CLAUDIO IN VIAGGIO VERSO ASSISI Firenze: Santa Croce Passo sulla riva sinistra dell'Arno e affronto la salita che monta a San Salvatore ai cui piedi una targa cita un passo del Purgatorio in cui Dante paragona l'erta che unisce i vari tornanti della Montagna di penitenza a questa salita “che rompe la foga”tanto è ripida. Su vi è la chiesa albertiana che conservò per secoli la tunica di Francesco, vi stanno i Frati Minori il cui priore, un marcantonio barbuto, lette le mie credenziali di viaggio e ricevuta con gioia la cartolina con la poesia di padre Nicola, appone il timbro di partenza per il viaggio verso Assisi e mi benedice solennemente. “Sette strade partono dall'albero della vita. La prima non è la strada dell'uomo, la seconda non è mai stata tracciata, la terza si perde fra le nebbie delle paludi, la quarta è del tutto vietata, la quinta non porta da nessuna parte, la sesta forse inizia ma non finisce, e la settima nessuno sa se esista. Eppure, figlio, ti dico: se sei un uomo, prendi il bastone e parti” (proverbio malgascio) La mattina di lunedì 8 settembre, sotto un cielo bello come quello di Lombardia, prendo la via partendo da piazza Santa Croce di Firenze,chiesa dei Francescani conventuali. Ho calzato i sandali di cuoio, indosso calzoncini corti verdi, una maglietta azzurra,fazzoletto giallo al collo,un berretto a cencio con la tesa circolare che si può abbottonare sui lati al quale ho appeso il “tau” di legno che mi hanno dato i Cappuccini di Milano. Il berretto mi è caro perchè me lo ha prestato mia figlia Beatrice, è quello da lei usato al campo archeologico:sulle spalle lo zaino arancione della Nicoletta e il bastone di metallo leggero con lucina incorporata. Firenze: S. Salvatore Ma vuoi che io fossi distratto o che il diavolo ci metta la coda, quando esco con le indicazioni per prender la strada che costeggia l'Arno verso Pontassieve, subito sbaglio. La prima via che imbocco in discesa termina ad un cancello privato, quella dopo porta necessariamente verso i colli dell'interno , per cui , tra murelle di 1 giardini, oliveti e rade costruzioni percorro circa 5 chilometri in un paesaggio incantevole che sale e scende, sale a Santa Margherita a Montici e scende finalmente , fra mille giri, alla periferia orientale della città. Solo verso mezzodì, dopo aver trovato una strada interrotta per lavori che obbliga ad un altro giro, esco dal confine amministrativo di Firenze. condito con pittoresche bestemmie delle quali il dialetto toscano è ricco. Riprendo il cammino costeggiando sempre la riva sinistra del fiume, il traffico è scarso e io sono ben visibile col mio abbigliamento multicolore, il paesaggio è morbido come il pomeriggio di tarda estate, e dopo una dozzina di chilometri eccomi già al ponte sull'Arno che introduce a Pontassieve. Una vasta periferia di capannoni, palestre,officine prima di arrivare al paese vero e proprio;domando “Scusi signora, per il centro?”- “Il centro commerciale ? È avanti...”“No, no, il centro storico”- “Mah..forse più avanti...”. Di fatto Pontassieve è un brutto paesone due volte martirizzato durante la guerra: circa trecento morti civili fucilati dai tedeschi e oltre mille sotto i bombardamenti alleati che quasi rasero al suolo l'antico borgo. Chiesa di S. Margherita a Montici Il borgo di Pontassieve Alcuni chilometri dopo mi fermo a far merenda in un minuscolo paesino dove c'è la chiesa di sant'Andrea in un 'osteria con un meraviglioso terrazzo dal quale si scorge Firenze, non poi così lontana, dall'alto. L'ostessa è una bella ragazza dalla scollatura mostrata generosamente, gli altri avventori due vecchi che spiegano a due giovani come cacciar di frodo eludendo le guardie e portarsi a letto le ragazze scaricandole velocemente, il tutto Ma permane il ponte mediceo sulla Sieve, vertiginoso, coi monti dell'Appennino toscoromagnolo sullo sfondo. Di là dal ponte non solo è un altro comune, ma si entra nella diocesi di Fiesole, dai confini ondivaghi tracciati nel Medioevo con criteri dettati dai rapporti di forza tra i due episcopati rivali tra loro. 2 proseguivano per fluitazione verso Firenze, Ellero è un mitico soldato romano patrono dei boscaioli. La costruzione