4 Bookmark MERCOLEDÌ 4 OTTOBRE 2006 FIERA DEL LIBRO DI FRANCOFORTE Da oggi all’ 8 ottobre torna la Fiera del Libro di Francoforte, il principale appuntamento europeo dedicato alla compravendita di diritti editoriali. Oltre 170 mila mq di superficie espositiva, 70 stand collettivi nazionali, più di 7 mila espositori provenienti da tutto il mondo, circa 285 mila visitatori nella passata edizione. Il paese ospite d’onore quest’anno è l’India, e infatti la fiera presenterà al suo pubblico oltre 40 autori e ben 150 case editrici indiane, il tutto all’interno di un programma che come ogni anno si prospet- Ritratto di famiglia. I vapori che galleggiano nel canale sono esalazioni dense nella penombra, si mescolano a nuvole di ragnatele e alla consistenza quasi solida del respiro dei bambini. Vanja strofina di piatto la lama del coltello sui pantaloni e la alza per controllarla alla luce di una fiaccola fissata alla parete della caverna. Ripete l’operazione. Strofina lentamente e muove le labbra in un sussurro. Gocce di sudore gli colano dalla fronte sulla mano che regge il coltello; quando una delle gocce tocca la lama bagnandola, la pressione con la quale la strofina sulla stoffa dei pantaloni aumenta. Sopra la sua testa un grande numero 13 è stato inciso nella pietra, probabilmente con la punta di un grosso cacciavite. La luce delle fiaccole e dei bracieri illumina l’ambiente a intermittenza. Il suolo è uno strato di fango, rifiuti e bottiglie di plastica. Negli angoli sono ammassati cartoni aperti e spugnati. Le pareti di pietra, invece, sono percorse da fasci di tubi arroventati e arrugginiti. Al centro della stanza quattro ragazzini si passano una bottiglia piena di liquido scuro e ridono sguaiatamente, per poi piombare all’improvviso in un silenzio teso e polveroso. In quei momenti si sente il rumore di acqua che scorre, come se fossero vicini a una cascata. Nell’angolo opposto a quello nel quale si trova Vanja una ragazzina di circa quattordici anni, magra e con i capelli chiari della consistenza della stoppa, è tenuta ferma da un ragazzino grosso e muscoloso mentre un altro ragazzo le tiene aperte le gambe e la penetra violentemente. Lei ride come una bambina ogni volta che quello che è sopra di lei si ritira, un attimo prima di affondare di nuovo. Una fila di grossi topi costeggia una parete e si infila in un buco nella parete che conduce a un piccolo canaletto che sparisce verso il basso. Poco lontano da Vanja un altro ragazzino, avvolto in una coperta militare nonostante il caldo, trema e si lamenta. Ha sangue incrostato sul volto e sui vestiti. Vanja strofina ancora, strofina forte la lama sui pantaloni. Poi la alza per controllarla alla luce della fiaccola. La trova scintillante, quasi ci si può specchiare dentro. Un sorriso impercettibile gli attraversa le labbra. Un uomo con i capelli raccolti dietro la nuca e la faccia butterata entra nell’ambiente a passi pesanti, battendo le mani. Ha in bocca un fischietto: tre colpi prolungati, il segnale che chiama a raccolta i maschi. Tutti i bambini si voltano a guardarlo con gli occhi spalancati. Lui grida: «Forza angioletti! In piedi! Si va a lavorare!». L’innocent et la bombe atomique. Il furgone li viene a prendere da due anni sempre nello stesso punto, in uno slargo all’incrocio fra tre vicoli stretti e luridi che portano i nomi di grandi città europee. Vanja aspetta il suo turno per salire la scala. Davanti a lui ci sono tre compagni, due di loro sono già in superficie, con i piedi sul suolo della Città Di Sopra; un altro ha appena iniziato la salita.Dietro di lui,ai piedi della vecchia scala di ferro, ce ne sono altri due. Hanno tutti fra gli undici e i quindici anni. Vanja ha il cappellino di lana grigio messo di traverso, che lascia scoperta la tempia destra e copre l’orecchio sinistro. Lo zaino verde militare è fermato sulla schiena da due bretelle di cuoio. Dentro lo zaino ci sono il piede di porco, il cacciavite, il martello, la leva da scasso, le biette. Da qualche settimana Vanja ha il privilegio di portare gli attrezzi. Indossa un pesante giaccone di lana marrone che ha trovato in una casa nel Quadrante Nord e che Dragan gli ha fatto tenere. Quando tocca a ta ricco di appuntamenti e iniziative. L’Aie (Associazione italiana editori) sarà presente con il Punto Italia, uno stand collettivo che offre agli editori italiani la possibilità di partecipare alla manifestazione con una serie di vantaggi economici e organizzativi. La Fiera internazionale del Libro di Torino sarà rappresentata a Francoforte dall’International Book Forum, il suo spazio «business to business» appositamente creato per lo scambio dei diritti internazionali. Per maggiori informazioni: www.buchmesse.de. SOTTOTENENTI PORTOGHESI Tre ufficiali, tre scenari di guerra, tre vicende che si intrecciano in un raccordo di avventure al limite del surreale. Tre racconti che hanno per protagonisti tre sottotenenti simbolo di una generazione di portoghesi sconvolta dalla drammatica esperienza della guerra coloniale combattuta in Africa ai tempi di Salazar. Reduci dalle contestazioni studentesche, i tre ufficiali si ritrovano in una terra lontana dove sono costretti a subire una vita brutale e disumana, priva di valori e significato. DI RICCARDO BRUN I bambini invisibili e prigionieri della Città di Sotto Imbottiti di Aurolac per svaligiare meglio le case Al centro della stanza quattro ragazzini si passano una bottiglia e ridono sguaiatamente, per poi piombare in un silenzio teso. Un uomo con i capelli raccolti e la faccia butterata entra a passi pesanti. E grida «Forza angioletti! In piedi! Si va a lavorare!» lui si issa facilmente sulla