerata con fastidio
dagli
israeliani i quali
non parlano volentieri dei libri
apologetici o dei
film propagandistici che li riguardano. Tutti
sanno che Israele è sorto per l’eroismo e la fede
dei primi pionieri russi e polacchi intrisi di dottrinarismo tolstoiano spinti in Palestina dai “pogrom”e dalla predicazione di Teodoro Herzl, il giornalista viennese che difese Dreyfus e
scrisse poi l’opuscolo famoso intitolato Der Judenstaat (Lo Stato
ebraico); che Israele si è formato
nell’immigrazione clandestina,nella resistenza agli inglesi,nella guerra coi Paesi arabi che, ancora, ufficialmente, ne ignorano l’esistenza;
nel duro, accanito lavoro con il
quale sono state riscattate terre deserte alle paludi e alla sabbia mettendo a frutto fatica, scienza e tecnica. La precisione, la puntualità,
l’efficienza, doti proprie delle società nordiche,regolano l’esistenza
VOCAZIONI. L’ALTERNATIVA ALL’INCAPACITÀ D’ESSERE AUTORE
come se si fosse in Svizzera e non
in un lembo del Medio Oriente
dove si era abituati all’apatia,al disordine, al mercanteggiamento
certamente più folcloristici, ma indicativi di un mondo ancora arretrato come l’arabo.
Gli israeliani vi risponderanno
che non bisogna dimenticare che
Israele è nel Medio Oriente e che
il 30% dei suoi abitanti provengono dalla Africa e dall’Asia, il 36%
sono nati nel
Paese e che solo
il 34% è arrivato dall’Europa,
dall’America e
dall’Australia.Si
tratterebbe,
quindi, di una
netta minoranza.Ma è solo un
patriottismo
geografico facilmente comprensibile. La
verità è che questa minoranza
del 34% costituisce il lievito
ideale d’Israele,
quella che, selezionatasi nel
movimento sionistico e nell’immigrazione clandestina, ha creato
una società israeliana e vi ha dato
una impronta laica, moderna, ispirata dalla decisione di riscattare l’ebreo dalla condanna del ghetto.
Basta un elenco dei principali problemi di Israele per rendere più
concrete queste considerazioni.Lo
Stato è un esempio di convivenza
fra esperienze collettivistiche (come i kibbutzim e le industrie gestite dall’Histadruth,il potente sindacato unico) e il sistema della libera
concorrenza. Questi due sistemi,
che si fronteggiano minacciosamente nel mondo,sono posti pacificamente a confronto in questo
DI CLAUDE BLETON
Amori, disordini e bevute del traduttore ubriacone
re. Fine, inizio, non faccio più distinzioni. Invece di sistemare, rimetto tutto in
disordine. Come Aurore. Aurore… Appena parlo di lei riaffiorano colori e
odori,i due grandi assenti di oggi.L’avevo incontrata a un cocktail. Mentre stavamo per andare via i nostri sguardi si
incrociarono. Perché? E perché ci siamo scambiati gli indirizzi? Nessun calcolo in quell’istante. E quando è, allora,
che si è insinuato tra di noi? Sicuramente quando gli istanti si sono mescolati.
Sicuramente nella successione degli
istanti. Ma ho l’impressione di prendere
tutto al contrario. All’improvviso mi infastidisce bere l’ultimo bicchiere prima
del primo. Mi piacerebbe rimettere il vino al dritto. Perché non ha più nessun
gusto? Non è stato sempre così. Dammi
un’altra bottiglia. Riesco ad accarezzarle solo quando sono piene.Solo allora la
carezza ha ancora un senso.
Quando incontrai Aurore, mi sembrò un’ingiustizia non averla incontrata
prima. Improvvisamente provai rancore
verso di lei perché aveva una vita privata. Perché non era comparsa nel momento in cui lo avevo deciso io. E smisi
di credere che la vita è una strada più larga che lunga da percorrere lontani dalle
vie già battute. Ma le cose non accaddero affatto come ti ho appena detto.