ha le fattezze del Medioevo centrale, ma più ancora mi attira il cartello che indica Vallombrosa a soli 12 Km..... Tiro avanti (tornerò poi a Vallombrosa tre settimane dopo in macchina, e ne valeva la pena!) e verso il primo pomeriggio passo l'Arno al Ponte di Incisa. Il circolo ARCI e la biblioteca del posto mi sono rifugio per la sosta che si prolunga più del dovuto nella speranza che il mal di ginocchio scemi. Ponte mediceo sulla Sieve In pieno pomeriggio proseguo per la contigua Figline, dove so esservi un convento dei Frati Minori e già pregusto il riposo e magari,chissà, una cena calda. Subito vi è la chiesa e il convento di San Francesco, dal quale però i francescani furono espulsi ai tempi delle riforme asburgiche. Il parroco ascolta dalla finestra la mia presentazione e la domanda d'ospitalità per la notte: è a dir poco perplesso, scende, esamina le credenziali, incredulo. Poi , scuotendo il capo, mi offre una stanza-deposito dove unendo due tavoli posso dormire col sacco pelo. Ma va benissimo, grazie!Potrò uscire tra le 19 e le 20,così da far riparare il sandalo sinistro che dà già segni di cedimento-come il ginocchio sinistro...- e comprare pane , formaggio e pere da consumarsi nella stessa stanzetta ingombra di moccoli e vecchi armamentari per il culto. Alle 21, quando sto per prender sonno, arrivano i coristi della parrocchia che fino a circa mezzanotte provano e riprovano i canti liturgici, così ho anche il piacere sincero di sentir cantare, e bene,dei begli inni, anche antichi, fra i quali riconosco un celebre “Stabat mater”.Nella notte mi è utilissima una fascia regalatami apposta per il viaggio da mia figlia Mari: è un brevetto dell'esercito tedesco che mi tiene al buio e in silenzio. Figline Valdarno: la piazza Dopo uno stradone dei soliti costellato da benzinai, motel, brutte ville ecc. entro in città dalle mura che ancora si conservano e un vero centro storico come ce lo si aspetta in Toscana. La piazza San Francesco, con la bella chiesa gotica e il convento è subito lì. Suono, mi qualifico, ma una voce frettolosa mi dice che il priore non c'è e non si sa quando ci sarà. La chiesa è chiusa; a fianco, sotto il portico c'è la Misericordia, io mi sdraio sulla panchina e mi addormento dalla stanchezza. Al mattino attendo che don Lorenzo abbia detto la messa per ringraziarlo e mi avvio, ancora digiuno sulla strada per Incisa Valdarno. Il tempo è splendido, il cuore leggero come la pancia, il paesaggio affascinante, il traffico scarso. All'altezza di sant'Ellero-pendici boscose a sinistra della strada,ferrovia e fiume a destrafaccio colazione e un signore mi spiega che la torre che si scorge sul primo rilievo era una fortezza romana eretta nel punto dal quale si immettevano in Arno i tronchi delle selve che Verso le diciotto la chiesa apre, io entro, vedo la porta che dà sul chiostro e poi sul convento e mi imbatto in un uomo magro, settantenne, che solo il “tau” al collo fa supporre come un francescano: Gli chiedo del priore e 3 dalla risposta interrogativa con la quale dice di essere lui il priore- ma io che voglio?-riconosco la voce del citofono. “Ospitare un pellegrino? Ma per chi mi ha preso?”Il priore dirige un liceo privato, il “Marsilio Ficino” allogato nel convento e lui non ha tempo da perdere, ci son le iscrizioni per l'imminente anno scolastico...Gli chiedo da bere perchè ho sete e mi indica il bocchettone dell'acqua quasi a livello del suolo, quello che il giardiniere usa per innaffiare il chiostro: ne sgorga un 'acqua calda e rugginosa e per berne devo inginocchiarmi. Anche a lui lascio la credenziale di padre Nicola e ricordo quanto mi aveva profetizzato: be', la schioppettata non mi è arrivata. Il priore esclude che io possa trovare alloggio a Figline e mi dice di andare ad Arezzo dove al Saione c'è un padre polacco che -povero lui, par sottintendereospita tutti. Poi se ne va . Piazza del Saione è dal lato periferico della ferrovia, una zona multietnica e popolare un po' come la via Sammartini a Milano.In una chiesa neogotica di stile francese anni Venti incontro padre Federico che sta chiudendo dopo le funzioni serali: parla italiano come il papa Wojtila, veste il saio, anzi