Comune di Bagno di Romagna
Assessorato alla Cultura
DAL FERRO
ALL’ARTE
Sculture di
Roberto Giordani
Giovanni Martini
BAGNO D’ARTE 2013
Atti di forza e passione “resistente” contro il declino della cultura
A parole son tutti d’accordo che neppure in un periodo di così grave crisi finanziaria come quella di oggi si possa considerare la cultura come la cenerentola dei servizi resi alla comunità. Poi però, alla prova dei bilanci, con le necessità
“primarie” che sono ovviamente da soddisfare, ecco che i ‘tagli’ più consistenti son proprio quelli riservati all’iniziativa pubblica in campo culturale. Soltanto da parte dei Comuni in un anno è stato tagliato l’11% delle risorse. In pochi anni le disponibilità per la cultura da parte degli enti locali sono diminuite di 400 milioni di euro: l’incidenza
della spesa per la cultura nei bilanci delle grandi amministrazioni, che nel 2008 sfiorava il 3%, è scesa nel 2012 al
2,6%. E nelle piccole città, ove le sofferenze in campo culturale sono maggiori a causa dell’assenza di sostegni e
sponsorizzazioni delle fondazioni bancarie e dei privati destinate quasi in blocco alle maggiori città d’arte ed alle
cosiddette grandi mostre, è crollata dal 5% al 3,6%.
Ma se i capitoli dei bilanci comunali destinati alla cultura versano in stato vegetativo, il confronto europeo sulla spesa statale riservata alla cultura pone il nostro Paese sulle retrovie delle nazioni ad economia avanzata: il budget del
nostro ministero è pari a quello della Francia che ogni anno stanzia 4 miliardi per il suo dicastero della cultura. La
nostra spesa in cultura per abitante è di 25,4 euro l’anno, la metà di quella della Grecia.
Rischiano così, ogni anno, d’essere limitate o addirittura abbandonate serie programmazioni, resi impossibili taluni
interventi a favore della conoscenza, della divulgazione, della promozione culturale, esperienze importanti come quelle avviate qui a Bagno di Romagna in questi anni, con le mostre d’arte, le valorizzazioni dei patrimoni storici e artistici, gli inviti ad un turismo più esplorativo accanto a quello della tradizione termale.
Con una forte spinta ‘dal basso’ e con tanta buona volontà di soggetti diversi fra loro, locali e non, pur con pochi mezzi finanziari siamo riusciti, sino ad ora, a rispettare un programma come quello di ‘Bagno d’Arte’ che in questi anni
si è guadagnato un bel blasone fra i cartelloni culturali della nostra regione. Come molte comunità più decentrate sono
state sorprendenti nel dare prova di vitalità e capacità d’azione davvero straordinarie rispetto ai mezzi a loro disposizione, anche noi abbiamo “resistito” cercando di promuovere occasioni di conoscenza e di crescita attraverso una
rete culturale che ha coinvolto enti, istituzioni pubbliche, scuole, associazioni, uomini e donne animati dall’obiettivo
comune di “fare” cultura per essere. Purtroppo, nella fase attuale, indubbiamente caratterizzata da una forte crisi
socio-economica ma soprattutto affetta da una crisi culturale abissale, credo che l’articolo 9 della Costituzione il
quale “promuove lo sviluppo della cultura (…) tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico” rischi di rimanere vieppiù un enunciato, soprattutto per piccole realtà come le nostre.
Ma nonostante questa amara consapevolezza, eccoci a rinnovare una splendida esperienza di questi anni, che coinvolge non solo il Palazzo del Capitano, ma anche il centro storico di Bagno. Come scrive Orlando Piraccini nel presentare la mostra odierna, il tema dell’inserimento della scultura contemporanea nel tessuto del nostro vivere quotidiano è un tema ancora irrisolto e proprio per questo molto stimolante. E infatti, siamo stati favorevolmente colpiti
dai motivi di fascino e suggestione che anche in passato qui a Bagno la scultura ha riservato nel suo diretto contatto
con il pubblico, e siamo dunque certi che questo ‘effetto’ saprà rinnovarsi anche nella presente stagione estiva.