«Vuoi che ti racconti delle storie?». «Sì».
La semplicità della risposta fu disarmante. Sì. Eppure non ci conoscevamo.
Avrei potuto essere lo strangolatore, il
serial killer del quartiere. La fiducia è un
fenomeno incomprensibile. In seguito
ne ho largamente approfittato. La rividi
a casa sua, la settimana dopo, un ultimo
piano nel XII arrondissement. Capelli
biondissimi, lunghissimi, lineamenti un
po’ accozzati, sguardo limpido, passo
leggermente claudicante, ma portamento assai eretto. Una sportiva. E soprattutto due occhi straordinariamente azzurri. Iniziai subito, me lo ricordo, con
una delle storie di Chiudilocchio.
C’era un lungo sentiero erboso, una non riusciva a partire e i delinquenti averadura, un albero. E una profusione di vano tutto il tempo di prendere il largo.
animaletti, ovviamente. Si avvicinava la
Impiegai altri sei mesi per realizzatempesta e la foresta era tutta in subbu- re, dopo un calcolo estremamente comglio… Palpitante proprio come il suo plesso per un bambino della mia età,che
cuoricino che sussultava sotto il mio pal- a quel ritmo mi ci sarebbero voluti quamo, attraverso il seno.
rant’anni per finire un primo romanzo.
Questo tipo di storia deve sembrar- Compresi che non sarei mai stato un auti ridicolo. Non è di quelle che si raccon- tore e che la soluzione migliore era di ritano a una ragazza al primo incontro. E copiare quello che gli altri avevano scrittuttavia Aurore ascoltava con tutta se to. L’inizio di una vera vocazione da pistessa. Per otto ore raccontai le avven- gro: sarei diventato traduttore. Certature di Chiudilocchio. Poi, rientrai, sfini- mente, all’epoca, mi attiravano altre
to. Lei mi aveva gentilmente spinto ver- strade. Pompiere o motociclista. Ma tali
so la porta e baciato sulle guance. carriere non erano meno legate a quei
Uscendo sentii nascere il disordine. Al- medesimi problemi tecnici di partenza,
l’improvviso sentivo che la
manutenzione ed equilibrio
vita non è una lunga infan- precario tra i pedali del freno
zia, le storie sono un rifugio
e della frizione. Posso dire,
Decisi di
illusorio contro la memoria
senza timore di esagerare,
studiare lo
e il passato, anche se sotto
che le scatole del cambio somentite spoglie, ritorna.
spagnolo, lingua no all’origine della mia vocaBisogna però che procezione di traduttore.
di immigrati
da con ordine. Innanzitutto il
Dopo aver fissato il mio
primo bicchiere, in nome delobiettivo, mi restava da decila fedeltà alle mie manie di
dere come raggiungerlo.
un tempo. Questa mania dei racconti
Avevo tre possibilità: l’inglese, per i
l’ho ereditata da me stesso, dalla mia in- bambini normali, il tedesco, riservato ai
fanzia. Non ho ricordi, solo storie. Co- figli dei maggiorenti, e lo spagnolo, in
minciai il mio primo romanzo all’età di cui si ritrovavano gli immigrati di ogni
dieci anni. A dieci anni e mezzo ne ave- tipo. Scelsi quest’ultima opzione convo scritte diciotto pagine.Impossibile an- vinto - a giusto titolo, come avrebbero
dare avanti. Impossibile anche far parti- poi dimostrato i fatti - che non ci sarebre una macchina. Mi sembrava che scri- be stata molta concorrenza in questa
vere «la macchina partì» fosse un’impo- lingua poco apprezzata dagli spiriti illustura e i lettori avrebbero capito subito minati. Non ti nascondo che i primi anche non ne sapevo nulla di meccanica e ni furono piuttosto duri. Lo sterile apguida. E soprattutto pensavo che non prendimento delle regole grammaticali
avrebbero capito la successione degli si fa beffe delle esaltanti sfumature deleventi. Osservavo la gente al volante, la lingua e delle infrazioni alla sintassi
scoprivo l’esistenza di cambio, frizione, normativa che costituiscono lo stile e
accensione,freno a mano in alcuni casi… quindi l’uomo. Ma sapevo che il mio fuma non sapevo come collegare tra loro turo di traduttore doveva passare attraquesti elementi. E a volte avevo l’im- verso un discreto numero di ostacoli.
