mensile della comunità cristiana di Pontecitra
Anno 9 N. 6
Febbraio
2009
Editoriale
di Francesco Aliperti Bigliardo
Un racconto attraverserà le pagine di
questa numero, un personaggio misterioso cercherà di tenervi compagnia in
un mondo di solitudine.
Questa è la storia de
“L’ANNEGATO”
Qualcosa nell’aria, un che di torbido
ed umidiccio, aveva annunciato la notizia che in poche ore avrebbe movimentato la vita di quel tranquillo paese di
montagna.
Un uomo, ben vestito, con scarpe lucide e calzini bordeaux di puro filo scozzese, era annegato nel fiume. Lo aveva
trovato il macellaio del luogo che, ad
onta del suo mestiere, era un accanito ed
appassionato pescatore di trote.
Impigliato in uno dei tanti rami che in
cerca di un po’ di refrigerio, tagliavano
trasversalmente il corso delle acque, il
bel cadavere aveva terminato la sua navigazione, a pochi metri dalla sponda.
Il macellaio si avvicino’ senza timore
a quel corpo immobile ed appena ebbe
osservato i suoi occhi sbiaditi e gonfi di
lacrime, capi’ che non si trattava di uno
scherzo; quell’uomo era morto davvero.
Pensò di liberarlo dalla ostinata presa di
quel ramo, per offrirgli pietoso ricovero
sulla terra ferma. Presto si rese conto che
lo sforzo, non avrebbe sortito alcun effetto. Valutò che migliori risultati sarebbero stati ottenuti in tal senso, se avesse chiesto l’aiuto di qualcuno in paese.
Cosi’ fece, non prima di aver trascorso
quel che avanzava del giorno, a guardare l’acqua che con sapienza levigava il
volto di quell’uomo dal passato oscuro
ed intrigante, formulando, con notevole anticipo rispetto agli altri, una serie di
ipotesi che dessero una spiegazione logica
dell’accaduto.
“E’ cosi’ ben vestito che proprio non
puo’ essere uno scalatore caduto per
sventura nel fiume...ammazzato? No!
Non l’hanno ammazzato, sarebbe rivolto con la faccia verso il fondale altrimenti” Guardava dritto verso il cielo pieno
di nuvole, l’annegato, la sua faccia era
serena, attraversata dall’ombra di una
lontana tristezza. Era decisamente l’annegato piu’ bello che si fosse mai visto.
continua a pagina 3
Diffusione
Gratuita
Ad Uso Interno
Uomini soli?
Si, ma senza Dio!
di Don Pasquale Giannino
Iniziava sempre rovistando nei mobili di
casa, rovesciando tutto sul pavimento.
Come un indemoniato mi chiedeva i soldi
e di fronte al mio tediarlo, continuava la
sua ricerca lanciandomi i soprammobili. Poi
passava alla mia camera da letto. Sollevava il materasso del mio letto con un agilità
mostruosa. Lo sentivo che inveiva contro
di me. Giù al palazzo c’era sempre qualcuno dei suoi amici, i compagni di merenda,
come li definivo, che lo aspettavano. Non
riuscendoli a trovare, perché li nascondevo
sempre in posto diverso, iniziava a picchiarmi di brutto. Persino col cavo dell’antenna
tv una volta tentò di soffocarmi. Eravamo
rimasti soli in famiglia. Tutti ci avevano
abbandonato. Lui si stava separando anche
dalla moglie: ma aveva già un bambino! Si
sono sposati perché la moglie era incinta,
tutto di fretta, matrimonio solo civile (perché lei non è credente!).
Dopo non molto tempo è scomparso anche
il padre. Era una sera d’autunno che emise il
suo ultimo respiro dai suoi polmoni impregnati di quel malaugurato male che ce lo ha
portato via in pochissimi mesi. Speravamo!
Ma cosa? Iniziò così il nostro baratro, mio e
di mio figlio, sempre più profondo. Sempre
più soli! Ai danni economici, subentrarono
quelli di vedere un figlio drogarsi. E cosa
non ha fatto quando stava così! Persino i
vicini di casa avevano paura di lui. Una sera
tentò di far saltare il palazzo rompendo le
condotte del gas di città. Questo perché io
non volli aprirlo in quanto avevo paura delle sue percosse. Furono i vicini a chiamare i
carabinieri e ad allontanarlo.
Prima che lo mettessi definitivamente alla
porta, una sera sopraggiunsero i carabinieri
per dirmi che mio figlio aveva fatto un incidente e per questo si trovava in un ospedale.
Al mio arrivo in ospedale, dopo lungaggini
di interrogatori da parte dei militari, intenti
più di riempire i moduli che di me che non
sapevo come ritornarmene a casa, incominciarono ad informarmi che mio figlio lottava
tra la vita e la morte. Aveva investito con la
sua motocicletta una serie di persone che
si trovavano ad una festa di paese. Correva
come un pazzo!
La sua motocicletta era sfracassata e la gente investiva non se la passava meglio. Non
sapevo in quell’istante se chiedere a Dio
di salvare o far morire mio figlio! Cosa era
meglio? Forse peccai! Ritornò comunque
a casa e dopo non molto ricominciò tutto
come prima. Un giorno mi lasciò quasi esanime a terra…era corso nuovamente a farsi!
Non ritornò più a casa, fino al giorno in cui
una suora salesiana lo incontrò che dormiva in una stazione e lo prese a cuore. Lo
ascoltò a lungo. Quella sera la suorina non
ritornò neanche in convento. Gli raccontò
che ormai, dopo tutte le mal fatte, passava
da una comunità di recupero ad un ospedale psichiatrico, senza mai trovare un senso
alla sua vita. Aveva tentato anche più volte il suicidio imbottendosi di psicofarmaci.
