Storia E, Rivista della Sovrintendenza Scolastica di Bolzano Anno 7 n.1,2,3 -2009 Dal razzismo, alle leggi razziali, allo sterminio Milena Cossetto Questa sezione della rivista è dedicata a tre fasi della diffusione dell’ideologia nazionalsocialista in Europa. Proponiamo una scelta antologica di documenti e di testi attraverso i quali ricostruire lo sviluppo e la diffusione del pregiudizio razziale, nell’intento di fornire strumenti e materiali per la contestualizzazione storica del processo di costruzione, diffusione e interiorizzazione del pensiero razzista. 29 Negli ultimi quarant’anni gli studi sulla genetica e il Dna hanno chiarito che l’esistenza delle “razze” umane non ha nessuna base scientifica. L’idea che le popolazioni possano essere suddivise in gruppi razziali in base ai caratteri genetici è miseramente caduta proprio per effetto delle ricerche sui geni. Gli studi infatti mostrano che i geni della specie umana sono caratterizzati da una grande variabilità. Schematizzando si può dire che la variabilità tra individui costituisce la grande maggioranza dei geni (85%) mentre i caratteri che il razzismo biologico pensava determinassero le differenze razziali (colore della pelle, forma del corpo) non costituiscono che minime frazioni trascurabili. Possono esistere molte più differenze genetiche tra due fiorentini piuttosto che tra un fiorentino e un senegalese. In definitiva le differenze genetiche tra gli individui non permettono di identificare l’esistenza di gruppi razziali. L’altro caposaldo della teoria classica delle “razze” è il collegamento tra caratteristiche fisiche e psichiche. Così nelle teorie del razzismo biologico il colore della pelle veniva messo in relazione a criteri estetici di bellezza e di qui all’intelligenza: “razze inferiori” brutte e irrimediabilmente stupide; caratteri europei come canoni della bellezza e collegati alla capacità intellettiva. Anche queste connessioni si sono rivelate assolutamente inesistenti e le ricerche sociologiche hanno mostrato, da oltre un secolo, la responsabilità di condizionamenti sociali e culturali nella determinazione di questi elementi e hanno messo in evidenza la relatività culturale del concetto di intelligenza. Se le razze umane non esistono, sappiamo invece che esiste il razzismo, cioè quel processo sociale e culturale, determinato storicamente, che costruisce continuamente le “razze” e le pone in relazione gerarchica. Questo processo, schematizzando fortemente, agisce in 32 storiae due modi. Il primo meccanismo produce una traduzione in chiave naturalistica di differenze che hanno radici storiche e sociali. Così ad esempio l’appartenenza ad una religione come l’ebraismo diviene l’invenzione della “razza ebraica”, o un conflitto tra stati-nazione produce la caratterizzazione della figura del nemico con stereotipi di inferiorità e malvagità come se fossero naturali e vi fonda la propaganda bellica. Il secondo meccanismo agisce sulle diversità naturali visibili che vengono isolate, caricate di valore e poste a fondamento per l’identificazione di gruppi razziali. Così geni trascurabili ma evidenti come il colore della pelle divengono il pretesto per la codificazione di “razze superiori” (ad es. i “bianchi”) e “inferiori” (ad es. i “neri”). Allo stesso modo il gruppo che produce questa costruzione sociale identifica nel proprio modello la “razza” superiore e codifica ogni tipo di differenza come corruzione o degenerazione. La purezza del proprio gruppo e la separazione dagli altri diviene il principio cardine della relazione sociale razzista e conduce alla creazione di ghetti, alla segregazione, alla separazione. Corollario del culto della purezza e della separazione è la condanna della mescolanza razziale, con la relativa deprecazione dell’incrocio, del mulatto, del meticcio. Quando la logica della separazione e della sottomissione non è suffciente si sviluppano processi di espulsione o addirittura di eliminazione e sterminio. Questo processo di costruzione delle “razze” è determinato storicamente, tanto da mutare fortemente nel tempo: il razzismo