il “saione”poichè è un frate corpulento come fra' Tuck, l'amico di Robin Hood. Legge curioso e stupito le credenziali e mi accompagna ad una stanzuccia con la branda, la sedia , il tavolino e soprattutto:cesso e doccia!Una reggia, posso lavarmi e fare il bucato che troverò asciutto alla mattina da indossare, intanto il frate mi porta la biancheria da letto e un piatto con pane ,scatoletta di tonno, tre pomodori ,una mela e , mi augura buon appetito e buona notte e mi esime dal salutarlo all'indomani:ognuno ha il suo dafare. A me il ginocchio fa davvero male e di riprender la via non se ne parla; chiedo a quelli della Misericordia se posso dormire sulla panchina sotto il portico e mi avvertono che passano senz'altro i vigili a mandar via. La farmacia più vicina è quella della stazione, vi compro una pomata fortemente analgesica,ma il sollievo è scarso. Sento annunciare il treno per Arezzo da lì a poco: e cedo alla tentazione. In venticinque minuti ho percorso tutta la tappa che mi prefiggevo per il giorno dopo, e più che il male al ginocchio sento l'amarezza d'aver ceduto, d'aver interrotto il proposito, venuto meno a una promessa,ingannato gli amici podisti. Arezzo: interno di S. Francesco Che bella notte, che buona cena!Alla mattina alle sette,dopo i massaggi al ginocchio, mi reco in centro di Arezzo per visitare la storica chiesa di San Francesco tenuta dai Conventuali. Sulle mura del perimetro medievale c'è una lapide apposta dall'Unione Donne Italiane nel 1948 che elenca senza altri commenti le cifre dei morti in guerra nell'Aretino(per circa un migliaio morto al fronte, ve ne sono il quintuplo assassinati in rappresaglie dai Tedeschi e altrettanti sotto le bombe anglo-americane...):”Le donne vogliono PACE”. San Francesco è celebre per lo splendido ciclo di affreschi di Piero della Francesca, il mio pittore preferito del Quattrocento italiano, noto come “La storia della vera Croce”.Mi viene in mente che anche Santa Croce di Firenze è una fondazione Conventuale, così come San Francesco di Pozzuolo Martesana che conservava come suprema reliquia proprio una Arezzo: Basilica di S. Francesco 4 croce processionale col frammento del Santo Legno e mi viene da pensare che forse si trattò proprio di un progetto di lancio cultuale della Croce elaborato da questo ramo “ricco” dei Minori nel corso del Trecento, chissà magari prendendo le mosse proprio da Pozzuolo, dato che le altre chiese francescane impostate sul culto della Vera Croce sono successive... Il santuario di Santa Margherita, mia meta sperata per la notte, è in vetta alla città. Man mano che si sale l'impronta turistica si affievolisce e il panorama sulla vallata si allarga.Gli Etruschi edificavano sulle alture e lì sorgeva un tempio al dio della guerra Maris,Marte per i Latini, quello che dà nome ai Mario attuali. Poco più su del brutto e grosso santuario , ma un po' sotto al convento francescano, vi è la Casa dell'accoglienza. E' un pezzo di convento ristrutturato a foresteria e gestito da una coppia di fiorentini sui cinquant'anni che ne dimostrano venti di meno, funziona come un agriturismo, ma non si paga , se non si usano le lenzuola (il mio caso) e per la cena si lascia un'offerta. La cameretta con bagno è per me persino sontuosa; in fondo al corridoio silenzioso, un balcone squassato dal vento come la prua di una nave si affaccia sulla piana al tramonto e in fondo già balugina il Trasimeno. Cercando la via che dal centro mi portasse alla strada per Cortona, una ragazza mi chiede:”Sei un pellegrino?”.Dice di averlo capito dal “tau” e che lei è andata a Compostela a piedi partendo da Burgos con altri, la mia camminata la stupisce un poco. E mi dà un buon consiglio: uscendo ed entrando dalle città grandi bisogna prendere l'autobus urbano; le periferie sono un intrico di viadotti,rotonde,svincoli micidiali e proibiti a chi vada a piedi: Ed è vero l'ho già sperimentato nel mio piccolo uscendo da Firenze e persino un grosso borgo come Pontassieve è contornato da strade pensate solo per i veicoli. Così prendo l'autobus indicatomi che mi lascia al capolinea urbano di Arezzo sulla Provinciale per Castiglionfiorentino e Cortona. Cammino ma mi fermo