scala. Senza parlare i sei ragazzini attraversano a passo svelto i giardini della Stazione e percorrono il vicolo che porta nello slargo dove il furgone li aspetta con il motore acceso, davanti al banco di un rigattiere. L’autista li vede arrivare, un braccio e la testa fuori dal finestrino, grida, battendo la mano aperta contro la portiera: «Maledette carogne! Muovetevi! Non voglio restare fermo un minuto di più!». Salgono a bordo con un salto. Il furgone parte lasciando dietro di sé una nuvola grigia. Sul furgone Vanja guarda Genu,seduto di fronte a lui,che si pulisce le unghie con un coltello dalla lama arrugginita. Gli dice, senza guardarlo: «Chiudi quel coltello,Genu».Genu alza gli occhi spenti su Vanja. Gli altri ragazzi guardano il paesaggio che scorre senza convinzione, una sequenza di fotogrammi sbiaditi: i palazzi rovinati, il cielo bianco, le luci di lampadine che filtrano attraverso le persiane chiuse delle case. Vanja incrocia per un attimo gli occhi di Genu, poi torna a fissare la punta delle sue scarpe: «Lame chiuse, nel furgone; lo sai. Per via dei fossi». Genu digrigna i denti, chiude con uno scatto il coltello, ricomincia a osservarsi le unghie lunghe. Genu non parla quasi mai. Era già nel gruppo quando Vanja è arrivato, tre anni fa. Attraversano le strade deserte della Città Di Sopra. Il vento entra sferzante dai buchi del tendone arancione del camion; Vanja alza il bavero del cappotto e mette le mani in tasca. Il furgone sobbalza, e il rumore di metallo allentato delle sue giunture è uno sferragliare ritmico e monotono. A volte la pelle dei piedi gela e può capitare che poi si strappi insieme al calzino, quelle volte che ti togli le scarpe.Vanja batte le sue scarpe una contro l’altra, e muove le dita dei piedi per far circolare il sangue. Se di fronte hai un amico puoi allungare le gambe e sbattere le tue scarpe con le sue, suola contro suola, ma Majed è ferito ed è rimasto nella Città Di Sotto, e non ci sono amici di Vanja nel furgone. A Vanja non dispiace stare nel furgone e guardare fuori.All’andata di solito ha la testa vuota, senza pensieri, guarda gli edifici crepati, prova a immaginare le vite che hanno contenuto, tende e rilassa i muscoli ritmicamente. Al ritorno invece rivede nella sua mente l’Azione appena conclusa, ne fa un’analisi dettagliata, isola i suoi movimenti e le sue mosse come se fossero i frame di un filmato.Si rivede al rallentatore per capire se ha sbagliato La duplicità di Charles Baudelai- re, la dissociazione tra biografia e attività artistica, sono al centro di questo romanzo che racconta gli ultimi giorni di vita del poeta francese. Un romanzo che scava a fondo nella psicologia di Baudelaire e che, dando voce ai personaggi che accorrono al suo capezzale, riesce a rappresentare un’epoca, quella di primo Novecento, attraversata da una profonda tensione morale e da decisive trasformazioni sociali, politiche e scientifiche. Di seguito pubblichiamo un estratto tratto da “Il compleanno di Baudelaire” di Luca Cedola, Guida Editori, Napoli. qualcosa, per non sbagliare più. L’efficienza è una delle poche cose che hanno senso nella mappa di sopravvivenza di Vanja. Dopo aver percorso una strada piena di fossi l’autista si ferma davanti a una palazzina di quattro piani. Manca un pezzo di tetto. La facciata è come rosicchiata, piena di buchi e cavità. Alcuni buchi più grandi sono stati prodotti da colpi di mortaio. Altri, più piccoli e ravvicinati fra loro, sono l’effetto di raffiche di mitra.Genu,Cristo e Rafael sniffano una dose di Aurolac, una vernice che Dragan distribuisce Noir dell’Est Arriveranno in edicola, a partire da metà ottobre,ben quattro collane con periodicità mensile lanciate dal Consorzio PER i Libri Piccoli Editori Riuniti, un gruppo di piccoli e medi editori che hanno deciso di unirsi per fare sistema. Oggi PER i Libri presenta quattro nuove Collane che vedranno l’uscita di 48 titoli già nel primo anno, scelti fra i cataloghi dei suoi oltre cinquanta associati,tra i marchi più noti del panorama edito- Quello che recitano è il copione di un’esistenza vissuta più da comparse che da protagonisti, obbedendo a ordini assurdi impartiti dall’alto da individui ignoranti e fanatici. Nella fatale successione degli eventi, sempre sul filo della tensione psicologica, ognuno di loro riuscirà a sfuggire, in qualche caso tragicamente, a una realtà governata dalla follia e a un conflitto che incarna la negazione stessa dei loro ideali. “I sottotenenti” di Mário de Carvalho, Instar Libri, Torino VANJA E GLI ALTRI. CARTONI, POCO CIBO E TANTA COLLA DA SNIFFARE Un paese dell’est europeo: bambini senza famiglia vivono nelle fogne per non morire congelati dal freddo dell’inverno, sfruttati da loschi e violenti figuri che procurano loro un letto fatto di cartoni, poco cibo e colla da sniffare, in cambio della loro opera nel “ripulire” le case vuote e abbandonate. Pubblichiamo un estratto tratto da “La città di sotto. Noir dell’Est” di Riccardo Brun, Stampa Alternativa/Nuovi equilibri, Viterbo. alla sua banda in dosi da un sacchetto ogni settimana. La sniffano contemporaneamente, ognuno dal suo sacchetto, sincronizzati.