culturale di oggi non ha più neppure bisogno del termine “razza” costruisce discriminazione e persecuzione su fattori culturali; l’esempio più evidente è l’uso sempre più rigido e pieno di pregiudizi che viene fatto del termine “etnia”. Chi afferma che «l’etnia albanese è estranea alla comunità italiana» sta costruendo un’immaginaria “razza culturale” da separare rispetto alla comunità nazionale. Quindi la maniera migliore per comprendere i processi di costruzione del razzismo sta nel coglierli nel loro divenire, collocarli nel contesto culturale e sociale in cui si sviluppano e studiarli nel collegamento con la complessità del periodo storico. BONAVITA R., GABRIELLI G., ROPA R. (a cura di), L’offesa della razza. Razzismo e antisemitismo dell’Italia fascista, Bologna 2005, p. 60. 29. Tabellone didattico sulle razze umane (primi del Novecento). 30. Der ewige Jude / L’eterno giudeo, Monaco 1937. La concezione razzista di Hitler «L’osservazione più superficiale basta a dimostrarci come le innumerevoli forme che assume la volontà di vivere della natura siano sottomesse ad una legge fondamentale e quasi inviolabile, che impone loro il processo strettamente limitato della riproduzione e della moltiplicazione. Ogni animale si accoppia esclusivamente con un congenere della medesima specie: la cinciallegra con la cinciallegra, il fringuello con il fringuello, la cicogna con la cicogna, il topo campagnolo con il topo campagnolo, il topo di città con il topo di città, il lupo con la lupa, etc. Soltanto circostanze straordinarie possono causare deroghe a questo principio: in primo luogo la costrizione imposta dalla cattività, oppure qualche ostacolo che si opponga al congiungimento di individui appartenenti alla medesima specie. Ma allora la natura mette in opera tutti i suoi mezzi per lottare contro queste deroghe, e la sua protesta si manifesta nel modo più chiaro, sia perché rifiuta alle razze imbastardite la facoltà di riprodursi a loro volta, sia perché limita strettamente la fecondità dei discendenti; nella maggior parte dei casi li priva della facoltà di resistere alle malattie o agli attacchi nemici. Cosa fin troppo naturale. Ogni incrocio tra due esseri di ineguale valore dà come prodotto un termine medio tra il valore dei due genitori... Un accoppiamento del genere è in contraddizione con la volontà della natura che tende ad elevare il livello degli esseri. Questo scopo non può essere raggiunto attraverso l’unione di individui di diverso valore, ma soltanto attraverso la vittoria completa e definitiva di coloro che rappresentano il più alto valore. Il ruolo del più forte è di dominare e non di fondersi con il più debole, sacrificando così la propria grandezza. Soltanto il debole per nascita può trovare crudele questa legge, ma il fatto è che egli non è che un uomo debole e limitato...». HITLER A., La mia battaglia, I, XI, citato in CHEVALLIER J.-J. , Le grandi opere del pensiero politico. Da Machiavelli ai giorni nostri, Il Mulino, Bologna 1968, p. 475. L’ebreo contamina la purezza razziale degli ariani «Il giovanotto ebreo, dai neri capelli crespi, spia per ore ed ore, con un’espressione di gioia satanica nel viso, la ragazza ignara, che egli poi sconcia nel suo sangue ed estolle dal suo popolo. Con tutti i mezzi egli cerca di rovinare i fondamenti razziali dei popoli soggetti. Allo stesso modo egli rovina programmaticamente donne e ragazze, non teme neppure di strappare le barriere razziali che separano gli altri popoli. Furono ebrei a portare sul Reno i negri, sempre nella speranza e con lo scopo chiaro di contribuire così ad un imbastardimento della razza bianca, per precipitarla dalle sue posizioni politiche e culturali e cacciarsi al suo posto. Un popolo di razza pura, che è cosciente del suo 30 sangue, non sarà mai assoggettato dall’ebreo. Costui non potrà essere che il signore di popoli bastardi. Perciò egli cerca programmaticamente di abbassare il livello razziale, corrompendo e avvelenando i singoli». HITLER A., La mia battaglia, I , XI, citato in PIPERNO R., L’antisemitismo moderno, Rocco San