mensile della comunità cristiana di Pontecitra Anno 9 N. 6 Febbraio 2009 Editoriale di Francesco Aliperti Bigliardo Un racconto attraverserà le pagine di questa numero, un personaggio misterioso cercherà di tenervi compagnia in un mondo di solitudine. Questa è la storia de “L’ANNEGATO” Qualcosa nell’aria, un che di torbido ed umidiccio, aveva annunciato la notizia che in poche ore avrebbe movimentato la vita di quel tranquillo paese di montagna. Un uomo, ben vestito, con scarpe lucide e calzini bordeaux di puro filo scozzese, era annegato nel fiume. Lo aveva trovato il macellaio del luogo che, ad onta del suo mestiere, era un accanito ed appassionato pescatore di trote. Impigliato in uno dei tanti rami che in cerca di un po’ di refrigerio, tagliavano trasversalmente il corso delle acque, il bel cadavere aveva terminato la sua navigazione, a pochi metri dalla sponda. Il macellaio si avvicino’ senza timore a quel corpo immobile ed appena ebbe osservato i suoi occhi sbiaditi e gonfi di lacrime, capi’ che non si trattava di uno scherzo; quell’uomo era morto davvero. Pensò di liberarlo dalla ostinata presa di quel ramo, per offrirgli pietoso ricovero sulla terra ferma. Presto si rese conto che lo sforzo, non avrebbe sortito alcun effetto. Valutò che migliori risultati sarebbero stati ottenuti in tal senso, se avesse chiesto l’aiuto di qualcuno in paese. Cosi’ fece, non prima di aver trascorso quel che avanzava del giorno, a guardare l’acqua che con sapienza levigava il volto di quell’uomo dal passato oscuro ed intrigante, formulando, con notevole anticipo rispetto agli altri, una serie di ipotesi che dessero una spiegazione logica dell’accaduto. “E’ cosi’ ben vestito che proprio non puo’ essere uno scalatore caduto per sventura nel fiume...ammazzato? No! Non l’hanno ammazzato, sarebbe rivolto con la faccia verso il fondale altrimenti” Guardava dritto verso il cielo pieno di nuvole, l’annegato, la sua faccia era serena, attraversata dall’ombra di una lontana tristezza. Era decisamente l’annegato piu’ bello che si fosse mai visto. continua a pagina 3 Diffusione Gratuita Ad Uso Interno Uomini soli? Si, ma senza Dio! di Don Pasquale Giannino Iniziava sempre rovistando nei mobili di casa, rovesciando tutto sul pavimento. Come un indemoniato mi chiedeva i soldi e di fronte al mio tediarlo, continuava la sua ricerca lanciandomi i soprammobili. Poi passava alla mia camera da letto. Sollevava il materasso del mio letto con un agilità mostruosa. Lo sentivo che inveiva contro di me. Giù al palazzo c’era sempre qualcuno dei suoi amici, i compagni di merenda, come li definivo, che lo aspettavano. Non riuscendoli a trovare, perché li nascondevo sempre in posto diverso, iniziava a picchiarmi di brutto. Persino col cavo dell’antenna tv una volta tentò di soffocarmi. Eravamo rimasti soli in famiglia. Tutti ci avevano abbandonato. Lui si stava separando anche dalla moglie: ma aveva già un bambino! Si sono sposati perché la moglie era incinta, tutto di fretta, matrimonio solo civile (perché lei non è credente!). Dopo non molto tempo è scomparso anche il padre. Era una sera d’autunno che emise il suo ultimo respiro dai suoi polmoni impregnati di quel malaugurato male che ce lo ha portato via in pochissimi mesi. Speravamo! Ma cosa? Iniziò così il nostro baratro, mio e di mio figlio, sempre più profondo. Sempre più soli! Ai danni economici, subentrarono quelli di vedere un figlio drogarsi. E cosa non ha fatto quando stava così! Persino i vicini di casa avevano paura di lui. Una sera tentò di far saltare il palazzo rompendo le condotte del gas di città. Questo perché io non volli aprirlo in quanto avevo paura delle sue percosse. Furono i vicini a chiamare i carabinieri e ad allontanarlo. Prima che lo mettessi definitivamente alla porta, una sera sopraggiunsero i carabinieri per dirmi che mio figlio aveva fatto un incidente e per questo si trovava in un ospedale. Al mio arrivo in ospedale, dopo lungaggini di interrogatori da parte dei militari, intenti più di riempire i moduli che di me che non sapevo come ritornarmene a casa, incominciarono ad informarmi che mio figlio lottava tra la vita e la morte. Aveva investito con la sua motocicletta una serie di persone che si trovavano ad una festa di paese. Correva come un pazzo! La sua motocicletta era sfracassata e la gente investiva non se la passava meglio. Non sapevo in quell’istante se chiedere a Dio di salvare o far morire mio figlio! Cosa era meglio? Forse peccai! Ritornò comunque a casa e dopo non molto ricominciò tutto come prima. Un giorno mi lasciò quasi esanime a terra…era corso nuovamente a farsi! Non ritornò più a casa, fino al giorno in cui una suora salesiana lo incontrò che dormiva in una stazione e lo prese a cuore. Lo ascoltò a lungo. Quella sera la suorina non ritornò neanche in convento. Gli raccontò che ormai, dopo tutte le mal fatte, passava da una comunità di recupero ad un ospedale psichiatrico, senza mai trovare un senso alla sua vita. Aveva tentato anche più volte il suicidio imbottendosi di psicofarmaci. Ma…!