È un flash e poi un calore,e poi si comincia a scendere. È rabbia e risate, annebbia la mente, scaccia i pensieri tristi, ti rende forte, tagliente, coraggioso. È il paradiso dei bambini sotterranei. Non c’è niente che faccia paura se sei fatto per bene di Aurolac. Ma Vanja sa che l’Aurolac è anche una cosa nera e scivolosa, senza appigli e scorciatoie,e da qualche tempo è proprio la colla scacciapaure a fargli paura. Una volta, dopo aver sniffato per tre giorni consecutivamente senza mai salire in superficie, stava per uccidersi.Con una lametta si riempì il braccio di ferite e poi cercò di penetrare la carne del polso alla ricerca delle vene.Vorticava fra gusci rotti, croci di ferro, onde lucide, cordoni luminosi, e scivolava veloce di pancia con la testa che tirava da un’altra parte, scivolava verso un vuoto iridescente e insopportabile. Gli sembrò certo che a qualche centimetro di profondità nella sua carne, lì dove sentiva pulsare, ci fosse la fine e la soluzione di quella caduta frenetica e allucinata. La lametta entrava e usciva tagliando il braccio a casaccio. Fu in quei momenti, attraverso la nebbia che ottundeva la sua mente, che Vanja vide per la prima volta il signor Blovo.Lo guardava dal buio con le braccia conserte, e scuoteva la testa rassegnato. Per Vanja fu subito molto importante conquistare la sua fiducia e il suo apprezzamento. Tese verso di lui la LETTERE ALL’EDITORE. IL POETA SE LA PRENDE CON TUTTI lametta insanguinata, per chiamarlo e invitarlo presso di sé. Poi qualcuno gli diede una botta in testa e si risvegliò con una benda stretta intorno al polso. Ha smesso di sniffare l’Aurolac. Sono forse tre mesi che ha smesso. Adesso baratta le sue dosi con sigarette, candele, vestiti, cibo. Molti dei suoi compagni sniffano più Aurolac di quanto Dragan ne distribuisca. Quando l’hanno finito digrignano i denti, arricciano le labbra, lo cercano più del cibo, più della luce, più dell’Azione. Hanno tutti grosse croste scure sotto le narici. Alcuni adulti della Città Di Sopra li chiamano gli aurolaci. I bambini aurolaci. In azione. I ragazzi scendono dal furgone uno alla volta,con un salto. Quando sono tutti a terra, a un cenno di Cristo, partono di corsa.Vanja è il secondo a infilarsi nel portone. A ogni piano due di loro entrano in una porta sfondandola o scassinandola. Conviene sempre entrare in due. Durante una delle prime azioni Vanja entrò da solo in una casa e fu aggredito a bastonate. Ci mise qualche minuto a capire che si trattava di due vecchi, un uomo e una donna. Fu costretto ad accoltellare l’uomo e a fuggire mentre la donna lo malediceva e chiamava aiuto.Tutta l’Azione fu compromessa. Se fossero stati in due avrebbero potuto senza problemi legarli, imbavagliarli e svuotare l’appartamento. Ora Vanja si trova al secondo piano con Genu, che cerca di sfondare la porta con una spallata, ma la porta non cede. Allora Genu appoggia la fronte allo stipite e inizia a tempestare la porta di calci brevi, veloci e ravvicinati. Borbotta: «Troia. Troia. Troia. Troia schifosa». Vanja dice: «Spostati. Ho gli attrezzi per aprire le porte». DI LUCA CEDOLA rate in un miracolo? Non credete sia singolare quanto mi è accaduto? A me, che ho vissuto solo per scrivere e per parlare, ora è completamente impedito di farlo. L’unico contatto con il mondo sono i miei occhi, i miei grandi occhi stanchi. Amico mio, sì, prendete la mia mano, parlatemi di voi. Io non desidero che ascoltarvi. Vivete ancora in Belgio? Avete risolto i vostri problemi qui in Francia? E le vostre pubblicazioni… ne avete di nuove? Ne avete di belle? So che voi potete intendermi, anche se non udite le mie parole. Quante cose ci uniscono: l’amicizia, i debiti, i processi e soprattutto i Fiori. Sì, mio editore coraggioso, mio diletto Auguste Poulet Malassis. Alzatevi pure, Malassis, osservate il mondo dalla finestra di questa stanza. Voi non avete paura di guardare il mondo né che il mondo vi guardi. Ricordate i balconi di Bruxelles. Una città di balconi… nessuno ai balconi… almeno così sembrava: tutti lì indietro a spiare. E poi gente che cammina senza sosta, guardandosi sempre indietro e urtandosi continuamente: un popolo privo di sguardo, quello belga. Un popolo mentitore, feroce, astuto e molto civilizzato. Ricordo quella sera a casa vostra, sì, quella sera in cui esagerai con l’acquavite. Voi cercavate di non farmi bere; avete sempre cercato di farlo. Si parlava della Repubblica. Voi dicevate che il Belgio era fortunato ad avere una Costituzione. Ed io, un po’ alticcio, a sostenere che la Costituzione è solo un pezzo di carta e che i costumi sono tutto. In Belgio la libertà è sancita dalle carte ma in realtà non esiste… nessuno ne ha bisogno… è stata soppressa dalla stupidità nazionale. Andavamo, insieme, in giro, a dichiararci voi un ateo ed io un gesuita. stati costretti a lasciare l’appartamento. Ma a Vanja non interessa. Deve muoversi con velocità. La velocità è tutto durante l’Azione. Mentre sente Genu che fruga nel mobile all’ingresso,Vanja prende tutte le posate dai cassetti. Poi si sposta nell’altra stanza e prende una radio a transistor in plastica color legno, un carillon con due ballerine, un paio di scarponi neri senza lacci incrostati di fango, un libro dalla copertina dura e ingiallita dal titolo L’Innocent et la bombe atomique. Mette tutto nello zaino.Vanja e Genu si ritrovano dopo due minuti nell’ingresso. Genu gli fa l’occhiolino. Tornano di sotto e salgono sul furgone. Non sono i primi: Cristo e Rafael sono già ai loro posti.Lo zaino di Cristo sembra più pieno degli altri. Quello di Rafael invece è floscio e sembra vuoto. Gli altri due ragazzini arrivano nel giro di un minuto. L’autista riparte. Genu ha smesso con il piede, lo tiene sollevato, sospeso, ciondolante. Adesso batte la fronte contro la porta. Colpi leggeri, ritmo costante. Vanja lo tira via bruscamente per una spalla: «E spostati, cazzo!». Vanja è veloce, forse un paio di minuti in tutto. Spinge forte: lo schianto della serratura riecheggia nella tromba delle scale. Restano,Vanja e Genu, qualche secondo in attesa, fermi all’ingresso dell’appartamento. Poi entrano. C’è un momento sospeso e irreale fra il rumore della