Ma…!…Chissa…! Non era ancora il momento! La religiosa me lo riaccompagnò a
casa. A malumore, con trepidazione e paura
accettai. Pensavo a quanto male mi aveva
fatto. Mi rassicurò però il fatto che ella si
sarebbe impegnata a seguire mio figlio in
una comunità di recupero, in cui l’avrebbe
indirizzato. Il buon Dio mi è stato vicino:
almeno Lui non ha mai lasciato solo mio figlio, tutto ciò che ha avuto dalla vita!
2° Appuntamento
Il Rifiuto: Questo sconosciuto
4 febbraio ore 19,30
Sala Parrocchiale Via Pontecitra - Marigliano
2 Rinascita
Politica
POLITICHE SOCIALI:
sono solo parole roboanti
o sono seguite da fatti?
di Salvatore Sapio
In Italia si è avuta una evoluzione demografica tale da
far registrare un innalzamento della vita media. Si calcola infatti che nel 2020 gli anziani in Italia dovrebbero
costituire circa il 25% della popolazione. Perciò nascono
problematiche nuove da prendere in seria considerazione da parte dei governanti al fine di dare una risposta
ai bisogni di quei cittadini per i quali urgono le cosiddette “politiche dell’agio” e cioè quelle iniziative di carattere preventivo e migliorativo della qualità della vita
con particolari interventi a favore degli anziani al fine di
contrastarne l’isolamento e la solitudine.
L’isolamento e la solitudine risultano molto più o meno
accentuati in centri medio-piccoli come i comuni del nostro territorio: più accentuati per la mancanza di infrastrutture, di carattere anche ricreativo, adatte alla terza
età, meno accentuati perché in un centro piccolo è più
facile instaurare rapporti amicali e coltivarli, rapporti
necessari particolarmente nell’ipotesi in cui la famiglia
dell’anziano non abita nelle vicinanze. Non sempre però
le persone non più giovani hanno la possibilità di uscire,
di svagarsi, di avere contatti esterni per i più svariati
motivi primo fra tutti la condizione fisica non ottimale. E allora l’anziano si sente e si vede isolato, comincia
ad avvertire la solitudine a cui si può sopperire solo una
“rete” di servizi sociali messi a sua disposizione in particolare per le persone affette da malattia invalidante che
determina la non autosufficienza.
Un’Amministrazione Pubblica come il Comune dovrebbe
innanzitutto istituire un servizio informale teso sia a risolvere problemi di organizzazione e gestione del lavoro
di assistenza, sia a dare un supporto all’anziano, sia a collaborare con la famiglia per evitare che le relazioni tra i
propri membri si deteriorino, come molto spesso accade,
in presenza di una persona anziana non autosufficiente
che avrebbe bisogno di una assistenza domiciliare, se non
continua, quantomeno accurata.
Anche l’istituzione di un centro sociale in cui siano impegnate persone qualificate, anche animate da “spirito
volontario”, a cui siano affidati compiti particolari di assistenza, come ad esempio:
- Aiuto nell’affrontare impegni ed incombenze della vita
quotidiana;
- Accompagnamento presso ambulatori e/o laboratori per
le proprie necessità medico-sanitarie;
- Telefonia sociale allo scopo di tenere un minimo di
compagnia a persone sole;
- Aiuto nell’espletamento di pratiche particolari presso
uffici pubblici;
- Assistenza domiciliare durante i periodi di afa che molto spesso provoca disagi e malori fino al decesso e tanti,
ma tanti altri compiti che possono rendersi necessari nel
corso dello svolgimento della vita quotidiana anche con
l’affidamento di tali compiti a organismi cooperativistici
o a qualche ONLUS operante sul territorio: sarebbe come
istituire un servizio di “118 SOCIALE”.
Avere una età avanzata non è una malattia, ma può diventare tale se una persona anziana è costretta a vivere
in isolamento durante il quale “qualunque imprevisto può
diventare drammatico perché la solitudine può uccidere
più delle grandi malattie” (dall’opuscolo della Comunità
di Sant’Egidio).
Febbraio 2009
La crisi economica
di Franco Liberale
Le feste di fine anno 2008 sono finite; passate oserei dire
in un baleno. La crisi economica esiste, ma non per tutti.
Per cibo, feste, fuochi pirotecnici, per vacanze la gente
ha speso più degli altri anni, in cui non si parlava di crisi. C’è un rallentamento della corsa economica, del guadagno rapido, questo è vero. Negli anni scorsi abbiamo
assistito a questa corsa fantomatica, senza freno. Ora c’è
un freno, non si poteva correre sempre all’impazzata. Ora,
che si sente la crisi, si pensa, si riflette; questo, penso, sia
un bene per l’Umanità, perché quando corri non senti, ne
ascolti alcunché e nessuno; quando ti fermi senti il pulsare
del tuo Cuore e della tua mente. Non si può sempre correre
senza pensare, ascoltare. L’uomo si riduce ad una macchina
e perde la sua umanità, non si confronta più con le persone da persona, ma diventa un robot e l’unico suo scopo
è correre, andare avanti, produrre, distruggere, prendere
dall’Universo quanto più può. Le crisi fanno riflettere, ci
fanno guardare intorno. In questo modo soltanto ci possiamo accorgere che non tutti hanno percorso la stessa strada, molti sono rimasti indietro. Solo adesso ci accorgiamo
della nostra fragilità e ci appropriamo della nostra umanità. Ora possiamo dire con certezza che domani è un altro
giorno per tutti.
