anno 4 numero 2 / Febbraio 11 Infanzia: addio al tunnel delle liste 9 MILIONI DI EURO per periferie e frazioni AREZZO Violenza sulle donne: un opuscolo per riconoscerla Realizzato da Comune e Provincia e curato da Pronto Donna. Rivolto alle donne di diversa nazionalità e tradotto in lingua inglese, rumena, albanese e araba ♦ ♦ ♦ Un opuscolo informativo multi-lingue sulla violenza di genere per le donne delle diverse nazionalità presenti nel territorio aretino. “È il risultato finale del progetto Inform-azione – ricorda l’assessora all’integrazione e pari opportunità Aurora Rossi – vincitore del bando fatto lo scorso anno e finalizzato all’integrazione e alle pari opportunità. Nel nostro territorio i numeri delle donne straniere e la percentuale di quelle che si rivolgono al Centro Antiviolenza sono notevoli: delle 97 donne che in un anno hanno chiesto sostegno ai servizi, il 50% sono straniere. Stiamo anche finanziando un altro progetto di Pronto Donna per cercare di intervenire nel giro della prostituzione attraverso operatori si strada e sostegni sanitari e legali”. L’opuscolo è stato realizzato in varie lingue: italiano, inglese, rumeno, albanese e arabo. Non è una semplice traduzione letterale ma vuol risultare comprensibile per le diverse culture di appartenenza. Sostiene Valentina Torri di Pronto Donna “l’opuscolo vuol servire anche a smitizzare i luoghi comuni che ruotano attorno alla violenza. Nei nostri contatti quotidiani con le donne abbiamo rilevato la difficoltà delle donne stesse a riconoscersi 22 ♦ ♦ Informazioni sul PRONTO DONNA All’Associazione “Pronto Donna” ci sono operatrici pronte ad aiutarti concretamente per trovare insieme il percorso migliore per te. servizio gratuito e garantisce Questo è l’anonimato. Oltre al percorso con le operatrici, se vuoi, l’Associazione ti offre: CONSULENZE LEGALI: per avere informazioni sui tuoi diritti e sulle possibilità per sottrarsi alla violenza. ♦ ♦ CONSULENZE PSICOLOGICHE: ♦ per comprendere e definire il problema e ricercare adeguate ♦ strategie di uscita. ♦ ♦ CASA RIFUGIO: ♦ per ricevere un’accoglienza temporanea in una casa protetta ♦ ad indirizzo segreto. ♦ ♦ ♦ ♦ come vittime di violenza: c’è una sorta di sdoppiamento della percezione esterna e interna. Abbiamo quindi scelto un linguaggio fruibile e diretto dando indicazioni semplici, compresa la ‘violenza indiretta’ sui figli che assistono a comportamenti violenti in famiglia. Il bene dei figli è spesso una molla per uscire dalle relazioni”. “Sono molte le donne straniere che si rivolgono ai servizi – precisa Alessandra Nocciolini, del Centro Pari Opportunità della Provincia – e stiamo rilevando un aumento costante, probabilmente dovuto anche alle difficoltà economiche, come emerge dal secondo rapporto sulla violenza di genere in toscana per l’anno 2010, presentato ad Arezzo il 25 novembre scorso. Arezzo, insieme a Pistoia, sono le due città in Toscana dove si registra il maggior numero di denunce di violenze di donne straniere”. L’opuscolo verrà distribuito nei posti principalmente frequentati da donne: luoghi di aggregazione, supermercati, profumerie, studi medici e pediatrici, ma anche negli uffici dei servizi sociali, operatori sanitari, enti del privato sociale che, per le caratteristiche del loro lavoro, possono entrare in contatto con donne vittime di violenza. 