…Chissa…! Non era ancora il momento! La religiosa me lo riaccompagnò a casa. A malumore, con trepidazione e paura accettai. Pensavo a quanto male mi aveva fatto. Mi rassicurò però il fatto che ella si sarebbe impegnata a seguire mio figlio in una comunità di recupero, in cui l’avrebbe indirizzato. Il buon Dio mi è stato vicino: almeno Lui non ha mai lasciato solo mio figlio, tutto ciò che ha avuto dalla vita! 2° Appuntamento Il Rifiuto: Questo sconosciuto 4 febbraio ore 19,30 Sala Parrocchiale Via Pontecitra - Marigliano 2 Rinascita Politica POLITICHE SOCIALI: sono solo parole roboanti o sono seguite da fatti? di Salvatore Sapio In Italia si è avuta una evoluzione demografica tale da far registrare un innalzamento della vita media. Si calcola infatti che nel 2020 gli anziani in Italia dovrebbero costituire circa il 25% della popolazione. Perciò nascono problematiche nuove da prendere in seria considerazione da parte dei governanti al fine di dare una risposta ai bisogni di quei cittadini per i quali urgono le cosiddette “politiche dell’agio” e cioè quelle iniziative di carattere preventivo e migliorativo della qualità della vita con particolari interventi a favore degli anziani al fine di contrastarne l’isolamento e la solitudine. L’isolamento e la solitudine risultano molto più o meno accentuati in centri medio-piccoli come i comuni del nostro territorio: più accentuati per la mancanza di infrastrutture, di carattere anche ricreativo, adatte alla terza età, meno accentuati perché in un centro piccolo è più facile instaurare rapporti amicali e coltivarli, rapporti necessari particolarmente nell’ipotesi in cui la famiglia dell’anziano non abita nelle vicinanze. Non sempre però le persone non più giovani hanno la possibilità di uscire, di svagarsi, di avere contatti esterni per i più svariati motivi primo fra tutti la condizione fisica non ottimale. E allora l’anziano si sente e si vede isolato, comincia ad avvertire la solitudine a cui si può sopperire solo una “rete” di servizi sociali messi a sua disposizione in particolare per le persone affette da malattia invalidante che determina la non autosufficienza. Un’Amministrazione Pubblica come il Comune dovrebbe innanzitutto istituire un servizio informale teso sia a risolvere problemi di organizzazione e gestione del lavoro di assistenza, sia a dare un supporto all’anziano, sia a collaborare con la famiglia per evitare che le relazioni tra i propri membri si deteriorino, come molto spesso accade, in presenza di una persona anziana non autosufficiente che avrebbe bisogno di una assistenza domiciliare, se non continua, quantomeno accurata. Anche l’istituzione di un centro sociale in cui siano impegnate persone qualificate, anche animate da “spirito volontario”, a cui siano affidati compiti particolari di assistenza, come ad esempio: - Aiuto nell’affrontare impegni ed incombenze della vita quotidiana; - Accompagnamento presso ambulatori e/o laboratori per le proprie necessità medico-sanitarie; - Telefonia sociale allo scopo di tenere un minimo di compagnia a persone sole; - Aiuto nell’espletamento di pratiche particolari presso uffici pubblici; - Assistenza domiciliare durante i periodi di afa che molto spesso provoca disagi e malori fino al decesso e tanti, ma tanti altri compiti che possono rendersi necessari nel corso dello svolgimento della vita quotidiana anche con l’affidamento di tali compiti a organismi cooperativistici o a qualche ONLUS operante sul territorio: sarebbe come istituire un servizio di “118 SOCIALE”. Avere una età avanzata non è una malattia, ma può diventare tale se una persona anziana è costretta a vivere in isolamento durante il quale “qualunque imprevisto può diventare drammatico perché la solitudine può uccidere più delle grandi malattie” (dall’opuscolo della Comunità di Sant’Egidio). Febbraio 2009 La crisi economica di Franco Liberale Le feste di fine anno 2008 sono finite; passate oserei dire in un baleno. La crisi economica esiste, ma non per tutti. Per cibo, feste, fuochi pirotecnici, per vacanze la gente ha speso più degli altri anni, in cui non si parlava di crisi. C’è un rallentamento della corsa economica, del guadagno rapido, questo è vero. Negli anni scorsi abbiamo assistito a questa corsa fantomatica, senza freno. Ora c’è un freno, non si poteva correre sempre all’impazzata. Ora, che si sente la crisi, si pensa, si riflette; questo, penso, sia un bene per l’Umanità, perché quando corri non senti, ne ascolti alcunché e nessuno; quando ti fermi senti il pulsare del tuo Cuore e della tua mente. Non si può sempre correre senza pensare, ascoltare. L’uomo si riduce ad una macchina e perde la sua umanità, non si confronta più con le persone da persona, ma diventa un robot e l’unico suo scopo è correre, andare avanti, produrre, distruggere, prendere dall’Universo quanto più può. Le crisi fanno riflettere, ci fanno guardare intorno. In questo modo soltanto ci possiamo accorgere che non tutti hanno percorso la stessa strada, molti sono rimasti indietro. Solo adesso ci accorgiamo della nostra fragilità e ci appropriamo della nostra umanità. Ora possiamo dire con certezza che domani è un altro giorno per tutti. Riflessioni Febbraio 2009 L a Te m a t i c a P a s t o r a l e d e l M e s e Giornata della vita consacrata di Mariateresa Vitelli “Che sarebbe del mondo se non vi fossero i