Riflessioni
Febbraio 2009
L a Te m a t i c a P a s t o r a l e d e l M e s e
Giornata della vita consacrata
di Mariateresa Vitelli
“Che sarebbe del mondo se non vi fossero i religiosi?” (S. Teresa d’Avila)
Fra le molte feste e ricorrenze della Chiesa
Cattolica, presenti nel calendario liturgico del
mese di febbraio, ve ne è una che ricorre proprio all’inizio (02/02) e che ricorda la “Presentazione di Gesù al Tempio”, anche conosciuta, nel linguaggio popolare, come “festa della
Candelora” perché in questo giorno si benedicono le candele, simbolo di Cristo, “luce per
illuminare le genti” secondo la definizione del
vecchio Simeone durante la presentazione al
Tempio di Gerusalemme.
Nello stesso giorno, per motivi non casuali, da tredici anni viene celebrata anche la
“Giornata mondiale della vita Consacrata”.
Attraverso le parole che Giovanni Paolo II
scriveva nel 1997, cerchiamo di capire i motivi che hanno portato alla decisione di dedicare
una giornata alla vita consacrata e proprio in
questo giorno: “…la missione della vita consacrata nel presente e nel futuro della Chiesa
non riguarda solo coloro che hanno ricevuto
questo speciale carisma, ma tutta la comunità
cristiana”, perciò la “Giornata della vita consacrata” nasce per realizzare vari scopi: “…rendere grazie al Signore, che con questo dono
singolare dello Spirito continua ad animare e
sostenere la Chiesa nel suo impegnativo cammino nel mondo; promuovere la conoscenza e
la stima per la vita consacrata da parte dell’intero popolo di Dio, poiché essa è ciò che più
fedelmente imita e rappresenta nella Chiesa la
forma di vita che Gesù ha abbracciato e proposto ai suoi discepoli; in terzo luogo questa
giornata riguarda direttamente le persone consacrate, invitate a celebrare le meraviglie che
il Signore ha operato in loro.”
In quanto alla scelta del giorno in cui ce-
3 Rinascita
lebrarla, è ancora Giovanni Paolo II a darcene spiegazione: “la Giornata della vita
consacrata sarà celebrata nella festa in cui
si fa memoria della presentazione che Maria
e Giuseppe fecero di Gesù al tempio per offrirlo al Signore”; questo gesto imposto dalla
legge mosaica, assume infatti valore simbolico: “…la Presentazione al tempio diventa
immagine della totale donazione della propria vita alla Chiesa e la Vergine, che porta
al Tempio il Figlio per offrirlo al Padre, è immagine della Chiesa che offre i propri figli/
figlie a Dio, associandoli all’unica oblazione
di Cristo”. E come allora i genitori di Cristo
obbedirono alla legge mosaica, così oggi ogni
consacrato obbedisce alla legge dell’Amore,
“…che irrompe nella propria vita e lo porta
ad appartenere completamente al Signore,
a lasciarsi coinvolgere in un rapporto interpersonale tanto appassionato da non vedere
altro se non il Cristo crocifisso. Questo amore appassionato di Gesù suscita una risposta
totalizzante da parte del consacrato nella
reciprocità amicale e sponsale. E’ proprio
in questa luce che si devono comprendere i
voti religiosi.” (Messaggio per la 13 giornata
della vita consacrata)
Voi chi credete che io sia?
<< E voi chi dite che Io sia?>>,
è con questa domanda che tutta
l’Azione Cattolica ha iniziato
l’anno pastorale in corso. E’ la
domanda con cui Gesù inizia uno
dei suoi dialoghi più impegnativi
con i discepoli. E’ la domanda che
i giovanissimi portano nel cuore
desiderando di essere ascoltati,
riconosciuti e trattati dagli altri
per ciò che sono o che ritengono
di essere veramente. Anche Gesù
necessita di essere conosciuto
per chi davvero è, affinché possa
incontrare in modo autentico
ogni uomo, in modo che vada
oltre ai preconcetti, all’apparenza
e al “sentito dire”. E’ nata, quindi,
l’esigenza nell’ambito del gruppo
giovanissimi, della nostra parrocchia, di chiedere a vari membri
della comunità: << Chi è per te
Gesù?>>, ed abbiamo deciso di
condividere con voi tutti, alcune
delle risposte riportate nel disegno qui a fianco.
Le risposte date dagli intervistati
provenivano dal cuore, e hanno
indotto i giovanissimi a pensare
che ognuno conosce un aspetto
diverso di Gesù, uomo e figlio di
Dio. Gesù è amico, confidente, padre, madre, è parte di noi, vive nei
nostri cuori, dobbiamo imparare
ad ascoltarLo e solo così potremmo conoscere il vero significato
del suo essere per noi.
Gruppo Giovanissimi
4 Rinascita
La solitudine del voto
di Doriana Pianese
Osservando il registro di un insegnante ho notato che
accanto al nome di ogni alunno c’è una riga con dei riquadri dove vengono inseriti i voti delle interrogazioni e dei
compiti in classe che il ragazzo ha svolto durante l’anno
scolastico. Basta già questo particolare per indurre a pensare che la scuola si interessa solo delle attività del singolo
individuo e non tanto di ciò che egli è capace di fare insieme agli altri. E in effetti è così! Anche quando gli allievi organizzano lavori di gruppo, ciò che sarà valutato è
esclusivamente il prodotto finale e non la loro capacità di
collaborare con gli altri. Così ognuno si preoccuperà solo
di svolgere al meglio il proprio compito, senza interessarsi
degli ostacoli che gli altri componenti del gruppo possono
incontrare nell’eseguire i propri incarichi.