23 ASL Un ospedale dove non ci sia dolore: il Cosd della Usl 8 Il Comitato è presieduto dal dottor Massimo Gialli e ne fanno parte rappresentanti di Federconsumatori, Coordinamento del Volontariato, Amrar e Tribunale per i diritti del malato Ospedale Arezzo Ospedale Valdarno Ospedale Valdichiana Ospedale Valtiberina Massimo Gialli - responsabile Cosd Nella USL 8 si è recentemente ricostituito il Comitato per un ospedale senza dolore (COSD), organo consultivo di valenza provinciale le cui origini risalgono a una decina d’anni fa. Il COSD è un attualmente presieduto dal dottor Massimo Gialli, che è anche direttore del presidio ospedaliero del Valdarno. È composto, ovviamente, da medici e infermieri esperti nella terapia del dolore in genere o nella terapia di quei dolori che hanno una loro specificità (acuti, cronici, post-operatori, derivati da patologie cancerose, ecc.). É inoltre presente personale sanitario specializzato nella cura di malattie fra loro diverse ma che provocano tutte sofferenze di vario grado. Ne fanno parte, a pieno titolo, alcuni rappresentanti del volontariato: Federconsumatori, Coordinamento del Volontariato, AMRAR (Associazione dei malati reumatici), Tribunale per i Diritti del Malato. Il COSD svolge un’azione di sensibilizzazione dei sanitari nei confronti del dolore, vigilando sulla corretta rilevazione e valutazione del sintomo in cartella clinica. Tuttavia, la finalità principale del COSD è quella di proporre provvedimenti terapeutici che possano eliminare o attenuare il dolore, in qualunque forma esso si presenti (fisica, psichica, psicofisica). C’è ancora tanto dolore inutile, o meglio tanto dolore evitabile. E ci sono le sofferenze delle fasi estreme della vita, trattate dalla Unità Operativa di terapia del dolore e delle cure palliative a cui si possono rivolgere tutte le famiglie in condizioni di necessità 26 Ospedale Casentino per la presenza nel loro seno di un malato entrato nella fase terminale. Ormai è chiaro a tutti – medici, infermieri, pazienti – che il dolore non è soltanto un sintomo, ma è esso stesso, frequentemente, una malattia da curare. La convinzione diffusa – espressa dal detto popolare tolto il dente, tolto il dolore – secondo la quale la sofferenza è sempre e soltanto l’effetto di una certa patologia, il più delle volte non ha fondamento. I compiti di consulenza del COSD sono molteplici, assai più di quanto possa sembrare a prima vista. Ad esempio: dare indicazioni sui criteri utili per organizzare l’informazione e la formazione del personale sanitario a proposito delle tecniche anti-dolorifiche (e sui modi e sui motivi per praticarle); concorrere a superare i pregiudizi correnti sull’uso della morfina; verificare (monitorare) l’impiego degli oppiacei; aggiornare i medici di famiglia; ecc. Seguendo questa strada si sono ottenuti, in Arezzo, nel corso di questi ultimi anni, importanti risultati, tra i quali primeggiano la cura del dolore nel decorso post-operatorio, la possibilità di un parto indolore e in generale l’aumento considerevole dell’uso della morfina. Un passo in avanti di grande importanza è stato compiuto recentemente con l’approvazione di una legge dello Stato (marzo 2010) che prescrive l’annotazione sulla cartella clinica del grado di dolore che il paziente prova, così come avviene per la pressione arteriosa o per la temperatura. È vero che il dolore è una sensazione estremamente soggettiva, non descrivibile soddisfacentemente e non comunicabile, ma è anche vero che per superare questi ostacoli, si è convenuto di accogliere come vero, senza contestarlo, ciò che il malato riferisce: un dolore forte, debole, sopportabile… Il dolore è misurabile: la sua intensità viene riportata su una scala graduata e poi registrata. Raccogliendo questi dati attraverso il tempo si ottengono informazioni preziose, sia dal punto di vista diagnostico che terapeutico. C’è qualcosa di più. Invertendo le procedure tradizionali non è più il malato che, giunto allo stremo della sopportazione, domanda aiuto per le sofferenze che lo opprimono, ma il medico o l’infermiere che gli chiedono se soffre e quanto soffre, a suo giudizio. È l’inizio di una conversazione che avvicina il paziente al medico e il medico al paziente e ci conduce al centro del consenso informato. Il medico, infatti, interrogherà il malato per sapere se desidera liberarsi delle sue sofferenze e, se