pressione,invece di scrivere un romanzo,
Vedi, ancora una volta non faccio
di redigere un manuale per imparare a niente con ordine, malgrado le buone inguidare. Strappai quindi pagine su pagi- tenzioni. Quando si racconta la proprio
ne dal mio quaderno poiché la macchina vita, si comincia dall’inizio, no? Proprio
piccolo lembo della Terra, attuando quella coesistenza che tante
volte i Capi delle grandi Potenze
affermano di desiderare. È un sintomo significativo che la formula
liberale stia prevalendo,in un certo
senso,su quella collettivistica.
Questa pacifica possibilità di
confronto spiega (al di là della convenienza di allearsi con i nazionalismi arabi) l’antipatia della Russia
per il minuscolo Israele.Il sindacato è anche gestore di grosse aziende e datore di lavoro. Credo che
questo sia l’unico Paese dove i lavoratori scendano in sciopero anche contro i loro sindacati. Israele
è, inoltre, un esempio di convivenza di genti di civiltà, costumi, lingue, culture le più differenti anche
se tutti sono uniti dal legame della
tradizione religiosa ebraica. I suoi
abitanti provengono da ottanta nazioni. Questo è il luogo ideale per
constatare l’assurdità delle teorie
razzistiche.Per le strade di Tel Aviv
vi colpiscono le facce brune, antiche, classiche degli ebrei jemeniti,
dalla piccola statura, accanto a
quelle degli ebrei indiani alti e dignitosi e a quelle rosee dei longilinei, biondi “ashkenaziti”, gli ebrei
tedeschi, rumeni, polacchi. Nelle
trattorie arredate come nelle città
tedesche o danesi,si può mangiare
il “falafel”, una specie di pizza, insieme con piatti orientali.
Uomini che fino a pochi anni
o mesi fa erano rimasti nel Medioevo devono essere messi in grado di vivere nel XX secolo.Israele
deve ospitare, in media, 100.000
immigrati all’anno ai quali fornire
alloggio, lavoro, scuole.Tutti i problemi di Israele sono doppi:l’esercito deve essere agguerrito, forte,
sempre pronto (le riserve possono
essere mobilitate in poche ore e
tutti i cittadini prestano servizio
nell’armata per un mese o quindici giorni all’anno) ma, nello stesso
come noi, se raccontassimo alle persone
come ci siamo conosciuti, vorrebbero innanzitutto sapere chi siamo, da dove veniamo, se le nostre vite hanno incrociato
un Chiudilocchio appollaiato su un albero, una voliera in mezzo a una radura o
dei banditi in fuga.
Ti chiederai dove prendo queste storie.Del resto,non devi chiedere nulla,sono io a raccontare e a decidere. Mia madre non me ne raccontava. Mio padre
ancora meno. E a ragion veduta: non mi
ha conosciuto. Mia madre si è presa giusto il tempo di darmi alla luce prima di rimettersi a caccia di passanti, come la
strega ruba-baci. Un’altra storia. Che
non appartiene alla tua epoca. Secondo
un’altra versione, durante il trasferimento dal reparto maternità a casa, fui rapito da una lupa alla quale avevano ucciso
la cucciolata. Cresciuto da un’orda di lupi che aveva fissato la propria casa in una
capanna deserta in mezzo a una radura
della grande foresta,passavo il tempo tra
corse a quattro zampe e letture avide di
vecchi numeri dell’Illustration ritrovati
in un baule. Una delle due versioni è verosimile, ma ce ne sono altre…
Non ho ricordi dell’infanzia. È l’origine del mio disordine. O meglio, ne ho
uno solo: l’ospedale. Ho dimenticato
perché mi trovassi lì. Ci rimasi a lungo.