Questo comportamento può far crescere l’idea che ognuno si può ritrovare solo quando deve affrontare le difficoltà, e che deve contare solo su se stesso e sulle proprie
capacità per costruire un qualcosa o per risolvere i propri
problemi. E’da qui che si compie il primo passo verso la
solitudine. Dato che, già a scuola, non si dà importanza al
collaborare in gruppo, successivamente si pensa che ciò
che si può fare da soli sia più importante di quello che si
può raggiungere con gli altri e si inizia così ad isolarsi, a
credere che non si ha bisogno degli altri. Ma ciò non è
affatto vero! L’uomo, come diceva Aristotele, è per natura
un “animale sociale” e non può fare a meno di vivere
insieme agli altri. La scuola, oltre che trasmettere cultura,
ha il compito di formare i ragazzi nel rapporto, nella condivisione e nella cooperazione con l’altro. Partire proprio
dal modo di valutare gli alunni non sarebbe errato. Ogni
voto rappresenta la capacità di ciascuno di saper fare una
cosa, ma una cosa che è sempre e solo in relazione a se
stessi.
Al voto singolo, si dovrebbe sostituire un voto collettivo
che misuri le prestazioni di ciascuno riguardo il proprio
modo di interagire e cooperare con gli altri.
Sociale
Febbraio 2009
continua dalla prima pagina
L’Annegato
di Francesco Aliperti Bigliardo
In paese non si parlava di altro, anche perche’, da quelle parti, mai era
successo nulla di così importante.
La gente in paese non moriva per cause tanto insolite, il massimo che
potesse capitare, era di perdersi nel bosco ed essere assalito, come dire,
da un lupo. Questo, non era mai accaduto ad uomini con la cravatta,
però.
Nel giro di poche ore il paese si riempi’ di stranieri operosi, abbigliati
nelle maniere piu’ inconsuete. Un esercito di simpatici soldatini smaniosi
di far luce su quell’affascinante mistero. Furono condotte delle indagini
accurate e scrupolose. Fu accertato che la vittima, si chiamava John e
che, sicuramente, proveniva da un paese freddo e poco assolato...forse
l’Inghilterra.
Non fu però altrettanto facile stabilire come e soprattutto perche’ un
così bel signore, per giunta Inglese, fosse finito lì, a tanti chilometri di
distanza dal suo luogo di nascita. Qualcuno, forse per rendere pubblica la
sua smisurata passione per gli studi di tipo geologico, argomento’ che, una
risposta in tal senso, non poteva essere fornita neppure per taluni minerali rarissimi I quali, pur avendo le loro origini in territori aridi e ad alto
contenuto granitico, venivano poi ritrovati sul fondo di oceani poggiati
all’altro capo del mondo.
Il macellaio fu più volte ascoltato dalla polizia che, in mancanza di
altri elementi, aveva concentrato proprio su quell’uomo pacifico i suoi
sospetti.
“Andiamo ispettore, io non passo le mie giornate ad ammazzare sconosciuti e poi, se proprio volessi farlo, userei l’accetta!” Si trattava di una
ingenua battuta, naturalmente. Gli investigatori la interpretarono senza
indugi in modo che, il suo ruolo di primo imputato in quell’indagine, ne
uscisse notevolmente fortificato. Fu la sorte a correre in aiuto del maldestro macellaio. Il criminologo della squadra degli investigatori prese le sue
difese, sostenendo che quelli ammazzati, hanno sempre il culo rivolto in
direzione del cielo.
“Si tratta di suicidio, siamo venuti fin quassù per niente!”
Le indagini potevano dirsi concluse e lo stuolo di esperti, telecamere,
microfoni, “Jeans” e “T-Shirts” se ne andò via cosi’ come era venuto,
lasciando il paese alle sue chiacchiere ed alla sua tranquillita’.
I funerali non ebbero luogo. Infatti, nonostante tutti gli sforzi ed i tentativi operati dalla polizia prima e dalla gente del posto poi, non fu possibile strappare il corpo dell’annegato, alla tenace opposizione del ramo che
era divenuto tutt’uno con la sua struttura.
La cosa non turbo’ piu’ di tanto il parroco, il quale dal canto suo,
aveva piu’ volte mostrato la sua reticenza alla celebrazione del rito, dato
che John aveva origini anglosassoni e pertanto doveva appartenere ad una
dottrina religiosa di dubbio valore morale, totalmente estranea ai buoni
insegnamenti cristiani.
Cosi’ l’annegato se ne stette li’, senza che nulla potesse alterare la sua
legittima volonta’; confortato dalla rinnovata struttura in legno che la natura gli aveva affidato. Intanto, i resti del suo corpo inzuppati dall’acqua
ed in avanzato stato di decomposizione, si sfaldavano divenendo prelibato
alimento per le trote del fiume.
Il macellaio torno’ piu’ volte sulla sponda del fiume, convinto come era
che chiunque egli fosse e che da qualsiasi parte provenisse, doveva trattarsi
di un uomo solo.
“Beh...ti sei perso da quasi un anno e ancora nessuno e’ venuto a
cercarti...non temere vecchio John, ora ci sono io...ci terremo compagnia a vicenda, in fondo se salgo fin quassu’, lo faccio perche’ conosco la
tua amarezza e la solitudine dei tuoi giorni...ti avessi conosciuto prima,
saremmo un po’ piu’ vivi, entrambi.”
Continuo’ a fargli discorsi del genere anche quando del bell’annegato,
resto’ solo un ramo storto e sbilenco. Cosi’ fino al giorno in cui, anche
lui, se ne ando’ a spasso sulla superficie di quell’acqua, trascinato dalla
corrente millenaria, alla paziente ricerca di qualcuno, o di qualcosa…di
un ramo bisognoso di refrigerio cui legare la propria esistenza, forse.
Nel petto, per sempre, la consapevolezza che, chi e’ solo al mondo,
ha a disposizione tutto il tempo che gli occorre per presentarsi alla morte,
elegante e con bei calzini bordeaux di puro filo scozzese.
Febbraio 2009
Sociale
5 Rinascita
2° Appuntamento
4 febbraio ore 19,30
Il non umano............
pensare come pensa la natura!
di Lucia Pina Giraldi e Daniela Rossetti
Come cristiani siamo invitati a rivedere i nostri comportamenti,
affinché siano ispirati a sobrietà, a giustizia, a solidarietà.