riceverà una risposta affermativa, esporrà quali sono i mezzi a disposizione (i farmaci, i trattamenti particolari) per cercare di raggiungere lo scopo, indicherà i possibili effetti indesiderati delle pratiche antalgiche suggerite e, se ne esistono, le possibili alternative e le loro conseguenze. A questo punto la parola torna al malato. Il medico e l’infermiere informano, il malato decide. Il principio dell’autodeterminazione, dove essa sia possibile, rimane fermo. Si è avviato così, almeno lo si spera, un dialogo tra medico e paziente, nella maniera più distesa e più feconda possibile. Il fine dell’uno e dell’altro è comune: trovare la giusta dose di quel certo medicinale per quella certa malattia di quel certo individuo. È il principio della personalizzazione della cura, valido non solo per la terapia del dolore, ma per qualsiasi terapia, un principio oggi all’attenzione di tutto il mondo sanitario. Maggiori informazioni si possono avere, rivolgendosi al proprio medico curante, al distretto di appartenenza o alla stessa Unità Operativa della terapia del dolore. 27 ASL Nuova segnaletica interna all’ospedale San Donato Un anno di lavoro per mettere a punto e realizzare un nuovo sistema di “orientamento” Il migliore in Toscana nell’indagine della Gestione Rischio Clinico della Regione L’ospedale San Donato, come la gran parte degli ospedali italiani, è una struttura molto grande e complessa, costituita da una serie di padiglioni secondari e da un grande corpo centrale. Quest’ultimo, a sua volta, si sviluppa su più piani e più settori. Una complessità che è cresciuta negli anni a seguito degli ampliamenti e delle modifiche organizzative a cui il nostro nosocomio è stato via via sottoposto. Sta di fatto come ben sanno cittadini, utenti e visitatori - che non è sempre facile raggiungere il servizio o il reparto che ci interessa, se non lo abbiamo già visitato in precedenza o in assenza di precise indicazioni da parte del personale della reception. A fronte di questa complessità, da circa un anno, l’Azienda sanitaria ha messo a punto e realizzato un nuovo sistema di “orientamento”, basato su una riorganizzazione degli accessi e su un sistema fatto di pochi numeri, pittogrammi e colori, in grado di farci capire dove ci troviamo, dove vogliamo andare e come raggiungere la nostra destinazione. Le informazioni sono facilmente leggibili e chiare. I materiali utilizzati per la cartellonistica sono ottimali e permettono l’intercambiabilità dei contenuti di tutti i pannelli informativi e direzionali. Un sistema che - secondo quanto rilevato da un’indagine promossa a livello regionale - è risultato essere il migliore tra quelli adottati dai vari ospedali toscani. Prima di tutto, individuare il settore d’interesse Grazie al nuovo sistema di orientamento, ogni settore si esplora muovendosi in verticale, mentre la scelta del settore di interesse e il passaggio da un settore all’altro, avviene esclusivamente al piano terra (livello 0) della struttura. Quindi, la prima indicazione per il visitatore occasionale è quella di individuare nella cartellonistica generale collocata all’ingresso dell’ospedale il settore in cui si trova il servizio che ci interessa e poi salire in verticale al piano ove questo è collocato. Questo sistema di divisione in blocchi verticali dell’edificio e la conseguente accessibilità ai suoi servizi è particolarmente interessante perché canalizza il flusso delle persone direttamente al settore di interesse, focalizzandolo in aree verticali e riducendo la possibilità di smarrirsi, così come di creare “traffico interno”. Accedere alle degenze o agli ambulatori Si accede alle degenze esclusivamente dal settore 7, dove si trovano, al piano terra, la hall di ingresso, il servizio di accoglienza e il bar. Per le attività ambulatoriali, gli utenti sono stati dirottati verso gli accessi situati