Casciano, Cappelli, 1964, p. 200). Il «Paragrafo ariano» della Legge 7-4-1933 «Gli impiegati pubblici che non siano di discendenza ariana devono essere messi a riposo. I titolari di cariche onorifiche devono essere licenziati dal loro ufficio». NOLTE E., Nazionalsocialismo e bolscevismo. La guerra civile europea 1917-1945, Sansoni, Firenze 1988, p. 33. Prefazione all’edizione nazista dei «Protocolli» (1933) «È dovere di ogni cittadino tedesco studiare le terrificanti confessioni degli Anziani di Sion, e metterle a confronto con la sconfinata miseria del nostro popolo; [...] Il primo compito è disintossicare l’anima del popolo tedesco e destare in essa la coscienza della nobiltà della razza ariana. Con Dio, per la resurrezione della Germania!». Citato in COHN N., cfr. p. 101, 157. storiae 33 Manifesto degli scienziati razzisti 14 luglio 1938 «l. Le razze umane esistono. La esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata da masse, quasi sempre imponenti, di milioni di uomini, simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi. Dire che esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze umane superiori ed inferiori, ma soltanto che esistono razze umane differenti. 2. Esistono grandi razze e piccole razze. Non bisogna soltanto ammettere che esistano i gruppi sistematici maggiori, che comunemente sono chiamati razze e che sono individualizzati solo da alcuni caratteri, ma bisogna anche ammettere che esistano gruppi sistematici minori (come per es. i nordici, i mediterranei, i dinari, ecc.) individualizzati da un maggior numero di caratteri comuni. Questi gruppi costituiscono dal punto di vista biologico le vere razze, la esistenza delle quali è una verità evidente. 3. Il concetto di razza è concetto puramente biologico. Esso è quindi basato su altre considerazioni che non i concetti di popolo e di nazione, fondati essenzialmente su considerazioni storiche, linguistiche, religiose. Però alla base delle differenze di popolo e di nazione stanno delle differenze di razza. Se gli italiani sono differenti dai francesi, dai tedeschi, dai turchi, dai greci, ecc., non è solo perché essi hanno una lingua diversa e una storia diversa, ma perché la costituzione razziale di questi popoli è diversa. Sono state proporzioni diverse di razze differenti che da tempo molto antico costituiscono i diversi popoli, sia che una razza abbia il dominio assoluto sulle altre, sia che tutte risultino fuse armonicamente, sia infine, che persistano ancora inassimilate una alle altre le diverse razze. 4. La popolazione dell’Italia attuale è di origine ariana e la sua civiltà è ariana. Questa popolazione di civiltà ariana abita da diversi millenni la nostra Penisola; ben poco è rimasto della civiltà delle genti preariane. L’origine degli italiani attuali parte essenzialmente da elementi di quelle stesse razze che costituiscono e costituirono il tessuto perennemente vivo dell’Europa. 5. E una leggenda l’apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici. Dopo l’invasione dei Longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di influenzare la fisionomia razziale della Nazione. Da ciò deriva che, mentre per altre Nazioni europee la composizione razziale è variata notevolmente in tempi anche moderni, per l’Italia, nelle sue grandi linee, la composizione razziale di oggi è la stessa di quella che era mille anni fa: i 44 milioni di italiani di oggi rimontano quindi nell’assoluta maggioranza a famiglie che abitano in Italia da un millennio. 6. Esiste ormai una pura “razza italiana”. Que- 34 storiae sto enunciato non è basato sulla confusione del concetto biologico di razza con il concetto storico linguistico di un popolo e di nazione, ma sulla purissima parentela di sangue che unisce gli italiani di oggi alle generazioni che da millenni popolano l’Italia. Questa antica purezza di sangue è il più grande titolo di nobiltà della Nazione Italiana. 