Ognuno di noi deve considerare la propria relazione con l’ambiente, significativa per la sua fede: una relazione che è stupore e
meraviglia per il creato, che diventa difesa e sviluppo delle realtà
create.
Il principio a cui ispirare il nostro agire viene così formulato: «è
giusto ciò che tende a mantenere l'integrità, la stabilità e la bellezza della comunità bioetica».
Tale prospettiva eco-centrica muove dalla consapevolezza della
nostra appartenenza a una comunità più ampia di quella sociale,
a un oikos, una casa comune, i cui abitanti includono il suolo, le
acque, le piante e gli animali: la terra intera che forma, in termini
ecologici, un sistema di parti interdipendenti.
L'etica della terra, cioè, vuole definire un giusto rapporto uomo natura, non perché è in atto una crisi ambientale, bensì perché la
natura - a prescindere da questa crisi - è provvista come l'uomo di
un valore morale intrinseco (Almanacco di un mondo semplice
di Aldo Leopold)
E' evidente, però, che l'ecologia propone delle istanze che sono
essenzialmente descrittive, mentre l'etica che Leopold ha in mente, così come tutte le etiche, deve essere provvista di istanze normative.
L’epoca geologica nella quale viviamo si chiama appunto antropocene: l’era dell’uomo, lo firma Paul Crutzen, che nel 1995 ha
vinto il Nobel per la chimica per le sue ricerche sull'ozono.
Si chiama Antropocene ed è la prima era geologica in cui una sola
specie governa l’evoluzione e modifica in modo radicale il ciclo
dell’acqua come quello del carbonio, la concentrazione dell’ozono
come quella del piombo. La specie in questione è l’uomo. E se parliamo di uomo bisogna affrontare implicazioni geopolitiche, concetti quali etica e morale, disparità tra ricchezza ed eccesso di consumi ed effetti devastanti che possono portare all’impoverimento
del nostro pianeta in modo irreversibile. Progresso o regresso? Le
politiche ambientali vanno governate con un’attenta conoscenza
dei problemi (e coscienza?).
Le città sono organismi che producono metaboliti, consumano risorse e rimandano indietro rifiuti. Lo sfruttamento della Terra dà
la misura dell’Antropocene. Una è quella dei rifiuti».
Produrre e gettare rifiuti è diventato così "normale" nel nostro
quotidiano agire che spesso viene considerato un fatto “naturale”, mentre si tratta di comportamenti legati all’industrializzazione
avanzata e al consumismo; infatti la natura non butta via niente
ed i residui degli animali e dei vegetali sono "naturalmente" trasformati e riciclati.
In natura non esistono i rifiuti, li abbiamo inventati noi, e il loro
smaltimento è diventato un problema di straordinaria rilevanza,
oltre che di sopravvivenza, in quanto spesso sono anche difficili da
trasformare e recuperare, sono cioè incompatibili con l'ambiente. Per questo è necessario affrontare con uno spirito diverso, più
attento e responsabile, la gestione dei rifiuti urbani, applicando
tutti i giorni, nel modo di vivere, di produrre e consumare, quelle
sacrosante regole che la natura stessa ci suggerisce: da una parte
produrre meno rifiuti possibile e dall’altra recuperare, riutilizzare
e rigenerare.
Proprio in questa ottica un'efficace gestione integrata dei rifiuti si
basa, in primo luogo, su una corretta differenziazione degli stessi.
La raccolta differenziata permette infatti di avviare i diversi materiali alle filiere di riciclaggio e garantisce un trattamento adeguato
ai rifiuti pericolosi per la salute e per l' ambiente.
Affinché la raccolta differenziata avvenga in modo efficiente è
però necessaria la collaborazione dei singoli cittadini ed è importante quindi, dopo una capillare campagna di informazione, valutare se il cittadino abbia recepito appieno le norme dettate per
una corretta differenziazione dei rifiuti.
È giunta l'ora del Piano B…………………IL RICICLO
6 Rinascita
Rubriche
Febbraio 2009
10 buoni motivi per leggere o non leggere
di Carmine Egizio
Cent’anni
di solitudine
di Gabriel Garcia Marquez - Ed. Feltrinelli - 1968
10 motivi per leggerlo:
1 - Se vi piace leggere romanzi che parlano di amore, passione, guerra, sogni,
storia, avventura, magia, credenze popolari, ossesioni, morte, ma più di tutto
di vita. E con vita intendo qualcosa di assolutamente vivo, che senza chiedere permesso al lettore, abbandona la pagina e si materializza nell’ambiente
circostante.
2 - Se scegliete un libro dal titolo. Senza dubbio tra i più belli della letteratura
di tutti i tempi. In esso c’è il destino degli uomini che popolano il romanzo.
3 - Per chi vuole intraprendere un viaggio all’alba del mondo, in un villaggio
sperduto del Caribe chiamato Macondo, ed assistere alla sua storia totale,
dalla sua costruzione alla sua distruzione attraverso le vicende della famiglia
Buendìa. Un consiglio a tutti i viaggiatori. Smettete i panni dei turisti e dimenticate le vostre cose europee: calatevi in queste atmosfere magiche che solo
la letteratura sudamericana sa regalare.
4 - Per tutti quelli che amano le saghe familiari. Qui troveranno pane per i
loro denti. Ma attenzione: vi consiglio di prendere penna e carta e costruirvi
man mano l’albero genealogico dei Buendìa, altrimenti finirete per perdervi
nei Josè Arcadio e negli Aureliano che si ripetono per sei generazioni.
5 - A tutti gli uomini che inseguono sogni, magia e belle donne con le gambe...
ben piantate per terra.