nell’anello esterno in corrispondenza delle scale antincendio che rappresentano l’elemento fondamentale di orientamento per gli utenti. L’identificazione dei vari comparti è rappresentata da un numero che corrisponde al settore e alla scala. Sono stati prodotti una serie di pittogrammi identificativi delle aree funzionali (reparti), delle destinazioni d’uso e delle tipologie d’utenza ai quali è riservato l’accesso (ambulatori, degenze, diagnostiche...). In tal senso sono stati anche definiti i colori delle pareti e degli arredi che permettono immediatamente di capire la destinazione d’uso degli ambienti in cui ci si trova: arancio per le aree ambulatoriali, giallo per le degenze, verde per le diagnostiche, rosso per le aree critiche, azzurro per i laboratori. Un sistema cromatico che è stato esteso anche negli altri presidi e distretti della provincia. La tipologia della segnaletica I sistemi di segnaletica adoperati sono composti da segnaletica a muro, totem esterni, pannelli informativi e mappe di orientamento. Il tutto segue una coerenza e una cura grafica di grande efficacia, molto curata anche nella sua sobrietà, fornendo in ogni momento tutte le informazioni necessarie all’utente. Inoltre, per aumentare la capacità di orientamento lungo i percorsi orizzontali, in particolare al piano terra e al piano primo per raggiungere il Pronto Soccorso dall’ingresso principale - che funge da snodo per tutte le aree - sono state predisposte strisce di orientamento a terra. Un sistema, articolato in tratti lineari e snodi puntuali (corrispondenti ai 28 landmaker rilevati), che permette una maggiore leggibilità, sia per il riconoscimento delle funzioni afferenti, sia per una comprensione del sistema degli ingressi e delle uscite. Il progetto è scaturito da un attento lavoro interdisciplinare che ha coinvolto l’architetto Luca Marzi con la collaborazione del Dott. Marco Bondioli, la Comunicazione e Marketing (Dott. ssa Marzia Sandroni) della Direzione Generale, la Direzione Medica di Presidio (Dott.ssa Lucia Grazia Campanile, Dott. Alessio Cappetti), l’ufficio tecnico (Ing. Gilberto Cristofoletti, Arch. Sabina Palleggi) e il personale amministrativo, medico e infermieristico. Questo gruppo di lavoro si è confrontato assiduamente per i 18 mesi, confrontandosi sulle scelte e garantendo così quella “qualità” che la Regione stessa ha riconosciuto attraverso la propria indagine, convinta che il sistema di wayfinding sia il primo biglietto da visita che un’azienda sanitaria evoluta debba garantire ai propri utenti, in linea con le politiche dell’accesso che la Regione stessa da tempo sta promuovendo. 29 AFM - Educazione alla salute L’uso corretto dei farmaci: ecco i consigli in “pillole” Le dosi, i tempi, i modi: indicazioni e consigli dell’Azienda Farmaceutica sull’uso corretto dei farmaci. Il rapporto tra benefici e rischi. Come evitare gli effetti indesiderati Non esiste un farmaco, degno ufficialmente di questo nome, che sia del tutto privo di tossicità. Quest’affermazione non è certo una gran novità tant’è che il detto: ”Le medicine fanno bene da una parte e male dall’altra” è da tempo entrato nell’uso comune. I farmaci sono un bene estremamente utile per la nostra salute e svolgono un ruolo di fondamentale importanza per garantirci una vita lunga e vissuta nel modo migliore. Impariamo a conoscerli per usarli al meglio. Cos’è un farmaco, dove finisce la sua azione benefica e dove cominciano i suoi famigerati effetti indesiderati? Secondo la legge italiana un farmaco è: “ ogni sostanza, o associazione di sostanze, che può essere utilizzata sull’uomo o somministrata all’uomo allo scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche, esercitando un’azione farmacologica, immunologica o metabolica, ovvero di stabilire una diagnosi medica (Art. 1 del testo integrato D.Lgs. 219/06)”. Quando con sostanze