La nostra riconoscenza va dunque a quanti si sono adoperati in vario modo per questa iniziativa, con un grazie particolare a Orlando Piraccini per la forza e la passione “resistente” nonostante le avverse condizioni e ai due ‘maestri
del ferro’, Roberto Giordani e Giovanni Martini, valenti e noti scultori attivi in ambito romagnolo, che con grande
disponibilità e direi perfino spirito di sacrificio si sono ‘prestati’ a vivere assieme a noi questa particolare esperienza
espositiva.
Monia Giovannetti
Assessore alla Cultura del Comune di Bagno di Romagna
Dal ferro all’arte: un transito non improbabile
E’ stato scritto (Enrico Crispolti, addirittura 1986) d’un destino certo per la scultura nel contesto urbano. In effetti, in
anni recenti abbiamo assistito a tantissimi inserimenti o innesti di opere d’arte in paesaggi naturali e centri storici, addirittura alla costituzione di veri e propri parchi di sculture all’aperto.
Dire qui, oggi, che il saldo di tanto attivismo è largamente negativo potrebbe sembrare del tutto fuori luogo. Ma le cose
stanno comunque così: che mancanza di progetto, casualità e tanta disinvoltura hanno fortemente condizionato una spinta propulsiva della scultura contemporanea che s’era manifestata già nel secondo dopoguerra, con la ferma volontà di
‘marcare’ con la propria presenza attiva i luoghi della vita comunitaria.
Ma quasi mai è stata soddisfatta la prospettiva operativa degli scultori, ai quali soprattutto interessava (ed ancora interessa, sembrerebbe di capire) misurarsi ed interagire con i piani regolatori e di recupero dei centri storici, con i piani
paesistici e di valorizzazione degli ambienti naturali. Così, quello delle sculture all’aperto è diventato più che altro un
fenomeno; una moda disinvolta e un modo buono adottati dalle pubbliche amministrazioni per nobilitare certi meschini interventi d’ abbellimento e d’arredo urbano.
Le dimostrazioni che in questi anni si sono succedute nel piccolo abitato storico di Bagno hanno certamente rafforzato la
convinzione in tutti, esperti d’arte, urbanisti e semplici cittadini, che per il rapporto arte-spazio è venuto il tempo di una
verifica, e che si deve avviare una nuova fase progettuale se si vuol evitare alla scultura contemporanea il destino di
tanta monumentalistica otto-novecentesca rimasta del tutto passiva rispetto alle collocazioni entro gli ambienti urbani.
Come un anno fa alle archeofigure plastiche di Luciano Navacchia, ora anche alle sintetiche forme di Roberto Giordani e
di Giovanni Martini (due maestri del ferro, fabbri per comune mestiere, artisti per naturali vocazioni) noi domandiamo
un segno forte, attivo, provocatorio: perché, in fondo, ogni volta che s’incontra un manufatto moderno a contatto con un
ambiente storicizzato “tutto” comincia da un colpo d’occhio e con un sobbalzo improvviso, con uno scatto emotivo.
E, qui a Bagno, il “tutto” porta alle nobili stanze del Palazzo del Capitano. Qui, con lo sguardo che penetra nel ferro, il visitatore può forse ancor meglio intendere genio e coraggio dei due scultori romagnoli: il loro comune mestiere d’origine
(mai peraltro dimenticato) nella distinzione degli stili e dei linguaggi espressivi. Giordani e Martini non appartengono
alla stessa generazione: più giovane il primo, con all’attivo una recente fortunata esposizione alla Galleria Comunale d’Arte
di Cesena, mentre Martini è da considerare scultore di lungo corso, con le prime apparizioni pubbliche che risalgono addirittura alla fine degli anni ’60. Entrambi hanno già all’attivo esperienze significative legate all’inserimento di opere monumentali in contesti pubblici, ed anche per questo godono di notorietà e di qualificati interessamenti a livello della critica.