7. È tempo che gli italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta l’opera che fin’ora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza. La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose. La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l’indirizzo ariano-nordico. Questo non vuol dire però introdurre in Italia le teorie del razzismo tedesco come sono o affermare che gli italiani e gli scandinavi sono la stessa cosa. Ma vuole soltanto additare agli italiani un modello fisico e soprattutto psicologico di razza umana che per i suoi caratteri puramente europei si stacca completamente da tutte le razze extraeuropee, questo vuol dire elevare l’italiano ad un ideale di superiore coscienza di se stesso e di maggiore responsabilità. 8. È necessario fare una netta distinzione tra i mediterranei d’Europa (occidentali) da una parte, gli orientali e gli africani dall’altra. Sono perciò da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l’origine africana di alcuni europei e comprendono in una comune razza mediterranea anche le popolazioni semitiche e camitiche stabilendo relazioni e simpatie ideologiche assolutamente inammissibili. 9. Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto. Anche l’occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all’infuori del ricordo di qualche nome; e del resto il processo di assimilazione fu rapidissimo in Italia. Gli ebrei rappresentano l’unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli italiani. 10. I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli italiani non devono essere alterati in nessun modo. L’unione è ammissibile solo nell’ambito delle razze europee, nel quale caso non si deve parlare di vero e proprio ibridismo, dato che queste razze appartengono ad un corpo comune e differiscono solo per alcuni caratteri, mentre sono uguali per moltissimi altri. Il carattere puramente europeo degli italiani viene alterato dall’incrocio con qualsiasi razza extraeuropea e portatrice di una civiltà diversa dalla millenaria civiltà degli ariani». DE FELICE R., Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Einaudi, Torino 1988, pp. 555-556. L’uomo ariano «È una discussione oziosa quella che vuol ricercare quale razza fosse la originaria portatrice della cultura umana; cioè l’autentica fondatrice di ciò che noi chiamiamo in sintesi: umanità. È molto più semplice impostare questo problema sul tempo d’oggi; in questo caso la risposta appare facile ed evidente. Ciò che noi vediamo oggi, in materia di cultura o d’arte o di scienza o di tecnica, è quasi esclusivamente il prodotto geniale dell’ariano. E ciò ci conduce alla conclusione ovvia che egli solo è stato il fondatore dei valori umani più alti, e rappresenta quindi il prototipo di ciò che noi designiamo con la parola uomo. Egli è il Prometeo dell’umanità, dalla cui fronte radiosa scoccò in ogni tempo la scintilla del genio, accendendo ogni volta la fiaccola che illuminò di conoscenza la notte del silenzioso mistero; e così preparò la strada all’umanità, per dominare le altre creature terrene. Lo si elimini e quella oscurità tornerà ad avviluppare di nuovo la terra, la cultura umana tramonterà e il mondo si rifarà deserto. [...] Se si potesse dividere l’umanità in tre specie: fondatori di cultura, portatori di cultura e distruttori di cultura, il rappresentante della prima non potrebbe essere che l’ariano. Da lui derivano i fondamenti e le mura di ogni costruzione umana [...]. E quasi sempre ne nasce il seguente quadro del loro svolgimento: Popolazioni ariane sottomettono - quasi sempre in numero addirittura esiguo - popoli stranieri e sviluppano, stimolate dalle situazioni speciali dei nuovi territori (fecondità, situazione climatica, ecc.) e favorite dalla quantità delle riserve degli uomini di razza inferiore, le loro qualità spirituali e organizzative, che parevano sonnecchiare. E producono, spesso, in pochi secoli, delle culture che in origine corrispondono perfettamente alle caratteristiche peculiari della loro natura, adattate alle qualità del territorio, come anche alla tipologia dei popoli sottomessi. Finalmente, i conquistatori peccano contro il principio della conservazione del loro sangue, cominciano ad unirsi agli indigeni sottomessi, e terminano