6 - Per chi cerca nuovi archetipi femminili: la grande Ursula Iguaràn entrerà di
diritto nel vostra collezione privata. Lei non è solo la matriarca. Lei è il mito,
la forza evocativa di un ricordo. E’ quella che tiene il mondo affinchè non
vada a rotoli. Leì è quella capace di accogliere tutti nella sua casa, che siano
amici o antichi nemici... E senza dimenticare le altre protagoniste dai nomi
ammalianti: Remedios la Bella, Santa Sofia de la Piedad...
7 - A tutti quelli che non diffidano degli zingari. Qui si imbattano nella figura
di Melquìades, uno zingaro che si esprime in sanscrito e che sfiora il divino. E’
lui che “annuncia” le novità del mondo seducendo gli abitanti di Macondo.
8 - Se volete far parte di un esercito che conta svariati milioni di lettori (forse
addirittuta 100.000.000).
9 - Se siete capaci di sguinzagliare la vostra irrazionalità.
10 - A tutti coloro che apprezzano la “roba” buona. Questa è la migliore mai
uscita dalla Colombia.
10 motivi per non leggerlo:
1 - Se per voi è inconcepibile tuffarvi in una realtà dove le novità tecnologiche sono rappresentate soltanto da ghiaccio, calamiti e cannocchiali.
2 - Se il titolo non vi evoca altro che tristezza e a voi piace soprattutto ridere
con le battute dei film panettone.
3 - Se per voi Sud America vuol dire soltante spiagge esotiche e ci tenete
tanto ad essere turisti alla perenne ricerca del conforto degli spaghetti.
4 - Se non riuscite a tenere la concentrazione nella lettura questo è il libro in
assoluto da evitare.Al minimo intoppo confondereste un Aureliano per un
altro, perdendovi il senso totale del romanzo.
5 - Se diffidate delle capacità di una donna nel gestire situazioni importanti
e delicate.
6 - Se non avete bisogno di indimenticabili archetipi femminili, ma soltanto
di tette rifatte.
7 - Se diffidate delle novità, del diverso e vivete attaccati alle vostre piccole
e misere certezze.
8 - Se siete impazienti. Andate su Wikipedia, scaricate l’albero genealogico dei Buendìa e vedete se riuscite a sostenere tutti quei
personaggi.
9 - Se siete privi di immaginazione.
10 - Se pensate che la Colombia sia solo narcotraffico.
Cara Redazione,
leggevo il numero di Natale del vostro mensile e dopo aver gettato
uno sguardo affezionato a tutti gli articoli che lo componevano, mi
sono catapultato con il solito entusiasmo sulla rubrica di C.Egizio;
grafico acrobatico, nonché articolista specialista in travestimenti e
trasformismi. La sua capacità di vestire i panni altrui, da sempre
mi mette addosso quella voglia di leggere che credevo per sempre
estinta ed al contempo mi fa vedere meglio ciò che, un istante
prima, mi appariva distante, appannato, scontornato. La storia
che il “Carmine bambino” ci ha presentato in quella occasione,
oltre ad essere come sempre poetica e profetica (una profezia
quanto mai prossima a realizzarsi) conteneva un elemento di
speranza nuovo, che vorrei non andasse disperso. Vorrei infatti
che fosse chiaro, da subito, che non ci troviamo al cospetto di una
storia tragica. (chi si è abbandonato alle lacrime ed allo sconforto,
ne ha profondamente travisato il senso) Quella famiglia infatti,
non mi ha messo tristezza, né ha suscitato la mia inutile compassione. Ho provato anzi invidia per il Natale autentico di quella
famiglia. Ho ammirato la capacità del “giovane” Carmine, di
fare fronte comune con i suoi genitori contro le avversità e, per
dirla con le parole dell’informazione ufficiale:“di reagire alla crisi
dei mercati”. In quella famiglia ho riscoperto di fatto l’uomo e la
sua dignità. I valori ed i sentimenti che reggono quella comunità,
mi hanno restituito fiducia nel futuro e nuova speranza! Speranza
per l’intera umanità, speranza viva, non avvelenata dai fatui e pilotati piagnistei di inizio millennio, cui da mesi devo assistere ogni
giorno, ad ogni singolo notiziario “d’avanguardia”, che mi passa
sotto il naso. Autonomia, solidarietà, empatia ritrovano in quel
racconto, la cittadinanza che troppo spesso ho visto negare, da
chi è sempre più affascinato e devoto ad altri e assai più discutibili
principi. Quella famiglia ha ripreso a camminare insieme, mano
nella mano. Ci si ritrova tutti stretti intorno allo stesso tavolo.
I problemi ci sono e non sono certo di poco conto, ma nessuno
sembra particolarmente depresso, arrabbiato o peggio, privo di
speranze per l’imminente futuro. Si risponde anzi con adeguata
fierezza e compostezza alle cattive notizie che il mondo recapita
in corrispondenza del Natale. Si può dunque scommettere con
spavalderia sul fatto che i personaggi della vicenda attenderanno
insieme che “passi la nottata” e che, insieme andranno incontro
alla primavera in attesa, all’uscita del tunnel dell’inverno.
…e noi? Cosa faremo noi il giorno in cui ci toccherà fornire le
nostre risposte? Imprecheremo contro “il governo ladro”, contro
la Provvidenza maligna? Ci ammutineremo mentre la barca va
a fondo o saremo in grado di divenire “ginestra” leopardiana,
comunità in cammino, parrocchia, equipaggio solidale a difesa
dell’imbarcazione nel mezzo della bufera? Vi invito a fornire le
vostre risposte, intanto che formulo i miei più cordiali saluti ed
inoltro i miei ringraziamenti per la compagnia e la pazienza esibita
nell’occasione.
Un lettore qualunque(?)