religiosi?” (S. Teresa d’Avila) Fra le molte feste e ricorrenze della Chiesa Cattolica, presenti nel calendario liturgico del mese di febbraio, ve ne è una che ricorre proprio all’inizio (02/02) e che ricorda la “Presentazione di Gesù al Tempio”, anche conosciuta, nel linguaggio popolare, come “festa della Candelora” perché in questo giorno si benedicono le candele, simbolo di Cristo, “luce per illuminare le genti” secondo la definizione del vecchio Simeone durante la presentazione al Tempio di Gerusalemme. Nello stesso giorno, per motivi non casuali, da tredici anni viene celebrata anche la “Giornata mondiale della vita Consacrata”. Attraverso le parole che Giovanni Paolo II scriveva nel 1997, cerchiamo di capire i motivi che hanno portato alla decisione di dedicare una giornata alla vita consacrata e proprio in questo giorno: “…la missione della vita consacrata nel presente e nel futuro della Chiesa non riguarda solo coloro che hanno ricevuto questo speciale carisma, ma tutta la comunità cristiana”, perciò la “Giornata della vita consacrata” nasce per realizzare vari scopi: “…rendere grazie al Signore, che con questo dono singolare dello Spirito continua ad animare e sostenere la Chiesa nel suo impegnativo cammino nel mondo; promuovere la conoscenza e la stima per la vita consacrata da parte dell’intero popolo di Dio, poiché essa è ciò che più fedelmente imita e rappresenta nella Chiesa la forma di vita che Gesù ha abbracciato e proposto ai suoi discepoli; in terzo luogo questa giornata riguarda direttamente le persone consacrate, invitate a celebrare le meraviglie che il Signore ha operato in loro.” In quanto alla scelta del giorno in cui ce- 3 Rinascita lebrarla, è ancora Giovanni Paolo II a darcene spiegazione: “la Giornata della vita consacrata sarà celebrata nella festa in cui si fa memoria della presentazione che Maria e Giuseppe fecero di Gesù al tempio per offrirlo al Signore”; questo gesto imposto dalla legge mosaica, assume infatti valore simbolico: “…la Presentazione al tempio diventa immagine della totale donazione della propria vita alla Chiesa e la Vergine, che porta al Tempio il Figlio per offrirlo al Padre, è immagine della Chiesa che offre i propri figli/ figlie a Dio, associandoli all’unica oblazione di Cristo”. E come allora i genitori di Cristo obbedirono alla legge mosaica, così oggi ogni consacrato obbedisce alla legge dell’Amore, “…che irrompe nella propria vita e lo porta ad appartenere completamente al Signore, a lasciarsi coinvolgere in un rapporto interpersonale tanto appassionato da non vedere altro se non il Cristo crocifisso. Questo amore appassionato di Gesù suscita una risposta totalizzante da parte del consacrato nella reciprocità amicale e sponsale. E’ proprio in questa luce che si devono comprendere i voti religiosi.” (Messaggio per la 13 giornata della vita consacrata) Voi chi credete che io sia? << E voi chi dite che Io sia?>>, è con questa domanda che tutta l’Azione Cattolica ha iniziato l’anno pastorale in corso. E’ la domanda con cui Gesù inizia uno dei suoi dialoghi più impegnativi con i discepoli. E’ la domanda che i giovanissimi portano nel cuore desiderando di essere ascoltati, riconosciuti e trattati dagli altri per ciò che sono o che ritengono di essere veramente. Anche Gesù necessita di essere conosciuto per chi davvero è, affinché possa incontrare in modo autentico ogni uomo, in modo che vada oltre ai preconcetti, all’apparenza e al “sentito dire”. E’ nata, quindi, l’esigenza nell’ambito del gruppo giovanissimi, della nostra parrocchia, di chiedere a vari membri della comunità: << Chi è per te Gesù?>>, ed abbiamo deciso di condividere con voi tutti, alcune delle risposte riportate nel disegno qui a fianco. Le risposte date dagli intervistati provenivano dal cuore, e hanno indotto i giovanissimi a pensare che ognuno conosce un aspetto diverso di Gesù, uomo e figlio di Dio. Gesù è amico, confidente, padre, madre, è parte di noi, vive nei nostri cuori, dobbiamo imparare ad ascoltarLo e solo così potremmo conoscere il vero significato del suo essere per noi. Gruppo Giovanissimi 4 Rinascita La solitudine del voto di Doriana Pianese Osservando il registro di un insegnante ho notato che accanto al nome di ogni alunno c’è una riga con dei riquadri dove vengono inseriti i voti delle interrogazioni e dei compiti in classe che il ragazzo ha svolto durante l’anno scolastico. Basta già questo particolare per indurre a pensare che la scuola si interessa solo delle attività del singolo individuo e non tanto di ciò che egli è capace di fare insieme agli altri. E in effetti è così! Anche quando gli allievi organizzano lavori di gruppo, ciò che sarà valutato è esclusivamente il prodotto finale e non la loro capacità di collaborare con gli altri. Così ognuno si preoccuperà solo di svolgere al meglio il proprio compito, senza interessarsi degli ostacoli che gli altri componenti del gruppo possono incontrare nell’eseguire i propri incarichi. Questo comportamento può far crescere l’idea che ognuno si può ritrovare solo quando deve affrontare le difficoltà, e che deve contare solo su se stesso e sulle proprie capacità per costruire un qualcosa o per risolvere i propri problemi. E’da qui