così la loro esistenza; perché al fallo è sempre seguita la cacciata dal paradiso. [...] Certo, la prima cultura dell’umanità non poggiava tanto su bestie addomesticate, quanto sull’impiego di uomini inferiori. Solo dopo la riduzione a schiavitù delle razze sottomesse, lo stesso destino colpì anche gli animali; e non viceversa, come molti potrebbero credere. Toccò prima al vinto mettersi all’aratro - e solo più tardi al cavallo. Solo dei pacifisti vaneggianti possono considerare ciò come un segno di malvagità umana; e non sanno vedere che quella tappa fu necessaria per giungere finalmente a un livello, dall’alto del quale questi apostoli possono offrire al mondo le loro ricette di salvezza. Il progresso dell’umanità rassomiglia al salire lungo una scala infinita; non si arriva in alto, se non si sono fatti i primi scalini. Allo stesso modo l’ariano dovette percorrere la strada che la realtà gli indicava, e non quella di cui sogna la fantasia di un moderno pacifista. Ma la via della realtà è dura e pesante, e conduce finalmente colà dove l’altro sogna l’umanità, senza poi saperla avvicinare di un passo. Non è dunque a caso, se le prime culture sono nate là dove gli ariani, nell’incontro con popoli inferiori, han potuto sottometterli. Questi sono stati i primi strumenti tecnici al servizio di una futura cultura». HITLER A., La mia battaglia, I, XI, citato in DESIDERI A., Storia e Storiografia, vol. 3, D’Anna, Messina-Firenze 1989, pp. 433434. L’essere inferiore in un opuscolo per le SS «... Come la notte insorge contro il giorno, come la luce e le tenebre sono nemiche per l’eternità - così l’uomo che domina la terra ha il suo più grande nemico nell’uomo stesso. L’essere inferiore - quella creazione della natura apparentemente identica all’uomo sotto il profilo biologico, con mani, piedi ed una specie di cervello con occhi e bocca, è invece una creatura spaventosa, del tutto diversa dall’uomo; è solo un tentativo di uomo con dei tratti somatici simili a quelli dell’uomo vero - ma spiritualmente ed intellettualmente si trova ad un livello inferiore a quello di tutti gli animali. Nell’animo di quest’essere c’è un caos di passioni selvagge e scatenate: una brama di distruzione senza nome, l’istinto più primitivo, la volgarità più sfacciata. Essere inferiore - nient’altro che questo! Poiché non tutto quello che ha l’aspetto dell’uomo è identico all’uomo. - Guai a chi lo dimentica! Tutte le grandi opere, i pensieri e l’arte di questa terra - sono stati concepiti, creati e portati a termine dall’uomo, scopritore e inventore, per cui c’era una sola meta: operare per sollevarsi ad un’esistenza migliore, per plasmare ciò che è imperfetto, per sostituire ciò che è insufficiente con il migliore. Così crebbe la cultura. Così nacque l’aratro, l’attrezzo, la casa. Così l’uomo divenne socievole, nacque la famiglia, il popolo, lo Stato. Così l’uomo divenne buono e grande. Così si elevò al di sopra di ogni essere. Così egli divenne più vicino a Dio! Ma anche l’essere inferiore viveva. Egli odiava l’opera degli altri. Egli era pieno di furore contro di essa, segretamente come un ladro - apertamente come un depravato - come un assassino. Egli fece combutta con i suoi simili. La bestia richiamava la bestia. L’essere inferiore non aveva mai pace, non aveva mai riposo. Poiché egli aveva bisogno della penombra, del caos. Egli fuggiva la luce del progresso civile. Per la sua conservazione aveva bisogno del fango, dell’inferno, ma non del sole. E questo sottomondo degli esseri inferiori trovò il suo Capo: l’eterno ebreo». HOFER W., Il Nazionalsocialismo. Documenti 1933-1945, Feltrinelli, Milano 1979, pp. 238-239. storiae 35 Il nazismo e lo sterminio degli ebrei L’ideologia nazista si fonda essenzialmente sul culto della razza, intesa come elemento che distingue il popolo dominatore dalle genti sottomesse. La razza più elevata - secondo la concezione di Hitler - quella tedesca, a cui si contrappone, come nemica, la razza ebraica, la quale - sempre secondo la dottrina nazista - deve essere eliminata per impedirne l’azione dannosa e distruttiva. Ancora oggi gli studiosi della Germania hitleriana si chiedono come una teoria così assurda e feroce abbia potuto essere accettata per anni dalla nazione tedesca. 