Mesi,anni,non so.Non ricevevo nessuna
visita, o perlomeno non ne ho memoria.
Le infermiere non la smettevano di sgridarmi perché le mie cose fossero sempre
sistemate, in ordine. Facevano irruzione
nella mia stanza e con alterigia mi rimproveravano per la Babele che vi regnava: libri, riviste, giornali ovunque… Minacciavano di buttare via tutto quello
che non fosse al proprio posto - posto da
loro deciso unilateralmente. A volte veniva un uomo, in camice bianco, prendeva un foglio attaccato ai piedi del mio letto, aggrottava le sopracciglia, diceva due
parole all’infermiera che era con lui e
spariva senza un saluto, senza uno sguardo. Le donne mi rimproveravano di esistere, gli uomini mi ignoravano. Soltanto
uno, un infermiere, mi dedicò cure attente, anche troppo forse. Ma ho dimenticato tutto, come ti ho già detto. 5
litico internazionale (“11 settembre: il reichstag di Bush”, Zambon edizioni). Questa volta,
però, i quotidiani non c’entrano
nulla. I libri saranno disponibili
in edicola a un prezzo abbordabile e senza essere abbinati ad alcuna testata. Un’iniziativa che si
propone di offrire ai lettori più
attenti una selezione dei migliori
titoli dell’editoria indipendente
italiana e di riavvicinare gli italiani al piacere della lettura. tempo, serve a educare i giovani
dei due sessi ai compiti della vita
civile. L’industria deve essere sviluppata ma,nello stesso tempo,occorre irrigare il deserto. Non sono
forse questi i problemi più importanti che il mondo si trova oggi di
fronte? In Israele essi sono concentrati e vengono affrontati con
coraggio, spirito di sacrificio, senso
pratico. L’osservatore straniero è
colpito dalla maniera entusiasta,
quasi febbrile, con la quale tutti,
dal ministro allo spazzino, svolgono il loro lavoro.Per noi questo entusiasmo è misterioso, incredibile
tanto più che sappiamo bene come il male della civiltà moderna
sia causato dal fatto che il lavoro
costituisce spesso un’alienazione
dell’uomo, un modo di ucciderne
lo spirito. Gli israeliani invece affrontano le difficoltà di una vita faticosa perché sanno di lavorare
per un ideale, di avere uno scopo.
Girando per le strade di Tel
Aviv o di Gerusalemme, visitando
Elath, la città sorta sulle rive del
mar Rosso, progettata dall’italiano
Piccinato,entrando nella biblioteca
del kibbutz Netzer Sereni, parlando con gli scienziati dell’Istituto
Weizmann, ammirando, sulle rive
del Mediterraneo, i resti romani o
crociati di Cesarea, ho capito che
questo mi riguardava,ci riguardava
direttamente. Non si tratta di quel
sentimento di colpa che tutti proviamo di fronte agli ebrei e che si
può scambiare per solidarietà. È
soltanto la scoperta che non possiamo sentirci estranei allo sforzo
della nostra civiltà che sta cercando
di creare una società più giusta e
più umana, anche se, fortunatamente,senza pretese di perfezione.
Il successo o il fallimento di quello
che si credeva fosse il sogno di un
gruppo di visionari significano il
nostro successo o il nostro fallimento come uomini liberi. I difetti
della ragion di Stato, le esigenze
della politica esistono anche qui.
Ma Israele non è l’isola di Tommaso Moro proprio perché vuole essere una realtà e non un’utopia. 
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