che si compie il primo passo verso la solitudine. Dato che, già a scuola, non si dà importanza al collaborare in gruppo, successivamente si pensa che ciò che si può fare da soli sia più importante di quello che si può raggiungere con gli altri e si inizia così ad isolarsi, a credere che non si ha bisogno degli altri. Ma ciò non è affatto vero! L’uomo, come diceva Aristotele, è per natura un “animale sociale” e non può fare a meno di vivere insieme agli altri. La scuola, oltre che trasmettere cultura, ha il compito di formare i ragazzi nel rapporto, nella condivisione e nella cooperazione con l’altro. Partire proprio dal modo di valutare gli alunni non sarebbe errato. Ogni voto rappresenta la capacità di ciascuno di saper fare una cosa, ma una cosa che è sempre e solo in relazione a se stessi. Al voto singolo, si dovrebbe sostituire un voto collettivo che misuri le prestazioni di ciascuno riguardo il proprio modo di interagire e cooperare con gli altri. Sociale Febbraio 2009 continua dalla prima pagina L’Annegato di Francesco Aliperti Bigliardo In paese non si parlava di altro, anche perche’, da quelle parti, mai era successo nulla di così importante. La gente in paese non moriva per cause tanto insolite, il massimo che potesse capitare, era di perdersi nel bosco ed essere assalito, come dire, da un lupo. Questo, non era mai accaduto ad uomini con la cravatta, però. Nel giro di poche ore il paese si riempi’ di stranieri operosi, abbigliati nelle maniere piu’ inconsuete. Un esercito di simpatici soldatini smaniosi di far luce su quell’affascinante mistero. Furono condotte delle indagini accurate e scrupolose. Fu accertato che la vittima, si chiamava John e che, sicuramente, proveniva da un paese freddo e poco assolato...forse l’Inghilterra. Non fu però altrettanto facile stabilire come e soprattutto perche’ un così bel signore, per giunta Inglese, fosse finito lì, a tanti chilometri di distanza dal suo luogo di nascita. Qualcuno, forse per rendere pubblica la sua smisurata passione per gli studi di tipo geologico, argomento’ che, una risposta in tal senso, non poteva essere fornita neppure per taluni minerali rarissimi I quali, pur avendo le loro origini in territori aridi e ad alto contenuto granitico, venivano poi ritrovati sul fondo di oceani poggiati all’altro capo del mondo. Il macellaio fu più volte ascoltato dalla polizia che, in mancanza di altri elementi, aveva concentrato proprio su quell’uomo pacifico i suoi sospetti. “Andiamo ispettore, io non passo le mie giornate ad ammazzare sconosciuti e poi, se proprio volessi farlo, userei l’accetta!” Si trattava di una ingenua battuta, naturalmente. Gli investigatori la interpretarono senza indugi in modo che, il suo ruolo di primo imputato in quell’indagine, ne uscisse notevolmente fortificato. Fu la sorte a correre in aiuto del maldestro macellaio. Il criminologo della squadra degli investigatori prese le sue difese, sostenendo che quelli ammazzati, hanno sempre il culo rivolto in direzione del cielo. “Si tratta di suicidio, siamo venuti fin quassù per niente!” Le indagini potevano dirsi concluse e lo stuolo di esperti, telecamere, microfoni, “Jeans” e “T-Shirts” se ne andò via cosi’ come era venuto, lasciando il paese alle sue chiacchiere ed alla sua tranquillita’. I funerali non ebbero luogo. Infatti, nonostante tutti gli sforzi ed i tentativi operati dalla polizia prima e dalla gente del posto poi, non fu possibile strappare il corpo dell’annegato, alla tenace opposizione del ramo che era divenuto tutt’uno con la sua struttura. La cosa non turbo’ piu’ di tanto il parroco, il quale dal canto suo, aveva piu’ volte mostrato la sua reticenza alla celebrazione del rito, dato che John aveva origini anglosassoni e pertanto doveva appartenere ad una dottrina religiosa di dubbio valore morale, totalmente estranea ai buoni insegnamenti cristiani. Cosi’ l’annegato se ne stette li’, senza che nulla potesse alterare la sua legittima volonta’; confortato dalla rinnovata struttura in legno che la natura gli aveva affidato. Intanto, i resti del suo corpo inzuppati dall’acqua ed in avanzato stato di decomposizione, si sfaldavano divenendo prelibato alimento per le trote del fiume. Il macellaio torno’ piu’ volte sulla sponda del fiume, convinto come era che chiunque egli fosse e che da qualsiasi parte provenisse, doveva trattarsi di un uomo solo. “Beh...ti sei perso da quasi un anno e ancora nessuno e’ venuto a cercarti...non temere vecchio John, ora ci sono io...ci terremo compagnia a vicenda, in fondo se salgo fin quassu’, lo faccio perche’ conosco la tua amarezza e la solitudine dei tuoi giorni...ti avessi conosciuto prima, saremmo un po’ piu’ vivi, entrambi.” Continuo’ a fargli discorsi del genere anche quando del bell’annegato, resto’ solo un ramo storto e sbilenco. Cosi’ fino al giorno in cui, anche lui, se ne ando’ a spasso sulla superficie di quell’acqua, trascinato dalla corrente millenaria, alla paziente ricerca di qualcuno, o di qualcosa…di un ramo bisognoso di refrigerio cui legare la propria esistenza, forse. Nel petto, per sempre, la consapevolezza che, chi e’ solo al mondo, ha a disposizione tutto il tempo che gli occorre per presentarsi alla morte, elegante e con bei calzini bordeaux di puro filo scozzese. Febbraio 2009 Sociale 5 Rinascita 2° Appuntamento 4 febbraio ore 19,30 Il non umano............ pensare come pensa la natura! di Lucia Pina Giraldi e Daniela Rossetti Come cristiani siamo invitati a rivedere i nostri comportamenti, affinché siano ispirati a sobrietà, a giustizia, a solidarietà. Ognuno di noi deve considerare la propria relazione con l’ambiente, significativa per la sua fede: una relazione che è stupore e meraviglia per il creato, che diventa difesa e sviluppo delle realtà create. Il principio a cui ispirare il nostro agire viene così formulato: «è giusto ciò che tende a mantenere l'integrità, la stabilità e la bellezza della comunità bioetica». Tale prospettiva eco-centrica muove dalla consapevolezza della nostra appartenenza a una comunità più ampia di quella sociale, a un oikos, una casa comune, i cui abitanti includono il suolo, le acque, le piante e gli animali: la terra intera che forma, in termini ecologici, un sistema di parti interdipendenti. L'etica della terra, cioè, vuole definire un giusto rapporto uomo natura, non perché è in atto una crisi ambientale, bensì perché la natura - a prescindere da questa crisi - è provvista come l'uomo di un valore morale intrinseco (Almanacco di un mondo semplice di Aldo Leopold) E' evidente, però, che l'ecologia propone delle istanze che sono essenzialmente descrittive, mentre l'etica che Leopold ha in mente, così come tutte le etiche, deve essere provvista di istanze normative. L’epoca geologica nella quale viviamo si chiama appunto antropocene: l’era dell’uomo, lo firma Paul Crutzen, che nel 1995 ha vinto il Nobel per la chimica per le sue ricerche sull'ozono. Si chiama Antropocene ed è la prima era geologica in cui una sola specie governa l’evoluzione e modifica in modo radicale il ciclo dell’acqua come quello del carbonio, la concentrazione dell’ozono come quella del piombo. La specie in questione è l’uomo. E se parliamo di uomo bisogna affrontare implicazioni geopolitiche, concetti quali etica e morale, disparità tra ricchezza ed eccesso di consumi ed effetti devastanti che possono portare all’impoverimento del nostro pianeta in modo irreversibile. Progresso o regresso? Le politiche ambientali vanno governate con un’attenta conoscenza dei problemi (e coscienza?). Le città sono organismi che producono metaboliti, consumano risorse e rimandano indietro rifiuti. Lo sfruttamento della Terra dà la misura dell’Antropocene. Una è quella dei rifiuti». Produrre e gettare rifiuti è diventato così "normale" nel nostro quotidiano agire che spesso viene considerato un fatto “naturale”, mentre si tratta di comportamenti legati all’industrializzazione avanzata e al consumismo; infatti la natura non butta via niente ed i residui degli animali e dei vegetali sono "naturalmente" trasformati e riciclati. In natura non esistono i rifiuti, li abbiamo inventati noi, e il loro smaltimento è diventato un problema di straordinaria rilevanza, oltre che di sopravvivenza, in quanto spesso sono anche difficili da trasformare e recuperare, sono cioè incompatibili con l'ambiente. Per questo è necessario affrontare con uno spirito diverso, più attento e responsabile, la gestione dei rifiuti urbani, applicando tutti i giorni, nel modo di vivere, di produrre e consumare, quelle sacrosante regole che la natura stessa ci suggerisce: da una parte produrre meno rifiuti possibile e dall’altra recuperare, riutilizzare e rigenerare. Proprio in questa ottica un'efficace gestione integrata dei rifiuti si basa, in primo luogo, su una corretta differenziazione degli stessi. La raccolta differenziata permette infatti di avviare i diversi materiali alle filiere di riciclaggio e garantisce un trattamento adeguato ai rifiuti pericolosi per la salute e per l' ambiente. Affinché la raccolta differenziata avvenga in modo efficiente è però necessaria la collaborazione dei singoli cittadini ed è importante quindi, dopo una capillare campagna di informazione, valutare se il cittadino abbia recepito appieno le norme dettate per una corretta differenziazione dei rifiuti. È giunta l'ora del Piano B…………………IL RICICLO 6 Rinascita Rubriche Febbraio 2009 10 buoni motivi per leggere o non leggere di Carmine Egizio Cent’anni di solitudine di Gabriel Garcia Marquez - Ed. Feltrinelli - 1968 10 motivi per leggerlo: 1 - Se vi piace leggere romanzi che parlano di amore, passione, guerra, sogni, storia, avventura, magia, credenze popolari, ossesioni, morte, ma più di tutto di vita. E con vita intendo qualcosa di assolutamente vivo, che senza chiedere permesso al lettore, abbandona la pagina e si materializza nell’ambiente circostante. 2 - Se scegliete un libro dal titolo. Senza dubbio tra i più belli della letteratura di tutti i tempi. In esso c’è il destino degli uomini che popolano il romanzo. 3 - Per chi vuole intraprendere un viaggio all’alba del mondo, in un villaggio sperduto del Caribe chiamato Macondo, ed assistere alla sua storia totale, dalla sua costruzione alla sua distruzione attraverso le vicende della famiglia Buendìa. Un consiglio a tutti i viaggiatori. Smettete i panni dei turisti e dimenticate le vostre cose europee: calatevi in queste atmosfere magiche che solo la letteratura sudamericana sa regalare. 