31 «1. In ogni sezione ed in ogni branca dell’organizzazione del Partito nazista debbono essere costituiti dei comitati d’azione per l’esecuzione pratica e pianificata del boicottaggio contro i negozi ebrei, le merci ebree, i medici e gli avvocati ebrei... 3. I comitati d’azione debbono immediatamente far sì che il boicottaggio, attraverso un’educativa propaganda, diventi un fatto popolare. Principio fondamentale: nessun tedesco farà più le sue compere in un negozio ebreo né farà più stimare le sue merci da un ebreo o dai suoi agenti. Il boicottaggio deve essere generale, deve essere fatto da tutto il popolo e deve colpire gli ebrei». dalla Legge del Terzo Reich del 28 marzo 1933 «[par. l] 1) Sono proibiti i matrimoni tra ebrei e cittadini dello Stato di sangue tedesco o affine. I matrimoni già celebrati sono nulli anche se celebrati all’estero per sfuggire a questa legge». dalla Legge del Terzo Reich del 15 settembre 1935 «par. 1. 1) A partire dal l° gennaio 1939 agli ebrei sarà proibito condurre in proprio negozi di vendita al dettaglio, uffici di spedizioni o agenzie di commissioni e la conduzione in proprio di botteghe artigiane. 2) Inoltre, a partire dallo stesso giorno, sarà loro proibito offrire delle merci o dei prodotti industriali sui mercati di ogni tipo, nelle fiere o nelle esposizioni, sarà loro proibito concorrere a queste manifestazioni e assumere delle ordinazioni. 3) Le aziende ebraiche la cui produzione contravviene alle norme di queste disposizioni restrittive verranno chiuse dalla polizia. par. 2. 1) A partire dal lo gennaio 1939 nessun ebreo potrà più dirigere un’azienda. 2) Se un ebreo è impiegato con mansioni direttive in un’impresa, potrà venire licenziato con un preavviso di sei settimane. Agli ebrei è vietato l’ingresso alle manifestazioni di questo genere, in particolare ai teatri, ai cinematografi, ai concerti, alle conferenze, alle manifestazioni d’arte varia (varietà, cabarets, rappresentazioni dei circhi ecc.), alle esecuzioni di danze ed alle esposizioni di natura culturale». dalla Legge del Terzo Reich del 12 novembre 1938 «par. 1.1) Ebrei i quali abbiano compiuto il sesto anno di età non debbono comparire in pubblico senza il distintivo della stella ebraica. 2) La stella ebraica consiste di una stella di stoffa gialla a sei punte, grande quanto un palmo della mano, con i contorni in nero e con la scritta, pure in nero, “ebreo”. Deve essere portata in maniera visibile sulla parte sinistra del petto e saldamente cucita sopra il vestito. par. 2. Agli ebrei è proibito: a) lasciare lo spazio compreso dal loro quartiere di abitazione senza un permesso scritto delle autorità di polizia locali». dalla Legge del Terzo Reich del 10 settembre 1941 «In vista della soluzione finale del problema ebraico, gli ebrei dovranno venire mandati ad oriente come truppe di lavoro. Divisi per sesso e incolonnati, gli ebrei abili al lavoro verranno condotti in questi territori in modo da costruire delle strade lungo il percorso, per cui senza dubbio una gran parte verrà eliminata per morte naturale. La parte in ogni caso restante, trattandosi di coloro che senza dubbio sono i più resistenti, dovrà venir adeguatamente trattata poiché rappresenterà una élite naturalmente prodottasi che, ove fosse lasciata libera, sarà da ritenersi il nucleo di un nuovo organismo ebreo. In vista della messa in opera della soluzione finale l’Europa verrà setacciata da ovest verso est». dal resoconto di un incontro segreto avvenuto il 20 gennaio 1942 tra il capo delle SS. R. Heydrich e i suoi più stretti collaboratori. 