spesso a impomatare il ginocchio e bere un bicchiere di vino, quasi una sosta all'ora, per cui sono sempre abbastanza allegro...Penso:”Se a qualche curva cieca un camion mi spetascia e poi mi fanno l'esame alcolemico alla carcassa, danno ragione al camionista”. In realtà la strada è pianeggiante, parallela alla ferrovia, fa caldo e io sudo fuori tutto . Arrivo a Camucia in pieno pomeriggio e per salire a Cortona mi faccio indicare una scorciatoia ripida ma che dimezza o più il percorso, la via dei Cocciai. Cortona, bella , leccata, ultraturistica ospita quel giorno un convegno nazionale del PD, mi ci imbuco sperando di accedere al buffet- ma hanno da poco spazzolato via tutto- e chiedendo di Tito Barbini, già sindaco della città e poi via via potente uomo politico toscano, ma che nonostante ciò ama i viaggi e i camminatori e lui stesso ha compiuto imprese podistiche ben narrate nei suoi racconti d'avventura.Lo si è visto in giro, mi dicono, ma nessuno sa in quei momenti dove sia... peccato: ho la presunzione di pensare che mi avrebbe dato retta e magari offerto da bere. Cortona: Santuario di S. Margherita Prima di cena ho tempo di lavarmi e leggere un opuscolo lasciato sul comodino con la storia incantevole di Santa Margherita. Lasciatemela raccontare in breve, magari non la sapevate come non la sapevo io. Metà del Duecento.Margherita e Arsenio sono due ragazzi che si amano, ma lei è una popolana, lui un nobile. Fuggono in un casolare nei boschi del Casentino dove vivono per nove anni un amore folle e appassionato, come scomunicati, lui va a caccia e lei impara a conoscere le risorse del bosco, erborizza, qualcuno le insegna l'uso delle erbe medicinalipericoloso per una donna dell'epoca!- anche 5 quelle che “fanno sballare”( ovvero “visioni mistiche”...). Hanno un bel bambino che cresce imparando dal babbo e la mamma i segreti della natura e un cane che veglia su loro tre: una situazione perfettamente rousseauiana, dico io. intellettuale come Benedetto XIII( e anche un po' anticlericale, che per un papa è il massimo...)riconoscerà Margherita santa ufficiale e patrona delle prostitute ...redente. Ma un brutto giorno Arsenio non ritorna ; il cane, rincasato solo , accompagna la padroncina al cadavere del suo uomo, già mezzo sbranato dai cinghiali. A Margherita pare d'impazzire, torna al casolare, infagotta il bambino e si mette sulla via di Cortona, forse imboccata a caso. La città non accoglie volentieri i diseredati, men ancora le ragazzemadri, ma due donne che abitano presso la pusterla dalla quale è arrivata la giovane, accolgono lei e il bambino mettendoli a servizio. Col passar dei giorni Margherita, rimpannucciata, rivela la sua bellezza, il suo sapere empirico e la sua grande umanità. Col permesso delle padrone, torna nei boschi a raccogliere ghiande e erbe con le quali nutre e cura i miserabili che , quasi di nascosto, si rivolgono a lei. Le padrone scoprono che Margherita sa far partorire-lei lo aveva fatto da sé!- e accettano le ragazze madri che rischierebbero di crepare di parto loro e il loro bastardino in mezzo alla strada. Le autorità cittadine e le religiose non vedono di buon occhio il lavoro delle tre donne, una vedova , l'altra zitella e l'altra puttana. I Frati del convento francescano dapprima le propongono almeno un marito e poi impongono un aut aut: o accettano di inserirsi nella regola francescana o rischiano grosso: ricordiamo che quelli sono gli anni del trionfo dei Conventuali e i francescani spirituali, come Jacopone da Todi e altri, sono imprigionati e addirittura messi a morte. Quadro di S. Margherita Alla casa d'accoglienza mi danno da mangiare gli “strozzapreti”, pane salame e vino .Dopo cena faccio una bella chiacchierata con un colto frate croato, conosce diversi medievisti milanesi a me ben noti, concorda sulla “percezione culturale” delle stimmate, e poi al mio racconto, messo sul ridere, del frate-preside di Figline , esclama :” Ah, il padre XY! Ma che stronzo però...” Margherita e le sue amiche “mantellate” accettano la regola come terziarie pur di continuare la loro opera di carità. Margherita spesso manifesta crisi che oggi sono facilmente interpretabili come