Non minore attenzione meritano però anche le sculture di piccolo formato che vengono oggi riunite all’interno del
“PalaCapitano”: dell’uno e dell’altro artista sono le cose più preziose, gemme autentiche, visioni attraenti.
Di Martini ho avuto già modo di scrivere, ammirando in particolare certi grandi bacili, della capacità di saper rendere il
ferro senza peso, leggero come ceramica con i suoi formidabili effetti iridescenti. Oggi scopro in Giordani, invece, una ricerca d’astrazione che sa di nuovo; che si connette alla grande tradizione plastica novecentesca, e sembrerebbe trovare nella sfera del silenzio – come ha giustamente rilevato Anton Roca – la sua ragion d’essere.
Come dire, che dalla forgia all’arte, i transiti di Giovanni Martini e di Roberto Giordani non sono proprio improbabili.
Orlando Piraccini
P.s.: avrà notato il visitatore più attento che da qualche anno qui in Appennino, a Bagno di Romagna, dove da secoli la pietra si fa arte,
sulla scena espositiva è protagonista il metallo; prima il bronzo, poi il ferro con i suoi vari trattamenti. Questo è l’effetto si voleva: avvicinare fra loro pratiche artistiche diverse, “officine” dei nostri territori con i loro saper fare e le loro invenzioni, che vorremmo vedere sempre più presenti nel nostro vivere quotidiano.
ROBERTO GIORDANI
Cubismo, 2011
Binario ferroviario forgiato, 65x16x12 cm
Roberto Giordani nasce a Cesena nel 1967. Figlio di un artigiano
fabbro, ha modo di apprendere fin da bambino i primi rudimenti e le tecniche basilari di forgiatura dei metalli, dimostrando
spiccata inventiva e capacità nel disegno artistico. Nei primi anni
’80, dopo gli studi inizia a lavorare in vari cantieri siderurgici italiani facendo esperienza su grandi costruzioni metalliche. Negli
stessi anni frequenta corsi di formazione nel campo delle tecniche di restauro e costruzione di elementi in metallo nell’ edilizia
storica presso la scuola Bufalini di Citta di Castello e di disegno
e scultura presso l’Accademia delle Belle Arti di Firenze.
Il primo approccio con l’ambiente artistico coincide con la frequentazione di Alberto Burri, Enzo Pecorari e Franco Alessandrini.
Nel 1995 conosce lo scultore veneto Toni Benetton che gli trasmette la forza di cimentarsi con la macroscultura in ferro. E’ in
quegli anni che Giordani matura l’intenzione di fondere conoscenza tecnica artigiana con la pratica propriamente scultorea.
Dai primi anni ‘90 partecipa a varie mostre e concorsi , e svolge
attività didattica in seminari e nel proprio laboratorio, ottenendo ben presto apprezzamenti fra gli addetti ai lavori e successi a
livello europeo. Numerose sono le sue opere destinate all’aperto,
attualmente esposte in diverse città italiane e in altri paesi, Repubblica
Ceca, Stati Uniti, Spagna, Belgio, Svezia, Marocco. Tra i più recenti successi si segnala il premio all’importante manifestazione
internazionale di Stia. Non ultima, nel maggio 2012, la presenza dell’artista a San Francisco negli Stati Uniti, con la realizzazione
in loco di una sua opera scultorea.
Attualmente Roberto Giordani vive ed opera sulla collina romagnola nei pressi di Mercato Saraceno. Nel suo laboratorio ospita spesso studenti di varie nazionalità per stage formativi oltre
ad organizzare rappresentazioni pubbliche di arte fabbrile. E‘ recente l’inserimento in un gruppo di docenti presso la scuola formativa di Stia, ove tiene corsi su progettazione e scultura in metallo.
Batti, ma ascolta (1)
O dell’affrancamento di Roberto Giordani (2)
Incontro nuovamente Roberto Giordani dopo un breve intervallo di tempo e, come questo, anche lui non è più lo stesso.
Il nostro ultimo incontro risale a qualche mese fa. Era verso la fine del 2012 che lo trovai intento a imbastire un discorso implosivo, esplicitato nelle sculture plasmate dalla forgiatura nel materiale magmatico.