4 - Per tutti quelli che amano le saghe familiari. Qui troveranno pane per i loro denti. Ma attenzione: vi consiglio di prendere penna e carta e costruirvi man mano l’albero genealogico dei Buendìa, altrimenti finirete per perdervi nei Josè Arcadio e negli Aureliano che si ripetono per sei generazioni. 5 - A tutti gli uomini che inseguono sogni, magia e belle donne con le gambe... ben piantate per terra. 6 - Per chi cerca nuovi archetipi femminili: la grande Ursula Iguaràn entrerà di diritto nel vostra collezione privata. Lei non è solo la matriarca. Lei è il mito, la forza evocativa di un ricordo. E’ quella che tiene il mondo affinchè non vada a rotoli. Leì è quella capace di accogliere tutti nella sua casa, che siano amici o antichi nemici... E senza dimenticare le altre protagoniste dai nomi ammalianti: Remedios la Bella, Santa Sofia de la Piedad... 7 - A tutti quelli che non diffidano degli zingari. Qui si imbattano nella figura di Melquìades, uno zingaro che si esprime in sanscrito e che sfiora il divino. E’ lui che “annuncia” le novità del mondo seducendo gli abitanti di Macondo. 8 - Se volete far parte di un esercito che conta svariati milioni di lettori (forse addirittuta 100.000.000). 9 - Se siete capaci di sguinzagliare la vostra irrazionalità. 10 - A tutti coloro che apprezzano la “roba” buona. Questa è la migliore mai uscita dalla Colombia. 10 motivi per non leggerlo: 1 - Se per voi è inconcepibile tuffarvi in una realtà dove le novità tecnologiche sono rappresentate soltanto da ghiaccio, calamiti e cannocchiali. 2 - Se il titolo non vi evoca altro che tristezza e a voi piace soprattutto ridere con le battute dei film panettone. 3 - Se per voi Sud America vuol dire soltante spiagge esotiche e ci tenete tanto ad essere turisti alla perenne ricerca del conforto degli spaghetti. 4 - Se non riuscite a tenere la concentrazione nella lettura questo è il libro in assoluto da evitare.Al minimo intoppo confondereste un Aureliano per un altro, perdendovi il senso totale del romanzo. 5 - Se diffidate delle capacità di una donna nel gestire situazioni importanti e delicate. 6 - Se non avete bisogno di indimenticabili archetipi femminili, ma soltanto di tette rifatte. 7 - Se diffidate delle novità, del diverso e vivete attaccati alle vostre piccole e misere certezze. 8 - Se siete impazienti. Andate su Wikipedia, scaricate l’albero genealogico dei Buendìa e vedete se riuscite a sostenere tutti quei personaggi. 9 - Se siete privi di immaginazione. 10 - Se pensate che la Colombia sia solo narcotraffico. Cara Redazione, leggevo il numero di Natale del vostro mensile e dopo aver gettato uno sguardo affezionato a tutti gli articoli che lo componevano, mi sono catapultato con il solito entusiasmo sulla rubrica di C.Egizio; grafico acrobatico, nonché articolista specialista in travestimenti e trasformismi. La sua capacità di vestire i panni altrui, da sempre mi mette addosso quella voglia di leggere che credevo per sempre estinta ed al contempo mi fa vedere meglio ciò che, un istante prima, mi appariva distante, appannato, scontornato. La storia che il “Carmine bambino” ci ha presentato in quella occasione, oltre ad essere come sempre poetica e profetica (una profezia quanto mai prossima a realizzarsi) conteneva un elemento di speranza nuovo, che vorrei non andasse disperso. Vorrei infatti che fosse chiaro, da subito, che non ci troviamo al cospetto di una storia tragica. (chi si è abbandonato alle lacrime ed allo sconforto, ne ha profondamente travisato il senso) Quella famiglia infatti, non mi ha messo tristezza, né ha suscitato la mia inutile compassione. Ho provato anzi invidia per il Natale autentico di quella famiglia. Ho ammirato la capacità del “giovane” Carmine, di fare fronte comune con i suoi genitori contro le avversità e, per dirla con le parole dell’informazione ufficiale:“di reagire alla crisi dei mercati”. In quella famiglia ho riscoperto di fatto l’uomo e la sua dignità. I valori ed i sentimenti che reggono quella comunità, mi hanno restituito fiducia nel futuro e nuova speranza! Speranza per l’intera umanità, speranza viva, non avvelenata dai fatui e pilotati piagnistei di inizio millennio, cui da mesi devo assistere ogni giorno, ad ogni singolo notiziario “d’avanguardia”, che mi passa sotto il naso. Autonomia, solidarietà, empatia ritrovano in quel racconto, la cittadinanza che troppo spesso ho visto negare, da chi è sempre più affascinato e devoto ad altri e assai più discutibili principi. Quella famiglia ha ripreso a camminare insieme, mano nella mano. Ci si ritrova tutti stretti intorno allo stesso tavolo. I problemi ci sono e non sono certo di poco conto, ma nessuno sembra particolarmente depresso, arrabbiato o peggio, privo di speranze per l’imminente futuro. Si risponde anzi con adeguata fierezza e compostezza alle cattive notizie che il mondo recapita in corrispondenza del Natale. Si può dunque scommettere con spavalderia sul fatto che i personaggi della vicenda attenderanno insieme che “passi la nottata” e che, insieme andranno incontro alla primavera in attesa, all’uscita del tunnel dell’inverno. …e noi? Cosa faremo noi