isteriche, tempeste ormonali che vengono sublimate nell'adorazione dello Sposo Celeste e arginate con un lavoro massacrante. Dopo la morte per consunzione, meno che cinquantenne, il culto popolare dilaga e i frati si affrettano a edificare un santuario che convogli la devozione per Margherita- che non è santa della Chiesa- in forme canoniche. Solo nel Settecento un papa illuminista e Cortona: uno scorcio 6 Alla mattina presto, dopo la colazione in piedi insieme agli altri, fra' David mi benedice e mi augura buon viaggio verso Perugia. L'animo è lieto. E' la tappa più lunga, ma il tracciato è bellissimo, il paesaggio ancor più suggestivo, le strade meno battute, il tempo vario, ma sempre piacevole. portarono il confine a una dozzina di chilometri dal centro di Perugia! Arriva il bus al capolinea e in mezzoretta, percorrendo i soliti labirinti suburbani, arrivo alla stazione ferroviaria della città bassa, non lungi dalla quale vi è il convento dei Cappuccini. Scendo da Cortona lungo stradicciole che mi son state indicate, lungo la strada un ragazzo che sta potando gli ulivi mi invita a fermarmi a fumare una sigaretta insieme, pochi chilometri dopo invece da un casale mi gridano insulti perchè il cane-recinto- abbaia furioso e pensano che io l'abbia infastidito. Insomma alti e bassi, anche la strada va su e giù, ma morbida , squadernando panorami dolci e misteriosi. Sono entrato in Umbria, verso mezzogiorno mi trovo su un 'altura giustamente detta Puntabella che si affaccia sul lago Trasimeno. Faccio merenda e riparto in discesa, che è meno faticosa , ma più dolente per il ginocchio. Passo sotto le colline dove si combattè la battaglia fra Romani e Cartaginesi e i locali hanno nomi quali”Hannibal Inn” o “Kartago-discoclub”. Perugia: la Stazione ferroviaria Il vasto e moderno edificio- stile periferia anni settantacontiene un pensionato universitario, una casa di riposo per anziani e un ufficio Caritas. Tra la perplessità dei laici volontari, riesco ad essere ricevuto da un frate portinaio molto anziano che legge commosso le credenziali e si impegna ad ottenere ospitalità in qualche modo quando fosse tornato padre Mario, il priore. Costui , al rientro, è dubbioso ma l'altro frate gli suggerisce una stanza libera su all'ospizio... e va benissimo così!E' come una singola d'ospedale, nuova, pulitissima, col bagno ecc. Una suorina indiana mi toglie le sponde dal letto e me lo prepara: alle 20 cena in refettorio. Scorcio del Lago Trasimeno Qui ,per la prima volta, ho davvero l'impressione di essere ospite in un convento: il tavolo a ferro di cavallo,benedizione della cena, letture dal martirologio mentre ci si serve dalle zuppiere e dai piatti di portata: Padre Mario trova il tempo per avvertire i commensali del pellegrino ospite e nessuno da' mostra di stupirsi se son più vorace e meno discreto nel servirmi. Avrei fatto anche un secondo giro, ma a meno di trenta minuti dalla benedizione iniziale , il priore si alza e tutti ci si affretta a sparecchiare. Per fortuna c'è da rigovernare in cucina , così posso chiacchierare con un frate La via per Perugia può essere tagliata senza costeggiare il lago, ma comporta altre salite fra poderi forse disabitati e devo spesso chiedere informazioni, quasi ad ogni vivente che incontro. Ho già patteggiato fra me e me che appena entrato nel territorio comunale di Perugia prenderò l'autobus urbano al primo capolinea, anche perchè il ginocchio è bello gonfio. Per fortuna le aggregazioni amministrative volute da Mussolini nel '25 al fine di dilatare i comuni capoluogo di regione, la stessa che portò ad inglobare Greco come Trenno in Milano, 7 spagnolo che sembra il Corsaro Nero e con un ragazzo magrolino. Costui è un seminarista rumeno in “villeggiatura” dai Cappuccini, studia da prete nel seminario di Bressanone-in tedesco- ma lui è di famiglia ungherese: Insomma a 23 anni parla normalmente tre lingue e se la cava bene anche in italiano, spagnolo e inglese... Ci dirigiamo subito alla Casa Generalizia dei Cappuccini, non lontano dalla basilica. Non c'è nessuno, ma presso la portineria , in una stanzuccia vuota, lasciamo gli zaini e iniziamo alleggeriti la visita. Assisi è una “ città