36 storiae Sono in gran parte noti i massacri nazisti contro il popolo ebraico: milioni di persone senza colpa sono state rinchiuse in campi di sterminio, torturate e massacrate. Il documento che qui presentiamo riporta la testimonianza di F. Gräbe, un tedesco impiegato in un ufficio postale, su di un episodio accaduto il 5 ottobre 1942 al confine tra la Polonia e la Germania. «Gli uomini, le donne, i bambini di ogni età scaricati dagli autocarri, all’intimazione di un soldato delle SS che teneva in mano una frusta o un frustino, dovettero spogliarsi e gettare i loro vestiti in tre mucchi distinti per scarpe, vestiti e biancheria. Vidi un mucchio di scarpe nel quale erano ammassate dalle 800 alle 1000 paia di scarpe e delle grandi cataste di biancheria e di abiti. Questa gente si spogliò senza piangere, senza un grido, erano riuniti in gruppi, famiglia per famiglia ed i componenti si baciavano accomiatandosi ed aspettavano un cenno di un altro soldato delle SS che si trovava presso la fossa e che a sua volta teneva in mano una frusta. Per un quarto d’ora, il tempo che rimasi accanto alla fossa, non udii un lamento o un’invocazione di pietà. Osservavo una famiglia di circa 8 persone, un uomo e una donna, ambedue di circa 50 anni, con i loro figli uno di otto e di dieci anni circa e con due figlie maggiori dai 20 ai 24 anni. Una vecchia dai capelli bianchissimi teneva in braccio il bimbo di un anno, gli canticchiava qualcosa e lo coccolava. Il bimbo rideva beato. I genitori stavano a guardarlo con le lacrime agli occhi. Il padre teneva per mano un ragazzo di circa 10 anni e gli parlava sottovoce. Il ragazzo lottava per non piangere. Il padre gli additò il cielo, gli accarezzò la testa e parve spiegargli qualcosa. A questo punto il soldato delle SS che si trovava presso la fossa gridò qualcosa al suo collega. Costui fece staccare dal gruppo circa 20 persone intimando loro di mettersi dietro la collina di terra. La famiglia di cui parlavo era nel gruppo. Mi ricordo ancora perfettamente come una ragazza magra dai capelli neri, passandomi vicino e facendo un gesto con la mano come per indicare 32 se stessa, disse: “23 anni!” Io aggirai la collina di terra e mi trovai di fronte ad una fossa gigantesca. La persone erano ammucchiate così fitte che si scorgevano soltanto le spalle. Da quasi tutte queste teste colava del sangue lungo le spalle. Una dei fucilati si muoveva ancora. Alcuni alzavano le braccia e volgevano il capo per mostrare che erano ancora vivi. La fossa era già piena per tre quarti. Secondo i miei calcoli penso che essa contenesse già 1000 persone circa. Mi girai per cercare la sentinella. Questa, un soldato delle SS, era seduta per terra sull’orlo della fossa con le gambe penzoloni, fumando una sigaretta; sui suoi ginocchi era appoggiato il mitra. Le persone scendevano lungo una scala scavata nella parete d’argilla della fossa e strisciando sulle teste dei caduti andavano a disporsi nel punto loro indicato dal soldato delle SS. Si distendevano davanti a quelli morti o colpiti, taluni accarezzavano quelli che ancora erano in vita e dicevano loro qualcosa sottovoce. Poi udii una scarica di mitra. Guardai nella fossa e vidi alcuni corpi sussultare ancora oppure le teste già immobili appoggiate ai corpi che stavano loro davanti. Dalle nuche usciva del sangue. S’era avvicinato intanto già il prossimo gruppo che, sceso nella fossa, si allineò alle altre vittime e fu a sua volta trucidato a colpi di mitra. Quando tornai indietro aggirando la collinetta scorsi un altro autocarro pieno di persone che era giunto in quel momento. Al mattino del giorno dopo, quando tornai a visitare il luogo, vidi circa 30 uomini distesi non lontano dalla fossa, distanti da questa dai 30 ai 50 metri. Alcuni erano ancora in vita, guardavano dinanzi a sé con gli occhi sbarrati. Ma in quel momento si udì il rumore di un’automobile che si stava avvicinando rapidamente. Notai che si trattava di un comando delle SS. Mi allontanai. Dieci minuti dopo udii alcuni spari provenienti dalle vicinanze della fossa. Gli ebrei ancora in vita furono costretti a gettare i cadaveri dei loro compagni nella fossa, poi essi stessi dovettero scendervi per ricevere il colpo alla nuca». 31. Bambini ebrei sopravvissuti nel Lager di Auschwitz, 1945. 32. Fotografia scattata da un soldato a Lublino, 1940. Sul retro si legge: “Funker Giese istruisce gli ebrei di Lublino con il bastone”. storiae 37