serratura che cede e il silenzio che segue, un momento che Vanja ha imparato ad assaporare come una delizia. È una casa piccola: due stanze più il bagno e una piccola cucina.La tavola in cucina è apparecchiata per due.In un piatto c’è del riso giallo e nero. Nell’altro briciole e un pezzo di pane. Forse stavano mangiando quando sono calunnia, la diffamazione, in cui si gode delle disgrazie altrui e nel quale non è possibile lodare un uomo in maniera disinteressata. Malassis, guardate da quella finestra Parigi. Mi sono spacciato per criminale, per Dov’è la città che conoscevamo, un informatore della polizia e i miei dov’è? È stata sventrata, stuprata non interlocutori parevano crederci. E nel per perseguire un ideale di bellezza credermi, non facevano che ignorar- ma solo perché doveva essere più mi. A teatro, una sera, mi presentai controllabile… e perché i banchieri e con un vestito e un soprabito chiari, gli accaparratori potessero arricchircon dei grossi anelli sui guanti; eppu- si sempre di più. Non credete, forse, re, passai completamente inosservato: che il Barone Haussmann sia stato insomma anche l’uomo più brillante solo il sicario dei commercianti e desi spegne ormai nell’indifferenza uni- gli speculatori? Capite, Malassis, coversale! Anche la possibilità di un’esi- sa sarà il mondo se anche Parigi è castenza vanitosa è preclusa! duta? Cosa può attendersi l’umanità Ma, d’altra parte, cosa c’è da se, ora come ora, la Francia dimostra aspettarsi da un Paese dove la gente al mondo intero che il primo venuto, viene istruita solo per diventare un impadronendosi del telegrafo e della banchiere o un ingegnere, in un pae- Stampa nazionale, può governare se dove alberga l’odio per una grande nazione? la letteratura, per la poe- Imbecille è chi pensa sia e per ogni forma di meche cose del genere possaDomani non tafisica? In Belgio non si no accadere senza il peressere conformi messo del popolo o che la esalta che il commercio. E il commercio è per sua esgloria di un uomo non possarà il vero, senza satanico. Il commersa che fondarsi sulla virtù. I grande crimine cio è il prestito con il sotdittatori sono solo i dometinteso: rendimi più di stici del popolo e la gloria quanto ti do. Lo spirito di che si procurano non proogni commerciante è corrotto per- viene che dal loro spirito di adattaché, per lui, la stessa onestà è una mento alla stupidità nazionale. Sarà speculazione lucrosa. Non parliamo così, in gloria della stupidità, che la poi dei Giudei, bibliotecari e testi- gente si assocerà perché possa essere moni della redenzione, sono i peg- dispensata dall’avere una propria giori tra i commercianti. Dovrebbe idea; si creeranno infinite commissioorganizzarsi una cospirazione per lo ni perché ciascuno possa compiacersi sterminio della loro razza! di avere un qualche grado e sarà imE il Belgio, Malassis, è il mondo possibile credere che un uomo pensi che verrà. Sì, il mondo lo immagino diversamente dalla massa. Qualsiasi così. Un posto inabitabile, intriso da dissidente sarà visto come un pericoun’atmosfera di sonno, di lentezza lo e non essere conformi sarà il granuniversale e su cui soffia il vento del- de, vero crimine. Forse non ci saranno l’imbecillità. Profetizzo, dal mio letto più criminali di professione ma la ladi morte, un mondo in cui si vive solo cuna sarà compensata dalla disonestà per essere uguali agli altri, in cui si di tutti ed il più bravo a derubare l’alpensa che se una persona ha fatto tro sarà solo il più stimato. Nessuno si qualcosa di bello tutti la possono rea- batterà più per alcuna idea perché lizzare, perché, in forza dei principi nessuno amerà più pensare. Il mondo dell’ottantanove, siamo tutti uguali. sarà l’America, una vasta gabbia, un Vedo il mondo ridotto ad una pic- grande istituto di computisteria, una cola città in cui si esercita l’invidia, la barbarie illuminata a gas. Le maledizioni al mondo di Baudelaire morente La giustizia farà interdire i cittadini che non sapranno arricchirsi, le nostre mogli non saranno che delle mantenute, le nostre figlie, già nelle loro culle, sogneranno di vendersi per un milione e nessuno vi troverà niente da ridire, nulla da rimpiangere. Forse, questi tempi sono prossimi; forse sono addirittura già venuti ed è solo l’inverno dei nostri cuori ad impedirci di accorgercene. Comunque, grazie di essere qui, Mattina di venerdì, 30 agosto 1867 amico mio. Erano giorni che desideParigi, Rue de Dome, Clinica del ravo di parlare con qualcuno. Che dottor Duval sorpresa e che gioia! Vi trovo bene. Da quando è che non ci vedevamo? Il mondo sta per finire! Forse era gennaio…? Sì, La sola ragione per cui fratello mio, abbracciatemi potrebbe durare è che esie stringete la mia mano, inHaussmann è ste. Questa ragione è debofinitamente. Ho percepito solo il sicario le, non credete? Cosa ha da che la prima cosa che avefare, ormai, il mondo? Supdi commercianti te osservato, entrando in poniamo pure che continui questa stanza, è stato il e speculatori ad esistere materialmente: crocifisso sopra il mio letsarebbe un’esistenza deto.Avrete certamente pengna di questo nome? Non sato a quella frase del nodico che il mondo sarà ridotto agli stro amico fotografo: «Gesù Cristo espedienti e al disordine farsesco del- che si esercita al trapezio». Ho notale Repubbliche del Sudamerica o che to anche un certo imbarazzo. Non torneremo ad uno stato primitivo. vergognatevi. Lo so, voi non siete coUna sorte del genere presupporrebbe me gli altri uomini che quando ritrola permanenza di una qual certa ener- vano un loro amico in un letto hanno gia vitale. Noi moriremo per le ragio- il desiderio segreto di vederlo morire ni per cui