il giorno in cui ci toccherà fornire le nostre risposte? Imprecheremo contro “il governo ladro”, contro la Provvidenza maligna? Ci ammutineremo mentre la barca va a fondo o saremo in grado di divenire “ginestra” leopardiana, comunità in cammino, parrocchia, equipaggio solidale a difesa dell’imbarcazione nel mezzo della bufera? Vi invito a fornire le vostre risposte, intanto che formulo i miei più cordiali saluti ed inoltro i miei ringraziamenti per la compagnia e la pazienza esibita nell’occasione. Un lettore qualunque(?) P.S. Dei ladri hanno di recente tentato di svaligiarmi casa…perché il signor Egizio, con uno dei suoi funambolici travestimenti, non cerca di entrare nella testa di quei signori per farmi capire cosa oltre al presunto bottino, motivava il loro gesto? Rubriche Febbraio 2009 Note su Note 7 Rinascita di Francesco Panetta La solitudine, sentimento che esprime una sensazione di isolamento che un uomo nel corso della propria vita affronta, causato da varie motivazioni la solitudine cela in essa diversi stati d’animo. Ed è proprio di lei la Solitudine che questo mese tratteremo, una tematica che anche nella musica è riuscita a trovare tanti artisti che in lei hanno trovato l’ispirazione per dare vita a numerosi brani. A tal punto ho scelto di dar spazio a un brano in particolare quello di Giorgio Gaber dal titolo “La solitudine” La solitudine di Giorgio Gaber La solitudine non è mica una follia io la comune!... Cannibali... Credimi, da è indispensabile per star bene in compagnia. soli si sta bene... In due? È già un esercito. La solitudine non è mica una follia Uno c'ha tante idee è indispensabile per star bene in compagnia. ma di modi di stare insieme ce n'è solo due Uno fa quel che può c'è chi vive in piccole comuni o in tribù per poter conquistare gli altri la famiglia e il rapporto di coppia castrandosi un po' c'è già nei capitoli precedenti, c'è chi ama o fa sfoggio di bontà, ormai non se ne può più. ma non è lui è il suo modo di farsi accettare di più La solitudine non è mica una follia anche a costo di scordarsi di sé è indispensabile per star bene in compagnia. ma non basta mai. Certo, vivendo insieme se chiedi aiuto quando sei disperato e non sopporti puoi appoggiarti. Un po' di buona volontà e riesco pure a farmi amare ma perdo troppi pezzi e poi son cazzi miei, non mi ritrovo più. La solitudine non è mica una follia è indispensabile per star bene in compagnia. Certo l'eremita è veramente saggio lui se ne sbatte e resta in piedi senza appoggio. Ha tante buone qualità [parlato] Vacca troia!... dove sono?... ma è un animale poco sociale. Eccoli lì che se li mangiano i miei pezzi... Ti serve come esempio e poi cannibali!... Troppa fame, credimi... gli dai son cazzi suoi, non lo rivedi più. una mano ti mangiano il braccio... Ve la dò S O T T O S T A N T E ...dove i nostri occhi non arrivano di Carmine Egizio Complimenti vescovo Williamson. Ha perso una buona occasione per starsene zitto! In quanto a te lettore che mi inviti a travestirmi da ladro, mi dispiace: almeno per questa volta ti parlerò d’altro. Spero comunque di non deluderti... Quando ho letto che Sunny Von Bulow era morta, ho avuto le vertigini. Agli inizi degli anni novanta andai con la mia ragazza a vedere il film sulla sua triste vicenda. Ero giovane e da qualche anno mi ero affacciato nel mondo del lavoro. Leggevo, scrivevo, cantavo, mi arrabbiavo, ridevo, piangevo, ingrassavo, perdevo capelli, sposavo la ragazza che aveva visto con me il film, cambiavo lavoro...Per dirla tutta con una sola parola: vivevo. Sunny Von Bulow no. A causa forse di un’iniezione di insulina praticatole dal marito Claus, vegetava. E’ rimasta in coma fino allo scorso dicembre: 30 anni circa di stato vegetativo, poi è morta. 30 anni... 10.000 giorni...Svariati milioni di minuti........ Per una curiosa scelta degli sceneggiatori, “Il mistero Von Bulow” è raccontato dalla protagonista nello stato di coma. Provo a continuare quel racconto interrotto 18 anni fa... Quante giornate di sole mi sono persa. E quanto vento non ho visto gonfiare le vele della mia barca al largo del Rhode Island. Dalla mia casa coglievo l’alba nel palmo di una mano. Passavo in silenzio per le camere dei ragazzi, coccolavo i loro sogni. Che cosa tremenda non provare più sentimenti di madre. Mi inebriavo per il profumo della terra fecondata dalle prime gocce di pioggia. Che bello scendere con l’ombrello nel parco e...respirare. Avevo dei vasi con della terra d’Olanda dove piantavo ogni anno i miei amati tulipani; ogni tanto provavo Le invasioni barbariche a piantarne qualcuno fuori dai vasi direttamente in giardino, ma difficilmente sono nati dei fiori. Dove sono finiti i pomeriggi da dedicare alla lettura e scoprire in ritardo una prima interessante. Brindo a tutte le notizie che non ho letto. Io stessa sono stata una notizia che ha descritto la sua parabola. Ci sono stati giorni da prima pagina, come quelli del rovesciamento della sentenza a favore di Claus. Che genio l’avvocato Dershowitz. Poi lentamente il sipario si è chiuso sulla mia storia, un silenzio assoluto in cui ho fluttuato per tutti questi anni. Qualcuno poi all’improvviso avrà letto della mia morte e si sarà chiesto: ma come era ancora viva Sunny Von Bulow? Ha ragione a porsi questa domanda. In verita la morte mi ha trovato senza vita. Sa, ho sempre pensato che c’è una differenza tra cessare di vivere e morire. E solo chi ha provato questa esperienza può confermarlo. Un corpo atrofizzato inchiodato in un letto per tre lunghi decenni non ha niente a che vedere con la vita. Rumori cadenzati ed ovattati dentro un respiratore non sono segnali di vita ma un contabilizzare continuamente una partita in perdita. Ho saputo di Isabel Allende; ha chiamato il reparto di rianimazione “il corridoio dei passi perduti”. Cara Isabel, mi sarebbe piaciuto essere tua figlia: hai detto addio al corpo della tua Paula ed hai dato il benvenuto al suo ricordo. Ma in quale momento io sono diventata un ricordo, nel 1978 o nel 2008? Troppo presto i miei figli hanno smesso di sperare. Mio marito ha avuto il divorzio senza che me ne rendessi conto. La cosa che mi è dispiaciuta di più è essere considerata ad intervalli regolari un campo di battaglia per orde di barbari che hanno saccheggiato la mia proprietà più privata: la mia morte. Ho subito tante invasioni barbariche perpetrate da chi ha sete di affermare principi supremi in nome di questo e quello, senza mai porsi il problema se quel questo o quel quello abbiamo mai riscosso apprezzamenti dalla mia persona. Non mi sono battuta per il mio diritto alla vita, sono stata abbattuta dal dovere di non morire che mi è stato imposto. A proposito di “invasioni barbariche”, è bellissimo quel film. Ho passato questi ultimi anni ad invidiare Rèmy, il suo protagonista malato terminale. La sua morte mi è sembrata una party ben organizzato. Ha radunato intorno al suo letto amici, ex amanti ed ex mogli e tra una citazione colta ed un calice di vino, ha permesso ad un infermiera di spegnergli lo sguardo intento a mirare per l’ultima volta le acque immobili del lago. Purtroppo non capita a tutti una fine così. Le diverse latitudini spesso ci riservano strani destini e l’universalità dell’uomo non sempre è riconosciuta. C’è chi va all’estero per turismo, chi per lavoro, chi per una speranza di vita, chi per conquistarsi la morte. Fino all’ultimo non hanno mai attecchito i bulbi fuori dalla terra d’Olanda. Provateci voi, se poi ci incontriamo potrete raccontarmi la vostra esperienza. 8 Rinascita Attività pastorali, iniziative e servizi Febbraio 2009 AVVISI di FEBBRAIO Orario SS. Messe: Feriale: ore 18,30 Festivo: ore 8,00 (Cappella delle Suore) / ore 10,00 / ore 12,00 CENTRO RACCOLTA PLASTICA Raccogliamo presso la nostra parrocchia: bottiglie, flaconi per detergenza e per igiene personale, vasetti, vaschette il tutto rigorosamente in plastica - Lunedì 2 Presentazione del Signore (Candelora). Ore 18,30: Celebrazione Eucaristica - Martedì 3 San Biagio. Ore 18,30 Celebrazione Eucaristica (Benedizione della gola) - Mercoledì 4 Progetto “A testa in giù” – Il rifiuto: questo sconosciuto Ore 19,30 Dibattito pubblico - Giovedì 5 Giornata Eucaristica Ore 7,30: Celebrazione Eucaristica. Segue Adorazione Eucaristica Ore 19,00: Vespro Solenne - Venerdì 6 1° del mese Ore 18,30 Celebrazione Eucaristica Ore 20,00 Incontro gruppo giovani - Venerdì 13 ore 20,00 Incontro gruppo giovani - Mercoledì 25 ore 18,30: Celebrazione Eucaristica con rito di imposizione delle Sacre Ceneri. Si raccomanda il digiuno e l’astinenza dalle carni - Giovedì 26 ore 19,30: Incontro dei fidanzati con il Vescovo c/o la Parrocchia di Santa Croce in Santa Maria del Pozzo in Somma Vesuviana - Venerdì 27: Via Crucis. Si raccomanda l’astinenza dalle carni Compendio al Catechismo della Chiesa Cattolica Art. 33 Che cosa sono i Simboli della fede? Sono formule articolate, chiamate anche «Professioni di fede» o «Credo», con cui la Chiesa, fin dalle sue origini, ha espresso sinteticamente e trasmesso la propria fede con un linguaggio normativa, comune a tutti i fedeli. Art. 34 Quali sono i più antichi Simboli della fede? Sono i Simboli battesimali. Poiché il Battesimo viene dato «nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28,19), le verità di fede ivi professate sono articolate in riferimento alle tre Persone della Santissima Trinità. Mensile della comunità cristiana di Pontecitra Parrocchia del Sacro Cuore Anno 9 N. 6 Febbraio 2009 Direttore Responsabile: Don Pasquale Giannino La Redazione: Francesco Aliperti Bigliardo, Pierpaolo Ariola, Carmine Egizio, Lucia Pina Giraldi, Francesco Panetta, Stefano Perrone, Doriana Pianese, Carmela Provvisiero, Daniela Rossetti, Mariateresa Vitelli. Grafica: Carmine Egizio [email protected] www.chiesadipontecitra.it APOSTOLATO DELLA PREGHIERA Intenzioni affidate all’ADP dal Papa: • Perché i Pastori della Chiesa siano sempre docili all’azione dello Spirito Santo nel loro insegnamento e nel loro servizio al popolo di Dio. • Perché la Chiesa in Africa trovi vie e mezzi adeguati per promuovere in modo efficace la riconciliazione, la giustizia e la pace, secondo le indicazioni della II Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. e dall’Episcopato italiano: • Tutti gli uomini possano sentirsi figli di un unico Padre, affinché sia rimosso ogni ostacolo sulla via che porta alla fraternità e alla pace tra i popoli.