puttana”, tutto in vendita, tutto molto accurato, molto caro, solo i francobolli son 'introvabili. Turbe di visitatori in abiti ancora estivi, col gelato in una mano e un sanfrancescomadeintaiwan nell'altra, danno l'impressione di essere più a Gardaland che in un centro di spiritualità.Lo sdegno di Robert esplode quando incontriamo un mimo di strada travestito da sanfrancesco che dà la benedizione a chi mette il soldino nella bussola e devo trascinarlo via prima che chiamino i vigili. Le sue considerazioni scandalizzate mi ricordano quelle dei pellegrini nordici nella Roma del giubileo del 1300 o del frate agostiniano Lutero nel suo diario di viaggio alla Città Santa. Robert, così si chiama, mi chiede un po' timidamente se all'indomani può accompagnarmi ad Assisi, gli piace molto l'idea del pellegrinaggio: e così avrò un compagno per l'ultima tappa! Alle 7 e 30 di sabato 12 settembre, santo nome di Maria, facciamo colazione e partiamo per Assisi. L'autobus ci porta solo al di là della collina sulla quale sorge Perugia, dove inizia la discesa verso la piana in fondo alla quale si scorge, come una macchia petrosa sulle pendici di una montagna verde scuro, la città di Francesco. Visitando la basilica superiore io mi attardo ( in realtà non so quanto Robert capisca l'italiano e se abbia le premesse...) nello spiegargli la pittura di Giotto : lui mi ascolta incantato. Ma nella basilica inferiore mi succede una cosa strana che mi era capitata già a Nazareth. Sono stanco e tranquillo ,mi siedo su una panca delle ultime davanti alla tomba del santo, e improvvisamente mi viene da piangere forte, proprio il magone , quello coi singhiozzi irrefrenabili e la cosa che sento di più è la vergogna perchè gli altri visitatori mi guardano infastiditi. Poi mi viene un forte mal di testa e devo uscire di fretta, cercare un cesso perchè devo orinare di corsa , sento che rischio di farmela addosso. Dopo, così come è arrivato, il mal di testa mi passa di colpo. Robert è un po' preoccupato “su, andiamo a cercare santa Chiara!”.E' lì che mi arriva la telefonata di Gianni Bortolin, come un sorso d'acqua nel deserto. Ma quando poi scendiamo verso San Damiano, non ce la faccio più, il ginocchio è davvero gonfio e devo fermarmi in un uliveto. Poi si arranca verso la Casa dei Cappuccini dove avrei bisogno di trovare da sdraiarmi , anche il puntale del bastone è tutto consumato ormai, i sandali cedono. E' una bella passeggiata di meno di 20 chilometri: con Robert si parla di letteratura -vuol conoscere autori ungheresi- di storia, del medioevo religioso.Si rivela un giovane pieno di curiosità, quasi un marziano che scopra il nostro pianeta. Scorcio di Assisi Al tocco siamo sotto la città che abbiamo visto delinearsi passo a passo man mano ci si avvicina. Facciamo merenda e poi, da un'erta chiusa al traffico,scavalcando trincee entriamo in Assisi. Ed ecco che là giunti, ripresi gli zaini, si scampanella più volte finchè dietro uno sportello arriva un frate. Le mie credenziali vengono dai 8 Cappuccini di Milano, la notte prima si è dormito dai loro confratelli di Perugia ,come attesta il timbro di sosta, ma il frate è irremovibile “ Non c' è posto, abbiamo ospiti i parenti di un novizio, sono tutti a una festa, no, non si sa quando tornino... La stanzetta qui fuori? No, no c'è un regolamento di polizia, non si può! Le suore? Ma son tutte a una festa... è sabato!” Il seminarista è ancor più indignato e offeso di me. Lui alla “ carità cristiana” ci crede ancora, non ha studiato la storia... E' un bel tramonto di sabato sera di settembre, le campane suonano a festa, in fin dei conti il pellegrinaggio è compiuto...Autobus per la stazione-elegantissima, costruita negli anni Venti pensando alle visite delle Autorità- e poi si aspetta un treno . Robert tornerà a Perugia e io, in poche ore, a Firenze. Assisi: S. Damiano .......................... Ho comprato “La settimana enigmistica”ma, dondolando sul vagone, nessun rebus mi sembra difficile quanto la rilettura di questo viaggio. Claudio Tartari Assisi: la Basilica di S. Francesco Assisi: interno della Chiesa di S. Damiano .............................. ....................................... 9 10