abbiamo creduto di vivere. per constatare che aveva una salute Il progresso avrà atrofizzato, in noi, inferiore alla loro o nella speranza di tutta la parte spirituale; la meccanica studiare un’agonia. ci avrà talmente americanizzati che la C’è una certa agitazione intorno a fine sarà segnata dall’avvilimento dei me. Il dottor Duval entra nella stanza nostri stessi cuori. di continuo, mi sente il polso e ha uno I figli fuggiranno dalle loro fami- sguardo che non promette nulla di glie a dodici anni, non per andare al- buono… mia madre prega continuala ricerca di avventure eroiche ma mente… è certo, oramai, è giunta la per fondare un commercio, per ar- mia ora. Mi domando cosa si provi ad ricchirsi e fare concorrenza al loro osservare un’incomprensibile sfinge. infame padre. Allora tutto ciò che Cosa pensate, cosa pensate, davvero, somiglierà alla virtù, tutto quello amico mio? Vi faccio pena, compasche non sarà denaro, diventerà sione, ritenete sia meglio che tutto un’immensa ridicolaggine. questo finisca il prima possibile o spe- Bookmark MERCOLEDÌ 4 OTTOBRE 2006 INFANZIA BRUCIATA Giovanni Russo, autore di Israele in bianco e nero (Avagliano Editore, Roma) ha visitato Israele nel 1963 con Vittorio Dan Segre,in un momento in cui il Paese viveva con grande tensione ideale la costruzione dello Stato. Dopo quarant’anni, l’autore è tornato a incontrare il suo protagonista - che è stato ministro e dirige un centro studi in Svizzera - per farsi descrivere le trasformazioni sociali e politiche di Israele, delle sue strutture sociali e il rapporto con le nuove ondate di immigrati e il mondo del vicino Oriente. Ne è nato un confronto tra le realtà di ieri e di oggi che aiuta a comprendere com’era Israele a pochi anni dalla sua fondazione, le radici dei problemi che già allora si intravedevano, e perché è così difficile arrivare alla creazione di due Stati che finalmente convivano in pace. In Israele non si può rimanere un osservatore o uno spettatore. Il vostro viaggio professionale o turistico diventa un’avventura personale nel mondo dello spirito, delle idee, della morale. Cercherò di spiegarmi con degli esempi.All’aeroporto di Tel Aviv mi aspettava Joseph, un “sabra”, come mi ha detto orgogliosamente, perché è nato a Gerusalemme. Mi avrebbe fatto da guida e da interprete,indispensabile per comunicare in ebraico. (La lingua della Bibbia è stata resuscitata; ha un suono cantilenante; il fatto incredibile è che tutti, anche gli emigranti, dopo pochi mesi, la parlano correntemente; è come se noi italiani ci mettessimo a discorrere in latino).Joseph mi ha accompagnato in automobile a Beer Sheva, la capitale del deserto del Neghev. Correvamo per una strada asfaltata, fiancheggiata da alti eucaliptus. Osservavo, dietro la cortina alberata, i campi coltivati,i frutteti,gli aranceti,le vigne. Stormi di uccelli, di pernici, si alzavano pigramente dalla strada davanti ai pneumatici. Gli israeliani non vanno a caccia. «Tutti questi Una lingua non si apprende, s’imma- gina. Partendo da questo presupposto, Aaron Janvier, ubriacone loquace e colto che vive sotto il Pont Neuf,racconta la sua storia a una donna altrettanto sbronza. Aaron è un eccellente traduttore dallo spagnolo al francese con la passione per la scrittura, che inizia a scrivere romanzi immaginando di tradurre testi di famosi autori spagnoli.Poi comincia a contattare direttamente gli autori spagnoli, proponendo loro di scrivere i romanzi che lui stesso ha già redatto in francese, e di assumersene la paternità,di creare cioè l’originale della sua traduzione. Numerosi autori accettano, facendolo diventare così un «negriero di scrittori». Le sue traduzioni riscuotono grande successo e la fama di Aaron continua a crescere fino al giorno in cui un autore non accetterà una delle sue storie assurde, minacciando di rivelare l’inganno.Aaron si vedrà dunque costretto a eliminare il pericolo, ovvero lo scrittore, causando l’inizio della fine della sua carriera. Il brano è tratto da “I negri del traduttore” di Claude Bleton. Vedi, ora mi dedico alla forma. A quella delle bottiglie, per esempio. Ovali, allungate, panciute. Le mie dita scorrono sulla loro sagoma.Compro,stappo,svuoto. Con entrambe le mani tra il culo e il collo. In via del tutto accessoria, bevo. Una volta leggevo le etichette, sceglievo i crus, restavo a lungo incerto. Sapere quello che si fa, sapere quello che si beve. L’attesa faceva parte del piacere. Quando bevevo, ne lasciavo sempre un po’ sul fondo - la feccia. Una parola fin troppo carina rispetto a ciò che designa. Poi buttavo la bottiglia. Vedi, un buon modo per misurare la strada fatta: ora me ne frego del gusto.Da questo mi rendo conto che sono cambiato.Ma mi chiedo quando sia successo. Un tempo bevevo un primo bicchiere, lentamente, passaggio obbligato lungo il palato. Gli altri a seguire. Oggi tutto ha lo stesso sapore, dall’inizio alla fine. E non lascio più nulla sul fondo, perché dovrei, visto che non si deposita più nulla nelle bottiglie. Potrei tranquillamente cominciare dall’ultimo bicchie- LIBRI INDIPENDENTI IN EDICOLA riale indipendente del nostro paese. Una sorta di originale catalogo, nato dall’unione dei titoli proposti dai soci, che spaziano dalla narrativa classica o contemporanea (Collana “Trame senza tempo”), alla saggistica di profonda ma immediata lettura (Collana “Saperi”), alle guide di vita quotidiana (Collana “Strumenti”), alle biografie celebri o testimonianze contemporanee (Collana “Tempi mo- derni”). Fra le prime uscite, una raccolta di brevi meditazioni di Thomas Moore, sul filo dei ricordi di un’esperienza monastica giovanile (“Nel chiostro del tempo”, Moretti & Vitali), un