Sculture dalle forme implose, contenute entro il proprio contorno esterno. Margine da cui si dipanava, introflessa, tutta la ricchezza espressiva della superficie rastremata, spianata, vibrata, sulle possibili dilatazioni del ferro rovente. Da quell’intento
ne derivavano delle opere che apparivano quali ferite aperte, monolitiche, poste a sfida dello spazio extra sculptura.
A guidare con perizia la sua mano nello scandire il battito del martello, era la consapevolezza di essere portatore di un’antica pratica: il mestiere del fabbro, appunto.
Un battito che non gli ha impedito però, l’ascolto. Oltre alla sonorità sprigionanta dal ferro mentre vien battuto - una sorta
di mantra che crea le condizioni di silenzio interiore -, Roberto è stato in grado di intendere quella pulsione che è venuta
configurandosi, emergendo con fermezza e decisione, extra magnitudo alle forme plasmate.
È grazie alla capacità di prestare ascolto che Roberto è riuscito nell’intento di sommare al solo peso rituale del mestiere,
come motore del suo intento scultoreo, la visione dettata dal pensiero. Pensiero che già guardava oltre.
Ne consegue che il dialogo oppositivo, cui era costretta la straordinaria ricchezza dello spazio interiore delle sculture del
Giordani fino a questo punto, si libri definitivamente nello spazio circostante.
Ecco in cosa egli è diverso. Il nuovo corso, perché è di questo che si tratta, è ora costellato di passaggi arditi, di repentine
svolte logiche, di cambiamenti improvvisi, che non risulteranno facili ad intendersi se guardati dalla prospettiva ancorata
all’antico mestiere. Roberto si è librato in un volo pindarico che ha impresso al proprio lavoro un’ulteriore fonte di arricchimento. Vale a dire che, l’ascolto di quella pulsione interiore che è venuta configurandosi, ha permesso a Roberto di contestualizzare ex novo il proprio lavoro. Dotandolo ora di una struttura diversa e di una poetica scritta con caratteri altri da quelli dettati dall’antica pratica. Caratteri attinti direttamente alle fonti del contemporaneo. Paradigma di questo nuovo corso è
l’opera pubblica Cavalli di Frisia, costruita a partire dalla reiterazione di sezioni modulari che si sviluppano nello spazio.
Roberto è impegnato in un processo di affrancamento da se stesso, dalla sua formazione, dalla sua storia personale ma, diversamente da Dedalo - un altro volo non figurativo come quello pindarico e tanto meno mitico, ma reale -, le sue penne
sono saldamente tenute insieme da un legante più tenace della cera: la conoscenza e la padronanza del mestiere fabbrile.
Anziché una gabbia, il mestiere e, per inteso la tradizione, sono diventati la marza sui cui è stato possibile inserire un Nesto(3).
Se si tratterà di affrancamento o di innesto ad occhio (4) dipenderà dalla sua ulteriore capacità di sviluppare un proprio linguaggio.
La sfida odierna di Roberto Giordani con se stesso e con l’arte parte da questo gesto. D’ora in poi tutte le strade sono possibili. Come lo sono per coloro che hanno il coraggio di osare.
San Romano, luglio 2013
Anton Roca
1.
Batti, ma ascolta. Parole attribuite da Plutarco a Temistocle in una sua disputa con l’ammiraglio spartano Euribiade, allorché questi gli impediva di esprimere il proprio pensiero interrompendolo con il battito del proprio bastone sul pavimento. (Diz. Treccani)
2.
In botanica, l’emissione di radici dalla parte basale del nesto. Il nesto tende così a vivere indipendentemente dalla marza e la pianta si dice affrancata. (Diz.
Treccani)
3.
Titolo di una delle opere della recente produzione di Roberto Giordani. L’aspetto formale di quest’opera deriva da un innesto tra vecchio e nuovo. Infatti,
un nesto di acciaio dal colore vivace (nuovo) è stato impiantato su di una base (vecchio), sempre di acciaio, arrugginita dal tempo. Più di ogni altra opera, Nesto,
illustra perfettamente la volontà di cambiamento ed il momento di passaggio tra il Roberto Giordani fabbro ed il Roberto Giordani scultore.