chimiche si vanno a toccare i tanti e delicati equilibri che regolano il funzionamento del nostro organismo, esiste sempre il rischio di combinare qualche guaio. In questo caso, poiché il fine è quello di prevenire o curare una malattia L’ascolto dei pareri di parenti, amici e vicini di casa, letture di più articoli trovati su internet che oggi rappresenta la bibbia dell’informazione, diventano una corposa e bizzarra documentazione scientifica, che di solito consiste nella non lettura del foglietto illustrativo e con questo bagaglio di “conoscenze” ci si lancia nella gestione autonoma e personalizzata del farmaco. Tutto questo viene fatto in buona fede, convinti di rendere la terapia più efficace e in linea con le particolari esigenze del proprio organismo, ma ne succedono ugualmente di tutti i colori. Vedi l’ultimo caso di intossicazioni acute dovute a un farmaco in bustine da usare per uso esterno (leggi lavaggi) e invece sciolto in acqua e ingerito. Detto così sembra uno scherzo, ma il panorama degli errori più comuni e pericolosi è ampio e multiforme: · mancata utilizzazione del farmaco (“Figurati se io lo prendo! C’è un elenco d’effetti collaterali che non finisce più”); · interruzione della terapia (“Adesso, che sto meglio, posso anche smettere”); · dose eccessiva (“Se una pasticca fa bene due faranno sicuramente prima e meglio”); · autoriduzione della dose (“Il medico ha detto una ma io ne prendo mezza perché non si sa mai... i farmaci fanno male”); · utilizzazione saltuaria in terapie croniche (“Quando me ne ricordo la prendo sempre”); · uso prolungato (“Ho cominciato un po’ di tempo fa e da allora non ho più smesso”); · tempi di assunzione sbagliati (“Il medico ha detto colazione e cena ma io colazione non la faccio e allora la prendo a pranzo”). É vero che “meno medicinali si prendono meglio è” e questo 32 o i suoi sintomi, i mezzi, cioè i farmaci, sono pienamente giustificati. Prima di essere immesso sul mercato un farmaco è stato studiato e sperimentato a lungo e molto attentamente. Vengono valutate sia l’efficacia, sia il rapporto tra i benefici e i rischi legati al suo impiego. Quanto più sarà alto il valore del rapporto benefici/ rischi tanto più sarà sicuro il farmaco e minori i suoi effetti indesiderati. Un certo grado di tossicità esiste sempre in ogni farmaco e può essere accettato per una medicina capace di curare le cause di una malattia molto seria, mentre sarebbe del tutto insensato correre dei rischi soltanto per attenuare i sintomi di un banale raffreddore o per abbassare un po’ la febbre. Ecco perché i farmaci destinati a risolvere frequenti e piccoli problemi di salute hanno la caratteristica di essere stati testati per molti anni e di essere efficaci a un dosaggio decisamente più basso rispetto a quello capace di dare i primi effetti indesiderati. Per ottenere da un farmaco il massimo dei benefici, riducendo al minimo le possibilità d’insuccesso della terapia e gli effetti collaterali, è essenziale però farne un uso corretto. Le regole da seguire sono poche e semplici: è sufficiente rispettare in maniera precisa: • le dosi, • i tempi • i modi di somministrazione indicati nella prescrizione medica (es. una compressa ogni otto ore lontano dai pasti). Perfino la pubblicità recita ossessivamente che bisogna sempre “seguire attentamente le avvertenze e le modalità d’uso” eppure anche ai pazienti più attenti capita di cedere alla tentazione di dare un tocco, per così dire, personale alla terapia. Di solito questo accade per distrazione, per superficialità, per sottovalutazione del fatto che si tratta pur sempre di un farmaco. vuol dire prenderli solo quando ce n’è davvero bisogno, ma nel momento in cui si usano cerchiamo di farlo nella maniera giusta! Un approccio sbagliato o superficiale nei confronti dei farmaci può avere conseguenze anche gravi per la nostra salute. 33