romanzo a firma di Giorgio Cosmacini che affronta con profondità scientifica e sociale i problemi dell’essere medico (“Romanzo di un giovane medico”,Viennepierre), l’onirica e appassionante storia familiare di REPORTAGE. RITORNO IN TERRA DI ISRAELE, QUARANT’ANNI DOPO Francesco Venditti (“My sweet family”, Manni editori), l’approfondimento della conoscenza fino alle tecniche di cura della diffusa sindrome da panico (“Panico: istruzioni per l’uso”, Armando editore).Tra i titoli che seguiranno c’è anche un romanzo giovanile di Jack London, per la prima volta tradotto in Italia (“La crociera del saetta”, Robin edizioni) e un saggio di De Ruiter sullo scenario po- DI GIOVANNI RUSSO Il forestiero rapito dall’entusiasmo degli ebrei alberi», mi ha detto a un tratto Joseph, «sono stati piantati da noi. Prima c’era solo sabbia. Ma nella Bibbia c’era scritto che questo Paese, quando lo abitavamo noi, era ricco di alberi, di frutta, di uccelli».Molte altre volte sentirò dire «nella Bibbia c’era scritto» e il riferimento è fatto come se richiamasse un ricordo recente, di pochi anni fa. Voi udite il cinguettio degli uccelli,guardate il verde dei campi disseminati dalle case dei villaggi agricoli e pensate alla Bibbia.Siete abituato a considerare quel libro un paesaggio del vostro spirito. Questo paesaggio è invece vivo e reale intorno a voi:un pensiero che si è miracolosamente incarnato. Se visitate un kibbutz, se parlate con un maestro di scuola, con un tecnico agricolo,con un funzionario,con uno studente universitario il vostro colloquio finirà sempre con il dilagare oltre gli argini dell’argomento specifico e con l’arrivare alle questioni fondamentali,quelle che noi discutiamo solo con gli amici più stimati o riserbiamo, talvolta, alla meditazione: l’organizzazione della società, la funzione dell’uomo nello Stato,lo scopo dell’esistenza. Da principio questo fatto può sorprendervi e anche un po’ irritarvi.Poi si capisce che è proprio questo il motivo per il quale anche voi,forestiero curioso e passeggero, vi sentite coinvolto nella vita di un Paese geograficamente così lontano. La verità è che Israele è anche uno Stato con una polizia, un esercito, un Parlamento, ma è soprattutto il luogo dove le teorie e le idee che costituiscono il nostro patrimonio morale, culturale, scientifico (nella cui elaborazione il pensiero ebraico ha avuto una parte così importante) sono messe alla prova nello sforzo di creare una società che assorba e utilizzi il meglio del nostro vecchio mondo occidentale e sia, nello stesso tempo, capace di aprirsi alle aspirazioni dei mondi asiatici e africani che sono stati risvegliati dal vento della storia. Queste teorie voi potete osservarle calate nell’attuazione come in un laboratorio e giudicarle al vaglio della realtà pratica.Avete il privilegio di valutare il sacrificio, l’orgoglio, la volontà, il sangue, la saggezza e la follia antiche di una umanità che non si stanca di tentare la realizzazione dei suoi pensieri. La retorica su Israele è considerata con fastidio dagli israeliani i quali non parlano volentieri dei libri apologetici o dei film propagandistici che li riguardano. Tutti sanno che Israele è sorto per l’eroismo e la fede dei primi pionieri russi e polacchi intrisi di dottrinarismo tolstoiano spinti in Palestina dai “pogrom”e dalla predicazione di Teodoro Herzl, il giornalista viennese che difese Dreyfus e scrisse poi l’opuscolo famoso intitolato Der Judenstaat (Lo Stato ebraico); che Israele si è formato nell’immigrazione clandestina,nella resistenza agli inglesi,nella guerra coi Paesi arabi che, ancora, ufficialmente, ne ignorano l’esistenza; nel duro, accanito lavoro con il quale sono state riscattate terre deserte alle paludi e alla sabbia mettendo a frutto fatica, scienza e tecnica. La precisione, la puntualità, l’efficienza, doti proprie delle società nordiche,regolano l’esistenza VOCAZIONI. L’ALTERNATIVA ALL’INCAPACITÀ D’ESSERE AUTORE come se si fosse in Svizzera e non in un lembo del Medio Oriente dove si era abituati all’apatia,al disordine, al mercanteggiamento certamente più folcloristici, ma indicativi di un mondo ancora arretrato come l’arabo. Gli israeliani vi risponderanno che non bisogna dimenticare che Israele è nel Medio Oriente e che il 30% dei suoi abitanti provengono dalla Africa e dall’Asia, il 36% sono nati nel Paese e che solo il 34% è arrivato dall’Europa, dall’America e dall’Australia.Si tratterebbe, quindi, di una netta minoranza.Ma è solo un patriottismo geografico facilmente comprensibile. La verità è che questa minoranza del 34% costituisce il lievito ideale d’Israele, quella che, selezionatasi nel movimento sionistico e nell’immigrazione clandestina, ha creato una società israeliana e vi ha dato una impronta laica, moderna, ispirata dalla decisione di riscattare l’ebreo dalla condanna del ghetto. Basta un elenco dei principali problemi di Israele per rendere più concrete queste considerazioni.Lo Stato è un esempio di convivenza fra esperienze collettivistiche (come i kibbutzim e le industrie gestite dall’Histadruth,il potente sindacato unico) e il sistema della libera concorrenza. Questi due sistemi, che si fronteggiano minacciosamente nel mondo,sono posti pacificamente a confronto in questo DI CLAUDE BLETON Amori, disordini e bevute del traduttore ubriacone re. Fine, inizio, non faccio più distinzioni. Invece di sistemare, rimetto tutto in disordine. Come Aurore. Aurore… Appena parlo di lei riaffiorano colori e odori,i due grandi assenti di oggi.L’avevo incontrata a un cocktail. Mentre stavamo per andare via i nostri sguardi si incrociarono. Perché? E perché ci siamo scambiati gli indirizzi? Nessun