P.S. Dei ladri hanno di recente tentato di svaligiarmi casa…perché il signor Egizio, con uno dei suoi funambolici travestimenti,
non cerca di entrare nella testa di quei signori per farmi capire
cosa oltre al presunto bottino, motivava il loro gesto?
Rubriche
Febbraio 2009
Note su Note
7 Rinascita
di Francesco Panetta
La solitudine, sentimento che esprime
una sensazione di isolamento che un
uomo nel corso della propria vita affronta, causato da varie motivazioni la
solitudine cela in essa diversi stati d’animo. Ed è proprio di lei la Solitudine che
questo mese tratteremo, una tematica
che anche nella musica è riuscita a trovare tanti artisti che in lei hanno trovato l’ispirazione per dare vita a numerosi
brani. A tal punto ho scelto di dar spazio
a un brano in particolare quello di Giorgio Gaber dal titolo “La solitudine”
La solitudine
di Giorgio Gaber
La solitudine non è mica una follia
io la comune!... Cannibali... Credimi, da
è indispensabile per star bene in compagnia. soli si sta bene... In due? È già un esercito.
La solitudine non è mica una follia
Uno c'ha tante idee
è indispensabile per star bene in compagnia.
ma di modi di stare insieme
ce n'è solo due
Uno fa quel che può
c'è chi vive in piccole comuni o in tribù
per poter conquistare gli altri
la famiglia e il rapporto di coppia
castrandosi un po'
c'è già nei capitoli precedenti,
c'è chi ama o fa sfoggio di bontà,
ormai non se ne può più.
ma non è lui
è il suo modo di farsi accettare di più
La solitudine non è mica una follia
anche a costo di scordarsi di sé
è indispensabile per star bene in compagnia. ma non basta mai.
Certo, vivendo insieme se chiedi aiuto
quando sei disperato e non sopporti
puoi appoggiarti.
Un po' di buona volontà
e riesco pure a farmi amare
ma perdo troppi pezzi e poi
son cazzi miei, non mi ritrovo più.
La solitudine non è mica una follia
è indispensabile
per star bene in compagnia.
Certo l'eremita è veramente saggio
lui se ne sbatte e resta in piedi
senza appoggio.
Ha tante buone qualità
[parlato] Vacca troia!... dove sono?...
ma è un animale poco sociale.
Eccoli lì che se li mangiano i miei pezzi...
Ti serve come esempio e poi
cannibali!... Troppa fame, credimi... gli dai son cazzi suoi, non lo rivedi più.
una mano ti mangiano il braccio... Ve la dò
S O T T O S T A N T E ...dove i nostri occhi non arrivano
di Carmine Egizio
Complimenti vescovo Williamson. Ha perso una buona
occasione per starsene zitto! In quanto a te lettore che
mi inviti a travestirmi da ladro, mi dispiace: almeno per
questa volta ti parlerò d’altro. Spero comunque di non
deluderti...
Quando ho letto che Sunny Von Bulow era morta, ho
avuto le vertigini. Agli inizi degli anni novanta andai
con la mia ragazza a vedere il film sulla sua triste vicenda. Ero giovane e da qualche anno mi ero affacciato
nel mondo del lavoro. Leggevo, scrivevo, cantavo, mi
arrabbiavo, ridevo, piangevo, ingrassavo, perdevo capelli, sposavo la ragazza che aveva visto con me il film,
cambiavo lavoro...Per dirla tutta con una sola parola:
vivevo. Sunny Von Bulow no. A causa forse di un’iniezione di insulina praticatole dal marito Claus, vegetava.
E’ rimasta in coma fino allo scorso dicembre: 30 anni
circa di stato vegetativo, poi è morta. 30 anni... 10.000
giorni...Svariati milioni di minuti........ Per una curiosa scelta degli sceneggiatori, “Il mistero Von Bulow” è
raccontato dalla protagonista nello stato di coma. Provo
a continuare quel racconto interrotto 18 anni fa...
Quante giornate di sole mi sono persa. E quanto
vento non ho visto gonfiare le vele della mia barca
al largo del Rhode Island. Dalla mia casa coglievo
l’alba nel palmo di una mano. Passavo in silenzio
per le camere dei ragazzi, coccolavo i loro sogni.
Che cosa tremenda non provare più sentimenti
di madre. Mi inebriavo per il profumo della terra
fecondata dalle prime gocce di pioggia. Che bello
scendere con l’ombrello nel parco e...respirare. Avevo dei vasi con della terra d’Olanda dove piantavo
ogni anno i miei amati tulipani; ogni tanto provavo
Le invasioni
barbariche
a piantarne qualcuno fuori dai vasi direttamente in
giardino, ma difficilmente sono nati dei fiori.
Dove sono finiti i pomeriggi da dedicare alla lettura
e scoprire in ritardo una prima interessante. Brindo
a tutte le notizie che non ho letto. Io stessa sono
stata una notizia che ha descritto la sua parabola.
Ci sono stati giorni da prima pagina, come quelli
del rovesciamento della sentenza a favore di Claus.
Che genio l’avvocato Dershowitz. Poi lentamente
il sipario si è chiuso sulla mia storia, un silenzio assoluto in cui ho fluttuato per tutti questi anni. Qualcuno poi all’improvviso avrà letto della mia morte e
si sarà chiesto: ma come era ancora viva Sunny Von
Bulow? Ha ragione a porsi questa domanda. In verita la morte mi ha trovato senza vita. Sa, ho sempre
pensato che c’è una differenza tra cessare di vivere
e morire. E solo chi ha provato questa esperienza
può confermarlo. Un corpo atrofizzato inchiodato
in un letto per tre lunghi decenni non ha niente a
che vedere con la vita. Rumori cadenzati ed ovattati dentro un respiratore non sono segnali di vita
ma un contabilizzare continuamente una partita in
perdita.