4.
Tipo di innesto in cui una gemma viene inserita sotto alla corteccia, tramite un’incisione. Non si sviluppa quindi una nuova pianta, ma si trasforma quella
su cui è praticato l’innesto. (Diz. Treccani)
Torsion, 2009
Ferro forgiato, 44x10x10 cm
Il grande Lupo, 2011
T 100 forgiato, 42x21x14 cm
In Attesa, 2010
Ferro forgiato, 33x7x10 cm
Ombra, 2010
Ferro forgiato, 60x10x10 cm
Donna con bambino, 2011
HEA 120 forgiato, 102x29 cm
The spine, 2006-2007
Ferro forgiato, plastica, legno,
cotto e pietra, 450x220x130 cm
Mercato Saraceno
Anime gemelle, 2011
HEA, trave forgiata, 450x80x60 cm
Il Monaco, 2010
Ferro forgiato, 58x13x10 cm
L’Angelo, 2012
HEA 120 forgiato, 95x22x33 cm
GIOVANNI MARTINI
Sintesi, 2003
Ferro tagliato con fiamma ossidrica, alt. 65 cm
Giovanni Martini è nato a Bagnacavallo nel 1944. All’età di quindici anni inizia a lavorare il ferro, svolgendo l’attività di carpentiere. Alla fine degli anni ’60 frequenta il corso di pittura della scuola di Massa Lombarda diretta dal noto artista Umberto
Folli.
Da un incontro con Luigi Soldati trae spunti e suggerimenti per
affrontare una nuova dimensione artistica mettendo in pratica
la grande esperienza e la capacità tecnica nell’uso del ferro fin
li acquisite. Dal 1983, nella suggestiva cornice dell’officina-studio all’interno di un mulino cinquecentesco di Fusignano, Martini
unisce e incrocia il suo straordinario ‘saper fare’ come fabbro alla
qualità inventiva, dote tipica d’uno scultore di talento.
Sue opere monumentali sono collocate in diverse località romagnole.
Notevole anche l’attività espositiva con ‘personali’ e partecipazioni ad importanti rassegne di arte plastica in ambito nazionale.
Tra i più significativi riconoscimenti vanno citati i premi ottenuti alla Biennale d’Arte Febbrile Europea di Stia. Sue opere si
trovano in musei e raccolte pubbliche e collezioni private sia in
Italia che all’estero, Stati Uniti, Venezuela, Nigeria.
Della sua opera hanno scritto, fra gli altri, Giovanni Manzoni,
Gerardo Filiberto Dasi, Sante Venturi, Josune Ruiz de Infante,
Orlando Piraccini.
L’ansia siderurgica di Giovanni Martini
In un’epoca di grandi tensioni razionali, segnate dalla crisi economica e di valori della cultura occidentale del ‘900,
solo l’espressione artistica e culturale o l’ascesi mistico religiosa forniscono un rifugio per la mente e l’anima.
Tra le forme artistiche, quelle plastiche della scultura in materiali nobili come il ferro, il bronzo, la ceramica, appaiono come una sorta di solido approdo, una leva d’Archimede per sollevarci da una realtà viscida e talvolta ripugnante, fatta di politici falliti, terroristi solitari, finanzieri rapaci.
Giovanni Martini, con le sue sculture in ferro, offre un ancoraggio di quiete nella tempesta delle miserie contemporanee, ed una sua mostra è sempre un’occasione che genera riflessione. Dopo la lunga e fondamentale stagione primigenia delle origini, dove l’ispirazione era legata alla terra e ai suoi attrezzi, il ‘maestro del fuoco’ di Bagnacavallo
ha affrontato un nuovo periodo plastico, più maturo e completo: quello dell’arte evocativa e della pulsione essenziale.