calcolo in quell’istante. E quando è, allora, che si è insinuato tra di noi? Sicuramente quando gli istanti si sono mescolati. Sicuramente nella successione degli istanti. Ma ho l’impressione di prendere tutto al contrario. All’improvviso mi infastidisce bere l’ultimo bicchiere prima del primo. Mi piacerebbe rimettere il vino al dritto. Perché non ha più nessun gusto? Non è stato sempre così. Dammi un’altra bottiglia. Riesco ad accarezzarle solo quando sono piene.Solo allora la carezza ha ancora un senso. Quando incontrai Aurore, mi sembrò un’ingiustizia non averla incontrata prima. Improvvisamente provai rancore verso di lei perché aveva una vita privata. Perché non era comparsa nel momento in cui lo avevo deciso io. E smisi di credere che la vita è una strada più larga che lunga da percorrere lontani dalle vie già battute. Ma le cose non accaddero affatto come ti ho appena detto. «Vuoi che ti racconti delle storie?». «Sì». La semplicità della risposta fu disarmante. Sì. Eppure non ci conoscevamo. Avrei potuto essere lo strangolatore, il serial killer del quartiere. La fiducia è un fenomeno incomprensibile. In seguito ne ho largamente approfittato. La rividi a casa sua, la settimana dopo, un ultimo piano nel XII arrondissement. Capelli biondissimi, lunghissimi, lineamenti un po’ accozzati, sguardo limpido, passo leggermente claudicante, ma portamento assai eretto. Una sportiva. E soprattutto due occhi straordinariamente azzurri. Iniziai subito, me lo ricordo, con una delle storie di Chiudilocchio. C’era un lungo sentiero erboso, una non riusciva a partire e i delinquenti averadura, un albero. E una profusione di vano tutto il tempo di prendere il largo. animaletti, ovviamente. Si avvicinava la Impiegai altri sei mesi per realizzatempesta e la foresta era tutta in subbu- re, dopo un calcolo estremamente comglio… Palpitante proprio come il suo plesso per un bambino della mia età,che cuoricino che sussultava sotto il mio pal- a quel ritmo mi ci sarebbero voluti quamo, attraverso il seno. rant’anni per finire un primo romanzo. Questo tipo di storia deve sembrar- Compresi che non sarei mai stato un auti ridicolo. Non è di quelle che si raccon- tore e che la soluzione migliore era di ritano a una ragazza al primo incontro. E copiare quello che gli altri avevano scrittuttavia Aurore ascoltava con tutta se to. L’inizio di una vera vocazione da pistessa. Per otto ore raccontai le avven- gro: sarei diventato traduttore. Certature di Chiudilocchio. Poi, rientrai, sfini- mente, all’epoca, mi attiravano altre to. Lei mi aveva gentilmente spinto ver- strade. Pompiere o motociclista. Ma tali so la porta e baciato sulle guance. carriere non erano meno legate a quei Uscendo sentii nascere il disordine. Al- medesimi problemi tecnici di partenza, l’improvviso sentivo che la manutenzione ed equilibrio vita non è una lunga infan- precario tra i pedali del freno zia, le storie sono un rifugio e della frizione. Posso dire, Decisi di illusorio contro la memoria senza timore di esagerare, studiare lo e il passato, anche se sotto che le scatole del cambio somentite spoglie, ritorna. spagnolo, lingua no all’origine della mia vocaBisogna però che procezione di traduttore. di immigrati da con ordine. Innanzitutto il Dopo aver fissato il mio primo bicchiere, in nome delobiettivo, mi restava da decila fedeltà alle mie manie di dere come raggiungerlo. un tempo. Questa mania dei racconti Avevo tre possibilità: l’inglese, per i l’ho ereditata da me stesso, dalla mia in- bambini normali, il tedesco, riservato ai fanzia. Non ho ricordi, solo storie. Co- figli dei maggiorenti, e lo spagnolo, in minciai il mio primo romanzo all’età di cui si ritrovavano gli immigrati di ogni dieci anni. A dieci anni e mezzo ne ave- tipo. Scelsi quest’ultima opzione convo scritte diciotto pagine.Impossibile an- vinto - a giusto titolo, come avrebbero dare avanti. Impossibile anche far parti- poi dimostrato i fatti - che non ci sarebre una macchina. Mi sembrava che scri- be stata molta concorrenza in questa vere «la macchina partì» fosse un’impo- lingua poco apprezzata dagli spiriti illustura e i lettori avrebbero capito subito minati. Non ti nascondo che i primi anche non ne sapevo nulla di meccanica e ni furono piuttosto duri. Lo sterile apguida. E soprattutto pensavo che non prendimento delle regole grammaticali avrebbero capito la successione degli si fa beffe delle esaltanti sfumature deleventi. Osservavo la gente al volante, la lingua e delle infrazioni alla sintassi scoprivo l’esistenza di cambio, frizione, normativa che costituiscono lo stile e accensione,freno a mano in alcuni casi… quindi l’uomo. Ma sapevo che il mio fuma non sapevo come collegare tra loro turo di traduttore doveva passare attraquesti elementi. E a volte avevo l’im- verso un discreto numero di ostacoli. pressione,invece di scrivere un romanzo, Vedi, ancora una volta non faccio di redigere un manuale per imparare a niente con ordine, malgrado le buone inguidare. Strappai quindi pagine su pagi- tenzioni. Quando si racconta la proprio ne dal mio quaderno poiché la macchina vita, si comincia dall’inizio, no? Proprio piccolo lembo della Terra, attuando quella coesistenza che tante volte i Capi delle grandi Potenze affermano di desiderare. È un sintomo significativo che la formula liberale stia prevalendo,in un certo senso,su quella collettivistica. Questa pacifica possibilità di confronto spiega (al di là della convenienza di allearsi con i nazionalismi arabi) l’antipatia della Russia per il minuscolo Israele.Il sindacato è anche gestore di grosse aziende e datore di lavoro. Credo che questo sia l’unico Paese dove i lavoratori scendano