Ho saputo di Isabel Allende; ha chiamato il reparto di rianimazione “il corridoio dei passi perduti”.
Cara Isabel, mi sarebbe piaciuto essere tua figlia: hai
detto addio al corpo della tua Paula ed hai dato il
benvenuto al suo ricordo. Ma in quale momento
io sono diventata un ricordo, nel 1978 o nel 2008?
Troppo presto i miei figli hanno smesso di sperare.
Mio marito ha avuto il divorzio senza che me ne
rendessi conto. La cosa che mi è dispiaciuta di più è
essere considerata ad intervalli regolari un campo di
battaglia per orde di barbari che hanno saccheggiato la mia proprietà più privata: la mia morte. Ho subito tante invasioni barbariche perpetrate da chi ha
sete di affermare principi supremi in nome di questo
e quello, senza mai porsi il problema se quel questo
o quel quello abbiamo mai riscosso apprezzamenti
dalla mia persona. Non mi sono battuta per il mio
diritto alla vita, sono stata abbattuta dal dovere di
non morire che mi è stato imposto.
A proposito di “invasioni barbariche”, è bellissimo
quel film. Ho passato questi ultimi anni ad invidiare
Rèmy, il suo protagonista malato terminale. La sua
morte mi è sembrata una party ben organizzato. Ha
radunato intorno al suo letto amici, ex amanti ed
ex mogli e tra una citazione colta ed un calice di
vino, ha permesso ad un infermiera di spegnergli lo
sguardo intento a mirare per l’ultima volta le acque
immobili del lago. Purtroppo non capita a tutti una
fine così. Le diverse latitudini spesso ci riservano
strani destini e l’universalità dell’uomo non sempre
è riconosciuta. C’è chi va all’estero per turismo, chi
per lavoro, chi per una speranza di vita, chi per conquistarsi la morte. Fino all’ultimo non hanno mai
attecchito i bulbi fuori dalla terra d’Olanda. Provateci voi, se poi ci incontriamo potrete raccontarmi
la vostra esperienza.
8 Rinascita
Attività pastorali, iniziative e servizi
Febbraio 2009
AVVISI di FEBBRAIO
Orario SS. Messe:
Feriale: ore 18,30
Festivo: ore 8,00 (Cappella delle Suore) / ore 10,00 / ore 12,00
CENTRO RACCOLTA PLASTICA
Raccogliamo presso la nostra parrocchia: bottiglie,
flaconi per detergenza e per igiene personale, vasetti,
vaschette il tutto rigorosamente in plastica
- Lunedì 2 Presentazione del Signore (Candelora).
Ore 18,30: Celebrazione Eucaristica
- Martedì 3 San Biagio.
Ore 18,30 Celebrazione Eucaristica (Benedizione della gola)
- Mercoledì 4 Progetto “A testa in giù” – Il rifiuto: questo sconosciuto
Ore 19,30 Dibattito pubblico
- Giovedì 5 Giornata Eucaristica
Ore 7,30: Celebrazione Eucaristica. Segue Adorazione Eucaristica
Ore 19,00: Vespro Solenne
- Venerdì 6 1° del mese
Ore 18,30 Celebrazione Eucaristica
Ore 20,00 Incontro gruppo giovani
- Venerdì 13 ore 20,00 Incontro gruppo giovani
- Mercoledì 25 ore 18,30: Celebrazione Eucaristica con rito di imposizione delle Sacre Ceneri. Si raccomanda il digiuno e l’astinenza dalle carni
- Giovedì 26 ore 19,30: Incontro dei fidanzati con il Vescovo c/o la Parrocchia di Santa
Croce in Santa Maria del Pozzo in Somma Vesuviana
- Venerdì 27: Via Crucis. Si raccomanda l’astinenza dalle carni
Compendio al Catechismo della Chiesa Cattolica
Art. 33
Che cosa sono i Simboli della fede?
Sono formule articolate, chiamate anche «Professioni di fede» o «Credo», con cui la Chiesa, fin dalle
sue origini, ha espresso sinteticamente e trasmesso la propria fede con un linguaggio normativa, comune
a tutti i fedeli.
Art. 34
Quali sono i più antichi Simboli della fede?
Sono i Simboli battesimali. Poiché il Battesimo viene dato «nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito
Santo» (Mt 28,19), le verità di fede ivi professate sono articolate in riferimento alle tre Persone della
Santissima Trinità.
Mensile della comunità
cristiana di Pontecitra
Parrocchia del Sacro Cuore
Anno 9 N. 6 Febbraio 2009
Direttore Responsabile:
Don Pasquale Giannino
La Redazione:
Francesco Aliperti Bigliardo,
Pierpaolo Ariola, Carmine Egizio,
Lucia Pina Giraldi, Francesco Panetta,
Stefano Perrone, Doriana Pianese,
Carmela Provvisiero, Daniela Rossetti,
Mariateresa Vitelli.
Grafica: Carmine Egizio
[email protected]
www.chiesadipontecitra.it
APOSTOLATO
DELLA PREGHIERA
Intenzioni affidate all’ADP dal Papa:
• Perché i Pastori della Chiesa
siano sempre docili all’azione
dello Spirito Santo nel loro insegnamento e nel loro servizio
al popolo di Dio.
• Perché la Chiesa in Africa trovi
vie e mezzi adeguati per promuovere in modo efficace la riconciliazione, la giustizia e la pace,
secondo le indicazioni della II
Assemblea Speciale per l’Africa
del Sinodo dei Vescovi.
e dall’Episcopato italiano:
• Tutti gli uomini possano sentirsi
figli di un unico Padre, affinché
sia rimosso ogni ostacolo sulla
via che porta alla fraternità e
alla pace tra i popoli.
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Febbraio - Chiesa di pontecitra