Sculture come “Abbraccio”, “Nodo” e “Riccio” riversano nell’osservazione della realtà la coscienza dell’artista e, quindi, dell’uomo Martini, alla ricerca estenuante della purezza formale, del segno assoluto. La chiave di lettura è nella
ricerca sull’origine della materia: se al posto del fuoco vi fosse una matita, l’esito del gesto artistico darebbe un risultato analogo. Ma il fuoco è il pennello e il ferro la tela, così da germinare un’opera d’arte rigorosa e solida, eterna
perché indistruttibile. Molti, critici e ammiratori, hanno tentato di accostare l’iniziativa dello scultore romagnolo a
quella di grandi maestri del secolo scorso, come Pomodoro o Picasso: un esercizio che, ancorché ozioso, reputiamo
sbagliato, osservando in Martini un filone di ricerca del tutto personale dove, se di influenza si deve parlare, occorre
andare a cercare nelle idee e forse nella filosofia dell’esistenza, piuttosto che nelle arti plastiche e figurative. Perché
lo scultore, affrontando la materia con la fiamma ossidrica e operando con perizia siderurgica anela a dominare la natura.
Dalle forme delle sue opere emerge l’invito a guardare il creato con occhio complice: il ferro non serve solo per costruire armi, navi e automobili, ma è materia che sgorga dalla Terra da dove noi siamo venuti e torneremo. Ci piace
vedere questo accostamento nelle forme fluide di sculture come “Fiore” o “Bulbo”: l’uomo che nella sua fragilità si
ricongiunge al creato, al minerale e al fuoco, strumento purificatore e elemento fondamentale del ‘big bang’ da cui tutto viene.
In una mostra personale del 2006 a Fusignano sostammo a lungo in ammirazione dinanzi alle sue opere, alla ricerca
di un punto di riferimento. Che trovammo, alla fine, nella definizione di art brut, cioè di arte grezza sorgiva, allo stato nascente, coniato nel 1945 dall’artista e teorico Jean Dubuffet. L’opera di Martini ha, infatti, la potenza di immergere l’osservatore in una dimensione espressiva ed estetica che permette di comprendere in profondità le leggi dell’arte e i fattori psichici naturali e universali che sembrano presiedere alla sua realizzazione.
Gerardo Filiberto Dasi
Colonne, 2004
Ferro tagliato con fiamma ossidrica, alt. 70 cm
Foglia, 2009
Ferro martellato con inserti, alt. 100 cm
Incavo, s. d.
Ferro rosso lavorato a fiamma ossidrica, diam. 40 cm
Nodo, s. d.
Ferro rosso lavorato a fiamma ossidrica, diam. 35 cm
Eclisse. s. d.
ferro rosso
lavorato a fiamma ossidrica,
diam. 40 cm
Colonne, 2006
Ferro lavorato a fiamma ossidrica,
alt. 200 cm
Torsione, s. d.
Ferro lavorato a fiamma ossidrica,
alt. 350 cm
Bacile, s. d.
Ferro martellato, diam. 50 cm
Piatto, 2005
Ferro martellato, diam 40 cm
Piatto stravolto, 2013
Ferro battuto a caldo, alt. 40 cm
Il presente catalogo è stato pubblicato in occasione della mostra
DAL FERRO ALL’ARTE. Sculture di Roberto Giordani e Giovanni Martini
nell’ambito della rassegna BAGNO D’ARTE 2013
Bagno di Romagna
Palazzo del Capitano – Centro Storico
Dal 14 luglio al 15 settembre 2013
Comune di Bagno di Romagna
Assessorato alla Cultura
In collaborazione con
Istituto per i beni artistici culturali e naturali
della Regione Emilia-Romagna
A cura di
Orlando Piraccini
Con la collaborazione di
Giuliano Marcuccini
Coordinamento:
Silvio Mini
Organizzazione:
Ufficio Turismo e Cultura del Comune di Bagno di Romagna
Comunicazione:
Ufficio Stampa IBC – Valeria Cicala, Carlo Tovoli
Collaborazione all’allestimento:
Settore Servizi e Lavori Pubblici Comune di Bagno di Romagna
Fotografie:
Bruno Donati (per Roberto Giordani)
Comune di Bagno di Romagna
Istituto per i beni artistici
culturali e naturali
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