in sciopero anche contro i loro sindacati. Israele è, inoltre, un esempio di convivenza di genti di civiltà, costumi, lingue, culture le più differenti anche se tutti sono uniti dal legame della tradizione religiosa ebraica. I suoi abitanti provengono da ottanta nazioni. Questo è il luogo ideale per constatare l’assurdità delle teorie razzistiche.Per le strade di Tel Aviv vi colpiscono le facce brune, antiche, classiche degli ebrei jemeniti, dalla piccola statura, accanto a quelle degli ebrei indiani alti e dignitosi e a quelle rosee dei longilinei, biondi “ashkenaziti”, gli ebrei tedeschi, rumeni, polacchi. Nelle trattorie arredate come nelle città tedesche o danesi,si può mangiare il “falafel”, una specie di pizza, insieme con piatti orientali. Uomini che fino a pochi anni o mesi fa erano rimasti nel Medioevo devono essere messi in grado di vivere nel XX secolo.Israele deve ospitare, in media, 100.000 immigrati all’anno ai quali fornire alloggio, lavoro, scuole.Tutti i problemi di Israele sono doppi:l’esercito deve essere agguerrito, forte, sempre pronto (le riserve possono essere mobilitate in poche ore e tutti i cittadini prestano servizio nell’armata per un mese o quindici giorni all’anno) ma, nello stesso come noi, se raccontassimo alle persone come ci siamo conosciuti, vorrebbero innanzitutto sapere chi siamo, da dove veniamo, se le nostre vite hanno incrociato un Chiudilocchio appollaiato su un albero, una voliera in mezzo a una radura o dei banditi in fuga. Ti chiederai dove prendo queste storie.Del resto,non devi chiedere nulla,sono io a raccontare e a decidere. Mia madre non me ne raccontava. Mio padre ancora meno. E a ragion veduta: non mi ha conosciuto. Mia madre si è presa giusto il tempo di darmi alla luce prima di rimettersi a caccia di passanti, come la strega ruba-baci. Un’altra storia. Che non appartiene alla tua epoca. Secondo un’altra versione, durante il trasferimento dal reparto maternità a casa, fui rapito da una lupa alla quale avevano ucciso la cucciolata. Cresciuto da un’orda di lupi che aveva fissato la propria casa in una capanna deserta in mezzo a una radura della grande foresta,passavo il tempo tra corse a quattro zampe e letture avide di vecchi numeri dell’Illustration ritrovati in un baule. Una delle due versioni è verosimile, ma ce ne sono altre… Non ho ricordi dell’infanzia. È l’origine del mio disordine. O meglio, ne ho uno solo: l’ospedale. Ho dimenticato perché mi trovassi lì. Ci rimasi a lungo. Mesi,anni,non so.Non ricevevo nessuna visita, o perlomeno non ne ho memoria. Le infermiere non la smettevano di sgridarmi perché le mie cose fossero sempre sistemate, in ordine. Facevano irruzione nella mia stanza e con alterigia mi rimproveravano per la Babele che vi regnava: libri, riviste, giornali ovunque… Minacciavano di buttare via tutto quello che non fosse al proprio posto - posto da loro deciso unilateralmente. A volte veniva un uomo, in camice bianco, prendeva un foglio attaccato ai piedi del mio letto, aggrottava le sopracciglia, diceva due parole all’infermiera che era con lui e spariva senza un saluto, senza uno sguardo. Le donne mi rimproveravano di esistere, gli uomini mi ignoravano. Soltanto uno, un infermiere, mi dedicò cure attente, anche troppo forse. Ma ho dimenticato tutto, come ti ho già detto. 5 litico internazionale (“11 settembre: il reichstag di Bush”, Zambon edizioni). Questa volta, però, i quotidiani non c’entrano nulla. I libri saranno disponibili in edicola a un prezzo abbordabile e senza essere abbinati ad alcuna testata. Un’iniziativa che si propone di offrire ai lettori più attenti una selezione dei migliori titoli dell’editoria indipendente italiana e di riavvicinare gli italiani al piacere della lettura. tempo, serve a educare i giovani dei due sessi ai compiti della vita civile. L’industria deve essere sviluppata ma,nello stesso tempo,occorre irrigare il deserto. Non sono forse questi i problemi più importanti che il mondo si trova oggi di fronte? In Israele essi sono concentrati e vengono affrontati con coraggio, spirito di sacrificio, senso pratico. L’osservatore straniero è colpito dalla maniera entusiasta, quasi febbrile, con la quale tutti, dal ministro allo spazzino, svolgono il loro lavoro.Per noi questo entusiasmo è misterioso, incredibile tanto più che sappiamo bene come il male della civiltà moderna sia causato dal fatto che il lavoro costituisce spesso un’alienazione dell’uomo, un modo di ucciderne lo spirito. Gli israeliani invece affrontano le difficoltà di una vita faticosa perché sanno di lavorare per un ideale, di avere uno scopo. Girando per le strade di Tel Aviv o di Gerusalemme, visitando Elath, la città sorta sulle rive del mar Rosso, progettata dall’italiano Piccinato,entrando nella biblioteca del kibbutz Netzer Sereni, parlando con gli scienziati dell’Istituto Weizmann, ammirando, sulle rive del Mediterraneo, i resti romani o crociati di Cesarea, ho capito che questo mi riguardava,ci riguardava direttamente. Non si tratta di quel sentimento di colpa che tutti proviamo di fronte agli ebrei e che si può scambiare per solidarietà. È soltanto la scoperta che non possiamo sentirci estranei allo sforzo della nostra civiltà che sta cercando di creare una società più giusta e più umana, anche se, fortunatamente,senza pretese di perfezione. Il successo o il fallimento di quello che si credeva fosse il sogno di un gruppo di visionari significano il nostro successo o il nostro fallimento come uomini liberi. I difetti della ragion di Stato, le esigenze della politica esistono anche qui. Ma Israele non è l’isola di Tommaso Moro proprio perché vuole essere una realtà e non un’utopia.